AUTORE: Yurika
DISCLAIMERS: Mitsui e Sendoh appartengono a papà Inoue (che ancora si chiede cos'abbia fatto di male nella vita per meritarsi questo)
PAIRINGS: decisamente KojixYukito
RAITING: decisamente NC-17
DEDICA: alla dolcissima Shinigami, madrina di Koji, verso la quale ho un enorme debito

 

 

 

IL CAMPUS

 

CAPITOLO VI

 

Di Yurika

 

Finalmente era giunto il tanto sospirato venerdì sera. La sala comune degli alloggi dei membri del Club di Basket non era mai stata tanto vivace e allegra. Festoni di ogni colore scendevano dal soffitto fino al pavimento, palloncini ed altre decorazioni colorate addobbavano ogni centimetro di spazio libero. Al centro della stanza faceva bella mostra di sé uno striscione con la scritta ‘ Happy Birthday Nanny’ in lettere verdi cangianti.

I ragazzi si erano già tutti riuniti in attesa dell’arrivo del festeggiato che ormai doveva essere imminente. Piccoli gruppetti parlavano degli argomenti più disparati per passare il tempo. Alcuni avevano anche provato ad attaccare le leccornie che erano state esposte in maniera invitante sul lungo tavolo della sala da pranzo che, per l’occasione, era stato trasferito e posizionato accanto ad una parete della stanza, ma Makoto era piombato sui malfattori con aria da vergine gravemente oltraggiata e li aveva redarguiti aspramente facendo loro notare che la festa non poteva iniziare prima dell’arrivo del sempai. Ovviamente, i ragazzi sgridati non potevano essere che Taz e Hisashi che non avevano resistito al profumino che proveniva dalla tavola imbandita.

"Dannato Nanase! Che gli costava farci assaggiare qualcosina? Non se ne sarebbe mai accorto nessuno!" disse Mitsui con aria imbronciata.

"Quello dovrebbe darsi una calmata, è teso come una corda di violino! Se va avanti così avrà un infarto prima di arrivare ai trent’anni!" gli fece eco Wakashimaru.

"Avanti, non potete prendervela! Anche voi cosa pretendete? Vi siete avventati sui piatti con l’espressione di un carcerato messo a pane e acqua da anni! Sembrava fosse la prima volta che vedevate del cibo decente!" disse Sendoh sorridendo divertito.

"Ammetto che forse, e sottolineo forse, abbiamo un pochino esagerato…" concesse Hisashi controvoglia.

"Forse? Nel giro di venti secondi Taz aveva la bocca piena di pasticcini, tanto che non riusciva più a chiuderla per masticare e tu ti stavi infilando un pezzo di pizza in tasca perché avevi già il piatto traboccante di cibarie assortite! Sono scoppiati a ridere tutti quanti nel vedervi!" e anche adesso se ci pensava Akira non riusciva a trattenere una risatina.

Tadashi divenne paonazzo per la vergogna e borbottò un "il solito esagerato!", cosa che fece crollare anche l’ultima resistenza dell’amico che si abbandonò ad un eccesso di ilarità che lo costrinse a sedersi per non cadere per terra.

"E piantala di ridere come un cretino! E comunque, ammesso e non concesso che una piccola percentuale di colpa l’abbiamo anche noi, Taz ha ragione. In questi ultimi giorni Nanase era insopportabile! Appena spostavi leggermente una sedia si metteva ad urlare che stavi rovinando l’armonia estetica che stava creando per ‘il suo adorato sempai’! Andiamo, è da ricovero! Nemmeno Kaneda arriva a certi eccessi!"

sbottò Hisashi cercando di cambiare argomento.

"Lascia fuori Kaneda da questa storia! Cos’è, hai un’ossessione per il mio ragazzo? Lo devi sempre tirare in mezzo per ogni cosa!"

Tadashi guardava Hisashi con aria di sfida e pareva essere davvero molto agguerrito.

("Non prendertela con me! E’ questa pazza che ha il coraggio di definirsi scrittrice a farmi dire certe cose! Cosa vuoi che me ne importi del tappetto viola quando ho a disposizione sto tocco di gnocco dal sorriso ebete ma dal *BIP* lungo?" gridò un Mitsui molto alterato.

"Ma… ma… ma… tesorino! Come puoi denigrare così il mio *BIP*? Una volta ti piaceva tanto!" piagnucolò Kaneda spuntato fuori da chissà dove indossando una vestaglia a fiori, bigodini in testa e maschera al cetriolo in faccia.

"No, che dici? Non era quello che intendevo… non è che non mi piacesse il tuo… anzi…"disse Hisashi in evidente imbarazzo.

"Anzi…?" sottolineò con irritazione Akira.

"No, non anzi! Volevo dire… con te era bello, ma con Akira è un’altra cosa…"

"Aaaaaahhhhhhh!!!! Hisa-chan cattivo! Denigri la mia arte amatoria!" urlò Kaneda scoppiando in singhiozzi. Ormai la discussione aveva attirato l’attenzione di tutti che si erano voltati in direzione di Mitsui per vedere come avrebbe fatto a tirarsi fuori da quell’impiccio.

"Ehm… no, io non denigro niente… tu sei molto bravo, davvero!"

"Davvero?" disse Kaneda con occhi colmi di gioia.

"Davvero?" disse Akira con occhi che urlavano ‘questa la sconterai molto cara, oh se la sconterai!’.

"Davvero?" rimarcò Taz con occhi incendiari e bava alla bocca.

"Io….io…." balbettò Hisashi che sudava copiosamente, molto più che durante la partita contro il Ryonan.

"Insomma idiota di una scrittrice, vuoi piantarla di mettermi in difficoltà e riprendere il filo di questa storia senza capo né coda?"

