AUTORE: Yurika
PARTE: 8/20 + ss
PAIRING: none
RAITING: PG-13

DISCLAIMERS: in questo capitolo i pg sono tutti miei.

NOTE: non credo di averne. A parte che sta fic non finisce più!!! Probabilmente la sto scrivendo per quei 4 gatti che mi fanno ancora il piacere di leggerla. Dedico il capitolo alla mia dolce cognatina-kohai Pam-chan a causa della quale mi sono gettata in questa titanica impresa. Se mi abbandoni anche tu mi butto a mare ç___ç

 

 

 

 

IL CAMPUS

 

CAPITOLO VIII

 

di Yurika

 

Quel giorno l’aula del corso di pittura risuonava delle voci entusiaste degli studenti.

Uno per volta i ragazzi dovevano mostrare davanti agli altri i propri lavori. Per la gioia generale, Chigusa, evitando di fare favoritismi, aveva prorogato a tutti il termine di consegna dei ritratti, cosa che aveva fatto guadagnare a Iida i ringraziamenti dei suoi compagni.

Già molte tele erano state apprezzate, altre ignorate, ma l’entusiasmo che aveva suscitato il dipinto di Kaneda era stato davvero considerevole. Codino lo aveva lodato con ammirazione e poi aveva aggiunto, strizzandogli l’occhio, che del resto da lui non si era aspettato niente di meno.

Subito dopo fu il turno di Shiro. Il ragazzo si alzò titubante, sempre vergognoso di mostrare in pubblico i suoi lavori.

Del resto, in quel momento gli altri studenti erano ancora troppo presi dal commentare e lodare l’opera del suo compagno dai capelli viola per spostare la propria attenzione sul timido Iida.

Arrivato alla cattedra Shiro posò la tela ancora fasciata dalla carta di protezione sul pianale. Chigusa era in piedi di fianco a lui e gli rivolse un sorriso d’incoraggiamento che fece andare ancora di più nel pallone il giovane che prese a strappare la carta marroncina con mani tremanti.

Dopo aver rischiato di far cadere il quadro almeno un paio di volte, ottenendo ben scarsi risultati, il professore andò in suo aiuto prendendogli la tela dalle mani e liberandola lui stesso dalla sua protezione. Shiro balbettò qualche scusa maledicendo tra e la sua stupida e oltremodo inopportuna goffaggine.

Infine il dipinto venne alla luce. Chigusa lo stringeva in mano guardandolo. Dopo pochi secondi i suoi occhi si spalancarono facendo stringere le pupille in uno sguardo quasi allibito. Si voltò verso Shiro squadrandolo con attenzione.

Iida...” mormorò.

Al ragazzo sembrò che quello sguardo gli stesse rovistando dentro ricercando qualcosa che non si faceva trovare per timore di essere lacerato in mille brandelli. Non poté fare a meno di assumere un colorito malsanamente paonazzo e di essere sconvolto da violenti brividi.

Anche gli altri studenti a quel punto notarono la strana atmosfera che era venuta a crearsi tra quei due e rimanevano perplessi di fronte alla scena.

Codino si riprese improvvisamente e dopo aver sorriso al piccolo Iida rivolse la sua attenzione all’intera classe con aria molto compiaciuta.

“Sembra che oggi assisteremo alla nascita di un nuovo artista in quest’aula!”

Così dicendo voltò la tela verso i suoi alunni in un gesto un po’ plateale.

Una serie di esclamazioni tra lo stupore e l’incredulità si profuse per la stanza.

Aaahh!! Lo sapevo! Lo sapevo che sarebbe uscito un capolavoro!” cinguettava Kaneda saltellando sulla sedia e battendo le mani in contemporanea.

Dal quadro un ragazzo dall’aria seria (chi lo conosceva poteva riconoscere i lineamenti del vice-capitano della squadra di basket, Tsukuku Noda) preso a ¾ li osservava frontalmente. Indossava un completo gessato, i rasta fermati da un’alta coda e sulla testa spiccava un paio d’occhiali da sole con le lenti ovali e una spessa montatura anni sessanta. La figura era verticalmente tagliata a metà formando due parti simmetriche: la parte sinistra aveva lo sfondo bianco e i contorni neri mentre quella destra aveva lo sfondo nero con i contorni bianchi. Il volto di sinistra aveva un occhio particolarmente brillante e la bocca tirata all’insù in un mezzo sorriso accattivante e simpatico. Il volto di destra aveva un occhio profondo e remoto, intensissimo, e la bocca era una linea sottile e tesa, come se fosse stata sul punto di svelare chissà quali arcane profezie.

