Disclaimers:purtroppo i personaggi di questa
fic non sono miei ma della Yoshida che non mi vuole regalare nè Ash nè
blanca ç_ç
quest’obbrobrio
è per il compleanno della mia mammina ASHamita!!!!!! Tanti tanti tanti
auguri TESssssssssssssssssssssssssssssss (ops..mi si è biforcata la lingua
O___O)
NOTE la fic si colloca alla fine del 12°volumetto…dopo che Ash se le è
fatte suonare da Blanca..
Tra <<>> i discorsi presi dal fumetto
Il coraggio
dei conigli
di Niane
TITOLO il coraggio dei conigli
PARTE 1\1
AUTORE Niane
SERIE banana fish
PAIRING Ash-eiji
RATING r\s
Blanca sospira guardando le linee sottili della pioggia infrangersi sui
tettucci delle auto.
Odia la pioggia; è uno dei tanti motivi che l’avevano spinto a scappare e
per cui non sarebbe voluto tornare. Mai.
A New York la pioggia quando cade ti bagna più che in qualsiasi altro
luogo del mondo. Cade, implacabile, da quei frammenti di cielo troppo
lontano, inscatolati tra le superfici lucide dei grattacieli. Troppo in
alto, troppo distante, irraggiungibile, mentre nelle isole del pacifico il
blu era così vicino da poter essere chiuso nel palmo abbronzato della
mano.
Con un sorriso ironico osserva il pugno destro, le nocche leggermente
ferite dalla colluttazione: in fondo, dopo così tanto tempo, era riuscito
ancora una volta a toccarlo e, ancora una volta, solo per picchiarlo.
Anche quel gattino selvatico è troppo lontano per poter essere raggiunto,
ma è un discorso ridicolo perché lui ai maschi continua a preferire le
donne: alte, more, formose, dagli occhi grandi e le gambe affusolate, però
Ash…il suo Ash…
Con un sospiro chiude gli occhi.
Ash era a terra, immobile, le braccia strette attorno al ventre, i capelli
d’oro sporchi di polvere, terra e sangue, lo stesso che si stava
incrostando lentamente all’angolo sinistro delle labbra. La voce poco più
alta di un mormorio, appena percepibile nel silenzio perfetto del
magazzino deserto. <<Io ora sono felice. In questo mondo c’è una persona
che si preoccupa per me senza chiedere nulla in cambio>>
Ash steso a terra, supino, il braccio sinistro abbandonato sul petto, una
star cinematografica sotto il sole di agosto in una spiaggia rinomata.
Peccato solo che ci fosse stato cemento sporco sotto la sua schiena,
sangue a sporcare il suo viso e la lurida maglietta che, pochi minuti
prima, era stata bianca. <<Non ammazzarlo. Non ferirlo. Lascialo perdere>>
<<Ti prego>>
Ti prego.
Quel cucciolo selvatico l’ha supplicato, ha quasi dell’incredibile.
Se non si sentisse stanco probabilmente troverebbe tutta la situazione
piuttosto divertente: Ash pronto a sacrificare la vita pur di salvare il
giapponese senza rendersi conto che così facendo riesce solo ad accrescere
l’odio e la gelosia del giovane Lee.
E’ sicurissimo che se solo Ash dimostrasse di aver perso interesse per
‘occhi a mandorla’, anche l’accanimento dell’altro verrebbe meno, ma Ash
non può farlo.
Chissà poi cos’ha di così speciale quel ragazzino giapponese per essere
riuscito nell’unica missione in cui lui, il grande Blanca, ha fallito:
ammansire la lince.
La pioggia tintinna con violenza contro il vetro e Blanca scuote la testa,
spostandosi dagli occhi i capelli scuri, accarezzandosi piano il mento
dove sta fiorendo l’ombra tonda di un livido.
La lince non è stata addomesticata, il suo gattino si è solo innamorato.
E ad esseri sinceri, un po’ gli dispiace.
La ceramica si rompe con un suono crudo, fastidioso, sembra lo
scricchiolare della sabbia sotto i denti.
Non c’è più nulla di integro nella camera: dei vasi preziosi ed eleganti,
dal soffice disegno azzurrato, non restano che schegge annegate nell’acqua
sporca dei fiori.
