Disclaimers: I Pg di questa storia non sono assolutamente miei…peccato…

Ringraziamenti: Alla mia adorata amica Quistis che mi ha sostenuta nella stesura di questa storia^_^ Grazie mia adorata!!


 


Il cuore e il pallone

parte I

di Releuse


Era   l’imbrunire.

L’orizzonte si tingeva dei colori del fuoco: il sole, ormai dai contorni definiti,  stava per tuffarsi nel mare e sparire lentamente lasciando spazio alla notte. Avevo gli occhi stanchi. Certo, osservare il sole che tramonta non è una cosa ottima per la vista, ma ero incantato da quella visione…non percepivo altro. Ero troppo soprappensiero, divorato da quei dubbi che da tempo mi perseguitavano. Dalla fine dell’ultimo campionato.

 

Quei tiri...perchè non li ho parati? Tre  tiri...diavolo!

 

 Ero ancora sconvolto.

 

Quell'anno la finale del campionato la disputammo contro  la Musashi. La squadra di quella faccia di bronzo di Jun Misugi.

Rabbia.

Risentimento.

Vergogna di me stesso.

 

Non ero riuscito a parare due dei suoi tiri. E aveva giocato solo gli ultimi venti minuti...dai nervi non fui in grado di parare neanche il tiro di un altro semplice giocatore...tre goal. Ken Wakashimazu che si fa fare tre goal! Ero al limite. Se non fosse stato per la rabbia e determinazione di Kojiro, che ribaltò il risultato, a quest'ora avremmo perso il campionato. Possibile che fossi al limite?

 

Continuavo a domandarmelo.

 

I pensieri mi assorbivano in un turbine sconquassante.

Tornai alla realtà appena sentì i cigolii dei freni del pulmino sul quale stavo viaggiando.

 

Ah, sono arrivato…?

 

Mi guardavo intorno, c’era un immenso bosco verde che si presentava al mio sguardo, ero un po’ perplesso, e mi accorsi un istante dopo della costruzione alla mia destra.

 

È  la pensione…finalmente!

 

Trassi un sospiro di sollievo. Ero abbastanza nauseato dal viaggio: tutte quelle curve per salire! Il mio stomaco non reggeva più! Per fortuna stavo scendendo.

La pensione era in perfetto stile giapponese, in legno, con una vegetazione estremamente curata intorno. Pagai il pulmino e, preso il mio zaino, mi diressi all’entrata.

 

 

“Speriamo di trovare un po’ di relax”, sospirai “...ne ho davvero bisogno.”

Entrai, mi venne incontro un signore di mezza età, minuto e in abiti tradizionali.

 

“Il signor Ken Wakashimazu?”Era cordiale.

“Si, sono io” Risposi distratto mentre osservavo l’ambiente. Un paio di persone in kimono stavano uscendo.

“Sono il signor Masumoto, la stavo aspettando. Prego, le mostro la sua stanza.”L’uomo sorrise gentilmente.

 

Mentre salivo le scale continuavo a guardarmi intorno. C’era un profumo di cera per legno che ad un certo punto mi sembrò eccessivamente pungente, mentre il corridoio era ornato da piccoli bonsai ben curati. Arrivammo davanti alla porta.

 

“Questa è la sua stanza, prego si rilassi pure. La cena è servita dalle 20 fino alle 10. Se desidera può scendere alla sorgente termale dietro la struttura per farsi un bel bagno e alleviare la stanchezza del viaggio. C'è la vasca in pietra. Per qualsiasi cosa io sono al piano di sotto” Sorrise , s’inchinò dirigendosi nuovamente verso le scale.

 

Entrai nella stanza, non era molto grande, ma mi diede subito un senso di tranquillità e calore. Tipicamente in legno, alle pareti erano appesi dei disegni tradizionali giapponesi: donne in kimono fra alberi di ciliegio e volatili di mille colori. Il futon era già stato preparato e quindi mi ci gettai sopra immediatamente desideroso di scaricare un po' di tensione.

 

'Ah! Finalmente! Son tutto intorpidito. Questo viaggio non finiva più…spero di rilassarmi in questo posto. Ho bisogno di evadere, ho troppi pensieri. Non so più cosa fare…certo, se lo sapesse Hyuga non gli farebbe piacere. Si stava già lagnando del fatto che non mi sarei allenato in questo periodo di vacanza. Ma non sa il motivo. Non posso diglielo…devo capire da solo…il calcio, i compagni…ne vale la pena?...'

