Il desiderio della Divinità

Parte VI

di Hymeko

Yoite alzò gli occhi dalle ginocchia, guardando attraverso una delle fessure che permettevano alla luce di entrare lì. Il cielo era ancora una distesa in cui le nubi giocavano a rincorrersi, ma la tempesta era finita, e anche i fulmini avevano cessato di cadere. Tutto era tranquillo, l’ululato del vento si era trasformato in una brezza leggera, la pioggia era diventata un allegro ticchettio, e il sole del tramonto ogni tanto riusciva a far capolino fra gli squarci delle nubi.
Con il cuore vuoto si alzò, uscendo dalla stanza senza dire nulla. Non che avesse qualcosa da fare, ma non riusciva più a sopportare le risa che provenivano dal tavolo. Stavano giocando a un gioco di carte, e chi perdeva doveva fare una penitenza. Il più sfortunato di tutti, fino a quel punto, era stato Gau, cui era toccato persino fare tre giri attorno al tavolo saltellando su una mano sola, seguito poi dal professor Kumohira, cui Yukimi aveva tagliato una ciocca di capelli nonostante le sue implorazioni. Al contrario, i fratelli Shimizu erano fra i più allegri, dato che a quanto pareva quel gioco ricordava loro di quando avevano ancora una famiglia, di quando giocavano con lo zio e il padre malato…
…ma tutta quella felicità a lui faceva dannatamente male, perché non avrebbe mai potuto farne parte. Il concetto stesso di felicità era qualcosa che lui non poteva comprendere, da cui era perennemente escluso.
Si infilò in bagno, aprì un rubinetto e vi cacciò sotto la testa. Stava male, stava talmente male da aver voglia di vomitare, più li sentiva ridere, più aveva voglia di perforarsi i timpani per non sentire nulla…
’Cancellami…Miharu…’
Se almeno avesse esaudito il suo desiderio, se almeno quella tortura avesse avuto un termine…
’Cancellami’
Si sciacquò il viso, e si asciugò alla meno peggio prima di specchiarsi. Non aveva idea di come definirsi, con quella pelle bianca e gli occhi blu. Lui che come persona non esisteva nemmeno, che era solo una maschera, che non aveva mai avuto un nome…perché era stato trascinato in una situazione simile?
Sospirò, appoggiandosi al muro. Non aveva voglia di tornare dagli altri, ma non poteva nemmeno rimanere lì troppo, o sarebbero andati a cercarlo. Se almeno Miharu avesse esaudito il suo desiderio…
’Miharu’
Pensò a lui…chissà cosa stava facendo, e se era rimasto al riparo durante la tempesta.
Si morse un dito, pensandoci bene. Miharu era corso su per la scala che portava alla piattaforma dove la Divinità si manifestava, ma quello era un luogo scoperto, senza protezioni.
’Non avrà preso tutta quell’acqua?’
pensò affacciandosi a una finestrella, osservando il mare di nubi che si stendeva sotto di lui.
’Però lui è la Divinità, quindi dovrebbe essersi protetto senza problemi’
Sospirò ancora, ripensando a come si erano lasciati. Erano nel mezzo di un contrasto piuttosto pacato, ma pur sempre un contrasto. Aveva abbastanza chiaro che avrebbe dovuto fare ben altre pressioni per veder realizzato il suo desiderio, però a tormentargli l’anima erano, più che il dispiacere, le ultime parole di Miharu stesso. Parole che in realtà erano una preghiera…
”Non odiarmi”
ripeté, chiudendo gli occhi. Lo odiava?
No. Non avrebbe mai potuto odiare Miharu. Essere in disaccordo sì, ma odiarlo era tutta un’altra cosa. A dire la verità, lui lo adorava…era lì da poco, eppure nessuno gli era mai piaciuto tanto.
”Non ti odio”
sussurrò, stiracchiandosi e uscendo dal bagno. Iniziava ad aver fame, forse qualcosa da mangiare c’era ancora…
Si fermò quando sentì dei passi giungere dalla scala che portava in alto.
’Miharu?’
Non si mosse finché non lo vide spuntare nel corridoio. E tutto il suo essere si gelò.