Inspirando forte Yue-lung Lee si spinge i capelli dietro le orecchie, la
lunghissima treccia semidisfatta simbolo di una sciatteria che non gli si
addice, ma che rappresenta perfettamente il disordine della sua anima e
fissa il disastro che ha lasciato. Centomila dollari di danno. Come
minimo. Però ne è valsa la pena, ora si sente calmo, la rabbia frustrante
che l’aveva invaso si è frantumata assieme ai cocci, sostituita da una
vaga spossatezza un po’ triste.
Non se l’era aspettato.
Non avrebbe mai creduto che Ash potesse abbassarsi a tanto. Lui che, per
vendicare il fratello, si era ribellato a Papa Dino gettando via il lusso,
i privilegi, la possibilità di vivere, aveva acconsentito.
Accettare di consegnare tutto il lavoro e i dati, che aveva accumulato in
quei pochi infernali mesi, a quel mafioso pedofilo. Gettare via tutto: la
verità, la vendetta, la fiducia, la sua stessa vita e tornare a servire il
suo vecchio aguzzino solo per…
…solo per salvare quell’insipido giapponese?
No. Non può crederci.
Con uno sbuffo irritato si siede sul morbido divanetto ottocentesco.
Non può crederci e basta.
Eppure….
La pistola pesava nella sua mano, tendendo il muscolo del braccio. Davanti
a lui, serafico e disarmato Ash lo fissava con un sorriso appena accennato
e una calma irritante che brillava negli occhi di smeraldo liquido.
<<Sei in grado di sparare sorellina?>> gli chiese prendendolo in giro.
Lee sorrise in risposta<< Non sarò io a fare fuoco>> spiegò con un
sussurro porgendogli l’arma argentata <<Sparerai tu. Da solo. Nella tua
testa. Voglio vedere il tuo geniale cervello schizzare qua attorno. O
preferisci che ammazziamo il tuo preziosissimo Eichan? Se fai come ti dico
non alzeremo più le mani su di lui. Te lo giuro in cambio della tua
preziosissima vita: puoi farlo?>>.
Senza una parola Ash afferrò l’arma, puntandosela alla tempia, premendo
allo stesso tempo il grilletto. E quando al clok del cane che scattava non
era seguito il boato dello sparo, tutto quello che aveva saputo dire era
stato <<Dammi i proiettili>>.
Perché? Perché Eiji? Cosa ne sa quel giapponesino della loro vita?
Della violenza e del sangue che sostengono il potere? Della necessità di
uccidere per vivere? Perché Ash era così schifosamente pronto a perdere
tutto per quell’omuncolo debole?
Perché non si era mai girato di scatto quando Eiji entrava nella stanza?
Perché in sua compagnia i suoi muscoli si rilassano?
“Perché ami lui e non me?” sussurra.
I petali distrutti dei tulipani gialli continuano a dondolare tra i
frammenti di ceramica ed acqua, incapaci di dargli una risposta.
Eiji ha le labbra distese in un sorriso dolce, addormentato sembra così
indifeso, fragile, come se bastasse solo toccarlo per vederlo cadere in
mille pezzi.
Ash siede sul letto in silenzio,attento a non farlo cigolare, osservando
quel viso da bambino: lineamenti poco accennati, come quelli delle donne
americane, occhi neri, profondi ed allungati. Quel modo di fare così
gentile con tutti, educato in un mondo fatto di sputi, parolacce e
coltelli a serramanico, nel ‘suo’ mondo fatto di cazzotti, violenza e
prostituzione.
Eiji che non aveva mai assassinato nessuno, mentre ormai lui non era più
in grado di tenere il conto dei suoi morti sulla punta delle dita, nemmeno
se si aiutava anche con quelle dei piedi.
Eiji che veniva spinto all’indietro dal rinculo della pistola che non
sapeva usare.
Troppo facile vedere in Eiji il simbolo dell’utopia che si racconta ai
bambini, una creatura debole, un cuore fragile, un piccolo coniglio
gettato per sbaglio nella gabbia dei leoni.
Si erano tutti, Ibe compreso, soffermati a guardare la pelle candida e
soffice, il passo leggero di chi non fa rumore per non farsi notare, senza
mai vedere gli occhi profondi, sicuri, della docile belva.
