Disclaimer: i pg sono di Inoue che spero non legga mai quello che scrivo...
Kie: oggi mi sento un po' così, ho voglia di scrivere qualcosa di dolce, saranno
tutte le immy e le dj che sono andata a vedermi (P.S. grazie Soffio!)...
Ru: Oppure è semplicemente il fatto che stai facendo di tutto per tenerti
occupata!
Kie: Ehm...anche questo è vero, lo ammetto! Ma se non lo faccio mi vengono le
crisi d'ansia!
Ru: Ok, allora sei giustificata!
Kie: Davvero?
Ru: Sì...già non ti sopporto così, chissà se diventi ansiosa!
Il dono del
vento (non ti odio)
di
Kieran
Il vento soffia forte oggi. Però è caldo, avvolgente. S'insinua tra le
fronde verdeggianti, sui campi impolverati, sotto gli abiti leggeri;
riscalda, coccola, protegge. È il primo vento caldo di questa stagione,
dopo il gelido freddo invernale; la primavera, ora, è veramente
sopraggiunta. Vedo i boccioli, timidi, le formiche, indaffarate, gli
uccelli che festosi rientrano dalla loro migrazione forzata. E sorrido, di
tutto questo. Sorrido, perché sento una voce, nel vento. Sento la sua voce
che mi sussurra piano nell'orecchio, che mi sfiora il lobo con alito
caldo, che mi assicura che saremo sempre uniti, che mi amerà per tutta la
vita. E sento il suo respiro, ipnotico, che sfiora la mia fronte, gli
occhi, le gote, e poi scende sulle labbra. Ma quando apro gli occhi, sono
solo...solo con il vento, colui che realmente mi stava sfiorando. L'unico
cui mai permetterò di sfiorarmi. Sento i pugni che si stringono nelle
tasche dei pantaloni, mentre so con sicurezza che ora il mio sorriso è
triste; la realtà, è che ormai è dal giorno in cui ho capito di amarlo,
che desidero un contatto con lui. Un contatto che non sia brusco o
rabbioso, ma che sia dolce, tenero, affettuoso...amorevole. Un contatto
d'amore. Ecco, a lui permetterei di sfiorarmi, in questo modo...a lui, ed
al vento.
- Accidenti che vento che c'è oggi! - esclama Mito sedendosi al suo posto
- Ehi, Hana, perché non ci hai aspettato stamattina?
- Scusa, mi sono dimenticato di avvertirti! Vado in palestra prima delle
lezioni per allenarmi con il gorilla.
Mito ridacchia, mentre si sistema meglio contro lo schienale della
seggiola.
- Ah, genio, non hai ancora imparato a centrare il canestro, eh?
Abbozzo un sorriso e lo vedo sgranare gli occhi: si aspettava che mi
arrabbiassi, che proclamassi la mia evidente superiorità, oppure che lo
prendessi a testate per la sua provocazione. Ma oggi non ho voglia di
arrabbiarmi. Stamattina mi ha cullato il vento, mi ha sussurrato che mi
ama e che sarò sempre un suo protetto; ed il mio animo è finalmente in
pace per la prima volta da quando ho memoria. Il vento, porterà con sé
qualcosa...
