Il desiderio
della Divinità
Parte VII
di Hymeko
Yoite
sussultò quando Miharu si mise a sedere di scatto.
”Miharu!”
esclamò, alzandosi e avvicinandosi in fretta a lui. Aveva gli
occhi spalancati, fissi nel vuoto, e la bocca coperta dalla mascherina
era socchiusa, fissa a metà strada fra due respiri.
”Vado subito a chiamare Kazuho-san, stai tranquillo”
Yoite si voltò, ma qualcosa lo trattenne. Miharu aveva afferrato
un lembo del corto soprabito che portava, e la sua stretta non sembrava
volersi allentare.
”Miharu?”
sussurrò, guardandolo spaventato e temendo di vedere di nuovo quei segni neri scavargli la cute. Cosa aveva, perché non gli rispondeva?
Lentamente, l’altro si tolse la mascherina:
”Yoite, per favore…porta qui Raikō-san e Raimei. È la stanza
con dei vasi di fiori ai lati della porta. In ognuno c’è un
singolo chrysantemum. È di loro che ho bisogno, molto in fretta”
sussurrò con spaventoso distacco.
”S-Sì”
”Mi raccomando, fai in modo che nessun altro ti senta o veda”
”Sì”
Miharu lasciò andare il suo soprabito, e il ragazzo uscì
con circospezione. Tremando leggermente per l’ansia, si affrettò a cercare
la stanza. Se non ricordava male era una delle ultime in fondo…però
non capiva. Perché aveva bisogno del clan Shimizu?
”Chrysantemum”
bisbigliò nell’oscurità. Il corridoio era vuoto, e la
porta fra i due vasi semplice e senza decorazioni. Solo delle candele
lontane la illuminavano…ci vedeva appena, eppure era sicuro di non
aver sbagliato.
Bussò leggermente, pregando che il rumore non fosse stato avvertito
da altri. Miharu voleva solo loro, e che nessun altro se ne accorgesse…cosa
poteva significare?
Col cuore in gola si chiese se fosse necessario bussare di nuovo.
Forse non avevano sentito, forse aveva colpito il legno troppo leggermente…si
guardò in giro. Tutto era silenzio, nessuno sembrava essersene
accorto…alzò ancora il pugno, ma la porta si aprì. E
Gau, sbadigliando, guardò fuori.
”Yoite?”
”M-Ma…io cercavo Raikō o Rai…”
”Sono qui”
Raikō apparve alle spalle di Gau, appoggiandogli un braccio su una
spalla. Aveva addosso un pigiama fatto di un pezzo solo, come quello
dei bimbi, a forma di orsetto lavatore. Era inquietantemente carino…
”Miharu si è svegliato, ha detto che ha bisogno di te e di
tua sorella. Vi vuole da lui in fretta”
Un attimo di sorpresa, poi il viso del ragazzo si indurì:
”Gau, sveglia Raimei e dille di prepararsi. Io vado a vestirmi. Yoite,
per favore, riferisci a Miharu-kun che il clan Shimizu si presenterà
immediatamente al suo cospetto”
L’altro annuì e tornò indietro, l’ansia che aumentava
a dismisura, dopo aver visto il viso corrucciato di Raikō. Cosa poteva
esser successo? Sicuramente Raikō l’aveva capito, o non si sarebbe
rabbuiato in quel modo…
’Miharu…cosa sta accadendo?’
Rientrò in infermeria, e trovò Miharu ancora seduto,
senza mascherina:
”Stanno arrivando”
L’altro annuì, e attese. Sapeva che non ci sarebbe voluto molto…dopo
pochi istanti, infatti, Raikō entrò nella stanza, seguito da
Raimei e da Gau. Entrambi portavano la loro gamon al fianco.
Yoite si spostò leggermente, e i due fratelli si inginocchiarono
accanto al letto di Miharu, mentre Gau si inginocchiava più
indietro. Fu Raikō a parlare:
”Nobile Re di Nabari, il clan Shimizu è pronto a compiere il
suo dovere”
”Ho una missione per voi. Nel labirinto stanno gironzolando degli
ospiti senza invito. Vi prego di occuparvene”
”Sarà come il Re di Nabari comanda”
”Andate. E state attenti”
”Sì”
I tre si alzarono, si inchinarono e uscirono senza aggiungere nulla.