“Un lavoro davvero ben svolto Iida! La tecnica è impeccabile, il tratto è vigoroso e pieno di sentimento. Forse siamo riusciti a tirare fuori almeno un po’ dell’artista che si cela dentro di te. Tu cosa ne pensi Satori?”

Chigusa si rivolse al suo migliore studente con aria complice.

“Io dico che era anche l’ora prof! Se lo  lasciate alle mie cure per un mesetto ve lo trasformerò in un genio assoluto!” esclamò Kaneda con entusiasmo.

Chigusa si mise a ridere mettendo il quadro di Shiro assieme agli altri lavori che si sarebbe portato poi via per un giudizio più approfondito.

“Non credo sia una buona idea Satori! Avere due studenti del tuo calibro sarebbe decisamente troppo anche per me!”

Cosa intendi prof?” fece Kaneda incrociando le braccia sul petto e squadrando Codino con aria mortalmente offesa.

“Niente di offensivo Satori! Solo che tu sei meraviglioso e perfetto nella tua unicità. Credo sia meglio lasciare che Iida prenda la sua strada”.

Mmhh... sì, credo anch’io di essere unico e perfetto” rispose Kaneda annuendo soddisfatto.

In tutto quel tempo Shiro era rimasto in piedi sbattendo i grandi occhi nocciola confuso, non capendo bene cosa stesse succedendo.

Chigusa si mise nuovamente a ridere e si sedette sulla scrivania appoggiando una mano sulla spalla dello studente.

“Ben fatto Iida, davvero un ottimo lavoro! Sono fiero che tu sia mio alunno. Puoi tornare al tuo posto ora”.

Shiro riuscì a malapena ad annuire e si diresse alla sua sedia con il fiato corto e una strana sensazione di calore che si irradiava proprio dal punto in cui lo aveva toccato il professore. Rimase in stato catatonico per il resto della lezione non riuscendo bene a distinguere i ritratti che i suoi compagni continuavano a mostrare, sovrapponendoli l’uno all’altro creando macchie di colori informe e insensate finchè non giunse la pausa pranzo.

Il ragazzo si accorse a malapena dell’uscita dall’aula del professore e cominciò a raccogliere le sue cose con gesti meccanici.

“Il mio artista preferito!!!!

Shiro fu travolto da una valanga viola che gli si appiccicò alla schiena rischiando di soffocarlo stringendogli le braccia attorno al collo.

“Ora che hai trovato il tuo stile e diventerai famoso prometti di non dimenticarti del tuo fan più accanito! Anzi, per non rischiare fammi subito un autografo! Però lo voglio tatuato sull’interno coscia....” terminò di dire soffiando nell’orecchio del povero Iida che rispecchiò all’istante tutte le tonalità esistenti del rosso.

S-satori... ma che dici? Io... io non... fare autografi... e poi... ho solo... dipinto un quadro carino... niente di più...”

Kaneda si staccò da lui e gli diede un’enorme scoppola sulla nuca.

“La pianti di sottovalutarti in questo modo? Non hai visto l’impressione che hai suscitato nell’intera classe? Il tuo quadro è meraviglioso! Così intrigante e vigoroso! Lo adoreranno tutti!”

Si avvicinò maggiormente al suo compagno e sussurrò con un sorrisino malizioso: “Persino Codino n’è rimasto molto colpito....

Shiro si mordicchiò il labbro inferiore e si massaggiò il collo.

“Davvero?”

“Ah ah!” disse il suo amico annuendo con decisione.

“Colpito e affondato!”

“Beh... s-sono contento che gli sia piaciuto...

“Sì ... del tuo idillio con Codino ne parliamo dopo. Ora siediti qui e raccontami com’è andata col nostro serafico vice-capitano”.

Il giovane dalla violacea capigliatura spinse l’altro facendolo sedere sopra la cattedra per poi accomodarsi sulla sedia del professore.

Ma... ma... Satori...”

