Il desiderio della Divinità

Parte VIII

di Hymeko

”Yoite-kun, è successo qualcosa?”
Il ragazzo scosse la testa, deciso a non far preoccupare Hanabusa. Quella donna era troppo gentile per volerle dare dei dispiaceri. Decise di sollevare un po’ la testa, e di mostrarle il viso pulito e angelico senza più un’ombra di sofferenza.
”È tutto a posto…”
mormorò, addentando un dolcetto. La crema di azuki era appena tiepida, erano buonissimi…se solo non avesse avuto lo stomaco chiuso…
Il professor Kumohira mise la testa nella stanza:
”Hana, potresti venire un attimo? Ho bisogno di un po’ di aiuto con le lenzuola”
La donna annuì, poi sorrise a Yoite:
”Mi raccomando, per qualsiasi cosa non esitare a chiedere a Yukimi-san”
”Basta che non siano faccende da mocciosi!”
sbraitò l’uomo, infilandosi tre dorayaki in bocca in un colpo solo…lei rise, e seguì il professore.
”………”
Yoite studiò Yukimi, che continuava a masticare con poca grazia i suoi dolcetti…con lui aveva già parlato, e si trovava bene persino nonostante i suoi standard…forse avrebbe saputo rispondere alle sue domande, se l’avesse preso nel momento e nel modo giusto…anche lui era uno dei tanti, in fondo…magari avrebbe saputo dirgli come comportarsi…
”Allora, che hai da chiedermi, moccioso?”
L’altro sgranò gli occhi, poi li posò sulla sua tazza di tè. Come poteva dirglielo?
”Ascolta, quel faccino finto tranquillo non inganna nessuno, quindi se non vuoi trovarti addosso tutti quelli che vivono qui, sarà meglio che inizi a parlare”
A dir la verità non sarebbe successo, dato che lì rispettavano molto la privacy di una persona, ma sapeva che quello era il modo migliore per vincere le sue resistenze.
’Piccolo colpo basso’
pensò fra sé, mentre Yoite lo guardava in una maniera a metà strada fra la preoccupazione e il terrore puro.
”Yukimi…Miharu mi ha detto…una cosa”
L’uomo sbuffò:
”Sei in pensiero per quel che ti ha detto quel moccioso? Sappi che non sa minimamente interagire con le persone”
”…non so come spiegartelo, e se Miharu voglia che te lo dica…”
”Ascolta, Yoite. Non ti può aver detto nulla che tutti qua non sappiano, quindi sputa il rospo”
Quell’uomo aveva un modo di parlare un po’ rude…ma Yoite annuì e prese fiato:
”In un primo momento, io ho pensato che Miharu fosse un benefattore dell’umanità…”
Yukimi si strozzò con tè, diventò color peperone e quasi si soffocò con un dolcetto, che poi sputò per terra per la successiva felicità del professore.
”Benefattore dell’umanità…quello?! Ah ah ah ah ah ah ah ah!!!!!!!!!!!!!!!!”
e trascorse almeno dieci minuti a ridere di gusto.
”………”
”S-Scusa…ma davvero, è stata troppo forte!!!”
balbettò Yukimi in preda a una simil crisi respiratoria, mentre si asciugava le lacrime.
”…alla fine me ne sono reso conto che è un apatico…quando ha detto che…”
Esitò…sarebbe stato troppo diretto a dirglielo così?
”Puoi pure dirmelo…ma vediamo se indovino: noi siamo i tanti collaboratori che Miharu usa per poter continuare la sua vita il più possibile indifferente?”
”Sì”
”Beh, sai…quel moccioso non è in grado di esprimersi molto bene con le parole. Non sa mai cosa dire e come dirla, vedila così, ma comunque la realtà non è tragica come potrebbe sembrare…sebbene sia innegabile che noi siamo quelli che usa per viver quieto”
”…ma vi va bene?”
”Sì. In primo luogo perché ognuno di noi sapeva a cosa sarebbe andato incontro, e l’ha accettato. E poi tutti vogliamo bene a Miharu, e lui tiene a noi molto più di quanto dimostri…ma dimmi, sei così in crisi perché ti ha accennato al tuo ruolo?”
Yoite scosse la testa, bisbigliando:
”…non mi andava di…essere uno dei tanti. Non avere una…identità”
Yukimi rise:
”Non preoccuparti, qui nessuno è davvero uno dei tanti, come dici tu. Tutti hanno un posto e un ruolo speciale, e ognuno di noi è parte di qualcosa di importante. E Miharu ha molto rispetto per noi e i nostri pensieri, o non ci consulterebbe nelle riunioni, no?”
