AUTORE: Yurika
PARTE: 11/20 + ss
PAIRING: KojiXYukito (niente di che, per approfondimenti aspettate il cap. 12 :p)
RAITING: R

DISCLAIMERS: Akira Sendoh e Hisashi Mitsui appartengono al sommo Inoue, gli altri all’infima Yurika

NOTE: A tutti quelli che aspettavano il seguito con pazienza e, in particolare, ad Elfuccia e alla mia adorata nipo Natsume.

 

 

 

IL CAMPUS

 

CAPITOLO XI

 

di Yurika

 

Infine, giunse il giorno della disputa tra la squadra di basket dell’Università S. e quella dell’Università di Fukuoka.

Il team di Fukuoka era da sempre il rivale diretto dei ragazzi del nostro Campus. Nessuno dei due schieramenti era disposto a perdere e la tensione per quell’incontro era alle stelle. Gli spogliatoi sprizzavano scintille.

“Per questo ho deciso per un ricambio costante dei giocatori. Gli schemi li abbiamo provati migliaia di volte e con ogni tipo di formazione possibile. Non ammetto errori da parte di nessuno. Ricordatevi che siamo alle eliminatorie dirette, perdere quest’incontro ci può costare molto caro. Il Fukuoka non è l’unico avversario che dobbiamo temere, ci sono molte altre squadre altrettanto, se non più forti. Voglio che diate il massimo e che ci facciate andare al prossimo turno senza nessun rimpianto. È chiaro?”

Il coach Kanaya stava dando le ultime direttive ai suoi ragazzi prima di mandarli in campo. Erano tutti incredibilmente molto carichi.

“Sì!” risposero in coro mentre attorniavano il loro allenatore che spiegava alcuni schemi con l’ausilio di una lavagna a muro.

“Bravi ragazzi! Sasa e Satori! Conto soprattutto su di voi per il coordinamento in campo delle azioni. Vi alternerete per tutta la durata della partita. Satori, inizierai tu e ci porterai subito in vantaggio distanziando quei pivellini già dai primi minuti. Non dobbiamo dar loro tregua! Sasa, tu giocherai l’ultimo quarto. È implicito che ti sto affidando le sorti ultime della partita”.

Kanaya fissò lo sguardo negli occhi di Sasa e il brillio cobalto che vi lesse lo rassicurò più di milioni d’inutili parole. Erano pronti e avrebbero sputato sangue per consegnargli la vittoria tra le mani.

“Molto bene e adesso... tutti fuori!” urlò battendo le mani e incitando i giovani a calcare il parquet di gioco.

Appena i nostri si presentarono sul campo furono accolti da grida di tripudio. In molti erano venuti a vederli e di certo non volevano deludere i loro sostenitori.

Si misero a fare il giro di corsa della loro metà campo mentre gli avversari facevano lo stesso dall’altra parte. Al centro, le ragazze pon-pon di entrambe le università si esibivano nei loro slogan acrobatici.

Taz aveva notato con preoccupazione una certa lucetta beffarda sul volto di Kaneda e lo teneva d’occhio con attenzione. Purtroppo nemmeno lui era in grado di fermare quel pazzoide quando si metteva in testa qualcosa.

All’improvviso, si staccò dalla colonna dei suoi compagni e si slanciò verso le ragazze impegnate in una spettacolare coreografia che prevedeva che alcune s’inginocchiassero davanti e le altre, lasciando cadere i pon-pon, le scavalcassero con un balzo. Kaneda ne approfittò per afferrare uno dei pon-pon incustoditi e per slanciarsi in mezzo alle majorettes improvvisando un buffo balletto che fece andare all’aria tutte le coreografie. Il peggio fu quando afferrò al volo uno dei bastoncini che erano stati lanciati e dopo avergli fatto fare un paio di evoluzioni assieme al pon-pon lo lanciò ad una delle ragazze. Solo che la traiettoria era un po’ troppo lunga e, per riuscire a recuperare il bastoncino fuggiasco, la ragazza fu costretta a indietreggiare correndo senza vedere che stava andando addosso alle sostenitrici dell’altra squadre che si stavano esibendo nella piramide umana.

Il risultato è scontato. Un groviglio di gambe, braccia, imprecazioni varie e Kaneda che si spanciava dalle risate. Tripudio e ovazione di tutto il palazzetto.

 “MA SEI UN CRETINOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!

Quest’urlo insieme ad una scoppola titanica che fece schizzare fuori delle orbite gli occhi di Kaneda misero fine all’ilarità generale.