Mitsui si voltò alzando un pugno minaccioso verso la qui presente mentecatt… ehm… scrittrice.

Nel frattempo Taz cercava di togliere la vestaglia a Kaneda dicendogli che lui apprezzava moltissimo il suo *BIP* e che glielo avrebbe dimostrato. Dal canto suo Satori ridacchiava ostentando una ritrosia che era ben lungi dal provare veramente, fingendo di protestare, ma lasciando campo libero all’altro. Akira invece stava cercando di circuire quattro matricole rimaste abbagliate dal suo splendido sorriso.

"Se non rimetti a posto subito ogni cosa giuro che vengo lì e ti uso come punching-ball finché non ti faccio diventare come Claudia Schiffer!" sibilò Hisashi con sguardo torvo.

"TI HO DETTO DI SMETTERLA!!!!"

*PLIN PLON* l’autrice prega i gentili lettori di dimenticare la parte tra parentesi in quanto non facente parte del reale svolgimento della storia, ma bensì nata da un momento di follia della suddetta autrice che ha i pupazzetti in testa al posto dei normali neuroni. Grazie!)

Akira tossicchiò cercando di distrarre quelle due grandissime teste di minch… ehm… i suoi amici.

"A proposito di Satori… dov’è finito? Qui ancora non si vede".

"In effetti sta tardando parecchio. Mi aveva detto di precederlo perché doveva finire di prepararsi, ma non so cosa stia facendo".

Tadashi guardò ansiosamente verso l’entrata aspettando di vedersi spuntare da un momento all’altro il visetto allegro e malizioso del suo koibito.

"Conoscendolo ne starà preparando una delle sue" mormorò Mitsui accigliandosi.

"Non… non penserai che…" disse Taz con un filo di voce e aria terrorizzata mentre una goccia di sudore gli scendeva lungo la guancia.

"Temo proprio di sì!"

Mitsui mise una mano sulla spalla di Wakashimaru scambiando con lui uno sguardo di profonda comprensione reciproca, uno di quegli sguardi che solo due eroi giunti alla fine di un’ardua battaglia in cui si sta per decidere il destino dell’intera umanità si possono scambiare.

"Ma la finite di fare i cretini?" disse un esasperato Sendoh.

I due si voltarono all’unisono verso di lui.

"Dici così perché ancora non sai di cosa sia realmente capace Satori" mormorò Hisashi con fare cospiratorio.

"Se quello che pensiamo è giusto rimarremo sulla bocca di tutto il Campus per almeno sei mesi… e i commenti su di noi, credimi, non saranno positivi!" sussurrò Taz sinceramente spaventato.

"Ma voi dite che… no, dai! Non può essere così terribile… vero?"

Anche Akira cominciava a preoccuparsi.

"Temiamo proprio di sì" dissero i due all’unisono.

In quel momento Akira venne urtato da qualcuno che si scusò senza nemmeno fermarsi e andò a piazzarsi dall'altra parte della sala appoggiando la schiena contro la parete.

"Sasa è gentile come al solito, eh?" grugnì Mitsui guardando il ragazzo torvamente.

"Non vi sembra strano anche lui stasera?" domandò Sendoh massaggiandosi la spalla colpita dal passaggio dell’altro.

"Tu dici? A me sembra solo più infighettato" rispose Hisashi squadrandolo attentamente.

In effetti quella sera Yukito sembrava essersi preparato con molta cura e aveva già attirato su di sé più di uno sguardo. Indossava un completo aderente di pelle nera con giacca lunga fino al ginocchio e pantaloni a vita bassa. Sotto portava un maglioncino nero in lana cotta, molto stretto e con cinque bottoni sulla scollatura, rigorosamente aperti. Il biancore della sua pelle e il blu intenso dei suoi occhi risaltavano in maniera particolare. Spesso si mordicchiava le labbra nervosamente rendendole ancora più rosee e seducenti.

"Secondo me ha ragione. Sarà già la decima volta che va verso la porta e poi torna indietro. Dite che fa così perché è impaziente che arrivi il sempai?" chiese Taz scettico.

"Non mi pare. Sembra piuttosto che sia indeciso se rimanere o andarsene. Forse ha un appuntamento da un’altra parte" rispose Sendoh osservando anche lui Sasa che si era messo accanto alla finestra guardando fuori in cerca di qualcosa.

"Beh, sapete che vi dico? A me sinceramente non frega niente di cosa possa bruciare a quello lì!"

E con questo Hisashi ritenne chiusa la conversazione. Visto che i suoi due compagni non avevano nulla in contrario, cambiarono velocemente argomento.

"Ragazzi, ragazzi!!! Zitti tutti per favore! Mi ha appena telefonato il capitano Asada, lui e il sempai Notoori sono ai cancelli dell’università e fra pochi minuti saranno qui!"

Nanase facendo l’annuncio saltellava da un piede all’altro non riuscendo a stare fermo per l’eccitazione. Il suo viso era di un rosso acceso e i suoi occhi grigi splendevano come la bruma illuminata dal primo sole del mattino.

"Ora vediamo di disporci in modo da accoglierlo degnamente!"

Tutti i presenti vennero coinvolti in una prova generale di quella che venne definita da Makoto come ‘l’entrata trionfale del caro sempai’.

Probabilmente fu per via di questa confusione che nessuno si accorse dell’arrivo di un intruso.

Un ragazzo dall’aria alquanto dimessa, con jeans stracciati, maglione extra large e cappotto lungo con le tasche rotte e pendenti entrò nella sala guardandosi attorno come se fosse alla ricerca di qualcuno. Evidentemente non ci mise molto a trovarlo anche in mezzo a tutta quella gente perché si diresse subito a passo sicuro verso l’unica persona che si teneva un po’ discosta dagli altri.