Miharu aveva la testa bassa, non si era ancora accorto di lui. Ma ciò che era spaventosa era la sua condizione…era fradicio, zuppo d’acqua come mai aveva visto qualcuno, i vestiti lacerati in molti punti, una serie di scottature sulle braccia e sul viso, i capelli grondanti che gli si erano appiattiti sulla testa, ma soprattutto era coperto da impressionanti kanji neri che gli scorrevano sulla pelle.
Le sue condizioni erano spaventose, eppure camminava con leggerezza, come se venisse sostenuto da qualcuno…e prima che lui potesse dire qualcosa, Miharu si accorse della sua presenza.
”Yoi…te?”
Si fissarono in silenzio per qualche secondo, poi Yoite si avvicinò a lui, barcollando leggermente. Non c’erano dubbi, non potevano essercene. Quella era la manifestazione della Divinità, ciò che lui aveva sempre anelato, l’unica esistenza in grado di esaudire il suo desiderio…
”Miharu”
sussurrò in risposta, abbassandosi per poterlo guardare bene in viso. La sua pelle era solcata da quei kanji neri, ma più in superficie era l’acqua a segnarla. Rivoli scendevano dalla fronte lungo il volto, lungo il collo, per sparire poi nei vestiti…ma era solo acqua?
Yoite lo osservò meglio, leggermente preoccupato. Non riusciva a capire…c’era sì dell’acqua, ma anche…
’Lacrime?’
Stava piangendo? Miharu stava piangendo?
”Miharu?”
ripeté in ansia, mettendo da parte il proprio desiderio per un attimo. A vederlo da vicino, nonostante la luce fioca, capiva quanto non stesse bene. I kanji neri risaltavano ancor maggiormente sulla sua pelle pallida, e le labbra erano innaturalmente bianche.
”Miharu!”
tentò di chiamarlo, sebbene il ragazzino lo fissasse senza vederlo realmente. Sapeva che lui era lì, ma forse a livello conscio non riconosceva la sua presenza.
”Miharu!”
Yoite prese un fazzoletto da una tasca, e iniziò ad asciugargli il viso, senza paura di toccare quei segni che non accennavano a smettere di scorrere. Cosa poteva fare per lui, come poteva aiutarlo? Non per veder realizzato il suo desiderio, solo perché era Miharu.
”Non piangere, Miharu, non piangere!”
Non voleva vederlo piangere, non lui…
”Yoi…te”
”Sono qui…stai calmo, adesso chiamo Kazuho-san!”
Lei avrebbe saputo cosa fare. Ma Miharu lo fermò, bisbigliando leggero come una foglia che cadeva a terra:
”N-No…n-n-non…o-odiarmi…n-non odiarmi”
”Miharu…”
Ci stava ancora pensando? Ci aveva pensato per tutta la durata della tempesta?
”N-Non odiarmi…t-ti prego…”
Yoite lo afferrò per le spalle:
”Non accadrà mai! Io non ti odierò mai, Miharu, mai!”
E, udite quelle parole, sul viso di Miharu si fece largo un timido sorriso, che sembrò avere il potere di fermare le lacrime:
”Grazie”
sussurrò, prima di chiudere gli occhi e perdere i sensi, cadendo in avanti fra le braccia di Yoite, mentre i segni svanivano lentamente.
”Miharu!”
Yoite lo girò, tenendolo appoggiato contro di sé. Ascoltò il suo respiro. Era presente ma debole, ed la sua pelle era diventata ancora più bianca…cosa poteva fare, cosa?
Aveva solo una possibilità, qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua: urlare.
”K-Kazuho-san!!!”
Tutti, nella saletta, sussultarono.
”Yoite-kun!!!”
Kazuho fu la prima a uscire, seguita dal fratello e dagli altri. E tutti soffocarono un grido, quando compresero che il ragazzo non aveva gridato per se stesso, ma per Miharu che giaceva svenuto fra le sue braccia.
La donna si precipitò accanto a loro, prendendo Miharu per un polso e ascoltando il suo battito:
”Bisogna portarlo in infermeria, nii-san!”
Yukimi annuì, e si rivolse a Yoite:
”Lascialo pure, ci penso io”
e lo sollevò con facilità, seguendo poi la sorella in infermeria, con gli altri dietro.
