La prima parte di questa fic prende spunto da un dj di Serie Shiraizumi su Yugi Oh, ovvero “Prinsess quest” vol. 2 (scritto proprio Prinsess…). In origine la fic doveva essere proprio su Yugi Oh, ma dato che ho in mente solo la parte iniziale e quella finale, e in mezzo il nulla, la modifico per Nabari no Ou, che almeno so come farla tutta. Ma prima o poi arriverà anche quella su Yugi Oh.
Ora, il 99% delle fic su Nabari no Ou che ho letto sono una più triste dell'altra, quindi lo dico subito: questa avrà un happy end come finale! Non voglio che venga il magone a nessuno!



Il desiderio della Divinità

Parte I

di Hymeko

Come faceva freddo, in quel santuario. Il fiato si condensava in nuvolette bianche appena sfuggiva dalle labbra, e la pelle era percorsa da sottili brividi. I due grossi bracieri accesi, posti ai lati della scalinata che conduceva all’altare, davanti a lui, scaldavano sì l’aria, ma questa saliva verso l’alto assieme al fumo, allontanandosi dal cerchio dorato nel cui centro era inginocchiato, in attesa della sua sorte. L’abito da cerimonia, in stoffa leggera e vaporosa, era fatto per essere bello, non per tener caldo. Le spalle scoperte e il petto risentivano maggiormente della temperatura…iniziava ad avvertire una specie di peso alla base della gola, nello sterno, e gli sembrava che i suoi occhi ogni tanto lo tradissero. O, forse, era semplicemente la febbre.
’Ma non ha importanza…’
Se la Divinità l’avesse accettato come sacrificio, e esaudito il suo desiderio, sarebbe stato libero…si sarebbe impegnato fino allo stremo per farcela.
Tossì, sperando di non macchiare di sangue l’abito prezioso. Se per caso avesse dovuto tornare indietro, l’abito sporco avrebbe scatenato le ire non solo della sua famiglia, ma di tutto il villaggio.
Istintivamente si passò una mano sul segno sul collo, la lunga cicatrice coperta da un foulard celeste. Se avesse fallito, forse la lama del coltello sarebbe riuscita a prendere la sua vita.
’N-Non è ciò che voglio’
pensò, desiderando ardentemente di vivere abbastanza da veder realizzato il suo desiderio. Non voleva morire, non voleva morire…
Sussultò, quando la tenda dietro l’altare si scostò. Immediatamente abbassò il capo, come gli era stato insegnato. Sentì il cuore accelerare i battiti…era arrivata, la Divinità era finalmente giunta! Strinse gli occhi…fra poco avrebbe saputo la verità.
’Accettami, ti prego. Esaudisci il mio desiderio’
Passi leggeri scesero le scale…qualcuno era giunto di fronte a lui…
”Ma…tu…”
Alzò di scatto il viso, quando avvertì la nuova presenza inginocchiarsi di fronte a lui, per permettergli di vederlo in viso. E rimase a bocca aperta.
’Un…ragazzino?’
Un ragazzino? Un ragazzino probabilmente più piccolo di lui? Vestito con una tuta? Ma era uno scherzo?
Si fissarono in silenzio.
’Che occhi enormi…e verdi’
si ritrovò a pensare dopo il primo attimo di sbigottimento.
”Perché sei qui?”
gli chiese il nuovo arrivato, studiando il suo aspetto.
”L-La cerimonia…”
balbettò in risposta…anche se pensava che toccasse a lui fare quella domanda.
”Un bambino?”
esclamò l’altro scandalizzato.
”N-Non sono un bambino…”
sussurrò in risposta, voltando il viso. Quel suo corpo deforme…come sempre, era colpa sua.
”Ma…quanti anni hai?”
”…sedici”
”…oh”
Si studiarono un attimo, in silenzio. Quel ragazzo apparso dal nulla sembrava più stupito di lui, che di rimando ancora non capiva cosa ci facesse lì. Era un inviato della Divinità, oppure si era intrufolato a rubacchiare qualcosa, o era solo in cerca di un riparo?