“SI PUO’ SAPERE COSA TI PASSA IN QUELLA TESTA DA BRACHICEFALO???

Prima che le cose potessero degenerare, il vice-capitano pensò bene di mettersi in mezzo per tentare di ristabilire un minimo di disciplina tra i ranghi.

“Su, su, non è il caso di fare una strage proprio adesso Wakashimaru” disse con un sorrisone pacificatore e le palme alzate in segno d’armistizio.

Taz grugnì guardando con occhi di brace Kaneda che si mordeva un lembo della casacca della divisa singhiozzando.

E tu Satori vai subito a prendere un pallone e finisci il riscaldamento”.

“Non lo faccio più... BWAAAAAAAHHHHHHHH!!!!” scoppiò Kaneda in un pianto disperato.

“NON LO FACCIO PIU’ STA MINCHMMPHHMM...”

Taz fu immediatamente tacitato da Sendoh e Mitsui che, senza aggiungere una parola, lo trascinarono via mentre ancora si dibatteva.

“Bene Satori, adesso prendiamo una palla e facciamo qualche tiro insieme, ma tu smetti di piangere, ok?” cercò di calmarlo Noda accarezzandogli la testa (sto ragazzo ha il complesso del cane -.- ndYu).

Kaneda annuì tirando ancora su col naso e lo seguì.

In tutto questo, il capitano Asada faceva meditazione zen nella posizione delfiore di loto’ su una panchina estraniandosi da tutto e il koach Kanaya aveva una mano che gli copriva il volto mentre le spalle gli sussultavano sospettosamente.

Sugli spalti, uno spettatore aveva seguito attentamente l’evolversi degli avvenimenti con molta preoccupazione. Quando, però, vide che tutto si stava sistemando senza grandi conseguenze si tranquillizzò e, sospirando, si rilassò contro il sedile di plastica.

Shiro era andato ad assistere alla partita sotto le insistenze di Tsukuku. Gli aveva detto che così, almeno, avrebbe potuto vederlo agire sul serio e non parlare e basta. Sembrava tenerci parecchio e il ragazzo era stato più che lieto di accettare, ma adesso si stava domandando se tutte le loro partite fossero così movimentate. A giudicare dal fatto che uno dei membri titolari era Satori, la risposta probabilmente era sì.

Le elucubrazioni di Iida furono improvvisamente interrotte dall’arrivo di due persone che occuparono i posti vicini al suo.

Kyahh!!! Per fortuna siamo arrivati appena in tempo!” strillò una vocetta acuta.

“Sì, Yoko-chan, ma siamo passati ben due volte col rosso per colpa della tua impazienza e, se qualcuno lo scopre, mi toglieranno la patente. Mi sai dire come faremo in quel caso?” le rispose una voce seria, benché ancora giovanile.

Shiro si voltò verso i nuovi venuti. Lei era una ragazza davvero molto bella, piuttosto alta, con un fisico magro e slanciato. Aveva meravigliosi capelli neri con striature mogano che brillavano alla luce dei riflettori. Gli occhi, di un nero molto vivace, avevano lunghissime ciglia sottili, sottolineate magistralmente da un tocco di mascara. Indossava un paio di shorts blu scuro, una maglietta bianca scollata e una corta giacca di pelliccia sintetica rosa shocking. Ai piedi portava un paio di stivali bianchi con le zeppe alte e in testa un cappello da cow-boy, sempre bianco. Anche le labbra erano segnate dal rossetto bianco, ma risaltavano bene sulla pelle abbronzata che parlava del sole dei tropici più che del lettino di un solarium.

La persona che l’accompagnava era un giovane sui trent’anni con corti capelli castani pettinati all’indietro, un paio di occhiali dalla montatura sottile che nascondevano uno sguardo dritto e penetrante e un completo grigio scuro.

Uff! Jinpachi-san come sei noioso! Non ci ha visti nessuno e poi non potevo perdermi neppure un minuto di questa partita!” sbuffò la ragazza.

Ho capito Yoko-chan, me l’avrai ripetuto centinaia di volte solo stamattina! Ma non potevamo di certo abbandonare quella seduta fotografica prima che fosse finita! È importante che tu appaia su quella rivista, è uno dei traguardi da raggiungere per essere una idol famosa!” rimarcò l’uomo.

“Oh, nessuno lo sa meglio di me! Ma, credimi, io diventerò la più famosa idol del paese prima di compiere i 21 anni!”