L’altro rimuginò in silenzio, senza sapere cosa dire. Miharu era stato abbastanza chiaro, o almeno così gli pareva, però anche le parole di Yukimi avevano un senso…
”Riguardo quello che ha detto quel moccioso demoniaco, sappi che lui è molto simile a te. Parla poco e, te lo ripeto ancora, non sa usare le parole”
”Ma…con me Miharu parla”
replicò piano Yoite. C’era qualcosa che non quadrava in tutto quello…e infatti Yukimi cambiò posizione, piantandosi di fronte a lui:
”E proprio di questo volevamo discutere, Yoite. Tu e quel mocciosetto andate molto d’accordo, quindi vorremmo sapere se avete già parlato del tuo futuro”
Il ragazzo spostò lo sguardo, per fuggire ai suoi occhi indagatori:
”…è una faccenda complicata”
”Allora dopo che l’avrete risolta, non ti andrebbe di diventare il braccio destro di Miharu?”
”Eh?”
Yoite lo fissò, sorpreso. Il braccio destro della Divinità…lui?!
Ma Yukimi annuì:
”Hai capito bene. Siete incredibilmente in sintonia, anzi…sei qua da appena dieci minuti e praticamente sei l’unico con cui sia davvero in confidenza. Non ti andrebbe di potergli stare continuamente appiccicato, dargli una mano, sorvegliarlo, proteggerlo, farlo mangiare…insomma, cose così”
”Farlo mangiare?”
Ma stava trattando Miharu come un bambino?
Grattandosi la testa, l’uomo annuì:
”Non si sa bene come, eppure sei l’unico che riesca a far mangiare Miharu”
”Non credo di capire”
Non è che l’avesse mai imboccato o altro…
”Vedi, prima del tuo arrivo quel moccioso andava avanti a mandarini, succo di mandarino o un piccolo okonomiyaki, quando proprio era affamato. Ma quando sta vicino a te, forse per metterti a tuo agio, forse perché la tua presenza gli fa bene, o probabilmente entrambe le cose, lui mangia. Insomma, quando mai si è fatto un pasto completo, quello?”
Yoite soppesò quelle parole…lui aveva sempre pensato che le razioni di cibo che si prendeva Miharu fossero scarse, ma invece, a quanto pareva, erano abbondanti…ed era tutto merito suo?
”A quanto pare tu piaci parecchio a Miharu, anzi…probabilmente sei il suo preferito. E sono certo che valga anche il contrario”
”…io…”
”Guarda che non c’è problema, va benissimo se Miharu è il tuo preferito. Insomma, meglio lui che quel professorino impedito o quei due mostriciattoli coi capelli bianchi”
”Davvero pensi che sia il suo preferito?”
”Assolutamente. In fondo con te parla, l’hai detto anche tu. E ti sta vicino…fa di tutto per renderti facile l’inserimento. Con nessuno di noi ha mai usato tanta premura, dopo al massimo un giorno lo vedevamo a malapena ai pasti…e non c’era nemmeno da pensare che ci permettesse di vegliare sul suo sonno quando era in infermeria”
”…perché gli piaccio?”
Yukimi alzò le spalle:
”Che vuoi che ne sappia io, mica leggo nel pensiero! Questo dovresti chiederlo a lui…però secondo me voi due siete due talmente uguali che vi siete trovati”
”…io…”
”Senti, non devi mica rispondermi subito. Prendi in considerazione la proposta, noi pensiamo seriamente che saresti perfetto”
”Noi?”
Con chi ne aveva discusso?
”Hanabusa-san, Kazuho, io, gli Shimizu…siamo tutti concordi. Saremmo meno preoccupati se ci fossi tu a vegliare su Miharu”
”Meno preoccupati?”
”Beh, sì. Miharu ti dà retta, immagino che per te sarebbe facile convincerlo a star lontano dai guai”
”…io…”
”Te l’ho detto, non mi devi dire subito la risposta. Riflettici un po’, parlane con chiunque tu voglia, anche col mocciosetto, poi fammi sapere”
”Ma come farei a essere il suo braccio destro?”
Lui non ne aveva davvero idea…cosa avrebbe dovuto fare, ad esempio, per proteggerlo?
”Non ti manderemmo allo sbaraglio, tranquillo. Prima di tutto verresti addestrato. Io ti insegnerei il ninjutsu, Kazuho i rudimenti della medicina, il professorino l’inglese, quella gattaccia bianca a procurarti cibo in mezzo alle foreste, gli Shimizu le basi dell’arte del kendo…un addestramento ad ampio raggio, puntando su quelle che risulteranno essere le capacità di rilievo. Che sappiamo essere già collegate al ninjutsu”
Yoite lo guardò stupito:
”Come fai a dirlo?”
