PARTE: 9/9
DISCALIMER: i personaggi e la storia sono miei. (Si, questa è quella dei cantanti xò i cantanti vengono (hem...) + avanti)



Il concerto

di Schwarze Fee


Non so per quanto tempo rimango lì. So solo che quando mi riprendo non c'è in giro più nessuno. Sono solo io in uno stadio vuoto. E senza giubbetto!
Accidenti. Forse me lo sono tolto, o forse me lo ha rubato qualcuno. Peccato.
Ci tenevo a quel giubbetto, era un ricordo del liceo, ci avevo fatto una gita particolarmente divertente. Sento freddo, anche se è estate è notte e l'umidità mi penetra fino nelle ossa. Chissà che ore sono? Non ho la sana abitudine di portare un orologio.
Cerco con fatica di tirarmi in piedi, ma è terribilmente difficile. Il pavimento ha delle strane pendenze e il mio corpo fa un po' come gli pare.
Poi un rumore attira la mia attenzione. Sul palco c'è qualcuno.
Mi avvicino, ipnotizzato. E' lui! Non posso credere ai miei occhi. Non mi vede, lui è alla luce mentre io sono al buio. Così approfitto dell'occasione e me ne sto a guardarmelo per bene. Come è bello! Sicuramente ha fatto una doccia, ha i capelli bagnati che gli ricadono sugli occhi a ciocche. Il suo viso senza il trucco di scena è ancora più bello, pulito, quasi dolce. 
Indossa una maglietta nera che segna il suo torace e un paio di pantaloni larghi, neri anche loro. E sandali. Cribbio, proprio un tedesco! Mi viene da ridere.
Mentre pensa di non essere visto si comporta in modo del tutto diverso, non sembra più nemmeno la stessa persona. Si avvicina al microfono e canta.
Anche la sua voce è strana, diversa. Dolce. Triste. La canzone la conosco, l'ho già sentita durante il concerto, ma cantata così, senza base, è tutta un'altra cosa.
"Wilder Wein vor deinem Schloss
Wilder Wein ich bin bereit
man meldet Ankunft nur fuer den Koenig
Gott steh mir bei und oeffne deine Tore
Wilder Wein und ganz langsam
Wilder Wein so warm un feucht "
(Vite selvatica - davanti al tuo castello
vite selvatica - io sono pronto
l'arrivo è annunciato solo per il re.
Dio! Stai davanti a me e apri le tue porte
Vite selvatica - e molto lentamente
Vite selvatica - così caldo e umido)
Senza rendermene conto mi avvicino e mi porto alla luce. Lui alza lo sguardo. 
Non mi sembra particolarmente sorpreso. Termina la canzone, come se niente fosse. Poi scende dal palco.
Io comincio ad ansimare, mi manca il respiro. Non è possibile. Lui, il mio idolo, l'uomo che più ammiro sulla faccia della terra, ora è qui, davanti a me. E siamo solo io e lui. Non ci credo.
- E tu chi sei? - chiede. Dio, che bella voce che ha! Calda e morbida. Poi aggrotta la fronte. Si avvicina ancora un po'.
- Ah! Sei tu! -
Cosa? Come? Mi ha riconosciuto! Allora non mi ero ingannato. Lui mi ha davvero notato! E si ricorda di me!
- Io... io... cioè.. ecco... - balbetto come uno stupido. Lui sorride. Anzi, ghigna. Improvvisamente il suo volto diventa, come dire, inquietante.
- Come ti chiami? -
- Ha...Ha... Hansi... - balbetto ancora. Non so perché ma mi sento nervoso.
Perché mi guarda così? Perché mi sento tanto un coniglio davanti a una volpe?
I suoi occhi verdi sono freddi, e le sue labbra si alzano leggermente, scoprendo due canini bianchi e stranamente appuntiti. E' almeno dieci centimetri più alto di me, e il suo corpo è imponente, da l'idea di avere una grande forza.
Penso che se solo volesse, potrebbe sbriciolarmi come un grissino. 
Improvvisamente voglio andare via. Non è come pensavo. Quest'uomo mi fa paura. Perchè mi guarda così, cosa vuole da me?
Lancio un'occhiata intorno. Non c'è nessuno. Ho la bocca improvvisamente secca. Mi passo la lingua sulle labbra e vedo che lui ha notato il gesto e il suo sorriso si è accentuato.
- Vieni con me - mi dice. Il suo tono non ammette un rifiuto. Potrei scappare via, non credo che mi inseguirebbe, ma non ce la faccio, sono troppo intontito.
Poi mi do dello stupido. Insomma, cosa può volere da me? Non è mica il lupo cattivo. Magari ha capito che sono infreddolito e vuole invitarmi a bere qualcosa di caldo, o magari si sente solo e vuole chiacchierare un po'. 
Magari quell'espressione è una sua caratteristica. Certo! E' un'espressione che ho già visto in qualche foto. Quella sua aria cattiva, è una delle cose che ho sempre amato di lui.
Dove sono finite tutte le mie fantasie? Solo pochi minuti fa questa era la cosa che più desideravo. Io e lui soli. E allora perché adesso mi fa così paura?
Lo seguo. Passiamo dietro il palco, scendiamo una scala. Questo è uno stadio, quindi suppongo che stiamo andando verso gli spogliatoi. C'è un lungo corridoio con alcune porte. Lui ne apre una. Io mi blocco. Non voglio entrare. Voglio tornare a casa. Allora lui mi afferra per un polso e mi trascina dentro. 