Erano tutti convinti che lui, Ash, fosse il duro: bastava un suo sussurro
perché un esercito di giovani teppisti si muovesse ai suoi ordini. Era lui
quello che stava lottando contro la mafia corsa ed il governo.
Lui era il diavolo bianco, la mente, il boss, il duro.
Così duro da essere pronto a tradire tutto pur di salvare il suo piccolo
mondo moro addormentato come un bambino.
Forse spera che Eiji apra gli occhi neri e lo guardi sorridendo, come
aveva fatto la notte prima.
Sospira piano.
Avevano parlato del Giappone fino a tardi, poi Eiji era crollato sul
cuscino, vinto dal sonno e dalla debolezza della febbre. Con un sospiro
Ash l’aveva coperto, fino alla punta del naso perché non prendesse freddo
e si era steso a sua volta nel proprio letto.
C’erano piccole luci tonde ed appannate che serpeggiavano sul soffitto,
ogni volta che nella strada lontana le luci delle auto si riflettevano nel
gioco di specchi creato dalle superfici lucide dei palazzi.
Si spostavano da destra a sinistra per scendere appena lungo la parete
prima di morire nell’ombra.
Per ogni luce che moriva altre ne nascevano, tonalità di giallo più o meno
intense, continue, irriducibili perchè New York non dormiva mai. Forse
anche la città aveva perso la speranza e non riusciva più a dormire, come
lui.
Con un sospiro triste si alzò.
Eiji dormiva sdraiato su un fianco, rivolto, come sempre, verso il suo
letto, il viso calmo nonostante la ferita che gli aveva trapassato la
spalla. Una ferita lieve, un semplice avvertimento.
Le gambe gli tremarono costringendolo ad inginocchiarsi per terra,
nascondendo il viso contro le lenzuola. Quando aveva visto il sangue
zampillare macchiandogli la maglietta aveva sentito il proprio cuore
rattrappirsi impaurito. Non poteva perderlo. Cosa ne sarebbe stato di lui
se glielo avessero portato via? Eiji era tutto ciò che gli rimaneva. Le
lacrime gli pungevano gli occhi, bruciando come aghi. Non poteva
perdonare. L’avevano ferito, avevano minacciato l’unica persona al mondo
che fosse importante. Dovevano morire.
Una mano bianca si infilò tra i suoi capelli, spettinandoli dolcemente.
“Ash?”
Ash scosse la testa, mordendosi le labbra per trattenere i singhiozzi che
minacciavano di scappare dalle labbra contratte.
“Ash” sospirò Eiji sollevandosi a sedere di scatto e la spalla ferita
protestò dolorosamente mordendogli la carne e costringendolo a gemere
leggermente di dolore.
“Ti fa male?” sbotto Ash alzandosi in piedi immediatamente,
accompagnandolo piano verso il cuscino, aiutandolo a stendersi.
“No, va tutto bene, solo mi sono mosso troppo in fretta, mi ero
dimenticato”
Ash si congelò, le mani immobili sul petto del moretto, il ginocchio
sinistro appoggiato al pavimento. “Dimenticato? Ti prendono a pistolettate
per la prima volta in vita tua e tu ti dimentichi?” sbottò allibito.
Eiji arricciò il naso, guardando il soffitto “ E cosa dovrei fare?
Segnarmelo sul calendario e festeggiarne l’anniversario?”
Ash abbassò lo sguardo, inginocchiandosi di nuovo accanto al letto “Scusa.
E’ tutta colpa mia, se tu non mi fossi stato accanto, se non ti avessi
coinvolto in questa storia….”
Eiji sbuffò “ Ash…tu non mi hai coinvolto, sono io che ho voluto restarti
accanto”
“Eiji” sussurrò piano, sfiorandogli la guancia con le dita prima di
allungarsi su di lui e posare le labbra sulla sua bocca in un bacio
impalpabile.
Eiji arrossì: un rosso acceso, caldo che gli colorò le guance ed il collo.
“Mi hai….mi hai..mihaibaciato” balbettò.
Ash si schiarì la gola abbassando lo sguardo sul pavimento.
