Il desiderio della Divinità
Parte VI
di Hymeko
Yoite
alzò gli occhi dalle ginocchia, guardando attraverso una
delle fessure che permettevano alla luce di entrare lì. Il
cielo era ancora una distesa in cui le nubi giocavano a rincorrersi,
ma la tempesta era finita, e anche i fulmini avevano cessato di cadere.
Tutto era tranquillo, l’ululato del vento si era trasformato in una
brezza leggera, la pioggia era diventata un allegro ticchettio, e
il sole del tramonto ogni tanto riusciva a far capolino fra gli squarci
delle nubi.
Con il cuore vuoto si alzò, uscendo dalla stanza senza dire
nulla. Non che avesse qualcosa da fare, ma non riusciva più a
sopportare le risa che provenivano dal tavolo. Stavano giocando a
un gioco di carte, e chi perdeva doveva fare una penitenza. Il più
sfortunato di tutti, fino a quel punto, era stato Gau, cui era toccato
persino fare tre giri attorno al tavolo saltellando su una mano sola,
seguito poi dal professor Kumohira, cui Yukimi aveva tagliato una
ciocca di capelli nonostante le sue implorazioni. Al contrario, i
fratelli Shimizu erano fra i più allegri, dato che a quanto
pareva quel gioco ricordava loro di quando avevano ancora una famiglia,
di quando giocavano con lo zio e il padre malato…
…ma tutta quella felicità a lui faceva dannatamente male, perché
non avrebbe mai potuto farne parte. Il concetto stesso di felicità
era qualcosa che lui non poteva comprendere, da cui era perennemente
escluso.
Si infilò in bagno, aprì un rubinetto e vi cacciò
sotto la testa. Stava male, stava talmente male da aver voglia di
vomitare, più li sentiva ridere, più aveva voglia di
perforarsi i timpani per non sentire nulla…
’Cancellami…Miharu…’
Se almeno avesse esaudito il suo desiderio, se almeno quella tortura
avesse avuto un termine…
’Cancellami’
Si sciacquò il viso, e si asciugò alla meno peggio prima
di specchiarsi. Non aveva idea di come definirsi, con quella pelle
bianca e gli occhi blu. Lui che come persona non esisteva nemmeno,
che era solo una maschera, che non aveva mai avuto un nome…perché
era stato trascinato in una situazione simile?
Sospirò, appoggiandosi al muro. Non aveva voglia di tornare
dagli altri, ma non poteva nemmeno rimanere lì troppo, o sarebbero
andati a cercarlo. Se almeno Miharu avesse esaudito il suo desiderio…
’Miharu’
Pensò a lui…chissà cosa stava facendo, e se era rimasto
al riparo durante la tempesta.
Si morse un dito, pensandoci bene. Miharu era corso su per la scala che
portava alla piattaforma dove la Divinità si manifestava, ma
quello era un luogo scoperto, senza protezioni.
’Non avrà preso tutta quell’acqua?’
pensò affacciandosi a una finestrella, osservando il mare
di nubi che si stendeva sotto di lui.
’Però lui è la Divinità, quindi dovrebbe essersi
protetto senza problemi’
Sospirò ancora, ripensando a come si erano lasciati. Erano
nel mezzo di un contrasto piuttosto pacato, ma pur sempre un contrasto.
Aveva abbastanza chiaro che avrebbe dovuto fare ben altre pressioni
per veder realizzato il suo desiderio, però a tormentargli
l’anima erano, più che il dispiacere, le ultime parole di Miharu
stesso. Parole che in realtà erano una preghiera…
”Non odiarmi”
ripeté, chiudendo gli occhi. Lo odiava?
No. Non avrebbe mai potuto odiare Miharu. Essere in disaccordo sì,
ma odiarlo era tutta un’altra cosa. A dire la verità, lui lo
adorava…era lì da poco, eppure nessuno gli era mai piaciuto
tanto.
”Non ti odio”
sussurrò, stiracchiandosi e uscendo dal bagno. Iniziava ad
aver fame, forse qualcosa da mangiare c’era ancora…
Si fermò quando sentì dei passi giungere dalla scala
che portava in alto.
’Miharu?’
Non si mosse finché non lo vide spuntare nel corridoio. E tutto
il suo essere si gelò.
