Il desiderio della Divinità
Parte IV
di Hymeko
Immobili
davanti agli intricati tunnel che si perdevano nell’oscurità,
Miharu attese che i loro occhi si adattassero alle tenebre, pensando
con calma a come spiegare al nuovo arrivato la verità, senza
scendere troppo nei dettagli. Non voleva ancora dirgli tutto, sebbene
dovesse fare qualche concessione…sospirò stancamente, la testa
colma di pensieri, poi si rivolse a Yoite:
”Tutte le persone che dimorano sulla cima del monte Sumeru sono strettamente
collegate alla Divinità, tramite ciò che ho chiamato
flusso. Non è una metafora astratta, è proprio come
se un rivolo dell’essenza della Divinità scivolasse lentamente
dentro di voi, per donare un po’ di…indipendenza, diciamo”
Yoite annuì in silenzio, anche se la cosa che l’aveva colpito
era l’uso del voi da parte di Miharu, e non del noi.
”Ci sono cose che la Divinità può tranquillamente delegare,
che non devono per forza essere sotto il suo controllo, come ad esempio
i cambiamenti nelle stanze che ognuno vuole fare. Se tu volessi una
stanza tutta verde acido a pallini rossi, ad esempio, sarebbero unicamente
affari tuoi, e starebbe unicamente a te occupartene. Parlando più
seriamente, Kazuho-san è in grado di fare le diagnosi semplicemente
imponendo le mani proprio grazie al flusso della Divinità che
giunge fino a lei. Questo perché anche prima di essere accettata
qui era un medico, ora semplicemente applica il flusso alle sue conoscenze,
per diagnosi più veloci ed accurate”
L’altro attese in silenzio, e Miharu continuò:
”Altre cose, come l’esistenza della terrazza, sono necessariamente
sotto la sua sorveglianza, perché troppo importanti per essere
affidate a terzi. Non che non ci sia fiducia, però…è
meglio che se ne occupi direttamente la Divinità”
”Ho capito”
”Bene. Poco fa ti ho detto che questa è l’unica via per giungere
al mondo senza usare uno dei passaggi creati dalla Divinità,
ricordi?”
”Sì”
”Il clan Shimizu si occupa della protezione del passaggio, ma loro
sono l’ultima barriera. Ti ho portato qui perché questo labirinto
è ciò che per primo tiene lontano chi non ha il permesso
di giungere lassù. Ma è anche una via sicura che usiamo
per spostarci verso il mondo…a dire la verità, solo io uso
quei passaggi d’argento. Spero che il buio non ti disturbi”
Yoite scosse il capo. A lui le tenebre piacevano, ma immaginava che
non fosse così per tutti.
”I percorsi che hai davanti sono parte del monte Sumeru, e quest’area
è ancora sotto l’influsso della Divinità. Ciò
che ti chiedo è di scegliere il cammino per giungere dall’altra
parte…solo chi è stato accettato è in grado di discernere
la via fra le infinite presenti”
”Giungere dall’altra parte?”
Miharu annuì:
”Voglio che guidi entrambi alla fine del labirinto, perché
è il modo migliore per iniziare a prendere confidenza col flusso”
”Ma come?”
L’altro si abbassò fino a essere alla sua altezza, e puntò
un dito contro il suo cuore:
”Scegli la via che ti piace di più. Amala. Il tuo cuore sarà
la tua guida. Usa gli occhi, ma solo come punto di contatto. Lascia
che ciò che vedi non si fermi ai tuoi occhi, ma che penetri
in te, si sciolga nel tuo animo. E scegli ciò che ti piace
di più”
”Quella sarà la via?”
”Sì”
Yoite fissò le tenebre. Gli piaceva tutto, quel luogo. In esso
poteva già sparire, senza attendere ancora.
’Però la possibilità di usare il flusso della Divinità…’
Faticava ad ammetterlo, eppure la cosa gli piaceva parecchio…con un
sospiro, avanzò fino al primo bivio, e fissò le due
strade. Poi guardò Miharu, che si limitò ad annuire
soddisfatto.