”Voi state fuori! Siamo troppi qui dentro!”
Kazuho li fece uscire tutti e chiuse la porta scorrevole, rimanendo sola con il ferito.
”…Miharu”
sussurrò Yoite, fissando ad occhi spalancati la porta chiusa. Si sentiva dannatamente in colpa a lasciarlo solo…
”Non preoccuparti, Kazuho sa bene quello che fa”
Yukimi tentò di appoggiargli una mano su una spalla per cercare di rassicurarlo, ma Yoite si scostò:
”Non toccarmi…non toccarmi”
e scivolò a terra, contro la parete di fronte alla porta dell’infermeria.
”Non avrai intenzione di rimanere qua? Ti prenderai un accidente!”
Ma Yoite non gli rispose, e Yukimi non poté che sbraitare contro i mocciosi, ed andare a prendere una coperta:
”Ecco, vedi di coprirti bene, o farai aumentare il lavoro di Kazuho!”
”…sì”
’Almeno adesso qualcosa dice’
pensò lo shinobi con stanchezza, mentre Hanabusa spariva in cucina, e gli altri ciondolavano in giro senza saper bene cosa fare.
”Se solo avesse dato retta a me, tutto questo non sarebbe successo!”
”Professor Thobari, la prego…non ricominci”
Raimei rientrò nella saletta, seguita dal fratello e da Gau. A quanto pareva, anche in quell’oasi che sembrava felice c’erano dei problemi.
”Non preoccuparti, Yoite-kun. Andrà tutto bene”
Hanabusa si inginocchiò accanto a lui, e gli porse una scatola di o-bento.
”Quando hai fame mangia, va bene?”
Lui annuì, e lei sorrise soddisfatta:
”E quando sarai stanco di stare qui raggiungici di là, d’accordo?”
”…sì”
”Bene”
Lei sorrise ancora e si alzò, entrando nella stanza. Aveva il dono di rendere l’animo di chi le stava accanto più leggero, e di attenuare i problemi…Yoite la seguì con gli occhi. Era davvero una bella persona.
………
Yoite si destò dal leggero sonno in cui era caduto, quando avvertì la porta dell’infermeria aprirsi. Alzò gli occhi, incontrando quelli di Kazuho.
”Non dirmi che sei rimasto qui tutto questo tempo”
gli chiese la donna, inginocchiandosi vicino a lui. Yoite annuì, senza aggiungere nulla, e Kazuho scosse sconsolata il capo:
”Non ammalarti anche tu, per favore. Hai almeno mangiato?”
Il ragazzo non rispose nulla, e lei si trovò a sospirare ancora, dato che la scatola dell’o-bento sembrava intatta:
”Comunque Miharu-kun adesso sta dormendo, anche se…ha chiamato spesso il tuo nome, nel sonno”
Yoite alzò la testa di scatto, e la guardò:
”H-Ha chiamato…me?”
”Oh sì. Molte volte. Vuoi entrare?”
e accennò alla porta.
”Posso?”
”Ma certo”
Kazuho si alzò, e Yoite dopo di lei. Riaprì la porta, e lo condusse all’interno. La stanza era come se la ricordava, con molte poltrone contro una parete, vari letti allineati, di cui uno aveva le tende tirate a celare il suo occupante.
”Miharu”
La voce di Yoite ebbe un tremito, come la mano che scostò la tenda. Il ragazzo giaceva a letto, pallido come uno spettro, un ago nel braccio collegato ad una flebo, una mascherina per aiutarlo a respirare, e varie fasciature sul corpo.
”C-Come sta?”
Il cuore gli batteva nel petto, sembrava impazzire davanti al corpo martoriato di Miharu. Era così esile e fragile, e le ferite lo rendevano ancora più delicato.
