PARTE: 7/9
DISCALIMER: i personaggi e la storia sono miei. (Si, questa è quella dei cantanti xò i cantanti vengono (hem...) + avanti)



Il concerto

parte VII

di Schwarze Fee


Due anni. Non sto a raccontare come sono passati quei due anni. Le cose in casa non erano cambiate. Mia madre e mia sorella mi trattavano come al solito, con la più assoluta indifferenza.
Mio padre invece era felice come una pasqua. Sentivo il suo sguardo sempre fisso su di me, lo vedevo mentre sbirciava il mio volto, mentre faceva l'inventario dei segni che il dolore imprimeva su di me. Lo vedevo gongolare ad ogni nuova ruga, ad ogni chilo che perdevo, e più io divenivo pallido e più le borse sotto i miei occhi diventavano scure, più lui si gonfiava di piacere.
Io, inutile dirlo, non mangiavo quasi più e dormivo ancora meno. Potevo uscire solo per andare a scuola. Mio padre mi portava e mi veniva a prendere.
In altri tempi questo non mi avrebbe fermato, non ci avrei messo niente a scappare dalla scuola sotto il naso di tutti gli insegnanti e della preside in persona. Ma non osavo farlo, la minaccia di mio padre mi bloccava. E, in ogni caso, non lo avrei fatto lo stesso. Mi sentivo senza forze e senza speranza.
Tutti i miei pensieri erano con Yuri. Passavo le notti pensando a lui, lo immaginavo nella nostra casa, mentre mangiava, mentre faceva la doccia, mentre lavorava allo studio fotografico. Mi struggevo dal desiderio di rivederlo, di abbracciarlo e baciarlo. Mi accarezzavo nel buio della mia stanza, immaginando che fossero le sue mani. Stringevo il cuscino e gli parlavo e gli dicevo quanto lo amavo e com'era grande il mio desiderio di stare con lui. 
E poi piangevo, mi sentivo solo e avevo paura. Mi chiedevo come stava, se era riuscito a mantenersi pulito. A volte l'immagine di lui con una siringa nel braccio si affacciava alla mia mente e non riuscivo a scacciarla. Pensavo a come potevo fare per sapere qualcosa di lui, facevo piani, progettavo fughe, pensavo a come contattare Martina. Mi chiedevo se lei gli avesse parlato, ero terrorizzato dall'idea che Yuri potesse pensare che lo avevo abbandonato. Pensavo, pensavo, mi spaccavo la testa a furia di pensare.
Le poche volte che dormivo, era perché cadevo stremato dal tanto rimuginare, abbattuto dai mille pensieri che mi affollavano continuamente la testa. 
Credevo di impazzire.

* * *

Poi, una mattina, improvvisamente, mi alzo dal letto e guardo il calendario. 
E' il 6 di Maggio. Oggi è il mio compleanno. Diciotto. E una parola prende forma dentro di me.
Libero.
Sono libero!
Mi vesto e faccio le valige. Per modo di dire, tutta la mia roba sta comodamente in uno zaino. In questi ultimi due anni non ho curato molto il mio aspetto fisico.
Scendo le scale. Passo davanti alla cucina. Al tavolo mio padre, mia madre e mia sorella stanno facendo colazione. Potrei andarmene in silenzio, loro sanno che me ne sto andando per sempre ma nessuno di loro alza la testa dal piatto.
Ma una cosa la devo sapere.
- La denuncia? - domando, con il cuore in gola. Non mi fido di questo bastardo che ho per padre. Non mi stupirei se facesse partire comunque la denuncia. 
Ormai lo conosco bene. Ma lui scuote la testa.
- Vattene. - dice.
Non lo denuncerà. A quanto pare è soddisfatto. Perfetto. Esco dalla porta.
Quella è stata l'ultima volta che li ho visti.

