Il cuore e il pallone parte VI di Releuse
Il soffitto era completamente bianco.
Non facevo che fissarlo. Disteso sul letto con i primi raggi del sole che filtravano dalla finestra non sapevo più da quanto tempo ero concentrato in quel modo. La sera, prima di addormentarmi stavo guardando sempre il soffitto e lo stesso anche appena sveglio.
Ma avevo davvero dormito? Non m’importava.
Tutte le mattine mi svegliavo così, con lo sguardo perso verso il vuoto, incapace di muovere un muscolo. Come una bambola priva di vita. Erano passate quasi tre settimane da quando avevo messo piede in casa dopo la vacanza. I miei mi trovavano peggiorato, ma non osavano chiedermi nulla. L'unica volta che ci avevano provato ho avuto uno scatto di nervi e mia madre si è pure messa a piangere.
Ero andato alla pensione per chiarirmi le idee e tornavo più confuso di prima. Purtroppo non era più il calcio a darmi pensieri, ma quello...quello stupido. Mi stava distruggendo!
Al diavolo, Jun Misugi!
Andarsene così, senza dirmi niente!
“Sei proprio un fuori di testa. Potevi almeno esprimerti se c'era qualcosa che non andava”
Era una frase che pensavo tutte le mattine, e in fondo conoscevo la verità. Lo avevo capito quella volta che si corresse nell’affermare che era pazzo...mi ero spaventato per le sue parole. Il timore di affrontare il discorso mi aveva fatto parlare così, però lui poteva dire qualcosa invece di mollarmi in quel modo!
Ero pieno di rabbia e d’amarezza.
“Misugi...” Tremavo a solo nominarlo.
I ricordi di quei giorni si mescolavano alla solitudine del mio rientro. Facendomi terribilmente male.
Il cuore mi batteva forte, sentivo caldo, un formicolio che pervadeva l'inguine. Pensavo al corpo di Jun, al suo calore, alla passione che ci aveva travolto; e intanto la mia mano cominciava a vagare sempre più in basso a cercare un piacere che solo il suo pensiero riusciva ormai a provocare. Desideravo avere Jun vicino a me, poterlo toccare, baciare. Volevo vederlo ancora una volta ridere. Era così bello, quando rideva...
“Ken-chan!” Mia madre improvvisamente mi chiamò dalle scale.
Fu come svegliarsi d'improvviso sotto una doccia gelata.
“Cosa c’è?” Chiesi scocciato.
La voce di mia madre era timida e impacciata, sapeva che sarebbe bastato poco per farmi innervosire.
“Em…hai visite…” Disse con un filo di voce. Nella mia testa si mescolarono Improvvisamente mille pensieri ed emozioni.
“Non è possibile…!” Scattai dal letto precipitandomi alla porta.
Fu grande la mia sorpresa e, contemporaneamente la mia delusione, nel trovarmi a faccia a faccia con Hyuga. Mi fissava con occhi severi senza dire nulla. Io ero ammutolito. Non mi aspettavo di trovarmi davanti proprio lui.
In realtà speravo ci fosse Misugi. Ma in fondo non credo che lui sapesse dove abitavo.
“Em, ciao Wakashimazu! Come va?” Una voce squillante ruppe quegli istanti di silenzio. Solo in quel momento mi accorsi che c’era anche Takeshi di fianco al capitano.
Mi rilassai. Il fatto che ci fosse Takeshi mi sollevava, non me la sentivo di affrontare Hyuga da solo: tirava aria di tempesta. Il nostro capitano mi guardava con fare minaccioso, e io evitavo lo sguardo.
“Mamma, noi rimaniamo qua.” Cercai di sorridere a mia madre e lei parve rincuorarsi. “Va bene. Allora vi preparo il tè.”E si allontanò.
Feci entrare i miei amici in camera porgendo loro due sedie per accomodarsi. Il silenzio che invase la stanza era raggelante. Dominava un timore misto ad imbarazzo e nessuno osava dire la prima parola. Io ero particolarmente nervoso e non riuscivo a stare fermo, mentre i miei due amici erano già seduti da un bel pezzo. Mi resi conto che la stanza era in leggera penombra appena vidi che la finestra aveva una persiana chiusa. Mi precipitai ad aprirla.
“Eh, scusate ragazzi! È che ero disteso…” Non sapevo che diavolo dire, ero proprio agitato; sentivo il mio cuore battere troppo velocemente, carico d’ansia. “Non cambiare discorso, Ken Wakashimazu!” Il suono secco e diretto della voce di Hyuga mi fece rabbrividire, ma me lo aspettavo.
Mi fermai alla finestra e, dando le spalle ai miei compagni, continuai a guardare fuori.
“Che dici Hyuga? Io non sto cambiando discorso. Non mi stavi dicendo proprio nulla…” Ero calmo. “Che cosa?” Hyuga balzò in piedi carico di nervi, ma Takeshi fu più veloce di lui e lo bloccò prima che potesse venirmi addosso e mollarmi un bel pugno. “Calmati, capitano!” Fece Takeshi ponendosi fra me e lui.
Sentivo che Hyuga si stava calmando, ma rimasi a fissare fuori la finestra. Filtrava una luce intensa che mi abbagliava.
“Dimmi Ken. Hai intenzione di abbandonare il calcio?” La domanda di Hyuga non mi sorprese.
Mi stupì invece il suo tono quasi rassegnato. Dopodiché sospirò.
“Siamo preoccupati per te. Non ti sei più fatto vivo.” Aggiunse timidamente Takeshi. “Ma quale preoccupati!” Come al solito Hyuga negava ogni sentimentalismo. “C' è la partita con la Francia. É un'amichevole, è vero. Ma non dobbiamo perdere! Genzo è in Germania ed è infortunato. Hai intenzione di lasciare la porta a Morisaki? Bella figura ci facciamo.”
Continuò il capitano. Sapevo che era preoccupato. Ma non l'avrebbe mai ammesso. La cosa mi faceva piacere, tuttosommato.
Mi voltai verso di loro con un grande sorriso.
“Ah, poveracci. Siete messi male, eh? Senza la mia presenza non potete fare nulla!Mi sa che c'è bisogno di me!” Risi con sicurezza. I miei amici vedendomi così accennarono un sorriso soddisfatto.
Mi buttai sul letto a pancia in su e mani dietro la nuca.
“Non voglio rinunciare al calcio” Dissi con decisione.
Era la verità.
“Ho solo avuto un periodo di disordine e incertezze. Ma poi ho capito che non posso abbandonare il calcio!”
Continuavo a guardare il soffitto: era così candido, come la sua pelle. Jun era nuovamente nei miei pensieri e mi si strinse il cuore. Era stato lui ad incoraggiarmi, a farmi tornare la voglia di giocare. Ora lo sapevo. Volevo giocare a calcio. Ma il mio tormento era un altro. Volevo...
“Allora torna a giocare! La squadra ti aspetta!” I miei pensieri furono interrotti dalla voce squillante e contenta di Takeshi. “Guarda che la nazionale è stata convocata. Domani dobbiamo partire per il ritiro. Così iniziamo ad allenarci...” Fece Hyuga con l'aria di chi non vedeva l'ora di dimostrare il proprio valore sul campo. “Infatti! E poi anche gli altri erano preoccupati per te! Ozora in primis” Rise Takeshi. “E poi devi dimostrare a Misugi che puoi parare benissimo i suoi tiri!” Disse il capitano ironico.