Inclinando il capo, Kazuho si mordicchiò un labbro:
”Fisicamente nemmeno troppo male. Si riprenderà in tre o quattro giorni, e le ferite spariranno in una settimana al massimo, grazie alla mia arte medica. Ma quello che mi preoccupa di più è il suo animo…ha ripreso i sensi per qualche minuto, ma non lo avevo mai visto tanto abbattuto. Era triste come non mai, come se avesse un pugnale conficcato nel cuore, e non riuscisse a estrarlo”
”Miharu…”
”Non preoccuparti troppo, anche se è piuttosto gracile Miharu-kun è forte. Ha affrontato di peggio, quindi stai su di morale”
Chiudendo gli occhi, Yoite scivolò a terra. Anche se era forte, giaceva comunque a letto ferito, e lui aveva la netta sensazione che fosse in buona parte colpa sua. Quello che si erano detti prima che iniziasse quella tempesta, e anche il suo desiderio, dovevano averlo sconvolto non poco, e averlo reso instabile durante…durante qualsiasi cosa fosse esattamente successa là fuori.
’È colpa mia?’
Aveva causato altro dolore? Miharu non aveva realmente compreso quello che gli aveva detto poco prima? Sarebbe morto per colpa sua? Anche lì lo avrebbero chiamato mostro, o avrebbero preferito che lui fosse morto?
”M-Miharu…”
Si infilò le mani fra i capelli, e strinse talmente forte da graffiarsi la cute. Non poteva esser successo di nuovo, non doveva averlo fatto di nuovo, non poteva aver ucciso un’altra persona!
”Calmati, Yoite-kun!”
”Non toccarmi! Non toccarmi!!!”
Allontanò di scatto Kazuho che cercava di calmarlo, e si rifugiò in un angolo buio, tramando.
”Miharu…Miharu…”
”Miharu-kun sta bene, non ti devi preoccupare!”
Kazuho si morse le labbra, tentando di non cadere nel panico. Non sapeva come gestire la situazione, fin quel momento era stato Miharu ad avere davvero a che fare con lui…quel ragazzo era in preda a una crisi, fissava ad occhi spalancati il pavimento, tremava, sembrava sull’orlo della pazzia, stava diventando ingestibile, non aveva idea di come fermarlo…
’Nii-san, ho bisogno di aiuto!’
Ma non poteva lasciarlo da solo in quelle condizioni, nemmeno per chiedere aiuto, doveva farcela da sola.
”Yoite-kun calmati! Yoite-kun! Yoite-kun!”
”Yoi…te…”
Un sussurro sembrò richiamare Yoite in sé, molto più della voce colma di pena di Kazuho. Era stato Miharu a chiamarlo.
”Miharu!”
esclamarono gli altri due, correndo al letto. Il ragazzo era ancora sopito, doveva averlo chiamato di riflesso a Kazuho, o forse lo stava rincorrendo nei suoi sogni…
”Miharu…”
Yoite si morse una nocca, guardandolo riposare in un sonno agitato. Cosa poteva fare per lui, cosa?
”Yoite-kun…vorresti rimanere accanto a Miharu-kun, per questa notte?”
Lui la guardò:
”Posso?”
”Certo!”
esclamò Kazuho con un sorriso, stiracchiandosi. A quanto pareva, la risposta per far tornare Yoite in sé era semplice. Yoite aveva bisogno di Miharu, e Miharu di Yoite. Tutto qui.
”Volentieri”
sussurrò lui, accoccolandosi a terra, appoggiandosi appena contro il letto.
”No no no! Se ti metti così allora te lo scordi”
e lo tirò in piedi infischiandosene della sua avversione verso il contatto umano. Poi schioccò le dita, e una poltrona scivolò fino a loro, dispiegandosi in tutta la sua comodità. Infine vi spinse sopra Yoite.
”Ma…”
”Ascoltami bene, Yoite-kun. Non ho intenzione di farti ammalare di nuovo, quindi se ti trovo ancora per terra subirai la mia ira! Se vuoi rimanere con Miharu-kun, dovrai soddisfare tre condizioni!”
”Tre?”
Cosa poteva volere da lui?
”Esatto: numero uno, rimanere in poltrona. Numero due, stare ben caldo sotto questa”
e gli gettò addossò una coperta calda e morbidissima, anche se non come la sua sciarpa bianca…
”E tre, devi mangiare!”
Kazuho uscì in fretta e rientrò con l’o-bento:
”Hanabusa-san non l’ha fatto perché tu lo lasciassi lì, sai? Quindi vedi di mangiare, o non ti lascerò più stare qui dentro”
Yoite fissò gli oggetti delle tre condizioni, e annuì. La poltrona era quello che apprezzava meno, ma a quanto pareva non aveva una gran scelta…
”Farò come vuole lei”
”Bravo ragazzo! Allora ti affido Miharu-kun. Se hai bisogno di me, io dormo nella stanza subito dopo questa. Se succede qualcosa non aver timore di svegliarmi, soprattutto se Miharu-kun riprende i sensi”
”Sì”
”Allora ti auguro una buona nottata!”