“Su avanti! Racconta tutto allo zio Kaneda! Noda si è comportato bene o, approfittando della vostra solitudine, ha provato a saltarti addosso?” domandò con aria cospiratoria.

Satori, ma che dici?” urlò Iida indignato con le gote velate di porpora per via della concitazione con cui si mise a difendere il suo modello.

Noda si è comportato da perfetto gentiluomo e poi... perché mai avrebbe dovuto saltarmi addosso?”

“Già... chissà perché, vero? Proprio non ti viene in mente nessun motivo?” chiese Kaneda un po’ deluso dalle notizie del compagno. Sperava di poter ottenere qualche informazione piccante per poter ricattare il suo sempai e invece... niente!

“Non capisco a cosa vuoi riferirti” esclamò il moretto con grandi occhioni interrogativi.

“Niente, lascia perdere”.

Satori appoggiò la testa alla mano per sostenerla e guardò Iida con aria annoiata. Cavoli, quel ragazzo era di una purezza e un’ingenuità disarmanti persino per lui!

Quindi Noda si è dimostrato un modello ideale!” disse cercando di celare uno sbadiglio.

“Beh... non proprio. In effetti il sempai è molto lontano dalle caratteristiche di un modello comune. Intendo per quanto riguarda il comportamento, sai. Perché come fattezze e lineamenti... ecco, forse è stato il mio modello migliore" concluse mentre le mani cincischiavano con il bordo del pullover nero.

Un barlume d’interesse passò negli occhi di giada di Kaneda.

“In definitiva... è stata un’esperienza positiva?”

Shiro sbatté le palpebre guardando l’amico come se si fosse appena svegliato da uno strano sogno ed assunse un’espressione meditabonda.

“Sì.... direi proprio di sì” disse lentamente.

 

FLASHBACK

 

La luce artificiale illuminava una stanza alquanto spoglia, con scaffali pieni di  vernici, colori e vari utensili per la pittura. Nella parte centrale stavano una serie di cavalletti con degli sgabelli davanti, posizionati in modo sfasato affinché da tutte le posizioni si potesse avere la migliore visione di un piccolo piedistallo di legno che rialzava un divanetto sgangherato.

Solo due figure testimoniavano la presenza umana in quell’ambiente. Una era piccola e minuta e sedeva su uno degli alti sgabelli che lo facevano sembrare un bimbo che vuole sedersi alla tavola assieme ai grandi. Non aveva alcuna tela davanti a sé, ma era tutto intento a tracciare dei segni a matita su un blocco di fogli che teneva appoggiato alle ginocchia.

L’altra stava seduta sul divanetto guardandosi intorno nervosamente. Ogni tanto si dimenava in cerca di una sistemazione più comoda, cosa non facile a causa di tutte le molle che continuavano a spuntare da quel reperto da discarica e che gli si conficcavano nella schiena.

“Mi spiace poter venire alle sedute solo a quest’ora tarda. Dev’essere difficile per te disegnare bene senza la luce del giorno” disse la figura sul divano tirandosi bene all’indietro e poggiando le braccia sulla spalliera.

“Non preoccuparti, per me va bene anche così. Solo... potresti rimetterti com’eri prima? Non riesco a ritrarti se continui a spostarti” rispose l’altra figura senza sollevare la matita dal foglio.

“Oh sì, scusa! Me lo ripeti tutte le volte e io continuo a dimenticarmene”.

Il ragazzo che era stato appena ripreso abbassò una mano e si portò l’altra alla testa dove scomparve in una foresta di rasta nerissimi.

Il ritrattista si limitò a fare un debole sorrisino timido aspettando che l’altro tornasse alla posizione originaria per poter riprendere il suo lavoro.

Di nuovo il silenzio cadde nella sala. Si sentiva solo il rumore della matita che percorreva con rapidi tratti la carta ruvida.

“Tu non lavori mai con la musica in sottofondo? So che alcuni lo fanno” tornò a parlare il ragazzo del divano sentendosi imbarazzato da quella quasi totale assenza di suoni.

“No, non lo faccio mai. Ho paura che la musica mi distrarrebbe”.

“Ah, capisco...

Altri minuti di silenzio, stridio della matita.