”Tu…chi sei?”
si azzardò a chiedergli, sperando che la Divinità non fosse arrabbiata.
”Io? Sono qui per la cerimonia”
”S-Sei un messaggero della Divinità?”
”Eh? Ah…sì…Miharu…io sono Miharu”
”Al vostro servizio!”
e chinò profondamente la testa.
”No no, non c’è bisogno di essere tanto servizievoli, anzi…alzati, non stare inginocchiato sul pavimento freddo”
Miharu gli tese una mano per aiutarlo, ma l’altro sembrò, o fece finta, di non vederla, e si alzò da solo. Il lungo abito da cerimonia, di pizzo e seta leggera, arrivava fino alla pietra. Era lo stesso modello per uomini e donne, un vestito riccamente intessuto su cui si avvolgeva una larga striscia di stoffa dorata, i cui capi si riunivano alla base della schiena in un imponente fiocco lucente.
’È persino più basso di me’
pensò, osservando quel ragazzo chiuso nel corpo di un bimbo.
”Posso sapere il tuo nome?”
gli chiese gentilmente, non sapendo come perforare il silenzio che s’era creato fra loro.
L’altro scosse il capo:
”Non è il mio”
”Scusa?”
”Ho un nome, ma non è davvero mio”
Miharu inclinò il capo:
”N-Non capisco…”
L’altro sembrò in imbarazzo…
”…è di una persona che non c’è. Ci sono io, ma non è il mio nome. È il suo”
e i suoi occhi, rimasti limpidi fin quel momento, si intristirono.
”D’accordo. In fondo, siamo qui solo noi due. Non abbiamo bisogno di nomi”
Il viso di porcellana si alzò per guardare il suo…erano ancora in un momento di impasse, entrambi indecisi su come comportarsi.
”Da quanto sei qui?”
gli chiese alla fine, guardandosi in giro. Faceva freddo, lo sentiva persino lui.
”Dal tramonto”
”Eh? Ma non hai freddo vestito così?”
Dal calar del sole erano passate almeno quattro ore.
”Sì”
gli rispose semplicemente, gli occhi di nuovo limpidi come una mattina d’inverno.
”Aspetta”
Miharu si tolse la felpa della tuta e cercò di posargliela sulle spalle, ma l’altro si ritrasse di scatto.
”Ah…mi spiace”
mormorò, senza tuttavia rilassare il corpo.
”Non ti piace esser toccato?”
L’altro scosse la testa.
”Allora tieni, mettila tu”
Con un sorriso, Miharu gli stava tendendo la felpa, stando a distanza. Lui spostò lo sguardo dall’indumento al ragazzo, e poi di nuovo all’indumento. Poteva davvero farlo?
”Posso davvero?”
”Ma certo!”
”Ma…”
C’era un dubbio che gli rodeva la testa…
”…la Divinità non si arrabbierà?”
”Perché dovrebbe?”
”Q-Questo è l’abito da cerimonia”
”E allora?”
”N-Non va alterato, sporcato, rovinato…è il volere della Divinità”
Miharu si grattò una guancia:
”E chi l’ha detto questo?”
Una mano minuta si tese a indicare una delle finestre, da cui si vedeva il villaggio, ma Miharu scosse il capo:
”Ascolta, credi nella Divinità, non nelle persone che pretendono di parlare in suo nome. Non è l’abbigliamento che conta, ma anima e cuore”
e sorrise dolcemente.
”A-Ah”
Lentamente, con cautela, il ragazzino si infilò la felpa che Miharu gli aveva dato. Era calda, e profumava di buono…delicatamente alzò la zip, fino in cima, immergendosi in quel calore. Sembrava che Miharu lo stesse abbracciando…
”Va meglio ora?”
L’altro annuì. Perché uno sconosciuto era così gentile con lui, quando nemmeno i suoi familiari lo erano mai stati?
