È inutile dire o spiegare che i personaggi non sono i miei ma appartengono alla famosa serie animata di Sayuki. A dire il vero ho letto tutte le fic che si trovavano sul sito e parlavano di loro e ho deciso di cimentarmi in una anch’io prendendoli in prestito solo per il piacere di farli miei per un po’ (Fantastico). Spero che vi piaccia e che qualcuno di voi mi dica cosa ne pensa… ah dimenticavo il mio nome d’arte è Victor e devo dire che tutte le fic di Sayuki che ho letto mi sono piaciute tanto, anche se NON CI LASCEREMO MAI mi ha lasciato in bocca il sapore agrodolce che amo delle storie d’amore, la morte come fine per qualcosa di bello che deve ancora realmente cominciare, così tutto rimane sospeso nel vuoto e i sentimenti rimangono intrappolati dentro al cuore, il tempo non li può degenerare e nemmeno gli uomini, rimangono puri e per questo veri. Peccato (o per fortuna) questo accade solo nelle storie e non nella realtà, ma adoro queste storie che ti catturano e rubano un pezzo della tua anima, così che tu per un breve istante puoi finalmente smettere di esistere e vivere di qualcosa che nessuno potrà infangare o danneggiare, poiché nessuno oltre te potrà dare a quella storia lo stesso particolare significato che la tua anima gli associa.

Forse sono parole troppo pesanti per cominciare la presentazione di una fic, ma amo definirmi un artista senza regole e quindi devo rimanere obbligatoriamente fedele a questo aspetto della mia anima.

 


Il giocattolo

parte I

di Victor


Quei maledetti demoni potevano usare contro di lui qualunque arma, non aveva importanza quanto forte o crudele fosse, ma non dovevano permettersi di usare Goku. Non dovevano permettersi di fargli del male sotto i suoi occhi, quando lui non poteva reagire e difenderlo. Difenderlo? Lui non voleva difenderlo quella era una maledetta scimmia e molto stupida fra l’altro, non avrebbe dovuto difenderlo, ma ucciderlo al posto dei demoni, almeno così quello stupido avrebbe finalmente imparato la lezione e avrebbe smesso di comportarsi come un sempliciotto dando confidenza a chiunque, avrebbe imparato che era la SUA scimmia, Sua e di nessun altro, avrebbe imparato e poi sarebbe andato all’inferno.

Sorrise, non un vero sorriso, solo un ombra senza allegria, solo un fremito senza gioia.

Non aveva lasciato che la sua scimmia morisse, se fosse morto chi avrebbe picchiato quando sarebbe stato nervoso? Lo aveva salvato e lo aveva picchiato con tanta rabbia da dubitare persino che le mani che colpivano la scimmia fossero le sue. Poi si era fermato, perché Goku lo guardava pentito e afflitto.

“Non mi hai mai colpito con tanta violenza Sanzo! Perché, perché?” gli aveva chiesto petulante

“Perché non devi mai più farmi preoccupare così!” lo aveva sgridato e subito dopo averlo afferrato in malo modo per il braccio, così da non dargli il tempo di comprendere appieno l’emozione velata dietro la sua calcolata freddezza, lo aveva gettato sulla jeep, affidandolo alle cure di Hakkai affinché medicasse le sue ferite.

“Guariscilo, così potrò picchiarlo di nuovo!” aveva detto con quella sua solita voce sarcastica ricca di indifferenza arricciando appena il labbro in un’espressione di sufficienza, lui era il venerabile Sanzo e per lui la vita di una stupida scimmia non aveva alcun valore, ma quella era la sua scimmia.

Poi si era allontanato dirigendosi verso le acque del lago e si era seduto sulla riva per fumare una sigaretta, nel vano tentativo di placare i suoi nervi tesi. Gojo lo aveva raggiunto e ne aveva acceso una anche lui.

“Nottataccia vero? Quel demone che si impossessa del corpo di Goku e te lo lancia contro! Non ti ho mai visto così in difficoltà, Sanzo!”, ma quelle sue parole Sanzo lo guardò torvo minacciandolo con la sola pesantezza del suo sguardo.

