TITOLO: Il giardino proibito
AUTORE: Marty.
SERIE: Slam Dunk
PARTE: 1/1
PERSONAGGI: Kaede Rukawa – Hanamichi Sakuragi – Haruko Akagi 
RATING: songfic, NC17.
DEDICHE: alla mia amica più grande, colei che mi sopporta da ben…quanti sono…? 5 anni?!
Buon compleanno, Francesca, anche se in ritardo di un mese…spero apprezzerai lo sforzo…
E poi come sempre alla mia sister telepatica Lucy_Tomo e al mio tesoro più prezioso…Silene…
E infine un baciottolo immenso alla mia kitsunina!!!
DISCLAIMERS: i personaggi sono di Takehiko Inoue e la canzone è di Sandro Giacobbe…
NOTA 01: tra gli asterischi i flash back, in corsivo il testo della canzone, i cambi di POV sono segnalati…tutto come sempre insomma!
NOTA 02: questa fic è un po’ particolare… credo che riceverò molte minacce di morte…^_^’’
NOTA 03: immaginate che la canzone siano parole di Rukawa!
Il resto del POV sono sue riflessioni, e non ci è dato sapere quanto di queste venga detto ad alta voce!
ARCHIVIO: se Ria o Erika o Benni (o chi per loro) la vogliono…la pubblichino pure! Mi faranno solo felice!
RINGRAZIAMENTI: a Chocolat e alla sua stupenda “Una volta per tutte” da cui ho preso la frase di Sendoh che riporto nella fic!
Spero vi piaccia (anche se ne dubito e ho già le valigie pronte all’ingresso…)!
Marty
 
Il Giardino Proibito
di Marty

 

Era sera, e il sole come un’enorme arancia rossa iniziava a scendere.

Il suo colore infuocava i capelli del ragazzo abbronzato, che a torso nudo appoggiato alla balaustra si godeva la brezza sul terrazzo di casa sua.

Aveva gli occhi socchiusi, ed inspirava profondamente l’odore delle magnolie appena sbocciate nel giardino.

Indossava solo un paio di pantaloncini di jeans, tanto corti da scoprire un’abbondante porzione dei suoi glutei marmorei.

Era piegato in avanti e strusciava negligentemente un piede avanti ed indietro sul pavimento.

Le ciabatte a infradito erano abbandonate in un angolo, perché il ragazzo adorava sentire il calore del suolo baciato dal sole fino a poco prima.

Un miagolio affamato lo richiamò, e così si chinò a prendere in braccio il micino nero che si strusciava contro uno dei suoi polpacci scultorei per ricordargli che per lui era ora di cena.

Il rosso ridacchiò divertito quando il gatto gli mordicchiò il dito con cui gli stava facendo il solletico sotto il mento.

“Hai proprio fame, Neko” constatò.

“Va bene, va bene…andiamo!” lo strinse al petto, e infilandosi le ciabatte rientrò in casa, diretto verso la cucina.

Aprì il frigorifero, estrasse una busta di plastica da cui strappò via un angolo e poi ne rovesciò il contenuto in una ciotola di vetro smerigliato, completando la preparazione riempiendo d’acqua la ciotola gemella che si trovava accanto all’altra.

Gnaulando soddisfatto, Neko iniziò il pasto.

Il telefono squillò.

“Moshi moshi” rispose, per poi sorridere.

Era Yohei.

“Ma no che non disturbi, baka!” si affrettò a rassicurarlo “ma perché me lo domandi?”

Hanamichi si sedette al tavolo da pranzo, lasciando cadere lo sguardo sull’orologio a muro.

Erano già le otto e mezza.

Probabilmente il suo amico pensava che stessero già cenando.

“Uhm…” mugugnò pensoso “chissà dov’è la kitsune…è molto in ritardo!”

Yohei ammise che era insolito che Rukawa non rispettasse gli orari stabiliti, era la persona più metodica che esistesse.

“D’altronde” disse il rosso seguendo un pensiero, mentre si metteva ad apparecchiare “è circa un mese che si comporta in modo strano.

Non capisco cosa possa essere successo!