“E io non avevo mai baciato nessuno…”
Il biondo spalancò gli occhi fissandolo sorpreso “EH? Mai? Nessuno? Ma sei
anche più grande di me!”
“E che vuol dire?” si difese Eiji, arrossendo ancora di più per
l’imbarazzo “da noi i baci sono cose serie, manifestazione di sentimenti
importanti” brontolò a mezza bocca.
La mano di Ash sfiorò la sua accarezzandogli leggermente la falangetta del
medio e dell’indice
“Anche qui” sussurrò senza guardarlo in faccia.
“Era il mio secondo bacio…” riprese pensieroso Eiji, senza spostare la
mano da sotto quella calda e grande di Ash “Il primo me l’hai dato tu
poche settimane dopo il mio arrivo, ricordi? Quando eri in prigione”
Ash sbuffò divertito “Quello non era un bacio...dovevo pur passarti il mio
messaggio in qualche modo, no?”
Per un lunghissimo istante silenzioso Eiji si limitò a guardare le
lenzuola che si arricciavano attorno alle sue gambe, piccole colline di
cotone bianco, poi inspirò con forza: “E’ per questo che mi hai ficcato
anche la lingua in bocca?” chiese in un fiato.
Ash tossì la saliva che gli si era arenata in gola soffocandolo. “Ma che
dici? Non l’ho fatto”
“Si che l’hai fatto.”
“Non è vero” borbottò allontanandosi velocemente, recuperando la sicurezza
del suo letto, su cui si sedette abbracciandosi le ginocchia “e poi perché
devi tirare fuori ora una cosa accaduta mesi fa”
Eiji sbattè perplesso le palpebre “Ero solo curioso” spiegò dolcemente.
“E comunque non è vero” ripeté cocciutamente Ash, parlando direttamente
contro le proprie ginocchia, le labbra che sfioravano la pelle lasciata
nuda dallo strappo dei jeans.
“Certo che l’hai fatto, ci ho pensato così tanto che ancora mi ricordo
ogni dettaglio” sbottò Eiji alzandosi e sedendosi sul bordo del letto
accanto a lui “Anzi, se vuoi ti posso persino far vedere com’è andata! Mi
hai preso alla sprovvista così” e l’afferrò per le spalle “ti sei
avvicinato” continuò portando il suo viso acanto a quello del biondo,
respirando il respiro di Ash “e….e…” balbettò immobile. Per un po’ non si
mossero, gli occhi di smeraldo incastonati in quelli di onice, l’aria
dolce che passava dai polmoni di uno a quelli dell’altro, unendo i loro
respiri. Nella strada che non voleva dormire le auto continuavano a
correre disegnando i loro luminosi dischi volanti sul soffitto della
camera. Con un sospiro Ash chiuse gli occhi, passando una mano dietro la
nuca nera e morbida di Eiji, che si piegò sotto quella pressione
inesistente.
Le loro labbra si unirono appena, sfuggendosi per rincontrarsi di nuovo
con un piccolo schiocco.
Le dita si allargarono sulla nuca, accarezzando piano quella seta morbida
ed Eiji si aggrappò alla maglietta bianca e stropicciata di Ash, premendo
con decisione le labbra socchiuse su quelle rosee che si aprirono
dolcemente. Eiji gemette piano, un suono gutturale, quando la lingua
curiosa di Ash s’insinuò nella sua bocca, accarezzandogli leggermente il
palato, sdrucciolando sulla sua lingua, intrecciandosi con lei in una
danza lenta e sinuosa che gli mutò la carne, trasformandola in una
gelatina. Non aveva mai tremato così, nemmeno durante una sparatoria.
Piano Ash si allontanò da lui, regalandogli un ultimo bacio a fior di
labbra.
“E’ vero, non mi avevi baciato” sussurrò Eiji, proprio mentre Ash gli dava
ragione con un sospiro: “Si , ti avevo baciato”.
Per un istante si guardarono in silenzio, poi scoppiarono a ridere.
“Perché?” sussurrò Eiji asciugandosi l’occhio sinistro che gli lacrimava.
Ash inspirò, soffocando la tentazione di rispondere con un’altra domanda
pungente “Perché ero convinto che saresti tornato in Giappone, che non ti
avrei più rivisto e volevo farlo….”, sospirò abbassando la testa “e perché
mi piaci”.
