Il figlio della luna

parte III

di Akane-chan

 

Capitolo 3- Un ospite a cena

Dopo che il padre di Hanamichi era morto, Aya si era trovata un impiego come assistente in una libreria, e successivamente le era stata affidata, in veste di “direttrice”, la gestione di una nuova succursale appena aperta nel quartiere di Kanagawa, anche se il privilegio di questo suo più prestigioso titolo non le aveva procurato alcun aumento di stipendio.

“ Facciamo girare un po’ le cose, mai cara, e vediamo come se la cava” le aveva detto il suo principale; ma un anno dopo le cose stavano ancora girando e lui stava ancora vedendo come se la cavava.

_ Non c’è da preoccuparsi!_ dichiarava Aya _ Aspettiamo che abbia finito il mio corso da libraio, e a quel punto dovrà per forza aumentarmi lo stipendio, perbacco, o gliene dirò di tutti i colori!_

Ogni sera, seduta al tavolo del soggiorno, Aya si preparava assiduamente a questo suo esame da libraio, mentre Hanamichi studiava, all’altro lato del tavolo. Aya disponeva di una piccola calcolatrice tascabile, sulla quale elaborava una sua misteriosa contabilità,e talvolta Hanamichi aveva il permesso di usarla, in quanto la matematica per lui era un opinione, ogni numero aveva per lui un recondito segreto che lui non riusciva a conoscere. Ad Hana piacevano immensamente queste serate: era simpatico lavorare con qualcuno vicino, e soprattutto avere un po’ più di tempo a tu per tu con Aya, una volta che Hiroshi era messo a letto. Rimanevano alzati fino a tardi e certe volte Aya appariva stanca e decisamente vecchia: ma rimaneva pur sempre molto bella, nel suo semplicissimo modo, con i luminosi capelli neri e le lunghe labbra increspate in un sorriso così affascinate che Hanamichi rimaneva sempre abbagliato.

In libreria, con i suoi occhialetti tondi (i suoi occhiali da intellettuale li chiamava), Aya riusciva ad apparire elegantissima, anche se indossava abiti tutt’altro che nuovi. In genere coglieva di sorpresa la clientela, perché quasi nessuno si aspettava di trovare in lei un acuta e appassionata lettrice, come se la lettura fosse un’attività in cui potessero impegnarsi solo le persone particolarmente bruttine. Aya adorava parlare di libri e ascoltava volentieri chiunque descrivesse le proprie letture preferite.

Ogni sera Hanamichi le chiedeva notizie sull’incasso della giornata per confrontarlo con quello corrispondente, della settima o mese prima: gli incrementi venivano sempre festeggiati, e quando invece si registrava un calo nelle vendite, Aya si preoccupava e cominciava a chiedersi se fosse il caso di cambiare l’esposizione dei libri in vetrina, o di mettere magari un piccolo annuncio pubblicitario sul giornale locale.

La libreria si trovava tra una vetrina zeppa di borse e valigie per chi voleva viaggiare con eleganza, e una boutique d’abbigliamento per le “taglie più”, con la sua schiera di ampi e discreti vestiti.

Ignorando entrambi i negozi, Hanamichi e Hiroshi irruppero nella libreria, col bambino che già protendeva la mano e indirizzava alla madre ansiosissime strida. C’era solo un cliente, un uomo alto,  che compensava il fatto di essere leggermente calvo sul davanti, portando capelli piuttosto larghi sulla nuca, leggeva un libro, ma cupamente, e con tutta l’aria di non volerlo comprare.

_ Guarda mamma!_ disse Hanamichi, tenendo sollevata la manina di Hiroshi, come se fosse un indizio vitale in un enigma poliziesco _ Il negozio vicino ai videogiochi ha di nuovo aperto, e dentro c’è un uomo assolutamente orribile, che ha spaventato Hiroshi!_ si rendeva conto, parlando, di come le sue parole riducessero ad un semplice piagnucolio infantile quella loro esperienza, senza rivelarne la vera natura.