"Tu devi essere Yukito Sasa, giusto?"

Il moro guardò l’altro squadrandolo dall’alto in basso e non ritenendolo abbastanza degno della sua considerazione si limitò a grugnire in segno di assenso. Il ragazzo non si fece impressionare da questa reazione e gli sorrise con aria complice, cosa che diede letteralmente sui nervi a Yukito.

"Ho un messaggio da riferirti Yukito Sasa…"

"Di qualunque cosa si tratti, non credo che potrebbe mai interessarmi un messaggio riferito da un simile ambasciatore! E ora perdonami, ho una festa alla quale partecipare".

Sasa cercò di superare il ragazzo per raggiungere i suoi compagni, ma fu trattenuto per un braccio e, prima ancora che potesse protestare, lo sconosciuto si avvicinò con la bocca al suo orecchio mormorandogli qualcosa.

Yukito illividì e diede uno spintone a quell’arrogante che aveva osato tanto, facendolo finire per terra.

"Ma come osi rivolgerti a me in quel modo?"

Tremava dalla rabbia e anche a causa di un sottile brivido che gli correva lungo la schiena e che era stato provocato, a suo dispetto, proprio dalle parole di quel ragazzo. Forse anche l’altro se ne accorse perché gli sorrise di nuovo in quel modo sfrontato.

"Non fare troppo l’orgoglioso o perderai la tua occasione e potresti pentirtene per il resto della tua vita…"

"Vattene immediatamente da qui e non farti più vedere!!!"

Il ragazzo si rialzò tranquillamente e, dopo aver rivolto a Sasa un cenno di saluto, se ne andò.

L’attenzione degli altri si era concentrata su quella scena e, sentendosi osservato, Yukito si guardò attorno con occhi che lanciavano lampi di sfida.

"Io me ne vado, salutatemi Nanny".

Così dicendo si diresse verso la porta d’ingresso, ma si trovò la strada sbarrata da Makoto che lo fronteggiava con aria di sfida.

"Non puoi andartene adesso. Il sempai ormai sarà qui e tu non puoi abbandonare la festa prima dell’arrivo del festeggiato!"

Sasa ridacchiò in modo cattivo.

"E chi dovrebbe impedirmelo? Tu? Senti ragazzino, ho impegni più importanti che partecipare alla tua stupida festa! Fammi passare adesso".

"Ma…"

"Lascialo andare Nanase! Stai solo sprecando il tuo tempo".

Mitsui si era portato, insieme a Wakashimaru, dietro a Nanase e gli posò una mano sulla spalla.

"Mitsui ha ragione, non insistere. Tanto nessuno sentirà la sua mancanza stasera".

Makoto guardò i suoi due compagni e annuì lasciando libero il passaggio.

Sasa lanciò una lunga occhiata carica di odio e disprezzo verso i due amici che lo contraccambiarono con altrettanto entusiasmo. Lentamente si portò verso l’uscita e lasciò l’alloggio seguito dagli sguardi dei presenti.

Aveva appena varcato la soglia quando si vide venire incontro due persone.

"Sei tu Sasa? Ma dove stai andando?" domandò Asada allibito.

"Ho da fare, sto uscendo".

"Cosa vuol dire che hai da fare? C’è la fes… no, volevo dire… che… ecco…"

Nanny scoppiò a ridere vedendo il suo capitano diventare viola per la vergogna e balbettare come un bambino colto nell’atto di rubare la marmellata.

"Dai Toshio, non preoccuparti! Tanto avevo già capito che era stato organizzato qualcosa per me".

Asada rimase a bocca aperta.

"L’avevi capito? Ma… ma…. Come?"

"Diciamo che ultimamente c’erano un po’ troppe persone che smettevano di parlare ogni volta che mi avvicinavo" rispose Nanny facendo l’occhiolino.

"Ma non ti preoccupare, quando entrerò lì dentro sarò la persona più sorpresa di questo mondo!"

"Scusami Notoori, ma io devo proprio andare. Ti auguro ancora un buon compleanno".

"Grazie Sasa, spero che tu ti possa divertire dove stai andando… e cerca di non metterti nei guai…"

Yukito fece una smorfia, ma annuì e l’attimo dopo si stava già precipitando lungo uno dei numerosi sentieri che attraversavano il Campus come tante arterie dentro ad un corpo.

La sua mente era vuota, solo il suo corpo si muoveva seguendo un richiamo che proveniva dalla parte più profonda di sé. Seguiva un percorso imparato con la disperazione dell’istinto, non riconosceva molti dei caseggiati in cui si imbatteva. Dentro di sé provava la paura di stare sbagliando direzione, di continuare a girare in tondo senza poter raggiungere la sua meta, ma le gambe continuavano a camminare rifiutandosi di fermarsi a riflettere anche solo un istante su dove effettivamente lo stavano portando.

Quando ormai Sasa disperava di poter trovare ciò che più anelava, ecco spuntare in fondo ad un sentiero una grande casa maestosa e riccamente decorata che richiamava lo stile gotico occidentale. Quello era indubbiamente l’alloggio degli studenti più facoltosi, quelli che potevano permettersi generose donazioni per l’università e che, grazie a questo, godevano di alcuni privilegi per quanto riguardava la loro sistemazione. Lui non era mai entrato dentro quell’alloggio, ma sapeva che lì le stanze erano molto più grandi delle loro ed erano adibite ad accogliere un solo studente. Gli optional erano già compresi e c’era del personale specializzato che si occupava della gestione dell’intera struttura.

Niente faticose pulizie per i ragazzini ricchi dell’Università S!

Una fitta d’invidia colse Sasa colpendolo direttamente allo stomaco e facendogli fare una smorfia di dolore. In bocca sentiva il sapore acre di un accesso di bile.

