Disclaimers: Mitsui e Sendoh, come il solito,
fanno gli antipatici e non vogliono farsi adottare... eppure secondo me
starebbero tanto in buona compagnia insieme ai miei pg.... Sigh!
Dedica: a tutti coloro cui piace questa fic, in particolare a colei che ne ha
voluto la nascita, cioè la mia kohai Pam-chan: questo capitolo è per il tuo
compleanno stella ^*^
Il Campus parte
V
di Yurika
L'odore dei colori ad olio pervadeva
l'aria leggermente rarefatta del laboratorio di pittura. Era proprio per
quel profumo intenso e penetrante che a Shiro piaceva tanto stare in quel
posto. Ci passava le sue intere giornate, anche quando non aveva nessun
lavoro da portare avanti.
Quel pomeriggio vi si trovava assieme a Kaneda, entrambi intenti a dare i
tocchi finali ai ritratti che avrebbero dovuto consegnare al professor
Chigusa di lì a pochi giorni.
Satori era concentratissimo sulla sua creazione. Lo sguardo era puntato
sulla tela in cerca di eventuali punti da sistemare. Ogni tanto si portava
il manico di legno del pennello che stava usando alla bocca con
espressione estremamente assorta. Rispondeva a monosillabi alla
conversazione portata avanti dal suo compagno, ma questi non se la
prendeva perché sapeva benissimo che, nonostante l'apparenza, Kaneda
ascoltava tutto ciò che diceva.
Ovviamente l'argomento era incentrato su Chigusa e su ciò che aveva detto
a Shiro quando lo aveva incontrato il giorno prima nei corridoi
dell'Accademia.
"... e poi mi ha detto che tu ed io siamo i suoi migliori studenti.
Capisci? Ha detto proprio 'Satori e Iida'! Bè, in realtà so che ha
nominato anche me solo per cortesia, però questo vuol dire che almeno un
po' mi considera. Insomma, quantomeno non sono il peggiore della sua
classe. Ma ci pensi? Mi ha messo addirittura sul tuo stesso piano! So
benissimo che questa è un'esagerazione, ma per me vuol dire tantissimo! La
tua bravura è irraggiungibile per me... anzi, probabilmente è
irraggiungibile per chiunque... ma pensare di poter avere almeno un decimo
del tuo talento! Sarebbe un sogno divenuto realtà! Io che possiedo..."
"Finito!"
Il grido entusiasta di Kaneda fece zittire immediatamente Shiro che volò
alle spalle del compagno per ammirare la sua opera completa.
Il brunetto non poteva credere a ciò che aveva davanti. Tadashi
Wakashimaru, con la testa appoggiata sul vetro di una finestra che dava su
un giardino assolato, lo guardava con occhi dolci e ricolmi di una luce
calda e penetrante. Le labbra si piegavano in un lieve sorriso pieno di
promesse e sicurezza. Con l'espressione del suo bel volto dai tratti
decisi senza essere duri sembrava illuminare l'ambiente circostante più
della finestra che aveva alle spalle.
Gli occhi di Shiro si riempirono di lacrime e un nodo gli strinse così
forte lo stomaco da avere la sensazione che gli mancasse l'aria nei
polmoni costringendolo ad aprire la bocca per riprendere a respirare.
"Allora, com'è? Ti piace?"
Kaneda era ansioso di conoscere il giudizio dell'amico. Mentre dipingeva
quel quadro si era immaginato di racchiudervi dentro un pezzetto della sua
anima e adesso aspettava che qualcuno la riconoscesse.
"Satori... è... è... splendido! È ciò che di più bello abbia mai visto!"
Kaneda scoppiò a ridere divertito dall'entusiasmo del giovane, ma anche
molto lusingato dalle sue parole.
"Non esagerare! Esiste di meglio in circolazione. Io stesso ti potrei fare
il nome di un paio di personaggi che potrebbero competere con la mia
bravura" disse strizzando un occhio sorridendo.
