Le informazioni riguardo al castello di Neuschwanstein le ho trovate in questo sito: http://www.neuschwanstein.de/ital/castello/storia.htm
I piatti tipici, invece, li ho presi da: http://www.tuttobaviera.it/index.htm
Per la geografia del luogo sono andata su Google Maps.
Devo dire che è parecchio diversa da tutte le altre mie fic di Halloween (prima di tutto il fatto che sia arrivata in ritardo, scusatemi ma ho trovato una trama decente solo una settimana prima, e non sono capace di finire fic tanto lunghe in poco tempo), stranamente il Faraone non è vestito da donna (peccato, n.d.Seto); inoltre ed è il mio nuovo record di lunghezza!



Il fantasma del castello incantato

di Hymeko

Le chiome degli alberi sempreverdi si stendevano le une verso le altre, dai due lati del sottile nastro d’asfalto che il bus stava tranquillamente percorrendo, sfiorandosi a vicenda nel freddo vento dell’autunno. Ai loro occhi sembrava quasi che le fronde li stessero salutando, dando il benvenuto in quel luogo di cui detenevano il dominio, dove esseri umani e tecnologia erano semplici ospiti, e a regnare erano il freddo del vento, gli aghi di pini e abeti, e i rami scheletrici dove solo qualche foglia avvizzita aveva ancora la testardaggine di restare.
Un coro stupito si levò d’un tratto, quando all’improvviso la magnificenza dell’alloggio si levò dinnanzi a loro. Un antico castello europeo svettava in tutta la sua bellezza, tanto diverso dai castelli tradizionali giapponesi, un luogo da fiaba dove perdersi nei propri sogni…e loro erano lì.
Una delle professoresse che li accompagnava si alzò, prendendo il microfono:
”Ragazzi, ancora pochi minuti e saremo al castello. Iniziate a prepararvi con ordine”
Ridendo e scherzando, ammirando la bellezza del paesaggio e ridacchiando sbirciando i propri compagni, tutti iniziarono a rimettere a posto gli zaini. La stanchezza si faceva sentire, non solo a livello fisico ma anche mentale, con le ragazze che scoppiavano a ridere per ogni sciocchezza e i ragazzi che facevano gli scemi più del solito…il volo dal Giappone sino alla Svizzera era stato lungo, e solo per poco erano riusciti a prendere la coincidenza per la Baviera. Le professoresse ancora non riuscivano a credere che davvero fossero riusciti tutti ad arrivare sin lì, nella località di Schwangau.
Solo uno, fra i giovani studenti, non avvertiva la stanchezza, né si comportava scioccamente. In fondo era abituato alle lunghe trasferte intercontinentali, ma anche se non lo fosse stato, il suo carattere di ghiaccio e l’orgoglio smisurato non gli avrebbero permesso di perdere il controllo, di abbassarsi al livello dei suoi compagni di classe.
Il bus si fermò d’innanzi al portone d’ingresso, e le insegnanti si affrettarono a far scendere ordinatamente gli alunni, che corsero a prendere le loro valigie. Per ultimo, sdegnando la calca attorno al bagagliaio del bus, scese il ragazzo cui dovevano la loro presenza in quel luogo da sogno. Non aveva bisogno di prendere la sua valigia, dato che era già stata consegnata all’albergo dai suoi uomini, che durante quella gita avrebbero alloggiato in un villaggio nella pianura poco distante, pronti ad accorrere a ogni suo schiocco di dita.
”Così questo è il castello di Neuschwanstein”
mormorò fra sé, ammirando il tetto in tegole blu e le mura intonacate di un bianco antico, decorato con molteplici finestrelle e svettanti torrette.
[nella fic ho tenuto fede al nome, all’aspetto esterno ed interno (ad accezione di alcuni particolari), e alla pianta del luogo. Gli anni di costruzione delle varie ali invece li ho anticipati un po’ (non badate troppo alle date ^^;;;), e anche l’utilizzo che si fa degli interni è opera mia; n.d.Hymeko]
Davvero un bel posto, persino lui lo ammetteva…e lo sfruttamento attuato dagli attuali proprietari era oltremodo intelligente. La parte più antica e preziosa era stata trasformata in un museo, ambienti immutati da centinaia d’anni, scaldati solo con camini e bracieri, e illuminati da lampade e candelabri, in cui si poteva davvero respirare il fascino dell’età medievale. La zona più recente, invece, era stata trasformata in un albergo di lusso, che rispecchiava comunque la storia locale. Interni in legno, grossi camini, termosifoni celati da pannelli di legno decorato, calde lampadine elettriche camuffate da candele…il nuovo era al servizio del vecchio, e non viceversa.
’Sì, davvero un bel posto’
La classe sciamò all’interno della hall, nel Portale d’accesso, dove le insegnanti assegnarono i badge per le camere:
”Ragazzi, avete un’ora di tempo per darvi una sistemata. Ci rivediamo qui fra un’ora. Siate puntuali”
Ridendo e scherzando, tutti si divisero per raggiungere le stanze…ogni cosa era così diversa dal Giappone, così nuova, così bella! L’odore del legno, della cera d’api, della foresta bavarese, dell’autunno col lago poco distante…avrebbero dato tutto pur di poter rimanere lì!
”Deficienti”
borbottò l’unico ad avere una camera singola…l’unico ad alloggiare in una suite, nell’ala chiamata Casa dei Cavalieri. Gli altri, invece, stavano tutti nelle stanze ricavate nell’Edificio di collegamento.
Come aveva previsto, i suoi bagagli erano già lì, ordinatamente appoggiati accanto a una parete. L’enorme letto a baldacchino riempiva quella parte della stanza, e un fuoco chiuso da una lastra di vetro riscaldava l’ambiente. Si tolse le scarpe e camminò sul tappeto spesso…non era freddo. A quanto pareva, nel pavimento erano stati predisposti tubi d’acqua calda per tenerlo sempre caldo, una cortesia in più per i ricchi ospiti di quella stanza.
’Chissà se quei pulciosi si stanno gelando i piedi sul pavimento freddo’
Soffocò un ghigno…la vasca era troppo invitante per rimandare un bel bagno caldo. Li avrebbe guardati con disprezzo a cena, pensando alle loro misere doccette. Aprì i rubinetti e vi versò del bagnoschiuma verde, che profumava di pino e muschio, gli odori di quella terra…era incredibile, eppure gli sembrava che quella gita stesse andando persino meglio del previsto.
Tornò in camera e preparò i vestiti per la serata, poi mise le batterie del portatile, della videocamera, del cellulare satellitare e del palmare sotto carica. Il logo della sua azienda, la Kaiba Corporation, lampeggiava piano, indicando che la ricarica stava avvenendo correttamente…Seto Kaiba sorrise fra sé. Era soddisfatto di tutto, sino a quel momento. Avrebbe avuto bisogno dei suoi strumenti, il lavoro non poteva certo essere interrotto, e poi aveva promesso al suo fratellino che l’avrebbe chiamato il prima possibile. Si spogliò, appese il portafoto a forma di carta a un appendiabiti, e con un sospiro si immerse nel liquido caldo.
………
”E questo invece è il cuore del vecchio castello, la Sala del trono. Anche se è chiamata così il trono vero e proprio non c’è, dato che il Re Ludovico II morì prima che fosse completato. A differenza delle altre sale, decorate con motivi wagneriani, questa possiede un'atmosfera sacra, a somiglianza di una cappella palatina. I motivi decorativi sono infatti ispirati dall'arte bizantina”
Kaiba si chiese quanti dei loro compagni avesse idea di cosa fosse l’arte bizantina, ma si tenne per sé quella domanda.
”Qui si tenevano le grandi feste, i banchetti, i ricevimenti…ma è anche il luogo dove i signori locali complottavano contro gli altri lord, dove si decidevano guerre e razzie, dove ordini di cruente stragi e sottili omicidi erano all’ordine del giorno…tutto ruotava attorno a questa stanza, in passato…come anche ora”
La loro guida abbassò la voce, ma solo le professoresse, Kaiba e pochi ragazzi attenti avvertirono la differenza. Gli altri erano tutti eccitati nel contemplare le alte finestre, la foresta che si stendeva oltre i vetri, o le decorazioni che arricchivano i muri…la loro superficialità era acuita dalla fame, dato che non avevano mangiato nulla dal pasto dell’aereo, una volta oltrepassata la Siberia e giunti in Europa.
Guidati i suoi ospiti all’estremità della sala opposta al portone d’ingresso, la guida si fermò. Sembrava circospetta, trepidante, quasi che un timore reverenziale l’avesse invasa…lentamente, li accompagnò sino al camino più grosso della sala, incastonato nella parete. Un unico, stretto e lungo arazzo, rappresentante foglie d’acanto, decorava la parte sopra il fuoco…ma non era quello ad attirare l’attenzione di tutti.
”Come ogni antico maniero che si rispetti, anche questo ha il suo mistero. Il suo spettro, più precisamente. Legato a questa”
e indicò ciò che il gruppetto già stava fissando: un’unica, grossa macchia di un metallo dorato, spalmata in parte su un alare, e in parte sul pavimento di pietra.
”Ma…è oro”
dichiarò Kaiba, il cui occhio allenato aveva riconosciuto subito il prezioso metallo.
”Già. Oro fuso circa quattrocento anni fa. Non si sa cosa fosse prima, anche se alcuni parlano di uno strano pendaglio a forma di piramide rovesciata”
Kaiba inarcò un sopracciglio:
”Una piramide rovesciata?”
Non gli pareva fosse uno dei simboli legati a quel territorio, almeno non quattrocento anni prima.
”Sì, ma non ci sono prove, è solo una leggenda. Probabilmente inventata successivamente, per ricoprire il tutto di un alone misticheggiante, vagamente egizio, come l’arazzo con le foglie d’acanto, che è stato posto qui sopra solo centocinquanta anni fa”
”Hn”
’Non è sbagliata come teoria…’
Chissà se ne avrebbe potuto trarre un vantaggio…magari avrebbe potuto utilizzarla come trama per un videogioco.
’…risolvere l’enigma dell’oro fuso in un castello medivale’
”Comunque, si narra che dalla notte in cui l’oggetto d’oro si fuse e si sparse qui, un fantasma abiti questo salone. E che lo si possa ancora sentire piangere sommessamente, in certe notti”
”Aaaahhh!!!!!!! Un fantasma!!!”
Anche gli altri ragazzi si erano uniti al gruppetto, e all’annuncio della presenza di uno spettro una ragazza aveva gridato, mentre i ragazzi si erano eccitati…le professoresse dovettero darsi da fare per tenerli calmi tutti.
Kaiba invece si avvicinò alla guida:
”Perché quell’oro non è stato tolto? Non fa gola ai ladri?”
Lui non aveva più bisogno di oro, ma da bambino orfano avrebbe dato tutto, pur di averlo, quindi capiva bene il rischio che si correva a lasciarlo lì.
La donna scrollò le spalle:
”Per quattrocento anni uomini e donne delle più svariate nature, da maghe e stregoni a ladri a indovine a zingare a scienziati a negromanti ad alchimisti hanno tentato in tutti i modi di riuscire a staccare quell’oro. Ma, come puoi ben vedere, nessuno ci è mai riuscito. Anzi, non è mai stato nemmeno scalfito. E ci hanno provato anche due orefici di Berlino, un mese e mezzo fa. Ah, le transenne sono per tener lontano i pivelli che si improvvisano esperti cercatori d’oro…non possiamo permettere che si facciano male”
”Hn”
Un lampo d’eccitazione passò nelle sue iridi. Il sapore della sfida impossibile aveva iniziato a bruciare in lui…riuscire ove gli altri avevano fallito, quello era pane per i suoi denti!
’Questo è davvero interessante, la gita potrebbe essere più fruttuosa del previsto’
”Kaiba-kun, è ora di andare a cena”
Annuendo, il ragazzo si allontanò con noncuranza dal camino, e dalla preziosa incrostazione. Se avesse mostrato troppo interesse, qualcuno dei suoi sciocchi compagni avrebbe magari tentato di mettersi in mezzo, o di rovinargli il piacere della sfida. Come quello scemo di Jono-uchi, o il suo degno compare Honda, che non erano altro che feccia fra la feccia. Anche se, in fondo, anche loro erano una specie di mistero…
’Infatti non ho mai capito come possano esistere delle nullità simili…ma la natura non dovrebbe far selezione?’
Ammirando le chiome e la valle tinte di rosso dal tramonto, seguì il resto della classe verso il ristorante dell’albergo. Doveva modificare il suo piano…non avrebbe avuto tempo di risolvere il mistero dell’oro fuso, se avesse seguito le sue originarie intenzioni.
’Anche se il mio primo obiettivo deve rimanere il rafforzamento della mia posizione di dominio in questa zona di mercato’
In fondo, per quello aveva accettato di dare l’impulso decisivo al progetto scolastico, che poi era stato premiato col primo premio, cioè quel viaggio. Il suo supporto era stato decisivo, il suo cervello aveva dato vita a un progetto superiore a quello delle altre classi, sebbene non troppo sfavillante, o sarebbe stato palese che era opera di un professionista. No, quell’idea in più era di un livello solo lievemente superiore, e di una classe tale da non infastidire la giuria, né di seminare acredine e invida negli altri concorrenti.
Certo, per partecipare al concorso aveva dovuto usare il cognome del suo vero padre, e non di quello adottivo, e una provvidenziale influenza lo aveva tenuto lontano dalla premiazione…alla fine nessuno si era insospettito, e lui e la sua classe aveva vinto quel viaggio di dieci giorni in Baviera. Unica condizione posta per il determinante aiuto nella vittoria, che lui potesse fare quel che desiderava, mentre erano lì.
Si sedette vicino alle insegnanti e alla loro guida, ben lontano dalla marmaglia che ammirava a bocca spalancata i candelabri in argento e l’alto soffitto, e le pareti bianchissime su cui erano appesi degli enormi quadri raffiguranti la nobiltà che un tempo aveva dimorato in quel luogo.
’Chissà se si stanno rendendo conto di sembrare dei contadinotti che non hanno mai visto una città’
pensò, il disgusto che saliva sempre più.
”Kaiba-kun, ti stai divertendo?”
”Hn”
mugugnò alla professoressa che aveva tentato di intavolare una conversazione. Con loro doveva per forza esser gentile, anche se quando facevano certe domande sceme aveva voglia di rivelare tutto il suo disprezzo.
”Hai già pensato a che fare domani?”
Kaiba annuì:
”Sì. Andrò in giro per tutti i paesini della zona”
L’opposto di dove sarebbero andate loro col resto della truppa.
”Ah…”
Sapeva che cosa avrebbe voluto lei. Poteva immaginare i suoi pensieri di educatrice. Desiderava che lui tentasse di far amicizia con gli altri, che si unisse al resto della classe in una prova di orientamento in quei boschi, un test che serviva sì a provare le loro capacità in mezzo alla natura, ma che soprattutto mirava a creare un forte legame di gruppo.
’Ho di meglio da fare’
pensò, comunicando al cameriere le sue scelte per la cena.
’È un peccato che non possa bere di fronte alle professoresse, una birra me la farei volentieri’
Era pur sempre minorenne…ma l’alcol l’avrebbe aiutato a sopportare gli altri per tutta la cena. Di solito faceva fatica a reggerli anche solo per la durata delle lezioni, figuriamoci per una cena informale, dove tutti potevano squittire a piacere…e, ancora peggio, per una prova di orientamento, soli senza possibilità di scappare…
’No, non ho tanta resistenza’
Mentre mangiava dei Knödeln con sugo di cacciagione, ripensò ai suoi progetti. Originariamente, avrebbe dovuto girare per tutti i paesini del circondario per verificare la presenza e a che livello fosse la penetrazione dei prodotti della Kaiba Corporation nei piccoli centri urbani, ed individuare le eventuali correzioni da attuare per aumentare l’importanza del suo marchio.
’Ma quell’oro non riesco a togliermelo dalla testa’
Benché fosse lì da poche ore, era diventato una specie di ossessione…nessuno era mai riuscito ad averlo, era una vera sfida per una mente come la sua, lui sembrava esser destinato lì proprio per poterlo avere…
’Riuscirò a vincerti, stanne certo’
pensò, bevendo un sorso di succo di mele.