Si, ha una forza impressionante.
Dentro la stanza mi guardo in giro. Non è molto grande, è una specie di ufficio con una scrivania, e tutto intorno ci sono appendiabiti con i costumi di scena. In un angolo un mobiletto con sopra uno specchio e i trucchi. 
Un po' qua e un po' là, attrezzi vari, chitarre, persino un lanciafiamme. 
Ma la cosa più scioccante, seduto alla scrivania, con i piedi sul tavolo e un'aria tra l'annoiato e lo scocciato, Richard, che ci guarda entrare come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Ha ancora i vestiti di scena, un paio di pantaloni metallizzati e delle strisce di plastica nere legate intorno al torace. I capelli sono ancora pitturati d'argento e ricadono intorno al suo viso in ciocche scomposte, e in un occhio ha ancora la lente a contatto bianca. E' bellissimo e spaventoso.
- E questo chi è? Dove l'hai trovato? - chiede, ridacchiando. E' terribile come sia dolce il suo sorriso e come sia crudele il suo sguardo.
- Ti piace? Girovagava qui fuori. Non ho potuto lasciarlo lì. E' notte e potrebbe fare cattivi incontri. - dice Till, con uno strano sorriso.
Non mi piace. Stanno parlando di me come se fossi un cane randagio.
Richard si alza e mi si avvicina. Mi gira intorno, squadrandomi.
- Si, è carino. - poi si rivolge a Till. - Però sinceramente non è che mi vada molto. Sono stanco. Questa serata è stata massacrante - e così dicendo si stiracchia, - da fastidio se guardo? - e torna a sedersi, sbattendo gli anfibi sul tavolo.
A questo punto mi è tutto chiaro. Ecco cosa vogliono da me. Mi devo svegliare, devo reagire. Senza dire una  parola scatto verso la porta. Ma Till è più veloce di me, si piazza fra me e la porta e mi spinge verso il centro della stanza, facendomi cadere a terra.
- Cosa vuoi fare? Perché te ne vuoi andare? Guardami, sono io, il tuo idolo!
Fino a dieci minuti fa sognavi di essere qui con me, di toccarmi, di fare l'amore con me. Non è vero, forse? Beh, adesso potrai realizzare tutti i tuoi sogni, non sei contento? Non ricordi? Gioca con me, ragazzino, gioca con me. -
Si, ricordo. E ha ragione. Questo è quello che volevo. E' la realizzazione di tutte le mie fantasie. Ma ora so che le fantasie sono una cosa, e la realtà un'altra. Quest'uomo doveva rimanere solo nei miei sogni e invece sta irrompendo con violenza nella mia vita vera, e io non voglio.
Si mette a cavalcioni sul mio stomaco e mi blocca le braccia tenendomi per i polsi. Mi fa male e mi impedisce quasi di respirare. Sembra deliziato nel vedere la mia espressione terrorizzata.
- Io vi conosco, voi fans! Voi credete che io sia un oggetto, una cosa che voi potete utilizzare a vostro piacimento! Nelle vostre fantasie mi fate fare tutto quello che volete, mi affibbiate caratteri che non ho, mi scopate e vi fate scopare da me in tutti i modi che volete. A voi non frega niente di me, voi volete solo la mia immagine, non ve ne frega niente di come sono, di cosa penso, di cosa mi piace e di cosa mi fa soffrire. Volete solo vedermi su quel palco a dimenarmi per il vostro divertimento! Ma io sono vero, sono reale. - e qui il suo ghigno si trasforma in un ringhio - E magari non sono esattamente come credete voi. -
Quest'uomo è pazzo! Comincio a gridare e a dibattermi. Ma lui è fortissimo, non riesco a spostarmi di un millimetro.
Mi tira in piedi come se pesassi due chili invece di sessantacinque e poi fa un cenno a Richard.
- Dai, Riki, vieni a darmi una mano. Il cucciolo fa resistenza. -
Richard sbuffa, ma si alza e viene a tenermi per le braccia mentre Till mi spoglia, lasciandomi completamente nudo. Usa la mia maglietta per legarmi i polsi.
- Non mi piacciono i cuccioli ribelli. Sai cosa ci vuole per i cuccioli ribelli? - dice Richard. Si aggira per un po' nella stanza, poi torna con un frustino nero, fatto con strisce di cuoio intrecciate. Me lo passa sulle guance. Io ricomincio a dibattermi, sapendo benissimo che non serve a niente.
Allora Till si appoggia con la schiena contro il muro e mi stringe contro il suo corpo, voltato verso di lui. Le mie braccia legate sono bloccate fra il mio corpo e il suo, e lui, con una mano, mi schiaccia il viso contro il suo collo. Tento ancora di dibattermi, ma non ho forza. Sono ancora stordito, mi gira la testa e sento le gambe che cedono. Mi abbandono contro di lui. 
Cosa sta succedendo? Cosa vogliono farmi?