Miharu aveva la testa bassa, non si era ancora accorto di lui. Ma
ciò che era spaventosa era la sua condizione…era fradicio,
zuppo d’acqua come mai aveva visto qualcuno, i vestiti lacerati in
molti punti, una serie di scottature sulle braccia e sul viso, i capelli
grondanti che gli si erano appiattiti sulla testa, ma soprattutto
era coperto da impressionanti kanji neri che gli scorrevano sulla
pelle.
Le sue condizioni erano spaventose, eppure camminava con leggerezza,
come se venisse sostenuto da qualcuno…e prima che lui potesse dire
qualcosa, Miharu si accorse della sua presenza.
”Yoi…te?”
Si fissarono in silenzio per qualche secondo, poi Yoite si avvicinò
a lui, barcollando leggermente. Non c’erano dubbi, non potevano essercene.
Quella era la manifestazione della Divinità, ciò che
lui aveva sempre anelato, l’unica esistenza in grado di esaudire il
suo desiderio…
”Miharu”
sussurrò in risposta, abbassandosi per poterlo guardare bene
in viso. La sua pelle era solcata da quei kanji neri, ma più
in superficie era l’acqua a segnarla. Rivoli scendevano dalla fronte
lungo il volto, lungo il collo, per sparire poi nei vestiti…ma era
solo acqua?
Yoite lo osservò meglio, leggermente preoccupato. Non riusciva a capire…c’era sì
dell’acqua, ma anche…
’Lacrime?’
Stava piangendo? Miharu stava piangendo?
”Miharu?”
ripeté in ansia, mettendo da parte il proprio
desiderio per un attimo. A vederlo da vicino, nonostante la luce fioca,
capiva quanto non stesse bene. I kanji neri risaltavano ancor maggiormente
sulla sua pelle pallida, e le labbra erano innaturalmente bianche.
”Miharu!”
tentò di chiamarlo, sebbene il ragazzino lo fissasse senza vederlo realmente. Sapeva che lui era lì, ma forse a
livello conscio non riconosceva la sua presenza.
”Miharu!”
Yoite prese un fazzoletto da una tasca, e iniziò ad asciugargli
il viso, senza paura di toccare quei segni che non accennavano
a smettere di scorrere. Cosa poteva fare per lui, come poteva aiutarlo?
Non per veder realizzato il suo desiderio, solo perché era Miharu.
”Non piangere, Miharu, non piangere!”
Non voleva vederlo piangere, non lui…
”Yoi…te”
”Sono qui…stai calmo, adesso chiamo Kazuho-san!”
Lei avrebbe saputo cosa fare. Ma Miharu lo fermò, bisbigliando leggero come una foglia che cadeva a terra:
”N-No…n-n-non…o-odiarmi…n-non odiarmi”
”Miharu…”
Ci stava ancora pensando? Ci aveva pensato per tutta la durata della
tempesta?
”N-Non odiarmi…t-ti prego…”
Yoite lo afferrò per le spalle:
”Non accadrà mai! Io non ti odierò mai, Miharu, mai!”
E, udite quelle parole, sul viso di Miharu si fece largo un timido
sorriso, che sembrò avere il potere di fermare le lacrime:
”Grazie”
sussurrò, prima di chiudere gli occhi e perdere i sensi, cadendo
in avanti fra le braccia di Yoite, mentre i segni svanivano lentamente.
”Miharu!”
Yoite lo girò, tenendolo appoggiato contro
di sé. Ascoltò il suo respiro. Era presente ma
debole, ed la sua pelle era diventata ancora più bianca…cosa
poteva fare, cosa?
Aveva solo una possibilità, qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua: urlare.
”K-Kazuho-san!!!”
Tutti, nella saletta, sussultarono.
”Yoite-kun!!!”
Kazuho fu la prima a uscire, seguita dal fratello e dagli altri. E
tutti soffocarono un grido, quando compresero che il ragazzo non aveva
gridato per se stesso, ma per Miharu che giaceva svenuto fra le sue
braccia.
La donna si precipitò accanto a loro, prendendo Miharu per
un polso e ascoltando il suo battito:
”Bisogna portarlo in infermeria, nii-san!”
Yukimi annuì, e si rivolse a Yoite:
”Lascialo pure, ci penso io”
e lo sollevò con facilità, seguendo poi la sorella in
infermeria, con gli altri dietro.