Stiracchiandosi, Kazuho uscì dall’infermeria, chiedendosi come se la sarebbero cavata quei due.
’È bastato davvero poco per far riprendere a Yoite-kun il controllo…quindi immagino che Miharu-kun abbia una gran influenza su di lui. Non dovrebbero esserci problemi’
Sospirò, e andò ad aggiornare gli altri. La sua giornata non era ancora finita…

Yoite scosse i capelli asciutti, dando loro l’ultimo colpo di spazzola. Aveva ancora un po’ di tempo, Kazuho gli aveva intimato di non farsi vedere in infermeria per almeno un’ora. Lui aveva usato quel tempo per farsi una doccia, dato che praticamente era l’unica cosa che non poteva fare lì. Mangiava accoccolato nella poltrona dove dormiva, andava nel bagno dell’infermeria, e parlava con gli altri unicamente quando si recavano a trovare Miharu…praticamente viveva lì.
Sospirò. La donna lo aveva buttato fuori per poter visitare Miharu, e lui non aveva potuto che obbedire. Il ragazzo non aveva ancora ripreso conoscenza dalla sera prima, quando gli era svenuto fra le braccia, e non lo aveva nemmeno più chiamato nel sonno. La dottoressa gli aveva detto che sarebbe successo, però vederlo privo di sensi lo rendeva triste.
Appoggiò la mano sullo specchio, un freddo contatto con se stesso. Il suo corpo era diventato perfetto da quando Miharu aveva esaudito quello che diceva essere il suo desiderio, anche se non capiva bene come c’entrasse un corpo così con quella che doveva essere la preghiera del suo cuore.
Anche la sua deformazione era sparita, e in effetti quello lo faceva stare un po’ meglio, ma la differenza non era certo abissale.
’Cosa devo fare?’
Studiò il proprio riflesso. Hanabusa-san aveva ragione, era davvero magro. Lei e Yukimi avevano deciso di fargli metter su un po’ di ciccia, e la donna non faceva altro che farlo mangiare…lui non aveva mai provato dei cibi così deliziosi, cucinati con tanto amore, e non aveva idea di come ricambiare quelle gentilezze. Poteva far solo come lei si raccomandava, ovvero mangiare tutto ciò che gli metteva nelle ciotole, e quello sembrava renderla felice.
Si posò una mano sullo stomaco. Era bello avere la pancia piena di cose buone. Prima il massimo che poteva sperare era riso in bianco e un po’ di zuppa di miso…scosse la testa. Non doveva pensarci, non doveva farlo!
Si rivestì in fretta, e andò ad accoccolarsi davanti alla porta dell’infermeria. Era lì che stava quando Kazuho visitava Miharu…non voleva il contatto con gli altri. Erano troppi, e tutti assieme…lui non ce l’avrebbe mai fatta a sopportarlo. E, isolarsi per isolarsi, tanto valeva farlo lì.
”Ancora qui, Yoite?”
Annuì appena a Raikō, vestito di azzurro cielo, rosa e bianco. Nemmeno il vestito più strano che gli aveva visto addosso, ed era lì da poco. Gau lo seguiva scodinzolando come al solito…se Raikō gli avesse messo un guinzaglio, la scenetta sarebbe stata completa. Anche se spesso Gau sembrava un gatto iroso, sempre dietro a soffiare…poi passò Raimei con Kōichi, che lo salutarono con una mano. Non capiva bene il rapporto fra quei due. Lui sembrava piacerle, però c’era quella ragazza-gatto fra loro, che aveva con Kōichi un rapporto strano…non riusciva davvero a capire come stavano le cose.
”È inutile che ci tenti, è impossibile”
Yukimi si appoggiò al muro, e scivolò a terra tendendogli una tazza di limonata calda.