L'allenamento, oggi, è stato più calmo e fruttuoso del solito; Mitsui dice
che è perché finalmente ho smesso di fare il buffone e sinceramente credo
che abbia ragione...anche se a lui non l'ho di certo detto e l'ho
atterrato con una testata. Insomma, anche se oggi mi sento in pace con il
mondo, non posso permettere che un teppista qualunque pensi di potersi
prendere gioco di me. Anche perché credo che sia solo una situazione
mentale momentanea, presto ritroverò la mia solita grinta, la rabbia
contro quel mondo che in passato mi ha donato solo sofferenza, e che per
questo motivo non si merita nulla da me. Quindi è meglio che Mitsui non si
abitui a questo mio stato d'animo. Ora in palestra ci siamo solo il
gorilla ed io, lui guarda mentre insacco un canestro dietro l'altro, e non
dice nulla, ma so che è compiaciuto dai progressi che sto facendo; lo vedo
dai suoi occhi, da quell'aria soddisfatta che accompagna i suoi insulti
quando prendo un ferro. Oggi non ho preso pugni in testa e mi rendo conto
che in fondo il gorilla è uno dei miei migliori amici; mi sprona in
continuazione, anche se a modo suo, mi aiuta a migliorare e ripone molta
fiducia in me. Ed anch'io so che posso fidarmi di lui, sempre. So che sto
sorridendo, ma non posso evitarlo: insomma, fino ad oggi ho sempre pensato
che i miei unici amici fossero quelli dell'armata, ma ora mi rendo conto
che mi sono sbagliato. Il megane-kun mi ha accettato fin dal primo
momento, cerca di contenere i miei scoppi d'ira, ma non di cambiarmi;
Mitsui mi prende sempre in giro e mi punzecchia, ma so che lo fa solo
perché mi considera suo amico. Miyagi...beh, noi due abbiamo molto in
comune, e dopo il primo impatto siamo subito andati d'accordo. Rukawa...
Colpisco il ferro e Gori sbuffa, però lancia un'occhiata all'orologio e mi
appoggia una mano sulla spalla.
- E' tardi, andiamo a casa.
- Ma mancano ancora trenta tiri. - protesto; sono stanco, ma non lascio
mai niente a metà.
- Li recuperi domani. Forza, andiamo.
- Senti Gori, tu vai, io finisco e chiudo; d'accordo?
Akagi inarca un sopracciglio, però annuisce; si avvia verso gli
spogliatoi, però si blocca e torna sui suoi passi. Lo guardo senza
riuscire a capire, però all'improvviso mi arriva un pugno sulla testa.
- Non chiamarmi Gori! - dice rabbioso; io sgrano gli occhi, poi non posso
evitare di scoppiare a ridere.
- Mi mancava il tuo pugno! - esclamo; anche Gori ridacchia, poi va a
cambiarsi e mi dice qualcosa che però non sento.
Ho quasi finito, mancano solo gli ultimi quattro canestri; sono stanco,
siccome non ho interrotto gli allenamenti con le mie sparate, ho lavorato
in continuazione. Ma manca poco, e poi potrò andare a casa...accompagnato
dal vento. Lo sento all'esterno della palestra, il suo fischio leggero, le
sue braccia calde, la sua voce silenziosa; sorrido e tiro. Canestro. Sto
migliorando. Riprendo il pallone e di nuovo tiro a canestro, ma il rumore
della porta mi distrae e sbaglio; non guardo dove cade il pallone, ma mi
volto sorpreso. Ormai è tardi, dovrebbero essere tutti a casa a cenare con
le loro famiglie, a svolgere i compiti o a guardare la tv; chi può essere
il pazzo che preferisce una palestra desolata, al calore di una famiglia?
La risposta raggiunge il mio cervello nel momento stesso in cui vedo il
vento. Lo vedo mentre accarezza dei fili di seta nera, mentre insinua le
sue lunghe dita fra ciocche lisce che rimandano la luce dei neon; lo vedo
mentre solleva il cappuccio della tuta viola, per proteggere dal freddo
quel collo d'alabastro. E lo vedo riflesso in due occhi profondi che ora
si sollevano e si posano su di me, per la prima volta sorpresi, per la
prima volta non indifferenti. Però poi quegli occhi si spostano e Kaede
Rukawa entra all'interno della palestra lasciandosi il vento alle spalle;
mi volto, perché altrimenti non riuscirei più a distogliermi da quella
visione. La visione dell'unico ragazzo da cui mi lascerei sfiorare,
abbracciato non da me ma dal vento. Raccolgo in fretta il pallone, prima
finisco i tiri e prima mi allontanerò da lui; sento una fitta al cuore,
non vorrei andarmene ora che siamo soli, ma so che altrimenti non
riuscirei a non guardarlo e lui ovviamente vorrà una spiegazione. Ed io,
come sempre, mi rifugerò dietro i miei pugni, per fuggire la paura di
questo sentimento che alberga nel mio cuore. Lo amo, lo amo e non potrò
mai dirglielo. Lo amo e dovrò stare per sempre a guardarlo da lontano. Lo
amo e l'unico a saperlo sarà il vento.