Decise che il giorno dopo avrebbe seguito i suoi piani originari. Ma, invece che godersi il panorama tranquillamente rilassato, come aveva promesso a Mokuba, si sarebbe collegato alla rete e avrebbe raccolto tutte le informazioni possibili su quell’oro, e sui modi per trovarlo, fonderlo e dividerlo dagli altri metalli.
’In passato si usava il mercurio…ma non penso sarebbe una gran idea versarlo sul pavimento di un castello-museo’
Il primo secondo fu un pesce di lago al cartoccio, con contorno di funghi in padella, poi fu la volta di un arrosto di cervo con purea di patate e insalatina di cavolo rosso leggermente caramellato. Più passava del tempo vicino ai suoi compagni di classe, più Kaiba si rendeva conto della differenza. Anche se non fosse stato abituato a quei cibi stranieri, lui non si sarebbe mai comportato così scioccamente come stavano facendo gli altri. Non li avrebbe fissati con aria sognante, né li avrebbe punzecchiati con la forchetta, per vedere se si sarebbero mossi ancora. Non era questione di soldi, non solo, almeno. Erano proprio su due livelli diversi.
’Ma da domani non dovrò più sopportarli. Resta solo la colazione assieme’
Avrebbe pranzato e cenato dove voleva lui, e avrebbe comprato un sacco di souvenir costosi per Mokuba. Non aveva ancora deciso se lasciare che- casualmente- scoprissero quei ricchi ricordini, giusto per farli morire d’invidia, ma aveva tempo per pensarci. La sua attenzione in quel momento era tutta su una coppa composta da deliziosi strati di pan di spagna, mele caramellate, noci al miele e zabaione fumante.
’Questo è veramente buono’
Il giorno dopo, mentre lui mangiava, avrebbe spedito Isono a trovare la ricetta di quel dolce, per poi riproporlo al suo fratellino, una volta a Tokyo.
’Oppure potrei portarlo qui per il suo compleanno’
Nonostante tutti i suoi sforzi, quel giorno non era mai stato felice. La loro madre era morta nel dare alla luce il piccolo Mokuba, e il suo fratellino si era sempre sentito in colpa per quella scomparsa, sebbene lui avesse tentato di tutto per convincerlo del contrario. Ma magari lì, dall’altra parte del mondo, sarebbe stato più facile dimenticare, almeno per un giorno.
’Sì, lo porterò qui’
pensò, assaporando l’ultimo cucchiaio di dolce.
Non si comportò da ingordo come i suoi compagni, che si affrettarono ad ordinarne un’altra coppa rischiando l’indigestione, ed attese con calma l’arrivo del vin brülè, unica concessione.
………
I corridoi erano illuminati solo dalle candele, e scaldati unicamente dai bracieri accanto alle finestre…anche se di giorno era un luogo bellissimo, di notte quel castello aveva un che di sinistro. Le pesanti porte chiuse, di legno scuro, racchiudevano i tesori che avevano ammirato quel giorno. Fuori la foresta era immersa nell’oscurità, e il vento scuoteva i rami secchi.
”L’ululare del vento può esser scambiato per quello dei lupi…o sono davvero lupi?”
chiese una ragazza alla guida, che fece un ghigno maligno e rispose:
”Chi lo sa?”
scatenando le risatine nervose di gran parte della classe.
Kaiba sbuffò, mentre Jono-uchi faceva il pagliaccio per spaventare le ragazze, e una di quelle galline pettegole tentava di mollargli un paio di ceffoni ben assestati. In mezzo a tutto quel chiasso passarono dinnanzi alla Sala del trono, e Kaiba non poté trattenersi dal fissare le massicce porte che celavano alla sua vista l’oro stregato.
All’improvviso si bloccò, e una delle professoresse lo urtò leggermente.
”Kaiba-kun, c’è qualcosa che non va?”
chiese, mentre Honda si rotolava dal ridere.
Il ragazzo riprese a camminare, e scosse la testa:
”No, mi perdoni. Mi era solo sembrato di sentire un rumore…”
”Forse era il fantasma”
ridacchiò Jono-uchi, che aveva la fissa di voler mettere in ridicolo Kaiba, benché puntualmente non ci riuscisse. Il resto della classe si zittì per ridacchiare sommessamente, e Kaiba si voltò di scatto, fissando il vuoto alle loro spalle: c’era davvero un rumore di pianto…
Tutti sbiancarono. Se Seto Kaiba aveva quell’espressione…
”Continuate a camminare!”
ordinò una delle insegnanti, spingendo in avanti il gruppo, per farlo arrivare il più velocemente possibile alla zona più moderna, illuminata e calda del castello.
”Hai per caso dei parenti egiziani?”
gli chiese la guida, anche lei leggermente pallida.
”No, perché?”
La donna si rilassò visibilmente:
”Perché sinora solo visitatori dall’Egitto hanno sentito piangere il fantasma. Probabilmente tu hai sentito il figlio di qualche altro ospite piangere”
”O forse era uno scherzo di Honda. Di cattivo gusto, come al solito”
commentò Jono-uchi piuttosto acidamente. Anche se si dava parecchie arie da duro, spettri e compagnia bella gli avevano sempre fatto una gran paura.
”Io?! Forse sei stato tu ma non vuoi prenderti la colpa!”
”Perché mai avrei dovuto farlo?”
”Perché sei scemo!!!”
Mentre le professoresse si affrettavano a calmare i due, il gruppo arrivò alla parte destinata ad hotel, e si divise. Kaiba rientrò nella sua stanza, e chiuse la porta a chiave. Anche se non pensava che Jono-uchi e Honda avrebbero tentato degli scherzi quella notte, non si poteva mai sapere. E poi voleva tener fuori quel pianto irritante, che riusciva a filtrare attraverso le pareti, sino alla sua testa…non sembrava neppure un vero pianto. Razionalmente, usando tutta la sua forza per concentrarsi, era in grado di non sentirlo, ma se abbassava le difese anche solo per un attimo, lo avvertiva di nuovo ai margini della sua mente, un pianto basso ma carico di dolore…cosa aveva scatenato quella pena?
Scrollò forte la testa, iniziando a sentirsi infastidito. Seto Kaiba non si faceva impressionare da certe cose! Staccò tutti i suoi strumenti dalle prese della corrente, si sedette a gambe incrociate sul letto, aprì Winamp e mise un po’ di musica a caso al volume più alto consentito dall’orario. Poi si collegò ad Internet, navigando senza una vera meta, rovistando sino a trovare la pianta del castello e dei suoi sistemi di sicurezza, fino a farsi venir male agli occhi, sino a crollare dal sonno. Tutto, pur di non sentire più quel lamento…

Kaiba si sedette senza grazia sulla sedia occupata il giorno precedente, con una faccia da far rimangiare a Jono-uchi il commento che aveva sulla punta della lingua. Ma le professoresse non potevano star zitte, era loro dovere occuparsi degli studenti, anche se in verità avrebbero preferito tornare in Giappone a piedi, piuttosto che rivolgergli la parola in quel momento…
Le due si guardarono, poi la più anziana si fece forza, e si schiarì la gola:
”K-Kaiba-kun, c’è qualcosa che non va? Non ti senti bene?”
Lui la gelò con lo sguardo, poi scosse la testa:
”Ho solo dormito male”
rispose. Era troppo stanco anche solo per parlare…aveva una gran voglia di dormire…
Rinfrancata da quell’insperato successo, la donna si azzardò in una seconda domanda:
”C’era qualcosa che non andava nella camera? Vuoi che ti facciamo cambiare posto?”
Immediatamente si rese conto di aver osato troppo, perché il suo allievo la stava guardando con palese aria di superiorità mista a pietà:
”La mia suite imperiale era perfetta, stia tranquilla. E no, non voglio cambiare posto. Immagino che sentirei quel dannato pianto in ogni ala del castello”
Il toast che Honda stava mangiucchiando cadde sulla tovaglia color malva. Ushio si versò addosso il tè, mentre Jono-uchi rischiava seriamente si strozzarsi con le tre brioche che stava mangiando assieme.
”L-L’hai sentito ancora?”
s'azzardò a chiedere la seconda professoressa, prendendo il posto della prima, che era diventata di un grigio malsano, sia per la reazione di lui, sia per la paura.
”Tutta la notte”
borbottò lui, servendosi di prosciutto cotto e pane tiepido.
Quel suono era riuscito a penetrare persino nei suoi sogni…e anche se non li ricordava, sapeva che era stato partecipe delle sue fantasie notturne.
Gli altri si guardarono, le facce che andavano dall’allucinato al terrorizzato. Se uno come Kaiba sentiva una cosa simile…
”Se scopro che è uno scherzo…”
e guardò dritto dritto Jono-uchi, che sbiancò come se davanti a lui ci fosse davvero un fantasma…
”…farò a pezzi l’autore, ci siamo capiti?”
”Io non ho fatto nulla!!!”
protestò il biondino, mentre sguardi carichi di astio gli si incollavano addosso.
”Lo spero per te”
sibilò l’altro, sorseggiando con calma dell’acqua.
”Honda aiutami!!! Tu sei stato in camera con me tutta la notte, diglielo tu che io non c’entro!!!”
Honda annuì:
”È vero, Jono non si è mosso dal suo letto, ieri notte. Era troppo terrorizzato dall’idea di incontrare il fantasma”
svelò, scatenando una serie di risatine.
”Honda!!! Dovevi difendermi non umiliarmi!!! E che ridete voi, che ve la siete fatta addosso tutti?!”
”Chiudi quella bocca!!!”
Le insegnanti accorsero per farlo tacere, ricordandosi solo in un secondo momento che lì nessuno capiva il giapponese, quindi si erano risparmiate una brutta figura…
”Sarebbe bastato un registratore piazzato nel posto giusto…”
continuò Kaiba, deciso a non mollare la preda. Se quegli scemi c’entravano li avrebbe fatti a pezzi sul serio…non poteva certo ammettere che fosse il pianto di un vero fantasma, mai e poi mai!
’La storia della guida, la notte e l’atmosfera devono aver avuto effetto anche su di me. Una miscela di fattori davvero notevole…forse dovrei pensare a comprare questo luogo’
Ma Jono-uchi non si arrese:
”Io non ho fatto nulla!!! Perché ce l’hai con me?!”
Kaiba sbuffò con aria di superiorità, ma Miho disse qualcosa che gelò tutti:
”Ma Kaiba-kun, da quanto ho capito, solo tu hai sentito il pianto. Insomma, qualcun altro l’ha sentito?”
Tutti si fissarono, scuotendo la testa. Poi i loro occhi tornarono sul ragazzo più alto. Sapevano che era un tipo un po’ strano, molto sulle sue, e non certo da inventarsi storie di fantasmi per avere su di sé l’attenzione…dovevano desumere che l’aveva sentito davvero? O che li stava prendendo in giro?
Lui non si degnò nemmeno di rispondere. Semplicemente si tamponò le labbra col tovagliolo, si alzò e lasciò la sala, diretto in camera sua, per prendere il portatile e tutto il resto. Quando passò davanti alla Sala del trono, tirò dritto senza nemmeno voltare lo sguardo. A quel salone, e ai misteri che conteneva, avrebbe pensato a tempo debito.
………
L’acqua calda scrosciava su di lui, liberandolo dalla stanchezza della giornata, portando via il sudore ma anche l’irritazione che s’era accumulata nel suo animo. Quel giorno la sua suite era stata rifornita di un sapone dal delicato profumo di rosa canina, recante sul flacone una veduta del castello, che oltre a rendere morbida la sua pelle, addolcì anche il suo umore. In fondo quella non era stata una giornata totalmente infruttuosa, anche se le sue speranze erano andate parzialmente deluse.
Dal punto di vista lavorativo era tutto a posto, anzi, meglio di quanto avrebbe mai pensato. La presenza della Kaiba Corporation era capillare anche nei paesini più piccoli, e sebbene non tutti i suoi articoli fossero presenti, il suo marchio scintillava ovunque. Ma il suo successo negli affari passava in secondo piano, se si considerava la totale mancanza di informazioni sull’oro fuso nella Sala del trono. Tutto ciò che era riuscito a trovare era la storiella raccontata dalla guida riportata in varie salse, a volte con un pizzico di horror in più, altre con persino più scetticismo di quanto ne avesse lui.
Ma, alla fine, persino Seto Kaiba si era dovuto arrendere. In Internet di utile non c’era davvero niente. Anche il resoconto dei gioiellieri di Berlino non gli aveva detto nulla che non sapesse. La conclusione, riguardo a quell’oro, era sempre la stessa: sembrava intoccabile.
’E questo mi irrita molto’
Non che gli dispiacesse partire dall’inizio, anzi, la sfida poteva farsi più interessante. Ma aveva un grosso problema: il fattore tempo. Già un giorno era passato, e lui non poteva dedicare tutti i rimanenti alla soluzione dell’enigma. Avrebbe dovuto rimettere assieme in fretta i pezzi di quel puzzle, per raggiungere il suo obiettivo…una sfida del genere non poteva rimanere irrisolta.
Chiuse l’acqua, ed uscì avvolgendosi in un candido asciugamano di spugna. Anche quello profumava di rosa canina…quella fragranza doveva piacere molto ai proprietari dell’albergo.
Ma il buon profumo non bastò a preservarlo da una nuova ondata di irritazione. Appena aveva chiuso l’acqua, infatti, il pianto sommesso era tornato a farsi sentire. Basso e lontano come il giorno prima, e ugualmente penetrante.
”Non ne posso più”
mormorò fra sé, ringraziando il cielo del rumore dell’asciugacapelli. Almeno per quei pochi minuti non l’avrebbe sentito…doveva fare assolutamente qualcosa, non avrebbe retto ad un’altra notte come quella precedente. Doveva trovare la fonte e farla tacere, in qualsiasi modo. Non era solo per il fastidio di non poter riposare, in fondo era abituato a dormire poco la notte. Ma quel pianto era carico di dolore, solo a se stesso poteva ammetterlo. E l’infelicità profondamente intrisa in quei singhiozzi lo turbava. Lo faceva stare male…perché gli ricordava il dolore di Mokuba, e il suo.
No, doveva farlo smettere. Da poco era riuscito a lenire le ferite del suo animo, a rimuovere almeno in parte i ricordi del suo passato…non voleva ricordare di nuovo, un fantasma o chi per lui non poteva rovinare tutto…
Poi il pianto si spense, all’improvviso.
Kaiba ci mise qualche secondo a rendersene conto, e soprattutto a credere che fosse davvero finito. Eppure non si sentiva davvero più…uscì persino in corridoio, sebbene indossasse solo l’accappatoio, pur di controllare bene.
’Non c’è più…non c’è più’
Se ne era liberato…non l’avrebbe più sentito, non gli avrebbe più corroso l’animo…
’Grazie’
pensò, a nessuno in particolare. Si sentiva improvvisamente leggero, libero. Senza più preoccupazioni, quella notte avrebbe riposato bene, e la mattina dopo sarebbe ripartito alla caccia di informazioni sull’oro.
’Il mistero lo svelerò io’
si ripromise, bevendo un succo d’arancia.
Non si sarebbe mai aspettato una conclusione tanto semplice, ma non gli spiaceva. O il registratore aveva finito le batterie, o il moccioso aveva finito di frignare. In ogni caso, per lui era perfetto.
Si sedette contro i cuscini, si coprì con una coperta e accese la tv. Sapeva che i suoi compagni erano alla festa che si stava tenendo nella Sala del trono, ma non gli importava. Chissà quante stupidaggini sarebbero saltate fuori. No, per lui era un passatempo migliore ascoltare un po’ di programmi in lingua originale, poi magari guardarsi un dvd e infine fare una telefonata a Mokuba. Stava molto meglio solo che con loro, ed era felice che anche le insegnanti si fossero arrese all’evidenza. Non avrebbe sopportato altri tentativi di coinvolgimento, lo aveva chiarito dopo che una delle due aveva tentato di convincerlo a seguirli in una gita sul lago.