Yoite le guardò di nuovo, poi decise. Quella a destra saliva,
e in alcuni punti avrebbe potuto aprirsi al cielo. L’altra scendeva,
sprofondando nelle tenebre più buie.
’La scelta è facile’
Si incamminò nel tunnel in discesa, con Miharu al suo fianco.
………
Dopo un paio di leggere ore di cammino, il labirinto terminò,
e la natura li accolse nel suo abbraccio.
”Congratulazioni…”
Miharu batté le mani, mentre sbucavano in un enorme bosco di
bambù, abbastanza ombroso perché i loro occhi non risentissero
troppo del cambiamento di luminosità.
”…hai raggiunto il nostro piccolo boschetto privato. Ci sono un sacco
di germogli di bambù, qui”
Yoite annuì, guardandosi attorno. Quel posto gli piaceva davvero
molto:
”Già…non sono belli?”
”Yeah”
”Miharu, quanto possiamo stare qui?”
L’altro alzò le spalle:
”Tutto il tempo che vuoi”
Camminarono assieme, in silenzio, respirando l’aria fresca e profumata
di bambù. Quel luogo era davvero bello…era un rifugio perfetto.
”Rimaniamo, allora…si sta davvero bene”
Il sentiero lungo cui Miharu lo stava conducendo era appena visibile,
ma Yoite riusciva a scorgerlo chiaramente. O meglio, sceglieva accuratamente
le canne attraverso cui passare, camminando lungo un percorso che
solo impegnandosi con grande attenzione riusciva a percepire razionalmente.
Era come se dovesse servirsi della totalità dei suoi sensi,
non solo della vista. E gli sembrava che fosse il suo cuore a comandare,
non il cervello.
”Sediamoci”
sussurrò infine Miharu, accoccolandosi su un grosso masso piatto,
e invitando Yoite a fare altrettanto. Il ragazzino si arrampicò
al suo fianco, le gambe di entrambi che penzolavano a una ventina
o più di centimetri da terra.
”Sei stanco, Yoite?”
”…un po’. Non molto”
”Scusami…”
sussurrò Miharu, abbassando lo sguardo…
”…non avrei dovuto farti stancare tanto. Fermiamoci a riposare”
Ma Yoite scosse il capo:
”Non devi scusarti. È stato bello camminare fin qui”
”Già…magari potesse sempre essere così”
Yoite lo fissò. Miharu si era steso sul masso, i capelli scompigliati
dal leggero vento che soffiava tra le canne, la bocca socchiusa e
le palpebre abbassate. Aveva la stessa aria del giorno prima…incredibilmente
stanca.
”Qualcosa non va?”
Yoite sobbalzò, quando Miharu gli rivolse la parola. Doveva
aver avvertito che lo stava fissando…
’Che maleducato sono!’
”…io…”
”È tutto a posto…”
Miharu si rimise a sedere, e lo guardò con dolcezza:
”…non temere nulla. Andrà tutto bene, sei con me…sarò
il tuo sostegno, il tuo confidente, la tua forza. Per qualsiasi cosa
di cui avrai bisogno, io ci sarò”
”Io…a dir la verità, mi stavo chiedendo se non fossi tu ad
aver bisogno di riposo. Prima sembravi così stanco, come quando
sei andato a quella riunione…o come se avessi un peso che ti schiaccia
le spalle, e non puoi condividerlo con nessuno”
L’altro spalancò gli occhi, e Yoite si mordicchiò l’interno
del labbro. Aveva forse parlato troppo?
”…hai visto in me profondamente, più di quanto siano capaci
quelli che sono qui da più tempo”
Yoite non seppe come rispondere, perciò rimase in attesa di
altre sue parole:
”Ci sono cose che posso fare solo io, ma sono il peso minore, perché sono stato io a scegliere questa come mia strada.