Shiro scosse la testa deciso.
"Non scherzare, parlo sul serio. È davvero grandioso! Come riesci a
dipingere in questo modo? Io nemmeno fra un milione di anni potrò mai
creare qualcosa del genere!"
Kaneda lo guardò sorridendogli dolcemente e lo abbracciò cullandolo come
se fosse stato un suo fratellino minore.
"La verità è che ti sottovaluti troppo. Potenzialmente sei in grado di
dipingere bene quanto se non meglio di me. Non è di sicuro la tecnica che
ti manca, anzi! Se parliamo in termini specifici il tuo stile è molto più
pulito e gradevole del mio. L'unica cosa che manca ai tuoi lavori è... il
cuore".
"Il cuore?"
Iida sollevò il volto stupefatto per guardare meglio Kaneda. I suoi grandi
occhi nocciola esprimevano uno smarrimento e un'incredulità tali da
lasciare Satori nell'indecisione di mettersi a ridere o di stringerlo più
forte. Alla fine non scelse nessuna delle due opzioni e si limitò a
spiegargli il suo punto di vista.
"Sì, il cuore. Ciò di cui i tuoi quadri sentono la mancanza è una vera
partecipazione da parte del loro autore nel soggetto che sta dipingendo.
Per far vivere un'opera è ovvio che le devi donare qualcosa di
esclusivamente tuo".
"Non capisco... cosa dovrei fare secondo te?"
Kaneda sbuffò esasperato. Non era bravo in quel genere di cose. Lui era un
artista (o almeno così si considerava) e certe cose riusciva a 'sentirle',
ma difficilmente poteva 'spiegarle' con parole che ne riducevano il tenore
e l'intensità.
"Proverò a spiegarti meglio. Tu quando dipingi non cerchi un soggetto che
ti coinvolga in prima persona. Scegli sempre o un paesaggio che tutti
possano considerare bello, o una composizione che risulti armoniosa o, nel
caso dei ritratti, ti affidi a modelli professionisti. In pratica esprimi
una perfezione che risulta falsata perché nella realtà la perfezione non
esiste. Prova ad esternare qualcosa che è dentro di te attraverso la tua
pittura e allora vedrai che diventerai il migliore... sempre dopo di me,
naturalmente" aggiunse poi assestandogli un buffetto su una guancia.
Shiro arrossì abbassando gli occhi. Il discorso di Satori gli sembrava
bello e giusto, eppure lo lasciava ancora perplesso. La verità era che non
pensava di poter avere nulla di interessante dentro di sé da poter
esprimere attraverso i suoi quadri.
"Dai, adesso fammi un po' vedere il compito".
"No!"
Kaneda si stava dirigendo verso il punto in cui era rimasta la tela di
Shiro appoggiata al cavalletto in attesa del ritorno del suo proprietario
quando venne raggiunto dal grido disperato di Iida. In pochi secondi il
ragazzo aveva superato il suo compagno portandosi tra lui e il suo quadro.
Satori rimase sbalordito da questa reazione inaspettata e rimase a
guardare l'amico a bocca aperta.
"Che diavolo ti prende ora?"
Shiro arrossì mordendosi il labbro inferiore e tormentandosi nervosamente
le mani.
"Ecco...io... preferirei che tu non lo guardassi adesso. Vorrei che fosse
il professor Chigusa il primo a vederlo completo, capisci?"
Kaneda posò le mani sui fianchi e guardò l'altro ragazzo con gli occhi di
un gatto che ha appena puntato la sua preda.
"Vuoi fare una sorpresa al caro Codino? Non è che il discorso che ti ha
fatto ieri ti ha dato un po' alla testa?"
Iida arrossì maggiormente contorcendosi le mani, quasi volesse
disarticolarsele.
"Ma no, che dici? È solo che preferirei così... non vorrei essere
influenzato dal giudizio di altri prima che l'abbia visto lui".