Yoite spostò lo sguardo dalla porta chiusa a Miharu, che fissava
ancora l’oscurità:
”Miharu?”
sussurrò, avvicinandosi a lui.
L’altro sorrise piano, ma con un’espressione stanca e distante sul
viso:
”Immagino che Kazuho-san ti abbia detto di chiamarla, quando mi fossi
svegliato”
”Miharu…”
”Scusa se non ti ho permesso di chiamarla prima, ma dovevo parlare
con Raikō-san o Raimei. Ora però non ho obiezioni”
Sempre più confuso, il ragazzo corse fuori, e bussò
alla porta della giovane donna. Lei apparve dopo pochi minuti, gli
occhi gonfi di sonno, sbadigliando forte…ma quando vide Yoite sussultò:
”S’è svegliato?”
Yoite annuì, e la seguì fino alla porta dell’infermeria…Kazuho
la chiuse alle sue spalle, ma dopo pochi minuti la riaprì:
”È tutto a posto. Sta meglio di quanto pensassi…e vuole parlare
con te. È stato contento di sapere che sei rimasto vicino a
lui mentre era addormentato”
”Ora sta bene?”
”Sì. Deve riposare, ma parlare un po’ non gli farà male.
Ma tienilo calmo, eh? Gli ho dato un leggero sedativo, ma ci vorrà
una ventina di minuti perché faccia effetto. Io ora me ne torno
a dormire, il resto lo lascio a te. Se hai biso….wwwwhhhhhaaaannn…gno
torna pure a svegliarmi”
e se andò sbadigliando ancora.
”………”
Yoite attese finché non fu tornata nella sua camera, poi rientrò
nell’infermeria, camminando in silenzio fino alla poltrona.
Quando vi si sedette, Miharu riaprì gli occhi, guardandolo
nella luce leggera della notte.
”Come stai?”
gli chiese, tendendosi verso di lui.
”Bene…abbastanza bene. Sono stato peggio”
Il ragazzo sospirò. Anche se diceva così, aveva ancora
tutte le fasciature sul corpo a provare il contrario.
”Miharu…cosa è successo là fuori?”
Certo, la priorità dei suoi pensieri era ancora per il suo
desiderio, ma sapeva che non era il momento di discuterne.
Anche se Kazuho-san non gliel’avesse raccomandato, lui non vi avrebbe
accennato.
”Hai…dovuto combattere?”
Se avevano assaltato quel posto, Miharu era stato il baluardo.
”Sì”
Yoite chiuse gli occhi, sentendosi male dentro:
”Le tue ferite…te le hanno fatte loro?”
Era una domanda un po’ stupida, di certo non se le era fatte da solo,
ma far del male a Miharu…solo pensarlo per lui era una pazzia.
”I Tategami? Sì. Diciamo che…avevo la mente altrove, e dei
fulmini mi hanno preso di striscio”
”Fulmini?”
L’altro annuì:
”Hanno prima usato un jutsu per creare una tempesta, quindi uno che
utilizza la carica elettrostatica presente nelle nubi, e me li hanno
scagliati contro”
Yoite lo fissò stralunato. Ma come poteva parlane con tanta
leggerezza?
”Ma…”
Miharu scosse una mano:
”Oh, mi sono difeso, ma stavolta i miei jutsu non erano efficaci come
al solito”
Nella mente di Yoite c’era posto per una sola domanda. Era colpa sua,
dello squilibrio che aveva causato in lui? Anche Miharu era rimasto
toccato dal loro diverbio…ne aveva subito le conseguenze durante la
battaglia? Era colpa sua?
”E ora va meglio?”
gli chiese tremando, avvicinandosi al letto.
”Sì. Kazuho-san mi ha medicato, le sento appena. E poi possiedo una capacità di guarigione superiore alla media”
Chiudendo gli occhi, Yoite cercò di trovare le parole adatte.
Non voleva che pensasse che avesse raccolto informazioni su di lui, però:
”È accaduto a causa dello Shinrabanshō?”
La sorpresa colse Miharu:
”Come fai a sapere…”
Yoite scrollò le spalle:
”Yukimi me ne ha parlato un po’. Per quello mi hai detto che…non sei
un dio?”