”Scocciatrice”
borbottò, aprendo un pacchetto di noccioline e cambiando canale. C’erano dei telegiornali, dei film, qualche anime, una soap opera…nulla di davvero interessante.
Si alzò e infilò un dvd, poi chiamò Mokuba, nonostante l’ora tarda di Tokyo.
Il suo fratellino se la stava cavando benissimo anche senza di lui, e, come le sue insegnanti, sperava non molto velatamente che facesse un po’ più gruppo coi suoi compagni.
”Mokuba, non ti ci mettere anche tu!”
”Ma nii-sama, non ti farebbe male un po’ di compagnia! Scommetto che sei in camera da solo a guardarti un dvd!”
Kaiba ridacchiò:
”Mi conosci davvero bene”
gli fece notare, con voce soddisfatta e divertita.
”Nii-sama! Insomma, deve pur esserci qualcuno che ti interessi, oltre noi due!”
L’altro sospirò:
”Quando lo troverò, sarai il primo a saperlo. Però è difficile, quando sei circondato da gentaglia”
”Non è che sei tu a pretendere troppo?”
”E che male c’è a volere il meglio?”
Mokuba sospirò:
”Nulla, ma non lo si può ottenere sempre”
Ridacchiando, Kaiba gli diede ragione:
”Lo so, ma non ci posso fare niente. Non riesco ad accontentarmi. Ora devo andare. Non rimanere alzato ancora molto, d’accordo?”
Il fratellino mugugnò qualcosa di molto simile a un sì seguito da un questo vale anche per te, e riattaccò.
Kaiba si riappoggiò ai cuscini, soddisfatto. Non stava andando male, come serata. Aveva mangiato un buonissimo Haxen con crauti, il pianto era cessato, e aveva parlato con Mokuba. Si preannunciava una nottata di piacevole riposo, e null’altro.
………
”Ma porca puttana!”
gettò indietro le coperte e si infilò una pesante vestaglia, poi afferrò una minuscola torcia elettrica che s’era portato dietro, ed uscì come un uragano dalla sua camera. Quel dannato pianto era ricominciato, e dopo due minuti lui non ne poteva già più.
’Adesso lo faccio star zitto io!’
pensò, digrignando i denti. Erano le tre di notte e lui non ce la faceva più, sarebbe impazzito se l’avesse avuto ancora nelle orecchie, doveva tacere doveva lasciarlo in pace!!! Non doveva più sommergerlo col suo dolore, era una tortura che non poteva sopportare, aveva già i suoi pesi da portare, non si sarebbe fatto carico della sofferenza di uno sconosciuto.
’E me ne sbatto se è un fantasma!’
In quel momento avrebbe potuto fare a pezzi un demone uscito direttamente dal fondo degli Inferi.
A passo di carica si diresse verso la Sala del trono, passando nei corridoi vuoti illuminati da basse luci rossastre poste appena sopra il livello del suolo, senza curarsi di telecamere o allarmi. Sapeva, dalla navigazione della notte precedente, che le telecamere all’interno della Sala erano finte, e che quella notte i sensori delle porte sarebbero stati disattivati, dato che non si sapeva quando la festa sarebbe finita. Per compensare il vuoto di sicurezza erano state assunte delle guardie in più all’esterno, quindi lui poteva muoversi con tranquillità.
Attraversò le chiazze di luce che la luna piena proiettava sul pavimento attraverso le alte vetrate, passando in fretta nei punti dove il calore dei bracieri si faceva più labile, fermandosi ogni tanto a scaldarsi le mani accanto ai tizzoni ardenti…anche se davano molta atmosfera, quei bracieri non riuscivano a scaldare tutto.
’È un problema che andrebbe risolto’
pensò, lasciando che il suo lato pratico prendesse per un attimo il sopravvento sulla rabbia.
Arrivò dinnanzi alla pesante porta principale della Sala del trono, e prese fiato. Il pianto proveniva inequivocabilmente da lì, sebbene la festa fosse finita. La Sala avrebbe dovuto esser deserta, ma qualcuno, o qualcosa, produceva quel lamento. Si sarebbe trovato di fronte un fantasma?
’Certo che no’
pensò, recuperando un po’ di sangue freddo. Doveva stare attento, chi era all’interno avrebbe potuto reagire male, vedendosi scoperto. Sperando che i cardini della porta fossero ben oliati, la spinse.
Non ci fu alcun suono, oltre ai soliti singhiozzi. Il pianto non si interruppe, continuò come se non fosse cambiato nulla.
Maledicendosi per la propria esitazione, Kaiba scivolò all’interno, richiudendo la porta in silenzio. La Sala non era buia, perché la luna creava una grossa pozza proprio sul camino, e le luci a livello del suolo erano accese. Sebbene l’aria fosse ancora calda, grazie ai bracieri che sprigionavano un timido calore, l’atmosfera in sé era gelida. La luce spettrale della luna, quella color sangue delle luci artificiali, i bagliori emanati dai tizzoni, e soprattutto il pianto ininterrotto…sembrava che in quella sala ci fosse davvero uno spettro. E se era lui a pensarla così, chissà cosa avrebbero detto i suoi sciocchi compagni.
Kaiba si appoggiò alla porta, afferrandone inconsciamente la maniglia, in cerca di sicurezza. Si guardò attorno. I festoni e le decorazioni che avevano incorniciato la festa erano ancora lì, un po’ sgualciti, a pendere dal muro. A terra giacevano stelle filanti e resti di palloncini scoppiati, e sui tavoli addossati ai lati della sala rimanevano i resti del cibo avanzato. Tutto molto decadente, il contrario del gioioso party che si era consumato fino a poco prima.
’A quanto pare puliranno domani’
Non lo capiva…se quell’albergo fosse stato uno dei suoi, avrebbe preteso che tutto fosse in ordine entro la mattina successiva.
’Ma in fondo non mi deve importare’
Provava una sorta di timore verso quella sala, che aveva fatto svanire la sua rabbia. Quello che lo spaventava di più era il suono che sembrava provenire dall’altro capo del salone, proprio dal camino. E a far aumentare i battiti del suo cuore ci pensavano gli alti bracieri ancora ardenti, che per ragioni di sicurezza erano stati portati al centro della sala, lontano dalle tende, dalle decorazioni e da qualsiasi altra cosa che potesse prendere fuoco. Con la loro mole gli coprivano la visuale, permettendogli di vedere solo l’arazzo con l’acanto, e non il camino sotto di esso.
Il ragazzo era di fronte a un bivio: o tornare indietro, o camminare verso il pianto. Che da quando era lì, non aveva accennato a diminuire.
’Se almeno non mi facesse star male così tanto…’
Eppure la sua sofferenza si riversava in lui, una sorta di empatia che proprio non sopportava, né capiva. Lui non soffriva se non per se stesso e per Mokuba, che un estraneo lo facesse sentire così lo faceva impazzire. Perché lo faceva star male? Che cosa c’entrava lui con quel luogo? Che gli stava accadendo?
’C’è un solo modo per saperlo’
Deglutì, e si incamminò verso il camino, facendo meno rumore possibile. Strinse la torcia che aveva in pugno fino a farsi sbiancare le nocche, rimpiangendo di non averne portata dietro una più grossa.
’Anche se, se è davvero un fantasma, non mi sarebbe servita ugualmente’
pensò, tentando di scacciare la paura con un po’ di ironia mal riuscita.
’Ma perché li hanno messi in quel modo?’
pensò irritato, studiando i bracieri. Sembrava che li avessero posizionati così apposta per coprire il più possibile la vista del camino…
’Sarei dovuto entrare dalla porta laterale’
pensò, pensando a tutta la strada che si sarebbe risparmiato. Il piano non accennava a diminuire, anzi…era sempre più nitido, più energico. Esattamente come i battiti del suo cuore, che rimbombava talmente forte da essere quasi udibile all’esterno del suo corpo. Ai suoi piedi portava morbide pantofole che non facevano rumore, ma quasi avrebbe gradito il contrario. Almeno qualcosa avrebbe coperto il pianto, e il suo cuore. Aveva il sangue che gli pulsava nelle tempie, e gocce di sudore freddo che scorrevano lungo la sua schiena. La sua gola s’era seccata, e continuava a sbattere le palpebre, sebbene non ne avesse bisogno. Odiava ammetterlo, ma aveva paura…cosa avrebbe trovato, superato l’ultimo braciere? Un registratore nascosto da qualche parte, o…
…o un ragazzo accoccolato dove un tempo era arso il fuoco, con una lunga catena attorno al collo, agganciata alle due estremità all’oro fuso?
Kaiba rimase immobile, incapace anche di respirare. Il volto del ragazzo era stretto fra le sue mani, e piangeva, piangeva, piangeva senza sosta. Non si era accorto di lui, non aveva voltato il viso, e gli strani capelli a punta ondeggiavano piano, al ritmo dei suoi singulti.
Ed era un fantasma, Kaiba lo seppe dal primo sguardo. Non poteva essere altro, perché era semitrasparente, e attraverso il suo corpo poteva vedere il fondo del camino. Non era un ologramma, quella tecnologia l’aveva inventata lui, l’avrebbe riconosciuto se fosse stato così. Sembrava che l’intero castello fosse stato costruito proprio per offrirgli quella visione, che le transenne fossero state tolte per mostrare ai suoi occhi, nel miglior modo possibile, una polla di luce lunare in cui era immerso uno spirito sofferente.
Il ragazzo si diede un pizzicotto, che non servì a far sparire lo spettro seduto a terra. Le lacrime non bagnavano le sue vesti, né scendevano a macchiare la pietra chiara. Solo la sua voce risuonava forte, e la sua sofferenza si sprigionava da lì in tutto il maniero. Il cuore di tutto era di fronte a lui, col suo carico di angoscia…e se la guida aveva ragione, allora era da molto tempo che quell’anima era in pena.
”Perché piangi?”
domandò ancora prima di rendersene conto.
Il pianto cessò.
Lo spettro alzò il volto, e Kaiba poté fissarlo negli occhi.
’Viola’
fece in tempo a pensare, prima che lo spirito sussultasse, e tentasse di ritrarsi.
Ma la catena che lo teneva legato all’oro fece resistenza, impedendogli di allontanarsi, facendogli anzi male…Kaiba si chiese se un fantasma poteva sentire dolore e paura.
Ma quel ragazzo sì, perché aveva fatto una smorfia. E lo guardava terrorizzato, come se il fantasma fosse lui. Le sue labbra fremevano, il suo corpo incorporeo era scosso dai tremiti, e negli occhi vi era qualcosa di molto simile al terrore.
’Com’è possibile?’
pensò il ragazzo, avvicinandosi a lui, che intanto continuava a tentare di ritrarsi. Assomigliava…assomigliava…a un cucciolo di cane maltrattato, che si ritrae per non essere pestato ancora. Sì, ecco cosa sembrava.
Con un sospiro, Kaiba si sedette a terra, a circa un metro e mezzo da lui. Non fece alcun tentativo di raggiungerlo, rimanendo a una distanza che potesse calmarlo.
’Sono io che dovrei essere spaventato, non il contrario’
Eppure quello spirito stava tentando di appiattirsi contro una parete del camino, sebbene questa non riuscisse minimamente a nasconderlo. La catena gli impediva di allontanarsi dall’oro, i suoi movimenti erano limitati a un raggio di circa quaranta centimetri. E continuava a fissarlo con quegli occhi sgranati, colmi di panico.
”Non ti farò del male”
sussurrò Kaiba, rendendosi conto di non sapere esattamente in che lingua stesse parlando. Sapeva solo che gli affiorava direttamente sulle labbra, e che era quella giusta da usare.
L’altro tentò di calmare il suo respiro, o quello che era il riflesso del respiro di un essere vivente. Si teneva ancora il più lontano possibile da lui, ma almeno aveva smesso un po’ di tremare.
”Stai calmo”
bisbigliò, stringendosi le braccia attorno alle gambe, mettendosi di proposito in una posizione che non gli avrebbe permesso di avvicinarsi a lui velocemente.
”Stai calmo, non ti farò del male”
ripeté, appoggiando il mento alle ginocchia, e limitandosi a guardarlo.
Ma l’altro sembrava improvvisamente diventato scettico:
”Come puoi dirlo, se sei qui anche tu per l’oro?”
disse con voce roca, impastata dal pianto, come se versar lacrime avesse effetto anche su un fantasma.
”Tu mi capisci?”
domandò Kaiba…non aveva creduto molto ai suoi tentativi di calmarlo attraverso le parole, ma a quanto pareva doveva ricredersi. L’altro annuì, ma non aggiunse nulla, per cui toccò di nuovo a lui continuare:
”Non sono qui per l’oro”
rispose.
”Bugiardo. Ho visto i tuoi occhi ieri pomeriggio, prima che andaste a mangiare. Tu lo desideri, esattamente come tutti gli altri”
ribatté lo spettro, gli occhi che gli si riempivano di nuove lacrime.
’No, non ancora pianto!’
Doveva trovare il modo di non farlo ricominciare, e in fretta!
”Non nego di voler risolvere l’enigma, ma non sono qui per questo, stanotte. Volevo solo scoprire chi o cosa fosse la fonte del pianto”
Il fantasma lo studiò un attimo, poi scosse la testa e si passò un polso sugli occhi:
”Non c’è alcun enigma, è solo il frutto di un’antichissima magia, e di una maledizione. E se sei uno dei tanti che pensa che la magia non esista, spiegami allora con chi stai parlando”
terminò con stanchezza, come se avesse sentito quelle parole migliaia di volte.
”Ma…”
L’altro sbuffò:
”Ho sentito decine di quelli che voi chiamate scienziati inveire contro chiunque tentasse di parlare di magia e di fantasmi. Erano di fronte a me, proprio dove sei seduto tu. Io non potevo fare nulla, solo sentire mentre schernivano ciò che sono diventato, e ciò che mi ha ridotto così. Magari la magia non esistesse…io ora sarei libero”
concluse tristemente, dando uno strattone alla catena, abbassando il viso e colmandosi di nuovo di tristezza.
Kaiba trovava strano quello spettro. Aveva sempre pensato che i fantasmi dovessero far paura, invece quello era spaventato, amareggiato, triste, abbattuto. E sembrava lui, quello ad aver paura.
’Questa è una cosa interessante…ma è meglio se lo tratti coi guanti’
”Posso chiederti come mai eri così…spaventato, quando sono arrivato qui? Perché temevi che fossi venuto per l’oro?”
Il fantasma lo studiò un attimo, prima di rispondere con amarezza:
”Perché qualsiasi cosa voi facciate all’oro, io la sento su di me. Se lo prendete a picconate, io mi sento squarciare, anche se non posso portarne i lividi. Se lo arroventate, io brucio. Se ci versate dell’acido…”
non terminò la frase, posandosi una mano sulla bocca, quasi dovesse tener tranquillo lo stomaco. Strinse gli occhi, per non piangere…non voleva ricordare...
Kaiba emise un flebile sospiro. Non sapeva se quello che gli aveva detto era la verità, ma doveva prenderla per buona, pur mantenendo un certo distacco. Non poteva immaginare cosa si provava a esser corroso dall’acido…
”Dunque è per questo che piangi? Per il ricordo del dolore?”
Doveva farlo parlare, continuare a distrarlo, distogliere la sua mente dal pianto. Non poteva esser ancora invaso dalla sua sofferenza, non ce l’avrebbe mai fatta.
L’altro scosse la testa:
”No, dopo un po’ quello passa. Io piango per…questa. Per la solitudine cui mi costringe”
e diede un altro strattone alla catena, che si tese ma non si spezzò.
”Ma perché piangi solo in certe notti? E perché sei legato all’oro?”
Gli occhi del fantasma si fecero velati:
”Io piango sempre, ma solo alcuni vivi riescono a sentirmi. Forse sono i discendenti delle persone che hanno avuto dei tristi legami con me mentre ero in vita, chi lo sa”
Sospirò, poi riprese:
”E devo rimanere qui per via della maledizione. In origine alla catena era attaccato un pendaglio d’oro, e quello che vedi è il metallo sciolto”
Un’illuminazione passò nella mente di Kaiba:
”La piramide rovesciata?”