Kaneda sogghignò, ma decise di lasciar stare l'argomento, almeno per il
momento.
"D'accordo, come vuoi. Che ne diresti di andarcene a bere qualcosa alla
caffetteria? Sono un po' stanco e fra poco avrò l'allenamento" disse
stiracchiandosi sinuosamente.
Iida accettò con entusiasmo, contento di poter fare qualcosa che
distraesse l'altro dall'argomento 'Chigusa'. Coprì la sua tela con un
panno e la prese in mano per portarsela dietro, non fidandosi a lasciarla
nel laboratorio. Era una tentazione troppo forte per certi occhi
indiscreti.
Uscirono e si diressero verso la caffetteria attraversando il parco del
Campus. L'aria era tersa e frizzante a causa della pioggia che aveva da
poco smesso di scendere dal cielo lasciando posto ad un sole pallido, ma
abbastanza caldo.
I due ragazzi facevano molta attenzione a dove stavano mettendo i piedi
per evitare le numerose pozzanghere che costellavano il sentiero in mezzo
all'erba del parco. Kaneda ogni tanto prendeva in giro Shiro fingendo di
voler saltare con forza nelle pozze d'acqua per bagnarlo e l'amico
protestava vivacemente contro di lui, anche se in realtà si stava
divertendo.
Nonostante facesse abbastanza freddo molti studenti dell'Università S
avevano approfittato della breve pausa che il cattivo tempo di quei giorni
aveva concesso loro per uscire all'aperto e godersi gli stanchi raggi del
sole invernale. Alcuni ragazzi erano tranquillamente seduti sulle panchine
cercando di studiare, altri passeggiavano parlando dei futuri esami, dei
professori e di argomenti simili. In lontananza si poteva scorgere un
gruppetto di persone che giocavano a lanciarsi una palla ovale e a
riprenderla al volo in una sorta di rugby improvvisato.
Mentre Kaneda e Shiro si avvicinavano sempre di più alla loro meta,
accadde un incidente increscioso.
Uno dei ragazzi che stava giocando a rugby fece un tiro maldestro che
mandò la palla più lontano di quanto fosse necessario. Un suo compagno si
mise a correre velocemente nel tentativo di prenderla, non notando
assolutamente i due amici che in quel momento si trovavano a passare
proprio sulla sua traiettoria.
Shiro sentì solo qualcuno che gridava: "La prendo io!", poi una spinta
fortissima che lo sbalzava dalla parte opposta del sentiero e un corpo
caldo e pesante che lo schiacciava sul terreno.
Era ancora intontito e quasi senza respiro quando Kaneda venne a
recuperarlo chiedendogli, allarmato, se fosse tutto a posto.
"Io... credo di sì..."
"Sei un imbecille! Ma ti sembra quello il modo di andare addosso alla
gente? Impara a guardare dove metti i piedi invece di andartene in giro
come un rinoceronte infuriato!"
"Mi dispiace! Davvero, non vi avevo visto, stavo seguendo la palla e non
mi sono accorto di voi".
"L'avevo capito, guarda! Almeno potresti levarti di dosso al mio amico? Lo
stai stritolando!"
"Come.... Oh, cielo! Scusami!"
Finalmente Shiro poté ricominciare ad usare la sua piena capacità
polmonare senza più avere l'altro addosso.
Due mani forti ed energiche lo aiutarono a tirarsi in piedi e questo gesto
gli diede un senso di familiarità tipico di certi déjà-vu.
"Ma non è possibile! Sei tu Mitchel!"
Shiro alzò gli occhi confuso sul suo assalitore e sbiancò immediatamente
non appena lo riconobbe.
"Mi dispiace! A quanto pare ogni volta che c'incontriamo non posso fare a
meno di saltarti addosso!"
"Ma... ma tu sei... Noda!"
Il vice-capitano della squadra di basket gli sorrise.
"Scusami tanto Iida. Non volevo farti del male, spero tu stia bene".