“Vuoi per caso dire che ero preoccupato per la scimmia?” ruggì contro il demone rosso puntandogli contro la sua Shureijiu, ma Gojo sollevò subito sollevò le mani come per scusarsi di aver solo pensato una cosa tanto assurda.

“Quella stupida scimmia dovrebbe imparare a non fidarsi del primo che capita!” concluse poi il monaco spegnendo la sigaretta sull’erba fresca.

“Non è che ti scoccia il fatto che qualcuno abbia toccato il tuo giocattolo personale!” ci provò ancora Gojo

“Hai detto bene, lui è il mio giocattolo e solo io posso giocare con lui e nessun altro!” rispose infuriato il monaco ma più per sé che per Gojo.

“Fai tanto il duro, ma in realtà ti si legge negli occhi quello che provi per lui!” disse il mezzo demone dimenticandosi con chi stesse parlando, non con un uomo qualunque, ma con Genjo Sanzo Oshi, l’uomo più ostinato e orgoglioso che avesse mai conosciuto. Si portò le braccia sulla nuca, in un gesto automatico, per parare il colpo di arisen che sapeva sarebbe arrivato, ma nulla. Il monaco non lo colpì, invece lo guardò confuso.

“Cosa vorresti dire?” chiese con quella voce così fredda ma allo stesso tempo sensuale.

“Che non serve a nulla avere un giocattolo personale se non puoi giocarci liberamente!” e sorprendendo il monaco gli si avvicinò posando le labbra sulle sue e afferrando la sua testa bionda e spingendola ad accettare il bacio. Forse fu per la sorpresa, forse fu per l’impeto del ragazzo, ma Sanzo non fece nulla, ne in positivo né in negativo, subì e basta.

Gojo lo allontanò con un sorriso, il suo solito folle sorriso da conquistatore. Aveva sempre desiderato baciare le labbra conturbanti di quel monaco, così sensuali piegate in quell’onnipresente curva di sufficienza. Avevano un dolce sapore, forse il sapore della sua purezza, anche se gli risultava difficile abbinare questa parola ad un uomo feroce come Sanzo. Aveva sempre desiderato violare quel suo volto femmineo, ma allo stesso tempo maschio e sensuale. Aveva voglia di baciarlo ancora e dare soddisfazione a quel lieve fremito di piacere che il calore di quelle labbra avevano acceso, ma non fece altro. Un conto era destare un addormentato, un conto era amare l’uomo di un altro. E poi se Hakkai li avesse visti, non gli avrebbe più permesso di toccarlo e quel viaggio sarebbe diventato una vera tortura senza le caldi notte passate a scoprire i più piccoli segreti del suo focoso amante.

“Gioca con il tuo giocattolo, prima che lo faccia qualcun altro e te lo porti via per sempre!” gli disse allontanandosi e lasciandolo ancora interdetto.

Sanzo posò le punta delle dita sulle labbra ancora calde del sapore di Gojo, era per questo che si irritava ogni volta che la sua scimmia dava confidenza a qualcuno?

 

Si sollevò in piedi e si avvicinò alla jeep dove i suoi compagni erano gia pronti a partire, ma prima di salire al suo posto si avvicinò a Gojo e senza farsi tradire dall’espressione sul suo viso lo colpì con l’arisen almeno tre volte, il suo volto si imbronciò e accendendosi l’ennesima sigaretta occupò il solito posto “Non farlo mai più se non vuoi ritrovarti con un quintale di piombo nella pancia, kappa pervertito!” sentenziò Sanzo, mentre sul volto di Hakkai si dipinse un’espressione di stupore, a cosa si stava riferendo Sanzo?

Raggiunsero un villaggio che era ormai notte fonda, si fermarono a dormire in un albergo e come al solito si sistemarono in due doppie, Goku e Sanzo in una e Gojo e Hakkai nell’altra.