_ Questa mano vuole essere lavata!_  implorava a sua volta Hiroshi _ Non le piace!_

I due fratelli parlavano insieme, e le rispettive parole si intrecciavano tra loro in uno scombinato duetto di spiegazioni e lagnanze

_ Oh santo cielo!_ esclamò Aya con voce nervosa, am tutto sommato materna _ Ma guarda che bravi! Con che cosa salterete fuori al prossima volta? Qua Hiro-chan, fammi un po’ vedere. Eh si, capisco il tuo spavento. Tesoro, adesso non posso farci nulla, ma quando torno a casa prendo la spazzola e ti striglio per benino, eh? O magari lo farà Hana-chan. E vedrai che in un attimo avrai la mano bella pulita e rosa come prima!

Durante il lavoro Aya mostrava sempre un certo nervosismo sul fatto di esibire sentimenti materni, come se di colpo fosse diventato illegale amare apertamente i propri figli. Anche adesso che c’era un unico cliente, che per di più sembrava poco propenso a fare acquisti, Aya sapeva di appartenere anima e corpo al negozio fino alle venti e trenta e non si sentiva libera di staccare un diabolico bollino dalla mano di Hiroshi.

_ D’accordo. Allora noi andiamo_ disse Hanamichi_ E non dimenticarti le F&C, mi raccomando!_

_ Quando mai le ho dimenticate?_ rispose la signora Sakuragi

Le Fish & Chips erano la specialità della pescheria Kimizu, certe volte riuscivano a meraviglia, certe altre erano deludenti, e in questa incertezza stava appunto l’avventura, per così dire. Mentre si avviavano verso casa, Hanamichi, prese il piccolo Hiroshi sulle sue spalle. Al fratellino piaceva tanto poter vedere il mondo dalle grandi spalle di quel gigante rosso, ma quel giorno Hiroshi, si appoggiava sulla sua testa come un cane stanco.

_ Non ho potuto farci nulla_ disse Hanamichi al fratellino, che continuava a scrutare il bollino e a sfregarsi la mano. _ La premonizione l’avevo avuta, ma non ci ho fatto caso. Me ne sono rimasto lì, come uno scemo, lasciando che accadesse. Eppure lo sapevo che doveva succedere, non appena sono arrivato ai cancelli della scuola!_

In generale gli piaceva quel tratto di strada che percorreva con Hiroshi sulle spalle. Certe volte gli pareva che una parte di se entrasse nelle case o si soffermasse sui pali del telefono che si snodavano lungo il percorso, come se fosse una goccia di vernice gettata su una carta umida e continuasse al allargarsi e a tingere il mondo con lievi tracce del proprio colore, ricevendo a sua volta calore dal mondo.

Cercava di immedesimarsi nelle cose che via via scorrevano davanti al suo sguardo, come per provare quello che si sentiva ad avere quelle forme, quelle dimensioni, quei colori. Ritto su una gamba sola, ogni pali del telefono raccoglieva i fili e li agganciava alle sue rachitiche braccia, ed Hanamichi pareva diventare anche lui un palo del telefono, oppure un tetto che saliva su su fino alla linea di spiovente, tutto solo e raccolto su se stesso.

_ Non strofinarti o si infiammerà!_ disse a Hiroshi _ Ci penseranno acqua e sapone a toglierlo vedrai!_ Ma lui continuò a grattarsi il dorso della mano come se volesse strappar via la carne dalle ossa.