Eiji trattenne il fiato, sentendo il cuore ingrossarsi a dismisura nel
petto.
<<Anche se tornassi a casa cosa faresti? Come potresti essergli utile?>>
<<Tu gli sei solo d’intralcio>>
“Perché?” chiese, la voce che tremava, le parole crudeli di Youssis che
gli risuonavano in testa come un 45giri bloccato.
“Perché sei tu” borbottò Ash grattandosi il collo “e quando sei con me io
sono felice. Quando sono con te non sono mai il boss o il diavolo bianco o
un moccioso teppista…”
“Io sono una palla al piede”
Ash ridacchiò scuotendo la testa “Per me è facile Eiji, io in quest’inferno
ci sono cresciuto. Tutti si spaventano se la Lince mostra gli artigli e la
gente probabilmente si metterebbe a ridere se lo facesse un coniglio…per
la lince ruggire è naturale, per il coniglio è un atto di coraggio estremo.Non
sei una palla al piede Eiji, sei l’unica persona che mi fa sentire
semplicemente Ash”
Eiji annuì appena, nella sua mente un piccolo coniglio bianco stava
riducendo in microscopici pezzi un 45giri impazzito.
“Ash?” sussurrò alzando il viso “ma le linci ruggiscono?”
Per un brevissimo istante Ash si limitò a guardarlo negli occhi, poi
grugnì gettandosi su di lui e spingendolo disteso sul letto,
immobilizzandolo sotto di sé. “Io ti faccio un discorso serio e tu ti
fermi su queste sottigliezze?”
“Ruggiscono si o no?”
Ash rimase zitto, fissandolo negli occhi che brillavano come la notte.
“Non lo sai vero?”
“Idiota” sibilò scendendo dolcemente sulle sue labbra, azzittendolo con un
bacio dolce.
Le braccia di Eiji salirono a circondargli la vita, stringendolo a sè,
mentre le loro lingue danzavano una sull’altra spezzettando i loro respiri
in piccoli affanni morbidi.
Il corpo di Eiji era caldo sotto il suo, cedevole ed accogliente e la sua
bocca era scivolata ad assaggiare la pelle nivea del collo, succhiandola
dolcemente.
“Eiji” aveva sussurrato sentendolo tremare e le mani calde del
giapponesino si erano insinuate sotto la sua maglietta, accarezzandogli la
schiena con gesti lunghi che lo avevano fatto rabbrividire.
“Ti salirà la febbre” aveva mormorato baciandogli il lobo morbido.
“Macchè” aveva protestato con un gemito Eiji, il corpo che si inarcava
sotto il suo, le labbra che si facevano strada sulla sua gola.
Ed Ash si era arreso.
C’era stato un momento nella scorsa notte in cui lui era divenuto Eiji ed
Eiji era diventato Ash. Ricorda la dolcezza del suo corpo che lo accoglie
dentro di sè. La forza delle braccia che lo stringono. Ha smesso di essere
un bambolotto da cui trarre piacere per diventare un ragazzo che prende e
dona piacere. Per la prima volta nella sua vita l’ha fatto per amore. Con
un sospiro triste gli accarezza la fronte bianca: è ancora leggermente
tiepida, ma la febbre è decisamente calata.
Non ha più tempo: Papa Dino lo aspetta.
In silenzio s’infila la giacca, abbandonando la stanza.
<<Alex, lascio tutto nelle tue mani>> ordina, sentendo la voce calma e
sicura come al solito, nonostante le facce attorno a lui siano
preoccupate.
<<Cosa pensi di fare Ash!>> grida Ibe, ha il viso pallido, spaventato; anche
lui un alieno in un mondo che non gli appartiene.
<<Una volta che è tutto finito, mi porteresti in Giappone eh Ibe?>>
Ibe apre la bocca sorpreso, ma Ash lo precede: << Voglio vedere il paese in
cui lui è nato>> sussurra prima di chiudersi la porta alle spalle. “Il suo
Paese” ripete.
Fuori ha smesso di piovere.
Nia -___- ohibò…che robaccia che è uscita >___< scusa mamy!!!!!
E ancora tanti tanti tanti auguri
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