L’altro annuì:
”Già, un puzzle a forma di piramide rovesciata. So che potrà sembrarti pazzesco, ma la mia anima era racchiusa lì dentro. Poi, quattrocento anni fa, un ragazzo ricompose tutti i pezzi da cui era composta, se la mise al collo, e io mi risvegliai dal mio sonno”
Kaiba inarcò un sopracciglio, mentre gli sembrava che quel racconto stesse scivolando nell’assurdo:
”Come potevi esser racchiuso in un pendaglio?”
Ma l’altro scosse il capo:
”Non lo so esattamente. Non ho memoria della mia vita passata, non possiedo nessun particolare di ciò che fu la mia esistenza. Il mio ricordo più recente appartiene al momento del mio risveglio, quando Yugi ha ricomposto il gioiello”
”Yugi?”
”Il ragazzo che mi ha risvegliato, che mi concesso di dimorare nei recessi della sua anima. Colui che ha condiviso con me il suo corpo, che mi ha permesso di…tornare a esistere”
Massaggiandosi gli occhi, Kaiba tentò di mettere ordine nella sua testa. Quella notte si era rivelata estremamente complicata…
”Sta per albeggiare”
disse il fantasma all’improvviso, gli occhi persi nella notte morente.
”Hn?”
mugugnò l’altro con noncuranza, mentre si rendeva conto di esser rimasto seduto sul pavimento freddo per tutto il tempo.
”Fra poco me ne dovrò andare, e anche tu dovresti tornare a letto”
”Eh?”
Lo spettro gli fece un sorriso triste:
”Fra poco la prima luce invaderà il cielo, e di conseguenza io sparirò. Sono conscio di essere un fantasma, io appartengo alla notte. La luce del sole mi cancella”
”Eh?”
”…io riesco a vedere ciò che accade qui dentro di giorno, ma il sole azzera la mia già fugace possibilità di manifestarmi. Tu riesci a sentire il mio pianto, e a vedermi, ma ieri pomeriggio non ci sei riuscito, sebbene fossi proprio di fronte a te”
Sospirando, Kaiba si grattò una guancia:
”Quindi tu mi hai visto, ieri?”
”Già. Ho sentito la conversazione con la guida, e ho anche capito le vostre parole, sebbene non sappia la vostra lingua. Forse l’essere uno spettro mi riporta ai tempi precedenti a Babele, chi lo sa?”
terminò con una risata leggera.
”Io…”
Ma lo spirito scosse il capo, interrompendolo:
”Il mio tempo è finito, per stanotte, anima coraggiosa”
Ma Kaiba non gli permise di andarsene così:
”Tornerò…non piangere più, d’accordo? Non piangere…tornerò ancora, questa notte”
Per la prima volta, lo vide sorridere davvero, poi annuire nonostante lo stupore.
Quindi sparì, dissolvendosi nella luce solare.
Il ragazzo sbatté le palpebre, come se si fosse appena risvegliato da un sogno. Non c’era più nessuno, dove prima c’era stato uno spirito infelice. Si guardò intorno. La Sala aveva perso la sua atmosfera inquietante, tornando a essere una semplice sala sporca. I bracieri s’erano spenti del tutto, e le decorazioni penzolavano tristemente nella luce dell’aurora. Era davvero l’opposto di come l’aveva vista la prima volta, scintillante alla luce delle candele, pronta ad accogliere i nuovi ospiti. L’impresa di pulizie ci avrebbe messo un po’, per rimettere tutto a posto.
’Merda! Staranno per venire a pulire!’
Schizzò in piedi e, dopo un’ultima occhiata al camino ormai vuoto, si tolse le ciabatte e corse via, il più velocemente possibile, sperando di non incontrare nessuno nei corridoi. Persino lui avrebbe trovato difficoltà, a giustificare la sua presenza fuori dalla stanza, in pigiama, a quell’ora…
………
Kaiba appoggiò il bicchiere accanto al piatto, e sospirò. Fra meno di mezz’ora Isono sarebbe andato a prenderlo per continuare la loro esplorazione dei negozietti della zona, anche se lui non ne aveva per niente voglia. Guardò l’orologio…ancora pochi minuti, e sarebbero state le due del pomeriggio. Ciò significava che erano passate sette ore da quando si erano separati.
’Sette ore’
Un lasso di tempo in cui la sua confusione era aumentata a dismisura.
Una volta sgattaiolato nuovamente nella sua camera, infreddolito come raramente in vita sua, si era infilato a letto cercando di riaddormentarsi, nonostante la testa piena di pensieri. Non riuscendoci, verso le otto aveva inviato un sms a Isono, per dirgli che la mattinata era annullata, e di passare a prenderlo nel primo pomeriggio. Poi non aveva fatto più nulla, a parte trascinarsi fuori dal letto per appendere alla porta il cartellino con l’ordine di non disturbare.
Non si era alzato dal letto, non aveva mangiato, non aveva risposto alle pressioni delle ansiose professoresse, che avevano tentato di convincerlo a lasciarsi coccolare un po’. Dopo una frettolosa rassicurazione sul suo stato di salute, le aveva sbattute fuori dalla camera senza tanti complimenti, tornando a rintanarsi nel letto, in cerca di un filo logico a tutti i suoi pensieri.
”Ho davvero incontrato un fantasma?”
chiese ai resti della torta di noci.
Aveva cercato per tutto il tempo una risposta a quella domanda, ma non ne aveva trovata una. Il suo animo gli diceva di sì, che quella che aveva visto non era stata un’allucinazione, né uno scherzo. Il suo cervello invece si rifiutava di rispondere, strappato fra la sua razionalità e il ricordo della lunga conversazione avuta con lui. Rigirandosi fra le lenzuola non era arrivato a nulla, e non era nemmeno riuscito a riposare un po’. Si sentiva stanco nella mente e nel corpo, e sebbene avesse una gran voglia di prendersi un sonnifero e di tornare a letto, i suoi doveri di presidente della Kaiba Corporation gli imponevano di andare avanti, di non piegarsi mai alla stanchezza.
”Cosa devo fare?”
Gli aveva promesso che quella notte sarebbe tornato da lui, ma l’aveva fatto perché davvero voleva ancora parlagli, o era semplicemente un modo per farlo tacere, per non sentire più il suo pianto?
”Chissà se sente realmente quello che si fa all’oro”
Se era vero, era orribile. Se era falso, era una bugia inventata davvero bene.
”Ma tanto non posso provarlo”
Ed era anche inutile che stesse lì a rimuginarci sopra. Non aveva elementi per un’analisi razionale, e dato che non sapeva farne di altro tipo, era meglio che la smettesse.
Scese nella hall dell’albergo, e lì attese l’arrivo dell’auto. In quel pomeriggio avrebbe dovuto distrarsi, riposare, mangiare qualcosa di buono, e soprattutto smetterla di pensare a quello spettro.
’Ma non so nemmeno il suo nome’
si rese conto all’improvviso, uscendo a prendere un po’ di sole. Avevano parlato tanto, ma non gliel’aveva chiesto…quella situazione era un gran pasticcio, e lui non sapeva come districarsene.
’Basta pensarci!’
si ordinò, mentre si accomodava sul comodo sedile della berlina, mentre Isono chiudeva la sua portiera. Quando il suo collaboratore si fu messo al posto di guida, gli ordinò di accendere la radio.
”S-Su che stazione?”
”Quello che vuoi. Basta che sia allegro”
Isono annuì, e continuò a passare da una stazione all’altra finché il suo padrone non fu soddisfatto. Era la prima volta che gli faceva una richiesta simile, lui che amava il silenzio per immergersi meglio nei suoi pensieri. Chissà che gli era successo…prima annullava il giro di negozi mattutino, poi lo aspettava all’aperto, infine quella richiesta…che fosse malato?
’In effetti non ha una bella cera’
pensò, facendo finta di controllare lo specchietto retrovisore, ma guardando lui in realtà. Con il capo appoggiato al vetro, lo sguardo perso nel paesaggio, la bocca semisocchiusa, sembrava persino più distante del solito, smarrito in un mondo dove nessuno poteva raggiungerlo.
’Dovrei provare a parlarci?’
si chiese il povero collaboratore, mentre un’ondata d’ansia lo riempiva. Seto Kaiba non era un facile interlocutore, ed era notoriamente una persona portata all’ira. Se avesse parlato, e fatto un disastro? Non ci teneva molto a prendersi un’urlata, lì, nel mezzo nella foresta tedesca.
’No no, non ne ho il coraggio’
Gli era stato insegnato a rimanere al suo posto, e il suo padrone aveva sempre apprezzato la sua discrezione, e il suo saper tenere la bocca chiusa in ogni momento. Non era certo il momento di cambiare, se il signor Kaiba avesse voluto far conversazione, avrebbe parlato per primo.
’Sì, è la cosa migliore da fare’
Anche perché probabilmente non aveva abbastanza coraggio per rivolgergli la parola per primo, nonostante l’altro fosse solo un ragazzino liceale.
’Chissà se ne devo parlare al signorino Mokuba’
Il fratellino era decisamente più affabile rispetto al padrone, e gli aveva ordinato di telefonargli ogni sera, per ricevere delle notizie su suo fratello da un’altra fonte. Non sapeva se il signor Kaiba lo sapesse o lo sospettasse, però lui non avrebbe mai disobbedito a un ordine del signorino.
’Se gliene parlassi si preoccuperebbe per niente, e in più il signor Kaiba saprebbe che sono stato io a informarlo’
Non era un rischio da correre. Avrebbe semplicemente detto al padroncino che gli sembrava che suo fratello fosse un po’ stanco, forse per colpa del jet-lag.
’Sì, è la cosa migliore da fare’
Era meglio non esporsi troppo con la famiglia Kaiba, anche quando lo si faceva a fin di bene…non si sapeva mai dove si sarebbe andati a finire.
………
Kaiba finse di ammirare la notte coprire di bruma la foresta attorno al castello, perso in profondi pensieri che si svolgevano lungo sentieri non esplorabili da altri. La sua espressione di placida estesi sembrava quasi scintillare attorno a lui, creando un’aria di distanza infinita, di somma conoscenza intoccabile per dei semplici esseri umani. Guardarlo donava la pace, e ispirava domande sulla profondità dell’essere umano.
Peccato che, prevedibilmente, Seto Kaiba stesse pensando tutto il male possibile degli scocciatori che ancora ronzavano per i corridoi. Erano quasi le dieci e mezza di sera, e invece che essere già a letto a dormire, quei perditempo non facevano che intralciare i suoi piani. Non poteva rischiare di farsi beccare a infilarsi nella Sala del trono a quell’ora della notte. E la scusa di studiare l’oro non sarebbe mai stata in piedi, che avrebbe potuto fare senza un minimo di attrezzatura? Scosse la testa. Doveva solo aspettare il momento giusto per entrare. I sistemi di sicurezza non sarebbero stati un problema, aveva già messo tutta quell’area in loop, nessuno si sarebbe accorto dei suoi spostamenti.
Sbirciò la porta poco distante, da cui non proveniva alcun suono. A quanto pareva, il fantasma aveva smesso di piangere, in attesa del suo arrivo…era incredibile, ma aveva appuntamento con uno spettro di almeno quattrocento anni!
’Chissà se sono impazzito, oppure è tutto vero’
Lo avrebbe scoperto di lì a poco…non ce la faceva più ad aspettare, aveva troppa voglia di rivedere coi propri occhi quel miracolo fuori da ogni sentiero tracciato dalla ragione, voleva di nuovo osservare la sua figura diafana…per lui era diventato un pensiero fisso.
’Com’è possibile? Lo conosco solo da una notte’
Eppure non aveva pensato ad altro. Ma in fondo era normale, quanta altra gente al mondo poteva vantarsi di parlare davvero con uno spirito?
’Io…curioso?’
pensò, mentre scivolava vicino alle porte, si guardava intorno in cerca di possibili passanti, per poi sparire velocemente all’interno.
La sala era buia, quindi attese un paio di minuti contro le porte, perché i suoi occhi si abituassero al cambiamento. Davanti al camino erano tornate le transenne ad ostacolargli la vista, ma qualcosa riusciva a vedere…le sue gambe, e soprattutto le ciocche di capelli che spuntavano da sopra.
Si staccò dalla rassicurante porta e si affrettò in avanti, verso ciò che aveva sempre considerato irreale, verso l’irrazionale, verso l’opposto di ciò che era sempre stato. Il sogno della sua esasperata razionalità che lo attirava, l’essere incredibile con cui era entrato in confidenza dopo solo una notte, l’anima che occupava la sua mente…era forse il suo Santo Graal?
Eppure era davvero lì, non se l’era inventato. Accoccolato nel camino, lindo sebbene ci fossero dei resti di cenere, che sorrideva mentre lui si avvicinava. La sua presenza lì significava che, anche quella notte, non sarebbe rimasto solo.
”Sono felice che tu sia qui”
sospirò il fantasma, cui Kaiba rispose con un breve sorriso, mentre scavalcava le transenne e si accoccolava vicino a lui. Quella notte era più preparato, era ben vestito, aveva un cuscino di plastica gonfiabile su cui sedersi, di quelli da spiaggia, delle barrette energetiche e soprattutto un thermos colmo di tè bollente.
”Non sarei risuscito a starti lontano”
gli disse, iniziando a gonfiare il cuscino.
”C-Cos’è?”
Lo spettro stava fissando incuriosito quell’operazione…Kaiba finì di soffiare e chiuse la valvola, poi ci si sedette sopra:
”Un cuscino gonfiabile”
rispose.
”Oh…il mondo è davvero cambiato tanto”
”…sì. Ma noi siamo solo agli inizi…non ci siamo nemmeno presentati, ad esempio. Io sono Seto Kaiba”
L’altro ripeté piano quel nome:
”Seto Kaiba”
”Esatto. Puoi chiamarmi come vuoi. E tu sei…”
Rabbuiandosi, il fantasma abbassò lo sguardo:
”Esattamente non lo so. Il corpo che mi ospitava si chiamava Yugi, e io condividevo il suo nome. Ma in fondo ora sono solo un’ombra, quindi nella tua lingua sarebbe…”
”Yami”
concluse Kaiba per lui.
”Yami. Yugi. Anche tu puoi chiamarmi come desideri”
Kaiba lo studiò un attimo, poi decise:
”Yugi. Va bene?”
Tornando a sorridere, lo spirito annuì:
”Allora sarò Yugi”
”Bene…”
Mentre all’esterno i rami si graffiavano l’uno con l’altro, Kaiba tentò di impostare un discorso che seguisse un filo logico:
”…Yugi, io ho pensato molto a quello che ci siamo detti ieri notte, e mi rendo conto che si sono molti lati oscuri. Per questo io…vorrei conoscere la tua storia”
Era stato più prudente di quanto era solito essere in realtà, ma era conscio di chi aveva davanti. E non desiderava sperimentare su di sé il potere di uno spettro offeso. Dato che non sapeva se avesse o meno dei poteri, non gli sembrava il momento né il modo di scoprirlo.
Gli occhi dello spettro si spensero, come se una voragine nera avesse preso il loro posto, inghiottendoli. Lo fissavano senza vederlo, le sue labbra erano socchiuse, ma nessun suono ne usciva…come se il tempo lo avesse sconvolto, gelato, immobilizzato.
”Io…non so molto, a dire la verità. Non ho memoria del mio passato, della mia reale esistenza non possiedo ricordi”
Kaiba inclinò la testa:
”Com’è possibile?”
Il fantasma sembrava sconsolato:
”Non lo so…come ti ho detto ieri, la piramide d’oro rovesciata era in realtà quello che voi chiamate puzzle tridimensionale. E in ogni pezzo d’oro era contenuto un frammento della mia anima. Non conosco il motivo per cui il mio animo sia stato fatto a pezzi e sigillato lì dentro, io…non lo so”
e abbassò il capo, quasi che il ricordo fosse troppo pesante da portare…
”…so solo che ho fluttuato in un limbo per un tempo indefinito, costretto a una non-vita che mi ha trascinato sino a Yugi…colui che mi ha riportato alla luce”
Si fermò, forse sopraffatto dal ricordo del suo salvatore, e Kaiba rimase in silenzio, in attesa che riprendesse.