Il ragazzo scosse la testa cercando di riportare la sua attenzione al motivo per cui si trovava lì. Con rapidi passi si avvicinò all’ingresso dell’alloggio e vi entrò notando quanto quell’ambiente fosse tranquillo e silenzioso.

Altro che la confusione che regnava sovrana negli alloggiamenti dei membri del Club di Basket! Lì di sicuro non c’erano noiosi capitani che ti tenevano sotto controllo come Asada, né attaccabrighe come Mitsui, né urlatori isterici come Taz, disturbatori della quiete pubblica come Kaneda, maniaci travestiti da bravi ragazzi come Sendoh o ancora serafici e indolenti rasta-man come Noda. Lì tutto sapeva di lusso e di classe, un luogo frequentato solo da persone raffinate consapevoli della propria importanza e posizione. In poche parole, l’ambiente a cui aveva sempre aspirato.

‘Un giorno frequenterò anch’io posti come questi’ pensò rabbiosamente Sasa assalendo le scale per salire ai piani di sopra dove si trovavano le camere vere e proprie.

Arrivò con passo deciso fin sulla soglia di una porta sulla quale spiccava una targhetta d’ottone con sopra incise, in eleganti lettere occidentali, il cognome dell’occupante di quella stanza.

Yukito si fermò a fissare quel nome. Aveva fatto tutta la strada di corsa perché sentiva che andare lì era l’unica cosa giusta che potesse fare, ma ora che era arrivato non si sentiva più tanto sicuro della sua decisione.

Soprattutto non capiva più se quella decisione l’aveva realmente presa lui o piuttosto non gli era stata inculcata in qualche modo.

Provocazioni… si era fatto trasportare da un paio di provocazioni ben assestate, ecco cos’aveva fatto! E come uno stupido ci era caduto in pieno credendo addirittura che fosse stato lui a scegliere!

Ridicolo! Che diavolo ci faceva lui in un posto simile? Avrebbe dovuto essere in mezzo ai suoi compagni a festeggiare il compleanno di Notoori, magari approfittando della situazione per riavvicinarsi almeno un po’ a Kaneda!

Eppure continuava a rimanere fermo davanti a quella porta senza muoversi di un solo millimetro.

"Ora mi volto e me ne vado. Nessuno si può permettere di prendersi gioco di me!" prese a mormorare a denti stretti.

Difatti, spalancò la porta con un gesto deciso ed entrò nella camera.

‘Sei un perfetto idiota Yukito!’ si rimproverò mentalmente ‘Avevi detto che te ne saresti andato e invece sei qui in mezzo ad una stanza completamente vuota come un cretino! Cosa ti aspettavi? Davvero pensavi che ti stesse aspettando contando ansiosamente ogni secondo che ti separava da lui? Ma suvvia! Si vedeva lontano un miglio che era tutta una farsa per prenderti in giro! In questo momento starà ridendo di te pensando a quanto devi essere comico a frugare con lo sguardo ogni angolo del suo alloggio sperando di trovarlo nascosto da qualche parte! Bravo, hai fatto proprio la figura del fesso!’

Per la seconda volta quella sera, Sasa si mise a tremare di rabbia. Neanche lui sapeva bene se era più infuriato contro chi aveva ordito quella trappola ai suoi danni o contro sé stesso che non aveva fatto nulla per impedire che l’inganno andasse in porto.

In un impeto di furore prese un vaso dalla mensola che si trovava di fianco a lui e se lo portò sopra la testa con tutta l’intenzione di mandarlo in frantumi.

"Quello è un vaso francese del XVIII secolo in ceramica di Limonges. Vale un sacco di soldi, a mia madre dispiacerebbe molto se tu glielo rompessi".

Sasa sussultò nel sentire una voce provenire alle sue spalle, tanto che rischiò che il vaso gli scivolasse dalle mani e si spaccasse sul serio. Si voltò di scatto e vide, appoggiato sullo stipite della porta che aveva lasciato aperta, Koji Ashton che lo osservava sorridendo.

Il respiro di Yukito accelerò improvvisamente. Kami quant’era bello! La pelle diafana, tesa sulla compattezza dei muscoli e più rilassata sulla piattezza del ventre, riluceva ipnoticamente, come se fosse costituita di luce propria. Il morbido tessuto di un pareo a disegni bianchi e neri avvolgeva i fianchi stretti e lasciava intuire che sotto non ci fosse nient’altro a coprirlo. Una tenera peluria bionda si intravedeva nel punto in cui la pelle cedeva il posto alla stoffa. I piedi lunghi e sottili si posavano delicatamente sul pavimento in legno lucido. I lunghi capelli biondi ricadevano da un lato del viso in ampie onde dorate che invitavano alla carezza. Gli occhi violetti erano accesi da una luce torbida e inquietante.

"Su, lascialo andare" disse avvicinandosi a Yukito "immagino che tu non sia venuto qui per distruggere il mio arredamento".

Koji tolse il vaso dalle mani dell’altro ragazzo che non era ancora riuscito a proferire verbo e lo ricollocò al suo posto. Rimase qualche istante di fronte a lui, i corpi talmente vicini da poter percepire l’uno il calore dell’altro, e lo fissò negli occhi legandolo a lui con la magia del suo sguardo.

Sasa non si mosse nutrendosi del suo respiro e della sua presenza.

D’un tratto, Koji ruppe l’incanto e si allontanò andando a mettere il bollitore dell’acqua sul fornello elettrico.

"Immagino tu voglia qualcosa da bere. Un bel tea caldo è quello che ci vuole con il freddo che fa fuori".

Yukito non rispose, si limitò a guardarlo senza perdersi nemmeno uno dei suoi movimenti. Ad un tratto la sua attenzione fu richiamata dalle voci di due studenti che attraversavano il corridoio per raggiungere le loro stanze. La porta era rimasta aperta come l’aveva lasciata lui.