”Voi state fuori! Siamo troppi qui dentro!”
Kazuho li fece uscire tutti e chiuse la porta scorrevole, rimanendo
sola con il ferito.
”…Miharu”
sussurrò Yoite, fissando ad occhi spalancati la porta chiusa.
Si sentiva dannatamente in colpa a lasciarlo solo…
”Non preoccuparti, Kazuho sa bene quello che fa”
Yukimi tentò di appoggiargli una mano su una spalla per cercare
di rassicurarlo, ma Yoite si scostò:
”Non toccarmi…non toccarmi”
e scivolò a terra, contro la parete di fronte alla porta dell’infermeria.
”Non avrai intenzione di rimanere qua? Ti prenderai un accidente!”
Ma Yoite non gli rispose, e Yukimi non poté che sbraitare contro
i mocciosi, ed andare a prendere una coperta:
”Ecco, vedi di coprirti bene, o farai aumentare il lavoro di Kazuho!”
”…sì”
’Almeno adesso qualcosa dice’
pensò lo shinobi con stanchezza, mentre Hanabusa spariva in
cucina, e gli altri ciondolavano in giro senza saper bene cosa fare.
”Se solo avesse dato retta a me, tutto questo non sarebbe successo!”
”Professor Thobari, la prego…non ricominci”
Raimei rientrò nella saletta, seguita dal fratello e da Gau.
A quanto pareva, anche in quell’oasi che sembrava felice c’erano
dei problemi.
”Non preoccuparti, Yoite-kun. Andrà tutto bene”
Hanabusa si inginocchiò accanto a lui, e gli porse una scatola
di o-bento.
”Quando hai fame mangia, va bene?”
Lui annuì, e lei sorrise soddisfatta:
”E quando sarai stanco di stare qui raggiungici di là, d’accordo?”
”…sì”
”Bene”
Lei sorrise ancora e si alzò, entrando nella stanza. Aveva
il dono di rendere l’animo di chi le stava accanto più leggero,
e di attenuare i problemi…Yoite la seguì con gli occhi. Era
davvero una bella persona.
………
Yoite si destò dal leggero sonno in cui era caduto, quando
avvertì la porta dell’infermeria aprirsi. Alzò gli occhi,
incontrando quelli di Kazuho.
”Non dirmi che sei rimasto qui tutto questo tempo”
gli chiese la donna, inginocchiandosi vicino a lui. Yoite annuì,
senza aggiungere nulla, e Kazuho scosse sconsolata il capo:
”Non ammalarti anche tu, per favore. Hai almeno mangiato?”
Il ragazzo non rispose nulla, e lei si trovò a sospirare ancora,
dato che la scatola dell’o-bento sembrava intatta:
”Comunque Miharu-kun adesso sta dormendo, anche se…ha chiamato spesso
il tuo nome, nel sonno”
Yoite alzò la testa di scatto, e la guardò:
”H-Ha chiamato…me?”
”Oh sì. Molte volte. Vuoi entrare?”
e accennò alla porta.
”Posso?”
”Ma certo”
Kazuho si alzò, e Yoite dopo di lei. Riaprì la
porta, e lo condusse all’interno. La stanza era come se la ricordava,
con molte poltrone contro una parete, vari letti allineati, di cui
uno aveva le tende tirate a celare il suo occupante.
”Miharu”
La voce di Yoite ebbe un tremito, come la mano che scostò la
tenda. Il ragazzo giaceva a letto, pallido come uno spettro, un ago
nel braccio collegato ad una flebo, una mascherina per aiutarlo a
respirare, e varie fasciature sul corpo.
”C-Come sta?”
Il cuore gli batteva nel petto, sembrava impazzire davanti al corpo
martoriato di Miharu. Era così esile e fragile, e le ferite
lo rendevano ancora più delicato.