“Misugi?”
Il suono di quel nome sibilò nell'aria e attraversò la mia mente fulmineo, facendomi rabbrividire al solo pensiero. Il cuore prese a battere intensamente Come un lampo mi alzai per sedermi sul letto.
“Cosa? Misugi? C'è anche Misugi?” Dovevo sembrare sconvolto. Li guardai entrambi con l'ansia di chi vuole sentire solo un nome.
Jun Misugi.
Hyuga e Takeshi mi fissarono un po' perplessi per quella reazione.
“Eh eh...ce l'hai con lui perchè ti ha fatto quei goal? Dai, lascia stare.” Sorrise Takeshi convinto di aver centrato il punto. “Eh, lo so.” Annuì per cavarmi dall'impaccio, nascondendo il rossore che sicuramente aveva acceso lemie guance.
Incredibile. Era bastato sentire il suo nome per avvertire il sangue ribollirmi nelle vene, sentire i nervi che tesi mi laceravano la carne. Stavo iniziando a capire, quello che provavo. E quello che stavo perdendo.
“Inoltre...” Hyuga interruppe i miei pensieri. “Hanno assicurato che se non ti fossi presentato entro domani ti avrebbero tagliato fuori per diverse partite...”
Sorrisi. Me lo aspettavo. Sentì come se una nuova forza si impadronisse di me. Un pensiero intenso e determinato si assestò nella mia mente.
“Ci sarò.” Risposi con sguardo deciso.
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Quella mattina il sole era particolarmente caldo, non capivo se era per quello che mi sentivo soffocare. Che strana sensazione quella di tornare in campo. Nell'ultimo periodo non mi ero allenato per niente, a parte quei brevi momenti di sfida con Misugi. Già. Jun. Tremavo. Il mio cuore era inquieto. Provavo infinite sensazioni di paura ed emozione. Mi chiedevo come sarebbe stato rivederlo. Se mi sentivo così ora che eravamo lontani, come mi sarei comportato nel trovarmelo di fronte? In verità mi preoccupavo di come avrebbe reagito lui. Avevo timore che mi evitasse. Non avrei retto l'indifferenza nei suoi occhi. Sospirai e mi feci coraggio.
Arrivai con il mio borsone al palazzetto dello sport. Da li avremmo preso l'autobus per il ritiro. Tentennai, fermandomi poco lontano. Vidi che il pullman era già arrivato e di fronte la fermata c'erano i ragazzi...Ozora tornato dal Brasile per l'occasione, Misaki, Izawa...
“Hey ragazzi! C'è Wakashimazu!” Fui indicato da quel demente d’Ishizaki.
In pochi secondi mi trovai circondato dai miei compagni vocianti e tornai in me.
“Wakashimazu, bentornato fra noi! Sono felice di vederti!” Sorrise Ozora.
Intravidi Hyuga che rimase poco distante, ma mi lanciò un sorriso soddisfatto.
“Finalmente sei tornato fra noi! E ora chi ci ferma più?” “Come stai?” Tante domande insieme, le risate dei ragazzi. Mi sollevai nel vederli così calorosi. N’ero davvero felice.
“He he. Scusate, ho avuto degli impegni e...” Ozora mi poggiò una mano sulla spalla sorridendo. “L'importante è che ora stai bene e che ti senta in forma, Wakashimazu. Bentornato.”
Cavolo. Quel ragazzo ha un carisma davvero notevole. Riuscì a trasmettermi sicurezza. In quegli attimi i miei pensieri erano rivolti ai compagni e alla loro comprensione. Mi avvicinai con loro al pullman, alzai gli occhi verso la scaletta d'entrata...finché il mio sguardo si arrestò, incapace di muoversi.
Jun Misugi stava scendendo dal pullman.
In silenzio. Indossava la felpa della nazionale. Bellissimo. Da togliere il fiato.
Sentì il sangue congelarsi nelle vene. Il mio corpo s’intorpidì. Furono attimi che sembrarono un'eternità. Non mi stava vedendo, poi si volse e i suoi occhi incrociarono i miei.
Fu un istante. Mi folgorò con lo sguardo. O era solo la mia impressione?
“Heylà, Wakashimazu! Sei tornato! Come va?”
Eh? Ma stavo impazzendo o cosa? Jun stava sorridendo e...mi chiedeva come stavo? Rimasi immobile, esterrefatto, incapace di dire una parola. La voce mi si fermò in gola. Non riuscivo a staccare lo sguardo da lui.
“Che c'è? Hai perso la lingua, Wakashimazu?” Sorrideva gentile.
Come nel suo stile. Eppure, non so perchè avvertì una sorta d’ironia nella sua voce. Mi scossi, come imbarazzato.
“No, e- ero distratto. Tutto bene grazie” Non sapevo cosa dire. “Ah, benissimo! Ora la squadra è al completo. Fra poco si parte allora!Ah, Tsubasa, dovremmo...”
Aveva cominciato a parlare con Ozora. Tranquillo. Come se nulla fosse. Lo seguì con lo sguardo...
“...Ken, mi ascolti?” Mi trovai di fronte la faccia stranita di Hyuga. “Qualcosa non va?” “Ah, no. è che mi fa uno strano effetto tornare a giocare dopo l'accaduto.” Cercai una risposta banale. “Dai, tranquillo. È normale, non pensarci troppo.” Il capitano mi rassicurò. Era un evento. Di solito non lo faceva. Si vede che era davvero preoccupato per me in quel periodo. Gli sorrisi per ringraziarlo.
Sul pullman sembrava tutto tranquillo. Si sentivano le voci di tutta la squadra risuonare nell'aria. Non capivo quello che dicevano. Ero teso. Assorto. Non ascoltavo neppure Takeshi che a fianco a me tentava di dirmi qualcosa. Non resistetti. Mi voltai lentamente e timidamente verso i sedili di dietro. Cercavo Jun. Non avevo visto dove si era seduto.
-Eccolo- Pensai fra me.
Ed ebbi un tuffo al cuore. Parlava sorridente con Ozora che era seduto con lui. Quante volte mi aveva sorriso in quel modo spontaneo. Poi Misaki, che era poco dietro di me gli chiese qualcosa che non sentì e lui si voltò per rispondergli.
Incrociammo i nostri sguardi. Lo vidi irrigidirsi per qualche istante. Agghiacciante. I suoi occhi in quell'attimo si rivolsero a me freddissimi, come carichi di rancore.
Ci fissammo per pochi attimi.
“Misugi, qualcosa non va?” chiese Misaki voltandosi verso di me seguendo con molta probabilità la direzione dei suoi occhi.
Fortunatamente tolsi lo sguardo più in fretta di lui, ma riuscì a sentire la voce di Jun.
“No, No, Misaki. Scusa. Ho pensato per un attimo...mi sono distratto”
Eh, chissà cosa aveva pensato. Diavolo!
-Finge. Finge gentilezza, ma prova rabbia. Lo sento- Mi ripetevo.
Quello sguardo mi aveva soffocato il respiro. Spaventato. Non avevo mai visto gli occhi di Misugi così. Mi rattristai. Non ebbi più il coraggio di voltarmi per tutta la durata del viaggio.
Mi sentivo uno schifo. Avevo sbagliato tutto. Per un attimo maledì quella gita alla pensione, ma me ne pentì all'istante.