Da un giorno all’altro mi parla ancora meno del solito, rifiuta le mie carezze, si irrigidisce quando lo bacio…

Se Sendoh non fosse alle Maldive per le vacanze, penserei che mi ha messo le corna e non sa come dirmelo!”

Un suono all’altro capo.

Il moro stava ridendo.

Hanamichi continuò ancora per qualche minuto a parlare del più e del meno con il suo amico, fino a che non si sentì una chiave girare nella toppa.

“Ora ti saluto, Yohei, la mia volpetta è tornata a casa.

Ci sentiamo domani, ok?” e dopo aver ascoltato il saluto in risposta, chiuse la comunicazione, per poi recarsi a passo svelto e, diciamolo, sollevato, verso l’ingresso per accogliere il suo compagno che rientrava a casa.

“Ciao Ru!” lo salutò allegro.

“…ao” rispose il laconico volpino.

Hanamichi sporse le labbra per un bacio, ma ottenne solo un rapido sfiorarsi di labbra, per poi seguire deluso il suo ragazzo in cucina.

Durante la cena, Rukawa non disse una parola.

Il silenzio che aleggiava su di loro era pesante.

Sakuragi era teso.

Non capiva cosa stesse accadendo, ma sentiva che c’era qualcosa che non andava.

Alla fine, Rukawa sbatté rumorosamente la forchetta sul piatto, facendolo sobbalzare.

“Hana” il suo tono serio dissuase il rosso dalla battuta che era in procinto di sparare.

“Vieni di là, per favore.

Devo parlarti di una cosa importante.”

Così dicendo si alzò da tavola e si spostò sul divano in salotto.

Ad Hanamichi si strinse lo stomaco.

Cosa diavolo poteva essere successo di così grave?!

- Sendoh è alle Maldive, Sendoh è alle Maldive – continuava a ripetersi, per allontanare lo spettro di quell’affermazione fatta per scherzo ma che ora si paventava anche troppo realistica.

Si sedette sul divano di fronte al suo compagno e poi lo guardò con aria interrogativa.

Toccava a lui parlare.

Questo si torceva le mani.

Poi fece un respiro profondo.

 

**********************************POV RU********************************

 

“Stasera sono in vena, ti racconto tutto:”

 

Non so come sono riuscito a tenermelo dentro così a lungo, Hana, davvero.

Ogni volta che mi guardavi in faccia avevo paura che me lo leggessi negli occhi.

Per questo evitavo il tuo sguardo.

Ma non ce la faccio più, non posso vivere nella menzogna, non con te, l’unico che mi abbia mai amato davvero, l’unico per cui io sia davvero importante. E l’unico che sia davvero importante per me.

Anche se questo potrebbe voler dire perderti per sempre.

Circa un mese fa, mentre tu eri da tuo nonno per il suo compleanno ed io ero a casa da solo, visto che avevamo litigato ed eri partito senza di me, ha squillato il telefono.

 

“La tua migliore amica, chi l’avrebbe detto?”

 

Era Haruko.

Balbettava, sembrava stesse per piangere.

Ora, sai che non mi è mai stata particolarmente simpatica, ma per te è sempre stata speciale, le vuoi bene, e così mi sono forzato ad essere gentile con lei; le ho detto che tu non c’eri ma che se aveva bisogno di parlare potevo ascoltarla io.

Ha annuito, e mi ha chiesto di vederci al parco, nel campetto da basket in cui facevate gli allenamenti segreti perché è difficile da raggiungere e non ci va mai nessuno.

Ho infilato il tuo giubbotto e sono andato all’appuntamento.

 

“In fondo agli occhi suoi brillava un’espressione strana,”

 

Quando me la sono trovata di fronte quasi non la riconoscevo: erano ormai parecchi mesi che non la vedevo, ok, ma sembrava un’altra persona.

Non solo per i capelli corti, il trucco, il lucidalabbra e i cerchi d’oro alle orecchie che le davano un’aria molto più adulta, ma anche per il vestito a fiori, leggero e trasparente, con un profondo spacco laterale, che il vento faceva svolazzare mostrando le sue lunghe gambe snelle e i sandali con tacco allacciati alla caviglia: sembrava il ritratto della primavera.