_ Fai finta che sia una puntura di zanzara, e lasciala in pace_

Lo spaventoso bollino sembrava sprofondargli nella mano: era ancora visibile, ma si inabissava irrevocabilmente, come una moneta gettata nell’acqua fonda che riflette la luce prima di svanire per sempre

_ Sono stanco di stare quassù, portami in braccio_ disse il piccolo Hiroshi

Hanamichi sorpreso da queste parole non obiettò e fece quello che aveva detto il fratellino. In braccio ad Hana-chan, il piccolo Hiroshi appoggiò la testa sul collo, sospirando, e lui si sentì strisciare nelle vene un improvviso fremito caldo, come una vampata d’orrore: gli era parso di avvertire un lieve soffio di menta rancida, quasi che attraverso Hiroshi, chissà come, esalasse il respiro di Shinichi Wasuza

_ Ecco Brown_ disse, indicandolo con un senso di sollievo, più per distrarre se stesso che non Hiroshi. Brown era un malinconico cagnone color ruggine, una loro vecchia conoscenza, che gironzolava a fiutare le cunette lungo il marciapiede,  accigliato e deluso del loro contenuto estivo: involucri di gelati, lattine di bibite… Hiroshi lo guardò un attimo e poi volte la testa

_ Non era simpatico_ disse_ Quell’uomo non era simpatico, vero Hana-chan?_

_ Non pensarci_ disse Hanamichi, ma neppure lui poteva smettere di pensare a Shinichi Wasuza

Quando arrivarono a casa, erano ragionevolmente sereni. Hanamichi si occupò di preparare una cenetta per il fratellino, a base di uova strapazzate; poi, generosamente gli divise l’arancia in spicchi e tagliò le fette di pane in 4 piccoli triangoli, come i tramezzini che vendevano alla sala da tè, a tre negozi dalla libreria di Aya.

Dopo cena Hiroshi andò docilmente a letto, con enorme sorpresa di Sakuragi, perché il più delle volte era una fatica convincerlo. Di solito insisteva per rimanere alzato fino al ritorno della madre, dedicandosi alle più energiche attività, come correre in giro per la casa, giocare con la palla da basket di Hanamichi o nascondersi sotto il letto e farsi trascinare fuori per una gamba, col pigiama tutto sgualcito e grigio di quel tipo di polvere che ad ogni buon letto piace nascondere sotto di se. In casa loro, poi, lo spazio sotto il letto ne accumulava in particolari quantità, e tendeva ad ingoiare golosamente tazze piattini e libri. Ma quella sera Hiroshi s’infilò quietamente tra le lenzuola, ascoltando in silenzio il fratellone che gli descriveva le sue prodezze sportive, esagerando anche un po’; lo guardava fiducioso, con la mano sinistra nascosta sotto il cuscino.

Naturalmente Hanamichi aveva cercato di lavarla, ma bollino faceva parte di lui, adesso, più di un tatuaggio: una sorta di parassita che si scavava un cunicolo sempre più profondo, nutrendosi via via della sua carne

“Ugh! Che pensieri” si disse Sakuragi “Cresci, ragazzo mio! Quand’è che diventi maturo?”

Alle venti e trenta udì dei passi lungo il vialetto d’ingresso.

“Ha fatto alla svelta” pensò con sollievo e non senza sorpresa, perché in genere Aya evitava di chiudere il negozio prima del normale orario, neppure se la strada era deserta, caso mai dovesse capitare di lì il proprietario della libreria e trovarla già via. Infatti non era Aya. Era Yoei, leggermente infastidito per aver dovuto interrompere un “interessante” telefonata con la sua ragazza Haruko. La signora Sakuragi aveva infatti telefonato sul cellulare della madre di Yoei, per avvertire che sarebbe tornata un po’ più tardi. Riferito il messaggio, l’amico invitò Hanamichi ad andare a fare un po’ di baldoria in giro con l’armata Sakuragi, ma Hanamichi gli fece notare che se Hiroshi si fosse svegliato e non avesse trovato nessuno, sicuramente si sarebbe spaventato. Il ritardo di Aya lo preoccupava,e un pochino l’offendeva anche. “Chissà” pensò “ Forse la macchina avrà fatto di nuovo capricci”.

Quella sera Aya arrivò con tre quarti d’ora di ritardo, e non venne sola: l’accompagnatore era l’uomo dai capelli lunghi, quell’unico cliente che si trovava in libreria, a leggere e non a comprare.