”Uhm…dammi solo un attimo”
Miharu si guardò attorno, poi prese dei cuscini posti ai lati dell’altare, su cui di solito erano posti gli arredi sacri, e li posò sui gradini:
”Sediamoci per parlare un po’”
Attese che l’altro fu seduto comodamente, poi allungò una mano, e uno dei bracieri si spostò lentamente fino a giungere davanti a loro. Poi, incredibilmente, il lungo stelo iniziò ad abbassarsi sempre più, scomparendo in se stesso, fin quando non fu all’altezza perfetta per scaldarli entrambi.
”Ora va meglio, non trovi?”
Miharu sorrise all’espressione sbigottita di quel ragazzo. Ormai non doveva più aver dubbi su di lui, quindi forse si sarebbe lasciato andare un pochino.
”S-Sì”
”Dimmi, come mai sei qui? Questa cerimonia è riservata a dei volontari, no?”
L’altro fissò il fuoco e annuì:
”Io…ho sempre desiderato incontrare la Divinità, e implorarla di esaudire il mio desiderio”
”Capisco…anche se sono un po’ stupito. Non ho mai visto nessuno tanto giovane offrirsi”
La mano del ragazzino si spostò sulla parte del foulard che copriva il lato sinistro del collo, poco sopra la base:
”Io…”
e si zittì.
Con accondiscendenza, Miharu rispettò il suo silenzio. Vedeva che aveva un grande peso sul cuore, e un dolore acceso nell’anima, ma non voleva turbare ulteriormente i suoi occhi. Quando fosse stato pronto, si sarebbe confidato con lui. Oppure, in caso di necessità, lui stesso avrebbe gentilmente letto nel suo cuore.
”Non preoccuparti, in fondo non è necessario che tu mi dia spiegazioni. Però…vedo che ti stringi nella felpa. Hai ancora molto freddo?”
Un leggero assenso del suo capo fu l’unica risposta…Miharu si spostò in avanti per guardarlo meglio:
”Forse sono solo i riflessi del braciere, ma sei un po’ arrossato. Ti senti la febbre?”
”…ho sempre qualche linea”
”Ah…”
’Che sia la salute, il suo desiderio?’
”…vediamo un po’”
Lo lasciò solo davanti al braciere, e cercò qualcosa che potesse scaldarlo. Nelle offerte fatte al santuario c’era di tutto, quindi qualcosa adatto a lui…
”Ecco!”
Una bellissima sciarpa di lana, spessa e calda, giaceva con altre offerte in un cassetto ai piedi di una statua della Divinità. Era leggermente impolverata e ingiallita, ed emanava un lieve sentore di polvere, ma bastò che Miharu vi passasse sopra una mano perché tornasse a essere bianchissima e profumata.
”Per te”
gli mormorò, tendendogliela…l’altro la guardò incerto, come se non sapesse se accettarla o meno, poi la prese e se la arrotolò lentamente attorno al collo. Era morbida e calda, soffice contro la sua pelle, profumata di primavera…non aveva mai avuto nulla di tanto bello.
”Perché sei così gentile con un sacrificio?”
”Sacrificio? Sono stati gli abitanti del villaggio a dirti di esserlo?”
Ancora un semplice cenno d’assenso, e Miharu sbuffò risentito:
”Ascolta. Nessun essere umano dovrebbe mai esser associato alla parola sacrificio. Io di fronte a me non ho un sacrificio, ma un bellissimo dono. Tu sei un dono”
”U-Un dono?”
Lo era davvero? Un essere deforme come lui, un dio della morte che aveva portato via la propria madre…un dono?
”Sì. Qualsiasi cosa ti abbiano mai detto, tu sei un dono prezioso”
”Prez…coff coff coff”
Improvvisamente il ragazzo si piegò in avanti, colpito da un violento accesso di tosse. Miharu sussultò, quando fra le sue dita vide colare del sangue:
”Ehi! È tutto a posto? Stai bene?”
