PARTE: 6/9
DISCALIMER: i personaggi e la storia sono miei. (Si, questa è quella dei
cantanti xò i cantanti vengono (hem...) + avanti)
Il concerto
parte VI
di
Schwarze Fee
Ci portano in ospedale. Mi parcheggiano in una stanza e lui se lo
portano via. Per due ore non ho sue notizie. Due ore da incubo. Continuo a
chiedere di lui a tutti quelli che passano, ma nessuno mi sa dire niente.
Ad un tratto entra un medico, ha un'aria molto professionale, camice bianco
e occhialini rotondi. Si siede ad una scrivania e mi fa segno di sedermi di
fronte a lui. Ha un notes e un formulario. Estrae una biro dal
taschino.
- Allora, sono il Dott. Hellner. Devo farti qualche domanda. Sei libero di
non rispondere ma quello chi ti chiederò mi aiuterà a curare il tuo amico.
-
Ecco, mi ha già fregato. Naturalmente mi ero ripromesso di non rispondere a
nessuna domanda. Ma le sue parole unite al suo tono rassicurante e al suo
sorriso cordiale, mi spiazzano.
- Cominciamo. Sei pronto?
- Si, certo.
- Come ti chiami?
Sono fregato. Ma è inutile tacere. Lo scoprirebbero comunque. E poi tra
poco arriverà la polizia. Lo so, sono giovane ma non sprovveduto. Rispondo
facendo ben capire che ne farei volentieri a meno.
- Hans Peter Steiner. Ho sedici anni, sono nato qui a Berlino e... e sono
scappato di casa. - aggiungo tutto d'un fiato.
Il medico mi guarda. Sorride sempre. Non mi sembra che mi stia giudicando.
Improvvisamente mi sento un nodo in gola. Quest'uomo deve avere più o meno
l'età di mio padre e mi sta guardando come un padre paziente guarda il
figlio
scavezzacollo.
Vorrei scoppiare in lacrime, gettargli le braccia al collo e sfogarmi,
finalmente.
Raccontargli tutto quello che è successo, tutto quello che ho passato negli
ultimi mesi.
Vorrei sentire una parola di conforto, vorrei una carezza. Vorrei avere
vicino qualcuno che mi difenda. Sono stanco e ho paura.
Ma non posso, so che non devo fidarmi di lui, ne di nessun altro. Devo
tenere duro fino alla fine, per me e per Yuri. Ricaccio le lacrime in gola
ed esibisco l'espressione più dura che riesco a mettere insieme.
- Bene, molto bene. Adesso devo chiederti del tuo amico. Il suo nome e la
sua età.
- Si chiama Yuri Hoffmann e ha 22 anni. La data di nascita non me la ricordo
e nemmeno dov'è nato. - mento. Tanto loro non potranno mai provare che lo
so.
- Va bene. Adesso... sai se Yuri è tossicodipendente?
- No! Non lo è! Non si buca da più di tre mesi.
Il medico mi guarda ancora e il suo sguardo è trasparente come l'acqua.
So cosa vuole dire. Tre mesi sono pochi, dannatamente pochi!
- Sai se ha qualche malattia? Prende medicinali?
- No. Niente.
- E l'AIDS?
- No! Ho detto che non ha niente! Sta benissimo! - grido quasi.
- Ne sei sicuro? Sai se ha fatto il test?
- No...
- E allora come puoi saperlo?
- Me lo ha detto lui! - sento un tono implorante nella mia voce. Cerco di
scacciarlo ma senza successo. Non voglio che mi faccia queste domande. Io lo
so che Yuri non ha l'AIDS. Lo so. Ma come faccio a spiegarlo a questo qua?
Lui mi guarda con compassione. Ci mancava solo questo, compassione!
Però non insiste, non servirebbe a niente. Gli faranno il test e lo
scopriranno.
Tutto qui.
- Che tipo di rapporto c'è tra di voi? Avete avuto rapporti sessuali?
- Perché me lo chiede? - mi metto sulla difensiva. Cosa c'entra questo?
Yuri è stato picchiato. Cosa c'entra se ha avuto rapporti sessuali con me?
- Puoi non rispondere, ma fra poco ti dovrò visitare e molto probabilmente
lo scoprirò. Se tu rispondi sinceramente sarà meglio per tutti e due.
- Ho capito cosa vuole sapere. E la risposta è no! Non mi ha costretto!
Yuri non è così, lui mi... mi ama e io amo lui. Si, abbiamo fatto l'amore
ma non mi ha obbligato, capito? - Picchio i pugni sul tavolo e mi alzo di
scatto. Fisso quell'uomo negli occhi con rabbia. Tutto ma questo no! Non
possono, non devono pensare che Yuri mi ha violentato, non posso
permetterlo!