Non cenarono insieme, o meglio Gojo e Hakkai non cenarono insieme, e anche se Goku non capiva il perché della loro assenza, Sanzo era certo che fosse dovuta alla strigliata che aveva fatto a Gojo dopo che lo aveva baciato. Aveva notato l’espressione risentita di Hakkai.

 

“Potevi dirglielo a parole che bisogno c’era che lo baciassi?” disse Hakkai stringendosi al petto il piccolo Hakuriu, come se il suo piccolo corpicino potesse difenderlo dal dolore che stava provando in quel momento.

“A parole, nessuno sa essere più sordo di quel monaco corrotto, lo sai meglio di me e poi te l’ho detto e ridetto almeno una ventina di volte… io voglio te!” gli disse con la sua solita aria da seduttore sfiorandogli la pelle sotto il mento con le sue dita delicate per sollevarlo verso la sua bocca, per afferrare le sue labbra morbide e setose e chiuderle nelle proprie. La lingua scivolò dolcemente nella sua bocca, dissetando la sua sete di certezze con la dolcezza del suo succo.

Il piccolo draghetto volante, stretto nella presa fra i due si mosse per protestare e Hakkai lo lasciò andare libero, mentre le sue braccia si avvolsero intorno alle spalle dell’amante alla ricerca della solida certezza del calore del suo corpo. Gojo lo sospinse dolcemente fino al letto e insieme caddero sopra il soffice materasso, ridendo di gusto.

“Mi piace quando mi fai queste scenate di gelosia, vuol dire che mi vuoi bene davvero!” disse il demone dagli occhi di fuoco scendendo con le mani ad accarezzare i fianchi dell’amante ancora stretti negli attillati indumenti che indossava, strusciandosi a lui e lasciando che percepisse, nonostante la stoffa, la consistenza della sua eccitazione, ma Gojo non era l’unico ad essere eccitato, anche Hakkai lo era e non appena i loro membri si sfiorarono, l’eccitazione di entrambi crebbe, così come il bisogno di toccarsi di sentire il calore della carne, senza la barriera ossessiva degli indumenti. Si spogliarono confusamente disordinatamente e sembrò che ci volesse un’eternità prima che potessero trovarsi nudi l’uno fra le braccia dell’altro, mentre le loro bocche facevano strada ora sulle spalle, ora sul petto, ora sull’addome, ora sul collo.

“Non ce la faccio più Gojo… ho bisogno… ho bisogno di te…” confessò mentre il suo corpo imperlato di sudore si contorceva negli spasmi di un’agonia mista di piacere e rovina. Gojo afferrò il suo membro eretto fra le labbra con fame e desiderio e cominciò ad assaporarlo come se fosse un cibo raro e prezioso, gloriandosi dell’effetto delle sue labbra sul ragazzo che mugolava e gli chiedeva pietà, ma Gojo era un lussurioso e non avrebbe mai permesso di venire a suo piacimento, infatti il suo succhiare perdeva il ritmo trasformandosi in un lento leccare, lì nei punti dove l’eccitazione era talmente da intensa da lottare persino contro l’erezione che si ammorbidiva un po’, per poi tornare rigida non appena lui tornava a torturarlo con la sua lingua calda e deliziosa. Hakkai si sentiva morire, e dopo un paio di tentativi andati a vuoto riuscì finalmente a dare libero sfogo alla sua passione che esplose nella bocca dell’amico, inondandolo del sapore della sua virilità.

Era sfinito, e la breve pausa che Gojo dedicò alla perlustrazione della sua opera gli diede il tempo di recuperare il fiato.

“Perché ti diverti a farmi morire così?”

“Perché ti piace! E piace molto anche a me!” ma non fece in tempo a terminare quella frase che la mano di Hakkai si aggrovigliò al suo membro tenendolo stretto. Era bello pensò Hakkai sentire fra le mani la pienezza del suo pene diabolicamente sensuale e potente.

