Disclaimer: i personaggi di questa fic sono miei ma siccome fanno quello che vogliono e come se non lo fossero -.-


Il caso Dracula

parte II

di Naika

Ellen non amava i luoghi affollati e nemmeno i locali chiassosi, per questo aveva sempre evitato discoteche, pub e simili.

Tuttavia il Midnight le piaceva.

L’ambiente, ricavato da un grande magazzino in disuso, era ben areato, a differenza di molti locali che le era capitato di frequentare, ed era sapientemente illuminato da luci sanguigne che scivolavano sull’arredamento gotico bagnandolo di sensuali baci scarlatti. I tavolini, di lucido metallo nero, erano disposti disordinatamente, come una manciata di cuscini abbandonati sul tappeto, attorno ad una grande pista da ballo dove diverse coppie già si stavano scaldando più intenti a strofinarsi gli uni cogli altri che a seguire il ritmo della musica morbida e discreta che danzava tra gli avventori, abbastanza alta da garantire un po’ di privacy tra un tavolo e l’altro ma non tanto da costringere ad urlare per parlare con il proprio partner.

La ragazza si passò una mano tra i riccioli rossi guardandosi intorno con curiosità.

Non era la prima volta che passava una serata al Midnight ma poteva sempre capitare di scorgere qualcuno di ‘particolare’.

Quelli che Alessia, la sua migliore amica, si ostinava a chiamare vampiri.

Personalmente Ellen era convinta che simili creature non potevano esistere nel mondo reale ma assecondare l’altra non le costava nulla dato che il locale le piaceva e che, a parte qualche strano tipo che sembrava convinto di essere davvero un non-morto, ci si potevano incontrare persone decisamente interessanti.

E poi era troppo divertente smontare i presunti ‘veri’ vampiri che Alessia individuava!

“Siamo due a zero...” ridacchiò accarezzando distrattamente il lungo bicchiere che conteneva il suo ‘sangue di vergine’, nome piuttosto pittoresco che l’ideatore del locale aveva affibbiato a del semplice vino rosso, giusto per fare scena.

“Non sono ancora convinta che il nuovo barista non sia davvero un vampiro!” borbottò piccata la biondina accanto a lei, scuotendo cocciutamente la testa.

“Oh dai, Ale! E’ abbronzato!!” protestò Ellen divertita “Da quando in qua i vampiri si possono abbronzare!”

“Ma hai visto i suoi occhi? Sono così neri!” tentò ancora Alessia, facendola sbuffare.

“Semplici lenti a contatto” la liquidò.

L’altra mise il broncio, incrociando le braccia, lasciate nude dal ridotto abitino bordeaux, sotto il seno prosperoso. “Non ti va bene niente!” sbottò guardandosi attorno con aria appena demoralizzata.

Ellen ridacchiò sorseggiando il suo bicchiere di vino e l’amica si rimise a sondare gli avventori prima di esplodere in un esclamazione di gioia, indicandole la porta.

“Lui! Lui! Lui!” disse prendendola di viva forza per le spalle, obbligandola a voltarsi verso l’ingresso a cui dava la schiena.

La rossa sollevò gli occhi al cielo, tra l’esasperato e il rassegnato, girandosi, pronta a distruggere il nuovo presunto vampiro con qualche osservazione sagace ma rimase silenziosa, interdetta.

 

Un raggio di luna.

 

Fu il primo irrazionale pensiero che le attraversò la mente.

Alto, regale, più che una presenza in carne ed ossa il nuovo venuto sembrava in qualche modo appartenere all’evanescente mondo dell’onirico. Il suo volto era avvenente fin quasi a sembrare delicato, il suo modo di muoversi, sensuale, felino, aveva un eleganza ipnotica che incatenava lo sguardo e irretiva la mente.

Quella sua eterea bellezza sembrava costringere la realtà ad infrangerglisi dinanzi, portando le ombre a tendersi e la luce a danzare per lui.