Sento un colpo sulla schiena, poi un altro. Lo strano è che non fanno molto male. Forse il frustino è un oggetto di scena, forse è solo un gioco che li diverte e non vogliono farmi male davvero. O forse non sento il dolore perché sono sotto l'effetto di tutte le sostanze che ho in corpo.
La mia guancia è appoggiata contro la pelle di Till, le mie labbra la sfiorano, sento il suo profumo. Sento il calore del suo corpo e la sua forza mentre mi stringe contro di lui. Non è possibile. Non voglio! Ma è una cosa più forte di me. Il mio corpo sta reagendo a tutto questo e mentre io ho paura e voglio scappare da lì, lui sta provando piacere, sta desiderando che tutto questo continui. Mi sento come svenire, mi abbandono nel nido di calore che sento intorno a me. Vorrei dormire. Sento il suo cuore che batte, tu-tum...tu-tum...
calmo, tranquillo. E' impossibile. Quello che sta succedendo non lo sta sconvolgendo neanche un po'. 
Ma poi Till si sposta e mi appoggia con la schiena al muro, sento freddo mentre il suo calore si allontana. Richard si mette davanti a me e si appoggia con le sue mani alle mie spalle, schiacciandomi contro il muro. Se non lo facesse, io cadrei a terra. Till si mette dietro di lui. Mi ci vuole un po' per capire cosa sta succedendo. Till se lo sta facendo proprio lì davanti a me. E il suo viso è a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi mi fissano.
Vedo la sua bocca aprirsi, sento il suo respiro sul mio viso e sento i suoi gemiti mentre il suo corpo sobbalza sotto le spinte. Rimango incantato a guardarlo. Le sue smorfie di piacere sono bellissime, quasi intollerabili.
- Ti piacerebbe ... essere ... al mio posto? -
Io scuoto la testa - no... no... - ma non è vero. No, anzi, non lo vorrei, ma il mio corpo, sempre lui, questo stupido corpo, lo sta desiderando con tutto sé stesso. Ma loro non devono saperlo. Penso disperatamente a come nascondere la mia erezione, e mi rendo conto che non è possibile, nudo e immobilizzato come sono.
Alla fine mi viene addosso, sento il liquido caldo picchiare contro il mio stomaco e colare lungo le mie gambe. Poi mi lascia e io crollo a terra. 
Anche lui si lascia andare, stremato dall'orgasmo. Appoggia la fronte contro la mia e mi fissa, ansimando, mi fissa sempre. Ma poi lui si alza mentre io rimango in ginocchio. Si mette dietro di me e mi blocca la testa tenendomi per i capelli. Ora Till è davanti a me, dal basso sembra ancora  più gigantesco. 
Anche lui, come Richard, è ancora vestito. Solo io sono nudo e questo mi fa sentire ancora più piccolo e umiliato. Ha i pantaloni calati quel tanto che basta. Si avvicina e me lo sbatte sulla faccia. Me lo struscia contro la bocca e contro le guance, io stringo i denti e cerco di voltarmi ma Richard mi tiene fermo. Poi, con uno strattone, mi tira indietro la testa. In questa posizione è facile per Till forzare la mia bocca con le dita e cacciarmelo in gola. Non riesco più a respirare.
Mi sento male, sto per vomitare. L'alcool che ho ingurgitato si sta ribellando dentro il mio stomaco. Penso "Basta! Lasciatemi andare!". Vorrei gridare ma quando me lo toglie dalla bocca sono troppo nauseato per farlo.
- Vi prego, basta, sto male, sto per vomitare! -
I miei aguzzini si guardano e poi ridono.
- I cuccioli non dovrebbero bere birra. Non è vero Riki? I cuccioli devono bere solo latte. -
A loro non interessa. Si stanno divertendo un mondo e non hanno intenzione di smettere. Per loro è solo un gioco. Non è nemmeno sesso. Niente baci, niente carezze. Solo un gioco. E io non sono niente. Sono solo un oggetto, una specie di bambola gonfiabile. Il gioco è fra di loro, sento la loro complicità, il loro divertimento. La corrente elettrica passa dall'uno all'altro e io ne sono soltanto il tramite.
Mi prende il panico. Cosa mi faranno ancora? Fino a che punto intendono spingersi? Per la prima volta mi rendo conto che potrebbero arrivare ad uccidermi.
Richard mi volta verso di lui e preme la mia faccia contro il suo stomaco. 
Till, dietro di me, mi prende per i fianchi e mi solleva. Sento un dolore fortissimo quando entra. Dio! Mi sta squartando! Non ho mai sentito un dolore così forte. Grido ma Richard preme il mio viso contro di lui, impedendomi persino di respirare. Morirò soffocato! E Till continua, entra ed esce come uno stantuffo. Lo sento grugnire dietro di me. La sua voce. Quella sua bellissima voce. Perché? Perché mi sta facendo questo? Io lo amavo. Amavo la sua musica.
Ora odierò tutto di lui. Perché ha distrutto così i miei sogni? Lui non sa cosa significava per me. Perché è così crudele?
Alla fine lo sento venire dentro di me. Richard mi lascia. Cado a terra e finalmente posso vomitare. E piango. Piango tutte le mie lacrime.