- No! - urlo battendo i pugni sulle porte degli spogliatoi; ora che
finalmente ho finito, ora che posso allontanarmi da lui, ora...non posso
farlo! Il gorilla ha chiuso a chiave la porta degli spogliatoi ed io ho
lasciato tutto lì dentro! La mia borsa, i miei abiti, le chiavi di casa!
Ed ora che faccio? Dovrò in qualche modo raggiungere la casa del gorilla e
farmi dare le chiavi; ma devo prendere il treno e con che soldi? Anche
quelli sono nella borsa.
- Maledizione. - borbotto voltandomi, ma vedo un'ombra davanti ai miei
piedi e sollevo il capo trovandomi di fronte il viso apatico di Rukawa; ha
tolto la felpa della tuta ed indossa una maglietta bianca, tiene il
pallone sotto un braccio e mi guarda ansimando appena, leggermente sudato.
Mi mordo il labbro inferiore ed immediatamente distolgo lo sguardo.
Perché? Perché di lui? Perché non ho continuato ad illudermi di essere
innamorato di Haruko?
- Cosa succede do'aho? - mi chiede con la sua solita voce atona; mi
stringo nelle spalle guardando oltre la sua figura.
- Il gorilla mi ha chiuso fuori e non posso prendere le mie cose...ah,
stupido scimmione! Ma ora mi sente!
Le solite frasi, le solite parole; ma è diverso il modo in cui le
pronuncio. Sto recitando, mi sto sforzando di non mostrare quanto la sua
vicinanza mi turbi; sto cercando un modo per scappare da lui.
- Cosa vuoi fare? - mi chiede e sposto lo sguardo incontrando il suo;
perché, perché è sempre così freddo?
- Vado a casa del gorilla e mi faccio dare le chiavi! - rispondo con un
pizzico di rabbia.
- Ci impiegherai due ore.
- E con questo?
- Abito a cinque minuti da qui; ti do qualcosa per cambiarti e poi puoi
andare dal gorilla.
La mia bocca si socchiude e lo fisso incredulo; fatemi capire: Kaede
Rukawa si sta offrendo di aiutarmi?
- Perché? - l'ho pensato o l'ho detto? Rukawa si stringe nelle spalle e
capisco di aver parlato a voce alta; ma ora non m'importa. La mia mente
lavora, febbrile: Rukawa mi sta offrendo un appiglio per andare almeno un
po' d'accordo. Forse...forse non mi odia come ho sempre creduto; se mi
odiasse, non mi avrebbe offerto degli abiti di ricambio, no? Inarca un
sopracciglio e forse comincia a spazientirsi perché non gli ho ancora
risposto; così cerco di riprendere la mia solita aria sicura ed annuisco
con il capo.
- Ok, grazie. E cosa vuoi in cambio?
Rukawa scuote il capo e mi volta le spalle dirigendosi verso la sacca dove
rinchiude il pallone; anche se lontano, sento la sua voce, impalpabile
come il suono del vento. Do'aho. E sorrido.
Ora il vento non è più caloroso come questo pomeriggio, le sue spire
sembrano dita di ghiaccio che cercano di strapparmi le ultime molecole di
caldo che ancora il mio corpo conserva. Mi abbraccio da solo, per
proteggere le braccia nude e per fortuna indosso almeno i pantaloni della
tuta. Azzardo un'occhiata al mio fianco, dove per la prima e sicuramente
ultima volta, cammina Rukawa; è leggero, più silenzioso del vento.
Parrebbe lui stesso composto di vento gelido, antartico. Che ferisce, che
incanta. Si accorge che lo sto guardando ed immediatamente sposto lo
sguardo oltre il suo corpo, dove c'è la vetrata di un take away; ci sono
solo un paio di clienti, d'altronde sono quasi le dieci ed a quest'ora
avranno già cenato tutti. Rukawa segue il mio sguardo e si ferma, poi mi
parla senza guardarmi.
- Hai fame, do'aho?
Ha frainteso, ma almeno non ha capito che invece stavo guardando lui.