 

Un vampiro.

 

Per la prima volta in tuta la sua vita Ellen si ritrovò a mettere in dubbio le sue ferree convinzioni.

Ma si stava sbagliando, naturalmente.

I vampiri non esistevano.

Non potevano esistere.

Decisa a non arrendersi la ragazza fece scivolare lo sguardo sul volto dell’altro alla ricerca di qualcosa che l’aiutasse a mantenere la sua posizione di persona realista.

 

I lineamenti senza tempo dell’uomo erano affilati, dotati di un’arcana avvenenza, la sua pelle era pallida, quasi argentea sotto il gioco di luci che illuminavano l’ingresso ma furono le iridi, di uno screziato, elettrico, verde giada, e il modo in cui il nuovo arrivato sondò velocemente il locale, a catturarla.

 

Quello era lo sguardo di un predatore che si apprestava alla caccia.

 

Farsi ammaliare dalla sua androgena bellezza poteva rivelarsi un errore fatale.

In lui c’era qualcosa di pericoloso, letale, sopito, appena sotto la superficie di quel suo aspetto ingannevolmente effimero.

 

Decisamente quella era la persona più simile ad un vampiro che Ellen avesse mai visto.

 

“Sei rimasta senza parole!” gongolò Alessia saltellando sulla sedia “La sua pelle è assolutamente candida, i suoi occhi sono così belli che mettono i brividi e si muove come se non toccasse neanche il pavimento!” elencò la biondina con occhi lucenti “Di sicuro è un Master!” disse battendo le mani come una bambina “Devo andare assolutamente a fare conoscenza!” esclamò balzando in piedi.

Ellen si mosse d’istinto: allungò la mano e afferrò il polso dell’amica trascinandola di nuovo a sedere.

“Non puoi!” esclamò.

“Perchè?” protestò la biondina piccata.

“Perchè non credo che gradirebbe la compagnia di una donna...” le fece notare l’altra, con un sorriso sarcastico, mentendo solo parzialmente.

Quando Alessia si era alzata per andare da lui aveva reagito senza pensare, bloccandola.

Vampiro o no, si disse cocciutamente, quell’uomo aveva qualcosa che metteva in allarme il suo istinto e preferiva che la sua migliore amica non gli si avvicinasse troppo.

Alessia, che sembrava non provare il suo stesso turbamento ma solo un eccitato entusiasmo, seguì il cenno dell’amica, notando la persona che accompagnava il vampiro.

Un bel uomo dai capelli di un caldo castano che cadevano in ciocche morbide a sfiorargli la pelle dorata di un volto dai lineamenti classici dotati tuttavia di una punta di dolcezza.

Trascinato, più che accompagnato, dall’altro, il brunetto si stava guardando attorno piuttosto a disagio e sembrava avere un qualche problema con la maglia aderente che gli fasciava il petto tornito perchè continuava a tirarla, di tanto in tanto, come se, così facendo, sperasse di riuscire ad allungarla.

“Oh...” mormorò, ma a differenza di quanto si aspettava Ellen non sembrava delusa, anzi!

“Quello dev’essere il suo shadow!!” disse abbassandosi per parlare all’orecchio dell’amica con fare da cospiratrice.

Ellen sollevò gli occhi al cielo: eccola che ricominciava!

“Non voglio neanche chiederti che cosa dovrebbe essere uno shadow...” borbottò ben sapendo che non sarebbe comunque sfuggita alla spiegazione dell’altra.

“Uno shadow...” iniziò infatti la biondina “...è un essere umano, dotato solitamente di un sangue particolarmente buono, che fa un patto con un vampiro” spiegò tutta presa “...il vampiro gli concede una semi-immortalità in cambio della possibilità di potersi nutrire quando vuole senza correre il rischio di andare a caccia.”

“Un mac-donald in pratica” ghignò Ellen.