Il ragazzo annuì mantenendo lo sguardo fisso negli occhi castano chiaro,
scherzosi, ma, allo stesso tempo, gentili, dell'altro.
"Com'è che mi hai chiamato prima?"
"Cosa? Ah, dici Mitchel? Spero tu non ti sia offeso. Per me quello è un
nome molto speciale".
"U-un nome speciale?"
"Sì, devi sapere che..."
Una mano si posò sulla spalla di Shiro distraendolo da quella strana
conversazione - strana non tanto per il suo argomento, quanto per
l'atmosfera rilassata e quasi... magica in cui era immersa.
Si voltò leggermente infastidito per quell'intrusione, ma i suoi pensieri
cambiarono istantaneamente direzione non appena vide dietro di sé Kaneda
mortalmente pallido.
"Satori che cos'hai?" chiese allarmato.
"Dov'è il tuo quadro?"
"C-come?"
"Non lo stai più tenendo. Dov'è finito il quadro?"
Solo in quel momento si rese conto di avere le mani libere. Si guardò
intorno spaventato e frugò freneticamente con gli occhi tutto il
circondario finché non si accorse di una tela immersa per una buona metà
in una putrida pozzanghera.
Il cuore cominciò a battergli fortissimo e gli occhi gli si riempirono di
lacrime.
"No..." riuscì a malapena a sussurrare mentre sentiva le forze
abbandonarlo completamente.
Dopotutto forse sarebbe svenuto. Si consolò in questa maniera, ma gli
istanti passavano e non succedeva nulla. Continuava a fissare per terra
dove giaceva il ritratto che aveva dipinto con tanta fatica solo per non
sfigurare agli occhi del suo professore preferito.
"No!" ripeté stringendo le mani a pugno, la vista appannata per il pianto
trattenuto.
Si accucciò accanto al quadro e lo sollevò. La tela era un'unica macchia
di colori indefiniti. Kaneda, in piedi accanto a lui, emise un gemito.
"E' tutto ok?"
Anche Noda si era avvicinato e guardava perplesso quella scena.
"No che non è tutto ok! Sei un bestione insensibile, ecco cosa sei! È
tutta colpa tua sempai!"
"S-satori... non fare così, io..."
Noda aveva alzato le mani in segno di resa davanti ad una furia viola che
gli si stava avventando contro con tutto l'intento di strangolarlo a mani
nude.
"Hai idea di cosa tu abbia combinato? Per colpa tua tutto il lavoro di
Iida è andato in fumo! Quello era un compito che ci avevano assegnato, uno
dei più importanti, capisci? Ed è da consegnare fra quattro giorni! Ti
sembra che sia tutto ok?"
"Io... mi dispiace! Non avevo davvero idea..."
"Certo che non avevi idea! A volte mi domando se riesci ancora a trovare i
tuoi pensieri o se si sono persi in mezzo a tutte quelle stupide
treccioline!"
"Ma io..."
"Adesso basta!"
Shiro si tirò su in piedi con la tela imbrattata tra le mani.
"E' stato un incidente Satori, è inutile che tu te la prenda con lui.
Ormai il danno è fatto e non è gridando contro il povero sempai che
potremo risolverlo".
Le parole del ragazzo fecero immediatamente calmare Kaneda che si pentì di
aver trattato così male il suo vice-capitano, ma che si sarebbe fatto
amputare un braccio piuttosto che ammetterlo ad alta voce.
"Mi dispiace infinitamente Iida! Satori ha ragione, è tutta colpa mia!"
Shiro sorrise tristemente.
"E' stato solo un caso. Non ce l'ho con te, davvero! E poi..." aggiunse
arrossendo e abbassando lo sguardo "secondo me i tuoi capelli sono
bellissimi e ti stanno molto bene".
Tsukuku rimase qualche istante a fissarlo senza sapere cosa dire, poi gli
strinse le spalle e fece in modo che lo guardasse negli occhi.