Perché sai, quando Satori ha fatto il ritratto di Sendoh metteva sempre della musica metal” esclamò ad un tratto l’impaziente modello come a voler continuare il discorso precedente e, senza accorgersene, mise una gamba sotto il sedere sporgendosi in avanti verso il suo interlocutore.

“Me l’ha raccontato Sendoh dicendo che non capiva come quella testa matta riuscisse a concentrarsi con tutto quel fracasso, ma, a quanto pare, rimaneva intento a ciò che stava facendo senza dar segni di distrazione. È proprio uno strano tipo quello!” finì scoppiando in una forte risata.

La sua risata... rispecchia la sua essenza’ si sorprese a pensare il giovane artista. Si soffermò su quel pensiero mentre l’altro continuava a parlare a ruota libera gesticolando forsennatamente su come, per quanto folle, Satori fosse assolutamente indispensabile alla squadra di basket. Continuò a pensarci mentre osservava i lineamenti forti, già da uomo, di quel volto, ingentilito dall’espressione dolce degli occhi castano chiari. Ci pensò anche seguendo il gonfiarsi dei muscoli sotto la morbida camicia di flanella color panna. Il suo corpo era muscoloso e ben modellato, solido senza essere pesante, ma flessuoso e scattante come si addiceva ad un buon giocatore di pallacanestro.

Tutto sommato è un buon diavolo. E poi, sai che noia sarebbe la squadra senza Crazy Satori in campo?” proseguì l’oggetto di tanta attenzione scoppiando a ridere.

Questo fece riprendere il disegnatore che abbozzò una risatina più imbarazzata che divertita, anche se nemmeno lui avrebbe potuto spiegarne il perché.

“Forse è meglio fare qualche minuto di pausa, va bene?”

“Come?” domandò il ragazzo con i rasta stupito, accorgendosi solo in quel momento di aver disturbato per l’ennesima volta la seduta di pittura del compagno.

“Oh Iida... mi dispiace da morire! Ti prego, continua. Ti prometto che adesso farò il bravo e non mi muoverò più!”

Il giovane sorrise sinceramente.

“No, va bene così. Farà bene anche a me riposare un pochino”.

“Cavoli, sono una vera bestia! Non riesco nemmeno ad aiutarti decentemente quando sono stato proprio io ad offrirmi come modello! Se non ti avessi rovinato l’altro dipinto...”

“Per favore Noda sempai, non ti rammaricare così! Tu mi stai aiutando moltissimo, davvero! E poi quello è stato un incidente e anch’io avrei dovuto fare più attenzione e guardare dove stavo andando. Ti prego, non fartene una colpa!”

Iida aveva parlato senza riflettere, ma appena aveva notato quell’espressione così afflitta sul viso di Noda la voce gli era uscita da sola dalla gola ed era saltato in piedi stringendosi il blocco di fogli al petto, come se quello fosse il suo ultimo appiglio prima di cadere in un baratro.

Il ragazzo più grande lo osservò un attimo stupito per l’intensità con cui il suo kohai lo stava difendendo. A quanto pareva, quel ragazzino teneva celata dentro di sé una forza di cui non avrebbe mai sospettato.

Alla fine gli sorrise di cuore.

Perché non vieni a sederti qui vicino? Mi sento strano a parlarti se rimani laggiù”.

Iida sussultò involontariamente ed annuì mordendosi un labbro. Si avvicinò lentamente al palchetto e, dopo aver esitato appena un momento guardando il posto vuoto che Noda gli stava indicando accanto a lui, si sedette sul gradino ai piedi del divanetto tenendo il blocco sulle ginocchia.

Per un attimo Noda mostrò un’espressione delusa, ma sorrise di nuovo.

“Mi spiace davvero di rallentare così tanto il tuo lavoro. Il fatto è... che non sono abituato ad essere osservato tanto a lungo... ridacchiò nervosamente massaggiandosi la nuca con la mano.

In effetti... per uno che non ci è abituato dev’essere terribilmente imbarazzante” disse Iida arrossendo e abbassando gli occhi nocciola.

Ma non è per te, davvero!” si affrettò ad aggiungere Noda “Mi succederebbe con chiunque! Non è che io sia tutto questo gran che, per cui non mi aspettavo di sicuro che un giorno avrei fatto da modello a qualcuno”.