“Ellen!” protestò Alessia “Così togli tutta al poesia! Il legame tra uno shadow e il suo vampiro è come un matrimonio e può essere sciolto solo con la morte di uno dei due, è qualcosa che va al di là anche dell’amore” disse con occhi sognanti.

“Cambiamo discorso, dai...” borbottò la rossa e Alessia ridacchiò “Però ammetti che quei due sono perfetti insieme!”.

Ellen scosse le spalle e cambiò discorso ma, nonostante le sue parole, non potè fare a meno di lanciare un ultima occhiata alla coppia, ritrovandosi a pensare che Alessia, per una volta, aveva davvero ragione.

 

...

 

“Bene  e adesso?” chiese Scott guardandosi attorno, cercando di mascherare l’esame attento, a cui stava sottoponendo gli occupanti del locale, dietro ad uno sbadiglio.

“Adesso aspettiamo” mormorò Kyle che si era stravaccato un po’ troppo vicino a lui, sul divanetto di velluto rosso.

Quando erano entrati il detective aveva cercato, con finta indifferenza, di dirigere il compagno verso i tavolini muniti di sedie ma Shark l’aveva tirato con decisione verso i più appartati, e intimi, divanetti, che occupavano piccole alcove ricavate tramite pittoreschi separè in stile vittoriano.

“Qui possiamo vedere senza essere visti” aveva mormorato il biondo con tranquillità ma a Scott non era sfuggito il sorriso sornione che gli aveva increspato le labbra.

Un cameriere  venne a portare loro un menù nero sulla cui copertina campeggiava l’effige stilizzata di una bara.

“Artistico...” commentò Scott con una smorfia, aprendolo.

Come temeva non c’era nessun cocktail analcolico e lui aveva dimenticato di dire al suo partner che non era un gran bevitore.

 

Anche se forse sarebbe stato più corretto dire che non reggeva proprio l’alcool.

 

“Come mai così corrucciato?” gli soffiò il biondo, allungandosi per parlargli direttamente nell’orecchio.

Scott trasalì ricordandosi improvvisamente della sensuale presenza al suo fianco.

“Ni... niente...” mormorò maledicendosi per il balbettio nella sua voce “...stavo solo pensando che non dovremmo bere in servizio” disse accampando la prima scusa che gli venne in mente.

 

Non gli sembrava saggio far sapere al compagno la sua debolezza.

Era sicuro che l’altro ne avrebbe approfittato spudoratamente!

 

Kyle sollevò un sopracciglio sottile, perplesso “Darebbe incredibilmente nell’occhio se non lo facessimo.” mormorò tranquillamente sollevando una mano candida per fare un cenno ad un cameriere di passaggio.

Il ragazzo gli si avvicinò immediatamente, estraendo il palmare dalla tasca anteriore del piccolo grembiule nero che portava.

“Che cosa vi porto?” chiese professionale.

“Un anima nera” mormorò il biondo prima di voltarsi verso Scott, che, decidendo di optare per la cosa meno alcolica del menù scelse un Sangue di Vergine.

Il ragazzo se ne andò con le loro ordinazioni mentre il poliziotto faceva scorrere lo sguardo sulla sala, gli occhi si stavano abituando alla penombra sanguigna che la permeava consentendogli di studiare gli avventori.

“Qualche idea?” chiese al compagno voltandosi a fissarlo, al termine del suo esame, solo per ritrovarsi con il viso a qualche centimetro dal suo.

 

Quando diamine si era avvicinato così tanto?!

 

Deglutì a vuoto ritrovandosi a specchiarsi nelle iridi feline dell’altro notando come, sicuramente a causa del fortuito gioco dell’illuminazione, queste sembrassero quasi rifrangere la luce.

“Qualcuna...” soffiò il biondo spingendo il respiro ad infrangerglisi contro la guancia, spedendogli una cascata di brividi giù per la colonna vertebrale.