Ciò che grava sul mio animo sono…gli intralci che sono posti
sul mio cammino…non solo dai nemici, anzi. Quelli sono scontati. Ciò
che non sopporto sono gli ostacoli messi dalle persone che dovrebbero
aiutarmi”
”Non capisco”
Miharu annuì:
”Ieri non sono stato completamente sincero con te. Non ti ho portato
alla riunione anche perché immaginavo che si sarebbe scatenato
un furioso litigio…cosa che puntualmente è avvenuta”
”Avete litigato?!”
esclamò Yoite, irrigidendosi. Chi poteva essere tanto folle
da voler litigare con Miharu?
”Già. Ma non potevo permettere che tu assistessi a quella scena”
Lo aveva protetto, Yoite lo realizzò di colpo. Miharu lo aveva
voluto proteggere…
”Grazie”
mormorò con tutto il cuore…e Miharu gli sorrise, il sorriso
più dolce e vero che avesse visto da quando era lì.
Un sorriso che però gli fece anche male…se lo confrontava con
ciò che aveva ricevuto prima di giungere in quel luogo, la
triste miseria del suo passato risaltava come una macchia di sangue
sulla neve fresca.
”…cosa accadrà ora?”
Yoite ripensò alle persone che aveva incontrato. Nessuna di
loro sembrava portare rancore verso Miharu, o questi gli aveva intimato
di non mostrarlo dinnanzi a lui?
’E Miharu ha tanta influenza?’
”Non temere, non ci sono rancori dove stiamo noi. Li ho assolutamente
vietati, o non ce la caveremmo più”
”Loro…ascoltano sempre ciò che dici?”
L’altro soppesò un attimo le parole da usare, poi le ali da
pipistrello gli spuntarono da dietro le spalle:
”Certo, se no li metto in punizione!”
”Ah? E funzionano?”
”Più o meno…”
Miharu saltò giù dal masso, e creò il passaggio
d’argento…
”…con Yukimi-san e Gau-kun sì, mentre il professore proprio
non ne vuole sapere…anche ieri mi ha urlato contro, in effetti”
”Eh?”
Quell’uomo aveva gridato contro Miharu? Ma come si era permesso? Yoite
strinse i denti…ma con che diritto lo aveva fatto…
’Che voglia di…di…’
Non lo sapeva bene nemmeno lui, ma di sicuro non lo avrebbe perdonato
per una cosa simile!
”So che sembra incredibile che una persona tanto gentile possa gridare”
”No…non è per quello. È solo che…non mi sembra corretto
che un adulto urli contro un ragazzino”
Miharu lo studiò, poi annuì piano:
”Non avercela con lui, è animato unicamente da buone intenzioni,
lo capisco. Anche se non sa stare al suo posto…per questo è
sempre in punizione. E poi, io sono molto più vecchio di lui”
Gli occhi di Yoite si sgranarono, talmente limpidi da sembrare irreali:
”Ma, se non sono indiscreto…quanti…”
”Quanti anni ho? Beh, io sono…qui dall’inizio dell’Epoca Asuka”
[periodo della storia giapponese dal 552 al 710. Lo Shinrabanshō è
stato creato nell’epoca Sengoku (1478-1605), ma per necessità
di trama ne ho anticipato la creazione; nd.Hymeko]
”Ma sono…”
”Più di millecinquecento anni, è un po’ che non faccio
il conto esatto”
Yoite saltò giù dal masso e gli controllò la
schiena: non c’erano ali nere o altro…
”Quindi è vero?”
”Oh, sì che lo è. E poi non potrei mai prendere in giro
te…di solito lo faccio solo col professore, un po’ per vendetta, un
po’ perché mi diverto tanto. Andiamo?”
L’altro annuì e lo seguì attraverso il passaggio, dando
un’ultima occhiata nostalgica al bosco di bambù.
Sbucarono in cucina, e Miharu prese dal frigo due macedonie fresche:
”So che ti piaceva quel luogo, ma ormai non potevamo rimanere là
ancora. Sarebbe stato pericoloso…non fa parte del monte Sumeru, quindi
chiunque avrebbe potuto vederci”
”Quindi eravamo sulla Terra?”
