Il figlio della luna parte II di Akane-chan
Capitolo 2- Shinichi Wasuza Ogni sera Aya, domandava al figlio: _ Allora, cos’è successo oggi, a scuola? _ e di solito Hanamichi rispondeva: _ Nulla!_ intendendo nulla che valesse la pena di raccontare. C’erano sempre le lezioni, naturalmente che toglievano tempo a cose ben più importanti come il basket, e poi c’era il suo amico Mito, che adesso stava con la ragazza, che credeva di amare poco prima che scoprisse di essere gay, Haruko Akagi, la sorella del gorilla, il suo capitano. Takenori Akagi da quando Hanamichi aveva fatto la sua dichiarazione sulla sua sessualità, si sentiva molto più sollevato da un lato, poiché non potava sopportare che stesse dietro la sorella, ma dall’altro, “temeva” per se e i suoi compagni, anche se Hanamichi non aveva mai dato segni , di essere innamorato di uno di loro, o di sbirciarli sotto le docce, anzi da quel giorno, era sempre l’ultimo ad andarsene dalla palestra proprio per evitare di creare problemi ai suoi compagni. In quel momento Mito stava cercando di tirarlo su di morale… _ Hai un po’ la testa tra le nuvole, mi pare_ gli disse Yohei durante l’intervallo _ su con la vita, campione!_ _ È giovedì, capisci, giovedì! I negozi chiudono tardi oggi!_ disse Hanamichi _ È il giorno di mia responsabilità domestica, così dovrò saltare gli allenamenti e il lavoro. Da un po’ di tempo a questa parte Hanamichi infatti era riuscito a trovare un lavoretto par time; lavorava nel locale di un amico della madre(a insaputa di quest’ultima che credeva consegnasse le pizze), come barman. È vero che aveva solo 16 anni, ma Sakuragi sembrava molto più grande della sua età, e sapeva reggere l’alcol meglio di chiunque adulto…così nessuno degli avventori del locale, si era mai insospettito. Ma la cosa che più lo turbava non era saltare il lavoro, poiché il suo capo sapeva che il giovedì aveva da fare a casa, ma gli allenamenti, poiché la squadra non era informata della sua vita privata, e credevano tutti che giovedì Hanamichi se ne andasse a fare bisboccia _ Akagi se la prende sempre male il giovedì_ _ Infatti, crede che mi prenda il giovedì di festa, e non si rende conto che è come se lavorassi…avrei tanta voglia di andarmene di qui…voglio diventare davvero quel genio del basket, che mi vanto continuamente di essere, così da guadagnare un sacco di soldi e vivere da re con la mia famiglia…ma questo purtroppo e solo un sogno_ _ Io non credo, sai Hanamichi, in questi pochi mesi sei diventato davvero bravo per essere solo una matricola che gioca da soli 3 mesi, secondo me, datti tempo un paio d’anni e sarai un grandissimo giocatore, e forse anche a te daranno un posto in una squadra professionistica come a Kaede Rukawa_ _ Forse_ _ Dai Hanamichi, questo non è da te, a quest’ora avresti già detto : “Kaede chi? Sono io il genio del basket ah ah ah ”_ _ Hai ragione ho bisogno di una svegliata_ e così dicendo diede una delle sue sonore testate al muro _ Adesso mi sento meglio ah ah ah_ Mito lo guardava sconcertato con una piccola gocciolina sulla testa.