Mi ha sorriso timidamente, e quel sorriso è l’unica cosa che mi ha fatto capire che si trattava proprio di lei, Haruko Akagi, la “babbuina”…

Ma quello che mi ha sconvolto più di tutto è stato il suo sguardo.

Era deciso, risoluto…bruciante.

Oh, Kami sama, bruciava.

 

“Di chi non si accontenta più di una persona sola.”

 

Vedo il tuo volto impallidire, tesoro.

Stai iniziando a capire, non è vero?

“Ma cosa stai dicendo, kitsune?!

Sei impazzito?!”

Ma è inutile, Hana.

Quel che è stato è stato.

Non posso cancellarlo.

Io sapevo che lei stava con un suo compagno dell’università, però quello sguardo…mi stava sondando l’anima, e io non riuscivo a distogliere il mio.

Sapevo anche che il mio cuore ti appartiene, è tuo, e sapevo che senza il tuo abbraccio di notte mi sentirei perso…

Ma, Kami, non riuscivo a smettere di fissare quegli occhi.

 

“In quel giardino proibito cadeva il vestito, si alzava la nostra incoscienza…”

 

Poi, con un movimento improvviso, ha slacciato il vestito dietro al collo e con un lieve fruscio questo è scivolato a terra.

Ed era lì, nuda, di fronte a me.

La luce della luna ne bagnava il corpo esile ma perfetto, si nascondeva nella piega dei suoi seni sodi, giocava nell’ombelico, seguiva la curva sinuosa delle sue anche…per poi scomparire nel buio della sua femminilità.

La frangia scura le copriva il volto a tratti, ma le sue labbra lucide brillavano provocanti, sembravano chiamarmi.

E io non ho potuto fare a meno di chiedermi come sarebbe stato baciare quella bocca, accarezzare quella pelle, perdermi in un corpo che non fosse il tuo…

Assaporare il sapore di un rapporto normale.

Solo una volta.

 

“Non dirmi che adesso quel fatto d’amore inclina la mia trasparenza:”

 

Tu lo sai, Hana, che non ho mai avuto una ragazza.

O un ragazzo.

Nessuno mi ha mai baciato, abbracciato, avuto o preso prima di te.

Non avevo mai provato una vibrazione così intensa.

Non sapevo cosa si provasse in una simile situazione, non sapevo cosa si DOVESSE provare in una simile situazione.

E non credo di essere riuscito a mantenere la mia maschera di freddezza in quel momento.

In un istante dilatato nel tempo, ero io, quello nudo.

 

“Io, con lei, non vado più…”

 

Ma è stata una cazzata, ho dimostrato di essere io l’unico do’hao tra noi due.

È assurdo ed incredibile pensare che proprio il simbolo vivente della razionalità abbia potuto perderla nell’unica occasione in cui ne avrebbe avuto bisogno…

 

“Io, con lei, non vado più!”

 

Il dolore si estende nei tuoi occhi, dilaniandomi il cuore…

Credimi amore, ti prego!

 

“Nella mente, negli occhi, nel cuore ci sei tu infinito amore;”

 

Guardami, Hana.

Guardami!

Leggi l’amore che provo per te, leggi il senso di colpa, leggi il pentimento, fidati di me!

Ti afferro il volto e ti costringo a guardarmi.

Una lacrima scende sulla tua pelle ambrata.

Allora ti stringo una mano.

Cerchi di divincolarti, ma io me la porto sul petto, perché tu senta il mio battito e capisca che batte per te.

 

“Ci sei tu, ci sei tu, adesso, solo tu.”

 

Tu sorridi amaramente, e scuoti la testa.

“Adesso?

Ma quella sera no, Kaede…

Quella sera no…”

Ed ecco altre lacrime bagnarti il viso.

Ti alzi dal divano, mentre lascio la presa sul tuo polso.

“Che stupido…” sussurri “e io che ero geloso di Sendoh…”

 

“Scusa tanto se la vita è così: non l’ho inventata io!”

 

È una storia vecchia quanto il mondo, Hanamichi!

In amore il tradimento esiste, e non dev’essere una tragedia se tutte le coppie superano questi momenti e vanno avanti, no?