“Ne sono certo, ma prima di tutto, dovrai essere in studio di registrazione esattamente fra due ore per quella pubblicità”.

Mentre Jinpachi continuava a parlare, la ragazza si voltò verso Shiro e, dopo avergli scoccato un’occhiata indagatrice, gli sorrise con fare altero e in un modo che sembrava dire: ‘Mi guardi perché mi hai riconosciuta, vero? Ebbene sì, sono proprio io!’

Shiro voltò subito la testa da un’altra parte mordicchiandosi le labbra. Quella tipa lo metteva in tremenda soggezione!

“Sarò puntuale manager! Ma proprio non posso perdere questa partita...

“Sì, sì... perché il tuo ragazzo ha promesso di dedicarti la sua azione migliore” proseguì per lei l’uomo con fare esasperato.

“Fidanzato, prego, non ragazzo” replicò mettendo in mostra la veretta d’oro bianco che portava alla mano sinistra.

“Oh sì, certo, perdonami!”

Uuhh!! Eccolo, eccolo! È lui!” scattò in piedi eccitata.

Yukiiiiiiiiiii tesorooooooo sono quiiiiiiii” saltellò sventolando la mano per farsi vedere.

Sasa alzò il viso in sua direzione e le sorrise strizzandole l’occhio, prima di tornare al suo riscaldamento.

Oohh non è bellissimo?” esclamò la ragazza tornando a sedersi e scuotendo il povero manager.

‘Allora questa è la famosa fidanzata di Sasa’ pensò Shiro lanciandole una rapida occhiata.

Yoko-chan per favore siediti! Ti avevo detto che non avresti dovuto attirare l’attenzione, sai cosa potrebbe succedere se qualcuno sapesse che sei qui? Già il tuo look non è granché anonimo, almeno cerca di evitare di farti riconoscere!” la riprese Jinpachi riuscendo a sfuggire alle sue grinfie e aggiustandosi la cravatta.

“Va bene, va bene, starò attenta. Oh, guarda! Hanno iniziato!” esclamò aggiustandosi i capelli e sfoderando il suo sorriso più affascinante.

Shiro tornò a concentrarsi sul campo tentando di seguire le varie fasi del gioco. Non che ci capisse gran che, ma a quanto pareva la loro squadra era messa piuttosto bene. Satori era scatenato, riusciva a costruire azioni molto particolari, ma quasi sempre vincenti. Anche l’altra squadra se la cavava piuttosto bene e dava parecchio filo da torcere ai ragazzi dell’Università S.

Yoko era insofferente, non faceva che sbuffare e cambiare posizione senza requie. Ogni volta che entrava in scena Sasa urlettava senza ritegno, gracchiando contrariata non appena l’azione si concludeva senza che venisse dedicata a lei.

Finalmente fu il turno di Noda e Shiro sorrise contento. Dopo tanta attesa poteva vedere il suo amico giocare. Per quanto ne capisse, il ragazzo giocava nella stessa posizione di Mitsui, anche se non era altrettanto invincibile con i tiri da tre punti. In difesa, comunque, sembrava essere insuperabile e stava mandando letteralmente in crisi il numero 5 avversario non permettendogli mai di avvicinarsi al canestro.

Iida si ritrovò a incoraggiare la squadra esattamente come il resto degli spettatori presenti senza nemmeno accorgersene. Era stato coinvolto dall’atmosfera di generale euforia che permeava l’intero palazzetto. Quando poi Notoori riuscì ad andare a canestro proprio grazie ad una splendida finta di Noda, si alzò in piedi urlando d’entusiasmo.

Appena se n’accorse, il cuore gli scoppiò in petto dall’imbarazzo e senti il sangue affluirgli violentemente al viso. Si voltò imbarazzatissimo e incontrò lo sguardo di sufficienza di Yoko che lo osservava come se fosse un povero mentecatto. Il giovane si rimise seduto mordicchiandosi le labbra e senza avere più il coraggio di alzare la testa. Riuscì a rilassarsi di nuovo soltanto a partita quasi conclusa.

Si era ormai giunti agli ultimi secondi del gioco che vedeva in vantaggio l’Università S. di cinque punti. Era andata esattamente come Kanaya aveva previsto sin dall’inizio e lo si poteva vedere sorridere soddisfatto seduto sulla sua panca.

Yoko ormai stava schiumando dalla rabbia. Yukito non le aveva ancora mantenuto la promessa e, ormai, non avrebbe più fatto in tempo!