Yoite prese la sua macedonia, e andarono a sedersi contro la solita
colonna.
”Sì, ma in fondo anche qui lo siamo. Lì eravamo semplicemente
tornati nel mondo degli uomini”
”E dove esattamente?”
”Vicino Banten…un piccolo villaggio. Dove io sono nato”
”Oh”
Mangiarono in silenzio la macedonia, Yoite più velocemente,
mentre Miharu la piluccava piano, mangiandola tutta con molta calma,
alla fine bevendo persino il succo.
”Sono pieno”
sbottò infine, con un sospiro.
”…è solo macedonia”
gli fece notare l’altro, succhiando il cucchiaino.
”…già. Però per me era tanta..”
ridacchiò Miharu, chiudendo gli occhi. Lui che mangiava una
coppa di macedonia…fino a pochi giorni prima, avrebbe riso di una
simile sciocchezza.
”…è merito tuo, sai? Si sta davvero bene con te”
Yoite avvampò. Merito suo? Non poteva dire sul serio, lui che
era solo il guscio di una persona che non era mai esistita, lui che
era un pagliaccio che indossava una maschera, che aveva ricevuto un
nome solo la sera prima…perché gli diceva così? Perché seguitava a coprirlo di gentilezze? Non vedeva quanto gli faceva…male?
”T-Ti sbagli”
sussurrò voltando il viso, ma Miharu scosse la testa:
”No, non è come dici tu”
La loro conversazione venne interrotta dall’arrivo di Hanabusa:
”Eccovi qui. Avete fatto una bella passeggiata?”
Entrambi annuirono, e la donna sorrise, luminosa come il sole:
”Avete fatto anche merenda? Ottimo. Che programmi avete ora?”
Yoite alzò le spalle, ma Miharu rispose con dolce fermezza:
”Lo devo portare nella sala delle riunioni, a scegliere il suo posto”
Gli occhi di Hanabusa sembrarono illuminarsi:
”Ohhh…meraviglioso! Scegli un bello scranno, Yoite!”
”S-Sì”
A dir la verità non aveva capito bene cosa intendesse, ma la
risata leggera di Miharu significava che lui c’era riuscito, quindi
di certo glielo avrebbe spiegato. Anche se quelle parole, scegliere
il suo posto, lo avevano messo ancora più a disagio. Lui non aveva nessun
posto dove poter stare.
Salutata la donna, si infilarono in un altro dei tanti corridoi che
partivano dalla terrazza, e passarono su un sottile ponte a dorso
di mulo, coperto da un soffitto di legno bianco, sostenuto a sua volta
da colonnine affusolate avvolte da un fitto gelsomino fiorito.
”Eccoci”
Arrivarono in una piccola piattaforma rotonda, senza tavolo, in cui
si trovavano undici posti stranamente assortiti…erano posti tutti diversi.
C’erano dei cuscini, un tatami, delle sedie girevoli, un divanetto, una poltrona
e, cosa molto strana, una sedia con accanto un trespolo per uccelli
e una di quelle basse, grosse cucce per gatti a forma di cuscino.
Tutte poste in un cerchio perfetto.
Miharu si accoccolò su una delle sedie girevoli, e si rivolse
a Yoite:
”Questo è il mio posto. Alla mia destra ci sono Yukimi-san,
e Kazuho-san. Alla mia sinistra Kōichi, il professore e Hanabusa-san.
Poi tutti gli altri…vuoi che ti faccia uno schema?”
L’altro inclinò la testa:
”Io…cosa devo fare?”
”Scegliere dove sederti, fra chiunque tu desideri. Ovunque tu voglia,
su qualsiasi cosa tu desideri”
Yoite deglutì, e studiò i posti. Non gli piaceva, non
voleva unirsi a quel gruppo. Lui non era fatto per stare in gruppo,
ma per rimanere ai margini…non voleva stare lì.