Inclinando il capo, Kazuho si mordicchiò un labbro:
”Fisicamente nemmeno troppo male. Si riprenderà in tre o quattro
giorni, e le ferite spariranno in una settimana al massimo, grazie
alla mia arte medica. Ma quello che mi preoccupa di più è
il suo animo…ha ripreso i sensi per qualche minuto, ma non lo avevo
mai visto tanto abbattuto. Era triste come non mai, come se avesse
un pugnale conficcato nel cuore, e non riuscisse a estrarlo”
”Miharu…”
”Non preoccuparti troppo, anche se è piuttosto gracile Miharu-kun
è forte. Ha affrontato di peggio, quindi stai su di morale”
Chiudendo gli occhi, Yoite scivolò a terra. Anche se era forte,
giaceva comunque a letto ferito, e lui aveva la netta sensazione che
fosse in buona parte colpa sua. Quello che si erano detti prima che
iniziasse quella tempesta, e anche il suo desiderio, dovevano averlo
sconvolto non poco, e averlo reso instabile durante…durante qualsiasi
cosa fosse esattamente successa là fuori.
’È colpa mia?’
Aveva causato altro dolore? Miharu non aveva realmente compreso quello che gli aveva detto poco prima? Sarebbe morto per colpa sua? Anche
lì lo avrebbero chiamato mostro, o avrebbero preferito che
lui fosse morto?
”M-Miharu…”
Si infilò le mani fra i capelli, e strinse talmente forte da
graffiarsi la cute. Non poteva esser successo di nuovo, non doveva
averlo fatto di nuovo, non poteva aver ucciso un’altra persona!
”Calmati, Yoite-kun!”
”Non toccarmi! Non toccarmi!!!”
Allontanò di scatto Kazuho che cercava di calmarlo, e si rifugiò
in un angolo buio, tramando.
”Miharu…Miharu…”
”Miharu-kun sta bene, non ti devi preoccupare!”
Kazuho si morse le labbra, tentando di non cadere nel panico. Non
sapeva come gestire la situazione, fin quel momento era stato Miharu
ad avere davvero a che fare con lui…quel ragazzo era in preda a una
crisi, fissava ad occhi spalancati il pavimento, tremava, sembrava
sull’orlo della pazzia, stava diventando ingestibile, non aveva idea
di come fermarlo…
’Nii-san, ho bisogno di aiuto!’
Ma non poteva lasciarlo da solo in quelle condizioni, nemmeno per
chiedere aiuto, doveva farcela da sola.
”Yoite-kun calmati! Yoite-kun! Yoite-kun!”
”Yoi…te…”
Un sussurro sembrò richiamare Yoite in sé, molto più
della voce colma di pena di Kazuho. Era stato Miharu a chiamarlo.
”Miharu!”
esclamarono gli altri due, correndo al letto. Il ragazzo era ancora
sopito, doveva averlo chiamato di riflesso a Kazuho, o forse lo stava
rincorrendo nei suoi sogni…
”Miharu…”
Yoite si morse una nocca, guardandolo riposare in un sonno agitato.
Cosa poteva fare per lui, cosa?
”Yoite-kun…vorresti rimanere accanto a Miharu-kun, per questa notte?”
Lui la guardò:
”Posso?”
”Certo!”
esclamò Kazuho con un sorriso, stiracchiandosi. A quanto pareva,
la risposta per far tornare Yoite in sé era semplice. Yoite
aveva bisogno di Miharu, e Miharu di Yoite. Tutto qui.
”Volentieri”
sussurrò lui, accoccolandosi a terra, appoggiandosi appena
contro il letto.
”No no no! Se ti metti così allora te lo scordi”
e lo tirò in piedi infischiandosene della sua avversione verso
il contatto umano. Poi schioccò le dita, e una poltrona scivolò
fino a loro, dispiegandosi in tutta la sua comodità. Infine
vi spinse sopra Yoite.
”Ma…”
”Ascoltami bene, Yoite-kun. Non ho intenzione di farti ammalare di nuovo,
quindi se ti trovo ancora per terra subirai la mia ira! Se vuoi rimanere
con Miharu-kun, dovrai soddisfare tre condizioni!”
”Tre?”
Cosa poteva volere da lui?
”Esatto: numero uno, rimanere in poltrona. Numero due, stare ben caldo
sotto questa”
e gli gettò addossò una coperta calda e morbidissima,
anche se non come la sua sciarpa bianca…
”E tre, devi mangiare!”
Kazuho uscì in fretta e rientrò con l’o-bento:
”Hanabusa-san non l’ha fatto perché tu lo lasciassi lì,
sai? Quindi vedi di mangiare, o non ti lascerò più stare
qui dentro”
Yoite fissò gli oggetti delle tre condizioni, e annuì.