”S-Sì. Ogni tanto mi capita. Non è nulla, passa subito”
Le sue mani erano macchiate di rosso…i pochi dubbi di Miharu svanirono in un istante. Doveva subito portarlo da Kazuho.
”Rimani qui al caldo, vado a dare istruzioni”
e corse su per gli scalini, fino alla tenda da cui era arrivato. Dietro, un ragazzo era in attesa:
”Allora?”
”Kōichi, torna su, e dì di preparare una stanza, grande ma non troppo, per un nuovo arrivato. Dì anche a Kazuho-san di tenersi pronta. Arriveremo fra poco. Ah, che nessuno salti fuori a dire che la Divinità sono io, capito?”
Kōichi annuì, si trasformò in civetta e volò via. Se Miharu aveva tutta quella fretta, doveva essere davvero una cosa importante.
’Bene’
Miharu tornò indietro, e prese una bacinella d’argento e una brocca di cristallo, stretta e slanciata. Attinse alla sacra fonte della Divinità, poi tornò a sedersi sui gradini, e pose una mano sopra l’apertura della brocca. In pochi attimi, l’acqua lì racchiusa fu calda.
”Avanti, sciacquati le mani”
L’altro passò lo sguardo dalla brocca a Miharu, poi mise meccanicamente le mani nella bacinella. Dalla brocca scese uno zampillo di liquido caldo, che lavò via il sangue dalle sue mani, tingendosi di rosso chiaro.
Quella era l’acqua della Divinità, la più sacra della regione, e lui…la stava usando per lavarsi le mani.
’…chissà cosa direbbero se lo sapessero’
Il pensiero corse alla sua famiglia…lo avevano sempre detestato in quanto essere deforme e impuro, portatore di morte. Ma lui era lì con un messaggero della Divinità, seduto sui cuscini della Divinità, a lavarsi le mani con la sua acqua sacra…un dubbio nacque nella sua mente:
’…forse io…non sono poi tanto…disgustoso?’
La bacinella era colma, calda…il ragazzino vi lasciò immerse le mani qualche attimo, mentre Miharu andava a prendere un fazzoletto da uno dei corredi sacri:
”Ecco, asciugati con questo”
L’altro non si stupì nemmeno più…si asciugò con calma, poi ripiegò con cura la stoffa, in attesa delle istruzioni di Miharu.
”Sei pronto ad andare?”
gli chiese questi.
Una luce sbocciò nel cuore del ragazzo:
”Vuoi dire che la Divinità mi ha accettato?”
”Ma certo…andiamo ora, la tua nuova casa ti aspetta”
Miharu sorrise quando il ragazzino gli permise di posargli una mano sulla spalla, e lo accompagnò fino alla tenda. Dietro, dove prima c’era una parete di pietra, era comparso un arco, colmato da una superficie d’argento, una pellicola sottile ma opaca, che non permetteva di vedere oltre…con il cuore che batteva forte, il ragazzino si lasciò accompagnare attraverso quel velo divino.
Sbatté gli occhi. Erano già passati dall’altra parte. E davanti a loro si stendeva una vastissima terrazza bianca, circondata da colonne altissime che sostenevano le nervature di una serie di volte a crociera. Ma le vele non c’erano…la terrazza si apriva direttamente sul cielo. Dietro alle nervature dorate, nubi di tempesta e fulmini si rincorrevano senza sosta. Ma nonostante la terrazza fosse aperta, non c’era un filo di vento, né si sentiva alcun rumore.
”M-Ma…”
”Non preoccuparti, il potere della Divinità protegge questo luogo. Tutto è a nostra discrezione, possiamo vedere o non vedere ciò che vogliamo”
Miharu fece un gesto della mano, e mura e soffitto apparvero. Poi ne fece un altro, e tutto scomparve, lasciandoli galleggiare nella tempesta.
”Ah!”