’Ovunque io voglia’
Così gli aveva detto…si guardò intorno, alla ricerca disperata di un posto adatto a uno come lui…
”Allora…lì”
e indicò il punto più lontano dal cerchio.
Miharu seguì il suo dito, e rimase a bocca aperta. Perché
stava indicando quel punto?
’Che io sia stato un po’ troppo…precipitoso?’
Yoite non lo guardava nemmeno in viso, lacerato da chissà quali
pensieri…solo una cosa era certa. Aveva rifiutato la partecipazione
a quella tavola, e con essa anche Miharu stesso.
”Forse è meglio che ci pensi un altro po’”
mormorò Miharu, leggermente ferito. A lui Yoite piaceva molto,
ed era certo anche del contrario, allora perché era stato respinto
in quel modo? Si era immaginato, o meglio, aveva sperato, che Yoite scegliesse un posto
accanto al suo, invece…
”Sei arrabbiato?”
”Hn?”
Yoite lo stava osservando di sfuggita…lentamente le sue labbra ripeterono
la domanda:
”Ti ho fatto arrabbiare?”
Miharu rimase un attimo in silenzio. Temeva la sua rabbia? O ne aveva
timore in generale?
”…no. Sorpreso sì, ma non arrabbiato. Se hai scelto quel posto
avrai i tuoi buoni motivi. Ma io ho i miei per chiederti di pensarci
ancora…ma non preoccuparti. Né io, né gli altri ti forzeremo
mai a fare qualcosa che non vuoi. Quindi…se mi confermerai di volere
stare là, sarà come vorrai”
Yoite annuì, e iniziò lentamente a camminare attorno
ai posti, leggermente rinfrancato dalla risposta di Miharu. Non sapeva
se fosse davvero la verità, ma non doveva farsi schiacciare.
”Di chi è questo? È strano”
e indicò la cuccia per il gatto.
”È di Shijima, e quando la conoscerai saprai perché
è così”
”…e il trespolo?”
”Kōichi…e anche quello ha il suo senso”
Yoite chiuse gli occhi. Per quanto si sforzasse, per quanto Miharu
gli piacesse, non si sentiva parte di quel mondo. Era lì da
poco, vero, però…quello non era il suo posto.
Non c’era alcun posto per lui, al mondo.
’Non voglio stare qui…io voglio sparire’
”C’è qualcosa che…non va?”
mormorò Miharu, preoccupato. Aveva sopravvalutato se stesso
e gli altri, pensando che avrebbero potuto lenire in fretta suo dolore.
O aveva sottovalutato quest’ultimo, credendolo molto più leggero
di quanto fosse realmente?
”S-Sono solo ancora un po’ confuso”
rispose l’altro, molto blandamente.
”Va bene. Non hai nessuna fretta. Siamo qui tutti per te”
Yoite spalancò gli occhi, poi si girò, affacciandosi
a una delle colonnine che attorniava la piattaforma. Era un bel posto,
anche se fuori dalla logica umana.
C’erano il pavimento, quei posti per sedersi e le colonnine, a una
distanza di un paio di metri l’una dall’altra. Non c’erano parapetti
o protezioni, e sotto solo uno strapiombo di cui non riusciva a vedere
la fine. Ma, ne era certo, nessuno avrebbe mai potuto buttarsi da
lì. Miharu non l’avrebbe mai permesso…si girò e lo guardò.
Era come se a manovrare il tutto fosse proprio Miharu.
I due si studiarono. C’era una gran incertezza, sia da una parte che
dall’altra.
”Allora, non avete ancora finito?”
Hanabusa sfrecciò all’interno della sala, raggiungendo Miharu
e guardandosi attorno:
”Allora, dove ti siederai, Yoite?”
”Io…non lo so ancora”
mormorò il diretto interessato, abbassando il viso.
Ma la donna si limitò ad alzare le spalle:
”Capita spesso che non si riesca a decidere subito. Pensa che io all’inizio
volevo un posto nelle profondità della roccia!”
e terminò con una calda risata, sgorgata direttamente dal suo
cuore.
”Davvero?”
