Il cuore e il pallone

parte V

di Releuse


Non c'era giorno in cui non facevamo l'amore.

Si capiva che entrambi non vedevamo l'ora arrivasse quel momento, ogni volta la foga ci assaliva e bramosi ci gettavamo l'uno nelle braccia dell'altro.

 

Bastava solo lo sguardo dovunque fossimo, per sentire la passione pulsare dentro di noi.

Penso di non aver mai avuto un'attrazione sessuale tanto intensa per qualcuno.

Un desiderio così impetuoso, bruciante ed incontrollabile.

 

Jun era capace di far sgretolare la mia ragione con la sua sola presenza, con il lieve movimento delle sue labbra.

O come quando si sfilava la maglietta continuando a fissarmi negli occhi.

 

Quelle sue dense iridi castane, dentro le quali potevo specchiarmi.

Senza riconoscermi. O scoprendo un me stesso sconosciuto fino a quel momento.

 

 

Riprendemmo anche il discorso del calcio, l'ultima sera. Eravamo alla fonte termale, saranno state le dieci circa. Mentre ci rilassavamo facendo un bagno caldo Jun si fermò davanti a me interrogandomi con uno sguardo strano, misto fra il timore e la preoccupazione.

 

Sentì il disagio formicolare sulla mia pelle.

Cercai di non farlo parlare accarezzandogli la guancia  e chinandomi per baciarlo, ma non me lo permise. Mi afferrò il polso guardandomi fisso negli occhi.

    

“ Non lasciare il calcio, Ken!”

 

Non capivo se era un ordine o una supplica.

Il calcio...tornai alla realtà.

Jun  mollò la presa.

 

Il mio problema per il calcio. Non che non ci avessi pensato in quei giorni, ma avevo preferito non rifletterci troppo, per soffermarmi maggiormente sull'intensità di quei momenti con Jun. . Ma in verità avevo già la risposta. Perché quella sensazione d'intorpidimento che sentivo fino a pochi giorni prima si era sciolta, quasi dileguata...

 

Ma non mi concentrai sul motivo.

 

“Tornerò sul campo, Jun” Lo dissi come per liberarmene e allo stesso tempo mi venne da sorridere. “Contento?”

 

I suoi occhi s’illuminarono:

“Dici davvero?”

“Si. Il mio letargo è durato abbastanza. Devo riprendere in mano la situazione, anzi, il gioco! Voglio riprendere a giocare a calcio. Io amo il calcio. Davvero! E al diavolo Genzo Wakabayashi! Ora penso al mio futuro! Prima o poi lo supererò.”

 

 Lo dissi con fierezza, deciso nella mia posizione, mentre Jun sembrava senza parole, ma felice.

 

“Sono...sono contento. L'hai capito alla fine. Non avevo dubbi.” Il suo sguardo mostrava una sincera  approvazione.

 

“E poi, è anche merito tuo, Misugi” Gli dissi con franchezza.

“Eh? Mio? E che cosa avrei fatto?” Domandò lui, perplesso.

“Come? Mi hai istigato a riflettere con le tue parole, se stavo qui chiuso senza parlarne con nessuno a quest'ora starei ancora a disperarmi! Tu hai saputo essere schietto e sincero. Ci pensavo sempre alle tue parole. E poi...”

“hn?”

 

Non so...fu come se il sangue improvvisamente mi si gelasse nelle vene, confondendo e cancellando gli ultimi pensieri, che non furono più in grado di materializzarsi in suoni.

 

“E poi allenarmi con te mi è stato d'aiuto. Il tuo modo di giocare mi ha stimolato nuovamente. Quella tua decisione, quella passione incondizionata. Mi fa venire voglia di sfidarti in continuazione!” Ammisi.

Ma dentro di me c'era dell'altro, sempre quel pensiero confuso che non riuscivo a tramutare in una frase coerente. Io stesso non lo afferrai pienamente. Quindi tacqui.

 

“Questo è un onore.” Sorrise Jun. “Non vedo l'ora di sfidarti sul campo...”

“Così mi prendo la rivincita. La prossima volta non riuscirai  a farmi goal. Ti ho studiato per bene 'principe del calcio'” Feci ironizzando.

 

E poi lo guardai nuovamente, fisso. Negli occhi. Cercando la sua approvazione per il mio improvviso desiderio, finché la trovai, in quelle sue labbra che s’increspavano in un accennato sorriso.

 

Gli afferrai il viso e cominciai a baciarlo, dapprima lentamente, poi con maggior intensità. Jun ricambiò appoggiandomi le mani sulle spalle. Da lì prese a vagare sulle braccia espandendosi sul petto. Scivolava per tutto il mio corpo, aiutato dall'acqua dalla quale eravamo bagnati. Quando faceva pressione con i palmi chiudendo le dita e graffiandomi leggermente mi faceva impazzire.