* * *

Mi portano in una stanza vicina. Qui ci sono delle docce. Tutti e due si spogliano e reggendomi, uno a destra e uno a sinistra, mi portano sotto l'acqua. Lo scroscio è caldo e rilassante. Rimango come ipnotizzato a guardare  un rivolo di sangue che scende dalle mie gambe e sparisce dentro lo scarico.
Li guardo. Ora sono completamente diversi. Richard mi passa una spugna imbevuta di bagnoschiuma sul corpo, dolcemente, mentre Till mi regge con delicatezza.
Anche loro si lavano, ridendo e passandosi la spugna sul corpo a vicenda.
Quando usciamo dalla doccia, mi tamponano con un asciugamano morbido, poi Richard mi chiede se sto bene.
Cosa? Se sto bene? Mi viene voglia di sputargli in faccia, ma il suo sorriso è così dolce. Ed ora anche i suoi occhi lo sono. Si è tolto quella lente a contatto bianca e ora i suoi occhi sono entrambi azzurri. E i capelli biondi senza la vernice argentata. Sembra un ragazzino. Guardo Till. Anche lui si è addolcito. La sua espressione è malinconica, quasi triste. Il suo sorriso è una delle cose più belle che ho mai visto. Ed è così sexy quel suo modo di passarsi la mano fra i capelli. Mi viene da piangere. Sono completamente disorientato.
Poi torniamo nell'altra stanza. Mi aiutano a vestirmi e si vestono anche loro. Richard mi da un giubbotto di jeans nero.
- Non puoi uscire in maglietta, sono le quattro. -
Mi portano in un locale, uno di quei posti dove servono dolci e cioccolata. 
Ordinano tre fette di crostata alle fragole, due cioccolate e un the, per me. Ho appena vomitato e la cioccolata non mi farebbe bene, dice Richard, con aria preoccupata. Così passano un paio d'ore. Penso che questi due sono pazzi. Mi hanno appena violentato ed ora siamo qui a bere cioccolata come se niente fosse, come tre amici che si sono incontrati per caso. Chiacchierano tranquillamente, raccontando aneddoti e ridono. Sembrano due fratelli che raccontano episodi divertenti della loro famiglia.
Till racconta di quante volte si è ustionato sul palco, ma di come non rinuncerebbe ai fuochi pirotecnici durante gli spettacoli.
- Il fuoco è il nostro marchio, i nostri fans vengono a vederci anche per questo. Se un teatro non ci da il permesso di usare i fuochi, noi non facciamo lo show. Sarebbe mancanza di rispetto nei confronti di chi viene a vederci e compera i nostri dischi. -
Cosa? Non capisco più niente. Poco fa ha detto cose terribili a proposito dei fans. Ma in questo momento sembra serio, e soprattutto, sincero. Ecco ancora quella sensazione, che fosse tutto solo una recita. Ed ora lo spettacolo è finito.
- Sai, le canzoni le scrive quasi tutte il piccolo Riki -
E mentre parla lo guarda con infinita ammirazione e affetto e gli scompiglia i capelli con una mano. Poi raccontano del gruppo, di come si sono conosciuti.
- All'epoca a Berlino c'era ancora il muro e noi eravamo "dall'altra parte".
Nessuno poteva fare il musicista di mestiere, potevamo suonare solo dopo il lavoro.  -
Mi raccontano di come hanno sputato sangue per arrivare dove sono arrivati, di quando registravano i loro demo di nascosto, di notte. E parlano degli altri compagni, del legame che li unisce, di come si sentano una vera famiglia.