Proprio in quel momento, gli spalti furono percorsi da un brivido d’eccitazione. Sasa aveva di nuovo portato la sua squadra all’attacco, ma pareva non essere intenzionato a passare la palla. Il Fukuoka non era di certo intenzionato a lasciarsi sbeffeggiare in quel modo da un unico giocatore. Avrebbero perso, ma mantenendo l’onore!

Il playmaker si portò avanti scartando un paio di avversari e compiendo anche un back-roll turn. All’improvviso, si trovò bloccato dal pivot, una vera e propria montagna umana. Yukito stoppò, sorrise e, senza dargli il tempo di provare a rubargli palla, saltò. L’altro gli fu subito dietro, tentando d’intercettare il tiro, ma Sasa, che si aspettava quella mossa, stupì tutti con un lancio in sospensione all’indietro.

Canestro. Fischio dell’arbitro. Avevano vinto la partita con sette punti di vantaggio.

Il ragazzo dalla lunga frangia nera che, in parte, gli velava lo sguardo di un particolare blu, si voltò verso le gradinate dove stava Yoko e sorrise. Con gesto cerimonioso e sicuro fece un elegante inchino nella sua direzione, portandosi una mano sul cuore.

A quel punto la ragazza non riuscì più a trattenersi e scattò in piedi saltellando e urlettando di gioia.

“L’ha fatto! L’ha fatto davvero! Hai visto? Hai visto?”

“Certo che ho visto, Yoko-chan, hanno visto tutti e così, addio copertura!” sbuffò Jinpachi mentre cercava di farla risedere.

Intorno a loro si potevano sentire persone bisbigliare: “Ma quella non è Yoko Iomomiya?... Chi? Quella della pubblicità?... Sì, l’ho vista l’altro giorno su una rivista! È proprio lei!... Non ci credo! Che ci fa qui?”

La ragazza si ricompose tornando tranquilla, anche se persisteva una luce di trionfo negli occhi neri dalle lunghissime ciglia.

“Non ti preoccupare manager! Lascia pure che si sappia che il mio fidanzato è un campione di basket!” mormorò con un sorriso affascinante.

“Fai come vuoi” concluse lui aggiustandosi gli occhiali con incuranza.

Yoko si girò verso Shiro il quale reagì cercando di appiattirsi contro lo schienale del sedile.

“Quel giocatore è il mio fidanzato e mi ha dedicato quella giocata perché noi ci amiamo molto. Mi dice sempre che sono bellissima” gli disse scoppiando in una risata quasi infantile.

Shiro si mordicchiò l’interno di una guancia pensando disperatamente a come poter replicare. Gettando nervosamente un’occhiata sul campo, la sua attenzione venne attratta dalla buffa scena che vi si stava svolgendo.

Le ragazze delle tifoserie erano ricomparse per il numero finale e stavano compiendo nuove evoluzioni. Kaneda le adocchiò immediatamente e gli occhi gli s’illuminarono di luci smeraldine.

Pon-pon!” esclamò.

FIUUUUUUUUUUNNNNNN

I ragazzi si voltarono verso quello strano suono e scoprirono con orrore che Satori si era già lanciato in direzione delle ragazze.

“No!”

Un’altra figura fu più rapida di lui e gli fu subito addosso.

Taz lo afferrò per il retro della maglia sollevandolo di qualche centimetro mentre i piedi di Kaneda correvano sbatacchiando nel vuoto.

“Stavolta non mi scappi!” gli ringhiò pericolosamente Tadashi.

“Avanti Taz, fai il bravo e rimettilo giù” cercò di intromettersi Noda con sorriso conciliante.

“Col cavolo che lo metto giù! Non gli permetterò di ripetere lo spettacolo di prima!” gli urlò contro Tadashi rafforzando la presa sull’altro ragazzo che si dibatteva piagnucolando ‘voglio i pon-pon’. Sendoh e Mitsui stavano lì vicino, pronti ad intervenire, scuotendo la testa.

Shiro sorrise. Guardò Yoko, la cui attenzione si era già spostata su qualcun altro. Di sicuro lei era bella, anzi, bellissima! Però quando la guardava intorno a lei percepiva solamente colori opachi e sbiaditi.

Tornò a fissare i suoi amici in campo. Loro brillavano con colori intensi e brillanti. Sì, loro erano infinitamente migliori.