_ Abbiamo un ospite!_ annunciò, anche se non era affatto necessario dirlo. Hanamichi la guardò con tanto d’occhi, perché aveva un aria vagamente sbarazzina, e ben più vivace e allegra di quanto apparisse normalmente il giovedì sera. Invece di sbattere via le scarpe con un calcio e lasciarsi crollare su una sedia, i gomiti puntellati sul tavolo, svolse la vaschetta di F&C dal suo involucro di carta di giornale col gesto pomposo di un cameriere che scopre la specialità della casa.

_ Roba di alta classe, eh?_ gridò_  Hana-chan, penso che stasera saranno una delizia!_

L’uomo si chiamava Hisashi Yamamoto

_ Sicché tua madre ed io ci siamo messi a parlare di libri, e contando su un tema così promettente l’ho portata fuori a prendere un aperitivo; ma siccome non potevo convincerla a cenare con me, mi sono astutamente convinto a cenare con lei. Ho dichiarato una passione sviscerata per le Fish & Chips, e devo riconoscere che queste sono ottime_

_ Ma non sono sempre così_ disse Aya _ Questa è una sera fortunata_

_ Fortunata per me in ogni caso_ disse Hisashi Yamamoto _ Spero che non ti disturbi avere un ospite a cena Hanamichi_

_ Ma no!_ dichiarò il rossino,e invece lo disturbava, eccome. Da quando suo padre era morto, Aya non era uscita con nessun uomo, e pareva appagata di passare il suo tempo libero con Hiroshi e Hanamichi; anche per questo, l’anno appena trascorso anche se molto triste da un lato, era stato dall’altro molto felice per il rossino.

I pomeriggi più belli erano quelli durante i quali Aya andava alle partite di suo figlio e subito dopo li portava in un fast food per festeggiare i miglioramenti di Hanamichi.

E il pensiero che uan serata F&C (particolarmente riuscite, per giunta) andasse condivisa con un estraneo che faceva del suo meglio per essergli simpatico perché interessato ad Aya, gli riempiva il cuore di ansiosa scontentezza

_ Come sta Hiroshi?_ domandò improvvisamente Aya_ Sapevo che c’era qualcosa che avevo scordato di chiedere_

_ Adesso dorme. Ma ha qualcosa che non va, mamma. Non credo che stia bene_

_ Noi non ci ammaliamo!_ dichiarò fermamente Aya _ Nessuno di noi può permettersi il lusso di non essere sano come un pesce. E Hiroshi è robusto!_

Gli getto un’occhiata che sapeva vagamente di sfida, ma al tempo stesso pareva chiedergli un favore, anche se di quale favore si trattasse Hanamichi non aveva la più pallida idea.

Sedette in silenzio, ascoltando sua madre e Hisashi che giocavano a trovare quali libri, fra tutti i libri del mondo avessero entrambi letto e apprezzato. Concordavano su molti titoli ( un segno minaccioso) e quando non erano d’accordo ne discutevano come due vecchi amici, criticando i rispettivi gusti letterari con la più disinvolta familiarità. Ad un certo punto Hanamichi si alzò e annunciò che andava a letto

_ Dammi un bacio _ ordinò Aya

_ Potrebbe dare un rischioso esempio_ disse Hanamichi, riducendo ad una battuta quello che era stato un pensiero serio

_ Questa è un impertinenza bella e buona!_ commentò Aya, ma tuttavia non sembrava particolarmente risentita

_ E perspicace, fra l’altro_ convenne Yamamoto

_ Te ne darò due domani_ disse Hanamichi, cercando di essere amichevole ma riservato. Sentiva che sorridevano di lui, entrambi felicemente ripiegati in un mondo adulto dove non poteva seguirli, anche se stava diventando quel tipo di ragazzo che poteva piacere alle ragazzine, sia pure da lontano, anche se non erano le ragazzine che gli interessavano, ma i ragazzi. Così, con un sorriso educato, in cui si sforzò di mettere al massimo della sincerità, Hanamichi lasciò il soggiorno, ben sapendo che dopotutto non avevano bisogno di lui.

 

Fine terzo capitolo

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Baci baci a tutti