- Posso aspettare. - borbotto, anche se in questo preciso istante mi
accorgo che invece sto morendo di fame; Rukawa guarda ancora oltre la
vetrata, poi allunga la sua sacca verso di me.
- Ti piace il pesce? - chiede ed io incrocio le sopracciglia.
- Sì, ma...
Non mi lascia terminare: m'infila la borsa in mano ed entra nel negozio;
io rimango fermo a fissarlo come un ebete, la mano tremante. Perché le
nostre dita, si sono sfiorate. Ma come ho fatto a ridurmi così? Com'è
possibile che un essere indipendente e sicuro come me, si senta morire
solo per aver sfiorato un ghiacciolo di nome Rukawa? Com'è possibile che
io ora, dipenda completamente e totalmente da un altro essere? Dimmelo
vento, dimmelo! Una folata gelida mi abbraccia e mi schiaccio contro la
parete dell'edificio...vento antartico...vento gelido...gelido come lo
sguardo che mi rivolge sempre Rukawa.
- Do'aho, muoviti o si raffredda.
Alzo il capo con uno scatto, non l'avevo sentito arrivare; allunga una
mano per riprendere la sua sacca, mentre con l'altra stringe un sacchetto
di carta. Io mi metto la sacca su una spalla e m'incammino, anche se non
so che direzione prendere; ma lui mi affianca e lo seguo.
Rukawa mi fa entrare in un grazioso appartamento su due piani, poco
distante dalla scuola; apre con le chiavi ed accende le luci e capisco che
in casa non c'è nessuno. Mi indica di appoggiare la sacca accanto
all'entrata e mi guida verso la cucina, dove appoggia il sacchetto sul
tavolo.
- Torno subito, intanto apri la cena.
Sparisce senza lasciarmi il tempo di dire nulla ed io deglutisco intuendo
il senso delle sue parole: io e Kaede Rukawa, il mio peggior nemico nonché
il mio amore impossibile, stiamo per cenare insieme. Apro il sacchetto con
dita tremanti e ne tolgo due vaschette che emanano profumo di pesce; mi
guardo intorno in questa cucina non molto grande, dall'aspetto
accogliente. Devo calmarmi, non capisco neppure perché sono agitato! Non
sto per fare assolutamente niente di strano, a parte cenare seduto di
fronte a Rukawa! Ed eccolo, un altro vuoto allo stomaco. Mi avvicino alla
finestra, guardo il vento invisibile che agita le foglie dell'acero al
centro del giardino. L'acero. Kaede. Appoggio la fronte al vetro freddo,
sentendo che le lacrime stanno cercando di vincere il mio orgoglio...sto
male. Sto male.
- Non mangi?
Sobbalzo, di nuovo non l'ho sentito arrivare; mi volto e la prima cosa che
vedo è una felpa nera a pochi centimetri dal mio naso. La prendo e dietro
di lei compare l'etereo volto dell'essere più bello che abbia e mai potrò
incontrare; mi guarda negli occhi ed io vorrei perdermi nei suoi, ma non
posso. Infilo in fretta la felpa, borbottando un ringraziamento
sconclusionato, poi mi siedo dove mi indica lui; mi dedico al cibo con
impegno, non perché abbia fame, semplicemente per non pensare. Per non
guardare. Per non ascoltare. Perché altrimenti penserei che ora siamo qui,
da soli; perché altrimenti guarderei il suo viso delicato; perché
altrimenti ascolterei il suo respiro leggero quanto una folata di vento.
Ceniamo in silenzio, senza guardarci, o, almeno io non guardo lui. Però,
alla fine, devo farlo per forza: siamo in due in questa stanza, in fondo
lui mi ha aiutato ed io devo mostrarmi riconoscente; alzo lo sguardo e
scorgo la sua solita, frustrante indifferenza. Ed allora mi arrabbio, per
non disperarmi.
- Domani ti rendo i soldi! - esclamo con più foga di quanto avessi voluto;
lui finalmente mi guarda, ma inarca un sopracciglio.
- Offro io.
Mi mordo il labbro inferiore, cercando qualcosa in quegli occhi di un
azzurro cupo; ma non scorgo niente. Come sempre.