Till mi racconta della sua casa in campagna, di come ami la natura e gli animali, dei suoi cavalli, e Richard mi racconta di sua figlia Kira, di come lei sia la cosa più bella e pulita della sua vita.
Poi mi domandano di me, di dove sono, cosa faccio, e ascoltano con interesse le mie risposte. Mi fanno i complimenti per la mia scelta nello studio, mi danno consigli, mi fanno sentire importante. E' come se a loro importasse veramente di me.
Sentendoli parlare capisco molte cose di loro. Amano quello che fanno, amano la loro musica, fanno il loro lavoro con passione e abnegazione. E sono due persone tranquille, dolci.
Alla fine sono completamente innamorato di questi due uomini. Sono davvero speciali. E allora perché? Mai, nemmeno una volta, accennano a quello che è successo. E' come se se ne fossero dimenticati.
- Perché? - domando.
E loro mi guardano interrogativamente, come se non sapessero di cosa sto parlando. Poi un lampo di comprensione passa nei loro occhi. Till fa un sorriso imbarazzato e si passa le dita fra i capelli, in quel suo modo sexy.
- Non c'è un perché. E' solo un gioco. Noi non volevamo farti del male. 
- e lo dice con tanto candore che non posso evitare di credergli.
- Ma me ne avete fatto. Ho avuto paura... Io ho un ragazzo e lo amo, e quello che avete fatto è... insomma... ho fatto una cosa che... non volevo. Voi mi avete fatto più male di quanto potete pensare. E non parlo solo del dolore fisico. Voi... non avete pensato che io potevo anche ... insomma... non essere d'accordo? Cristo! Mi avete violentato! Ma sembra che non ve ne rendiate conto. -
Loro si guardano ancora.
- No. Credo di no. Siamo due incoscienti. - dice Richard, e ancora sorride, quel sorriso che illumina e scalda. Quel sorriso che lo rende simile a un bambino.

* * *

Quando usciamo dal locale sono le sei passate. Il sole è già in cielo e Berlino si sta risvegliando.
Ci salutiamo come vecchi amici, stringendoci la mano. Richard mi abbraccia dicendo "Grazie per la bella serata". Per un attimo rabbrividisco, ma guardandolo capisco che non si riferisce a "quello". Si riferisce semplicemente alla torta e alle chiacchiere. Poi anche Till mi abbraccia. Mi da un biglietto, un numero di telefono. "Se dovessi avere bisogno di qualcosa...e poi anche io sto qui a Berlino, quando non sono in tournée. Magari qualche volta ci si più sentire." e anche lui non si riferisce a quello che è successo. Nessun sottinteso nelle sue parole. Vuole solo essere gentile.
In quel momento mi rendo definitivamente conto della loro "innocenza". Non perché non hanno fatto quello che hanno fatto, e nemmeno perché sono pentiti di averlo fatto. Sono come due bambini che uccidono le formiche. Non lo fanno per cattiveria. Semplicemente non hanno coscienza di fare del male.
Non danno nessuna importanza a quello che è successo. Per loro il mio problema è incomprensibile e inesistente. E' solo una cosa che è successa, è stato divertente, nessuno si è fatto male sul serio e tutta la questione è archiviata.
Si tratta di vedere le cose da un altro punto di vista.
Sono completamente confuso. I fumi della droga e dell'alcool hanno lasciato completamente la mia testa e ora  mi chiedo se non sia stato tutto solo un sogno.