"Ti prometto che risolverò tutto io Mitchel! Andrò dal tuo professore e
gli chiederò una proroga per la consegna del tuo compito!"
"Finalmente dici qualcosa d'intelligente sempai, bravo bravo!" disse
Kaneda dandogli delle sonore pacche su una spalla.
"Chigusa è un tipo un po' eccentrico, ma è una brava persona. Vedrai che
sarà comprensivo e ti darà la proroga richiesta".
"Sì, ma... non credo sia il caso..."
"E perché no?"
Kaneda era sinceramente sorpreso per il rifiuto del suo compagno. Non ne
capiva il motivo. Che cosa temeva? Tutt'al più non glielo avrebbe
concesso, ipotesi che comunque reputava assai remota. A meno che...
"Non è che lo fai perché hai paura di dispiacere a Chigusa dopo il
discorso di ieri?"
Shiro arrossì vistosamente e si scostò da Tsukuku che lo stava ancora
tenendo per le spalle.
"Ma no... non solo... cioè... la proroga andrebbe bene, ma... non
servirebbe a molto. Purtroppo non ho più il mio modello".
"E non ne puoi trovare un altro?"
"Sì, potrei, ma... all'ultimo ho dato tutti i soldi che avevo a
disposizione per questo mese".
"Per una volta potresti anche chiedere ad un modello non professionista!"
Shiro sembrava sempre più imbarazzato.
"Non saprei proprio a chi chiederlo" disse con un filo di voce.
"Ma scusa, se vuoi posso trovarti io..."
"Ti faccio io da modello!"
"...."
"...."
"Ho detto che farò io da modello..."
"Sempai, sei certo? Voglio dire... come modello non saresti affatto male,
ma... credi di poterlo fare? Non mi sembri il tipo che sappia rimanere
fermo per parecchio tempo di fila".
"Satori, mi sottovaluti! Certo che ne sono in grado! E poi il casino l'ho
combinato io e voglio rimediarvi ad ogni costo. Non posso sopportare di
vedere Mitchel con quell'espressione abbattuta".
A quel punto si girarono entrambi verso Shiro che era rimasto a fissarli
con aria perplessa.
"Iida credo che la decisione finale spetti comunque a te. Ti va bene usare
Noda come modello?"
Shiro passò lo sguardo da Kaneda a Tsukuku non sapendo bene come
comportarsi in quella situazione. Alla fine optò per la cosa che sapeva
fare meglio e arrossì di brutto mordicchiandosi le labbra.
"S-sì... ne sarei onorato. Grazie mille Noda sempai".
La notizia sembrò rendere molto felice Tsukuku che cominciò a ridere
allegramente.
"Evviva! Allora è deciso! Io ti farò da modello e Satori otterrà una
proroga per te".
"E questo quando lo avremmo stabilito, scusa? Non eri tu quello che se
n'era incaricato?"
Gli occhi di Kaneda emettevano scintille di un verde brillante che fecero
venire i brividi lungo la schiena di Tsukuku.
"S-sì, è vero... però tu conosci meglio il tuo professore, perciò
otterresti molto di più di un semplice sconosciuto, non trovi?"
"Oh, ma io non posso darvi tutto questo disturbo!"
Shiro si stava di nuovo agitando contorcendosi le mani e spostando il peso
da una gamba all'altra a disagio.
"Ma no, che dici? Quale disturbo? Noi lo facciamo volentieri, vero Satori?"
Kaneda sospirò rassegnato e poi sorrise al suo dolce amico.
"Ma certo, non ti preoccupare. Sarà uno scherzo convincere Codino, vedrai!
Andrà tutto per il meglio".
Shiro rispose al sorriso facendo un piccolo inchino rivolto ai due
giocatori di basket.
"Non so davvero come ringraziarvi! Siete così gentili con me!"
"Non hai bisogno di ringraziarci, te l'ho detto, per noi è un piacere".