Il ragazzino s’aggrappò a Miharu, che lo guardò un attimo stupito. Poi fece tornare la terrazza all’aspetto originario, e si inchinò:
”Scusami, non avrei dovuto farlo senza avvertirti. Non volevo spaventarti”
L’altro si staccò, leggermente arrossito, e mormorò:
”N-Non è nulla”
”Oh, c’è Kazuho-san. Vieni”
Una giovane molto snella, con corti capelli biondi e gli occhiali, si avvicinò a loro:
”Bentornato Miharu! E benvenuto a te, piccolo”
”Grazie, Kazuho-san”
”Buonasera”
rispose il ragazzino, senza aggiungere altro.
”Non preoccuparti…”
disse Miharu, avvicinandosi a lui.
”…lei è…come me, aiuta la Divinità. È una dottoressa, praticamente, e ora darà un’occhiata anche a te”
A nessuno dei due sfuggì il sussulto del ragazzino, che si allontanò di qualche passo e si strinse le braccia attorno al petto.
”Non preoccuparti, non dovrò toccarti. Mi basterà porre le mie mani a circa un palmo da te. Comunque, non lo farò adesso. Prima devi metterti qualcosa di più caldo addosso. Seguitemi”
La ragazza si mosse per prima, seguita da Miharu e dal ragazzino molto riluttante. Se quella donna avesse scoperto lo stato del suo corpo deforme, che sarebbe accaduto? Lo avrebbero accettato? O, come accaduto in passato, li avrebbe disgustati?
’Non voglio che accada ancora. Miharu è stato…gentile, con me’
Forse avrebbero potuto usare i loro poteri per donargli la normalità…
’Ma in fondo non ha importanza, anzi…se lo sapessero, la cosa potrebbe contribuire a realizzare il mio desiderio’
Camminarono in un lungo corridoio d’aspetto simile alla terrazza, fino a giungere in una sala rotonda su cui davano diverse porte di legno lavorato, ognuna con una gemma sulla maniglia. Quasi tutte erano blu, solo una pietra era bianca.
”Ecco, siamo arrivati. Questa è la tua stanza”
Kazuho aprì la porta con la gemma bianca, e i tre entrarono in una grossa stanza, con un letto a una piazza e mezza sulla sinistra, una libreria con una scrivania di fronte e un angolo con un divano angolare, due poltrone e una tv al plasma. Sulla parete opposta a quella d’ingresso c’era un’enorme vetrata che dava sulla notte in tempesta. La tenda blu, aperta, permetteva alla luce dei fulmini di mischiarsi a quella delle luci sulle pareti.
”Questa sarà la tua stanza. Lì c’è il bagno…”
e indicò una porta vicino alla vetrata…
”…mentre qui c’è l’armadio”
e additò una porta scorrevole.
Miharu annuì soddisfatto:
”Bene. Nella cabina armadio troverai dei pigiami della tua taglia. Scegline uno e mettiti a letto, noi torniamo subito con qualcosa da mangiare e le medicine. Quel vestito da cerimonia buttalo pure in uno dei cesti che troverai lì dentro”
Il ragazzino lo guardò:
”Sì”
rispose. Aveva bisogno di lui per veder realizzato il suo desiderio, non lo avrebbe deluso.
Dopo che furono usciti, entrò nell’armadio.
”Wow”
Era enorme, quanto un negozio.
’Ma quanto spazio c’è, qui?’
pensò, passando una mano su una serie di camicie. Era pieno di vestiti, a occhio tutti perfetti per lui. Ed erano belli, molto più belli di qualsiasi cosa lui avesse mai posseduto. Tutti per lui.
’Sono davvero in un luogo divino’
pensò, trovando infine i pigiami. Erano morbidi e caldi, e profumavano di buono. Molti erano di cotone flanellato, dalle fantasie più varie. Lui ne scelse uno con la felpa celeste e i pantaloni bianchi, si spogliò, lo indossò e si guardò allo specchio.