- Perché?
- Hn? - un borbottio...neppure spreca la voce, per me!
- Perché mi hai aiutato?
Non risponde e continua a fissarmi; poi, però, si alza e prende i cartocci
del cibo, buttandoli nella pattumiera.
- Sono stanco di fingere Sakuragi.
Non capisco.
- Fingere? Di fare cosa?
Si volta e mi fissa con decisione; un brivido percorre la mia spina
dorsale, ma non abbasserò lo sguardo. Non adesso.
- Di odiarti.
Distolgo velocemente lo sguardo, perché ora devo pensare e se continuo a
fissare i suoi occhi, non riuscirò certo a farlo; lui ha detto che finge
di odiarmi. Non mi odia. Rialzo lo sguardo velocemente e lui mi sta ancora
guardando; ma la sua espressione non è cambiata e mi sento morire. Forse
non mi odia, ma di certo quello che prova per me è solo questo:
indifferenza! Ed io lo odio! Mi alzo dirigendomi veloce verso l'uscita, ma
la sua voce mi richiama. Do'aho. Sempre e solo quella parola! Se non mi
odia, perché m'insulta? Se non mi odia, perché risponde ai miei pugni? Se
non mi odia, perché non mi ama?
- Sono le dieci passate, se non vado subito dal gorilla, rischio di
trovarlo addormentato! - esclamo fissando l'uscio; sento il vento
all'esterno, più forte, più violento. Poi, sento la sua voce, nel mio
orecchio, sul mio collo; ma non può essere la voce del vento, questa volta
no.
- E' troppo tardi per andare da Akagi; ci vuole un'ora di metropolitana.
Non mi volto, stringo i pugni e mi mordo il labbro; è qui dietro, è
vicino. Ma più si avvicina, più mi è facile scorgere l'indifferenza del
suo sguardo, ed è per questo che non mi volto; ora, voglio solo scappare.
- Non imp...
- Ti conviene dormire qui.
Spalanco gli occhi ed improvvisamente il respiro si rifiuta di uscire dai
miei polmoni...devo aver capito male! Devo aver confuso la voce del vento
con la sua, di nuovo! Mi volto e lo guardo: è impassibile, e mi convinco
di essermi sognato le sue parole.
- Allora? - chiede piatto ed io deglutisco per parlare con voce ferma.
- Perché? - mormoro; è l'unica parola della quale ricordo ancora la
pronuncia. Inarca un sopracciglio, noto solo ora che lo fa spesso quando
gli pongo delle domande.
- Te l'ho detto Sakuragi, non ti odio.
- Questo non basta kitsune! - esclamo allora al colmo dell'esasperazione:
neppure il gorilla mi odia, ma non ha esitato a chiudermi fuori degli
spogliatoi!
- Neanche io ti odio - continuo - ma non mi sognerei mai di ospitarti a
casa mia!
Il Tensai ha un solo, piccolo difetto: quando si arrabbia, non si accorge
di quello che dice e, al solo scopo di proteggersi, è capace di raccontare
balle colossali...ed è proprio quello che ho fatto in questo momento.
- Se non mi odi, perché mi provochi sempre?
Per toccarti, per avere la tua attenzione! Ti bastano come scusanti,
Rukawa? Stringo di più i pugni, stavolta comincio a digrignare i denti e
fisso il pavimento, tremante: non posso dirgli una cosa del genere, allora
sì che comincerebbe a prendermi a pugni per un motivo valido!
- Perché mi provochi sempre? - ripete con voce più bassa; all'esterno, il
vento attraversa un oggetto cavo e comincia ad ululare.
- Perché? - chiede di nuovo; alzo il capo con uno scatto e sono sorpreso
dell'espressione che ha ora. L'apatia e l'indifferenza sono state
cancellate da due occhi brucianti, che trasformano completamente il suo
viso; l'angelo etereo ha ceduto il posto ad un demone magnifico e
terrificante. Il demone che ha il potere di distruggere il mio cuore con
una sola parola, un solo alito di vento.
Il vento.