- Va bene. Ti credo. Adesso spogliati.
Si, mi crede, lo capisco dai suoi occhi. Ma allora perché? Perché mi devo
spogliare? Inconsciamente mi stringo i vestiti addosso. Lui sorride ancora.
- No, non ti preoccupare. Voglio solo vedere il tuo livido. Hai preso una
botta alla schiena, no? -
* * *
La visita è breve. Alla fine mi dice che va tutto bene e mi prescrive una
pomata. Tre volte al giorno e riposo. Si, come no?
Quando lui esce entra un'infermiera, carina e gentile, che mi accompagna in
una stanza, dove Yuri giace in un letto. E' bendato un po' dappertutto.
E' terribile vederlo così, ma sono felice di essere di nuovo con lui. Sono
felice che sia vivo. L'infermiera mi rassicura. Yuri sta bene, non ha niente
di grave.
- Nel giro di qualche giorno si sarà completamente ripreso. Ora ha solo
bisogno di riposo e di tranquillità. Gli abbiamo dato qualche sedativo. -
dice e mi sorride.
Le sono grato, soprattutto per la sua gentilezza. In questo momento ho
bisogno di qualcuno che sia carino con me. Mi sento così solo.
- Posso restare con lui? - chiedo e lei annuisce. Devo farle tenerezza.
Mi siedo al fianco di Yuri e gli prendo una mano.
- Yuri - chiamo sottovoce - sono qui. Sono Hansi, mi senti? - ma lui non si
muove.
Non importa. Voglio solo stare qui, così, con la sua mano fra le mie. Ad
aspettare che si svegli.
- Andrà tutto bene... Yuri, vedrai, ora è tutto finito. Ricordi? Una volta
hai detto che volevi che tutto fosse finito. Ora lo è, davvero. Ce
l'abbiamo fatta. Io e te. Noi siamo forti, Yuri, e insieme siamo
imbattibili. Nessuno ci potrà mai fare del male, mai più. -
* * *
E invece mi sbagliavo.
* * *
Poco dopo si apre la porta. Mi volto e per poco non ci resto secco. Sulla
porta ci sono tre persone. La prima è un poliziotto. "Ecco, ci
siamo" penso e il panico torna ad impossessarsi di me. Mi tornano in
mente le parole di Yuri. "Sei scappato di casa", "sei
minorenne", e poi le parole del medico, "avete avuto rapporti
sessuali?". Yuri può finire in galera per questo.
La seconda persona è una donna. Mi da un'occhiata di sfuggita e poi va al
capezzale di Yuri. Gli passa una mano sulla fronte, quasi con affetto, e
scuote la testa. Se non fosse troppo giovane per esserlo penserei che è sua
madre. Lo guarda proprio come una madre guarderebbe il figlio che ne ha
combinata un'altra delle sue.
E la terza persona è (no, ti prego, no!) mio padre. E' sempre uguale, alto,
distinto, brizzolato, impeccabile nel suo gessato fatto su misura. Sembra
appena uscito da un consiglio d'amministrazione ed è probabile che sia così.
Il mio primo istinto è quello di fuggire, di scappare da quella stanza.
Sento che è venuto per riportarmi a casa. E io non voglio.
Mi fissa, con quel suo sguardo di ghiaccio che ha sempre avuto il potere di
farmi sentire una merda. Apparentemente non ha nessuna espressione sul
volto, ma io so cosa pensa, cosa prova. Disprezzo, disgusto. Abbasso
lo sguardo sulle mie mani sentendomi improvvisamente piccolo e sporco.
Sto ancora tenendo la mano di Yuri. Mio dio! Mio padre mi sta guardando
mentre tengo la mano di Yuri. Combatto contro la vergogna che mi sta
prendendo.
Mi sto vergognando di lui, del ragazzo che amo! No! Ecco cosa mi fa mio
padre. Mi fa vergognare, sempre e di tutto. Di me stesso, del semplice fatto
di esistere.
Quando alzo gli occhi lui è uscito dalla stanza. Non tollera nemmeno di
stare nella stessa stanza con me. Devo fargli un tale schifo!
Il poliziotto mi chiede se sono Hans Peter Steiner e se quello nel letto è
Yuri Hoffmann. Meccanicamente annuisco. Lui scrive qualcosa sul suo notes e
poi esce, soddisfatto. Ha fatto il suo dovere.
La donna è ancora nella stanza. Prende una sedia e si siede. La osservo.