Non avrei mai dimenticato quei giorni.
A pensarci sembravano un'altra dimensione. Quasi un sogno. Ma il mio cuore agitato capiva che era tutto reale e più vicino di quanto ricordassi.
Mi ripromisi di parlare con Jun appena possibile. Anche se ancora non sapevo casa volevo dirgli.
In serata arrivammo all'albergo che ci avrebbe ospitato durante quei giorni d’allenamento. Meno di due settimane e ci sarebbe stata la partita con la Francia. Non che la cosa avesse troppa importanza per me in quel momento. Il mio primo pensiero era quello di parlare con Jun e chiarirmi. Non potevo lasciare che le cose si deteriorassero a quel modo, non con lui.
“Ken? Ti sei imbambolato?Vuoi dormire in pullman?” Kojiro mi guardava con sguardo interrogativo.
Mi guardai intorno: erano scesi tutti! Mi alzai di scatto: Kojiro era vicino l'uscita e mi guardava perplesso.
“Cavolo, arrivo!” Esclamai un po' confuso. Hyuga sospirò. “Non capisco cosa ti prende, Ken. Per tutto il viaggio sei stato completamente assente.” Il suo tono era leggermente scocciato.
Abbassai gli occhi, un ciuffo di capelli mi cadde sul viso.
“Lo so.” Riuscì a dire con un filo di voce.
Il capitano sbuffò e scese dal pullman. Lo seguì e scesi anche io. La luce del sole mi colpì in pieno viso abbagliandomi. Mi coprì con la mano e andai avanti.
“Waaah! Che bello questo albergo!” Esclamavano alcuni ragazzi della squadra.
Erano tutti davanti l'entrata e li raggiunsi. Guardai anche io: era davvero molto grande e sembrava proprio di lusso! La facciata era color platino molto chiaro, le finestre rotondeggianti. Quasi una reggia! Ero proprio stupito!
“Eh, eh, ci trattano bene, eh, Hyu...” Mi voltai sul lato convinto di stare parlando con il capitano e ammutolì: Misugi era al mio fianco in compagnia di Matsuyama.
Credo fece finta di non sentire, perchè non mosse neanche un muscolo per degnarmi, anzi, continuò a fissare un punto indefinito di fronte a sè. Era nervoso. Lo percepivo. Ma Matsuyama sembrava aver seguito bene le mie parole e si sporse dal fianco di Jun per parlarmi un poco imbronciato.
“Ci tratteranno anche bene, ma tutto questo lusso a me non piace proprio. Dobbiamo allenarci, mica fare una vacanza. Da parte mia avrei preferito una di quelle pensioni di legno, tranquille con la fonte termale in pietra...come quella dove vai in vacanza tu, Misugi!non trovi?”
Sbiancai in pochi istanti. Che diavolo stava dicendo Hikaru in un momento come quello? Mi irrigidì, non volevo guardare Jun, ma istintivamente alzai gli occhi verso il suo bellissimo profilo.
“No questo albergo va più che bene.” Disse un po' bruscamente, e avanzò verso l'entrata.
Impassibile.
Hikaru rimase perplesso.
“Ho detto qualcosa di male?” Alzò le spalle, mi sorrise e andò avanti anche lui.
Certo che aveva detto qualcosa di male. Ma non se ne rese conto. Quello che più mi colpiva era la freddezza di Misugi. Era evidente. Non è da lui comportarsi così. Fino a quel momento almeno con gli altri era stato tranquillo. Invece con la mia presenza e quel tasto dolente, aveva mostrato il suo vero stato d'animo...stavo male da morire. Vedere Jun così freddo e distante mi faceva diventare matto, mentre un sottile senso di rimorso cominciava a farsi strada nel mio cuore.
“Waa! Hey!” Mi sentì sbilanciato da un lato...era Hyuga che mi trascinava verso l'entrata tirandomi per un braccio. “Insomma vuoi ancora dormire in piedi? Deficiente!” Pareva proprio irritato. “Eh... eh...” Risi io nervosamente. Takeshi ci guardava ridacchiando.
La hall dell'albergo era davvero enorme, anche se c'era la squadra al completo con allenatore e tecnici, al confronto sembravamo in pochi.
“Bene ragazzi, ora vi diamo le chiavi delle camere. Chiamiamo il primo d’ogni gruppo per ritirarle.” Disse il tipo addetto alla reception prendendo un foglio.
“Eh? le camere sono già state decise?” Chiesi a Hyuga stupito. “Si, prima che tornassi. Ma tranquillo. Tu sei con me e Takeshi”Sorrise ironico Hyuga credendo di farmi un piacere.
In realtà ero deluso. Avrei tanto voluto essere in stanza con...
“Jun Misugi!”
Ci mancava poco che rispondevo io!
Mi voltai subito per vederlo prendere le chiavi. Sorrideva gentile com'era nei suoi modi. Chissà con chi...
“Andiamo, Misaki!” Fece tranquillo Misugi rivolgendosi a Taro...
“Kojiro Hyuga!”
Come? Si allontanavano solo loro due? Com’è possibile? Di solito le stanze non sono da quattro posti? Ero sconvolto... era come se avessi le mascelle a terra dallo sconvolgimento. Ad un certo punto mi sentì nuovamente trascinato per un braccio.
“Andiamo va, Takeshi” “Si capitano!”.
Ormai Hyuga aveva rinunciato a farmi parlare. Agiva e basta. E mentre mi trascinava io vedevo Misaki e il Mio Jun prendere l'ascensore all'ala est. Il Mio? ecco...iniziavo a non ragionare più...
Entrati in camera Hyuga e Takeshi poggiarono le borse. Io tenevo ancora la mia sulla spalla.
“Tutto Bene, Ken?” Mi chiese Takeshi titubante. “É inutile parlargli. Sembra che al nostro amico abbiano tagliato la lingua ultimamente.” Ironizzò Hyuga.
Io feci finta di nulla e sorrisi con la faccia da scemo, tanto per non dare troppo peso alla domanda che stavo per fare.
“Eh, capitano, non essere così cattivo! Sono stanco!! Domani tornerò in forma! Preparatevi a non fare entrare un solo tiro in porta!” E risi, seguito dai miei amici.
“Ah,” Feci come poco interessato alla mia stessa domanda “Ma come mai Misugi e Misaki sono in due in una stanza?”
Aspettavo con ansia la risposta.
“Siccome non c'erano stanze con più di quattro letti loro due sono rimasti fuori e gli hanno dato una doppia.” Rispose Kojiro continuando a rovistare nella borsa.
“Ah. Chiaro.” Più chiaro di così...
“E perchè proprio loro due?” Pensai. Ma non lo chiesi per non espormi troppo.
“Ah, bè, giusto” Risposi secco.
Ma un senso di confusione e dolore mi pervase. Cavolo. Non potevo pensare a Misugi in stanza con un altro, diavolo! Provavo...gelosia? Si, molto probabilmente. Mi stavo rodendo dalla gelosia! Che diavolo avrebbero fatto Misugi e Misaki in stanza da soli? Pensieri poco puri invasero la mia testa. Che andavo a pensare! Non doveva mica succedere qualcosa! E se poi una mano li, una mano qui...la doccia insieme... Dannazione! Sembravo proprio un ragazzino timoroso di perdere la fidanzatina..Stavo realizzando.
Ero geloso di Jun e non sopportavo l'idea che qualcuno lo vedesse...che vedesse il suo corpo. Neanche per sbaglio!