“No, ma che dici?” eclamò stupito Iida.

“Io credo che tu sia davvero bello!” aggiunse concitato.

Noda spalancò gli occhi, si strofinò la punta del naso, divenne di un color pomodoro maturo molto acceso e terminò tormentandosi un rasta rigirandoselo tra le dita.

G-grazie...” riuscì a sussurrare.

Iida nel frattempo si era completamente irrigidito. I tratti del suo viso facevano invidia a quelli di una statua marmorea e anche il colore era press’a poco lo stesso. Dentro di sé sperava solo che si aprisse una voragine sotto i suoi piedi che lo inghiottisse o che almeno potesse svenire per togliersi da quella situazione.

Noda si accorse del pericoloso stato di catatonia in cui era caduto l’amico e si affrettò a distrarlo per farlo tornare normale.

Ma sai... del resto se persino Wakashimaru fa da modello per Satori, non è così strano che lo possa fare anch’io, no? Certo che voi artisti avete proprio dei gusti particolari AHAHAHAH!” terminò con la risata più falsa che avesse mai utilizzato in vita sua.

Iida aveva gli occhi spenti che fissavano nel vuoto. Ad un tratto, il labbro inferiore cominciò a vibrargli pericolosamente e un piccolo singulto gli scosse le spalle.

Noda, completamente in preda al panico, si agitò tantissimo e iniziò a parlare a macchinetta gesticolando come un pazzo.

N-non sono una coppia assurda quei due? Ne combinano sempre di tutti i colori! E pensare che all’inizio non potevano stare nella stessa stanza per più di cinque minuti senza che il palazzo non rischiasse di crollare, fondamenta comprese! Non che anche adesso non colgano la minima occasione per battibeccare, ma sospetto che lo facciano soprattutto per il gusto di far pace dopo. E sai quante ne ha combinate Satori al povero Taz? Pensa che una volta...”

E così Noda si lanciò in un racconto dettagliato di tutte le cose strambe che la coppia più discussa del Campus aveva fatto. All’inizio Iida non reagì, ma quanto meno non si era messo a piangere. Con grande soddisfazione del ragazzo più grande, l’aneddoto sull’affresco della Morte Cicca  sopra il letto di Taz strappò un sorriso al giovane. Quando poi si arrivò all’episodio delle mutande colorate di rosa Iida e Noda stavano ridendo insieme della grossa.

“Dovete divertirvi molto tutti insieme voi del club di basket!” disse il moretto cercando di regolarizzare il respiro.

“Oh sì, davvero tanto! Ma non è sempre tutto rose e fiori. Lavoriamo anche parecchio sodo! Gli allenamenti sono duri e il coach Kanaya è parecchio esigente, specialmente con quelli più promettenti”.

“Scommetto che tu sei uno di quelli” esclamò Shiro entusiasta sorridendo apertamente, gli occhi illuminati dal recente riso.

“Non proprio” ammiccò Noda.

“Ad essere sincero, come seconda guardia è meglio Mitsui, però l’allenatore mi tiene in grande considerazione per quanto riguarda i miei espedienti tecnici”.

Es...pedienti tecnici?” domandò Iida sbattendo confuso gli occhioni.

“Sì. Devi sapere che la maggior parte degli schemi che adottiamo in partita li creiamo il coach ed io”.

“Davvero? Ma è fantastico!”

Il moretto sembrava davvero molto entusiasta per questa rivelazione.

Ma, scusa... e il capitano?”

“Beh, sai...” disse Noda grattandosi la testa a disagio “Asada è un buon capitano che sa mantenere le redini della squadra in campo, ma come stratega fa abbastanza schifo” terminò ridacchiando.

“Oh...” mormorò lo studente d’arte interdetto.

“Per fare una buona strategia di gioco ci vuole...

Noda cominciò a spiegare a Iida tutte le regole e le tecniche del basket. Il povero ragazzo, ovviamente, non ne capiva quasi niente, ma gli piaceva rimanere a guardare la passione che traspariva da tutto l’essere del suo compagno. Era qualcosa di... trascendentale!

Rimase per un po’ sorridente cercando di seguire il filo del discorso finché non si accorse di qualcosa che lo fece trasalire.