Il piccolo Iida si alzò senza farsi notare e sgattaiolò verso il passaggio che lo avrebbe portato ad unirsi a quel gruppo scintillante.

In mezzo alla confusione generale, improvvisamente si alzò un grido.

Sasa! Mio eroe!!!

Un ragazzo dai capelli gialli a cespuglio e un piercing ad anello sul labbro inferiore si gettò addosso a Yukito e, approfittando del suo shock momentaneo, gli diede un focoso bacio con tanto di lingua ben in evidenza.

Un boato si sollevò dagli spalti, divertiti da quel fuori programma inaspettato.

“AAAAAAAAAHHHHHHH!!!!!!!” urlò Yoko balzando in piedi e correndo via come una furia, inseguita subito dal manager.

Sasa riuscì a liberarsi dall’esaltato assestandogli una ginocchiata nel basso ventre e facendolo accasciare per terra dolorante e piangente. Mentre lo guardava così disteso, pensando se fosse il caso o meno di prenderlo a calci nei denti, si sentì richiamare da una leggera pressione sulla spalla destra e, voltandosi, si trovò di fronte ad una Yoko tremante d’ira.

“Sei solo uno sporco TRADITORE!!!” disse lei facendo aumentare pericolosamente il tono della voce mentre parlava e culminando con un poderoso schiaffo.

Sasa sentì un sapore ferruginoso invadergli la bocca e si portò una mano alle labbra accorgendosi di una ferita, provocata da uno degli anelli della sua fidanzata, che sanguinava copiosamente.

Yoko-chan! Stai bene?” chiese Jinpachi preoccupato, vedendo che la ragazza si stringeva il polso della mano colla quale aveva colpito Yukito e che una smorfia di dolore le deturpava il viso da bambola.

“Ti odio!” urlò Yoko prima di scappare rincorsa dal suo manager.

Sasa si guardò intorno, non capendo ancora bene cosa fosse successo esattamente.

A-aspetta.... Yoko!” la richiamò unendosi all’inseguimento di Jinpachi.

Mitsui fischiò colpito.

“Caspita! Una scena degna della migliore telenovela sudamericana!” disse quasi con ammirazione.

“Oh, per favore! È stato solo patetico!” commentò Sendoh con una smorfia.

Kaneda non disse nulla, si limitò a seguire con lo sguardo la corsa di Yukito fuori dal palazzetto.

Ma cos’era successo? Era certo che, questa volta, Sasa non c’entrasse nulla. Era evidente che non conosceva quel ragazzo. Aveva letto sorpresa, disgusto e confusione in quegli occhi che, suo malgrado, conosceva tanto bene. Chi era, allora, quello sconosciuto? Possibile che fosse un ammiratore di Yukito, solo più intraprendente degli altri? Come mai non si era mai rivelato prima, ma proprio il giorno in cui era presenta anche la fidanzata di Yukito (cosa che non era di certo ignorata tra chi lo conosceva)?

“Va tutto bene Kaneda?”

Una voce calda lo richiamò indietro e poi un tocco lieve, una carezza appena accennata sul suo zigomo. Alzò lo sguardo e incontrò due occhi bruni ricolmi d’amore e di preoccupazione. Occhi sinceri e limpidi, costantemente rivolti verso di lui, occhi di cui non avrebbe mai potuto fare a meno.

Kaneda sorrise e annuì.

“Va tutto benissimo”.

Non capendo neppure lui il perché, Taz arrossì per quel sorriso di vera felicità rivolto solo a lui.

Mh... hai... hai visto che scenettina romantica che si sta svolgendo proprio di fianco a noi?” mormorò cambiando argomento nel titanico tentativo di regolarizzare i battiti del suo cuore impazzito e di bloccare sul nascere l’impulso di stringere a sé quel ragazzo – il suo ragazzo – e di baciarlo e baciarlo e baciarlo fino a rimanere senza fiato e senza volontà.

“Dove, dove?” domandò subito curioso Kaneda girando intorno lo sguardo.

Ooohhhh!” esclamò poi, quando ebbe inquadrato ciò che Taz gli aveva indicato.

Iida, con le guance lievemente imporporate e i grandi occhi nocciola lucidi e brillanti, si stava complimentando per la bella partita con Noda che sorrideva euforico incastrando una mano nella foresta di rasta scuri.

“Davvero! Io non me ne intendo, però vedervi giocare mi ha emozionato moltissimo!” stava dicendo il ragazzo più giovane.