* * *

L'autobus si ferma proprio in fondo alla via. I soldi li ho rubati dal portafoglio di mia sorella. Scendo e mi avvio. Non so cosa troverò. Ho il cuore in gola. 
E se lui non ci fosse? Se la casa fosse abbandonata, il giardino incolto, le finestre rotte?
Mi avvicino e finalmente la vedo. La casa. Il cuore è stretto in una morsa.
Mi avvicino ancora. Sembra tutto a posto. Il giardino è a posto. L'erba è verde e i primi fiori di primavera stanno sbocciando. Gli alberi sono ricoperti di germogli.
Sento la morsa che ho nello stomaco sciogliersi. Mi guardo intorno, il cielo è chiaro e il sole è tiepido. Il vento profuma. E la casa è bellissima e non mostra nessun segno di essere disabitata.
Mi fermo davanti al cancello, non so cosa fare. Non oso suonare il campanello. 
Mille domande mi si affollano nella mente.
E se lui non ci fosse? Magari ha venduto la casa e ci abita qualcun altro.
E se ci abita lui...con qualcun altro?
E se mi ha dimenticato? Se non mi vuole più?
Improvvisamente la porta si apre.
E Yuri compare.
E' lui! Sento gli occhi riempirsi di lacrime.
Lui mi guarda. E' uscito perchè mi ha visto arrivare. Lo vedo tremare per un attimo. Poi vedo le sue labbra formulare il mio nome. - Hansi? -
Alla fine scende le scale e mi corre incontro, spalanca il cancello e mi prende fra le braccia, sollevandomi da terra. Grida il mio nome.
- Hansi! Sei tornato! Sei tornato davvero! -
Io comincio a ridere, non riesco nemmeno a parlare. Ci abbracciamo e poi entriamo in casa. Yuri mi cinge con un braccio, stringendomi contro di lui.

Yuri sembra ancora più eccitato di me. Mi trascina qua e la, vuole farmi vedere che la casa è ancora uguale, che è tutto come lo avevo lasciato.
E continua a parlare. Non ho mai sentito Yuri parlare così tanto.
Ci fermiamo in camera da letto. Io lo prendo per le mani e lo guardo. C'è qualcosa di diverso in lui.
- I capelli! I tuoi capelli! Che fine hanno fatto? E tu... sei... sei bellissimo! Dio, mi sembra un sogno...io... io non posso crederci... sono di nuovo qui! Yuri, sapessi che inferno... è stato un inferno, lontano da te... e poi non sapevo... se stavi bene... Io... non volevo, davvero! Mi hanno costretto, Yuri... io non volevo... - e piango come un bambino, ma questa volta è di gioia. Lui mi abbraccia.
- Schhhhhh! Ora basta. Ora è tutto finito. Sei qui e questa volta per sempre.-
- Ma tu... stai bene? - chiedo, tirando su col naso. Lui sa cosa intendo.
- Si. Sto bene. Ho sempre pensato a te, ho lavorato molto e ce l'ho fatta. Pulito! Due anni e tre mesi! - fa un giro su se stesso a braccia aperte, mostrandomi orgoglioso il suo fisico perfettamente in forma. - E tu, come stai? - mi osserva da capo a piedi. - Tu sei un disastro. Sei così magro. Cosa ti hanno fatto, Hansi? Cosa ti ha fatto quel bastardo? - Ora tocca a lui aver gli occhi lucidi.
Abbiamo così tante cose da dirci, da raccontare. Sono successe tante cose, cose che ci hanno segnato, che ci hanno cambiati entrambi. Ma per parlare avremo tanto tempo. Ora c'è una cosa più urgente, il bisogno di stare insieme, di sentirci ancora insieme.
Con dolcezza, comincia a baciarmi. E finalmente facciamo l'amore. Dopo due anni. Lo tocco, lo bacio, lo stringo più forte che posso. E' lui. Questa volta non è un sogno, né una fantasia. E' davvero lui. E il suo corpo non mi è mai sembrato così caldo e forte, il suo sapore così dolce, i suoi baci così ardenti.

* * *

Da quel momento è iniziata la nostra vita insieme. Una vita stupenda. Lui è diventato un grande fotografo, io, nel mio piccolo, ho finito il liceo ed ho iniziato l'università.
Tutto bene.
Fino a quella maledetta notte.

* * *

Ed ora sono qui, seduto fuori dalla porta, mentre il mio corpo si riempie di lividi e il dolore si attutisce e pulsa. Ma il dolore che ho dentro non accenna a calmarsi, anzi, cresce sempre più, mentre la mia mente si schiarisce e mi rendo conto di cosa è successo realmente. E di come sia stata tutta colpa mia.



Fine Parte 7

 
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