"Noda ha ragione, non ci devi ringraziare, se mai ringrazia solo me, visto
che tutta questa faccenda è nata per colpa sua".
Tsukuku si mise a ridacchiare come uno scemo portandosi una mano dietro
alla nuca non sapendo come rispondere, gesto che colpì molto Shiro che
scoppiò in una risata divertita che gli allargò il cuore come mai prima
d'allora. Pensò che, nonostante tutto, quell'inconveniente gli avrebbe
potuto portare qualcosa di buono.
Circa un'ora più tardi, i ragazzi del Club di Basket erano negli
spogliatoi, intenti a prepararsi per l'inizio degli allenamenti. Kaneda
stava raccontando al suo ragazzo e ai suoi due migliori amici (è inutile
che vi dica chi sono, vero? Vero, vero, vero?
NdYurika_con_occhioni_speranzosi) l'episodio che gli era appena capitato e
stavano tutti ridendo della grossa ad immaginare Noda ridotto a fare da
modello al piccolo e dolce Iida.
"E avreste dovuto vedere l'imbarazzo di Iida nell'accettare! Per fortuna
il prof. Codino non ha fatto storie e ha concesso subito una proroga di
tre giorni per la consegna del lavoro".
"Tre giorni? Ma saranno sufficienti?" chiese Akira mentre s'infilava la
maglietta.
"Vedrai che per lui saranno anche troppi! Quando si mette d'impegno è
capace di passare giornate intere rinchiuso a dipingere. Scommetto che lo
consegnerà anche prima del previsto... visto quanto lo ispira il soggetto"
disse Kaneda facendo l'occhiolino portandosi il dito indice alle labbra
per fare capire che ciò che aveva appena detto doveva rimanere un segreto
tra loro.
"Ciao ragazzi, posso disturbarvi un attimo?"
I quattro amici si voltarono per trovarsi di fronte ad un Nanase
particolarmente sovreccitato e circospetto. Sembrava non riuscire a
contenere una certa euforia che gli rendeva gli occhi grigi liquidi come
metallo fuso. Girava lo sguardo attorno senza sosta come se temesse che
qualcuno potesse ascoltare un'importante rivelazione che stava per essere
svelata.
Mitsui guardandolo non poté fare a meno di rabbrividire. Era più forte di
lui, il comportamento del compagno di squadra lo inquietava, anche se si
rendeva perfettamente conto che non c'erano motivi validi per sostenere la
sua apprensione.
"Ma certo Nanase! Hai forse bisogno di qualcosa?" chiese Akira sfoderando
il suo sorriso tranquillo che sapeva sempre mettere a proprio agio le
persone.
"In effetti, sì. Stiamo organizzando, insieme al capitano Asada, una festa
a sorpresa per Notoori sempai. Volevo sapere se parteciperete".
"Una festa? Grande idea! Ho giusto un nuovo maglioncino che aspetto di
poter sfoggiare. Finalmente ho l'occasione giusta!"
Kaneda si mise a saltellare tutto contento da un piede all'altro
continuando a tessere lodi sull'iniziativa del party completamente
ignorato dagli altri che, dopo avergli lanciato una prima occhiata
sconsolata, si erano di nuovo interessati al loro interlocutore.
"Quando sarà il grande evento?" domandò Taz cercando di scrollarsi il
proprio fidanzato di dosso dopo che, in un impeto d'allegria, gli era
saltato al collo rischiando di cappottarlo per terra.
"Venerdì sera. Il capitano porterà Notoori sempai a cena fuori e poi lo
riporterà agli alloggi dove noi lo aspetteremo".
"Mi sembra un'ottima cosa. Puoi contare su di noi, se hai bisogno di una
mano..."
"Oh no, assolutamente!"
Makoto interruppe a metà l'offerta d'aiuto di Akira guardandolo come se
avesse appena cercato di fargli un grave torto.
"Penserò a tutto io, anche nei minimi dettagli. Non ho bisogno
dell'intromissione di nessuno, grazie".