La poltrona era quello che apprezzava meno, ma a quanto pareva non
aveva una gran scelta…
”Farò come vuole lei”
”Bravo ragazzo! Allora ti affido Miharu-kun. Se hai bisogno di me, io
dormo nella stanza subito dopo questa. Se succede qualcosa non aver
timore di svegliarmi, soprattutto se Miharu-kun riprende i sensi”
”Sì”
”Allora ti auguro una buona nottata!”
Stiracchiandosi, Kazuho uscì dall’infermeria, chiedendosi come
se la sarebbero cavata quei due.
’È bastato davvero poco per far riprendere a Yoite-kun il controllo…quindi
immagino che Miharu-kun abbia una gran influenza su di lui. Non dovrebbero
esserci problemi’
Sospirò, e andò ad aggiornare gli altri. La sua giornata
non era ancora finita…
Yoite
scosse i capelli asciutti, dando loro l’ultimo colpo di spazzola.
Aveva ancora un po’ di tempo, Kazuho gli aveva intimato di non farsi
vedere in infermeria per almeno un’ora. Lui aveva usato quel tempo
per farsi una doccia, dato che praticamente era l’unica cosa che non
poteva fare lì. Mangiava accoccolato nella poltrona dove dormiva,
andava nel bagno dell’infermeria, e parlava con gli altri unicamente
quando si recavano a trovare Miharu…praticamente viveva lì.
Sospirò. La donna lo aveva buttato fuori per poter visitare
Miharu, e lui non aveva potuto che obbedire. Il ragazzo non aveva
ancora ripreso conoscenza dalla sera prima, quando gli era svenuto
fra le braccia, e non lo aveva nemmeno più chiamato nel sonno.
La dottoressa gli aveva detto che sarebbe successo, però vederlo
privo di sensi lo rendeva triste.
Appoggiò la mano sullo specchio, un freddo contatto con se
stesso. Il suo corpo era diventato perfetto da quando Miharu aveva
esaudito quello che diceva essere il suo desiderio, anche se non capiva
bene come c’entrasse un corpo così con quella che doveva essere
la preghiera del suo cuore.
Anche la sua deformazione era sparita, e in effetti quello lo faceva
stare un po’ meglio, ma la differenza non era certo abissale.
’Cosa devo fare?’
Studiò il proprio riflesso. Hanabusa-san aveva ragione, era
davvero magro. Lei e Yukimi avevano deciso di fargli metter su un
po’ di ciccia, e la donna non faceva altro che farlo mangiare…lui
non aveva mai provato dei cibi così deliziosi, cucinati con
tanto amore, e non aveva idea di come ricambiare quelle gentilezze.
Poteva far solo come lei si raccomandava, ovvero mangiare tutto ciò
che gli metteva nelle ciotole, e quello sembrava renderla felice.
Si posò una mano sullo stomaco. Era bello avere la pancia piena
di cose buone. Prima il massimo che poteva sperare era riso in bianco
e un po’ di zuppa di miso…scosse la testa. Non doveva pensarci, non
doveva farlo!
Si rivestì in fretta, e andò ad accoccolarsi davanti
alla porta dell’infermeria. Era lì che stava quando Kazuho
visitava Miharu…non voleva il contatto con gli altri. Erano troppi,
e tutti assieme…lui non ce l’avrebbe mai fatta a sopportarlo. E, isolarsi
per isolarsi, tanto valeva farlo lì.
”Ancora qui, Yoite?”
Annuì appena a Raikō, vestito di azzurro cielo, rosa e bianco. Nemmeno
il vestito più strano che gli aveva visto addosso, ed era lì
da poco. Gau lo seguiva scodinzolando come al solito…se Raikō gli
avesse messo un guinzaglio, la scenetta sarebbe stata completa. Anche
se spesso Gau sembrava un gatto iroso, sempre dietro a soffiare…poi
passò Raimei con Kōichi, che lo salutarono con una mano. Non
capiva bene il rapporto fra quei due. Lui sembrava piacerle, però
c’era quella ragazza-gatto fra loro, che aveva con Kōichi un
rapporto strano…non riusciva davvero a capire come stavano
le cose.
”È inutile che ci tenti, è impossibile”
Yukimi si appoggiò al muro, e scivolò a terra tendendogli
una tazza di limonata calda.