* * *

Yuri.
Improvvisamente penso a lui. Mi aspettava subito dopo il concerto e ora è mattina. Sarà terribilmente preoccupato. E ora come mi regolo? Cosa gli racconto? Che due Rammstein mi hanno violentato e poi mi hanno offerto un the? Cavolo! Cosa gli dico? E lui, come reagirebbe di fronte ad una cosa simile?
Torno verso casa come un cane bastonato.
Davanti alla porta, mi fermo. Non so con che faccia entrare in casa. Tiro un profondo respiro ed entro.
Sento Yuri correre, e improvvisamente me lo trovo davanti, ansimante.
- Cristo, Hansi! Dove cavolo sei stato? Stavo per chiamare la polizia! - e mi abbraccia. Sento sollievo nella sua voce. Poi però mi allontana e mi fissa. E la sua espressione cambia. Ha già capito tutto. Gli sono bastati tre secondi.
- Hansi, questo non è il tuo giubbotto. -
- E allora? - scuoto le spalle e lo spingo via. Mi sento irritato. Mi da fastidio il suo tono. Mi ricorda quello di mio padre.
- Allora? Come sarebbe? Ti rendi conto di che ore sono? Il concerto è finito da quattro ore. Dove sei stato fino ad ora? Ti sei perso per caso? -
Si, il suo tono è decisamente irritante.
- Cosa vuoi da me? Sono stato un po' in giro! Ti ricordo che sono adulto e vaccinato e posso fare quello che mi pare!-
Mi strangolerei per quello che ho detto, e soprattutto per il tono con cui l'ho detto. Non ho mai parlato a Yuri in questo modo. Lui sembra sconvolto.
- Ma che cazzo dici? Potevi almeno avvisare, no? Una telefonata! Io mi sono preoccupato da morire. -
- Hai fatto male. Lo sai che me la so cavare benissimo. Me la sono sempre cavata! Ma forse non te lo ricordi più! Adesso sei troppo occupato a fare il bravo paparino con me, non ti ricordi di quando non eri nemmeno in grado di badare a te stesso! -
Yuri è paralizzato. E io mi sento una merda. Lui si è preoccupato  per me e io lo ricambio in questo modo. Dicendo cose che non penso affatto. E la mia rabbia sale, verso di me e verso di lui. In questo momento non tollererei la sua dolcezza. Voglio che mi odi, voglio che mi punisca per quello che ho fatto. Ma non voglio dirglielo. Lui non lo deve sapere.
Si avvicina e tende una mano. Vuole accarezzarmi il viso. Ma io respingo bruscamente la mano e mi volto verso di lui come un cane rabbioso.
- E lasciami! Tu non sei il mio padrone! Tu non sei mio padre! Se non fosse per me tu saresti già morto! Adesso te la tiri tanto con il tuo lavoro, con le tue conoscenze, con i tuoi soldi! Pensi che io sia una tua proprietà solo perché mi paghi la scuola e mi fai tutti quei regali. Ma io non sono la proprietà di nessuno! Tu sei solo un ex drogato! Non sei niente! Hai capito? Niente! -
Ma non riesco a finire la frase che uno schiaffo mi prende in pieno viso e mi sbatte a terra.
- Cosa è successo questa notte, Hansi! Voglio saperlo! Tu non sei così! Voglio sapere cosa ti è capitato. -
E mi solleva da terra. Mi trascina in camera e mi butta sul materasso. Poi mi blocca con il suo corpo e mi annusa.
- Questo non è l'odore che avevi ieri sera. Tu hai fatto una doccia! Dove sei stato, cosa hai fatto? Sei stato con qualcuno? Dimmelo! -
- Lasciami! Cosa vuoi fare? Violentarmi? Accomodati! Cosa pensi di risolvere? Dopo mi farai solo schifo! -
E' la goccia che fa traboccare il vaso. Yuri comincia strapparmi i vestiti di dosso. E' fuori di sé dalla rabbia. Non l'ho mai visto così.
- Chi è stato? Cosa ti ha fatto? Adesso voglio sapere tutto! Dove ti ha toccato? Te lo ha fatto lui? O lo hai fatto tu? Ti piace in tutti e due i modi, no, puttanella! Vediamo se riesco a scoprirlo! -
Mi strappa le mutande. E la vede. Sulle mutande c'è una macchia di sangue. 
Ho continuato a sanguinare anche dopo la doccia. Mi solleva le cosce e impallidisce.
Allora mi guarda, esamina tutto il mio corpo. Così vede i lividi sui polsi e sulle braccia, e vede i segni delle scudisciate. E capisce. Inizia a tremare.
- Perché non me lo hai detto? -
Io sono abbandonato sul letto. Vorrei lasciarmi andare, vorrei abbracciarlo e piangere e raccontargli cosa è successo. Ma una rabbia irrazionale si impadronisce di me. Ancora una volta lo spingo via.
- Perché non sono cazzi tuoi! Perché sono stufo di fare il bravo bambino, mentre tu ti diverti non so dove e non so con chi. Sono stufo di dipendere da te, sono stufo marcio che sei tu a decidere tutto, a fare tutto, sono stufo di vivere alla tua ombra! Lo sai come mi chiamano i tuoi amici? Oh, ecco, quello è il ragazzo di Yuri! La maggior parte non sa nemmeno come mi chiamo! Io non sono obbligato a dirti tutto, io voglio avere una vita mia e tu non ci devi mettere il naso! -
Scappo fuori dalla camera e Yuri mi insegue. Questa volta l'ho fatta grossa.
- Tu sei pazzo - grida, - io non voglio sapere niente della tua vita, tu sei sempre stato libero di fare quello che volevi. I regali? Non mi sembra che ti abbiano mai fatto schifo! E nemmeno i miei soldi! Io non rivendico nessuna proprietà su di te! Io ti amo, testa di cazzo! Quello che faccio per te lo faccio perchè ti amo! E nonostante tutto non ripagherò mai quello che tu hai fatto per me! Ma perché non devo sapere che ti hanno fatto del male? Piccolo stronzo! -