Così dopo scuola, Si ritrovò solo a camminare verso la casa della baby-sitter di Hiroshi; solo e guardingo, pronto a schizzar via da eventuali macchine che rischiassero di sfuggire al controllo del guidatore e irrompessero sul marciapiede a caccia di pedoni impotenti, e pronto anche a menare il conducente subito dopo. Quel particolare pomeriggio trovò la signora, che faceva da baby-sitter a Hiroshi, mentre infieriva sulle bordure del prato con i suoi strumenti di tortura botanica, lo scalino d’ingresso pareva un tavolo operatorio, gremito com’era di falcetti, forbici, cesoie dai lunghi manici e lame ricurve che parevano il becco di un pappagallo, nonché palette e secchiello d’acciaio inossidabile. Vicino a questo terrificante spiegamento di attrezzi era seduto Hiroshi, Rosebud prudentemente avvolto nel suo Fuji. Non appena vide arrivare Hanamichi gli corse incontro : ma più che correre, il suo era un rimbalzare a piccoli salti, come fosse stato di gomma e qualcuno l’avesse lanciato sull’erba in direzione del cancello. Per prima cosa gli diede un bacio sulla guancia, e poi fece finta di ringhiare e dargli un morso. _ Abbiamo avuto un’altra buona giornata_ disse la baby-sitter_ fa piacere averlo intorno, quel marmocchio. Può anche essere un vero diavoletto, ma non fa mai capricci o birbonate .immagino che tua madre verrà qui domani vero? Con i…_ Pronunciava questa frasetta ogni giovedì, e non la concludeva mai, perché le piaceva far finta di badare a Hiroshi per pura gentilezza d’animo, anche se era ben contenta di guadagnare un po’ di soldi senza dover uscire dai confini della sua siepe _ deve essere dura per voi due , il giovedì, con vostra madre che lavora fino a tardi_ aggiunse_ intendiamoci, io approvo questa idea di tenere aperti i negozi fino a tarda ora il giovedì. A Tokio questo orario ce l’ hanno il venerdì, e molta gente viene qui a fare i suoi acquisti, portando un po’ di movimento al quartiere. Ma chissà che fame, poverini, ad aspettare che i negozi chiudano…_ Sapeva che Hanamichi era infastidito da ogni critica , più o meno implicita, mossa nei riguardi della madre, e aveva appreso a dissimularla sotto forma di comportamento, tutt’altro che richiesto, peraltro. _ Porto a casa Hiroshi e gli do la cena , e più tardi la mamma viene con una vaschetta di frittura di pesce e patatine_ spiegò Hanamichi_ non c’è nessun problema : anzi è un divertimento_ Stava ancora fissando Hiroshi : l’incantava sempre, anche se gli era così familiare. Quel marmocchio era tutto ciò che Hanamichi avrebbe voluto essere…un bambino che riusciva in tutto quello che faceva, da un’intelligenza straordinaria e di una bellezza inimmaginabile. Hanamichi si era sempre sentito un diverso, oltre che per la sua sessualità, anche per il suo aspetto fisico…era molto più alto della maggior parte dei ragazzi della sua età e molto più forte…decisamente più forte …aveva i capelli rosso fuoco e la pelle di bronzo…dove si poteva trovare un altro giapponese come lui? _ Sarai una massa di brufoli, se mangi troppa roba unta! Fai attenzione Hanamichi. Hai l’età giusta , per queste cose, e poi con la faccia piena di brufoli nessuna ragazza ti verrà dietro_ Hanamichi stava già per saltarle addosso e urlarle in faccia “ Zitta, brutta vecchiaccia, rinsecchita”, ma si trattenne per quieto vivere , mostrando un sorriso forzato, intanto che Hiroshi andava a recuperare il cestino. _ Mangiamo verdura per il resto della settimana_ mentì congedandosi_ arrivederci al prossimo giovedì, signora!