Io non ne so molto, ripeto, ma so che ecco, Sendoh è l’esempio lampante: sai meglio di me che ha detto al suo ragazzo “Io non posso prometterti che non ci sarà mai nessun altro... O nessun'altra... Nella mia vita. Sono fatto così. Sono infedele, sono un hentai... E non posso assicurarti che non accada di nuovo. Non me la sento di prometterti che cambierò, come non credo sia facile che cambierai tu...”

Eppure Koshino è rimasto con lui, no?

Quindi non è così terribile!

Stai esagerando!

 

“Se la voglia ti guarda negli occhi e ti prende per mano,

Succede che, poi, non ti accorgi nemmeno

Di essere andato un po’ troppo lontano…”

 

Si è avvicinata a me, senza smettere di fissarmi, ha intrecciato le nostre dita e mi ha tirato verso di sé.

Mi ha preso di sorpresa, così non ho calibrato lo slancio e siamo caduti.

Mi sono ritrovato a terra, sopra di lei.

Ed ecco che mi ha sorriso.

Come fai tu.

 

“Scusa tanto se la vita è così: non l’ho inventata io!”

 

In quel momento il mio cervello si è spento, e non sono riuscito a fermare l’istinto che mi ha fatto piegare il collo fino a poggiare le mie labbra sulle sue.

Il sapore dolce di fragola e ciliegia, insieme al profumo di vaniglia che spandevano nell’aria i suoi capelli hanno completamente annullato ogni rimasuglio di volontà, e la mia lingua si è spinta tra le sue labbra dischiuse.

Non esisteva nient’altro dentro di me che un groviglio di emozioni e sentimenti che lottavano tra loro.

 

“Però non si è permessa mai di fare il nome tuo,

Pensa un po’:”

 

Haruko non ha detto una sola parola, da quando ci siamo incontrati.

Meno che meno mi ha chiesto di te.

Questo mi fa pensare che sapeva che non c’eri.

Ha approfittato della situazione.

Erano anni che voleva sapere cosa si provava fra le mie braccia, e ha fatto leva sull’unica cosa che sapeva farmi ribollire il sangue nelle vene: una sfida, una prova di coraggio.

 

“Per questo quando mi ha abbracciato, non le ho detto no.”

 

Quando ci siamo separati per respirare, ha solo detto: “Non hai mai pensato di provare come sarebbe entrare in una ragazza invece che in un uomo?

Sfideresti l’ignoto per sentire qualcosa di nuovo?”

E così dicendo è scesa a succhiarmi piano il collo, mentre le sue mani s’infilavano sotto la mia maglietta e mi accarezzavano il petto.

Non ho saputo fermarla.

Forse non ho voluto.

In fondo quello che diceva era vero: non sapevo che cosa si sentisse a stare con una ragazza.

E chissà, forse era una mancanza a cui potevo sopperire.

Ho chiuso gli occhi e l’ho lasciata fare.

 

“In quel giardino proibito cadeva il vestito, si alzava la nostra incoscienza…”

 

Anche le mie mani sono scese ad accarezzare i suoi capezzoli, accompagnati dalla mia bocca.

Era inebriante sentire il suo sapore così marcatamente femminile, invadermi dappertutto.

La sua pelle aveva una morbidezza fino ad allora sconosciuta per me, le sue carezze un’eroticità che non avevo mai neppure immaginato.

Quando mi sono reso conto che la maglia era a terra e Haruko mi stava sbottonando i jeans, era troppo tardi per tornare indietro.

Ho mosso i fianchi per aiutarla e ho sentito la nostra pelle venire a contatto.

Ma sotto il mio membro eccitato non c’era il tuo.

C’era solo un vello morbido, che sembrava accogliermi come se mi avesse aspettato da sempre.

 

“Ma quell’emozione è durata un minuto, di te non potrei fare senza:”

 

Sono entrato dentro di lei con una sola spinta leggera, non è stato necessario prepararla prima, come con te, non è stato necessario muovermi con cautela per non farle male, né spingere con forza per farla gridare.

Il suo corpo avvolgeva il mio come un guanto, scivolavo dentro di lei senza fatica e bastava un movimento impercettibile per sentirla gemere.

Ho capito come mai dicono sempre che per noi è qualcosa di innaturale.