 

Io seguì il suo esempio ed esplorai ancora il suo corpo. Sentivo pulsare la testa, il rossore assaliva le mie guance. Gli baciavo il collo, poi sinuosamente cominciai a scendere sul petto, gli leccai un capezzolo, lo sentì gemere forte. Intanto la mia mano destra aveva trovato il suo sesso e cominciai a torturarlo con un tocco dapprima leggero, poi sempre più insistente. Presi a baciarlo sotto l'ombelico, a ripassarne i contorni con la lingua. E scesi ancora più giù fino ad assaporare il suo membro

 

. Jun mi afferrò la testa e mi strinse le mani fra i capelli premendomi verso di lui. Una scossa di piacere m’invase improvvisamente offuscando la mia ragione. Tenendogli fermo il bacino, costrinsi Jun a distendersi su una pietra liscia che emergeva dall'acqua. Mi sollevai guardandolo negli occhi. Era sotto di me, ricambiò lo sguardo con un lieve imbarazzo e poi silenziosamente mi afferrò le spalle chinandomi verso di lui. Ero impaziente di possederlo, ma allo stesso tempo emozionato. Non l'avevo mai fatto...con un ragazzo.

 

Faceva caldo, il vapore dell'acqua si mescolava con quello dei nostri corpi ansimanti e ansiosi di fondersi l'un l'altro. Continuando a guardarlo negli occhi sollevai le gambe di Misugi e mi posizionai fra esse. Jun tremava. Sembrava spaventato.

 

“Wakashimazu, io...”Sussurrò con un filo di voce.

 

Sentivo che aveva il cuore prepotentemente agitato.

 

“Se non te la senti ci fermiamo, Jun” Lo rassicurai accarezzandogli la guancia.

Mi guardò cercando comprensione ed io leggevo nei suoi occhi il timore. Gli sorrisi, mentre passavo la mia mano fra i suoi capelli.

 

“Continua, Ken...”

 

La sua voce si sciolse, come le mie mani sul suo corpo.

 

Mi abbassai e affondai dentro di lui. Misugi emise un grido di dolore, che mi bloccò per un istante. Scivolammo in acqua, io sedevo in terra e lui sul mio grembo. Avere Jun completamente seduto sopra di me mi faceva ribollire dall'eccitazione. Il suo petto che premeva contro il mio; cominciai a baciarlo avidamente. E poi ricominciai a muovermi, e come sentì Jun abituarsi al mio corpo  spinsi sempre di più.

 

Avevo terribilmente caldo, sentivo le gocce di sudore solleticarmi la schiena, mescolarsi con quelle di Jun e con l'acqua della sorgente, mentre i nostri corpi avevano preso a muoversi simultaneamente. Ero sempre più eccitato,e anche il capitano della Musashi non era da meno. Non capivo bene quello che stava succedendo, erano sensazioni nuove ma terribilmente travolgenti.

 

Il movimento frenetico.

L'aria soffocante.

Il calore dei nostri respiri.

I brividi sulla schiena.

 

L'eccitazione.

 

Mi assalì violentemente come mai prima. Stavo venendo, il cuore mi scoppiava. Gridai. E Misugi venne con me.

Fu terribilmente bello. Pensavo di impazzire.

 

“Sono pazzo, Misugi”- Feci ansimando.

 

Mi guardò.  Affannato, stanco. Gentile.

 

“E io di...come te” Sorrise.

 

Ebbi paura di quello che stava per dire.

 

 

Quella stessa sera cominciai a chiedermi come eravamo arrivati a quel punto. Ero sotto la doccia e con l'aiuto di un getto d'acqua gelido tentai di risollevarmi. Ero stordito, particolarmente inquieto.

Confuso.

Era come risvegliarsi da un lungo sogno, incapace di realizzare se il momento che stavo vivendo era  o meno reale.

Lentamente tornai in me. Cosa mi era successo in quei giorni?

Era come se il tempo si fosse fermato.

Jun Misugi.

La sua essenza si era impadronita di me, pervadendomi.

Dominandomi.

Era come aver perso la ragione.

 

Mi ritornò in mente la mia vita. Il calcio, la Toho, Hyuga e Takeshi..

 

“Sono un portiere” Ripetevo fra me.

 

Il pensiero di Jun. Eccolo. Pronto ad emergere appena tento di non ricordarlo.

Era entrato nelle mie vene. Si nutriva della mia carne.

 

“Come faremo a...” Mi assalì una paura: la squadra, gli amici, il campionato.

Gli altri.

 

“Non posso, deve tornare tutto come prima.”

 

 E fu come se una lama mi squarciasse il petto.