Per qualche strano motivo, a quella vista la sua mente ricominciò a lavorare correttamente e gli suggerì che quella era la sua ultima opportunità di fuga. C’era ancora speranza per lui, se solo fosse riuscito a muoversi e a raggiungere l’esterno sarebbe stato salvo! Non era ancora del tutto tra le grinfie di Ashton. Ecco, un passo, ne sarebbero bastati altri tre e tutto sarebbe finito…

Koji si accorse del piccolo movimento di Yukito e, intuendone le intenzioni, lo superò d’un balzo e andò a chiudere la porta appoggiandovisi sopra.

"Che pessimo padrone di casa sono! Mi sono persino dimenticato di chiudere la porta. Magari avevi freddo. In genere qui fa molto caldo, come puoi vedere dal mio abbigliamento, ma le correnti sono comunque assai fastidiose".

Con un gesto secco diede un giro nella serratura con la chiave, che poi lasciò nella toppa, e gli si avvicinò.

"Ora non hai più bisogno di tutti questi indumenti addosso" disse con voce improvvisamente bassa.

Con lentezza gli fece scivolare la giacca giù dalle spalle finché non cadde sul pavimento. Gli sorrise e con movimenti innaturalmente rallentati si abbassò fino ad inginocchiarglisi davanti. Rimase qualche istante a fissarlo negli occhi, poi raccolse la giacca e si raddrizzò.

"E’ meglio appenderla o si rovinerà" disse dirigendosi verso l’armadio.

Yukito si ridestò come da un lungo sonno e gli fu subito dietro. Lo afferrò per un braccio e gli fece sbattere la schiena contro l’anta dell’armadio e gli bloccò ogni movimento con il peso del suo corpo.

"Non sono venuto qua per vederti fare la brava donnina di casa! È ben altro ciò che voglio!"

Lo baciò con violenza e rabbia, mordendogli le labbra quasi fino a fargliele sanguinare. Koji non si lasciò sopraffare a lungo e lo invase con la lingua dando inizio ad una guerra che non voleva lasciare campo ai perdenti. Con un colpo del bacino che fece mugolare di desiderio Sasa, Ashton riuscì a far indietreggiare il ragazzo di quel tanto da permettergli maggiore libertà di movimenti. Si avventò sul suo collo come un vampiro affamato, lasciandolo solo quando gli ebbe provocato un vistoso ematoma. Dal collo scese con la bocca sulla pelle scoperta che la scollatura del maglioncino lasciava al suo sapiente lavoro.

Sasa sentiva caldo in tutto il corpo, un calore che proveniva da dentro di lui e gli si irradiava in tutte le membra fino a raggiungere l’epidermide. Si contorceva sotto le attenzioni di Koji non riuscendo a resistergli. La maglia era diventata insopportabile da indossare, la pelle sembrava scottare e aveva bisogno di sentire il refrigerio dell’aria. Cercò di levarsela, ma i suoi tentativi erano impacciati, preso com’era ad assaporare con le labbra le spalle squadrate del biondo. Infine intervenne Koji che, con un movimento fulmineo, gli sfilò la maglia e lo gettò sul letto.

Appena Yukito si rese conto di non avere più contro di sé il corpo statuario dell’altro sentì un vuoto profondo e scuro invadere il suo essere, talmente doloroso da fargli salire le lacrime agli occhi. Per fortuna quella sensazione non durò a lungo e presto Ashton lo raggiunse di nuovo sedendosi accanto a lui e sfilandogli i pantaloni di pelle.

Nessuna parola venne scambiata fra loro. Non ce n’era bisogno. Le loro mani, le loro bocche, i loro occhi, i loro sorrisi e i loro fiati parlavano già abbastanza. Non riuscivano a staccarsi l’uno dall’altro, cercandosi in un’urgenza che sfiorava l’ossessione.

Nessuno dei due fu gentile, entrambi sapevano cosa volevano e facevano in modo di ottenerlo il prima possibile.

Koji si distese sulla schiena e fece mettere Yukito su di sé in modo che questi raggiungesse con la bocca il suo membro e nel contempo lasciasse possibilità d’accesso alla sua apertura che fu prontamente raggiunta dalla lingua di Ashton. Sasa si sentì invadere per poi essere lasciato andare subito dopo. Quella lingua dispettosa gli donava brevi istanti di piacere senza mai appagarlo del tutto. Per vendicarsi strinse la mascella mordendo leggermente il pene di Koji. Nello stesso momento la mano di Koji scese ad afferrare il suo sesso esercitando la stessa pressione che la sua bocca esercitava sul’altro. Accorgendosi di questo, Sasa allentò un poco la presa e sentì che Ashton faceva lo stesso con lui. Riprese con lentezza a succhiare l’asta di Koji e immediatamente la mano di questi massaggiò la sua con lo stesso ritmo. Aumentò un poco l’andatura e così fece l’altro in un gioco perfettamente speculare. Più piacere riusciva a provocare, più ne riceveva in cambio.

Il ritmo si fece serrato, quasi isterico, tanto che Sasa non si accorse nemmeno quando la lingua di Ashton venne sostituita dalle sue dita esperte.

Yukito era completamente preda della passione, muoveva la bocca e la lingua instancabilmente, ondeggiando, nel contempo, il bacino per seguire meglio i movimenti del suo compagno. Era totalmente preda di una spirale dei sensi che lo stava portando a raggiungere vette infinite quando si sentì spingere via e si ritrovò sdraiato dall’altra parte dell’ampio letto.

Alzò lo sguardo ancora velato dall’intontimento della passione ed emise un suono rauco di frustrazione. Con difficoltà mise a fuoco la presenza di Koji che lo guardava con il volto arrossato e il respiro ansante.