”Non lo dico io, ma Raikō. Quando sei andato a chiamarlo ti sei mosso con circospezione, vero?”
”Sì”
Miharu gli aveva chiesto di non farsi sentire, quindi si era mosso di conseguenza…
”Beh, sappi che Raikō non ha avvertito la tua presenza fin quando non hai bussato. E credimi, quello è uno tosto. Quindi sappiamo già che hai delle eccelse doti naturali per diventare un ottimo shinobi. Dammi un po’ di tempo, e nessuno potrà batterti!”
”Yukimi…”
”Pensaci, d’accordo? E quando avrai deciso fammelo sapere”
Yoite annuì, e si accoccolò sulla sedia. A quanto pareva, avevano tutti delle grandi aspettative…
………
”Come stai?”
Miharu sorrise piano, come faceva sempre quando c’era Yoite nelle vicinanze:
”Bene…sto bene davvero”
”Hn…”
”E tu? Mi sembri un po’ stanco”
L’altro scrollò il capo:
”Sono solo un po’ confuso”
”Confuso?”
Yoite annuì:
”Ho parlato con Yukimi…del mio ruolo qui”
”Ah…ho capito”
L’atmosfera si velò di tristezza, e Miharu abbassò il capo. Aveva paura, non voleva sentire di nuovo quella sua straziante richiesta…
”Lui…loro…vorrebbero che io…”
e tacque, incapace di continuare…se l’avesse detto, ne sarebbe rimasto coinvolto tanto da non poterne più uscire?
”Qualunque cosa sia non sentirti obbligato, Yoite. Tu devi fare…quello che vuoi tu”
concluse con dolore, sapendo bene che lui stesso gli stava negando di veder esaudito il suo desiderio…
”È un po’ incoerente da parte tua”
gli fece notare l’altro con distacco, senza il minimo intento polemico…e Miharu annuì lentamente, senza alzare gli occhi.
”…ci ho pensato molto, sai? Una soluzione che vada incontro ad entrambi…tu vuoi essere cancellato, ma io non voglio farlo…e neppure il tuo cuore lo desidera. Però so bene che la mente è una parte importante in una persona, e non sarebbe giusto non darvi peso…”
Yoite attese in silenzio, indeciso se intervenire o meno. Si erano detti che non ne avrebbero parlato per un po’…Miharu alzò lo sguardo, come se avesse intercettato i suoi pensieri:
”Parliamo adesso finché ne ho il coraggio, vuoi?”
Un cenno d’assenso, e Miharu prese un gran respiro:
”…ci ho pensato molto, in tutto questo tempo. Mentre riposavo…la mia mente lavorava frenetica, in cerca di una soluzione che accontentasse entrambi. O meglio, che ci ferisse il meno possibile”
Sospirò, poi riprese, con maggior vigore:
”Io…vorrei che tu…ci concedessi cinque anni”
”Cinque anni?”
”…sì. Non so cosa ti abbia portato a desiderare di essere cancellato, però non devi aver avuto una…una…”
”…vita felice”
Yoite lo aiutò…Miharu sembrava in difficoltà a dirlo, come se avesse paura di ferirlo semplicemente pronunciando quelle parole…
”Esatto. Quindi è abbastanza naturale che in te sia sorto un desiderio che racchiuda tutto il rifiuto per la vita che hai accumulato in questi anni. Quello che ti chiedo è una semplice possibilità…concedici l’occasione di farti conoscere l’aspetto felice della vita. Apprendi anche il lato gioioso dell’essere vivo, permettici di amarti”
”A-Amarmi?”
Miharu annuì:
”Sì…lasciati amare da noi, esaudisci l’implorazione che proviene dal tuo cuore”
”Ah…io…”
L’altro lo incalzò:
”Non decidere della tua esistenza in base a una conoscenza parziale e limitata! Diventa un essere umano completo…impara anche la felicità! Noi saremo sempre qui per te, ti ameremo con tutti noi stessi”
”Amerete…me?”
”Sì. Io ti amerò. Vivrò per te. Noi ti ameremo. Vivremo per te. E se, alla fine, saremo riusciti a renderti felice, potrai stare con noi per sempre, o tornare nel mondo reale, o fondare un villaggio in quello di Nabari, o quello che vorrai tu. Se invece non ci saremo riusciti, se soffrirai ancora per il solo fatto di esistere, allora esprimi di nuovo il tuo desiderio, e io…lo esaudirò”
”Lo farai?”