Fare l’amore così, infatti, non è una lotta.

Non c’è dolore o supremazia alcuna: le cose sono come devono essere, i corpi degli amanti si ricevono e danno piacere senza compromessi.

Ma è proprio quello che non voglio.

L’amore con te, pieno di passione, che fa esplodere un universo di colori dentro di me, il tuo dolore che si trasfigura in puro godimento, le tue grida da tigre ferita, mai domata, la necessità di studiare ogni movimento del tuo viso per sapere quando siamo fusi uno nell’altro…

Tutte gemme preziose che con una donna non avrei mai conosciuto.

 

“Io, con lei, non vado più…

Io, con lei, non vado più!”

 

Sono felice di aver fatto questa esperienza, perché è servita a cementare la mia decisione e a confermare la mia scelta, una volta per tutte.

Non avrò bisogno di prove ulteriore, perché ora i miei sentimenti sono saldi e sicuri.

 

“Nella mente, negli occhi, nel cuore ci sei tu infinito amore;

Ci sei tu, ci sei tu, adesso, solo tu.

Scusa tanto se la vita è così: non l’ho inventata io!”

 

Purtroppo, amore mio, senza averlo provato non l’avrei mai saputo…

Ti senti ferito, tradito, lo so, Hana.

Ma preferivi non te lo dicessi?

“Io ti amo, Kaede…

non ho mai avuto bisogno di provare altro per essere sicuro della mia scelta di stare con te, mi basta svegliarmi con te accanto!”

 

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“Se la voglia ti guarda negli occhi e ti prende per mano,

Succede che, poi, non ti accorgi nemmeno

Di essere andato un po’ troppo lontano…”

 

“Lo so, Hana, lo so…

infatti tu sei molto più forte di me.

Io non capisco cosa sento, non l’ho mai capito.

Credo si tratti di amore solo perché è il sentimento più forte che abbia mai provato, e perché parlando con Ayako, Kogure e anche Akira mi è sembrato che fosse quanto più ci si avvicinava…

Però…”

Il moro si fermò, non sapendo come continuare.

Hanamichi lo guardò negli occhi.

Sentiva che da quanto avrebbe detto sarebbe dipesa la fine o meno della loro storia.

Lo invitò con un cenno a continuare.

“Però c’è qualcosa che non mi torna.

Insomma, il sentimento che provo io è strano.

Fa MALE.

Se non sei accanto a me sento una stretta allo stomaco, quando ci sei provo delle strane fitte al petto.

Quando ti vedo triste mi salgono le lacrime agli occhi e una gran rabbia, vorrei uccidere chiunque sia responsabile del tuo dolore, e quando sei felice il mondo cambia colore.

Il tuo sorriso mi sembra più luminoso del sole, e quando il mio orgasmo coincide con il tuo mi si spalancano le porte del paradiso…allo stesso tempo, però, ogni volta che ci separiamo dopo aver fatto l’amore ho voglia di piangere.

Con Haruko non ho provato nessuna di queste cose.

Un pizzicorino allo stomaco prima, l’eccitazione dell’incognita durante e un gran vuoto dentro dopo.

Lei si è scusata con me, ha detto che era un suo sogno di ragazza, e che ora che l’aveva realizzato per lei era come se non fosse accaduto nulla.

Ha raccattato i vestiti ed è corsa via.

Io invece sono rimasto lì sdraiato sull’erba.

Faceva caldo, stavo sudando…eppure sentivo freddo, era come se mancasse qualcosa.

E non capisco cosa significhi tutto questo.

Se vuoi chiudere con me, lo capirò e ti giuro che non ostacolerò la tua decisione, ma prima di andare ti prego, spiegami!”

Ma Hanamichi non rispose.

Lo guardava con le lacrime agli occhi, eppure sembravano diverse da quelle di poco prima.

Il rosso gli si sedette accanto.

“Non chiuderò con te” gli sussurrò “non ti lascerò, e sai perché?”

Il volpino scosse la testa.

Hanamichi lo strinse al petto.

“Perché mi ami” concluse con un sorriso.

 

Scusa tanto se la vita è così: ci son cascato anch’io!

 

OWARI