“Credo che Misaki non sia gay”, pensavo. Ma non per questo ero meno preoccupato. E se...
“Keeeen!! Ma sei affogato per caso? Hai voluto fare la doccia per primo ma ci sei mezz'ora!!”
Dalla porta del bagno sopraggiungeva la voce spazientita di Hyuga. Diamine! Stavo da così tanto tempo in bagno? Povero Kojiro, stavo davvero sfidando il suo autocontrollo.
“Scusa, mi ero distratto a pensare...” Sfoggiai un sorriso mentre uscivo, ma Hyuga ringhiò senza dire una parola e sbattendo la porta del bagno mentre entrava.
“Pf...” “Che hai da ridere Takeshi?” Dissi al mio amico senza trattenere anche io una risatina. “Siete matti!” Rispose lui divertito.
Intanto con un asciugamano mi stavo asciugando la testa, finchè mi balenò un pensiero. Veloce mi diedi una sistemata in testa avviandomi verso la porta.
“Beh, io esco un attimo a dare un'occhiata in giro...” Dissi d'un tratto e senza neanche dare tempo a Takeshi di ribattere chiusi la porta dietro di me.
Iniziai ad incamminarmi lungo quell'immenso corridoio. Scesi le scale, poi andai verso destra, le riscesi, forse stavo risalendo...Mi fermai sospirando.
Dov'ero? Vedevo solo numeri di stanza...512, 513...mi ero perso. Che diavolo stavo facendo? Ultimamente reagivo troppo d'impulso in risposta ai pensieri più svariati. Cosa avevo pensato? Semplice: vado a cercare Misugi! Bravo scemo! Ma se non sapevo neppure quale fosse la sua stanza! Ma porca miseria! Si può essere più idioti! E poi? Dopo che lo vedevo che gli avrei detto? - Ciao Misugi come va la vi...-
“Cazzo!” Questo lo dissi veramente.
Stavo per svoltare nel corridoio quando mi trovai a faccia a faccia con Jun! Ci mancava poco che finivamo l'uno addosso all'altro! Entrambi avevamo un'espressione sconvolta, Misugi sembrava non avere ancora realizzato che mi aveva di fronte, ma in un attimo si ricompose:
“..'ao...” Stava per scansarmi, ma io istintivamente gli afferrai con forza un braccio.
Che diavolo stavo...basta! Dovevo affrontarlo finalmente. Lo tirai verso di me costringendolo a reggere il mio sguardo. Lo guardai negli occhi con serietà. In quei suoi profondi occhi castani. Sentivo tremare ogni nervo del mio organismo.
“E lasciami!”
Con un colpo Jun si liberò dalla mia presa prendendomi alla sprovvista. Mi guardò con collera, quasi disprezzo.
O era tristezza la sua?
Non disse una parola, cercò di andarsene nuovamente senza degnarmi. Provai una gran rabbia. Una grande confusione. La mente mi si annebbiò. Persi il controllo, afferrai Jun con entrambe le braccia e lo scaraventai con forza al muro.
“Che diavolo stai..mhf!” Non lo feci parlare.
Mi gettai su di lui baciandolo con foga. Lui fece per divincolarsi ma non glielo permisi. Affondai la lingua dentro la sua bocca cercando di catturare la sua. Lo tenevo stretto ai polsi, premuto contro il muro con tutta la forza che avevo. Il mio corpo era completamente avvinghiato al suo. Potevo sentire il suo cuore battere come un orologio impazzito che, mescolato al mio pareva rimbombare in ogni cellula del nostro corpo.
Percepivo il calore del corpo di Jun, finalmente. Mi resi conto di quanto mi era mancato quel calore. Il suo.
Premetti sempre di più verso di lui muovendo lentamente il mio corpo sul suo. Avvertì un gemito soffocato provenire dalle labbra di Jun. Il suo respiro che si confondeva con il mio stava affievolendosi. Forse anche lui in quell'istante riuscì ad abbandonarsi. Forse per un millesimo di secondo fece come me e non pensò più a nulla. .
A quel punto mi rilassai anche io. Ma fu inutile. Jun ne approfittò per afferrarmi una spalla e spingermi su un lato. “Che diavolo credevi di fare!” Misugi mi guardava pieno di rabbia folgorandomi con un'occhiata.
Stava per sferrarmi un pugno, ma si fermò all'altezza del suo viso abbassandolo. Continuava a fissarmi. Sentivo il suo respiro affannato. E il mio. Voleva che parlassi. Ma io stesso ero senza parole.
Cosa mi era preso? Alla vista di Jun non avevo più capito nulla.
Avevo sentito un formicolio che dal ventre si espandeva per lo stomaco e avevo agito d'impulso. Credo che Misugi provasse ancora più rabbia nel non vedermi reagire. O parlare.
“Bene, se sei soddisfatto ora me ne posso andare .” Interruppe con freddezza. “No, senti!” Le parole mi uscirono con enorme sforzo.
Avevo il cuore in gola, non capivo se lo dimostravo oppure se sembrassi indifferente. Ma non credo Jun ci facesse molto caso.
“Cosa vuoi da me Wakashimazu?”
Severo. Lapidario. Respirai profondamente per rilassarmi.
“Perchè mi eviti?” Feci, con la massima serietà possibile. “Eviti?” Azzardò un sorrisetto ironico che non mi piacque. “Si. eviti. E non dirmi che non è così.” “Ma veramente mi sembra che fossero questi i patti, no?” “Eh?” All'inizio non capì...o non volli capire. “Ti rinfresco la memoria, allora. Mi pare che avessi”
E “avessi” lo sottolineò non poco.
“...Detto che dovessimo fare come se nulla fosse accaduto. Tornare ai rapporti di prima. E mi pare che noi non avessimo alcun tipo di rapporto, neanche d'amicizia. O sbaglio?” Mi fissò negli occhi con sfida.
Sapeva che era la verità. Ero stato io stesso a dire quelle parole. Quelle maledettissime parole.
“Si, è vero” Ammisi. “Ma credo non mi sia possibile fare finta di niente...è più forte di me.”
Non riuscivo più a parlare, non sapevo cosa dire, come spiegarmi.
“E allora vedi d’essere più forte di te stesso. Perchè se il tuo non riuscire a controllarti ti porta a gesti come quello di prima sappi che io non ci sto. Non mi va più di giocare con te, Wakashimazu.”
Distruttivo. Spietato. Come una lama che affondava nella mia carne, infierendo sempre di più.
“Se non hai altro da aggiungere me ne vado.” Mi fissava, non capivo la sua espressione. Io non riuscii a dire nulla. Ero troppo confuso.
Con pochi passi mi superò e sparì dietro di me. Speravo si fermasse. Ma fu tutto inutile Poco distante sentì chiudere la porta. Doveva esserci la sua stanza.
Non ebbi la forza di reagire. E rimasi immobile senza proferire parola.
Mi maledì drasticamente. Per non averlo fermato. Per non aver avuto le palle di dire una cosa che ormai è certa. Perchè mi aveva appena dato una possibilità e l'avevo bruciata in quel modo.
Mi rassegnai e decisi di tornare indietro...dove? Mi guardai intorno... dannazione! Non sapevo più dove ero! E malapena ricordavo le cifre della mia stanza! 421? 241? ... Dopo circa mezz'ora riuscì a trovarla. Entrai e vidi Tsakeshi e Hyuga che scherzavano fra loro. Abbassai lo sguardo e senza dire una parola mi gettai sul letto. Sentivo che non parlavano più e che mi fissavano.