Yoite non disse nulla, e l’uomo accennò a Raimei e Kōichi:
”Quei due…nessuno ha mai capito come vadano le cose. E scommetto che nemmeno loro lo sanno bene”
”Hn. Nemmeno Miharu?”
Il biondo quasi si strozzò con la limonata:
”Chi, il mocciosetto demoniaco? Nnaaahhhh…quello è il più menefreghista di tutti”
’Miharu?!’
Non corrispondeva esattamente all’idea che si era fatto di lui, ma in fondo lo conosceva da così poco…
”Allora, Yoite, non ti annoi a fare la guardia al mocciosetto addormentato?”
”No”
”Che pazienza, non so proprio come fai!”
Yoite staccò gli occhi dalla tazza, e lo guardò:
”Yukimi…”
”Hn?”
”Miharu…è davvero la Divinità?”
”Ma certo che lo è!”
L’altro chiuse gli occhi:
”Volevo solo una conferma”
”Beh, sappi allora che Miharu è ciò che nel mondo reale viene chiamata Divinità, ma non è una definizione precisa. Lui appartiene al mondo di Nabari, ed è il possessore dello Shinrabanshō. È questa la verità”
”Shinrabanshō?”
”Esatto. L’arte segreta, la conoscenza di tutte le cose del creato, la saggezza…sono tutte sue definizioni”
Yoite si posizionò meglio, per poterlo guardare in faccia. Quella era una cosa interessante:
”Cos’è esattamente lo Shinrabanshō?”
Yukimi si grattò la testa:
”Per i particolari, devi chiedere a Miharu. Comunque è un’arte creata dai Cinque Grandi Villaggi Ninja, ovvero Fūma, Kōga, Banten, Togakushi e Iga. È in grado di controllare il mondo di Nabari ma anche la superficie, generandovi gravi squilibri, e comprende persino il potere della creazione. Per questo successivamente i cinque capi villaggio decisero di cancellarla dal mondo di Nabari, perché appunto troppo potente. Così le applicarono dei sigilli magici e la relegarono nel corpo di una persona, che poi uccisero, sperando di eliminarla. Ma l’arte segreta si ripresentò in un’altra persona, che venne uccisa ancora senza risultato. E la stessa cosa accadde con la terza in cui essa si manifestò”
”E poi?”
L’uomo scrollò le spalle:
”Non chiedermi come, ma Miharu ne è entrato in possesso. E noi siamo qui a parlarne”
Yoite inclinò la testa:
”Ma Miharu…tutto quello che fa…”
”Intendi questo posto, i desideri e tutto il resto?”
Yoite annuì, e Yukimi si concesse un sorso di limonata prima di riprendere:
”Sì. Fa tutto attivando lo Shinrabanshō”
”Lo Shinrabanshō…è quei kanji neri che gli scorrono sulla pelle?”
Yukimi sputò tutto, e quasi morì dalla tosse:
”Ma come fai a saperlo?!”
”…l’ho visto ieri sera, prima che svenisse”
”È venuto fin qua con lo Shinrabanshō attivato???!!!”
”Sì”
Cosa c’era di male? Perché si stava agitando così?
”Yoite, senti. Lo so che sei qui da poco e non sai come vanno le cose, e non so nemmeno cosa tu abbia deciso con Miharu, però dammi retta: non dirne nulla a quel professorino scapigliato, capito?”
”Kumohira sensei?”
”Proprio lui”
”Lui non vuole che Miharu lo utilizzi, giusto?”
Da quel poco che aveva capito, doveva esser così…e infatti Yukimi fischiò ammirato:
”Sei sveglio, ragazzino. Beh, è proprio così. Ma dato che io mi sono impegnato a non biasimare mai Miharu per le sue decisioni, non voglio che si creino casini. Capisci la situazione?”
”Se ne parlo scoppierà qualche grana?”
Era di quei litigi che Miharu parlava?
”Probabile”
Yoite chiuse gli occhi.
”Starò zitto. Non dirò nulla”
”Bene. Cioè, naturalmente con Miharu ne puoi parlare. Però fallo quando siete soli, capito?”
”Sì”
Non avrebbe aumentato le preoccupazioni di Miharu. Non voleva più vederlo con le spalle oppresse da un peso invisibile. Un peso che probabilmente si chiamava Shinrabanshō.

Fine parte VI


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