Annuendo, l’altro si posò un braccio sugli occhi. Non voleva
già parlarne…Yoite avrebbe aspettato ancora, o lo avrebbe di
nuovo assillato col suo desiderio?
”Sì”
”…e per questo mi hai fatto chiamare il clan Shimizu?”
Di nuovo, Miharu rispose di sì:
”Come lo hai capito?”
aggiunse poi, sbirciandolo. Ci era arrivato da solo, o lo avevano
istruito?
Yoite alzò le spalle:
”Immagino sappiano di averti colpito. Sanno che sei stanco e ferito…è
logico pensare che tentino un altro assalto. Loro vogliono lo Shinrabanshō?”
”Già…sei stato veloce a comprendere i meccanismi che regolano
il mondo di Nabari”
”Quindi…hai combattuto contro shinobi di un villaggio del mondo di
Nabari?”
”Sì. I Tategami sono una squadra speciale dei Kairōshū, originari
del villaggio di Iga. Anche Kazuho-san e Yukimi-san provenivano da
lì”
”Hn?”
Miharu si girò su un fianco, ma Yoite lo fece stendere meglio,
indicandogli la flebo nel braccio.
”Già…poi si sono offerti in dono alla Divinità, e sono
arrivati qui. È una storia di tanto, tanto tempo fa”
Il sedativo iniziava a far effetto…le palpebre di Miharu sembravano
pesanti…
”Ma quei tre da soli basteranno a respingere l’assalto?”
A dir la verità, Yoite era preoccupato più per Miharu.
Non voleva che dovesse di nuovo scendere sul campo di battaglia…
”Due…il senpai Gau non combatte. E comunque Raikō-san e Raimei se
la caveranno benissimo da soli”
’Lo spero…’
Se avessero avuto bisogno di lui, sarebbe riuscito a impedirgli di
raggiungerli?
”Ed è sempre a causa dello Shinrabanshō che ti hanno chiamato Re di
Nabari?”
”Sì…colui che ha l’arte segreta porta su di sé il peso
del mondo di Nabar…i”
Yoite gli rimboccò le coperte…si stava addormentando…
”Yoi…te…mi o…di?”
biascicò, al limite delle proprie forze…
”No”
Miharu sorrise:
”Grazie”
sussurrò, prima di addormentarsi.
”Grazie,
Hanabusa-san”
”Di nulla, ragazzi. Yoite-kun, se poi ne volete ancora, vieni pure
a prenderne”
Il ragazzo annuì, e bevve lentamente il suo tè verde,
mentre Miharu mangiava un po’ di yōkan.
”Allora a dopo”
Salutarono la donna, e sospirarono.
”È successo un gran pasticcio alla fine, vero?”
Yoite non disse nulla, anche se sapeva quello che intendeva. Raikō
aveva un braccio rotto, e Raimei una lunga ferita su una coscia. E
Gau, incapace di rimanere a guardare, era intervenuto rimediando un
occhio nero e un paio di denti saltati.
”Il professor Kumohira mi farà un’altra urlata”
L’altro interruppe un attimo il suo sorseggiare il tè:
”Non ti lascerò solo”
disse piattamente. Non credeva che quell’uomo avrebbe fatto una sceneggiata
davanti a lui che era appena arrivato lì, e che era uno dei
preferiti della sua fidanzata, quindi probabilmente non ci sarebbero
stati problemi.
”Grazie”
cinguettò allegro Miharu, mangiando l’ultimo pezzo del suo
yōkan. Da quando si era svegliato aveva subito due visite di Kazuho-san,
una di Raimei con Kōichi, e poi gli altri tutti assieme. Alla fine
Kazuho li aveva buttati fuori tutti, soprattutto il sensei, che non
faceva che piangere per la contentezza di averlo riavuto tutto intero.
”Quell’uomo…io lo capisco poco”
Miharu sospirò:
”Le sue intenzioni sono delle migliori, anche se ha il suo tornaconto.
Lui…mi ha conosciuto prima di venire a conoscenza del mio ruolo di
Divinità, ma sapeva che in me c’era lo Shinrabanshō”
”Non capisco”
Miharu si appoggiò ai cuscini:
”Vedi, il professore ha origini irlandesi. È arrivato in Giappone
trasportato letteralmente di peso da suo nonno, dato che lui non sopporta
i mezzi di trasporto…non guardarmi così, è tutto vero!”