Ma non volevo farci caso. Mi salì l'agitazione pensando a Jun. Tremavo, cazzo!
“Hey, Ken! Tutto a posto?” Fece Hyuga con tono serio. Sospirai scocciato.
“Si, sì Tutto a posto. Sono solo stanco. Buonanotte.” Ero stato troppo secco.
Ma non volevo né sentire domande nè parlare. Desideravo solo dormire e non pensare troppo. Stavo da schifo.
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“Forza con quella palla! Passa dai, Misaki!”
Gli allenamenti erano cominciati. Tutta la squadra era in fervore, i miei compagni sembravano talmente carichi che avrei giurato potessimo vincere qualsiasi partita in quel momento. L'aria era tiepida, ma dall'intenso sforzo fisico sembrava essere in piena estate. Sentivo il corpo bruciare, il respiro pesante, la gola completamente secca. Le voci dei ragazzi si mescolavano in un continuo frastuono, finchè Hyuga si bloccò di fronte alla porta. Stava per tirare. E non sembrava volesse risparmiarmi.
Il mio sguardo attraversò fulmineo le panchine per cercare Misugi. Lo vidi. Mi stava fissando.
“E ora stai a vedere, Jun”
Riportai l'attenzione su Kojiro che stava per tirare; focalizzai ogni minimo movimento, il piede, il pallone. Potentissimo. Hyuga si stava già pregustando una vittoria. Ma non aveva fatto i conti con la mia determinazione. In quel momento c'eravamo solo io e lui. Il pallone.
“Che Dolore tremendo! C’è andato pesante quel pazzo!”
Mi guardai intorno...silenzio. Vidi Hyuga con gli occhi sgranati di fronte a me.
“Hey capitano, sei sottotono, oggi, eh?” Gli sorrisi beffardo, mentre ero ancora a terra semi-seduto con il pallone fra le mani.
“Grande, Wakashimazu!” Sentì un'orgia di voci provenire da tutto il campo.
I miei compagni erano sbalorditi. E anche io. Per non parlare di Hyuga! Continuava a guardarmi incredulo. E poi? Mi soffermai un attimo a...Cos'era quell'intenso battito proveniente dal mio petto?
Accidenti. Lo sentivo vibrare in tutto il corpo. Ero emozionato. Felice della mia parata. Incredibile.
“Il calcio è passione...” D'improvviso mi vennero in mente le parole di Jun.
E il cuore prese a battere ancora di più. Avrei voluto condividere con lui quella gioia che mi stava invadendo. Furtivamente rivolsi gli occhi verso Misugi. Lo vidi fisso verso di noi. Sembrava sorridesse. Ma non ne ero tanto sicuro. Eppure a me venne da sorridere. Avevo finalmente capito. Non avrei mai potuto abbandonare il calcio. Ma non era solo quello. Lo volevo condividere con Jun. Volevo condividere questa gioia con lui, dimostrargli quanto ero felice di giocare, quanta emozione provavo nel concentrarmi su quel pallone.
Questo perchè amo il calcio. Questo perchè amo Jun.
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Ma dannazione! Nei giorni successivi non ero riuscito a trovarmi da solo con Jun neanche una volta! Ora che mi ero deciso a parlargli. Durante gli allenamenti certo non era possibile parlare in santa pace. C'era sempre qualche compagno vicino a me o lui. E purtroppo il capitano della Musashi non si allenava a tempo pieno come noi. Anzi, non sapevo neanche se avrebbe giocato l'amichevole, dato che era venuto in veste di tecnico della nazionale.
Inoltre inutile aggiungere che sarebbe stato difficile in ogni modo parlargli, dato che mi evitava palesemente. Non credo che gli altri si fossero accorti di qualcosa, anche perchè, come sottolineato da lui, non avevamo mai avuto un grande rapporto in quegli anni che ci conoscevamo.
L'unica cosa che mi diede da pensare fu il comportamento di Misaki una sera.
Stavamo cenando nella sala da pranzo dell'albergo, io ero seduto con Hyuga e Takeshi ai miei lati. A poca distanza nello stesso tavolo c'erano Misugi e Misaki in compagnia di Ozora e Ishizaki che parlavano animatamente. Jun sembrava davvero sereno e vederlo ridere in quel modo alle buffonate di Ryo mi provocava una stretta al cuore. Dev'essere che ad un certo punto risi anche io per qualcosa che avevo udito, dato che sentii ringhiare Hyuga al mio fianco.
“Io non lo trovo divertente. Quello deve sempre fare l'idiota.” “Ma dai capitano, non dire così.” Lo rimproverò benevolmente il povero Takeshi.
Io mi limitai a ridacchiare. In quel momento avrei preferito essere fra il gruppo di Ozora, possibilmente vicino a Jun. A volte lo guardavo, ormai non mi vergognavo più. Ero sereno, cercavo solo il momento adatto per parlargli. Ma era difficile, davvero. Misugi ogni qualvolta incrociava il mio sguardo mi dava un'occhiata infastidita per poi ignorarmi completamente. In quei momenti ho rischiato più di una volta di perdere i miei buoni propositi.
“Hey, Taro! Tutto bene?” D'un tratto la voce di Ozora interruppe l'atmosfera allegra del gruppo. “Come?” Misaki parve cadere dalle nuvole.
Ascoltavo senza guardare verso di loro.
“Mi sembri preoccupato, qualcosa non va?” “Oh...Ah! No, Tsubasa, tranquillo. Ero distratto pensando a una cosa ...”
Probabilmente ha risolto la situazione con uno dei suoi sorrisi gentili, pensai. Alzai lo sguardo verso di lui così, inconsciamente, e solo in quel momento notai che Misaki cercava il mio di sguardo.
Ci fissammo per pochi istanti, mi sembrava, non so, preoccupato.
Un attimo dopo stava nuovamente parlando con Ozora e gli altri. Era... era stata la mia impressione? Eppure nel corso della serata più volte i nostri sguardi si incrociarono, ed io ebbi sempre la medesima sensazione. Possibile che Misaki volesse dirmi qualcosa? Non ne ero sicuro. Ad un certo punto vidi Misugi alzarsi e allontanarsi. Non so dove stesse andando, ma ero disposto a rischiare.
“Vado in bagno!” Dissi improvvisamente a Hyuga e Takeshi.
Mentre mi allontanai sentì nuovamente lo sguardo di Misaki su di me. Possibile?
Nel corridoio non c'era nessuno. Andai verso i bagni. Pazienza, pensai. A questo punto anche il bagno andava bene per parlare. Aprì la porta...Jun! Era lì. Si stava lavando le mani. Si accorse di me, ma continuava a fissare lo specchio di fronte a lui come se nulla fosse.
“Senti, Misu...” “Hey, portiere! Stai facendo faville eh in questi giorni?”
Ma che...occavolo! C'era Quel deficiente di Shun Nitta a fianco a Jun. Non l'avevo notato...
“Eh, eh, eh.” Riuscì solo a ridere nervosamente. “Sei proprio in gran forma questo periodo, non trovi anche tu, Misugi?”
Io rimasi di sasso. Misugi interpellato su di me. Andiamo bene, pensai.