L’espressione del volto di Noda era totalmente trasformata! L’aria di solito così serafica e bonacciona che rendeva quei tratti un pochino ordinari, aveva lasciato il posto ad un cipiglio serio e concentrato che Iida non gli aveva mai visto. Gli occhi si erano fatti profondi e intensi, penetravano nel profondo di una persona andando a toccare le corde più profonde del suo animo. La morbida bocca, quasi sempre ingentilita dalla curva di un sorriso, era stretta e tagliente e in qualche modo incalamitava lo sguardo altrui per via di una nota di leggera ironia che ogni tanto la increspava.

Le mani di Shiro cominciarono a tremare. Possibile che quello fosse lo stesso ragazzo che fino a poco prima gli sorrideva gentile? Chi era quell’intrigante creatura ammantata di sicurezza e decisione?

Con fatica distolse gli occhi da lui e li portò sul suo blocco ancora aperto alla pagina sulla quale stava lavorando. Un abbozzo del solito Noda lo stava guardando gentilmente. Sollevò di nuovo lo sguardo. Il nuovo Noda puntò le pupille nere dritte nelle sue, facendogli provare la sensazione di essere finito sott’acqua e di non poter più respirare.

‘Voglio disegnarlo.... devo disegnarlo!’

Per la prima volta in vita sua Shiro sentì la necessità di dipingere. Era come un bisogno fisico, come mangiare, come respirare, qualcosa di cui non poter fare a meno a costo della vita stessa. Quel giorno segnò il vero inizio della carriera artistica di Shiro Iida.

Come se fosse spinto da una forza più potente di lui, riprese in mano la matita e cominciò a tracciare nuovi tratti su un foglio bianco. Il suo lavoro era rapido, come se temesse che da un momento all’altro l’ispirazione che lo aveva colmato potesse svanire come una bolla di sapone, ed era preciso al dettaglio, come se quella fosse l’unica occasione che gli era stata concessa per beneficiare di un qualcosa di molto simile ad un miracolo.

Difatti, dopo un periodo non quantificabile per l’umana concezione del tempo (pochi secondi?o interminabili anni?), Noda si riscosse rendendosi conto che da un po’ non sentiva più la voce del suo interlocutore. Si guardò un po’ intorno e vide Iida, seduto dov’era prima, tutto intento al suo lavoro.

Iida, sono proprio un deficiente!!! Tu devi lavorare e io non faccio che perdere tempo parlandoti di altre cose e distraendoti! Mi puoi perdonare?”

Subito sembrò che Shiro non avesse neppure sentito ciò che il compagno gli stava dicendo. Continuò a disegnare per alcuni secondi con Noda che lo guardava con apprensione. All’improvviso tirò su la testa di scatto e fissò il ragazzo negli occhi. Lo sguardo nocciola di Iida era acceso da insoliti bagliori dorati che colpirono Tsukuku in profondità.

“Assolutamente no!” esclamò con decisione.

C-come? Non mi perdoni?” domandò Noda confuso.

“No! Cioè, non intendevo dire questo! Io... volevo dire che... non ti devi scusare e che non mi stai facendo perdere tempo” balbettò il giovane arrossendo vistosamente.

“Ah, meno male!” sospirò il ragazzo coi rasta, decisamente sollevato.

“Anzi... ti devo ringraziare” aggiunse Shiro con un filo di voce.

“Come... e per cosa?” domandò Tsukuku sorpreso.

Il ragazzo abbassò il capo e sorrise timidamente spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Per la prima volta da quando sono entrato all’Accademia... sento di stare creando qualcosa di... mio! Non so come spiegartelo meglio. È che le altre volte mi pareva solo di imitare la brutta copia di un quadro che mi era stato imposto... mentre ora... ora sto creando il MIO quadro! Oh, com’è difficile spiegarsi!”

Shiro sembrava scoraggiato dalla sua mancanza di comunicatività e si prese la testa fra le mani. Tsukuku si precipitò liberandolo dalla sua stretta e lo guardò sorridendo.

Ma no, ho capito! Sono felice di poterti essere in qualche modo d’aiuto”.

Il pittore sorrise, tingendosi delicatamente di rosso.

“Vuoi vedere gli schizzi?” domandò esaltato.

Ma certo che li voglio vedere!”

Così dicendo, Noda si sedette di fianco a lui sporgendosi sulla sua spalla per vedere meglio.