L’espressione basita e un po’ impietosita non scomparve del tutto
dalla faccia di Yoite, ma l’altro continuò lo stesso:
”Sono arrivati qui durante l’epoca Muromachi…”
(circa 1560; n.d.Hymeko)
”…il nonno era già riuscito ad entrare in Giappone, ne aveva
imparata la lingua, e si era innamorato del mondo di Nabari. Aveva
insegnato il più possibile al nipote, e poi erano tornati come
traduttori al seguito dei commercianti che poterono entrare nei porti
giapponesi. Io lo conobbi perché volevo farmi dare delle lezioni
di inglese, e lui scoprì che in me dimorava lo Shinrabanshō”
Con un sospiro, bevve un sorso di tè, e Yoite ne approfittò
per intervenire:
”Miharu…è corretto che tu mi metta a conoscenza di fatti che
riguardano lui?”
Il ragazzino annuì:
”Lui stesso mi ha dato il permesso di raccontare a chi io voglia la
sua storia. Mi ha giurato eterna fedeltà, benché qualche
volta pare che se ne dimentichi. Non ti preoccupare, non svelerò
mai i segreti delle persone che sono qui”
Si scambiarono uno sguardo di comprensione e complicità. Era
chiaro quello che Yoite temeva…
”Comunque, lui si mise in testa di liberarmi dallo Shinrabanshō, e
provò in tutte le maniere a farmi cessare di usare l’arte segreta”
”Perché?”
”Perché c’è il rischio che l’arte segreta sfugga al
mio controllo e che io rimanga ucciso dopo aver combinato chissà
cosa al mondo”
”………è uno scherzo?”
Ma Miharu sorrise:
”Come ho già detto, non prenderei mai in giro te. Ma stai tranquillo…”
Alzò una mano per soffocare sul nascere le rimostranza di Yoite…
”…so quello che faccio. È tutto sotto controllo. Non c’è
nulla che non vada…anzi, certe volte è proprio il professore
a farmi perdere le staffe”
”Allora perché l’hai accettato qui?”
I suoi occhi si velarono di antichi ricordi:
”Perché aveva pestato i piedi alle persone sbagliate, e stava
rischiando grosso…ma non per questo si offrì alla Divinità.
Lui credeva che se la Divinità avesse esaudito il suo desiderio,
io sarei stato libero dallo Shinrabanshō. Senza sapere che in realtà
ero io…avresti dovuto vedere la sua faccia quando mi ha visto entrare
nel tempio!!!”
”È una persona generosa”
In fondo aveva fatto tutto per Miharu…
”Sì, ma non è in grado di indirizzare questo suo sentimento
nel modo giusto. Più che altro, spesso è solo un impiccio”
Yoite rifletté un attimo, poi decise di soprassedere. Se a
lui andava bene così, non si sarebbe immischiato più
di tanto.
”Però, Miharu…”
”Hn?”
”Hai detto che il sensei è arrivato qui attorno al 1560, esatto?”
”Sì”
”Ma…allora…capisco tu che hai lo Shinrabanshō, ma…”
”Vuoi sapere come faccia a essere ancora vivo?”
L’altro accennò un sì, Miharu si stiracchiò:
”Questa è un’altra delle cose che non ho fatto in tempo a dirti.
A parte Shijima e Kōichi, tutte le altre persone che sono qui, me
e te compresi, sono avvolti in una specie di sospensione temporale,
che arresta il tempo della loro esistenza. Praticamente è come
se il tempo non influisse su di loro. Questo fa sì che possano
rimanere qui finché lo desiderano…quando vorranno morire, io
consentirò al loro tempo di riprendere a scorrere, e potranno
terminare normalmente la loro esistenza. E no, non è lo stesso
del tuo desiderio”
”…non ho intenzione di parlarne finché non ti sarai completamente
rimesso”
Miharu arrossì leggermente, dopo aver udito quel sussurro:
”Ti ringrazio…allora dovrei chiedere a Kazuho-san di non dimettermi
mai…scherzavo”
”………”
”C’è qualcosa d’altro che desideri sapere? Kazuho-san mi ha
dato il permesso di parlare quanto io voglia”
Era una maniera elegante di non farlo pensare al suo desideri, Yoite
lo sapeva…e la apprezzava.