“Ti ringrazio, è sempre bello ricevere dei complimenti sentiti dal cuore” rispose l’altro.

“Immagino che però sia stata una bella faticaccia!”

“Sì, abbastanza! Il team di Fukuoka era molto agguerrito e non ne voleva sapere di lasciarci vincere in pace” disse il giocatore ridendo.

Shiro si unì a quella risata.

“Aspetta!” esclamò improvvisamente, notando che Tsukuku si stava asciugando un rivoletto di sudore con il bordo della maglia.

Rovistò un po’ nella borsa che si era portato dietro, traendone, infine, un asciugamano bianco che porse all’amico con un sorriso.

“Ecco, prendi”.

“Ah, grazie!” disse Tsukuku spiegando il telo per potersi asciugare con più facilità. A quel punto, però, spalancò gli occhi in un’espressione sorpresa e si voltò verso Shiro in cerca di una spiegazione.

Il brunetto abbassò gli occhi arrossendo maggiormente, stropicciandosi le dita con nervosismo.

“L’ho fatto fare apposta per te” mormorò in un soffio.

Tsukuku si rimise ad osservare il regalo che gli era appena stato fatto.

Un semplice asciugamano di spugna. Se non fosse per un particolare. Stampato al centro, faceva mostra di sé il dolce musetto di un collie bianco e rosso.

Perché?” domandò Tsukuku ancora incredulo.

“Volevo sdebitarmi in qualche modo. Grazie al tuo aiuto il mio quadro è stato iscritto ad un prestigioso concorso cui non mi sognavo neppure di poter partecipare. Senza di te non ci sarei mai riuscito” spiegò Shiro con vocina vergognosa.

Ma no, sono io quello in debito. Io ho rovinato l’altra tua opera”.

Iida alzò lo sguardo e si mise a ridere.

“Per questo ti sono riconoscente! Se avessi presentato quella schifezza al posto del tuo ritratto a quest’ora non starei partecipando al P.N.A.E.”.

“No, non dire così! Sono certo che anche quel quadro fosse molto bello, anche se non l’ho potuto vedere bene perché era ricoperto di fango e altre schifezze, però non è certo merito mio se partecipi al concorso, anzi, io se mai sono una penalità, ma il fatto è che tu sei bravo, bravo davvero, cioè... non che io me ne intenda molto, anzi, per niente, però... però...” disse Tsukuku di getto, investendolo con la sua agitazione crescente per il dubbio di non riuscire a spiegarsi bene.

Shiro scoppiò in una risata fresca e genuina che fece morire i pensieri in testa a Tsukuku, il quale si decise a chiudere la bocca e a guardarlo sorridendo felice.

Comunque, grazie davvero. Per l’asciugamano, intendo” aggiunse alla fine goffamente.

“Non ringraziarmi, per favore. Sono io che ti sarò sempre grato. Mi hai dato molto più di quello che pensi”.

Il ragazzo più giovane si sentiva rilassato come poche volte gli capitava, al massimo quando era da solo in camera ad ascoltare musica e a leggere un buon libro o quando disegnava. Ed era tanto più strana quella situazione se si tiene in considerazione che era in un posto molto affollato e con un sacco di gente che lo guardava, cosa che in genere lo mandava in panico. Però stava bene in quel momento e ne imputò la causa alla presenza di Noda. Il sempai riusciva sempre a farlo sentire a suo agio con il suo sorriso tranquillo e lo sguardo privo d’incertezze. Era esattamente il prototipo del fratello maggiore che avrebbe sempre voluto accanto a sé a confortarlo e a rassicurarlo.

Va bene, allora non ti ringrazio più. Però è stato davvero un gesto carino. E poi è proprio un bel collie!” riprese Tsukuku ammirando allegramente l’asciugamano.

“Sono felice che ti piaccia. Quando l’ho scelto ho ritenuto che in quel modo avresti sempre potuto avere qualcosa che ti ricordasse Mitchel. Ora potrai pensare a lui ogni volta che lo userai”.

Tsukuku fissò su di lui lo sguardo, puntandogli addosso gli occhi profondi.

‘Troppo per non rischiare di perdermici’ pensò Shiro senza capirne la ragione né sapere cosa fare.

Poi Tsukuku fece una cosa ancora più strana. Sollevò la mano destra e la posò sul collo niveo di Shiro, accarezzandogli il mento e la guancia con il pollice.

Sarà a te che penserò ogni volta che lo userò”.

Iida rimaneva a guardarlo non osando neppure respirare.