La cicatrice sul suo collo era l’unica cosa che vedeva. Senza pensarci si riavvolse la sciarpa attorno al collo, e andò a letto. Le lenzuola erano semplici, bianche e senza decorazioni, coperte da uno spesso piumone color malva. Il suo cuore gli suggeriva di andare ad accoccolarsi nell'angolo più riparato della stanza, ma era certo che né Miharu né Kazuho avrebbero gradito.
Con un tempismo quasi sovrannaturale, qualcuno bussò alla porta.
”Avanti”
disse il ragazzino, sentendosi un po’ sciocco, dato che era lì sì e no da dieci minuti.
”Siamo tornati!!!”
esclamò Kazuho tutta allegra, spingendo un carrello pieno di medicine.
Vedendo il suo sguardo indugiare sui flaconi, lei rise:
”Non preoccuparti, non sono certo tutte per te. Semplicemente, ho preferito andare sul sicuro. Ora stai fermo”
Prima che lui potesse far qualcosa, lei aveva già allungato le mani fin quasi a toccarlo, e l’aveva riempito di calore.
”Oh”
Il calore fluì nel suo corpo per qualche attimo, per poi svanire senza lasciare traccia.
Kazuho sorrise, e iniziò a cercare le medicine adatte. Cosa doveva fare? Quel bimbo…il suo corpo…
”Tutto a posto?”
chiese Miharu, arrivando con in mano un vassoio colmo di cibo.
”Sì. Ha qualche linea di febbre e una brutta bronchite, ma un paio di giorni di riposo e questa lo faranno star meglio di quanto sia mai stato”
e posò sul comodino un flaconcino contenente un liquido ambrato.
”Un cucchiaio dopo ogni pasto, tre volte al giorno. E ti sentirai un altro”
”Penserò io a fargliela prendere”
mormorò Miharu, posando il vassoio sulle sue gambe e schioccando le dita per far spostare una poltrona fino al bordo del letto.
”D’accordo, allora mi fido. Buonanotte”
”Buonanotte”
risposero i due in coro, rimanendo infine soli nella stanza.
Il ragazzino studiò il cibo che aveva in grembo: c’era di tutto. Zuppa di miso, un omuraisu, maiale allo zenzero, una ciotola di riso, tè verde caldo, e una macedonia caramellata con una pallina di gelato.
”Forza, che aspetti a mangiare? Si raffredderà”
”T-Tutto?”
Miharu alzò le spalle:
”Quello che riesci. Ma vorrei che ti riempissi per bene lo stomaco”
Gli occhi azzurri passarono dal vassoio a Miharu:
”Ma…tu?”
Non gli andava di mangiare mentre l’altro gli guardava addosso…nemmeno fosse il suo cane da guardia!
”Grazie per il pensiero gentile, ma ho mangiato prima di scendere nel santuario. Adesso forza, mangia”
”Buon appetito allora”
e mischiò la zuppa di miso.
………
”Molto, molto bene!”
Miharu annuì soddisfatto dopo che il ragazzo ebbe buttato giù un cucchiaio di sciroppo.
”Sono davvero pieno…ma non mi sento pesante”
”Ne sono felice”
”Posso alzarmi? Vorrei lavarmi i denti”
”Certo, io intanto porto via il vassoio”
Miharu uscì e appoggiò il vassoio su un mobile, certo che qualcuno l’avrebbe portato via, e quando tornò nella stanza l’altro non era ancora uscito dal bagno.
Si appoggiò alla finestra, incerto sul da farsi. Come doveva comportarsi con lui, ora? Kazuho aveva di certo trovato qualcosa di strano, o non si sarebbe irrigidita in quel modo.
’Che sia qualcosa di grave?’
Ma non poteva certo chiederglielo direttamente. E poi, c’era anche la questione del suo desiderio.
’Chissà cosa mi chiederà’
C’era un solo modo per saperlo. Aspettare.

Fine parte I


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