”Il nonno di Yugi, che era un avventuriero, aveva trovato i frammenti del puzzle in un antico cofanetto d’oro, in un luogo vecchissimo, intoccato, che lui aveva scoperto nelle sabbie della regione che chiamate Egitto”
”Eh?”
Kaiba lo interruppe senza volerlo, mentre il suo cervello si metteva in moto. Lo spettro lo stava guardando, in attesa di una spiegazione, e lui si dovette massaggiare gli occhi prima di rispondere:
”Se il cofanetto proviene dall’Antico Egitto, tu dovresti avere almeno…due o tre millenni”
Ma quella cifra non sembrava voler dire nulla all’altro:
”Ho perso la nozione del tempo molti, molti anni fa, quindi non so esattamente quanto sia passato”
Il presidente sospirò:
”Troppo tempo”
Iniziava a comprendere perché soffriva tanto di solitudine…forse persino uno come lui ne avrebbe risentito.
Alzando le spalle, il fantasma riprese la sua narrazione:
”Non ha importanza. Yugi ricompose il puzzle, e lo portò al collo legato a questa catena. Lui mi aveva donato la gioia di provare nuovamente la sensazione del vento, del profumo della terra, del calore del sole, del sapore di una crema calda in bocca…ero tornato a vivere, ero di nuovo un essere vivente, non più solo uno spettro infelice. Ero vivo, e avevo un amico meraviglioso”
Kaiba chiuse gli occhi. Aveva sempre pensato che nessuno potesse vivere una situazione più tragica della sua, ma invece quello spettro sembrava aver provato qualcosa di peggio.
’Io ho conosciuto l’amore dei miei genitori, e ne possiedo il ricordo. E ho sempre avuto Mokuba al mio fianco, che mi sosteneva anche quando non mi capiva. Ma lui…lui non ha nulla’
Non aveva mai avuto compassione per le altre persone, ma ne provava per un ragazzo morto da millenni. In fondo, era molto ironico.
Aveva anche smesso di chiedersi se fosse tutto vero. Quella, e altre domande simili, se le sarebbe poste solo il giorno successivo. Lì, nella notte profonda, in quella sala fredda, sarebbe stato vero.
”Vedi, Yugi era molto simile a me nell’aspetto, ma non nel carattere. Io ero molto più forte, deciso, orgoglioso…decisamente più sicuro di me, rispetto a quello che era lui. E il destino volle che la ragazza di cui era innamorato si innamorasse di me”
’Ahi’
Lui temeva profondamente le relazioni amorose. Amare una persona, donarsi completamente, lasciarsi avvincere da lei…non pensava ci sarebbe mai riuscito. Ne aveva paura. Anche se, in fondo, sapeva che quella era una parte di lui che gli sarebbe mancata.
”E tu…la corrispondevi?”
Lo spirito scosse la testa:
”No, io non provavo alcun sentimento amoroso per Anzu, la ragazza. Era un’amica, ma niente più. Era come se nel mio cuore non ci fosse posto per lei, come se fosse già stato conquistato da qualcuno, di cui io non ricordavo nulla…e non ne ho memoria nemmeno ora, se è per questo”
”Io in questo ti invidio, Yugi…”
L’altro lo squadrò:
”Perché? Cosa può esserci di bello in una simile situazione?”
Incredibilmente, Kaiba si concesse un sorriso triste:
”Ti invidio perché tu sai di aver amato qualcuno tanto profondamente da non riuscire a dimenticarlo, anche se a livello razionale non rammenti la sua identità. Io penso che il tuo fosse un amore vero…qualcosa che io non ho mai provato”
”Oh”
Un leggero velo di rossore si sparse sulle sue gote, per quanto incredibile fosse vedere un fantasma imbarazzarsi…
”Io…non so se tu abbia ragione, però da quando sono qui, è la prima volta che…sento un po’ di calore nel cuore”
Kaiba annuì, e gli diede il tempo di riordinare le idee.
”Comunque, l’amore spesso porta sofferenza…molto, molto dolore”
Si chiuse in se stesso per continuare il suo racconto, abbracciandosi le ginocchia, appoggiandovi il mento per quanto la catena glielo permetteva.
”Durante un ballo, Anzu desiderò espressamente di poter ballare con me. Yugi era geloso, lo sapevo, per questo cercavo di rassicurarlo il più possibile, e di spingerlo a parlare con lei tentando di mettersi in mostra, di farle notare che esisteva anche lui, oltre a me. Ma Anzu non lo vedeva…o almeno lo vedeva solo come un contenitore per la mia anima. Mi sono dimenticato di dirti che gli amici più intimi di Yugi sapevano della mia esistenza”
”Hn”
”Comunque, quella sera Yugi perse la pazienza. Noi eravamo amici, lui era fantastico. Ma era anche profondamente infelice, perché il suo amore veniva continuamente frustrato dalla presenza dell’anima che lui stesso aveva salvato. C’era una spaventosa lotta interiore in lui. Da una parte l’amicizia e l’affetto che ci legavano, dall’altra i sentimenti per Anzu. Ma, come ti ho detto, lui perse la pazienza”
Senza dire nulla, Kaiba chiuse gli occhi. Immaginava che l’altro non desiderasse esser visto così abbattuto. Quando riprese, la voce dello spirito era un sussurro:
”Mentre la voce di lei gli rimbombava nelle orecchie, implorandolo di permetterle di vedermi, qualcosa in lui si ruppe. Il nostro legame di frantumò. Di colpo si tolse il puzzle e lo scagliò contro il camino, maledicendomi per avergli portato via il suo amore, a lui che mi aveva ridato una vita. Pregò tutti gli dei mai esistiti che mi punissero, che lo vendicassero donandomi ciò che più temevo…la solitudine”
disse, accarezzando la catena che lo avvinceva all’oro fuso.
”E il puzzle andò ancora in frantumi, ma non la mia anima, perché il camino sciolse il metallo, e lo fuse assieme…e la mia anima rimase intatta, cosciente…sola”
Kaiba fissò l’oro. Era strano che un fuoco così piccolo fosse riuscito a fondere in quella maniera una simile quantità di metallo. Avrebbe dovuto sì e no riuscire a scaldarlo…
’Che la maledizione abbia contribuito?’
Se fino a tre giorni prima qualcuno gli avesse detto che avrebbe creduto alle maledizioni, lui l’avrebbe spedito a calci fuori dalla sua porta. Che ci credesse veramente era incredibile anche in quel frangente, ma che poteva fare d’altro, con uno spirito seduto di fronte?
”Kaiba…Seto…posso chiederti un favore?”
L’altro sussultò…era la prima volta che lo chiamava, anche per nome poi, ma annuì:
”Farò di tutto per aiutarti”
L’altro si mordicchiò un labbro, poi prese fiato, sebbene non gli fosse necessario, e buttò fuori tutto d’un colpo:
”Ti prego scopri cosa è successo a Yugi ed Anzu. Nessuno ne ha più parlato qui dentro, e io non li ho più visti. Ti prego ritrovali, svelami il loro destino!”
Kaiba aprì e chiuse la bocca, poi tergiversò:
”Yugi, io devo dirti una cosa. Ieri pomeriggio ho cercato delle informazioni sull’oro di questo castello, ma…nel poco che ho trovato, non ho mai sentito parlare di…Yugi, né di una ragazza chiamata Anzu”
Non sapeva quanto fosse saggio deludere un fantasma nell’unico desiderio che doveva aver espresso in centinaia d’anni, ma non poteva illuderlo…ma l’altro non si perse d’animo:
”Yugi, Anzu e gli altri erano degli ospiti qui, e alcuni anni dopo la distruzione del puzzle, alcuni archivi sono stati mangiati dai topi. Ne hanno parlato spesso di fronte al camino, in quelle notti fredde…”
Kaiba sussultò:
”Se hanno acceso il fuoco…tu…”
e sbiancò all’idea di cosa doveva aver provato.
Ma l’altro ridacchiò:
”No…quel fuoco non aveva possibilità di influire su dell’oro maledetto, sono necessarie temperature per più alte per scaldarlo. Alla fine era anche divertente essere immerso nelle fiamme, e non sentire nulla”
”Hn…”
’Se lo dice lui…’
”Comunque, i registri che segnalavano la loro presenza qui sono stati distrutti, per questo immagino che tu non abbia trovato nulla”
Sembrava aver preso il suo rifiuto straordinariamente bene…Kaiba immaginava che, dopo tanto tempo, avesse imparato ad accettare tutto con una certa filosofia.
”Io non so cosa fare”
gli confessò. Se con tutti i suoi strumenti informatici non aveva scoperto nulla, che altro poteva fare?
Il fantasma si morse un labbro:
”Se ti dessi un indizio, tu lo seguiresti per me?”
Kaiba sbatté gli occhi: un indizio? Qualcosa che lui non aveva trovato? Un collegamento trascurato, un segno sottovalutato?
”Sì”
bisbigliò…era curioso, assettato di conoscenza, e desideroso di compiere un gesto per alleviare la sua sofferenza.
”Ti aiuterò”
gli confermò, annuendo vigorosamente.
La figura trasparente sembrò diventare luminosa:
”I duchi di Baviera commissionarono un grandioso quadro alla pittrice Rosalba Carriera. Era un ritratto d’insieme della corte, riunita in questa sala. C’erano anche Yugi e Anzu…lui portava al collo la piramide rovesciata. So che loro vivono ancora in questa regione, i discendenti ogni tanto vengono ancora qui, si incontrano con altri nobili. Forse loro sanno la verità su quello che accadde a…”
non terminò la frase, lasciando che la sua voce si spegnesse nel nulla.
Kaiba lo fissò, poi annuì:
”Troverò questi duchi, e il quadro. Scoprirò la verità”
”Lo farai?”
L’altro annuì:
”Non posso fare molto per te, quindi ti restituirò un pezzo della tua storia”
poi soffocò un colpo di tosse, che però rimbombò ugualmente nella sala.
”Grazie, Kaiba”
L’altro annuì e bevve un sorso di tè caldo direttamente dal thermos. Quel racconto era stato bello, coinvolgente, ma star seduto lì al freddo lo aveva gelato sin nelle ossa.
”Che strano oggetto”
”Serve a tener caldi i liquidi…scusa”
aggiunse, mentre si rendeva conto che lui, da anni, non poteva più assaggiare una bevanda calda. Ma lo spirito rise:
”Non ti crucciare, non sei responsabile di questa situazione. E hai tutto il diritto di prenderti cura di te, tu che puoi”
concluse con una vena di tristezza, che però Kaiba non sentì, troppo impegnato a soffocare un altro attacco di tosse. Se qualcuno l’avesse sentito…
”Vai a letto”
gli disse il fantasma, mentre l’altro riprendeva fiato.
”Eh?”
Kaiba era rosso e respirava ad ansiti, e si teneva i polmoni…
”Non puoi far nulla per me, stanotte. E la tua salute è importante…su di me il freddo non ha più potere, ma tu sei in sua balia. Non preoccuparti, non piangerò…mi hai reso felice”
e gli sorrise timidamente, inclinando il capo.
”Yugi…ne sei sicuro? Manca ancora molto all’alba”
Ma l’altro scosse la testa:
”Se ti ammalassi sarebbe peggio. Ti prego, prenditi cura di te. Devi dormire, assumere un medicamento per quella tosse. Non voglio che tu stia male”
”…hn”
A fatica Kaiba si rialzò. Le sue gambe erano gelate, irrigidite. Faceva fatica a muoverle, e si sentiva debole, con la testa che gli girava leggermente.
’Non la febbre…non ora…’
”Yugi…farò quello che posso, davvero”
L’altro sorrise:
”Lo so…grazie di non essere scappato urlando, ieri notte”
”Hn? Perché avrei dovuto farlo?”
Ridacchiando, lo spettro infilò la mano nel muro:
”Non ti spaventa parlare con un fantasma?”
Kaiba lo soppesò:
”Io…non ho mai creduto nel soprannaturale. Però tu…il tuo pianto…era colmo di sofferenza. Non ho provato paura, ma…comprensione. Anch’io ho sofferto molto…e so che nessuno dovrebbe piangere così”
Si fissarono, poi lo spettro annuì:
”Grazie”
”…non è nulla. Vorrei solo…poter fare di più”
Era vero…gli sarebbe piaciuto aiutarlo. Preferiva lo spirito di un defunto a quasi tutte le persone che aveva incontrato in vita sua…se non poteva fare nulla per lui, per chi altrimenti?
Ma l’altro scosse la testa:
”Apparteniamo a due mondi differenti, che non dovrebbero mai entrare in contatto. Io…sono felice anche solo per avere qualcuno con cui poter parlare. Non sono più solo…posso aspettare la notte senza chiedermi quanto sarà lunga questa volta”
Kaiba si chiese se l’altro avesse capito che era lì in gita, che presto se ne sarebbe andato, ma decise di soprassedere. Non era il momento per dirglielo…piuttosto, aveva una curiosità da soddisfare:
”Posso provare a fare una cosa?”
”Cosa?”
Il ragazzo si chinò, allungò la mano, e tentò di afferrare la catena.
Nulla. Le sue dita vi passarono attraverso, non toccò che l’aria.
”Prevedibile”
commentò, mentre studiava il punto dell’oro in cui la catena affondava.
”Sarebbe stato bello se tu fossi riuscito a spezzarla”
disse il fantasma, tentando di nascondere una nota di delusione nella voce.
Stiracchiandosi, Kaiba si rialzò, per poi scavalcare le transenne:
”Penserò a qualcosa. Tu stai su di morale”
L’altro sorrise:
”Sì. E tu riposa”
Kaiba annuì:
”A domani”
e uscì dalla sala, chiudendo con delicatezza le porte.
”A domani”
sussurrò lo spettro, accarezzando il punto dove le dita del ragazzo avevano toccato l’oro, e trovandolo leggermente caldo. Sorrise, e si acciambellò:
”Affezionarsi a qualcuno fa brutti scherzi”
mormorò.
………
Kaiba aprì un occhio, sbirciando l’ora. Erano quasi le dieci e mezza, e la debole luce del sole che filtrava attraverso le tende scure gli feriva gli occhi.
”Merda”
mormorò, toccandosi la fronte. I suoi timori furono subito confermati. Era calda, troppo calda.
”Non è il momento di avere la febbre”
ringhiò, mettendosi a sedere…ma il suo corpo stanco impose il suo volere, e il ragazzo fu costretto a stendersi nuovamente.
”Maledizione!”
Tirò un pugno al copriletto, poi cercò con lo sguardo una bottiglietta d’acqua. Aveva le labbra secche, la gola arida, e i muscoli doloranti. Probabilmente il freddo preso la prima notte in cui era andato nella Sala del trono era stato fatale, e uscire anche la notte successiva gli aveva dato il colpo di grazia.
L’acqua era lontana, su un mobile dall’altra parte della stanza, e lui non aveva voglia di alzarsi…era il momento di schioccare le dita.
Si tese, con le poche forze rimaste, e afferrò il cellulare, richiamando dalla rubrica il numero di Isono.
Dopo pochi minuti sentì bussare alla porta, e il suo collaboratore entrò seguito da una donna con l’uniforme dell’albergo.
”Signor Kaiba, ho portato la dottoressa dell’albergo. Dopo che l’avrà visitata andrò a prendere le medicine. Ha bisogno d’altro?”
Il ragazzo annuì:
”Lascia un messaggio alla reception per le mie insegnanti, se non le avvisiamo daranno fuori di testa. Una cosa veloce”
”Sì, signore”
”Poi…”
Kaiba si bloccò: non ne voleva parlare di fronte a quella donna. Anche se era una dipendente dell’albergo, la sua fedeltà non era provata quanto quella di Isono. E il fatto che con il suo dipendente avesse parlato in giapponese, non significava che lei non avesse capito.
’Crescere come figlio di Gozaburo fa quest’effetto’
Data la sua esperienza a lavorare in un albergo pieno di uomini d’affari, lei dovette capire che era di troppo. Si inchinò, e disse in inglese che sarebbe andata in bagno a lavare le mani. Anche se indossava i guanti, Kaiba annuì, felice che fosse stata abbastanza sveglia da capire.