Yoite non disse nulla, e l’uomo accennò a Raimei e Kōichi:
”Quei due…nessuno ha mai capito come vadano le cose. E scommetto che
nemmeno loro lo sanno bene”
”Hn. Nemmeno Miharu?”
Il biondo quasi si strozzò con la limonata:
”Chi, il mocciosetto demoniaco? Nnaaahhhh…quello è il più
menefreghista di tutti”
’Miharu?!’
Non corrispondeva esattamente all’idea che si era fatto di lui, ma
in fondo lo conosceva da così poco…
”Allora, Yoite, non ti annoi a fare la guardia al mocciosetto addormentato?”
”No”
”Che pazienza, non so proprio come fai!”
Yoite staccò gli occhi dalla tazza, e lo guardò:
”Yukimi…”
”Hn?”
”Miharu…è davvero la Divinità?”
”Ma certo che lo è!”
L’altro chiuse gli occhi:
”Volevo solo una conferma”
”Beh, sappi allora che Miharu è ciò che nel mondo reale
viene chiamata Divinità, ma non è una definizione precisa.
Lui appartiene al mondo di Nabari, ed è il possessore dello
Shinrabanshō. È questa la verità”
”Shinrabanshō?”
”Esatto. L’arte segreta, la conoscenza di tutte le cose del creato,
la saggezza…sono tutte sue definizioni”
Yoite si posizionò meglio, per poterlo guardare in faccia.
Quella era una cosa interessante:
”Cos’è esattamente lo Shinrabanshō?”
Yukimi si grattò la testa:
”Per i particolari, devi chiedere a Miharu. Comunque è un’arte
creata dai Cinque Grandi Villaggi Ninja, ovvero Fūma, Kōga, Banten,
Togakushi e Iga. È in grado di controllare il mondo di Nabari ma anche la superficie, generandovi gravi squilibri,
e comprende persino il potere della creazione. Per questo successivamente
i cinque capi villaggio decisero di cancellarla dal mondo di Nabari,
perché appunto troppo potente. Così le applicarono dei
sigilli magici e la relegarono nel corpo di una persona, che poi uccisero,
sperando di eliminarla. Ma l’arte segreta si ripresentò in
un’altra persona, che venne uccisa ancora senza risultato. E la stessa
cosa accadde con la terza in cui essa si manifestò”
”E poi?”
L’uomo scrollò le spalle:
”Non chiedermi come, ma Miharu ne è entrato in possesso. E
noi siamo qui a parlarne”
Yoite inclinò la testa:
”Ma Miharu…tutto quello che fa…”
”Intendi questo posto, i desideri e tutto il resto?”
Yoite annuì, e Yukimi si concesse un sorso di limonata prima
di riprendere:
”Sì. Fa tutto attivando lo Shinrabanshō”
”Lo Shinrabanshō…è quei kanji neri che gli scorrono sulla pelle?”
Yukimi sputò tutto, e quasi morì dalla tosse:
”Ma come fai a saperlo?!”
”…l’ho visto ieri sera, prima che svenisse”
”È venuto fin qua con lo Shinrabanshō attivato???!!!”
”Sì”
Cosa c’era di male? Perché si stava agitando così?
”Yoite, senti. Lo so che sei qui da poco e non sai come vanno le cose,
e non so nemmeno cosa tu abbia deciso con Miharu, però dammi
retta: non dirne nulla a quel professorino scapigliato, capito?”
”Kumohira sensei?”
”Proprio lui”
”Lui non vuole che Miharu lo utilizzi, giusto?”
Da quel poco che aveva capito, doveva esser così…e infatti
Yukimi fischiò ammirato:
”Sei sveglio, ragazzino. Beh, è proprio così. Ma dato
che io mi sono impegnato a non biasimare mai Miharu per le sue decisioni,
non voglio che si creino casini. Capisci la situazione?”
”Se ne parlo scoppierà qualche grana?”
Era di quei litigi che Miharu parlava?
”Probabile”
Yoite chiuse gli occhi.
”Starò zitto. Non dirò nulla”
”Bene. Cioè, naturalmente con Miharu ne puoi parlare. Però
fallo quando siete soli, capito?”
”Sì”
Non avrebbe aumentato le preoccupazioni di Miharu. Non voleva più
vederlo con le spalle oppresse da un peso invisibile. Un peso che
probabilmente si chiamava Shinrabanshō.
Fine parte VI
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