 

Mi addormentai così, con lo zaino ancora su una spalla, la maglietta appiccicosa di sudore.

 

Vedevo solo il pallone e la rete, intorno era tutto buio. Un tiro molto potente: perché rimango immobile senza tentare di pararlo? Sembro pietrificato. È entrato…è goal. Aprì gli occhi di colpo e mi sollevai di scatto: stavo sognando? Per un attimo provai un senso di smarrimento e non riconobbi la stanza. Lentamente mi guardai intorno…realizzando dov’ero.

Ah, la pensione….

 

Mi gettai all’indietro fissando il soffitto; feci un lungo sospiro per scacciare i pensieri.

 

Mi son addormentato per 10 minuti?  Uff! Devo rilassarmi, non posso continuare così. Andrò a farmi un bel bagno termale, così starò meglio.

 

Raccolsi le forze e mi sollevai da terra. Accidenti! Com’erano pesanti le gambe! Con movimenti quasi meccanici frugai nel mio borsone, presi un asciugamano e uscì dalla stanza per dirigermi nel retro della pensione.

C’era una bella struttura in legno con  il tetto sferico coperto da delle vetrate: che spettacolo!

Appena entrai sentì subito la differenza di temperatura, data dal calore e dall’umidità della fonte; mi spogliai e raggiunsi l’acqua termale. Che tepore…e che silenzio! Non doveva esserci nessuno, pensai, guardandomi intorno e non notando alcuna figura. La sorgente era molto accogliente, con piante e rocce che emergevano svariatamente. Prima di immergermi toccai l’acqua.

 

Ah, che meraviglia! Pensai e sorrisi fra me e me.

“Le terme sono tutte per me. Che goduria!!”

M’immersi fino al collo, lentamente, per assaporare l’acqua che delicata bagnava il mio corpo. Finalmente una sensazione di relax: mi abbandonai a quel tepore e per un attimo non pensai più a nulla…finchè, i miei tormenti emersero d’impeto.

 

Sono un portiere, continuerò in questa strada? È Quello che voglio?...prima odiavo il calcio, poi quel tiro di Hyuga, la sua sfida. . Volevo dimostrare di poterlo parare, come Genzo Wakabayashi…ma dopo l'ultima partita...bè in tutte le ultime non sono stato granchè.

 

Avevo tanti, troppi pensieri che mi perseguitavano. Stavo perdendo di vista molte cose, dovevo mettere ordine nella mia testa.

 

Almeno qua non penserò ai doveri del calcio. A Hyuga, a Takeshi a Genzo… al calcio stesso…

 

Tornai a rilassarmi, nuotavo all’indietro…lasciandomi accarezzare dall'acqua piacevolmente tiepida. Ad un certo punto sfiorai qualcosa con la mia spalla destra

 

“Una pietra…?”

Mi voltai…e…

 

“AH!!!!”

 

Un doppio grido di spavento sibilò nell’aria. C’era qualcun altro e non me n’ero accorto. Accidenti, che colpo!

 

“Wa…Wakashimazu?”

 

Eh? Era il mio nome? Ma…aprì bene gli occhi…misi a fuoco e… Non è possibile! Ma stiamo Scherzando? Io…che ero andato in quel posto per non pensare al calcio, per distrarmi, perché…no! Lui, no…la persona meno adatta in questo momento per la mia condizione. … Lui! Il Martire del calcio!

 

“Misugi? Jun Misugi?”

 

Il destino voleva scherzare…era davanti a me…i capelli bagnati che gli accarezzavano il viso, le spalle che emergevano lasciando scoperto lievemente il torace…gli occhi che mi fissavano con stupore. Che cosa ci faceva Jun Misugi in quel posto? Non credevo ai miei occhi…dovevo avere un’espressione eccessivamente sconvolta dato che il capitano della Musashi aggrottò la fronte come per interrogarsi della mia espressione e reazione…ma poi sorrise subito.

 

“ Hey, Wakashimazu! Non sono un fantasma, non fare quella faccia…eh eh . Incredibile trovarti in un posto simile, non è da te!”

 

Ma…faceva ironia? Insomma…cosa diavolo intendeva? Perché, che posti pensa che frequenti…?! M’irritai della sua affermazione, ma forse ero solo nervoso di mio.