 

Perchè diamine doveva stare così vicino?!

E perchè la sua voce doveva essere così bassa e morbida?

Lo stava facendo a posta!

Non c’era altra spiegazione.

 

Certo che lo sta facendo a posta, è la nostra copertura! Si rimproverò aspramente spostando lo sguardo per sfuggire al dominio delle sue iridi di giada solo per ritrovarsi a fissargli le labbra.

 

Shark aveva delle belle labbra.

Sottili ma ben disegnate.

A guardarle così, da vicino, sembravano morbide...

 

No, assolutamente, no!

Quelli erano pensieri vietati, vietatissimi!

Kyle era una agente dell’intelligence e, come se non bastasse, era dannatamente affascinante, per cui lui lo odiava!

Tra loro non poteva e non doveva esserci nessun altro tipo di rapporto se non quello lavorativo.

 

Chiaro, limpido e definitivo.

 

“Scott...?” lo chiamò suadente Kyle “...mi stai ascoltando?” chiese, inarcando le labbra in un lieve sorriso sornione quando il collega sussultò, colto in contropiede.

 

Non aveva sentito una parola!!

 

“Io...” mormorò sentendo le guance divenirgli disperatamente calde ma la fortuna fu dalla sua perchè il cameriere giunse proprio in quel momento traendolo dall’impaccio di rispondere.

Ringraziando il ragazzo con un cenno del capo Scott strinse le dita sul proprio calice, con forza, cercando di concentrarsi sulla sensazione che gli dava il vetro freddo prima di sorseggiare lentamente il vino rosso, racimolando un po’ di tempo per calmare il battito del proprio cuore e schiarirsi la mente.

 

Stavano lavorando.

L.A.V.O.R.A.N.D.O.

 

Shark l’osservò per un lungo istante ma poi parve decidere di non punzecchiarlo oltre, portando il proprio bicchiere alle labbra con calma, lo sguardo che tornava a scivolare sulle persone che danzavano in pista.

 

Ecco... oltre che morbide ora erano anche umide.

Chissà che gusto aveva un’anima nera...

Chissà che sapore avrebbe assunto su quella sua bocca maliziosa...

 

Scott si pizzicò violentemente una gamba, sotto il tavolo, cercando disperatamente di riportare i suoi pensieri all’ordine e ascoltare quello che stava dicendo il suo collega.

 

“Il barista” mormorò Kyle con un lieve sorriso divertito sulle labbra.

 

Che avesse notato che fissava con ostentazione il tavolo?

Sperava davvero di no!

Dei, si stava comportando come una ragazzina!!

 

Scott spostò la sua attenzione sulla persona indicatagli, sollevando un sopracciglio: “Il barista?” chiese, grato del diversivo “Perchè?”

Il biondo scosse le spalle, portando distrattamente dietro l’orecchio una lunga ciocca bionda “E’ abbronzato”  spiegò “Ed è strano che una persona che sceglie di fare un lavoro notturno ami così tanto il sole da arrivare ad abbronzarsi come lui, inoltre non sembra affatto un vampiro mentre tutto il resto del personale tenta di avere una aria ‘a tema’” continuò.

L’altro lo fissò scettico “Mi sembra un po’ poco per sospettarlo” borbottò, usando tuttavia il cellulare per scattare una foto al barista, in modo da poterla usare in seguito per fare delle indagini su di lui.

“Allora che ne pensi di quella ragazza con il vestito nero, accanto alla porta” disse, allungandosi verso di lui, mettendogli un braccio dietro le spalle, con naturalezza, portando il viso vicino al suo, le guance quasi a sfiorarsi per mostrargli la persona in questione.

“E’ una donna!” protestò a voce un po’ troppo alta, Scott.

Il biondo lo fissò sorpreso “E allora?” chiese.

“Le vittime erano tutte donne” gli ricordò l’altro.