Senza neppure aspettare che i ragazzi ribattessero, si allontanò in fretta
andando a parlare con un altro gruppo di loro compagni.
Taz lo guardò andarsene con il sopracciglio destro sollevato e la bocca
leggermente socchiusa (oltre ad avere Kaneda ancora appiccicato addosso!).
Akira si voltò verso Hisashi e lo vide corrucciarsi in volto.
"E' tutto ok Hisa-kun?"
"No, ma è inutile che te lo dica, tanto non mi crederesti!"
"E dai, non fare così! Ammetto anch'io che Nanase sia parecchio strano, ma
da qui a pensare a chissà quale complotto ai danni del povero Nanny ce ne
corre!"
"Ehi, voi due! Si può sapere di cosa state parlando? Non ci potete
estromettere così!"
Kaneda si era avvicinato a loro e li guardava con le braccia incrociate
sul petto e l'aria imbronciata.
"Cosa ci state nascondendo? Credevo fossimo amici e gli amici non hanno
segreti tra loro! Ecco, lo sapevo! In realtà non ci volete per nulla bene
come dite!"
Il giovane dai capelli viola si preparò a scoppiare in uno dei suoi famosi
pianti: gli occhi gli divennero improvvisamente lucidi, si portò le mani
alla bocca e tirò su rumorosamente col naso mentre la voce si incrinava.
Com'era prevedibile Taz entrò totalmente nel panico fulminando Akira e
Hisashi con uno sguardo che la intendeva lunga su chi avrebbe pagato per
l'improvviso malumore dell'uomo che amava.
Per evitare di essere spiaccicato sul pavimento come una frittella Akira
si affrettò a spiegare quali erano le teorie di Hisashi su Nanase e sul
rapporto che lo legava a Notoori.
Al termine del racconto Taz scoppiò in una grassa risata tenendosi la
pancia.
"Che cavolo hai da ridere tanto, si può sapere?" chiese un infuriatissimo
Hisashi.
"Ma dai! Solo tu potevi inventarti una storia tanto assurda!"
"Vuoi piantarla? Non mi aspettavo di sicuro che un ottuso come te potesse
capire il fine ragionamento psicologico che..."
"Il fine ragionamento... cosa?" riuscì a domandare Tadashi prima di
ricominciare a ridere gettandosi a terra e rotolandosi sul pavimento.
"Stupido decerebrato! Se non la smetti subito ti riduco a pezzetti
talmente piccoli che per ricostruirti dovranno chiamare un esperto
mondiale in puzzle!"
"Cos'hai detto?"
Il ragazzo dagli occhi dorati tornò immediatamente serio e si tirò in
piedi mettendosi di fronte ad Hisashi per affrontarlo.
"Provaci se ne sei capace, caricatura di 007 scaduto!"
"Avanti ragazzi, non fate così! Non c'è bisogno di litigare per così
poco!" cercò di calmarli Akira.
"Satori, tu non hai ancora espresso il tuo parere. Tu cosa ne pensi?"
Kaneda si portò una mano al mento e sporse il labbro inferiore con
espressione meditabonda.
"Secondo me ha ragione Hisa-chan! È evidente che di Bostik non ci si può
fidare!"
"Di chi????" chiesero i tre in coro.
"Di Bostik... insomma, Makoto Nanase!"
"Kaneda... ho paura di chiedertelo, ma... perché lo hai chiamato Bostik?"
domandò Taz un po' titubante.
"Ma è ovvio, perché sta sempre appiccicato a Nanny peggio della colla più
collosa della Terra!" affermò sicuro l'altro come se fosse la cosa più
evidente al mondo.
"Allora tu mi credi!" esclamò Hisashi afferrando le mani di Kaneda con
aria commossa.
"Certo che sì! Anzi, proporrei di andare fino in fondo alla faccenda e la
festa ce ne darà l'occasione. Propongo di tenere sott'occhio le mosse di
Bostik per farci un'idea più precisa delle sue intenzioni!"