“Mi spiace disturbare il vostro momento idilliaco, ma il coach ha dato l’ordine di rientrare negli spogliatoi. Che ne dite di rimandare il vostro romanticismo a più tardi?” disse Akira che si era avvicinato ai due con sorriso malizioso e che aveva appoggiato una mano sulla spalla di Tsukuku.

Noda tolse subito la mano dal volto dell’amico e sorrise innocentemente a Sendoh. Iida, ovviamente, arrossì, balbettando qualche scusa.

“Ah sì, scusate! Io... io vi sto trattenendo e... tanto dovevo andare... mi dispiace... salutatemi anche gli altri... Ah! E... bella partita...” così dicendo fece un breve inchino e corse via.

Ma... l’ho spaventato io?” domandò Akira piuttosto perplesso.

“Certo che sì! Con la brutta faccia che ti ritrovi!” scherzò Tsukuku ridacchiando.

“Sentitelo! Ha parlato Rodolfo Valentino!” replicò Akira con tono ironico.

“Modestamente!” esclamò Tsukuku massaggiandosi il pizzetto con aria tronfia.

“Ma piantala!!!” rise Akira spingendolo verso gli spogliatoi.

Continuando a prendersi in giro, i due amici raggiunsero i loro compagni.

 

Nel frattempo, un altro membro della squadra era sempre sulle tracce della fuggitiva. Ormai l’aveva cercata intorno al palazzetto senza successo e stava abbandonando la sua impresa. Sospettava che Yoko se ne fosse già andata da un pezzo, probabilmente con la macchina del suo manager. In più, iniziava ad avere proprio freddo. Era uscito di corsa, ancora sudato e con solo la leggera divisa da basket addosso. Rischiava di prendersi una polmonite! In fondo, erano solo i primi giorni di marzo e le temperature non erano di certo clementi.

Era giunto all’ingresso della struttura quando si sentì chiamare da qualcuno. Si guardò intorno, ma non vide nessuno che conosceva. Convinto di essersi sbagliato, fece spallucce e mise una mano sulla porta, ma si bloccò nuovamente al suono di una voce.

Yukiiii!”

Sasa rabbrividì e non solo per la leggera brezza che gli stava asciugando il sudore della fatica sportiva sul corpo. Aveva riconosciuto quella voce.

Si voltò verso destra e guardò in direzione dell’angolo dell’edificio. Era certo che il proprietario della voce si trovasse lì dietro.

Rimaneva lì immobile, volendo pensare al da farsi, ma senza riuscirci realmente. La sua mente era un foglio bianco e, per quanti sforzi compisse, non riusciva ad intaccarne l’immacolatezza.

Semplicemente, ad un certo punto il suo corpo si mosse da solo, risucchiato dall’incanto di quel richiamo.

Svoltò il famoso angolo, ma non trovò nessuno. Stizzito, si voltò per andarsene.

Yukiiii!”

Di nuovo lei, di nuovo quella voce! Ma questa volta più vicina, più potente. Più pericolosa.

Sasa avanzò di qualche passo, spaziando con lo sguardo ceruleo alla ricerca del Pifferaio di Hamlin che lo stava conducendo nella sua trappola.

Una mano, uscita da chissà dove, gli afferrò il polso e lo trascinò in una piccola rientranza della parete, in parte celata alla vista da una muratura di cemento. Una volta lì, Sasa fu sbattuto contro la fredda muratura e una bocca avida s’incollò alla sua, dettando subito il ritmo di un bacio forsennato. Mani bollenti andavano alla febbrile ricerca della sua pelle e delle sue forme. Mani che s’intrufolarono sotto la maglietta sottile e gli pizzicavano i capezzoli, gli solleticavano l’ombelico, gli sottolineavano le leggere pieghe dei muscoli. Sembravano avere vita propria ed essere alla ricerca dell’unico elemento che desse loro vita e che per questo frugassero senza sosta. Riuscirono a valicare i pantaloncini della divisa, a sgominare le difese degli stretti ciclisti e, infine, dopo un duro assedio, conquistarono l’interno degli slip aderenti. Qui si prodigarono in una lenta e lasciva carezza sui glutei nudi e vi si fermarono sopra, ormai paghe per ciò che avevano ottenuto.

Nello stesso momento, anche la bocca diede fine al bacio soffocante.

Sasa riaprì gli occhi che aveva tenuto chiusi per tutto il tempo e incontrò l’ametista della sua ossessione.