 

 

 

Fu un'altra serata di passione, nella mia camera. Avrei voluto parlare, ma la sola vicinanza di Misugi accendeva in me il desiderio di averlo. Non riuscivo a controllarmi. Volevo possedere Jun, volevo che mi possedesse. Non potevo resistere.

 

Ma ormai la mia mente aveva ripreso a funzionare e, improvvisamente parlai, , dando voce alle parole più false che avrei mai voluto dire.

 

“Misugi...” Eravamo distesi sul futon, entrambi supini e stremati.

“Dimmi..”

 

 Cercai di sorridere, di essere forzatamente scherzoso.

Volgarmente bugiardo.

 

“Mi chiedevo come faremo a far finta che non sia successo nulla quando torneremo alla nostra vita quotidiana.”

 

Si voltò di scatto verso di me. Gli occhi di Misugi si fecero di ghiaccio.

 

“Cosa intendi?”

 

Avevo il cuore in gola, stavo male, ma mi sforzai di continuare, ferendomi di più.

 

“Bè, non è che potremo continuare con questa storia. Eh, eh. Sarà difficile nascondere che c'è stato qualcosa fra noi. Ma dovremo sforzarci! Ah, ah, ah.” Risi nervosamente.

 

Non era la verità. E lo sapevo. Non volevo parlare così, eppure lo facevo. Non capivo. Cercavo di convincermi di chissà quale verità.

L'atmosfera si congelò. Fu il momento più difficile della mia vita.

 

Jun mi parve irrigidirsi, stringere i pugni. Si sollevò sul bacino, si voltò privo di un'espressione interpretabile.

 

Non era arrabbiato.

Non era triste.

Era imperscrutabile.

 

Ero ansioso di sentire la sua risposta.

 

“Bhè...mi sembra giusto. Basterà far finta di niente. Non ci vuole la laurea.”

 

Spietato.

Le sue parole mi fulminarono.

Rimasi senza fiato.

Come incredulo.

 

Non mi capivo.

 

Era come se non mi aspettassi tale risposta.

Non volevo chiudere tutto questo? Perchè ora stavo improvvisamente così male?

Avrei dovuto prevederlo. Jun Misugi non era il tipo da pregare nessuno.

Non faceva trapelare le sue emozioni. Aveva accettato... e basta.

 

“Più sereno adesso?” Forse sorrideva, o si sforzava  “Meglio dormire ora. Sono stanco.”

 

Si voltò su un lato, terminando con un infinito e lacerante silenzio.

Non più una parola, non più una carezza.

Come se nulla fosse mai esistito.

 

Mi sarei ben presto pentito delle mie parole.

 

La mattina mi svegliai con un cerchio alla testa.

 

“Mhn...Misugi” Aprì gli occhi, mi voltai: il futon era vuoto.

 

Mi guardai intorno. Nessuno. Cominciai ad avere una strana sensazione.

 

Noncurante di ogni cosa, di essere in boxer, di essere sconvolto all'aspetto, mi alzai di scatto per uscire immediatamente. Aprì la porta e mi precipitai verso la stanza di Misugi. Mi bloccai davanti alla sua porta.

 

Sbarrai gli occhi.

La voce mi si chiuse in gola.

 

La porta era spalancata. La stanza vuota. Non più un vestito, una borsa.

 

Scavai nella memoria. Misugi non mi aveva mai detto quando sarebbe partito.

Incredulo, continuavo a fissare il vuoto. Ero in trance...

 

“....mazu...Signor Wakashimazu...em...”

 

Mi scossi. C'era il signor Matsumoto dietro di me, aveva delle coperte in mano.

“O scusi!” Lo feci passare, stordito.

 

“Grazie ragazzo.” Si accinse a mettere le coperte nell'armadio. Osservavo i movimenti in silenzio.

“È successo qualcosa al signorino Jun?” La sua domanda mi fece sobbalzare.

“Che intende?” Feci, quasi balbettando.

“Mah, è che stamattina aveva uno sguardo così cupo. Come se fosse ferito profondamente.”

 

Non sapevo cosa dire.

 

“E poi la cosa strana è che due giorni fa mi disse che avrebbe rimandato la partenza...”

“Cosa...?” Cominciai a tornare in me.

“Stamattina invece è voluto partire così d'improvviso. Sono preoccupato. Spero vada tutto bene...il signorino non è una persona che esterna facilmente le sue preoccupazioni...mah.”

 

Non potevo più ascoltare, così mi allontanai e tornai in camera. Chiusi la porta alle mie spalle, mi ci poggiai. Tremavo.

 

Forse trattenei le lacrime.

 

“Sei uno stronzo, Jun Misugi...” sibilai.

 

Avevo segnato la mia fine con le mie stesse mani.

 

Fine V parte

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