”Come mai due persone non sono comprese nella sospensione temporale?”
”Perché siamo immortali già di nostro”
Miharu sussultò, e Yoite si alzò di scatto. Accanto
alla porta aperta c’era Shijima, con in mano dei rotoli.
”Miharu, qui ci sono informazioni sui jutsu usati dai Tategami. Te
le manda Fūma, con i suoi migliori auguri per una pronta guarigione”
”Ti ringrazio, e manda i miei ringraziamenti anche a Fūma-san. Metti pure
i rotoli in biblioteca”
”D’accordo. Ah, puoi pure spiegare a Yoite la verità”
e se ne andò, silenziosa come era venuta.
Yoite deglutì…quella ragazza aveva un che di…pericoloso…
”Siediti e non preoccuparti, Yoite. Shijima è fatta così…nessuno
riesce a percepire quando arriva, nemmeno io”
”Miharu…”
L’altro abbassò lo sguardo:
”Stai attento a lei…e mi spiace dirlo, anche a Kōichi. Quei due sono
troppo legati a Kotarō Fūma”
”…come li hai conosciuti?”
”…Kōichi studiava con me, Shijima era la mia gatta. Lui mi ha difeso
quando i primi shinobi di Iga mi hanno attaccato, quando ancora non
avevo idea di cosa fosse lo Shinrabanshō…e poi mi ha portato a conoscere
Kotarō Fūma”
Yoite si trovò una gran confusione in testa:
”Aspetta…stai parlando dell’epoca Asuka?”
”Sì…ma Kōichi e Shijima sono in vita da molto più tempo
di me…”
sospirò, bevendo un sorso di succo di mandarino.
”…credo sia ora di spiegarti un altro po’ di cose. Yukimi-san ti ha
detto di come lo Shinrabanshō sia nato?”
”Sì”
”Io sono il quarto utilizzatore, ovvero la quarta persona che abbia
avuto il controllo dell’arte segreta. Prima era stata anche nel corpo
di molte più persone, che non erano riuscite a controllarla”
L’altro aspettò che continuasse in rispettoso silenzio.
”Kōichi e Shijima…so che è brutto da dire, però in realtà
non sono delle vere persone. Sono degli esperimenti realizzati dal
terzo possessore dello Shinrabanshō”
”Cosa?”
Miharu annuì:
”Come ti ho detto, Shijima era la mia gatta, Shiratama. Kōichi era
un mio compagno di studi…colui che per primo mi ha introdotto al mondo
di Nabari, e che mi ha protetto quando i Kairōshū mi hanno attaccato. Sono una gatta e una civetta con cuore umano, cui Fūma-san ha donato un corpo”
”Sono confuso”
lo interruppe Yoite.
”È comprensibile. Vedi, io mi sono accorto per ultimo che lo
Shinrabanshō era rinato in me. I Kairōshū, i Fūma, e anche Kōichi
e Shijima lo sapevano, perché avevano sempre cercato il nuovo
possessore dello Shinrabanshō. Così quando si è risvegliato,
erano lì pronti”
”E cos’è successo?”
Miharu chiuse gli occhi:
”Abbiamo lottato, siamo stati feriti, abbiamo sofferto, Fūma-san voleva
che rinunciassi allo Shinrabanshō, non so ancora se per il mio bene
o per poterlo possedere lui, mentre i Kairōshū desideravano possederlo per utilizzarlo a loro piacimento…comunque alla fine mi sono reso conto
che la cosa migliore che potessi fare era tenerlo per me”
”…perché? Lo Shinrabanshō è un peso per te, non è
vero?”
Miharu sgranò leggermene gli occhi, ma non guardò Yoite:
”È tanto evidente?”
”…ogni tanto hai come un peso sulle spalle, e sei…stanco di tutto.
E quello che mi hai detto sulla terrazza conferma i miei sospetti”
Con un sospiro, l’altro proseguì:
”Quando sono venuto a conoscenza di tutte le lotte per possedere lo
Shinrabanshō, di quello che aveva fatto il terzo possessore a Kōichi
e Shijima, di quello che avrebbe voluto fare il leader dei Kairōshū,
e contando anche tutti i sospetti che avevo su Fūma-san, ho deciso che
lo avrei tenuto per me, e utilizzato secondo il mio giudizio”
”E sei diventato Re di Nabari…e Divinità?”