“Si, è vero. Ho notato dei progressi, eh, Wakashimazu?”
Incredibile. Mi stava rivolgendo la parola. Sembrò sorridere, anche se credo non fosse spontaneo.
“Beh, mi sto impegnando. Non ho fatto grandi cose.” Scherzai per non apparire troppo serio. In realtà ero davvero agitato. “Eh, ma ancora devi provare uno dei miei tiri, Wakashimazu. Non sono facili da parare!” Aggiunse spavaldo Nitta uscendo dalla porta. “Sono qui ad aspettarti, eh? Quando vuoi preparati alla sconfitta.” Scherzai dandogli retta.
Chiuse la porta. Jun era ancora di fronte a me. Non mi guardava. Era fermo di fronte lo specchio. L’aria si caricò di tensione. Mi infusi coraggio.
“Senti, Ju...”
Sbam! La porta. Sia a me che a Jun prese un colpo.
“Aaah! Che mangiata ragazzi!” Ishizaki era entrato non proprio delicatamente insieme a Hiroshi Jito. Ma questa è una persecuzione! Guardai Misugi che in un istante si asciugò le mani e uscì velocemente fuori senza degnare nessuno.
Ci fu un attimo di silenzio.
“Ma aveva qualcosa?” Mi chiese Ryo. “No, non credo.” Risposi cercando di essere il più convincente possibile. “Ah, va bene!”
Fine della sua preoccupazione.
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La sera in camera ero sull'orlo di una crisi di nervi! Ma non era possibile! Ogni volta qualcuno rompeva le scatole! Possibile che Lassù nessuno vuole che parli con lui? Ero davvero nervoso!Non potevo continuare così. Disteso sul mio letto cercavo una ragione per spiegare la mia mala sorte.
“E diamine, Ken, mi ascolti?” Con tono brusco la voce di Kojiro risuonò per tutta la stanza, facendomi sobbalzare. Mi irritai malamente.
“E lasciami in pace! Voglio un po' di silenzio!” Replicai ad alta voce fulminando il mio capitano con lo sguardo. “Cosa? Silenzio? Senti, tu non impedisci a nessuno di parlare, chiaro? Solo perchè sei nervosetto ultimamente non dobbiamo essere sull'attenti per te!” Hyuga era furioso. “Hey, hey, ragazzi, non litigate...” Takeshi come sempre cercò di mediare.
Litigare? Il lampo di un'idea balenò nella mia testa. Litigare...pregai il cielo di assistermi e dentro di me chiesi scusa a Hyuga non so quante volte.
“Ma veramente qui chi deve stare sull'attenti siamo noi! Vuoi sempre avere ragione, e se una volta tanto qualcuno non è d'accordo con te ti scaldi come una iena! Mi sono rotto!” Cercavo di arrabbiarmi il più possibile. “Cosa stai dicendo? Sei impazzito? Vedi di darti una calmata, Ken. Solo perchè hai passato un periodo sottotono non credere di farmi compassione!” “Ma forse quello sottotono sei tu, Hyuga. Non sei ancora riuscito a segnarmi un goal o mi sbaglio?” Sogghignai.
Ci avrei scommesso. Avevo toccato il tasto dolente. Il suo pugno arrivò dritto e preciso sul mio viso.
“Maledetto!” Kojiro era furioso. “No, capitano, fermati! Ken, non...” Takeshi era sconvolto.
Il mio pugno raggiunse Hyuga. Ci afferrammo e iniziammo a darcele di santa ragione.
“Basta ragazzi! Smettetela!” Povero Takeshi, si stava disperando. “Ragazzi se arriva qualcuno passerete dei guai!” Urlò il nostro amico. Mi fermai, stremato. E anche Hyuga.
Respiravamo affannosamente.
“Mi sono stufato. Basta. Non voglio certo evitare di giocare per colpa tua. E stando qui mi verrebbe solo voglia di prenderti a pugni!” Dissi con rabbia. “Ma che cazzo stai dicendo, eh Ken?” “Che ho bisogno di stare tranquillo.” Mi avvicinai alla porta e feci per uscire. “Che fai, Ken?” Mi chiese supplicante Takeshi.
Sorrisi.
“Vedo di cambiare stanza” E mi chiusi la porta alle spalle...
EVVIVA!
Ce l'avevo fatta! Ero contentissimo di essere riuscito nel mio intento! Chi altri sarebbe potuto stare in camera con Hyuga se non una persona diplomatica come Misaki? Inoltre era amico di Takeshi...! Sapevo di essere stato un po' azzardato, ma non avevo altra scelta. Mi sentivo un po' in colpa per aver trattato male Kojiro, ma non era la prima volta che litigavamo, quindi potevo stare tranquillo. Gli sarebbe passata. Ora il mio scopo era trovare Misaki e parlargli. L'avrei chiamato fuori la stanza. Non mi avrebbe detto di no, o almeno speravo. E Misugi a conti fatti non avrebbe potuto rifiut...
“Oh, Wakashimazu! Ti cercavo!” “Eh?” Alzai gli occhi, ero di fronte l'ascensore che si era appena aperto. “Misaki?” Incredibile.
Era di fronte a me. E mi cercava. Ma io non diedi conto alle sue parole, perchè appena lo vidi mi assalirono mille pensieri confusi.
“Ah! Vieni, Misaki, ti devo parlare!” Lo presi per un braccio e lo portai vicino le scale. Non c'era nessuno.
“Devi farmi un favore! Cambiamo stanza!” “Eh?” Strabuzzò gli occhi.
Occavolo! Preso dall'ansia di dire le cose gliela buttai così in faccia, senza dargli spiegazioni. Non sapevo che fare. Misaki mi pareva molto perplesso. Mi fissava dubbioso..
“Em...per via di quello?” E indicò il mio mento.
Non capì. Mi toccai e sentì dolore. Dovevo avere un livido. Improvvisamente mi sentì un perfetto idiota.
“Eh, si. Proprio. Io e Kojiro non riusciamo ad andare d'accordo in questi giorni. E oggi abbiamo raggiunto l'apice. Em, pensavo che dato che tu sei molto tranquillo...e poi amico di Takeshi...”
“Ok. ci sto.” Lo disse tranquillissimo. “Cosa?” “Ho detto che va bene.”
Misaki sorrideva con soddisfazione. Non capivo. Mi ero perso qualcosa?
“Sei sicuro?” Gli chiesi con incertezza. “Sicurissimo. E come farei a non accettare dopo che ti meni con il tuo migliore amico per stare con Misugi!”
Sorrideva beato.
“CHE?! TORNA INDIETRO! CHE HAI DETTO?” Ero shockato!
Avevo sentito bene?
“Quello che hai sentito, Wakashimazu” Sorrise nuovamente, ma come aprì gli occhi aveva uno sguardo gentile e comprensivo.
Sospirò. Mi ripresi e tornai ad essere serio.
“Sono stupito, Misaki. Te ne ha parlato lui?” “No...” “Ma allora...”
Misaki sospirò e mi guardò negli occhi.
“Il tuo nome...” Disse. “?” “Misugi non ha fatto altro che ripetere il tuo nome nel sonno da quando siamo arrivati.”
Sentì il cuore agitarsi, emozionarsi a quelle parole.