Kyle scosse le spalle “E questo ti porta ad escludere a priori un assassinA?” chiese divertito.

L’altro scosse le spalle, preso in contropiede “Mi sembra solo più difficile” borbottò prima di fissarlo torvo: “Quanti altri sospetti hai individuato ancora?” domandò stupito.

 

Erano lì da poco meno di venti minuti e Shark aveva già passato in rassegna tutto il locale!

 

“Mi resta solo una freccia all’arco...” ridacchiò il biondo, sfiorandogli la spalla con dita leggere “...quell’uomo laggiù” mormorò indicandogli con un cenno del capo un angolo della pista, leggermente in penombra.

Scott, cercò di individuare il sospetto, ritrovandosi però a corrugare la fronte “Che cos’ha che non va?” chiese perplesso, tentando disperatamente di sopprimere le piccole scariche elettriche che la lieve, distratta, carezza di Kyle gli stava riversando lungo tutto il braccio.

“Sta davanti al bar ma ha il bicchiere vuoto” mormorò il biondo con una scossa di spalle.

“Come diamine fai a vedere che ha il bicchiere vuoto da qui e con così poca luce?!” protestò l’agente voltandosi per fissarlo incredulo “Vedi al buio come i gatti?!”

Kyle gli porse un mezzo sorriso “Sono un vampiro, no?” scherzò ottenendo uno sbuffo seccato dal compagno.

“E va bene...” si arrese il biondo “Allora ti dirò che NOI dell’intelligence siamo selezionati per le nostre particolari doti fisiche e la nostra intelligenza superiore” lo sfottè.

“Oh davvero?” brontolò Scott “E oltre alla vista a raggi x che altre doti avresti?” ringhiò prima di rendersi conto di quanto fosse pericolosa quella domanda.

Il sorriso del biondo si fece sensualmente malizioso mentre nelle iridi verdi, liquide ombre d’argento, gli tingevano lo sguardo di luce “Posso dartene una dimostrazione pratica... se vuoi.” soffiò con voce leggermente roca, avvicinando il viso al suo tanto da portare la punta dei loro nasi a sfiorarsi.

 

Il suo respiro aveva l’inebriante aroma della liquirizia e dell’alcool.

E lui aveva già bevuto metà del suo bicchiere di vino senza nemmeno accorgersene.

Il suo autocontrollo vacillava pericolosamente e il suo sguardo, galeotto, scivolò nuovamente sulle labbra dell’altro.

 

“Si..siamo qui per lavorare...” gracchiò scacciando violentemente i propri pensieri, tirandosi indietro quel tanto che gli era consentito dallo schienale del divano.

“Certo...” mormorò Kyle “...e io di capacità lavorative stavo parlando...” disse con candore “...tu a che cosa stavi pensando?” soffiò.

“Alla stessa cosa, ovviamente!” disse con voce un po’ troppo alta, un po’ troppo in fretta, sfuggendogli dalle braccia mentre si malediceva in tutte le lingue che conosceva e anche in qualche dialetto.

 

Solo perchè Kyle era un esemplare di sensualità maliziosa, da sogno erotico, e tutto il suo corpo sembrava fatto apposta per passarci la lingua sopra non voleva dire che lui doveva andare in calore per ogni sua affermazione!!

 

Oddio... che cosa aveva appena pensato?

 

Sensualità maliziosa?

Sogno erotico?

Passargli la lingua sopra?!

 

E va bene.

Poteva ammetterlo almeno con se stesso: era davvero troppo tempo che non faceva sesso.

Ma non poteva cedere così!

 

Scosse il capo cercando disperatamente di allontanare dalla mente l’immagine che il suo cervello gli aveva proposto, un immagine del suo collega, nudo, sudato e lascivamente abbandonato su di un letto sfatto.

 

Le lenzuola di seta nera così in contrasto con la sua pelle serica, candida.

I capelli biondo cenere sparsi sui cuscini in ribelli fiammate di ghiaccio.