_ e si incamminò verso il Centro Commerciale, col fratellino per mano. Per Hanamichi e Hiroshi la prima tappa fu la biblioteca e una volta dentro, Hanamichi mise da parte le cautele perché dava per scontato che la biblioteca fosse un luogo privo di pericoli.Si concentrò sul libro che doveva prendere a prestito , per scuola e sui tre che voleva Hiroshi. Questa era un’altra cosa che lo distingueva dal fratellino. Nonostante Hiroshi fosse molto piccolo, amava leggere a differenza di Hanamichi che non apriva un libro se non per studiare ( e a volte neanche per quel motivo). Lui era un ragazzo che agiva, Hiroshi era un bambino che pensava… Il piccolo insisteva sempre per farsi dare un libro di cui possedeva una copia a casa: così era convinto di avere un libro uguale a quello che gli piaceva, ma al tempo stesso reso diverso da chissà quali meravigliose varianti. Hanamichi diede una controllata alla cassa dei libri vecchi che la biblioteca cancellava periodicamente dagli schedari e vendeva per 20 yen l’uno: a volte trovavano dei veri tesori (come il fumetto delle tigri che Hiroshi amava tanto), ma quel giorno non c’era niente e Hanamichi ebbe un sospiro di sollievo, perché quella non era la settimana di paga né per Aya, né per lui, e dunque era una settimana di povertà per la famiglia. Mentre Hanamichi si faceva timbrare il suo libro al bancone principale, Hiroshi aspettava al banco dei bambini che gli venissero rilasciai i suoi _ Un bollino per favore!_ gridò, e la bibliotecaria gli appiccicò sul dorso della mano un autoadesivo con l’effige di Topolino. _ Tutti e due per favore!_ la pregò perché aveva adocchiato sul banco un’altro bollo che raffigurava Paperino. Nel frattempo alle sue spalle si era formata una piccola coda , e la bibliotecaria pensò di soprassedere _ Te ne metterò due la prossima settimana_ promise _ Due la prossima volta_ spiegò al fratello, lasciando con riluttanza il suo posto e uscendo dalla biblioteca _ La prossima volta_ ripeté Hanamichi, pilotandolo ansiosamente dall’altra parte della strada , benché il traffico fosse abbastanza tranquillo. Di fronte a loro c’era il negozietto più piccolo del mondo , poco più di un grosso armadio, con una minuscola vetrina ad angolo e un ridottissimo banco. A Hiroshi piaceva molto perché lo crede gestito da un bambino per altri bambini, ricco di giocattoli e con cianfrusaglie varie _ Oh, dai entriamo! Entriamoci_ suggerì Hiroshi, in preda a un incontenibile entusiasmo. E naturalmente entrarono. APERTO TUTTI I GIOVEDì SERA. VENDENDOSI E ACQUISTANDOSI OGGETTI DI ANTIQUARIATO E CHINCAGLIERIA VARIA diceva un cartello appeso all’interno della vetrina . Chissà quante cose bizzarre si potevano trovare in questo affascinante negozio: ci si poteva aspettare di tutto probabilmente. E tuttavia , non appena entrò, Hanamichi ebbe l’impulso immediato di scappar via: perché vi aleggiava quell’odore rancido e dolciastro, intriso di menta, che l’aveva assalito la mattina. Un odore di maligno, incapace di occultare la sua malignità. Eccolo dunque, ecco precipitarsi su di lui quel momento temuto e rimosso, quel momento che aspettava e temeva fin dal mattino. E ora…ora…sentì che si sarebbe di nuovo diviso in mille frammenti, staccato dal mondo, isolato da tutto. Già cominciava a disegnarsi la prima crepa, tra gli occhi, e nessuno se ne sarebbe accorto, se non lui. _ Vieni via_ gridò ad Hiroshi_ Non c’è nessuno qua dentro_ Ma in quell’attimo, come se la sua voce avesse spezzato un sigillo di silenzio, un uomo sorse all’improvviso da dietro al bancone , dove presumibilmente era chino a riporre delle cose, senza fare il minimo rumore. Sorrideva, mostrando denti troppo grandi perché le sue sottili labbra gommose potessero coprirli. Anzi tutta la faccia pareva per così dire raggrinzirsi intorno a quel sorriso. Sembrava un burattino, un fantoccio ghignante. Era quasi completamente calvo, e quel po’ di capelli superstiti erano tagliati molto corti, e aveva, sulle guance e sul collo, delle macchie scure che parevano quasi , ma non proprio, dei lividi. _ Oh!