Il vento mi proteggerà da lui, il vento, che mi ha sempre protetto da
tutto e tutti; mi volto ed esco in fretta dalla casa di Kaede Rukawa,
l'angelo demoniaco che ha distrutto la mia esistenza. Sono scalzo,
immediatamente mi ferisco la pianta di un piede con un sasso appuntito, ma
non mi fermo e continuo a correre; ma muovo solo pochi passi in strada, e
sento che una mano fredda s'impossessa delle mie dita serrate. Una mano
dalle lunghe dita gelide...la mano del vento.
- Dove vai? - esclama una voce dura dietro di me; strattono la mano e mi
volto e di nuovo rimango senza parole e pensieri. Il vento gioca con i
capelli di Rukawa, scostandoglieli dal viso, impedendo loro di coprire la
sua magnificenza; li solleva, li rilascia, li porta a contatto con le sue
labbra, le sue gote. Sono innamorato di lui, vento, sono innamorato di
lui...e tu lo sai, quindi smettila di torturarmi in questo modo!
- Sakuragi... - mormora piano Rukawa, la sua voce è solo un sussurro, non
dovrei sentirla, ma il vento cessa di colpo ed io mi sento esposto;
stringo i pugni, ora mi fanno male.
- Maledizione Rukawa, vuoi lasciarmi in pace? - chiedo piano; lui non
capisce, scuote il capo.
- Rientra in casa, fa freddo e non hai le scarpe.
Perché è così gentile con me? Non lo capisce che in questo modo mi uccide?
Non capisce che ho bisogno di essere odiato da lui, per non amarlo alla
follia? Ed io? Non capisco che ormai è troppo tardi? Allunga una mano e
quasi senza accorgermene, la stringo; mi attira verso di sé e continua a
guardarmi, lo so, anche se sto fissando il selciato. Siamo a meno di un
passo di distanza ma nessuno di noi sembra intenzionato a muoversi...allora,
lo fa il vento. Si alza, più impetuoso, più freddo, più aggressivo; mi
rattrappisco, ho freddo anche se ho indosso una felpa. E la mano che
stringeva la mia mi lascia, e sento ancora più freddo; però,
all'improvviso, tutto intorno a me sparisce: il vento, il gelo, la notte,
la città. Tutto. Sento solo il calore del corpo e delle braccia che mi
circondano; volto il viso e sfioro il collo esposto di Rukawa che mi sta
stringendo contro di sé. Non mi odia. E non lo odio. Ma non mi sognerei
mai di abbracciarlo se non...fossi innamorato di lui.
- Torna dentro, Sakuragi. - mormora nel mio orecchio; è un respiro caldo,
è una voce suadente...come quelli che sentivo portati dal vento. Annuisco
con il capo, piano e lui si tira indietro e mi fissa negli occhi; prende
la mia mano e mi trascina dietro di sé. Ora il vento è di nuovo di fronte
a me, siamo separati dal vetro freddo della finestra; sono ancora nella
cucina di Rukawa, e guardo fuori, mentre cerco di capire quello che è
successo. Mi ha riportato in casa, mi ha detto di aspettarlo, di non
provare a scappare di nuovo perché stavolta mi prenderebbe a pugni sul
serio; è andato a preparare il futon per me, perché alla fine, stasera
dormirò qui, in questa casa, con lui. Il vetro della finestra è freddo
contro la mia fronte, ma mi serve per ritrovare un po' di lucidità: mi ha
abbracciato. Kami, mi ha abbracciato! Ed ho odorato il suo profumo, che il
vento assente non ha potuto portare via con sé; ho udito le sue parole,
che erano solo un sussurro; ho assaporato il suo calore, che ha sconfitto
il freddo della notte. Questo solo perché lui non mi odia?
- Vieni, è pronto.