Si fissarono, e Miharu annuì lentamente:
”Lo esaudirò…ma prima concedici cinque anni per amarti”
Yoite tentennò…lui…amato…amato…odiato…amato…odio…amore…
…si portò una mano al collo, dove prima c’era la cicatrice, e deglutì.
”P-Perché mi hai dato questo corpo?”
gli chiese, mordendosi una nocca.
Miharu rispose con semplicità:
”Perché non eri a tuo agio in quel corpo da bambino, altrimenti non avresti rifiutato tanto violentemente il contatto umano. Immagino che tu lo faccia anche ora, ma è normale, essendoci abituato. Ho voluto darti quel corpo perché credo che, prima di poter accettare l’amore dall’esterno, tu debba imparare ad amare te stesso. E non credo avresti potuto amare quel corpo inadatto”
Yoite si irrigidì:
”…per questo hai cancellato la mia d-de…formit…à?”
”Non dire così! Non sei mai stato deforme!”
Miharu quasi lo urlò, afferrandosi spasmodicamente al lenzuolo, contraendo tutti i muscoli. Non poteva sopportarlo, non riusciva a tollerare che Yoite avesse così poca considerazione di sé. Lui era speciale, meraviglioso in modo quasi doloroso!
”Ma allora come…definirmi?”
gli chiese il ragazzo, con immensa tristezza. Miharu sembrava davvero tenere a lui, però non poteva bastare per cancellare il suo orribile passato…
”Sebbene nella società umana non si incontrino spesso persone…come te, in natura non sono affatto rare. È una malformazione genetica, non una deformità! Sono cose che accadono, come il labbro leporino o avere un dito in più! E comunque nel mondo reale si può tranquillamente sistemare con un’operazione”
Yoite scosse il capo:
”Non l’avrebbero mai fatto per me”
”Ma io sì…l’ho fatto per te, quindi non farlo più…non usare più certe parole, riferendoti a te stesso”
Si fissarono…in Miharu c’era sofferenza, Yoite lo vedeva bene. Dolore perché lui stesso soffriva…forse essere la Divinità lo rendeva empatico, o era solo di lui che si preoccupava tanto? Le parole di Yukimi continuavano a ronzargli in testa…era lui l’unico per cui Miharu avesse mai mostrato un aperto interesse…
”Va bene…”
si trovò a sussurrare, deciso a non volerlo più vedere così sofferente…
”…ma mi ridaresti la cicatrice?”
Sgranando gli occhi, Miharu inclinò dolcemente il capo:
”Perché?”
”…perché in questi cinque anni non voglio dimenticare totalmente, ma avere qualcosa con cui fare il paragone. Non potrei notare la differenza, altrimenti”
Gli occhi di Miharu si colmarono di gioia, come se il suo animo si fosse liberato da un peso:
”Allora accetti la mia proposta?”
”Sì. Cinque anni”
”Cinque anni in cui dovrai permetterci di amarti pienamente. Dovrai vivere al massimo delle tue possibilità, senza mai chiuderti in te stesso o nasconderti in qualche angolo! Devi essere felice!”
concluse, quasi implorandolo…e Yoite annuì:
”Lo farò”
”Bene”
Miharu chiuse gli occhi, stendendosi. Improvvisamente gli era venuto sonno…la tensione stava svanendo, e lui si sentiva stanco…
”Dormi ora”
sussurrò Yoite, rimboccandogli le lenzuola…e Miharu annuì.
”Non andare via”
lo pregò, rannicchiandosi su un fianco, e l’altro assentì:
”Rimarrò ancora qui”
Yoite abbassò le persiane, per permettergli di riposare meglio. Anche se l’aveva presa un po’ precipitosamente, non rimpiangeva di aver accettato la sua proposta. Era vero quello che Miharu gli aveva detto, non conosceva l’altro aspetto della vita. Inoltre aveva l’impressione che Miharu non avrebbe esaudito volontariamente il suo desiderio, quindi non aveva molta scelta. Non possedeva alcun mezzo per ricattare la Divinità, quindi poteva solo aspettare. In fondo aveva atteso sedici anni, poteva aspettarne altri cinque. Forse così avrebbe potuto essere almeno un po’ felice, prima di essere cancellato…

”Allora, dove vuoi metterti?”
Yoite fissò il cerchio di posti, desiderando ardentemente poter indicare di nuovo l’angolino più lontano da loro. Ma aveva idea che Miharu non avrebbe gradito per nulla, quindi si succhiò l’interno di un labbro, pensandoci.
”Miharu…”
”Hn?”