Quando fu uscita, si rivolse a Isono:
”Ascolta bene. Voglio che tu rintracci di duchi di Baviera, e che trovi chi abbia commissionato, circa quattrocento anni fa, un ritratto della corte riunita nella Sala del trono alla pittrice Rosalba Carriera”
(Rosalba Carriera è realmente esistita, ed era talmente in voga presso le corti europee farsi fare un ritratto da lei, che ne è nato il detto “fare carriera”; n.d.Hymeko)
”Sì, signore”
Kaiba bevve un sorso dell’acqua che il suo braccio destro gli aveva portato:
”Poi voglio che scopri dove sia adesso il quadro, se sia stato venduto, se appartiene ancora alla famiglia, tutto. Se è in zona, prendi appuntamento per vederlo, e scopri se c’è qualcuno che me ne possa parlare in maniera approfondita. Se invece è stato portato lontano, fatti mandare un’immagine”
Isono si inchinò:
”Ai vostri ordini, signor Kaiba”
”Bene. E non dire nulla a Mokuba, gli telefonerò io fra un po’”
”Come desiderate, signor Kaiba”
L’altro soffocò un colpo di tosse, poi diede l’ultimo ordine:
”Adesso vai, e sii discreto. Non voglio ficcanasi tra i piedi”
”Sì”
Un ultimo inchino, e l’uomo uscì dalla stanza. Sentendo la porta chiudersi, la dottoressa tornò nella stanza…aveva avuto il buon senso di rimanere in bagno per tutto il tempo.
………
Kaiba si appoggiò al cuscino, sospirando. Una delle sue insegnanti era appena uscita, lievemente più calma di quando era entrata. Lui aveva leggermente accentuato la sua pena, per farla andare via in fretta, con la rassicurazione che la dottoressa gli aveva dato le medicine giuste per farlo guarire. Non invidiava la posizione delle due donne…lo studente numero uno della scuola, nonché presidente dell’azienda leader a livello mondiale nei giochi elettronici, nonché multimiliardario, era sotto la loro tutela. E se lui fosse stato davvero male, loro ne sarebbero state responsabili.
’Anche se è solo colpa mia’
Si era reso conto che uscire la seconda sera, con addosso solo un pigiamino e una vestaglia, e rimanere delle ore a parlare con uno spettro, seduto sulla pietra gelida, non era stata proprio una gran idea. E sorrise apertamente, quando si ricordò che nessuno dei suoi compagni era andato a trovarlo, né aveva chiesto sue notizie. Era riuscito a tenerli lontani, per fortuna…averli fra i piedi anche in quel momento sarebbe stato troppo, persino per lui. Il problema era un altro…
’Chissà Mokuba che mi dirà, ora…’
Con lui non sarebbe stato tanto facile, lo sapeva. Ma non poteva nascondergli la verità. Incrociando le dita, prese il cellulare e lo chiamò, preparandosi alla sfuriata.
………
Il sole era tramontato da circa due ore, dopo aver tinto di un profondo rosso carminio la sua stanza. Ormai era ora di cena, ma lui non aveva fame. Aveva sbocconcellato un po’ di pane e prosciutto quella mattina, prima di prendere le medicine. Poi un po’ di pollo in umido tiepido verso le sei, dato che gli era venuta fame, per prendere di nuovo l’antibiotico. Sapeva che era un po’ presto, ma aveva colto l’occasione al volo per evitare che andassero a dargli dopo la medicina. Perché, mentre tutti sarebbero stati a cena, lui sarebbe sgattaiolato nella Sala del trono.
’Se lo sapesse, Mokuba si arrabbierebbe da morire’
pensò, vestendosi in fretta coi vestiti più caldi che aveva. Aprì un soffio la finestra, prima di uscire…se l’avessero scoperto, avrebbe potuto dire che aveva fatto un giro mentre cambiava l’aria in camera.
’Cosa di cui ho bisogno’
pensò, socchiudendo la porta e guardandosi in giro. Aveva temuto che Isono si fosse messo di guardia per non farlo uscire, ma forse la direzione dell’albergo, e la sua promessa di riposare, lo avevano tenuto lontano.
Sospirò, soffocando la tosse che minacciava di rivelare a tutti la sua presenza. Con sé aveva il suo cellulare, messo in modalità silenziosa…non poteva esser certo che la Sala fosse vuota, quindi nel caso avrebbe finto di parlare al cellulare. Anche se aveva la febbre, non gli andava di esser preso per matto.
Camminando con circospezione per non incontrare nessuno, arrivò fino alla Sala del trono, e guardò dentro con noncuranza. Come aveva immaginato c’erano ancora dei turisti, nonostante l’ora tarda.
’Maledetti clienti, andatevene a mangiare’
Scrollando il capo entrò nella Sala, gironzolando sino ad arrivare al camino proprio mentre le altre persone erano lontane. Il fantasma aveva seguito in silenzio il suo percorso, comprendendo che andare subito in quel punto avrebbe destato dei sospetti, ma quando Kaiba gli arrivò vicino, lui sussultò.
”Tu sei ammalato!”
esclamò, conscio di non poter esser sentito da altri.
Kaiba prese il cellulare e se lo premette all’orecchio:
”Sì. Non potrò venire da te, questa notte”
Ma l’altro sembrava parecchio battagliero:
”Non saresti dovuto venir qui nemmeno adesso, stupido!”
Scuotendo la testa, il ragazzo distolse lo sguardo dall’arazzo con l’acanto, per guardare lui:
”Non potevo certo non venire senza dirti nulla”
bisbigliò, sentendosi un po’ meglio quando l’espressione dell’altro si addolcì.
”Non preoccuparti per me. Ora devi pensare a riposare”
Annuendo, Kaiba gettò un’occhiata alle altre persone:
”Ho mandato un mio uomo in cerca del dipinto. Ha trovato alcune tracce, e domani ne parlerà con un po’ di gente. Stai tranquillo, scoprirò cosa è successo al tuo amico”
Lo spirito lo guardò storto:
”Kaiba, non pensare a me. Non mi può succedere nulla, quindi vedi di riposarti. Se anche ci metti un po’ di tempo non ha importanza”
’Ne ha eccome…’
Come poteva dirgli che ancora alcuni giorni, e lui se ne sarebbe andato? In che modo avrebbe reagito, sapendo di dover tornare a essere solo?
”Hn. Stai su di morale, d’accordo?”
”Certo! E tu non osare tornare prima di esserti rimesso in forma, chiaro?”
Sembrava felice…Kaiba lo salutò con un cenno, chiuse il cellulare e si allontanò. Yugi aveva fatto a pezzi il puzzle, lui avrebbe spezzato la sua anima?
’Cosa posso fare?’
E un altro punto che non riusciva a comprendere era la sua premura verso di lui. Anche se conoscevano entrambi il dolore, perché lo stava aiutando tanto? Non lo capiva, ma sapeva che doveva assolutamente farlo, come se…fosse suo dovere.
Scosse la testa. Per fortuna la febbre gli impediva di pensarci.
………
Quella notte, e le due successive, Kaiba le passò a letto a riposare. Nessun suono disturbò il suo riposo, che fu tranquillo e sereno. Non sognò, anche se ad ogni risveglio aveva la sensazione che qualcuno fosse lì, ai margini del suo sonno, a pensare a lui, a vegliarlo. Si sentiva bene, nonostante la febbre. Era dalla morte del padre che un suo periodo di malattia non era tanto, come dire, leggero. Di solito giaceva febbricitante fra le lenzuola, rigirandosi nel letto senza sosta, sentendosi solo nonostante Mokuba andasse spesso a trovarlo. Ma lì, forse per uno strano scherzo della sua anima, sembrava aver trovato la sua oasi di pace.

Kaiba aprì il cellulare, fermandosi dinnanzi all’arazzo con l’acanto. Era la prima volta che usciva dalla stanza da quando era andato ad avvertirlo che non avrebbe potuto raggiungerlo in quelle condizioni…era ironico che fosse di nuovo lì, quasi percorresse una traiettoria obbligata circolare, che lo costringeva a tornare sempre in quel luogo.
Si guardò attorno, poi sussurrò:
”Il mio dipendente ha trovato delle informazioni. Mi porterà una relazione dettagliata subito dopo pranzo, e stanotte verrò qui. Sono guarito, non preoccuparti”
terminò, immaginando le sue proteste.
”Non so a che ora riuscirò a venire, quindi non preoccuparti. Ora devo andare, se mi scoprono qua saranno guai”
Chiuse il cellulare e si voltò, uscendo con finta naturalezza. In realtà la dottoressa gli aveva ordinato un altro giorno di riposo, ma la vacanza era ormai agli sgoccioli, mancavano solo tre notti compresa quella, non poteva sprecare altro tempo.
’Ho qualcosa da fare qui’
pensò, mentre rientrava nella stanza, si spogliava e si rimetteva a letto. Non era solo per quel ragazzo triste, era anche per lui stesso. Se sentiva il suo dolore nel pianto, un motivo doveva esserci. Forse era lì proprio per alleviare la sua sofferenza, e nel contempo la propria…quello di cui aveva sempre avuto bisogno, era forse di compiere un gesto di compassione verso un estraneo?
’No, non è solo questo’
Era qualcosa di più profondo, che scavava oltre il se stesso che era in quel momento. Era una sensazione più radicata, la percezione sfocata di un legame che non era nato lì, ma che proveniva da un luogo e un tempo di cui entrambi non avevano più coscienza.
’Io non me ne andrò senza averlo scoperto’
giurò, chiudendo gli occhi. Non lo avrebbe sognato, ma sapeva che sarebbe stato comunque accanto a lui.
………
Kaiba si accoccolò oltre le transenne, vicino all’oro fuso. Il fantasma l’aveva studiato in silenzio da quando era entrato, limitandosi a rispondere al suo saluto con un cenno.
”Stai tranquillo, sto bene”
lo rassicurò nuovamente Kaiba, un po’ irritato per quell’eccessiva preoccupazione. Bastava Mokuba a soffocarlo di attenzioni, non voleva un’altra balia asfissiante.
”Hn”
rispose lo spetto con quello che di solito era il suo mugugno.
Sospirando sconsolato, il ragazzo si schiarì la gola. Non sarebbe stata una nottata facile, l’aveva saputo appena aveva avuto in mano il rapporto di Isono. Quell’uomo aveva svelato gli accadimenti seguiti alla rottura fra Yugi e l’anima del pendaglio d’oro, e aveva ritrovato il quadro, arrivando perfino a scoprire che i proprietari sarebbero stati disposti a venderlo.
Kaiba aveva pensato che avrebbe potuto acquistare il quadro, ventilando l’ipotesi di donarlo al castello…in cambio, avrebbe tacitamente ottenuto la promessa che sarebbero finiti gli esperimenti sull’oro. Gli sembrava uno scambio equo, un quadro di grande valore contro la preservazione di un importante reperto storico…se avesse esercitato bene la sua influenza, i proprietari avrebbero sicuramente ceduto.
’Resta solo da parlarne con lui’
Ma in che modo? E come dirgli che presto avrebbero dovuto separarsi?
”Sei silenzioso”
mormorò lo spettro dopo un po’.
Kaiba sussultò…non si era accorto dello scorrere del tempo, perso com’era nei suoi pensieri.
”Scusa…è solo che non so come iniziare”
L’altro alzò le spalle:
”Parti dall’inizio. So che i miei amici sono morti da moltissimo tempo, quindi…sono preparato a qualsiasi cosa tu voglia dirmi”
’Perché deve toccare a me dargli una simile notizia?’
pensò il presidente, massaggiandosi la fronte. Avrebbe ricominciato a piangere, non voleva sentire ancora il suo dolore…non poteva sopportarlo né lenirlo…poteva solo parlare.
”Isono ha parlato con i discendenti dei duchi di Baviera, che possiedono ancora il quadro. Loro gli hanno raccontato ciò che accadde quattrocento anni fa, o almeno, la versione dei fatti che la stirpe ha tramandato sino ad oggi . Loro stessi non sono certi che questa sia la verità”
”Ho capito…”
Mordicchiandosi un labbro, Kaiba riprese:
”I tuoi ricordi si interrompono quando Yugi lanciò la piramide d’oro contro il camino, mandandola in pezzi, e riprendono quando i pezzi si riunirono in un’unica macchia di metallo fuso, è esatto?”
”Sì”
”E non hai più saputo nulla di Yugi e gli altri, perché nessuno ne ha più parlato di fronte a questo camino, dove sei confinato. Dato che è iniziato tutto qui, in questo luogo è diventato un argomento tabù”
e sfiorò l’aria dove si trovava la catena.
L’altro annuì senza dire nulla, e il ragazzo fece un respiro profondo. Avrebbe dovuto essere proprio lui a raccontargli quella verità…
”Appena Yugi ebbe gettato qui la piramide d’oro, l’oro iniziò a fondersi, forse a causa della sua maledizione. Capendo ciò che aveva fatto, impazzito dal rimorso, o dal dolore, o dal non poter fare niente per rimediare, il giovane uscì urlando, correndo sino alla grossa torre con scala a chiocciola poco distante da qui”
e indicò un punto alla sua destra. Lo spettro assentì, ricordava quel luogo.
Lo stomaco di Kaiba si strinse…doveva dirglielo:
”Dalla cima della torre, Yugi si…gettò”
”………c-cosa?”
Kaiba deglutì, chiedendosi se l’avesse detto troppo brutalmente. Lui non sapeva dire le cose con maniera, era rozzo e gretto, in quel senso. Non sapeva gestire i rapporti umani, riusciva a malapena a dimostrare il suo affetto al suo fratellino…
”Lui si è…”
”Suicidato? Yugi si è suicidato per…quello che ha fatto a me?”
singhiozzò lo spirito, rannicchiandosi in se stesso. Come aveva potuto, come aveva potuto gettar via la sua vita in quel modo?
”Io credo che ti volesse un mondo di bene. E che il rimorso sia stato troppo da sopportare…”
”Questo non giustifica una cosa simile!”
sbottò l’altro, in lacrime…non avrebbe dovuto farlo, non avrebbe dovuto!
”Era disperato, e colmo di dolore…”
L’altro tentò di colpire il pavimento con un pugno, ma la sua mano incorporea attraversò il suolo:
”Non importa!!! Io non valgo tanto!!! Ero solo un parassita per lui!!!”
Kaiba tentò di consolarlo:
”Ti sbagli, tu eri il migliore amico che potesse avere…me l’hai detto tu stesso”
”Ma…”
”Piangi per lui, ma non chiederti il motivo del suo gesto. Il senso di colpa è qualcosa che va provato, non si può spiegare”
”Come fai a dirlo?”
Kaiba tentennò, poi decise di rivelarglielo:
”…mia madre è morta dando alla luce mio fratello…quando lui l’ha scoperto, mi ha chiesto scusa tantissime volte, fra le lacrime…ma non è stata colpa sua, come non è stata colpa tua…non piangere, ricorda solo i momenti felici”
”…ma…”
Scuotendo il capo, Kaiba lo interruppe:
”È una tragedia, ma la devi accettare…non rovinare i ricordi della vostra vita assieme, per un unico gesto disperato”
Il fantasma soffocò i propri singhiozzi, pensando disperatamente a un modo per cambiare argomento…Kaiba non capiva, non capiva quello che aveva fatto, Yugi aveva vissuto un amore infelice per colpa sua, se lui fosse stato subito chiaro con Anzu…
’Anzu!’
”E che cosa è accaduto ad Anzu? Lo hai scoperto?”
Kaiba annuì:
”Sconvolta per il gesto di Yugi, e consapevole di esserne stata la causa scatenante…”
L’altro sussultò:
”N-Non si è…”
”No, non si è suicidata. Stai tranquillo. Ha avuto una lunga vita in un monastero in Spagna, lontano da qui, dove è entrata subito dopo la morte del vostro amico. È stato l’unico luogo dove ha trovato un po’ di pace…o almeno così è scritto in una sua vecchia lettera”
”Ah”
Guardandolo, il ragazzo ebbe l’impressione che fosse diventato ancora più trasparente. Come se il dolore avesse annullato il suo desiderio di esistere.