“Da-davvero?” Inoltre cominciavo a sentirmi in imbarazzo. “Si. E la mattina si alza sempre con uno sguardo cupo e turbato. È così anche quando va a dormire. Non parla niente, sai? Probabilmente sa che con me può non fingere come fa durante il giorno. Perchè non gli chiedo niente. Una sola volta ho provato a chiedergli cos'aveva. Inizialmente non ha risposto, poi ha detto “è il cuore””
Mi sorpresi di ciò e capì. Sorrisi fra me per quella velata allusione.
“In quella parola c'era tutto. Credo stia molto male, credimi. Non l'ho mai visto così.” “Capisco...” “Inizialmente non ho pensato certo a te. Il nome Ken è diffuso. Ma poi ho notato che evitava il tuo sguardo, sempre. E quando fra compagni si parla di te, lui si assenta con la mente.” “Ho notato” Feci stringendo i pugni.
Forse solo in quel momento mi resi conto quanto gli avevo fatto male.
“Per questo volevo parlarti. Mi rendevo conto che cercavi la sua attenzione. E che non te la dava. Ma vedo che hai trovato la soluzione.” Rise. “Eh..si” Ero davvero imbarazzato, ma anche un poco sollevato. “Comunque, ora Jun non c'è. È uscito con l'allenatore. Dovevano incontrare uno degli organizzatori della partita. Quindi puoi trasferirti con calma.” “Ora?” Domandai impreparato. “Ora!”
Misaki era proprio gentile.
“Ma senza dirgli niente?” Io ero perplesso. “Hey ma che problemi ti metti? Non volevi parlare con Misugi?” “Si, si...” “E allora tranquillo! Mi assumerò le mie responsabilità!” Era proprio fiducioso! Mi convinse.
“Ok, Misaki. Ci sto!” “Bene, allora vado a prendere la mia roba! E anche tu!” “Si...” Guardai Misaki con serietà. Non l'avrei mai ringraziato abbastanza.
“Grazie, Misaki. Davvero.” Abbassai la testa.
Mi poggiò una mano sulla spalla e sorrise gentilmente.
“Tranquillo, Wakashimazu. Spero solo che possiate risolvere questa situazione.” “Me lo auguro anche io!” “E non farlo soffrire più, intesi? Misugi è un bravo ragazzo...” Lo disse con infinita gentilezza e sincerità. “Te lo prometto, Misaki.”
Eravamo in procinto di separarci per andare a prendere le nostre cose, quando prima che lui schiacciasse il bottone dell'ascensore mi venne in mente un pensiero...
“Ah, Misaki!” “Si?” “Ma Jun ha solo detto il mio nome, vero? Non è che...” “Niente di sconcio, tranquillo!” Sorrideva beffardo.
“Cos...non intendevo quello!” Urlai arrossendo. Le porte si chiusero. Sorrisi fra me e me.
“Che scemo!”
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Avevo messo tutto nella stanza. Ero estremamente agitato, turbato, carico d’ansia. Non ero riuscito a sedermi, continuavo ad andare su e giù per la camera per scaricare la tensione.
“Cavolo, quando arriva che gli dico? Che faccio? E se se ne va e decidesse di non entrare in camera?” I dubbi mi tormentavano.
“Occavolo!” Mi venne in mente che avevo dimenticato lo spazzolino nel bagno della camera con Hyuga!
Che vergogna! Certo, salire su per quello…ma mi serviva!
“Ok, Vado!” Decisi di andare anche perché stare in attesa mi stava logorando. Quando bussai mi aprì Misaki sorridente. Appena entrato Hyuga mi fulminò con lo sguardo intimandomi di sbrigarmi, con tono molto seccato. Risi fra me. Takeshi era contento, penso che non gli dispiacesse la mia scelta di Misaki. Almeno non doveva subire le litigate mie e di Kojiro.
Tornai così, con l'ansia crescente, nella nuova camera.
“Hn? “ Mi stavo chiedendo se avessi chiuso la porta dato che era aperta, finchè mi accorsi di un rumore…
“La doccia?”Si…era quella!
Mi guardai intorno. Cavolo, c’era la giacca di Misugi sul suo letto!
“Questo significa che….” Sentì le gambe farsi di burro, il panico assalirmi.
“Misaaaki! Scusa, mi sono appropriato della doccia, faccio in un attimo!” Sentì la sua voce provenire dal bagno. Ci mancava che morissi d’infarto.
“Tranquillo!” La mia voce era soffocata, l’avevo inconsciamente modificata.
“Diavolo, altro che fare in un attimo. Stacci pure mezz’ora!” Pensavo carico di tensione, non ero ancora pronto!
Ero seduto sul bordo del mio letto, a fianco c’era quello di Jun, più vicino al bagno. Cercai di rilassarmi e nel farlo provai a soffermarmi sui battiti del mio cuore. Erano veloci. E intensi. Sentì un brivido percorrermi la schiena. Respirai profondamente. Mi sentivo come se dovessi attendere un verdetto in una sala di ospedale.
“Tu…cosa ci fai…?”
E quel momento arrivò. Inaspettato o meno era l’inizio. O la fine.
Tremava la voce di Jun. Alzai lo sguardo. Mi mancò il fiato.
Era sulla porta, con i capelli bagnati che gli incorniciavano il viso, un’asciugamani legato intorno alla vita, il petto nudo, ancora lievemente gocciolante. Mi persi nei suoi profondi occhi nocciola.
In quell’istante pensai che Jun fosse la creatura più bella che avessi mai incontrato.
Jun aveva un’espressione indecifrabile. Era stupito, si, ma ebbi l’impressione che se l’aspettasse, dato che prima di rivolgermi nuovamente la parola alzò le spalle sospirando.
“Cosa significa questo? Dov’è Misaki?” Domandò fissandomi negli occhi molto severamente, come se dovesse giudicare una persona già condannata a morte.
Quel suo modo di fare fino a quel momento mi aveva turbato, facendomi tacere ogni volta che volessi affrontarlo; ma non sarebbe più stato così.
“Abbiamo cambiato stanza. Lui sta con Kojiro e Takeshi.” Dissi semplicemente. “CHE COSA?” Questo non doveva aspettarselo.
S’infiammò di colpo.
“Che diavolo stai dicendo? Cos'è questa storia? Cosa hai detto a Misaki?” Alzava la voce Jun, stringendo i pugni.
Ma stranamente non avanzava di un solo centimetro, continuando a rimanere sulla porta del bagno, come per evitare di uscire dalla trincea e rimanere ferito nello scontro.
“Gli ho solo detto che volevo cambiare stanza perché avevo litigato con Hyuga. Ha accettato. Comunque non è una persona stupida.” Aggiunsi severamente.
Lui distolse lo sguardo, sembrò pensare qualcosa e poi sospirò nuovamente.
“È vero.”
Silenzio. Quei brevi attimi credo servissero a Jun per fargli capire che non doveva , non poteva, più fuggire. Doveva ascoltarmi una volta per tutte.
“Cosa vuoi, Wakashimazu?” chiese quasi soffocando la voce.
Mi alzai lentamente, ero di fronte a lui. Lo guardai negli occhi, volevo essere sincero fino all’ultimo istante. Allungai le braccia e lo cinsi in un abbraccio. Ma non era impulsivo e aggressivo come l’ultimo, al contrario. Era delicato, come se avessi paura di mandare in frantumi il suo corpo di cristallo.
Misugi non accennò alcun movimento, rimase immobile.
“Voglio…stare con te, Jun.” Sussurrai.