_ gridò, nel vedere Hiroshi_ Un bebè!_ esclamò con voce stridula, esalando un lungo respiro e l’aria fu impregnata di menta rancida _ Ha tre anni_ disse Hanamichi _ Non è un bebè!_ _ Oh, ma per me lo è, lo è!_ disse l’uomo con una raffica di risatine_ Anzi, se proprio vogliamo, siete tutti dei bebè, per me! Sono estremamente vecchio sai, migliaia di anni…non si vede?_ disse e Hanamichi pensò che si vedeva e come _ Cattivo ragazzo!_ gridò lui, in tono scherzoso rimbrottò_ Non dovresti far capire che sei d’accordo con me… Ma che deliziosa bestiolina di bimbo è il tuo amichetto… è il tuo fratellino? Appare così pieno di vita, non credi anche tu? Un bene così raro, alla mia età…tempus fugit…eccetera….eccetera… capisci…Ma ha tutta l’aria di avere vita a sufficienza per due! Lo si direbbe capace di vedere colori che il resto di noi non sa più distinguere, o di sentire scherzi che noi non afferriamo più…_ Ad Hanamichi piacevano questi elogi rivolti al fratello, ma, mentre parlava, l’uomo si protese in avanti e il suo orribile odore lo investì come uno schiaffo: un odore che dava un’idea di muffa, di materassi bagnati, di stanze mai aperte, di sudore stantio, di tristi libri con le pagine umide e illeggibili, un odore…si ecco cos’era …l’odore stesso della putrefazione. Doveva essere l’uomo a puzzare così, perché sebbene fossero circondati da tante cianfrusaglie del passato, non c’era nient’altro che potesse emanare quell’odore. _ Non sembra essere molto entusiasta di me, vero?_ osservò l’uomo ridacchiando_ Non gli piaccio proprio, eh? Neanche un pochettino…Oh, non è giusto, perché io invece penso che lui è una meraviglia!_ Uscì da dietro il bancone, malgrado il suo odore orrendo, vestiva impeccabilmente un’immacolata camicia rosa pallido e un elegantissimo completo color prugna _ Cose si chiama?_ chiese _ Hiroshi_ disse Hanamichi, e subito pensò: “Perché cavolo glielo dico? Non devo mica rispondere a tutte le sue domande!” La mano dell’uomo era protesa verso Hiroshi e sotto il suo lindo polsino s’intravedeva un’altra macchia sbiadita. Sembrava che cominciasse a guastarsi, ed andare a male. _ Bene stavamo appunto per uscire_ disse Hanamichi _ non abbiamo un soldo_ _ Io mi chiamo Shinichi Wasuza_ continuò l’uomo, come se lui non avesse parlato _ Dobbiamo proprio andare_ ripeté Hanamichi, domandandosi perché mai fosse così difficile congedarsi da qualcuno che ti parla , anche se non si alcuna voglia di ascoltarlo_ Volevamo solo dare un’occhiata_ _ Ma certo fa pure, accomodati!_ gridò Shinichi Wasuza, con minacciosa generosità _ Intanto io mi occuperò del tuo fratellino…Oh ma cosa vedo? Un bel bollino sulla zampetta destra… che ne dici di un altro sulla sinistra?