E' piccola e minuta, bionda e diafana. Sembra una bambina, solo le sottili
rughe intorno alla bocca e agli occhi tradiscono la sua età. Deve avere
trentacinque anni, più o meno. Quando parla anche la sua voce è sottile
come lei. Ma il tono e l'autorità con cui parla e l'espressione ferma dei
suoi occhi fanno capire che è una donna forte e sicura di sé.
- Ciao, Hans. Tu non mi conosci ma Yuri mi conosce molto bene. Si può dire
che siamo amici. - e così dicendo gli scocca un'occhiata affettuosa. - mi
chiamo Martina Lange e sono un'assistente sociale. Yuri è stato il primo
caso che ho seguito e gli sono molto affezionata. Ora voglio parlare un po'
con te, se non ti dispiace. -
Sono stupito. Yuri è stato seguito da un'assistente sociale.
- E se mi dispiacesse? - rispondo con tutta l'acidità che riesco a
trovare.
Sono stufo delle loro domande. Ma lei fa finta di niente. Sicuramente è
abituata ad avere a che fare con ossi ben più duri di me.
- La questione è semplice. Manchi da casa da circa tre mesi, ora i tuoi
vogliono che tu torni. -
- NO! - grido, - io non torno a casa, io non vado da nessuna parte! Io sto
con Yuri! Non torno a casa, non ci torno! -
Lei mi guarda, sembra stupita. Forse pensava che sarei stato felice di
tornare.
Chissà cosa le ha detto mio padre.
- Tuo padre è felice di averti ritrovato, sono tre mesi che ti cerca. E tua
madre è disperata. Loro non sanno perché tu te ne sia andato, ma sono
disposti a perdonarti e a ricominciare da capo. Ti vogliono bene, Hans. -
Ecco la risposta. Ecco cosa le ha detto.
- BALLE! Sono tutte balle! Loro mi odiano, mi hanno sempre odiato! Mio padre
non mi ha mai cercato e sa perché? Perché ha sempre saputo dov'ero. Io lo
conosco. Perché non è mai venuto a prendermi? Perché non gliene importava
niente! Era felice di essersi sbarazzato di me! E anche mia madre. Loro
hanno una figlia sola! Io sono solo un peso per loro! -
Mi alzo e la prendo per le mani.
- Per favore, parli con loro! Non mi faccia tornare a casa! Ora la mia casa
è un'altra, la mia famiglia è un'altra. Io voglio stare con Yuri! -
Lei mi guarda con un'espressione dolcissima. Le gambe mi cedono e io cado in
ginocchio davanti a lei.
- Hans, io vorrei tanto fare come dici tu. So che Yuri ha smesso di bucarsi.
Tu sei riuscito dove io stessa ho fallito. Ho parlato con lui qualche giorno
fa. Sapessi cosa mi ha detto di te! Era così felice. Ma il problema è un
altro. Tu sei minorenne e tuo padre vuole portarti a casa. Io non so perché
vuole farlo, ma la legge è dalla sua parte. Mi dispiace. -
Ascolto le sue parole mentre una pietra si forma nel mio petto. Non voglio
piangere, ma non riesco a fermare le lacrime.
- Io non posso lasciarlo. Lui ha bisogno di me! Se io me ne vado lui tornerà
a bucarsi. E' ancora troppo presto e Yuri è ancora troppo debole. Io devo
stare con lui, non capisce? -
- Io capisco, ma non posso fare niente. -
E' dispiaciuta. I suoi occhi sono diventati tristi. Ma è come dice lei.
Non può fare niente, nessuno può.
- Vai a casa. Questa sera stai con i tuoi, parli con loro. Poi domani torni
a trovarlo. Nessuno te lo impedirà. -
Io la guardo, disperato.
- No, non è vero. Lei non li conosce. Loro non mi lasceranno tornare. -
* * *
In quel momento mio padre rientra. E' accompagnato dal poliziotto.
Sicuramente ha già preventivato una mia ribellione. Bene. Se è questo che
si aspetta, è questo che avrà. Mi alzo di scatto, afferro la sedia e la
lancio contro la parete. Poi mi volto verso di lui, gridando.
- No! Io non ci vengo con te! Tu non mi vuoi a casa, non te ne frega niente
di me! Io ti odio! Ti odio! -
Il poliziotto mi afferra e mi torce le braccia dietro la schiena, come ha
fatto quel teppista solo poche ore fa, poi mi spinge fuori dalla porta.
Mi contorco per vedere Yuri. Lo so che non lo vedrò per tanto tempo. Con
uno strattone mi libero una mano e la tendo verso di lui.