Lei ammiccò:
”Sì. Ero una paleontologa, laggiù sulla superficie.
Studiavo il passato, i fossili, che sono la memoria del pianeta. Ascoltavo
le loro voci, i frammenti di memoria che portano racchiusi in sé.
Mentre qui mi devo occupare di guerre fra shinobi, litigi, intrighi…all’inizio
è stato un vero tormento, sai?”
Miharu la fissò. Stava correndo in soccorso di Yoite? Lo aveva
visto così poco, e già aveva capito di cosa aveva bisogno?
Ci era riuscita razionalmente, o era l’istinto materno latente in
lei a suggerirle come comportarsi?
’E io…ho sbagliato tutto?’
Guardò Yoite, che non aveva occhi che per lei…e si sentì
di nuovo ferito. Perché non guardava lui, in quel modo?
’Stupido!’
pensò, saltando giù e stiracchiandosi.
”Hanabusa-san, ha bisogno di noi?”
Lei interruppe il suo discorso, e gli sorrise:
”Volevo sapere se avevate voglia di aiutarmi con la cena. Non so proprio
cosa fare, stasera!”
”La aiutiamo subito!”
Miharu era felice di poter stare con altre persone…non avrebbe saputo
come comportarsi altrimenti, con Yoite.
’Perché non riesco a togliermi dalla mente l’impressione di
non essere ancora riuscito minimamente ad aiutarlo?’
Yoite li seguì distrattamente, con l’impressione che qualcosa
fosse cambiato in Miharu. Fino a quel momento lo aveva sempre consultato,
prima di avere a che fare con altre persone. Invece in quel frangente…nulla.
Non lo aveva neppure sfiorato con gli occhi. Che si fosse rotto qualcosa,
fra loro?
’Va bene lo stesso’
Almeno avrebbe smesso di affezionarsi a Miharu. Se questi lo avesse
trattato freddamente, non avrebbe più avuto alcuna esitazione
a dire addio a tutti.
In fondo al corridoio, Miharu si accorse che Yoite era rimasto un
po’ indietro. Si fermò ad aspettarlo, e gli regalò il
suo vero viso, senza ombre di stanchezza o false smorfie. Era suo dovere sostenerlo, non allontanarlo…
………
Appena chiusa la porta, Yoite iniziò a soffocare i singhiozzi, sperando
che i muri, il volere della Divinità o qualsiasi cosa fosse
impedisse ai rumori di attraversare le pareti.
Senza nemmeno degnare di un’occhiata il letto, si rifugiò nell’angolo
più buio della stanza, rannicchiandosi a terra e continuando
a soffrire.
La cena era stata il più terribile degli inferni. Tutti erano
stati gentili con lui…tutti lo avevano trattato come se lui contasse
qualcosa.
Si strinse in se stesso, non tentando nemmeno di fermare l'ondata d dolore che lo stava soffocando.
”Non siate tanto gentili con me”
Il sorriso di quella donna, i suoi occhi colmi di vera gentilezza,
il suo profumo materno…i sorrisi, gli sguardi degli altri, le loro mani tese per aiutarlo, le braccia spalancate ad accoglierlo…
”Non siate tanto gentili con me…”
Strinse i pugni.
”Non c’è nulla che io possa darvi…non siate tanto gentili con
me…vi sto implorando”
Si chiuse nella sua solitudine, tentando di scacciare quei visi dolci
dalla sua mente, soffrendo sia mentre li vedeva vicini a sé,
sia mentre li sentiva sparire…
”Cancellami…ti prego, cancellami…”
sussurrò con tutta la forza rimasta al suo cuore grondante
di dolore…
Solo
nella sua stanza, Miharu sussultò. Si portò le mani
al viso, contratto di dolore, mentre le lacrime iniziavano a rigargli
il viso:
”Cancellarti? Come puoi chiedermi questo?
Eppure era il suo desiderio…cosa doveva fare?
Fine parte IV
quattro
capitoli per arrivare finalmente a questo punto…n.d.Hymeko Y-Y
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