 

“Ah, certo, invece questi posti da nonno sono degni di te!”.

Risposi seccato. Misugi mi guardò un attimo e scoppiò a ridere, non tornava più!

 

“Hai ragione, è vero! Ah, ah, ah!...sei il solito Wakashimazu.”

 

Misugi si stropicciò un poco gli occhi e sorrise di nuovo, ma compiaciuto.

“Io vengo qua da quando ero piccolo. Prima ci venivo con i miei, ora ci torno da solo, per cercare un po’ di relax. Per riposarmi dopo il campionato…E lei signor Wakashimazu perché si trova in questo posto da nonni?

Sospirai, rilassandomi. Me l’ero cercata…bè, in sostanza i miei motivi non erano così diversi dai suoi…anche se…

“Anche a me hanno consigliato questo posto per rilassarmi…- parlai con un filo di voce quasi vergognandomi.”

 

Misugi battè le ciglia sorpreso…

 

“Dai, anche tu hai il permesso di rilassarti di tanto in tanto? Pensavo che Hyuga vi mettesse più in riga”

 

Scherzava, si vedeva. Ma improvvisamente qualcosa parve balenargli in testa e disse ciò che speravo di non sentire.

 

“Ma, Wakashimazu, non dovresti essere con la squadra ad allenarti in vista della partita…?Il prossimo mese abbiamo l’amichevole con la Francia, ricordi?...anche se è un’amichevole…non rilassarti troppo!”

 

Non l’ascoltavo più. Con tutta probabilità non voleva accusarmi, ma solo scherzare. Ma non capì. Fu tutto buio per un istante. Pensai che stesse rivangando l'ultima partita. La pelle s’irrigidiva, le parole cercavano di uscire…I miei nervi cedettero in quell’istante, dando voce a tutto ciò che si nascondeva da tempo dentro di me. Alzai la voce :

 

“Ti ci metti anche tu adesso a dirmi cosa devo o non devo fare?! Solo perchè mi hai fatto due goal non assumere quell'aria da superiore! senti, decido io se, e quando giocare a calcio. Nessuno deve costringermi!vacci tu se ne hai voglia ad allenarti, mi sembra che invece stai qua a fare niente! Ah, scusa, se non puoi permetterti di giocare!...”

 

In quell’attimo Misugi mi fulminò con lo sguardo…non l’avevo mai visto così severo.

Tacqui. Avevo esagerato. Mi sentì un verme.

Me l’ero presa con lui. Lui che nonostante la sua malattia continuava a voler giocare a calcio. Probabilmente ero colpito dalla sua dedizione...e lo invidiavo. Invidiavo la sua determinazione. La sua motivazione.

 

“Maledizione, scusa Misugi…”

 

Misugi si calmò con me, non aveva più lo sguardo gelido, era apprensivo , parve capire.

“Hey, Wakashimazu… io non mi riferivo alla partita.”

“Lo so. Scusa”

“Senti, ho capito che non era da te giocare così. Ora poi...che ti succede Wakashimazu?”

 

Non era uno stupido. Probabilmente pensava che non mi aveva mai visto così. Certo, sono una testa calda, ma difficilmente me la prendo con i compagni. E in quel modo.

“Sinceramente...” Accennai con un filo di voce e con il viso abbassato “...non so ancora se giocherò la partita con la Francia…”Ero nel panico.

Perché stavo confessando la verità a Misugi?

 

“Che? Che cosa stai dicendo?”Misugi mi guardava come sconvolto, incredulo.

Non gli risposi.

D’improvviso mi afferrò violentemente per le spalle costringendomi a guardarlo negli occhi. Era preoccupato.

 

“Hey, Wakashimazu! Che diavolo succede, me lo vuoi dire?”

 

Avevo un nodo alla gola. Misugi mollò la presa…e solo allora riuscì a dire qualcosa, parole un po’ confuse ma colme di rabbia e ansia.

“Non…non so se continuerò a giocare a calcio.”

“Ma, perché?”

“Perché non so più se è quello che voglio. Tempo fa è stato Hyuga a convincermi a giocare. Con il suo tiro…volevo dimostrare di poter essere il migliore. Superare Wakabayashi. Ma…non sarò mai come Genzo. Forse giocavo per quel motivo. Ora, non ho più lo stesso entusiasmo. Forse…non ho mai avuto un buon motivo per giocare a calcio…nell'ultima partita mi sentivo come bloccato. Privo di forze, di motivazione. Non so.”