”Ascolta…non hai colpe per quello che è successo. Gli esseri umani compiono dei gesti sconsiderati, quando sono in preda ai propri sentimenti. Non angosciarti”
Ma l’altro non lo ascoltava più:
”È colpa mia…solo colpa mia”
”Non è vero”
ribatté Kaiba, iniziando ad accalorarsi.
”È colpa mia…io ho sconvolto la loro vita, io che non avrei nemmeno dovuto esistere”
”Smettila subito!”
”Non appartengo a questo luogo e a questo tempo, come non appartenevo al tempo di Yugi, e la mia realtà mi ha rifiutato…sono un reietto, fuori dal flusso del tempo, emarginato qui…”
”Per favore basta…”
Lo stava sommergendo, il dolore che sprigionava stava colmando Kaiba…premeva su di lui, lo soffocava, lo stringeva…era in lui, non poteva liberarsene…gli apparteneva, senza un chiaro motivo…
”…la mia punizione…non è solo la maledizione di Yugi a tenermi qui. È la mia punizione pur tutto il male che ho causato ai miei amici”
”Bastaaaaa!!!!!!”
Kaiba si gettò in avanti, e tentò di afferrare il suo braccio per scrollarlo forte, per faro smettere di parlare così, di riempirgli la testa di dolore…
FLASH
…pesanti pendagli d’oro ai lobi…
…vesti di lino blu…
…diademi scintillanti e preziosi…
…uno scettro dalla strana forma ad ascia bipenne…
…occhi d’ametista…
…occhi di zaffiro…
…strani capelli a punta…
…sottili capelli castani…
…pelle d’ambra e pelle d’ambra…
…un’agognata solitudine…
…un bacio timido…
…un sentimento pressante…
…un sorriso leggero e un sorriso leggero…
…un altro bacio…
…la sicurezza nell’altro…
…il ritorno ai ruoli assegnati…
…statue di gatti su colonnine di marmo rosa…
…un varco di luce…
…uno leggermente dietro l’altro…
…la folla urlante…
…petali di fiori sotto i loro piedi…
FLASH
Kaiba si gettò indietro, ansimando. Un peso gli gravava sul petto, faceva fatica a respirare, il sudore gli colava negli occhi. Il battito del suo cuore era accelerato, e le mani gli tremavano.
”C-Cos’era quell’allucinazione?”
chiese, senza riuscire a fermare il balbettio di cui era preda la sua voce.
”N-Non lo so”
Il fantasma sembrava sconvolto almeno quanto lui, pallido più del solito, e tremava. Nei loro occhi c’era la stessa paura, lo stesso shock. Quella visione l’avevano avuta entrambi, ed ognuno era certo che anche l’altro avesse visto la stessa cosa.
”E-Eravano noi”
bisbigliò alla fine lo spettro, avvicinandosi all’oro fuso, come se potesse fornirgli protezione.
Kaiba non disse nulla, mentre il freddo prendeva il sopravvento su di lui. Loro? LORO?
’No…non è possibile!’
Si alzò barcollando. Per quella sera era finita lì.
”D-Dove vai?”
gli chiese lo spettro, tendendosi verso di lui ma senza riuscire a raggiungerlo.
”Non so cosa sia successo, ma mi gira la testa. È meglio se torni a dormire”
disse, senza delicatezza. Sapeva che quella era un’imposizione del suo volere sull’altro, ma non poteva farci nulla. Non sarebbe riuscito a rimanere lì un momento di più.
”M-Ma…”
Kaiba lo vide allungare una mano verso di lui, ma abbassò gli occhi e scavalcò le transenne, aumentando la distanza fra loro:
”Ci vediamo domani, non preoccuparti”
e si affrettò a uscire, senza più voltarsi.
Lo spettro, imbambolato, lo fissò uscire. Appena l’eco del rumore delle porte che si erano chiuse si spense, chinò la testa. Aveva perso anche lui?
Quasi correndo, Kaiba arrivò alla sua suite, passò in fretta il badge e si precipitò dentro, appoggiandosi poi con la schiena alla porta chiusa. Il suo cuore non si era calmato, e il freddo era aumentato.
Guardò l’ora. Era passata da poco l’una…non era mai stato così poco da lui. Ma quello che aveva visto era stato…troppo, per una mente razionale come la sua.
Poteva accettare di essere in comunicazione con un fantasma, ma…quell’allucinazione…no, quella no. Ne era quasi spaventato…lui…e quel ragazzo fantasma…no, era troppo assurdo…
’…e troppo doloroso’
Scosse la testa. Era come ammettere che fosse vero. E non poteva esserlo, non poteva accettarlo!
’No no no!’
Si tolse i vestiti e li gettò alla rinfusa su una sedia, poi si mise il pigiama e si infilò a letto. Aveva bisogno di passare una notte tranquilla, senza sogni…voleva dimenticare tutto, almeno per una notte.
’Spero solo che non si rimetta a piangere’
Era conscio di esser stato sgarbato con lui, mollarlo in quel modo non era stato un bel gesto, considerato soprattutto che sapeva benissimo che lo spettro temeva la solitudine, però…anche lui aveva le sue debolezze. Non doveva annichilire se stesso per far piacere all’altro.
’Ma domani dovrò scusarmi con lui’
In fondo gli dispiaceva essersene andato così…sì, prima di dormire avrebbe pensato a un modo per farsi perdonare.

Kaiba si sedette al solito posto, anche se evitò di guardarlo. La notte precedente aveva fatto dei sogni, e anche solo sfiorarlo con lo sguardo faceva ritornare a galla ciò che aveva vissuto nella sua mente.
O almeno sperava fosse solo un frutto della sua mente.
Inaspettatamente, fu lo spettro a parlare per primo:
”Oggi sono venute qui due donne, parlavano di te. Erano felici per la tua guarigione, perché avresti potuto affrontare il viaggio di ritorno in buona salute”
Qualcosa sembrò rimbombare dentro Kaiba. Alla fine l’aveva scoperto da solo.
”Fra quanto te ne andrai?”
gli domandò, guardandolo con occhi spenti.
”…due giorni”
rispose in un sussurro, senza nascondergli la verità, né tentare di addolcirla.
”Ah”
fu il semplice commento dello spettro, che si chiuse in se stesso.
”…Yugi”
Kaiba tentò di chiamarlo, ma l’altro voltò viso:
”Puoi pure tornare a dormire…stai tranquillo, non ti disturberò col mio pianto. In fondo, è per quello che sei venuto qui, no? Per poter dormire in pace”
”Non dire sciocchezze!”
sibilò il ragazzo, furioso come non gli capitava da tempo.
”No? Non ti è mai importato nulla di me, o non mi avresti tenuto nascosto una cosa simile”
Lo spirito aveva un vantaggio…nulla poteva fargli più del male, quindi anche se l’avesse fatto arrabbiare, non ne avrebbe avuto alcun danno fisico. Inoltre era solo da centinaia d’anni, quindi anche il dolore che stava provando presto sarebbe passato. Ci era abituato, aveva superato situazioni peggiori, e presto anche Kaiba si sarebbe trasformato in un’invisibile cicatrice.
”Sono sgattaiolato qui di nascosto, beccandomi una febbre a quaranta e un principio di polmonite, solo per poter dormire tranquillo? Dovrei essere a letto anche adesso, e avrei dovuto esserlo ieri notte, ma sono venuto qui lo stesso. Per dormire senza sentirti mi sarebbe bastato andare in uno dei miei alberghi a Monaco!”
”………”
L’altro non rispose…ma Kaiba non era una persona da far arrabbiare:
”Non hai il diritto di fare il muso, adesso. Hai idea di cosa significhi per me sapere che esisti? Non ho ma creduto a streghe fantasmi demoni e tutto il resto, e adesso sto mettendo in pericolo me stesso per cercare di aiutarti! Non so neanche se esisti o no, se sei solo nella mia testa oppure sei davvero legato a quel coso!”
Ma qualcosa sgorgò dentro il fantasma:
”…tu sei vivo!!! Tu hai una vita!!! Tu puoi andartene di qui!!! Tu vivrai amerai camminerai sotto il cielo e guarderai le stelle!!! Io non avrò mai altro che un camino!!!”
e diede un violento strattone, che risuonò nella stanza.
”E in più tu avrai sempre qualcuno vicino a te, io…sarò di nuovo solo, appena tu te ne andrai!”
Si fissarono, entrambi ansimanti, anche se solo uno poteva respirare davvero l’aria fredda di quella notte. Tutto stava accadendo così velocemente…
”Ma non piangerò più. Così nessuno mi sentirà, e nessuno verrà a cercarmi!”
disse all’improvviso il fantasma, appoggiandosi indietro, contro una parete del camino.
”Yug…”
”Non chiamarmi così, non è il mio nome, io non ho un nome!”
Kaiba lo fissò. Era inacidito, disperato, a pezzi. E lui poteva aiutarlo solo in un modo...credendo a ciò che aveva sognato quella notte, mettendo da parte la rabbia e il suo vecchio io.
”Atem…il tuo nome è Atem”
L’altro lo fissò:
”Ma che stai dicendo?”
Socchiudendo le palpebre, Kaiba iniziò a bassa voce il suo racconto:
”Questa notte…ho sognato. Sogni simili a ciò che entrambi abbiamo visto ieri notte, quando ci siamo sfiorati”
Ora l’interesse dello spettro era acceso, e sembrava aver scordato sia il litigio di poco prima, sia il desiderio che l’altro se ne andasse:
”C-Cos’hai visto?”
I loro occhi si incontrarono:
”Noi due…soli…fra le coltri bianche di un antico letto, in un tempo passato da millenni, che…”
e si bloccò, deglutendo. Sperava che il fantasma ci arrivasse da solo, che non dovesse fargli dire altro…era già abbastanza in imbarazzo così, se avesse dovuto raccontare per filo e per segno quel che aveva visto, sarebbe impazzito.
”Che? Cosa stavamo facendo?”
Lo spettro non sembrava in imbarazzo, forse proprio per lo stato in cui si trovava da anni, o forse per la curiosità…Kaiba emise un flebile respiro, e buttò fuori tutto d’un fiato:
”Ci amavamo appassionatamente. E non farmi dire altro”
”N-Noi…due?”
Il ragazzo annuì in silenzio.
”Noi due eravamo…amanti?”
”…già. Ed è il motivo per cui non sono venuto qui oggi pomeriggio…non sapevo come dirtelo. Avevo bisogno di pensarci un po’ su”
”…ho capito”
Sospirando ancora, lo spirito si accoccolò accanto all’oro cui era incatenato. Doveva scusarsi con lui, urgentemente. Non era stata una gran cosa, parlargli così prima:
”Kaiba?”
”Hn?”
”S-Scusami se prima ti ho urlato contro”
”Non preoccuparti, nemmeno io mi sono comportato bene con te”
Era una fortuna che avesse iniziato l’altro con le scuse, perché lui non vi era minimamente portato.
”P-Posso chiederti se…hai sognato anche altro?”
In realtà avrebbe voluto farsi raccontare per bene quello che aveva visto, ma da quel poco che conosceva Kaiba, immaginava che non avrebbe reagito proprio bene.
Le guance del ragazzo si velarono di porpora, e si schiarì la voce:
”Ehm…anche se gli scenari erano diversi, la nostra…attività più o meno era sempre la stessa”
terminò arrossendo. Come poteva parlare di sesso con un fantasma, soprattutto se il sesso era fra loro?
”Oh…ma come fai a sapere che il mio nome è Atem?”
”Tu non hai sognato?”
gli chiese Kaiba, studiandolo…ma l’altro sorrise tristemente:
”Io non riposo, quindi…non sogno”
”Ah…”
Rendendosi conto di esser stato parecchio indelicato, Kaiba si schiarì la voce e continuò in fretta:
”Una volta, fra le rocce, mentre ti…prendevo, ti ho chiamato…mio principe Atem”
sussurrò alla fine, chiedendosi se per caso non stava impazzendo del tutto.
”Ah…principe? Ero un principe?”
Alzando le spalle, Kaiba manifestò tutti i suoi dubbi:
”È un sogno…non so se sia la verità. Ma…in fondo, non è la cosa più strana che ci è capitata, no?”
”…già”
Rimasero per parecchio tempo in silenzio. Ognuno era perso nei propri pensieri, vicini ma in realtà così distanti da non riuscire nemmeno a toccarsi veramente. Anche se ciò che aveva visto Kaiba nel sogno fosse stato vero, ormai non poteva più esserci fra loro, anche se l’avessero desiderato. Appartenevano a due mondi diversi…non avrebbero mai dovuto incontrarsi, e solo uno scherzo del destino aveva permesso loro di sfiorarsi ancora.
”Tu ci credi?”
gli chiese lo spettro, guardandolo all’improvviso.
”Io…non ho mai amato nessun…”
Ma l’altro lo interruppe:
”Non parlavo dell’amare me, o comunque un maschio. Vorrei sapere se credi che quelli che hai visto nel sogno, che sembravano di un tempo remoto, fossimo davvero noi. O che sia stata la tua mente a elaborare il tutto”
Kaiba inclinò il capo:
”Vuoi sapere se credo che siamo esistiti in un passato lontano, che ci siamo amati, che tu sia stato chiuso in una piramide d’oro, e che il me del passato si sia reincarnato fino ad ora, per poterti incontrare di nuovo?”
Non l’aveva pensata in una maniera così complicata, comunque il nocciolo della questione era quello…lo spirito annuì, sperando che gli dicesse di sì. Quella sua condizione, in tal senso, acquisiva una ragione…
”Io…non lo so”
gli confessò Kaiba, conscio di dargli una delusione, ma anche di non potergli mentire.
”…è comprensibile. E…se eravamo davvero noi, tu…pensi che ci…a-amassimo…d-davvero?”
Kaiba aprì la bocca, ma rimase senza parole. Cosa poteva dirgli?
Il fantasma gli sorrise. Che altro pretendeva? Si conoscevano da sì e no una settimana, non poteva certo sperare che Kaiba si gettasse ai suoi piedi giurandogli amore eterno.
”Non preoccuparti…mi basta sapere di aver avuto una vita felice, in un passato distante. Rende il presente un po’ più dolce”
”Io…Atem…”
Cos’altro poteva fare per lui? Lo avrebbe lasciato lì a languire per l’eternità? Che fine aveva fatto la grandezza di cui tanto si vantava?
”Kaiba, posso chiederti un favore?”
”Uh? Sì…”
Cosa poteva volere da lui?
”Ehm…potresti tornare in camera…e dormire…e tornare domani notte, se sogni, a raccontarmi tutto?”
Il ragazzo sbirciò l’orologio…mancavano una ventina di minuti alle due. Fuori la foresta era immersa nelle tenebre, e la pianura poco distante era ammantata di nebbia. Il tempo perfetto per rimanere a letto al caldo, a fare bei sogni…ma quelli lo erano?
’…amare una persona…un altro maschio…in un passato remoto…è giusto ricordare?’
Quei ricordi non avrebbero forse dovuto rimanere tumulati nelle nebbie del tempo? Era legittimo riportarli alla luce?
Ma il ragazzo di fronte a lui non aveva nulla più cui aggrapparsi, quindi doveva scegliere fra se stesso e l’altro. Con la differenza era che lui aveva una vita cui aggrapparsi. L’altro aveva solo una speranza in quei ricordi sbiaditi.
”Farò il possibile”
disse alla fine, alzandosi di fronte ai suoi occhi speranzosi.
”Io ti aspetterò…”
A prima vista era un po’ una sciocchezza, dato che era detta da uno legato da centinaia d’anni a dell’oro fuso in un camino. Ma entrambi conoscevano il significato nascosto di quella frase…lo avrebbe aspettato con ansia, pronto ad accettare qualsiasi ricordo gli avesse recato. Lo avrebbe aspettato per ricevere una scintilla di vita.
”Hn. Non credo che riuscirò a venire domani pomeriggio, le professoresse hanno indetto una riunione pre-partenza…ma domani notte sarò qui, te lo prometto”
Lo spettro assentì:
”Dormi bene”
Anche Kaiba annuì, e tornò nella sua stanza.