Il ragazzino era appollaiato al suo posto, e lo guardava con occhi che Yukimi aveva definito al limite dell’adorazione, un po’ come faceva il professorino con la fidanzata e Gau con Raikō…ma a lui non dispiaceva affatto avere lo sguardo di Miharu su di sé. Miharu era…l’unica persona che davvero volesse accanto. Certo, anche altri gli piacevano, però Miharu era…Miharu.
”…ma va bene che mi sieda dove voglio? Non credo che andrebbe bene se mi mettessi fra Hanabusa-san e il professore, ad esempio”
Ma l’altro ridacchiò:
”Andrebbe bene sì…perché gli ultimi arrivati hanno il diritto di stare dove meglio si sentano a loro agio. Ognuno, qui, è stato un ultimo arrivato, e tutti hanno scelto, e la scelta è stata rispettata. Agisci come il tuo cuore desidera”
Yoite rimase in silenzio, poi indicò il posto alla destra di Miharu.
”Fra me e Yukimi-san?”
L’altro annuì, e allo schiocco di dita di Miharu il cerchio si allargò per far spazio a un nuovo posto.
”Su cosa vuoi sederti?”
”…a me va bene tutto”
”Yoite!!!”
Miharu si imbronciò, schioccò ancora le dita, e Yoite si trovò fra le mani un catalogo di arredamento:
”Scegli quello che vuoi. Non starai seduto sulla pietra!”
”………”
Sedie rivestite in cuoio…sedie pieghevoli…Miharu fece apparire un divano e ve lo trascinò, per poterlo studiare con lui.
”Che ne pensi di questa?”
Yoite lesse: poltroncina con struttura in multistrato e rivestimento in pelle ecologica in vari colori. Non era brutta, ma…
”…è argentata”
”La puoi avere del colore che vuoi!”
”…voglio qualcosa in cui accoccolarmi”
Se non poteva farlo sul pavimento, doveva almeno poterlo fare lì.
”Allora andiamo avanti! Una poltrona?”
”Non mi piace”
”Un divano?”
”Troppo esagerato”
”Un tatami?”
”…no”
”Un pouff?”
”…solo se fossi un gatto”
Miharu ridacchiò. In effetti Shijima in stanza ne aveva uno…
”Troviamo qualcosa di comodo”
”Hn…davvero non posso stare per terra?”
L’occhiataccia che gli lanciò l’altro lo zittì…poi Miharu batté l’indice sulla carta:
”Guarda questa: importante chaise longue in pelle, con meccanismo rientrante, poggiatesta, vibromassaggiatore più shiatsu”
”…sembra la poltrona di un dentista…ecco, questa!”
e indicò una poltrona sacco di color verde acido.
”…la vuoi di un altro colore?”
Yoite alzò le spalle, e Miharu la fece apparire fra il suo posto e quello di Yukimi. Non era a livello del terreno, ma rialzata come la cesta di Shijima, e la parte posteriore del rialzo era aperta.
”…puoi farla più grande?”
Un semplice cenno, e la poltrona si espanse.
”Prova a sederti”
Yoite sprofondò soddisfatto, e si rannicchiò stringendosi le ginocchia al petto.
”Non è meglio se ti togli le scarpe? Così ti sporchi”
Il ragazzo infilò le scarpe dentro il rialzo, e si rannicchiò di nuovo.
”Comodo?”
”Sì”
Miharu si sedette al suo posto, uno accanto all’altro, alla stessa altezza.
”Posso cambiare il colore? Non ti si addice”
”Sì”
Tutte le sfumature dell’iride percepibili dall’occhio umano tinsero il tessuto, ma alla fine Miharu scelse il colore che più si addiceva a Yoite: il bianco.
”Come la sciarpa?”
”Sì. Come la tua sciarpa. E quasi come la tua pelle”
La mano pallida Yoite accarezzò la stoffa. Era bella…bella e comoda. E, come tutto il resto, al confronto col suo passato gli faceva male. Vivere in uno scantinato, stare sempre per terra…
”Andiamo? Gli altri saranno curiosi!”
Quasi avvertendo il suo dolore, Miharu attirò la sua attenzione. Yoite annuì…gli aveva promesso che avrebbe vissuto con tutto se stesso, quindi gli concesse uno scintillio nelle iridi.
”Sì”
”Però non dovremo dire a Raikō-san che abbiamo avuto problemi con la scelta del colore”
”…già”
Le loro voci si spensero nel corridoio, mentre nella sala riunioni faceva bella mostra di sé il posto a sedere di un nuovo occupante.

Fine parte VIII


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