- Nooooooo! Non portatemi via! Voglio stare con lui! Yuri! Yuriiiiiiiiiiii!
-
Martina esce nel corridoio, ha gli occhi che luccicano.
- Martina! Ti prego, parlagli! Diglielo! Digli che non è colpa mia, io non
voglio andare! Digli di resistere! E digli che lo amo e lo amerò sempre!
Martina! Diglielo! -
* * *
Poco dopo sono in macchina, seduto al fianco di mio padre.
- Perché? Perché mi hai portato via? -
- Ma è semplice. Sono tuo padre e ti voglio bene. Voglio che tu venga a
casa con noi. -
La sua voce è la cosa più falsa che ho mai sentito in vita mia. Scommetto
che sta sorridendo mentre lo dice.
- Non è vero. Tu mi detesti. Non pensavo che saresti venuto a riprendermi.
Credevo che per voi fosse un sollievo esservi liberati di me. -
Davanti alle mie parole, finalmente getta la maschera. E quello che c'è
sotto è molto peggio di quanto pensassi. Sapevo che mi odiava, ma non
sapevo fino a che punto.
- E' vero. Però quando la polizia mi ha chiamato, ho dovuto venire e
recitare la parte del buon padre che corre a prendere il figlio smarrito da
mesi. Ho dovuto persino fingere di esserne felice. Ne avrei fatto a meno, ti
assicuro. Però ho un'immagine da mantenere con tutte le persone che mi
conoscono, lo sai bene. Ma ora sono felice di essere venuto. Ho potuto
assistere a quella meravigliosa scenetta. Oh, quale commozione vedere con
quanto "amore" stringevi la mano di quel povero ragazzo! -
Non lo guardo ma riesco a sentire il ghigno che c'è sulla sua faccia. E
sento come calca sulla parola "amore", come se stesse nominando il
peggiore dei crimini. Sa che mi sta distruggendo, allora affonda la spada.
- Io non ti volevo, lo sai? E nemmeno tua madre. Comunque ti abbiamo
accettato e abbiamo fatto del nostro meglio per crescerti. Ma tu sei sempre
stato strano, non ci hai mai dato nessuna soddisfazione. Niente. Invece di
ringraziarci, di esserci grato! E oltre tutto sei anche un pervertito, un
maledetto frocio!
Mi chiedo cosa ho mai fatto, e cosa ha fatto di male tua madre, per meritare
una punizione simile! -
Io sono sconvolto, non riesco nemmeno a parlare. Vorrei elencargli uno per
uno tutti i peccati che ha commesso per meritare una punizione anche
peggiore di "me", ma la mia gola è completamente chiusa. Mi
sembra di stare soffocando.
- Non importa quello che dici - sussurro - io domani me ne vado di nuovo. E
tu non potrai impedirmelo. -
- No. E' qui che ti sbagli. Quando avrai diciotto anni potrai fare quello
che ti pare. Ora tu starai a casa. E non tornerai da quel ... No, caro. Se
solo proverai a incontrarlo o a parlargli o a contattarlo in qualche modo,
io farò partire una bella denuncia per violenza su minore e lo faccio
sbattere in galera per un bel pezzo. Lo sai che è già stato in galera? Oh,
si, per ben tre volte! E la prima volta a undici anni per spaccio di
stupefacenti.
Con le mie conoscenze e i miei avvocati posso farlo marcire dietro le sbarre
e tu sai che lo farò se non farai come ti dico io. -
Cosa? Yuri è stato in prigione? Mi rendo conto di quante cose ancora non so
di lui.
E mio padre vuole... denunciarlo? Per violenza?
E' finita. Mi accascio definitivamente dentro il sedile. E' finita. Poi
sento la mano di mio padre che si posa sulla mia testa e sento la sua voce
come la parodia di quella di un padre affettuoso.
- Come puoi pensare che lasci il mio amato figliolo nelle mani di un figlio
di puttana che si buca, spaccia droga e in più se lo sbatte come gli pare e
piace? Sarei proprio un padre snaturato! - poi continua - Lo sai? Erano anni
che volevo farti del male. Ma tutto quello che facevo scivolava sulla tua
indifferenza. Ma ora, alla fine, ci sono riuscito. E ti devo ringraziare
perché questa occasione me l'hai servita tu, su un piatto d'argento. - e
poi ride. Una risata cattiva.
Io comincio a sbattere la testa contro il vetro della macchina. Non si
romperà, è antiproiettile, ma spero che si spacchi la mia testa. Poi tutto
diventa nero.
fine 6
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