Quei suoi occhi felini, due smeraldi di luci e ombre, resi liquidi dalla passione.

 

No, no, assolutamente no!!

Non mentre stava lavorando!

Non con uno dell’intelligence!!

 

Cercando di darsi disperatamente un contegno e al contempo di portare sollievo alla gola divenuta improvvisamente arsa Scott afferrò il suo bicchiere di vino trangugiandone la restante metà, d’un fiato.

 

Pessima mossa.

 

L’alcool gli andò immediatamente alla testa provocandogli una preoccupante sensazione di ondeggiamento che lo spinse ad appoggiarsi all’altro, alla ricerca di un appiglio.

Il biondo l’osservò con un sopracciglio lievemente sollevato scontrandosi con il suo sguardo lievemente annebbiato.

 

Non reggeva l’alcool e cosa faceva?

Beveva un bicchiere di vino d’un fiato.

 

Odiava gli uomini belli e cosa faceva?

Si buttava praticamente tra le braccia del maschio più avvenente che avesse mai incontrato.

 

“Com’è?” chiese tranquillamente Kyle.

“C...cosa?” chiese Scott reso ancora più confuso dal calore del corpo dell’altro, contro il proprio fianco.

“Il sangue di vergine” disse Shark blandamente, indicando il suo bicchiere.

“Oh... Non male” borbottò l’agente felice che il discorso non vertesse su argomenti spinosi.

“Allora non è vero sangue di vergine...” mormorò il biondo le iridi di giada che si tingevano di sensuali ombre smeraldo “Il sangue di vergine ha un sapore indescrivibile che non si dimentica...” soffiò avvicinandoglisi, sollevando una mano per passargliela tra i capelli castani, fermandola dietro la nuca, per impedirgli di sfuggirgli nuovamente “...la sensazione della sua carne calda, pulsante, inviolata...” non che Scott volesse andare da qualche parte, era semplicemente ipnotizzato da quel suo sguardo così sinistramente innaturale e dal tono basso, morbido, suadente della sua voce “...il battito impazzito del suo cuore quando affondi in lui...” mormorò facendo salire l’altra mano a sfiorargli il fianco, facendogliela poi scivolare sotto la maglia aderente a saggiare la consistenza della sua pelle abbronzata “...il suo calore che ti bagna, dolce, inebriante, mentre singhiozza di piacere sotto di te...” sussurrò, spezzandogli il respiro, portandosi ad un solo dannatissimo centimetro aria ustionante dalle sue labbra, “...l’estasi di sentirlo aprirsi per la prima volta...” Scott ormai respirava a fatica, il cuore in gola e la sensazione che il divanetto lo stesse inghiottendo “...e sapere che è tuo, soltanto tuo, completamente tuo...” mormorò roco il biondo soffiandogli quelle parole direttamente sulle labbra e Scott gemette, arrendendoglisi completamente, incapace di mettere insieme un qualsiasi pensiero che non avesse a che fare con corpi caldi, nudi e allacciati. “Non ha niente a che vedere con un: ‘non male’...” terminò Shark allungando il viso verso il suo, passandogli la lingua sulle labbra, ancora umide di vino, in una lenta, languida, carezza.

Solo un assaggio, del suo sapore, che gli accese un caldo languore, inequivocabile, nei lombi.

Scott rantolò, incredulo, liberando un gemito roco che gli uscì, di gola, più simile ad un lamento animale che ad un suono prodotto da un essere umano.

 

Si era eccitato.

Per un bacio!

Neanche un bacio!

 

Bhe... c’era un limite a tutto!

C’era un limite al sangue freddo di un uomo!!

C’era un limite persino alla calma di un sasso!!!

 

Stava facendo dei pensieri decisamente assurdi.

 

“Oh al diavolo!” sbottò e inseguì le labbra del collega affondandogli la lingua in bocca.

 

continua....


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