Miharu annuì:
”Diventare Re di Nabari significava mettere un freno a tutto, anche
alle guerre che sconfinavano spesso nel mondo reale. Per questo è
nata la Divinità…la mitologia del mondo reale non è
che una narrazione delle lotte del mondo di Nabari”
Yoite esitò…lui non sapeva nulla di mitologia. Fra i libri
che gli avevano dato non c’e n’era uno che ne parlasse, e lui non
aveva mi osato chiederne. Ma l’altro sembrava deciso a dargli un quadro
completo:
”Le antiche guerre fra gli uomini, con dei e semidei che vi partecipavano,
non sono altro che la testimonianza delle lotte fra shinobi e dell’uso
di jutsu distruttivi e incomprensibili ai normali occhi. Poi il male,
cioè lo Shinrabanshō, imperversava…fino a quando una dea non
lo racchiuse in sé. Ma questa dea benefica, esausta per la
lotta, venne uccisa da altri dei invidiosi del suo nuovo potere…ovvero
la prima persona custode dello Shinrabanshō venne giustiziata per
eliminarlo. Ma il potere si manifestò ancora in altri dei/possessori,
uccisi a loro volta. Solo con la comparsa della quarta divinità/possessore
sul mondo di Nabari è scesa la calma, perché io mi sono
ritirato quassù, in pace, lontano da tutto e tutti”
”Tu da allora sei la Divinità”
”Sì, e ho accolto fra le persone che mi si offrivano in dono
quelle che ritenevo avrebbero potuto aiutarmi. Come hai ben compreso,
il mio ruolo è faticoso”
”Quindi tutte queste persone…”
”…fanno tutto quello che dovrei fare io, ma che non ho voglia né
desiderio di fare. Così vengo lasciato in pace”
borbottò, sprofondando comodamente nel letto e guardando pigramente
fuori dalla finestrella.
Yoite si prese il tempo di studiarlo, poi sussurrò lentamente:
”Mentre parlavi pensavo che tu fossi un benefattore dell’umanità,
che ti fossi accollato tutto per il bene della gente. Ma ora capisco
che sei…apatico. Non ti importa dell’umanità…vuoi solo che
nessuno venga a disturbare la sua apatia, la tua vita senza tumulti”
Miharu lo fissò:
”Sì. Era questo che desideravo”
”Allora perché non hai accettato di far rimuovere lo Shinrabanshō?
Tutti i tuoi problemi sarebbero finiti”
”Primo, perché una tecnica seria per la sua rimozione senza
la conseguenza della mia morte non esiste ancora. Secondo, perché
non c’era alcuna sicurezza che venissi lasciato davvero fuori dalle
faccende di Nabari. Terzo, nessuno ha la certezza che una volta estratto
lo Shinrabanshō, sia possibile distruggerlo immediatamente. E se fosse tornato dentro
di me con propositi di vendetta? No. La cosa più semplice era ritirarmi in luogo inaccessibile,
prendere dei collaboratori che lavorassero per me e sconfiggere i
tentativi di assalto, una o massimo due volte l’anno”
Nel cuore di Yoite si era insinuato un dubbio, un’ombra pesante che rendeva
opaca la visione scintillante di Miharu che aveva avuto sin’ora…lui
lo aveva accolto lì solo per farlo diventare un altro dei suoi
collaboratori? Era semplicemente uno dei tanti attraverso cui Miharu
si semplificava la vita?
”Mih…”
Ma non fece in tempo a parlare, perché entrarono Kazuho e Yukimi:
”Ehi Yoite, mentre Kazuho dà una controllata al mocciosetto
demoniaco che ne dici di venire con me? Seki-san ha fatto i dorayaki”
(piccole crespelle ripiene di marmellata di azuki; n.d.Hymeko)
”…sì. A dopo, Miharu”
”A dopo”
Yoite tenne lo sguardo fisso sul pavimento, mentre seguiva Yukimi.
Lui era solo uno dei tanti? Ancora non aveva un vero significato?
Fine parte
VII
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