Ashton!” sibilò con disprezzo.

“Ciao Yukito” rispose Koji sorridendo.

Cosa vuoi?”

“Ho già quello che voglio!” ridacchiò divertito Koji aumentando di poco la pressione sulle natiche di Yukito.

“Temo che quello non appartenga a te” disse Sasa con sguardo malizioso e provocatorio.

“Ah no? Non dirmi che è esclusiva del punkettaro dalle labbra bollenti!” gli soffiò Koji mordicchiandogli e succhiandogli il lobo.

Yukito rabbrividì, ma riuscì ad allontanare leggermente l’altro da sé afferrandolo per le spalle.

“Hai visto anche tu?” gli domandò con occhi di mare in tempesta.

Ebbene sì, lo confesso. Sono venuto a vedere la partita, non ho resistito all’impulso di vederti sculettare per quaranta minuti” rispose Koji prima di fiondarsi sul suo collo baciandolo e leccandolo.

Yukito lo lasciò fare, beandosi del forte desiderio di lui che aveva il biondo.

“Ho voglia di te” gli sussurrò Koji all’orecchio.

“Non qui” rispose lui sorridendo.

Perché no?” domandò Koji succhiandogli la base del collo.

Perché non sono la tua troietta che ti puoi sbattere dove vuoi ogni volta che ti viene la voglia. E poi devo ancora fare la doccia e cambiarmi” gli rispose senza, tuttavia, allontanarlo da sé.

Ma a me piaci così, tutto sudato. Mi eccita il tuo odore acre e pungente” sussurrò Koji spostando una mano dal suo sedere per afferrargli una gamba e mettersela intorno alla vita, in modo da far combaciare i loro bacini.

Yukito gli gettò le braccia al collo e si strusciò su di lui.

“Pervertito” disse con voce roca e il respiro accelerato.

“Certo che sì! È per questo che mi ami” mormorò continuando a baciarlo sul collo e sulle spalle nude.

“Io non ti amo affatto” disse Yukito soffocando un gemito.

Koji abbandono definitivamente il possesso del suo fondo schiena per strattonargli i capelli all’indietro e fargli piegare la testa per poi invaderlo con un altro violento bacio.

“Bugiardo” sussurrò quando si staccò da lui a corto di fiato.

“Per niente. Se mai, sei tu che sei innamorato di me” disse Sasa con una luce trionfante negli occhi azzurro cielo.

“Non ho certo difficoltà ad ammetterlo” sghignazzò Ashton divertito “Mi fai impazzire, ti amo e ti desidero come un dannato, non mi sazierò mai di te. Mai!”

Mentre parlava lo aveva stretto maggiormente a sé, quasi tentasse di inglobarlo nel suo corpo. Con lenti movimenti pelvici faceva strusciare i loro sessi tesi.

Yukito ansimava pesantemente sulla sua spalla che mordeva con forza per trattenere i gemiti che tentavano di scappargli dalla bocca.

“Io ti amo davvero e non mi sarei mai comportato come quella zoccoletta vistosa che porti a letto e che ha osato ridicolizzarti davanti a tutta quella gente” continuò a sussurrargli mentre scariche di puro piacere dovute alla vicinanza di quel corpo tanto bramato lo investivano senza sosta.

Yukito spalancò gli occhi stringendosi con forza al retro della sua giacca.

“Lei non ti merita, non è di quella lurida cagna che hai bisogno. Tu hai bisogno di qualcuno che ti voglia per come sei, di qualcuno che sappia domarti come hai sempre desiderato. Tu hai bisogno di me!”

“Maledetto bastardo!!!” urlò Sasa con tutto il fiato che riuscì a racimolare e spinse Koji con quanta più forza poteva facendolo andare a sbattere contro la parete opposta del loro nascondiglio.

Il biondo lo guardò spiazzato per quella reazione del tutto inaspettata.

Ma cos...”

“Tu c’entri! Sei stato tu, lo so, non mentire!” lo investì Yukito con furia cieca e occhi di ghiaccio.

Koji fece una smorfia divertita, cercando di trattenere una risata.

E se fosse?” domandò.

Gli occhi di Sasa si ridussero a spiragli sottilissimi.

“Mi fai schifo. Ti odio, mi senti? Io ti detesto!” sibilò prima di correre lontano da quel posto che gli metteva i brividi.

“Bugiardo” sussurrò Koji guardandolo fuggire.

Poi non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una furiosa risata.

 

FINE CAPITOLO XI