Mi volto e lo seguo al piano superiore senza dire nulla; non ne sono in
grado. Vorrei ringraziare per la fortuna che mi è stata concessa, ma allo
stesso tempo vorrei maledire chi mi ha messo in una situazione del genere:
il gorilla! Per colpa sua, ora sono con Rukawa, lui non è scorbutico ed
io...io devo fingere di sopportarlo appena! Quando invece vorrei solo
dirgli quanto lo amo! Mi mostra il bagno e poi mi indica la stanza dove
andrò a dormire; faccio in fretta, voglio addormentarmi e risvegliarmi
domattina, uscire da questa casa e lasciare che il vento cancelli questa
serata. Perché se rimarrà nel mio cuore, soffrirò per l'eternità. Entro
nella stanza che mi ha indicato prima Rukawa e m'immobilizzo sulla soglia:
lui è qui. Ed è disteso in un futon matrimoniale, concentrato a leggere
qualcosa su una rivista sportiva; trattengo il respiro, rifiutandomi di
capire ciò che i miei occhi vedono. Lui mi scorge e sposta la rivista ed
io distolgo lo sguardo posandolo su una libreria piena di volumi rilegati;
con la coda dell'occhio scorgo che sta posando la rivista e che si sta
facendo un po' da parte per lasciarmi spazio.
- Non vieni? - chiede piano; io allora respiro un paio di volte e mi
faccio forza.
- Non penserai che voglia dormire con te, volpe? - chiedo con il tono più
strafottente che riesco a trovare; lo sento sbuffare e finalmente lo
guardo, sperando di ritrovare il solito, vecchio Kaede Rukawa.
- E' l'unico letto che ho, do'aho. Nella stanza dei miei non ti faccio
entrare.
- Allora...allora cerca di non darmi fastidio! - esclamo a corto d'idee;
di nuovo, mi sento combattuto. Voglio dormire con lui...ma non voglio
dormire con lui!
- Muoviti, ho sonno.
- Baka kitsune! - esclamo finalmente un po' più rilassato...forse, mi sono
immaginato tutto quanto. Forse, Rukawa non è cambiato per niente. Ed il
cuore mi si stringe in una morsa. Mi sdraio accanto a lui e chiudo le
palpebre con forza, mentre gli volto la schiena. Voglio dormire, voglio
dimenticare che lui è qui! Spegne la luce e risollevo le palpebre. Perché
mi hai fatto questo? Perché? All'esterno, il vento impazzisce.
Un'occhiata alla sveglia mi dice che è passata mezz'ora da quando ci siamo
distesi nel futon; il respiro di Rukawa è leggero e lo sento con
chiarezza. Non si è mai mosso ed anch'io sono rimasto immobile per non
rischiare di toccarlo...non so cosa farei se dovesse accadere. Però,
vorrei tanto voltarmi e guardare il suo volto addormentato; quelle ciglia
lunghe, quasi femminee, quelle gote perfette, quelle labbra carnose,
invitanti. No, basta! Non posso! Perché lui non mi odia, ma comincerà a
farlo se scoprirà i miei sentimenti! Sospiro e piego il braccio sinistro
sotto il capo; Rukawa si muove e le dita della sua mano destra si
appoggiano sulla mia vita. Spalanco gli occhi, trattengo il respiro. La
sua mano s'insinua sotto il mio braccio e risale i pettorali, fino a
cingermi completamente; mi tira contro di sé e si spinge contro di me: ora
la mia schiena è appoggiata al suo petto, la mia nuca è sfiorata dal suo
respiro. Mentre io sto per morire.
- Non dormi Sakuragi?
È sveglio! Kami è sveglio! E mi sta abbracciando! No, aspetta, un attimo,
un attimo! Perché mi abbraccia se è sveglio? Cioè, potevo capire se lo
faceva da addormentato, ma...perché, se è sveglio?
- Ru...Rukawa? - dico piano, chiedendogli qualcosa...neppure io so cosa.
Lui non risponde, però poi mi tira indietro con decisione ed appoggia la
guancia alla mia schiena.
- Io non ti odio Sakuragi. - mormora; i miei occhi si allargano di più, il
cuore smette di battere per un istante. Non mi odia. Ma non può provare
solo indifferenza, non può avere quel vuoto negli occhi che mi ferisce
ogni istante. Non può, perché la sua voce è un sussurro gentile, le sue
dita sono folate di vento che sfiorano i miei abiti. Se non mi odia...potrà
mai amarmi? Mi mordo il labbro inferiore, però prendo un respiro e
m'impongo di parlare.
- Neanche io ti odio...
Owari
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