"Tu… sei un piccolo, maledetto demonio… stavi per farmi venire senza che neanche me ne accorgessi…".

Yukito lo guardò senza riuscire a capire bene quello che stesse dicendo.

"Meriti una punizione per la tua arroganza!"

Con un balzo Ashton fu sopra a Sasa e lo baciò con prepotenza mentre gli faceva appoggiare le gambe alle sue spalle. Con un colpo solo entrò in lui facendolo urlare dal dolore, ma non gli permise di scansarsi e lo tenne fermo per i fianchi. Aspettò che si fosse rilassato almeno un po’ mantenendo tutta la sua concentrazione per evitare di muoversi troppo presto. Quando infine lo sentì smettere di ribellarsi cominciò a far oscillare i fianchi, dapprima lentamente, poi sempre più veloce, fino a quando non sentì i gemiti di Yukito unirsi ai suoi. A quel punto afferrò il sesso dell’altro e lo pompò con forza. All’ennesima spinta le viscere di Yukito si contorsero nello spasmo dell’orgasmo e Koji lo seguì subito dopo.

Ashton, ansimante, si accasciò su un lato del letto mentre Sasa cercava disperatamente di controllare i battiti del suo cuore impazzito.

Per diversi minuti rimasero immobili e in silenzio, ognuno dei due intento a ridare un senso alla propria vita che solo pochi istanti prima sembrava essersi dissolta, fondendosi in un unico calderone di luce.

Lenta e insinuante, una mano di Koji prese a carezzare il ventre di Yukito salendo verso il petto e facendo rabbrividire il ragazzo. Quando essa si trovò all’altezza del collo si trovò impigliata in qualcosa che afferrò per capire di che si trattasse.

Gli occhi di Koji si strinsero in due fessure d’odio non appena riconobbero l’oggetto. Quella era la famosa catenina d’oro, regalo della fidanzata di Yukito, Yoko.

"Sai che ora per te cambierà tutto, vero?"

Ashton parlava con voce asettica mentre continuava a rigirarsi tra le dita il gingillo.

Sasa girò il viso dalla sua parte guardandolo interrogativo.

"Non capisco di cosa tu stia parlando".

"Ah no? Ti facevo più sveglio Yuki. Lascia che ti spieghi allora".

Il biondo sollevò il busto portandolo su quello del moro, facendo in modo che i loro occhi fossero alla stessa altezza.

"Tu sei mio Yuki. Mi appartieni interamente, anima, se ancora ne hai una, e corpo. Tutto quello che dirò io per te sarà vangelo e non potrai alzare gli occhi su nessun ragazzo o ragazza, altrimenti… altrimenti ti uccido, è chiaro adesso?"

L’espressione di Sasa rimase impassibile, non un muscolo si mosse. Si limitò a fissarlo per alcuni istanti prima di esclamare con assoluta indifferenza: "Tu sei pazzo".

Il bel viso di Koji venne sfigurato da un orrendo ghigno malvagio.

"Probabile, ma questo fa anche di me un tipo pericoloso. Stai molto attento a non sottovalutarmi, mio adorato. E come prima prova della tua devozione voglio che tu ti tolga questa" disse dando un piccolo strattone alla catenina che continuava a tenere in mano.

Questa volta Sasa non riuscì proprio a contenersi e gli scoppiò a ridere in faccia.

"Questo poi è ridicolo! Andiamo Ashton, è stata una bella scopata, d’accordo, ma nulla di più! È inutile fare i melodrammatici. Sappiamo entrambi che ciò che è successo non cambierà mai la mia vita. Yoko è la mia fidanzata e si arrabbierebbe moltissimo se non indossassi più il suo regalo. Credimi, non è mai una buona idea far arrabbiare Yoko. Per il resto…" aggiunse avvicinando la bocca all’orecchio dell’altro e sussurrando "continuerò a farmi tutti i ragazzi e le ragazze che vorrò".

Koji sorrise sollevandosi e mettendosi a cavalcioni sulla pancia di Yukito.

"Va bene, ho capito. Del resto, dovevo aspettarmelo. Con te le maniere gentili non servono, anzi ti irritano. Bene, allora vedrò di farti capire alla lettera il concetto".

Sasa non ebbe neppure il tempo di reagire che si ritrovò con il collo imprigionato dalla stretta delle mani di Ashton che non accennava a lasciarlo andare. Spalancò gli occhi in un’espressione inorridita.

‘Sto per morire?’ si chiese spaventato. Koji gli stava facendo male, non riusciva neppure a gridare per ribellarsi e ormai stava anche cominciando a mancargli l’ossigeno. Muoveva convulsamente la bocca cercando di inalare più aria che poteva, ma i risultati erano troppo scarsi. Un velo nero stava scendendo davanti ai suoi occhi e tutto gli sembrava così distante e ovattato!

‘Non può uccidermi!

Sollevò una mano verso il volto sconvolto dalla furia sopra di lui.

‘Perché io…’

Afferrò una ciocca dei lunghi fili d’oro che gli sfioravano delicatamente le spalle.

‘Io… lo…’

La mano gli cadde di lato priva di forze. Il mondo era solo un’infinita voragine.

Quando Sasa riprese i sensi si ritrovò in una situazione talmente strana che credette di stare sognando. Aveva i polsi legati tra di loro con una cinghia di cuoio la cui altra estremità era fissata alla testata del letto. Le caviglie avevano subito la medesima sorte, solo che, al posto di essere unite tra loro, erano state legate in modo che le gambe rimanessero leggermente divaricate. E per concludere in bellezza… aveva indosso una specie di anello in pelle che gli stringeva la base del pene facendoglielo rimanere eretto!