“Ecco vedi? Questo è quello che ho fatto prima... mentre questo è quello che stavo facendo ora. Non è incredibile? Sembrano due persone completamente diverse, invece sei sempre tu! Pensavo a qualche espediente per giocare su questa idea del doppio. Non so, uno specchio o qualcosa che utilizzi una simmetria... tu cosa ne pensi?”

Shiro si voltò verso Tsukuku che si limitò a rivolgergli il più disarmante dei suoi sorrisi. La verità era che non aveva visto proprio un bel niente! Si era incantato a fissare l’entusiasmo che trasfigurava gli occhi solitamente pacifici del compagno, accendendoli di passione liquida.

“Sei davvero molto bravo Mitchel” gli disse poi notando che l’altro si aspettava un qualche commento e così dicendo gli scompigliò i capelli con una mano come si potrebbe fare con un cane.

Che significa?”

Shiro lo stava di nuovo guardando con quella sua espressione da cucciolo bisognoso di coccole.

Cosa significa... cosa?”

“Quel... Mitchel. Non è la prima volta che mi chiami così”.

“Ah, è vero... beh... Mitchel è... era... il mio migliore amico” disse Noda con un sorriso malinconico e lo sguardo distante.

”Era? Vuoi dire che è...”

“Sì, purtroppo è mancato molto tempo fa”.

“Oh! Mi dispiace, mi dispiace davvero tantissimo!!!

Gli occhi di Shiro si erano riempiti di lacrime e osservavano Tsukuku con grande compassione.

“Grazie Iida. So che la tua sensibilità ti detta queste parole, ma non devi addolorarti così” disse il ragazzo più grande sfiorandogli una guancia “ora Mitchel è in un posto migliore, circondato da tanti amici. Un posto dove può correre felice in mezzo ai prati, rubare i giornali senza che nessuno lo sgridi, mordicchiare gli angoli dei tappeti e sventrare i cuscini”.

S-sventrare i cuscini?” chiese Iida sbattendo gli occhioni confusi.

“Già, era uno dei suoi passatempi preferiti! Mi ricordo che mia madre diventava matta ogni volta che lo faceva!!! E quanto era felice quando poteva giocare con la vecchia ciabatta che gli abbiamo regalato quando era cucciolo!” proseguì Noda con aria sognante.

“Cucciolo? Ma Noda... vuoi dire...”

“Sì, cucciolo! Anche se, per un esemplare di collie qual’era, questa definizione è alquanto riduttiva”.

“Collie? Ma... era un cane!”

“Sì certo!” esclamò Noda come se fosse la cosa più ovvia del mondo “Cosa credevi che fosse?”

“Mi stai chiamando con il nome di un cane?”

Ma non di un cane qualsiasi! Mitchel era davvero il mio migliore amico, passavo con lui tutto il mio tempo e lo adoravo quanto lui adorava me. E poi tu me lo ricordi tantissimo con questi occhi dolci dolci”.

Il vice-capitano prese tra le dita le guance del piccolo artista e si avvicinò a lui come a volergli dare un bacino sulla punta del naso, ma quando era quasi giunto alla sua meta si bloccò osservando le reazioni del suo compagno. Iida non si muoveva e si limitava a guardarlo con aria interdetta come se stesse cercando di capire se stesse o meno prendendolo in giro.

Noda sorrise e lo lasciò andare.

“Era davvero molto importante lui per me”.

Detto ciò, tornò al suo posto sul divanetto.

 

FINE FLASHBACK

 

Iiiiiiiidaaaaaaa... ti vuoi svegliare???

Il ragazzo interpellato sussultò e si girò verso la voce che lo stava apostrofando.

“Oh, scusami Satori. Stavo solo pensando ad una cosa” disse sorridendo timidamente.

“Questo l’avevo capito. Comunque dobbiamo uscire da qui, io sto morendo di fame e fra tre quarti d’ora inizia la prossima lezione!”

“Sì, hai ragione, scusa”.

I due presero le loro cose ed uscirono dall’aula. Proprio mentre stavano imboccando il corridoio vennero raggiunti da uno studente dell’ultimo anno.

“Ehi, voi due, aspettate un attimo. Siete Satori e Iida, vero?”

I due amici annuirono.