_ Hiroshi se ne stava appiccicato ad Hanamichi, con inconsueta timidezza, ma lo allettava l’idea del bollino, e già aveva mezzo allungata la mano _ Su porgimi la zampina come si deve, piccolo mio. Offrimela, o non potrò timbrarla chiaramente_ ordinò Wasuza . Hiroshi protese la mano. Hanamichi si trovò ad allungare la sua per fermarlo, ma con uno scatto agilissimo Shinichi Wasuza già si era avventato su di lui, come una vecchia mantide su di un innocente moscerino. Incredibilmente, aveva in mano un piccolo francobollo, appena afferrato dal bancone, o forse materializzatosi dal nulla, e lo premette sul dorso della mano di Hiroshi con aria trionfante, come se da lungo tempo lavorasse per arrivare a quel momento. _ Guarda che bel ritrattino!_ ridacchio il signor Wasuza, ma Hiroshi prese a strillare come se si fosse scottato e l’uomo balzò indietro, sempre ridacchiando _ Oh povero me! Non è proprio il mio giorno, vero? Mi auguro di non sortire quest’effetto su tutti i miei clienti… Hanamichi prese in braccio il bambino, sbigottito dal suo pianto _ A tutti i bambini piacciono i bollini, in genere_ disse il signor Wasuza, attraverso il suo sorriso . Da sopra le spalle di Hiroshi, scosse dai singhiozzi, Hanamichi lo fissò negli occhi, e vi colse qualcosa di estremamente vecchio, un qualcosa di trionfante ma anche implacabile e inappagato. E subito quegli occhi rotondi di uccello, ma torbidi e leggermente infiammati distolsero lo sguardo. _ Forse sarà meglio salutarci, per il momento, hmmmmmmm?_ continuò l’uomo, indicando la porta : e un attimo dopo, sempre con Hiroshi in braccio, Hanamichi si ritrovò sul marciapiede, stupito della propria arrendevolezza e con la sensazione di avere il cervello incancellabilmente impregnato di quell’odore di menta rancida. Anche gli abiti ne parevano intrisi. Lui e Hiroshi erano stati adescati da quelle piccole cose graziose, e poi in qualche modo storditi, e infine brutalmente ricacciati fuori, dopo essere serviti a chissà quale inimmaginabile scopo. Hanamichi era ben felice di trovarsi fuori dal negozio, ma al tempo stesso gli dispiaceva di non essere fuggito grazie a un qualche suo colpo di GENIO. _ Toglilo!_ singhiozzava Hiroshi, raschiandosi la mano_ Toglilo via! No le piace! A questa mano non piace! Hanamichi si rovistò le tasche e le maniche alla ricerca di fazzoletti nascosti. Cominciò a strofinare il dorso della mano di Hiroshi. Si distinguevano nitidamente i lunghi denti e i tondi occhi da uccello e le sottili labbra gommose. Non solo, ma il bollino non dava segno di volersi staccare, sembrava inserito sotto la pelle, non incollato sopra, e sorrideva, sorrideva sapendo che per toglierlo non sarebbe bastato uno sputo di saliva umana, ne un semplice fazzoletto. Hanamichi non aveva mai visto un bollino così dettagliato. Sembrava una vera faccia, uan faccia in tre dimensioni, che sbirciava da uan finestrella di pelle umana _ Non mi piace Hana-chan_ piagnucolava Hiroshi, appoggiandosi a lui _ Glielo faccio togliere a lui, per la miseria_ dichiarò Hanamichi. Sudava un poco, colto da un improvviso, profondo terrore, ma quando si volse a guardare la porta del negozio, la trovò chiusa Il signor Wasuza ne era sgattagliolato fuori furtivamente, mentre loro non guardavano, e aveva appeso alla maniglia un cartello : TORNO SUBITO _ Che tipo strambo!_ disse Hanamichi_ ci vuole del sapone, sai Hiroshi? Sapone e acqua calda!_ e Hiroshi parve rincuorarsi. Proseguirono il cammino raggiungendo il viale che li avrebbe portati al negozio, Hiroshi aveva smesso di piangere, ma non sorrideva come di consueto.Anche Hanamichi era stranamente silenzioso, perché temeva in cuor suo che ci volesse be altro che sapone e acqua calda per cancellare il sorriso di Shinichi Wasuza dalla mano del fratellino.
Fine secondo capitolo FINALMENTEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
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