"Ma che diavolo…" esclamò sgranando gli occhi blu notte.

"Ti sei svegliato finalmente! Stavo cominciando ad annoiarmi".

Koji era seduto su un angolo del letto e lo stava guardando con un sorriso famelico.

"Stavo anche pensando di iniziare senza la tua ‘partecipazione’… del resto sei troppo appetibile in quella posizione" e così dicendo si passò la punta della lingua sulle labbra come se fosse preda di una fame insaziabile.

Una paura incontrollabile mista a rabbia cieca s’impossessò di Sasa.

"Che cazzo hai intenzione di fare, maniaco pervertito?!?"

Mettendosi a gattoni, Koji si avvicinò lentamente alla sua preda.

"Credevo di avertelo già detto… devo farti capire che tu… sei… mio!!!" disse calcando particolarmente su quell’ultima parola.

Una lama di ghiaccio trafisse il corpo di Yukito, un freddo intenso si propagò per tutto il suo essere. Raccolse il poco coraggio che gli rimaneva e lo concentrò negli occhi che divennero duri e scuri come la morte.

"Slegami subito" sussurrò tra i denti.

"Spiacente, non credo di poterti accontentare" rispose Koji senza un minimo di esitazione.

Il biondo si abbassò su di lui e gli passò la lingua lungo il contorno dell’orecchio e la affondò nel padiglione auricolare simulando il ritmo di un amplesso.

"No… ah!… smettila… ti ho detto di smetterla!!!" urlò Sasa scostando da un lato la testa.

Ashton lo afferrò per i capelli, strattonandoglieli in modo da costringerlo a guardarlo.

"Perché mi respingi? Sei solo un ragazzino ipocrita! Lo sappiamo bene entrambi che è questo ciò che realmente vuoi da me. Ma non preoccuparti, mi prenderò io cura di te ed esaudirò il tuo desiderio anche a tuo discapito".

Lo baciò con violenza, soffocandolo con il suo impeto.

Sasa si sentiva in trappola, ma non poteva lasciarsi sopraffare così facilmente. Appena ne ebbe l’occasione morse il labbro inferiore del suo carceriere costringendolo a scostarsi da lui.

Koji si tirò su rimanendo inginocchiato accanto a lui e si portò una mano alla bocca dalla quale era uscita una goccia di porpora brillante.

"Il mio micetto non può graffiare, ma sa ancora mordere a quanto pare" mormorò divertito.

Yukito non gli rispose, si limitò a fissarlo con uno sguardo carico d’odio.

A poco a poco l’espressione beffarda di Ashton lasciò il posto ad un’altra che sembrava quasi di… disperazione!

"Smettila di guardarmi così! Con che diritto osi giudicarmi? Sto solo facendo ciò che vuoi anche tu! Adesso basta!"

Con uno scatto si gettò sul bordo del letto e si sporse per prendere qualcosa che, evidentemente, nascondeva lì sotto.

"Ora i tuoi occhi non potranno più avere quell’espressione".

Yukito sussultò spaventato. Ormai aveva capito che Koji era capace di qualunque cosa e il suo comportamento lo stava terrorizzando.

Il gaijin gli si avvicinò con un ghigno mostruoso dipinto in volto. Dietro alla schiena teneva ciò che non voleva ancora mostrargli.

"Che… che vuoi fare?"

Yukito s’impose di mantenere la voce ferma, ma essa non sembrava molto propensa ad ubbidirgli.

"Hai paura Yuki?" chiese Koji dolcemente accarezzandogli il petto con la mano libera.

"Di te? N-non essere ridicolo!"

"Ah no? Ma forse dovresti…" gli disse riaccostandosi a lui.

Lentamente fece scivolare fuori il braccio tenuto nascosto mostrando un pezzo di stoffa in seta nera. Sasa guardò alternativamente il foulard e Ashton non osando fiatare. Il biondo ridacchiò.

"… o forse no".

Con gesti tranquilli cinse la seta nera attorno al capo di Yukito in modo da bendarlo.

"Ecco fatto! Ora va molto meglio" disse poi riprendendo a baciarlo.

Questa volta Yukito non oppose resistenza. A suo dispetto quel gioco lo stava eccitando sul serio!

"Sei pronto Yuki? Ora comincia il meglio!" gli sussurrò Koji all’orecchio prima di allontanarsi da lui e, a giudicare dai movimenti del letto sotto il suo peso, andare nuovamente a sporgersi per prendere qualcosa.

Pochi istanti dopo sentì Ashton separargli le natiche e, prima ancora che potesse protestare, un oggetto di fredda plastica venne introdotto nella sua apertura.

Il dolore che sentì fu immediato e lancinante. Una fortissima fitta alla schiena sembrò spaccargliela in due facendolo rimanere completamente senza fiato, tanto che non riuscì ad emettere che un grido strozzato. Tentò di dimenarsi per sottrarsi a quella tortura, ma più si muoveva e più sentiva dolore; in più, era completamente imbrigliato al letto e non poteva fuggire in nessuna maniera.

"Che c’è Yuki? Sei impallidito, stai forse male?" domandò Koji con voce preoccupata "Ah, ti dà fastidio questo? Forse se faccio così va meglio?"

L’oggetto dentro Sasa prese a muoversi. Si accorse solo in quel momento che era ricoperto da protuberanze che gli raschiavano l’intestino facendolo singhiozzare dal dolore.

"Oh Santo Cielo! Ti ho fatto piangere! Sono imperdonabile!"

Koji, senza togliere quello strumento di tortura, si accostò a Yukito leccandogli via le lacrime che gli scendevano sul viso contratto dalla sofferenza.

"Stai tanto male? Eppure non sembra che la cosa ti spiaccia più di tanto" disse prendendo in mano il sesso di Sasa costretto dall’anello in un’erezione forzata e cominciando a frizionarlo con vigore.