“Sì, siamo noi, ma se hai bisogno di ripetizioni di buon gusto oggi non è giornata, sono affamato!” esclamò Kaneda squadrando il suo sempai con ben poca condiscendenza.

“Buon gusto? Ma come ti permetti, ti sembra che ne abbia bisogno?”

Era evidente che il ragazzo si stesse scaldando e Shiro passava lo sguardo dall’uno all’altro dei contendenti con apprensione.

“Direi proprio di sì visto che abbini un cappello da cow-boy a scarpe di Prada e ad una giacca alla coreana” sancì Kaneda con aria schifata.

“Ah! Ma cosa vuoi saperne tu! E comunque devo solo riferirvi che il prof Chigusa vi vuole subito nel suo studio, il resto sono cavoli vostri”.

Se ne andò borbottando improperi contro ‘presuntuosi dai capelli viola che si credevano i Gianni Versace del futuro’.

Kaneda entrò come un tornado nell’ufficio del professore.

“Ehi Codino, come ti permetti di mandarci a chiamare da un cafone che non sa nemmeno la differenza tra un capo firmato e un capo da bancarella del mercato delle pulci???”

Dopo di che si sedette sulla scrivania di Chigusa senza badare ai libri e ai fogli che vi erano sparsi sopra. Shiro intanto si affrettava a chiudere la porta prima che qualcuno potesse notare il suo comportamento decisamente irriverente.

“Scusami Kaneda, la prossima volta sceglierò con più cura l’umile mortale che avrà l’onore di rivolgerti la parola”.

“Sarà meglio per te” mormorò il ragazzo la cui concentrazione era stata catturata da un soprammobile che seguiva le regole del moto perpetuo.

Comunque non potevo andare molto per il sottile, dovevo farvi chiamare il più in fretta possibile. Vi comunico che ho preso una decisione molto importante nei vostri riguardi”.

Chigusa si sistemò meglio sulla sua poltrona e fissò con aria seria i due ragazzi. Shiro si era timidamente avvicinato e stava in un angolo della stanza cercando di rendersi più invisibile che poteva.

Iida vieni più vicino. Questo discorso riguarda anche te”.

Shiro si guardò un po’ intorno, ma le uniche sedie che vedeva erano completamente ricoperte da riviste, quadri o libri.

“Rinunciaci Iida o non finiamo più e io ho fame! L’unico posto in cui ti puoi sedere in questa stanza è la scrivania” disse Kaneda incrociando le gambe sotto di sé stropicciando ulteriormente gli appunti sopra i quali si era seduto.

Chigusa fece un cenno incoraggiante al suo studente che alla fine risolse di sedersi sull’unico angolino libero di scrivania che aveva trovato.

“Dunque ragazzi... sapete cos’è il P.N.A.E.?”

Mmhh... quella cosa occidentale che si affetta e si farcisce?”

“Quello è il PANE, imbecille!” urlò Chigusa irritato colpendo Kaneda in testa.

“Ma prof... io ho fame!!!” piagnucolò di rimando il ragazzo colpito.

Se eviti i tuoi interventi cretini finiamo prima e potrai andare a mangiare” disse Chigusa per nulla impietosito.

Dunque... stavamo dicendo?”

“Il P.N.A.E.... il Premio Nazionale Artisti Emergenti...” mormorò Shiro.

“Molto bene Iida, almeno su di te posso fare affidamento”.

Chigusa gli rivolse un sorriso riconoscente e Shiro si sentì andare a fuoco per l’emozione.

Cosa c’entriamo noi con questo concorso prof?”

“Molto semplice Kaneda. I vostri due ritratti parteciperanno nella sezione ‘Miglior pittore emergente’ del P.N.A.E. di quest’anno”.

“LO SAPEVOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO”.

Il ruggito investì il Campus squassando le fronde spoglie degli alberi e mandando a gambe all’aria i poveri malcapitati che si trovavano nei pressi dell’edificio dell’Accademia.

Satori era in piedi sulla scrivania che saltellava e Chigusa cercava disperatamente di salvare le sue cose dalla furia entusiastica del suo studente.

Iida rimase fermo immobile con lo sguardo perso nel vuoto. Il suo unico pensiero era:Questo è un sogno!’

 

FINE CAPITOLO VIII