L’ultima notte lì, poche ore e tutto sarebbe finito. Animi tristi e sconsolati, consci che forse non avrebbero più potuto vivere un’esperienza tanto bella. Chissà se sarebbero mai ritornati nel cuore della vecchia Europa, respirando l’aria dei luoghi dove si era fatta la storia…amavano il loro paese, ma dovevano ammettere che gli uomini che avevano costruito la cultura mondiale avevano tutti le loro radici in quel continente, e non altrove.
Anche Kaiba era afflitto, ma non per i loro stessi motivi. Per lui i viaggi intercontinentali, nei luoghi più insoliti del globo, erano una normalità. Il suo problema era ben più serio della nostalgia turistica di quei pezzenti. Lui…aveva fallito. La notte precedente non era riuscito a dormire, né a sognare. Non aveva visto nulla, forse perché troppo nervoso, o perché non c’era altro da vedere, o forse perché davvero i sogni di due notti prima erano il frutto della sua immaginazione. Non lo sapeva, ma una certezza la possedeva. Avrebbe deluso la persona che aveva deciso di aiutare.
Si alzò da tavola prima dell’arrivo dello strudel, e con la scusa di dover controllare le valigie, tornò in camera.
Si stese sul letto senza controllare i bagagli perfettamente impachettati, e puntò la sveglia verso le 23. Se fosse riuscito a pisolare almeno un po’, magari qualcosa avrebbe sognato…
…non voleva andare da lui senza potergli dire nulla.
Si girò su un fianco, guardando la notte che entrava attraverso le finestre. Era stata una strana vacanza, così diversa da quelle che faceva di solito. A parte il primo pomeriggio, aveva completamente scordato i suoi affari. Ed era stato così occupato coi suoi pensieri, da dimenticare persino di essere lì con le persone che più disprezzava al mondo.
Sospirò, infilandosi ancora vestito sotto le coperte. Aveva la netta sensazione che non avrebbe sognato. Se non ci era riuscito in una notte, poco più di tre ore immerso nel nervosismo non sarebbero servite a nulla.
’Cosa devo fare?’
Fissò il cellulare. Aveva già parlato con Mokuba…se lo avesse chiamato di nuovo, magari per parlare, sicuramente si sarebbe preoccupato.
Non restava che tentare di distrarsi, sperando di assopirsi e ritrovarsi in un altro incredibile sogno…ma se non fosse successo nulla, cosa avrebbe dovuto fare?
’Andare a dirgli addio?’
No, non l’avrebbe fatto. Non sarebbe stato altro che un arrivederci. Era attratto da lui, anche se non come nei suoi sogni. Da una parte c’era il suo essere scienziato, che era solleticato non più dal mistero dell’oro, ma da quello dell’esistenza di uno spettro. Non lo avrebbe studiato, ma avrebbe fatto quante più domande possibili sul suo essere.
Dall’altra parte, c’era l’anima in pena. Non era portato per la pietà, non quella da cartellone pubblicitario o da serate di beneficenza, alla cui fine larga parte dei soldi era usata per coprire le spese dei ricevimenti stessi.
Per commuoversi lui doveva percepire il dolore, ma che fosse dolore vero, sconfinato. Come era stato per lui e il suo fratellino. Misurava tutto con quella scala…se la sofferenza era minore della loro, e di solito era così, non vi prestava minima attenzione. Solo in un caso il destino di un altro l’aveva toccato…in quello.
’Nemmeno io potrei resistere così’
Incatenato a una chiazza d’oro, costretto ad osservare davanti ai propri occhi lo svolgersi scintillante della vita di corte…l’amore poteva portare chiunque ad essere crudele.
Si sentiva fortunato a non aver mai amato in quel modo, ma nello stesso tempo si rese conto che il sentimento che l’aveva legato ad Atem doveva esser stato di quel genere, sempre che i suoi sogni fossero esatti. E di solito, dato che tutto ciò che faceva lo era, anche quelli avevano un’altissima probabilità di esserlo. In che modo spiegare altrimenti la sua capacità di vederlo?
Sospirò. Il sonno non veniva, e nella sala c’era ancora gente.
’Che faccio?’
Si rannicchiò nel letto e chiuse gli occhi. Non aveva voglia di alzarsi e di prendere il portatile. Si stava così bene lì…se almeno Atem avesse potuto fluttuare da lui, sarebbe stato così semplice…
………
Il ragazzo aprì un occhio. Erano le 22:47, e fra poco la sveglia sarebbe suonata. Allungò la mano e la spense, prima che gli perforasse i timpani. Non aveva bisogno di esser svegliato, dato che non aveva dormito nemmeno dieci minuti.
”Mmmhhh…”
Si stiracchiò e si alzò elegantemente dal letto, preparandosi per uscire. I suoi arti erano leggermente intorpiditi, e aveva un po’ di freddo. Guardò fuori…la notte silenziosa dominava la foresta e la valle, e solo le luci di alcuni paesini davano un po’ di vita a quel luogo.
”Ormai è ora di andare”
mormorò fra sé, bevendo un sorso di succo di mela. Probabilmente c’era ancora delle gente per i corridoi, ma sperava di non incontrarne troppa.
Uscì con circospezione, ed arrivò senza intoppi nella Sala ormai vuota. Era una fortuna per lui che i musei chiudessero presto, perché altrimenti avrebbero avuto ancora meno tempo a sua disposizione.
Lo spettro alzò di scatto il viso quando lo sentì entrare, ed un’espressione di sollievo si dipinse sul suo volto.
”Ti aspettavo”
disse impaziente, mentre Kaiba scavalcava le transenne.
”Hn…”
Come poteva dirglielo?
”Allora?”
”Ah…io…”
L’altro tentò di avvicinarsi il più possibile:
”Dai racconta. Cos’hai sognato?”
Kaiba deglutì…ormai doveva farlo:
”N-Nulla”
bisbigliò, sperando che l’avesse sentito ugualmente.
”Eh?”
Il suo sussurro non era andato disperso nella grande sala vuota…il ragazzo inspirò profondamente, e ripeté la sua risposta:
“Nulla. Non so il perché, ma non ho sognato nulla”
Lo spirito lo fissò:
”M-Ma…”
”Mi dispiace…”
”C-Com’è possibile?”
Kaiba scosse il capo:
”Non lo so…te lo giuro…non lo so”
L’altro abbassò il capo:
”Significa che era tutta un’allucinazione?”
”Io…non lo so”
Il fantasma rialzò il capo, un’idea che gli brillava negli occhi trasparenti:
”P-Posso provare a toccarti? T-Ti prego”
”…sì”
Il ragazzo comprendeva il suo obiettivo…se si fossero scatenati dei nuovi ricordi al loro impossibile tocco, tutti i flash che avevano avuto, e i suoi sogni, avevano un fondo di verità.
’Ti prego deve essere così’
La mano di Kaiba era ferma a pochi centimetri da lui, che coprì il percorso restante…
FLASH
….calore di due corpi…
…bocche incapaci di staccarsi…
…mani bramose…
…lacrime…
…pelli velate di sudore…
…desiderio incendiato…
…frenesia incontrollata…
…sesso…
…amore…
…disperazione…
FLASH
Kaiba si strinse nel cappotto, respirando a fatica. Era stato molto peggio delle altre volte.
O meglio, dipendeva dai punti di vista. Questa volta non avevano semplicemente fatto da spettatori all’azione, guardando come da oltre uno schermo. Questa volta erano stati davvero loro a baciarsi, e l’ardore dell’ossessione che aveva per Atem ancora divampava in lui.
’Cielo…’
Se l’altro avesse avuto un corpo materiale, lo avrebbe sicuramente fatto suo lì, in quel camino. L'avrebbe fatto urlare fino allo stremo, bloccando le porte perché nessuno potesse andare a vedere cosa fossero quelle grida.
Nascose il viso fra le mani. Lo voleva possedere. Era una fortuna che avesse addosso il cappotto, che celava la sua erezione fra le cosce. Doveva calmarsi, respirare profondamente, pensare ad altro…ai suoi compagni di scuola, alla febbre, alla disgustosa pasta al pomodoro che aveva mangiato due settimane prima, a Gozaburo…qualsiasi cosa pur di non rivedere quella scena.
’Stanotte sognerò, poco ma sicuro’
Forse non sarebbero stati dei sogni veri, come i precedenti, ma inconsciamente pilotati da lui. Se non poteva averlo nella realtà, l’avrebbe avuto in sogno…
”Kaiba…non andare via”
L’altro sbatté le palpebre:
”Sono appena arrivato…”
Lo spettro scosse il capo…sembrava calmo, come se non subisse gli effetti di quel che avevano visto:
”Intendevo…domani. Non tornare nel tuo paese…rimani qui”
Kaiba deglutì. Non poteva assecondare quella richiesta.
”N-Non posso…”
”Perché no?”
Il suo viso era così addolorato che nella mente del presidente si insinuò l’idea di trasferirsi davvero lì, di vivere per sempre in quell’albergo…no, ancora meglio, di comprarlo, di chiuderlo al pubblico, e rimanere sempre con lui…
Si schiaffeggiò il viso. Stava perdendo la testa.
”Non posso…ho una vita laggiù. Una grande multinazionale da dirigere…e un fratellino che mi aspetta”
”Quanti anni ha?”
”Non te ne ho mai parlato?”
Lieto di poter cambiare argomento, Kaiba aprì il portafoto che aveva al collo e glielo mostrò:
”Qui era ancora piccolo, ora è cresciuto un po’. Si chiama Mokuba”
”Mokuba”
Lo spettro fissò per qualche secondo l’immagine del bambino che giocava a scacchi, poi distolse lo sguardo. Sapeva che era ingiusto, ma provava una fitta di gelosia e invidia nei suoi confronti.
”Tu non sarai solo”
si lasciò sfuggire, ben sapendo che fosse una cattiveria da dire. Kaiba gli aveva dimostrato quanto tenesse a lui, e quelle parole erano decisamente di cattivo gusto.
”Scusa”
si affrettò a dire, prima che l’altro chiudesse gli occhi sgranati…sul viso di Kaiba regnò la confusione per qualche attimo, poi la sua espressione si fece più dolce:
”So che è difficile per te. Non vorrei lasciarti qui solo, ma per ora non ho scelta. Ma non sarà una cosa definitiva…sai, non per vantarmi, ma io sono un genio. Te l’ho detto, dirigo una grande azienda. E in qualche modo troverò una maniera di sistemare tutto”
Inarcando un sopracciglio, lo spettro lo soppesò:
”Non sei un po’ giovane, anche per i canoni di oggi?”
L’altro scrollò le spalle:
”È una storia complicata. Te la racconterò quando avremo più tempo”
Qualcosa di caldo scivolò nell’anima del fantasma:
”Allora tornerai davvero?”
”Sì”
”C-Come farò a sapere che non ti sei dimenticato di me?”
Kaiba fece qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare in vita sua: si avvicinò al suo viso, chiuse gli occhi, e baciò l’aria dove si trovava la sua bocca, sopprimendo a forza i flash che minaccivano di invederli ancora.
L’altro lo fissò stupito, ma piacevolmente meravigliato:
”Wow”
balbettò alla fine, arrossendo. L’aveva baciato…
”Ogni giorno, da quando sarò arrivato in Giappone, farò posare accanto a quest’oro fuso una rosa rossa. Ogni rosa sarà un mio bacio…ogni volta che la vedrai, saprai che il mio pensiero è accanto a te”
Kaiba stesso si stupì di sentire la propria voce pronunciare quelle parole. Era come se qualcuno stesse guidando le sue labbra, perché il suono avvolgesse con un manto di rassicurazione il prigioniero di quell’antica maledizione.
E Atem arrossì ancora di più:
”Lo farai davvero?”
”Sì”
Kaiba lo disse col cuore…avrebbe aiutato quel ragazzo, in qualche modo ce l’avrebbe fatta.
”H-Hai voglia di parlare ancora un po’ con me?”
gli chiese l’altro, in evidente imbarazzo. Si sentiva come se avesse appena ricevuto una dichiarazione d’amore…e non sapeva che fare. Se almeno si fosse potuto muovere da lì…gli sarebbe bastato andare accanto al suo letto, a vegliare sui suoi sogni…
”Sì”
Parlarono di tutto e di niente, finché l’alba non li divise…Kaiba sfiorò l’oro un’ultima volta, poi tornò in camera sua. Mancavano poche ore alla partenza…presto sarebbero saliti sull’aereo della Swiss verso Zurigo, e già da lì avrebbe iniziato a pensare con calma. Lo avrebbe aiutato, lo avrebbe portato via, avrebbe trovato il modo di stringerlo fra le braccia.
Non avrebbe chiuso a priori le porte al passato. Se c’era la possibilità d’esser amato, l’avrebbe sfruttata.
………
”Non mi dimenticherò mai di te”
sussurrò, stando un’ultima volta vicino al camino, prima di voltarsi e raggiungere il resto della classe, che sciamava per i corridoi con le valigie.

Fine

Epilogo

Mokuba si sedette accanto al letto del fratello, che si sarebbe risvegliato di lì a pochi minuti. Si sentiva leggero come non mai, ora che aveva la rassicurazione che stava bene. Secondo i dottori che lo avevano visitato quando s’era svegliato la prima volta, non c’erano stati danni cerebrali, ma lui voleva accertarsene di persona. Il loro giudizio era importante, ma il suo lo era di più.
Sospirò…certo che il suo adorato fratello era stato davvero sfortunato! Per fortuna c’era lui a vegliare su tutto, dal malato all’azienda…aveva impedito che i giornali ne parlassero, o la notizia dello stato di salute del presidente della Kaiba Corporation avrebbe fatto il giro del mondo, dando vita alla più bieca speculazione.
’Grazie al cielo è andato tutto bene. Nessun giornale ha pubblicato niente, così il mondo continuerà a farsi gli affari suoi’
pensò, mentre suo fratello riapriva gli occhi.
”M-Mok…”
”Ssshhh non dire nulla”
L’altro sbatté le palpebre:
”Che ore sono?”
”Quasi le tre del pomeriggio…”
Guardandosi attorno per quel che poteva, Kaiba comprese di essere in una delle sue cliniche:
”Cos’è successo? Perché sono qui?”
Ora che era sicuro che tutto era passato, poteva anche dirglielo:
”C’è stato un terremoto, e il treno su cui eravate, dopo l’atterraggio dalla Svizzera, è deragliato. Tu hai battuto la testa, ma non ti preoccupare, secondo i medici non ci sono danni”
Kaiba mosse leggermente il corpo, costatando con sollievo che gli rispondeva tutto. Mokuba comprese la sua paura, e si affrettò a rassicurarlo:
”Non temere, anche il resto è a posto. Hai solo bisogno di un po’ di tempo per riposare”
”Hn…Svizzera, hai detto? Non ricordo. Quanto tempo è passato dall’incidente?”
”Due settimane”
L’altro strinse gli occhi:
”Mmmhhh…è come se dovessi far qualcosa di importante, ma non ricordo…davvero…”
Mokuba sorrise:
”Non importa, è normale che dopo un trauma la memoria non sia a posto per un po’. Ricorderai presto, non sforzarti. Dimmi com’è andato il viaggio, se lo rammenti”
Kaiba rimase un attimo in silenzio:
”Non ho ricordi nemmeno di quello…l’ultima cosa che ricordo è…è…è il gelato che ci siamo presi a Ginza”
Il suo fratellino lo guardò stupito:
”Allora…hai fatto delle foto del luogo? Ti aiuteranno a ricordare”
L’altro tentò di scuotere la testa, ma rinunciò subito per il troppo male:
”Chiedi a Isono”
”Certo. Ora tu dormi…tutti in azienda sono preoccupati per te”
”Hn”
Seto Kaiba chiuse gli occhi, e si riaddormentò. Non trovò mai la forza di rinvenire la pagina, nella sua memoria, in cui erano stati registrati quegli avvenimenti, che rimasero persi nel suo passato.
Non tornò più a Schwangau, e nessuna rosa venne mai posata accanto all’oro sciolto nel camino del castello di Neuschwanstein.

Fine epilogo


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