Le guance di Yukito si tingevano di un rosso sempre più vivido e il suo respiro si era fatto pesante e concitato.

"Perché non chiami aiuto Yuki? Potresti sai? La mia è l’ultima stanza del piano, ma dall’altra parte c’è un’altra camera. E poi l’edificio è pieno di gente. Se chiami, qualcuno verrebbe di sicuro".

Sasa scosse la testa con decisione. Certo, se avesse voluto avrebbe potuto far venire qualcuno, ma poi? Avrebbe dovuto farsi vedere in quella situazione, LUI, Yukito Sasa, legato ad un letto alle prese con un pazzo pervertito e… eccitato oltre ogni dire!

"Grida Yuki! Fammi sentire ciò che provi!" mormorava insinuante Koji al suo orecchio. Per tutta risposta, si morse le labbra non permettendo neppure ad un ansimo involontario di uscirgli dalla bocca.

"Continui ancora a ribellarti?"

Ashton aumentò il ritmo della sua mano trascinando Sasa in un pozzo di sensazioni vischiose che rischiavano di soffocarlo. Proprio quando stava per raggiungere il punto più profondo e oscuro di questo pozzo, Koji si fermò andando a stringere con forza alla base del suo pene in modo da bloccargli l’orgasmo incipiente.

"No!"

Yukito non era riuscito a trattenere uno strillo.

Koji rise.

"Non siamo che all’inizio, mio adorato".

La lingua del biondo percorse il corpo di Yukito insinuandosi in ogni anfratto, assaggiandolo e gustandolo come se fosse il dolce più goloso. Raggiunse il suo membro congestionato andando a titillare la piccola fessura sulla sua sommità.

Sasa inarcò la schiena gettando indietro la testa e spalancando la bocca in un grido muto. Koji, totalmente rapito da quella visione d’estasi, lo prese completamente in bocca succhiando più forte che poteva. Quando si accorse che la sua vittima era di nuovo sul punto di esplodere, esercitò una nuova pressione sul medesimo punto di prima.

Yukito singhiozzava contorcendosi dalla frustrazione.

Koji mise le mani ai lati del viso del moro e si tirò sopra di lui guardandolo attentamente.

"Supplicami Yuki e ti accontenterò".

"Fottiti!!!" urlò l’altro di rimando strattonando le cinghie che lo tenevano immobilizzato.

Koji ridacchiò.

"No Yuki, hai sbagliato. Quello che dovevi dire era: fottiMI!".

"Koji…" mormorò con disperazione Yukito. L’altro rimase fulminato come se fosse stato investito da una secchiata d’acqua gelida. Quella era la prima volta che lui lo chiamava per nome… e il tono che aveva usato gli stava facendo andare in poltiglia il cervello.

"Dimmelo…" sussurrò Ashton e, ad un orecchio più attento di quello di Yukito, le cui percezioni ormai si erano fatte molto approssimative, sarebbe apparsa come una preghiera.

"Koji… ti voglio…" disse Sasa oscillando il bacino alla ricerca di un sollievo che non riusciva ad ottenere.

Tanto bastò a Koji. Afferrò il vibratore che era rimasto conficcato nell’apertura di Sasa e lo strappò via provocando nell’altro una nuova fitta di dolore. Lo fece voltare facendolo mettere in ginocchio in modo da poter tenere il bacino sollevato. Con lentezza scivolò dentro di lui assaporando ogni centimetro delle sue viscere. Quando fu entrato completamente prese a muoversi, dapprima piano, poi sempre più convulsamente, dando spinte talmente forti da far tremare tutto il letto.

Yukito mordeva il cuscino cercando di trattenere i pesanti gemiti che la sua gola sputava con impeto sorprendente. Koji si stese su di lui appoggiando il petto alla sua schiena per potergli parlare nell’orecchio.

"Allora Yuki… chi… chi sarebbe… il vero maniaco pervertito?… io che faccio certi giochetti… o tu che li subisci godendo come non hai mai fatto in vita tua?"

Ma Sasa non riusciva neanche più a sentirlo e pochi istanti dopo raggiunsero in simultanea una vetta del piacere che mai avrebbero pensato di poter raggiungere.

Koji si accasciò sul corpo di Yukito ansimando e tremando per l’intensità dell’orgasmo appena provato. Quando fu in grado di riprendere il controllo sul suo corpo si mise in ginocchio a guardare il suo amante che non si era ancora mosso. Con gesti goffi e impediti dal torpore che ancora non gli permetteva di muoversi come avrebbe voluto, gli tolse i lacci di cuoio da polsi e caviglie e infine lo fece voltare mettendolo a pancia in su.

Sasa era in uno stato di totale incoscienza. Ashton rimase a fissarlo a lungo. Dopo un bel po’, con un gesto molle si spinse all’indietro una ciocca di capelli che gli era scivolata davanti al viso. I suoi occhi, ora completamente in vista, mostravano un’espressione struggente, che mai e poi mai avrebbe permesso fosse vista da anima viva. Delicatamente si avvicinò a Yukito e afferrò la catenina al suo collo. Con uno strattone deciso ne recise alcune maglie e se la portò davanti al viso osservandola.

"Io ottengo sempre ciò che voglio… in un modo o nell’altro" disse con voce atona.

In un attimo la sua espressione si ritrasformò in quella abituale e un sorriso beffardo fece capolino sulle sue labbra. Raccolse la catenina con il ciondolo a forma di Y nel palmo della mano e la strinse con forza. Gettò all’indietro la testa facendo ricadere i capelli lungo tutta la schiena in una cascata d’oro liquido e una risata sinistra eruppe dalla sua gola.

 

FINE CAPITOLO VI