“Allora adesso sarebbe davvero crudele da parte mia negarti altrettanto piacere!” disse baciandolo con passione e sconvolgendolo con la ripresa immediata della sua eccitazione, anche se ancora debole.

“Mostrami il mio paradiso, voglio perdermi dentro di te!” gli sussurrò Gojo all’orecchio e Hakkai si mosse, tenendo ancora stretto il pene fra le mani, muovendolo sulla sua pelle fino a condurlo alla misteriosa grotta nascosta fra la linea del suo fondoschiena. Gojo si liberò delle sue mani che gli impedivano di muoversi liberamente e lubrificò l’ingresso del suo paradiso con le sue labbra e la sua lingua, lasciando che Hakkai si contorcesse per il piacere di essere violato tanto dolcemente.

Poi quando l’ingresso fu umido così come piaceva a lui lo penetrò dapprima lentamente poi con spinte sempre più vigorose, perdendosi con lui in un vortice di piacere che mai nessuna aveva saputo donargli. Venne insieme al suo amante e prima di crollare nel dolce sonno di chi ha appena condiviso una parte della sua anima con la persona amata, pensò; “In fondo questo viaggio non è poi così terribile!” e l’ultima cosa che percepì fu il lieve tocco delle labbra di Hakkai sulle sue.

 

Nell’altra stanza Sanzo non riusciva a chiudere occhio, a dire il vero stava morendo di sonno, ma gli ospiti della camera accanto alla sua si erano impegnati seriamente a tenerlo sveglio con i loro gemiti ed i loro urli d’amore. Era arrabbiato con loro o era geloso di loro?

Schioccò le labbra nel suo solito gesto d’impazienza e si accese l’ennesima sigaretta, seduto a torso nudo sul davanzale della finestra della sua stanza. Faceva davvero caldo quella notte ed era piacevole sentire sulla pelle la lieve brezza che scioglieva quella calda tensione.

Posò distrattamente lo sguardo su Goku, addormentatosi sul suo letto. Era il suo perché aveva lasciato il futon alla scimmia. Lo aveva trovato lì dopo essere tornato dal bagno dove si era concesso una lunga doccia rilassante e non aveva avuto il coraggio di cacciarlo via da lì.

“Ma tu guarda che razza di stupido, adesso lo butto giù dal letto, tanto ha il sonno talmente pesante da non accorgersi di nulla!” pensò inquieto e gli si avvicinò afferrandolo per il collo della larga maglia del suo pigiama, ma la sua tenera espressione ammorbidita dal sonno lo fece arrossire, mentre si mosse con delicatezza a baciarlo sulle labbra appena dischiuse. Un breve contatto, solo un assaggio di ciò che non sapeva di desiderare, ma che allo stesso tempo gli era proibito. Si allontanò da lui e voltò lo sguardo sul futon abbandonato sul pavimento. Anche se era affezionato alla sua scimmia non gli avrebbe ceduto così il letto, ma invece di scaraventarlo per terra come aveva intenzione di fare all’inizio, lo raccolse fra le braccia e lo sdraiò con cura sul futon. Si sdraiò sul letto e continuò a restare insonne, anche se non comprese i perché. Si rigirò più volte fino a quando il suo volto non si trovò schiacciato nella morbidezza del cuscino che… aveva l’odore di Goku… il suo buon odore. Le parole di Gojo gli rimbombarono pesanti nella testa. Gioca con il tuo giocattolo, prima che lo faccia qualcun altro e te lo porti via per sempre.

Si sollevò e raccolse ancora una volta il corpo di Goku fra le braccia, questa volta per riportarlo nel letto e stringerselo addosso. Le forti mani del demone con l’aspetto di un ragazzo si posarono sul suo petto inondandolo di un piacere segreto ed intimo. Sanzo lo circondò con le braccia in un gesto affettuoso e protettivo. Il suo giocattolo, quello era il suo giocattolo e nessuno oltre lui poteva giocarci, nessuno si ripeté mentre il sonno finalmente giunse a placare il suo animo tormentato.




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