 

Perché stavo dicendo quelle cose a Misugi? Mentre le parole incontrollate uscivano dalla mia bocca me lo chiedevo in continuazione. Eppure non potevo più dominarle, era come se  dopo essere state a lungo represse avessero perso la ragione e urlassero a gran voce.

 

“Che dici Wakashimazu? Il calcio…è una passione…” Jun Misugi era come impietrito. Mi fissava con sguardo incerto come per capire meglio le mie parole. Lo interruppi.

 

“È una passione. Lo direbbe anche Ozora. Hyuga invece lo fa per vincere. Ma io non sono come lui, né come te. Tu, diamine, ti lasceresti schiattare sul campo pur di giocare. Io non riesco ad essere come te. Anzi, la tua filosofia proprio…non la capisco. Fino a quel punto poi…-  Stavo iniziando a capire… ero davvero geloso del coraggio di Misugi. Della sua passione, del suo sforzarsi di giocare a calcio nonostante la malattia…in modo incondizionato; forse sfogarmi con lui sarebbe stato catartico. Il mio inconscio l’aveva capito.

 

Misugi assunse un’espressione di conforto, poggiandomi la mano sulla spalla come per incoraggiarmi.

 

“Non è solo questione di Calcio Ken. Per me lo è. Per Tsubasa e per Hyuga. Anche loro preferirebbero morire piuttosto che lasciare il campo.” Disse Scherzando.

“ Ma per te? Cosa c’è d’importante? Anche se non è il calcio. Una passione ti deve coinvolgere a prescindere dai motivi. È passione e basta. Quando avrai trovato qualcosa a cui dedicarti senza un motivo specifico che non sia la passione, allora ti sentirai come me. Oppure devi trovare un altro buon motivo per dedicarti al calcio, no?” Sorrise  beffardo.

 

Mi scappò in risolino. Feci un bel respiro. Stavo un po’ meglio, mi sentivo l’animo più leggero.

 

“Dai, Wakashimazu. Non pensarci troppo. Capitano a tutti momenti di crisi. Vedrai che capirai cosa vuoi. Hai bisogno di distrarti.”

 

Era gentile Misugi.

Credo capì alla perfezione quello che volevo dire e che avevo affermato con tanta foga.

 

“Mi dispiace essermela presa con te…son proprio un cretino!” Abbassai lo sguardo mortificato.

 

Jun Misugi fece d’improvviso un bel sorriso e il suo tono di voce divenne squillante.

 

“Dai, per distrarti sai cosa facciamo stasera? Scendiamo in paese che c’è la festa del tempio!!”

“Che? Festa?” Tornai con i piedi per terra, i pensieri scomparvero in un lampo.

“Si! Ci sono un sacco di bancarelle e giochi! Andiamo!” Gli occhi di Misugi s’illuminarono entusiasti.

“Bè…non mi piacciono tanto le feste tradizionali…” Feci io indeciso..

“Ma quanto sei difficile… è divertente. Poche storie!”

 

Eravamo vicini al bordo della sorgente termale. Misugi  uscì dall’acqua. Il suo corpo piegato sulle ginocchia si alzò in piedi, di fronte a me…mi dava le spalle.

 

Persi le parole. Il suo corpo nudo mi ammaliò.

Era incredibilmente perfetto…bellissimo. Non riuscì a togliere lo sguardo:  quelle spalle muscolose, la schiena longilinea, rosea…i fianchi sodi, incredibilmente seducenti. Mi mancò il fiato.

Misugi si legò l’asciugamano alla vita e si voltò verso di me, guardandomi negli occhi. Non so come mi trattenei dallo sprofondare dalla vergogna, anche perché lui parve interrogarsi sulla mia immobilità. D’un tratto sorrise e mi offrì la sua mano per tirarmi su.

 

“Forza, campione! Ci aspetta una bella serata!”

 

Tergiversai un attimo. Non capì perché mi ero emozionato in quel modo. Poi gli tesi la mano. La sua stretta era decisa, forte; mi trasmesse fiducia.

Alla fine andammo veramente a quella festa e scoprì…un Jun Misugi inverosimilmente…diverso dal solito!

 

FINE I PARTE.....