Rigido. Sentì il corpo di Jun farsi di piombo. Mi scansò improvvisamente da sé e mi lanciò uno sguardo austero.
“Che cosa stai dicendo? Che cosa….!” La sua rabbia, il suo rancore implosero nel suo cuore per poi esplodere violentemente in quegli attimi.
Iniziò a tremare, a respirare affannosamente e a cercare di divincolarsi dalla mia presa.
“Jun, calmati, Jun!” Lo incitai. “Nooo! Lasciami!” Aveva iniziato a gridare, a muoversi convulsamente, cercavo di trattenerlo ma mi graffiò per poi quasi strattonarmi a terra.
Ero sconvolto da quella sua reazione. Era…una crisi di nervi? Ebbi paura nel vederlo così. Lo afferrai per i polsi facendo forza per fermarlo.
“Calmati, Jun ti prego!” Ero disperato.
Mi faceva troppo male. Gli avevo fatto così male? Aveva sofferto così tanto questo ragazzo per il mio comportamento?
Era così.
L’evidenza del suo dolore si presentò cruda davanti ai mie occhi.
“E lasciami! Non voglio più saperne di te, lasciamiiii!” Continuava a gridare. “Sei tu quello che ha detto di fare finta che non fosse successo nulla, di dimenticare, di fare come se non fosse successo nulla. E ora cosa vuoi da me?COSA VUOI DA ME!!”
Stava piangendo, aveva gli occhi colmi di lacrime e i nervi a pezzi. Quell’immagine invase la mia testa fino ad assestarsi in essa con tutta la sua forza. A quella vista strinsi di più i polsi di Jun, raccolsi tutta la mia forza per vincere quella dettata dalla sua rabbia e lo spinsi verso il suo letto sul quale cademmo a peso morto.
Non gli diedi modo di divincolarsi che sussurrai
“Ti amo, Jun.”
E cominciai a baciarlo. Con una dolcezza mai usata fino a quel momento. Volevo che sentisse, sentisse quello che provavo per lui. E il senso di colpa che mi divorava.
Vidi i suoi occhi spalancarsi sconvolti e il suo corpo rilassarsi contro il mio. Li socchiuse e non si ribellò al bacio. In quel movimento brusco Jun aveva perso l’asciugamani che gli circondava la vita. Era nudo, sotto di me. Potevo sentire ogni forma del suo corpo accarezzare le mie, il calore eccessivo della sua pelle cominciare a diminuire.
Fu un bacio lungo, silenzioso. Appena allontanai le mie labbra dalle sue lo guardai in viso. Sembrava smarrito, come se non sapesse più come comportarsi. Gli accarezzai una guancia asciugando l’ultima lacrima poggiata sul suo viso.
“Non piangere più.” Gli sussurrai. “Ken “ Sentire il mio nome dalla sua voce mi emozionò. “Cosa hai detto poco fa?” Chiese con un filo di voce.
Io lo sollevai leggermente e lo strinsi forte verso di me.
“Quello che avrei voluto dire in una situazione più romantica, ma qualcuno me lo ha impedito.” Dissi imbarazzato all’ennesima potenza. “Ma…” Jun non aveva la forza di parlare.
Poi presi coraggio e finalmente versai tutto il peso che avevo nel cuore.
“Scusami, Jun. So di avere sbagliato. Di non essere stato sincero con me stesso, e con te. Perché io avevo capito da subito che non era una semplice avventura. Ma proprio questo mi ha creato tante paure infondate. Ho sbagliato nel pensare che potevo soffocare i miei sentimenti, fare finta che non provassi niente. Quello che ho capito tardi era che non potevo stare senza di te.”
Silenzio. Jun ascoltava in silenzio.
“E l’ho capito solo dopo averti detto quelle bugie sul dimenticare. Questo è vero. E ho sbagliato. Me ne rendo conto. Sbagliare è umano. L’ho capito proprio in quell’occasione. Dentro di noi sappiamo quali sono i comportamenti corretti, quelli più giusti. Ma metterli in pratica, credimi, è più difficile di quanto sembri.”
Abbracciai ancora più forte Jun. Ma lui non reagiva e dentro di me pensai che quella era la mia punizione.
“…non è una giustificazione. Lo so. Scusa…” Sussurrai in preda alla disperazione, al pensiero di perdere Jun.
Improvvisamente il suo calore mi avvolse. Timidamente poggiò le sue mani sulla mia schiena ricambiando l’abbraccio. Sentì la sua testa poggiarsi sulla mia spalla e stringersi di più a me.
“Ken, io…” “E poi…” lo interruppi. “E poi cosa?” sussurrò lui. “Ti ricordi quando mi dicesti che dovevo almeno avere un motivo per giocare a calcio, se non proprio una passione incondizionata?” “Mh? Si…” “Ecco. L’ho trovato. E… sei tu.” “Eh?”
Jun si sollevò dalla mia spalla per guardarmi in viso, incerto di aver capito bene.
“...è che quando tu sei vicino a me negli allenamenti, nelle partite, io sono felice. E do il meglio di me. Questa è la verità. E che sia un motivo valido oppure no la cosa non mi interessa. Perché è così e basta. È la verità. Basta con i se o con i ma. Io voglio giocare con te al mio fianco. Anche se non siamo nella stessa squadra. Voglio condividere il calcio con te.”
Di tutte le cose che avevo detto in quei minuti quelle penso che fossero le parole che più colpirono Jun. Mi regalò finalmente uno splendido sorriso.
E fu come il sereno che emerge dopo una burrascosa tempesta.
Jun mi accarezzò i capelli volgendoli dietro le spalle. Eravamo seduti sul letto uno di fronte all’altro. Si sollevò sulle ginocchia e mi baciò. Un bacio delicato che lentamente si alimentava come un braciere, come un vulcano che si risveglia da un sonno millenario. Fu come se avessi ritrovato un qualcosa che credevo perduto per sempre.
Non so, forse trattenei le lacrime.
Cominciai ad accarezzare Jun con intensità e bramosia, forse con eccessiva forza. Gli baciai il collo con ossessione, premevo i miei palmi su tutti i suoi contorni.
Era come se avessi paura di perderlo di nuovo. Come se da un momento all’altro sparisse dal mio tocco. Dovevo sentirlo lì, con me. Ma Jun non si rifiutò a quel contatto
“Anch’io ti amo, Ken.” Disse improvvisamente senza smettere di baciarmi.
Ero felice. Infinitamente.
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Il giorno dopo gli allenamenti furono per me e Jun un vero disastro. Il fatto è che la sera prima ci eravamo rifatti del tempo perduto. I compagni pensarono che il calo di forze fosse dovuto alla mia litigata con Kojiro e alle botte che ci eravamo dati. Il mio capitano si arrabbiò anche per questa inutile colpa che gli era stata consegnata.
L’unico ad avere intuito qualcosa era Misaki che ci regalava un bel sorriso soddisfatto.
“Alla grande, Wakashimazu!” Fece ad un certo punto dandomi una pacca sulla spalla. “Che pazzo!” Rise Jun.
Inutile dire che la partita con la Francia fu vinta dalla nazionale Giapponese, per le grandi parate del sottoscritto e per il quarto d’ora d’oro giocato da Jun Misugi.
Per fortuna ci eravamo astenuti da ulteriori attività in vista dell’incontro. Ma per quello avremmo avuto tutto il tempo successivo…
FINE
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