* * *

E così comincia a picchiarmi. Oh! Quante me ne ha date! Mi ha inseguito per tutta la casa. E alla fine mi ha sollevato, ha spalancato la porta e mi ha scaraventato fuori.
- Se non ti sta bene come vivi, se io non ti sto più bene, sei libero di andartene. Io non ti trattengo. -
E poi ha sbattuto la porta lasciandomi fuori.

* * *

A quante cose ho pensato standomene qui fuori, quanti ricordi ho rievocato. 
Ma da tutto questo cosa viene fuori? Solo una cosa. Che io lo amo e non posso vivere senza di lui. E ora non so cosa fare. Non voglio andarmene.
La porta si apre. Mi volto, è lui.
- Sei ancora qui? - chiede, con dolcezza. Ha gli occhi rossi. Deve avere pianto.
- Si. - rispondo.
Mi tende la mano.
- Entra. -
- ... -
- Avanti entra, è anche casa tua, no? -
Mi alzo da terra.
- No, è casa tua. -
Lui mi attira a sé e mi abbraccia.
- Stupido. Questa è casa nostra. Io non potrei viverci senza di te. - Yuri piange. Non l'ho mai visto piangere in tutti questi anni.
- Mi perdoni? Io non volevo dire tutte quelle cose! Io non pensavo... ero così arrabbiato e stavo così male. E' stato...-
- No, non ora. Me ne parlerai quando saremo più tranquilli tutti e due. Ora entra. -
Entriamo, restando abbracciati.
- Certo che ti perdono. E tu perdoni me? Gesù! Come ti ho conciato! - e mi sfiora il labbro gonfio. - Io non so cosa è successo, ma di questo ne parleremo e parleremo anche di tante altre cose. Lo so, ho tanti difetti, così come tu hai i tuoi. Questo è il nostro primo litigio serio, e forse non sarà l'ultimo. Ma, qualunque cosa accada, tu devi pensare sempre e solo una cosa. Che io ti amo e che niente potrà mai cambiare questo. -
Sento la sua mano fra i miei capelli.
- E io  amo te. E niente potrà mai cambiare questo. -

FINE


 
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