"Giusto! Splendida pensata! Quello che ci serve ora è un piano!"
I due amici si stavano aizzando l'un con l'altro facendo andare la loro
fervida fantasia a ruota libera.
Akira li guardava scuotendo la testa, mentre Taz prendeva a capocciate uno
degli armadietti dello spogliatoio.
"Lo sai che ci aspetteranno tempi duri, vero?" chiese Sendoh sconsolato.
"Lo so... del resto, se fosse diverso da com'è non lo amerei tanto"
rispose Wakashimaru ancora appoggiato a ciò che restava dell'armadietto.
"Hai ragione!"
Akira sorrise guardando il suo koibito con molta dolcezza e pensò che,
nonostante fosse un po' matto e fanatico, valeva la pena sopportarlo per
poter stare assieme ad una persona speciale come lui. Il suo sorriso si
allargò.
Sasa sbuffò richiudendo il libro che aveva poggiato sul tavolo di fronte a
sé. Non ne poteva più di tutte quelle stupide teorie di sociologia! E poi
mettersi a studiare subito dopo i pesanti allenamenti dell'allenatore
Kanaya era un vero suicidio! La capacità di concentrazione scendeva a
livelli negativi.
Si lasciò andare sullo schienale della sedia rovesciando la testa
all'indietro con gli occhi chiusi. Permise che la mente, vagando alla
deriva, lo trasportasse dove più le piaceva senza opporle resistenza.
Il suo primo pensiero fu per Kaneda. Lo rivide mentre gli sorrideva e gli
parlava quando stavano insieme l'anno precedente. Aveva ancora davanti la
sua immagine mentre rideva, piegato leggermente in avanti con i lunghi
capelli castani che gli andavano ad ombreggiare il volto disteso, velato
di un tenue rossore, le labbra morbide e generose che accarezzavano una
fila di piccole perle bianchissime.
Però no, non era quella l'espressione che più gli preferiva! Lui adorava
quando, subito dopo aver fatto l'amore, Kaneda rimaneva disteso sul letto,
le braccia spalancate, completamente abbandonato, allo stremo delle forze,
il corpo molle e gli occhi chiusi. E poi, improvvisamente - oh, quanto gli
faceva male ricordarlo! - le lunghe ciglia sottili si schiudevano
lentamente, lasciando intravedere due smeraldi lucenti che lo fissavano
con gratitudine e gli angoli della bocca si arcuavano leggermente verso
l'alto nel più rifulgente dei sorrisi. In quei momenti lui veniva colto da
una strana vertigine e si allontanava in fretta da quel corpo invitante e
suo, solo suo, per evitare di... di fare cosa? Abbracciarlo forse? Sì,
abbracciarlo sicuramente, ma anche baciarlo con passione e tenerezza e
sussurrargli parole di cui poi si sarebbe vergognato subito dopo.
E ora, ora cosa gli era rimasto? Nulla... quegli occhi non erano più lui
che guardavano con adorazione piena e fiduciosa, quella bocca non era più
per lui che sorrideva con affetto e comprensione, quel corpo non era più
lui che cercava nelle notti infuocate dal desiderio e dalla passione.
All'improvviso questo pensiero ne richiamò immediatamente un altro, non
altrettanto gradevole forse, ma sicuramente più intenso e forte: un
abbraccio possessivo, muscoli pieni e solidi che lo inchiodavano senza
lasciargli possibilità di movimento, una bocca vorace e selvaggia che lo
divorava con una fame che pareva essere insaziabile.
Sasa riaprì gli occhi di scatto.
No! Non voleva pensare a lui! Non ai suoi capelli morbidi e chiari che gli
solleticavano il collo, non ai suoi occhi screziati di una luce di follia
color lavanda, non al suo profumo intenso e alla flessuosità delle sue
bianche dita.
Si alzò di scatto dalla sedia e si guardò intorno inebetito. In un tavolo
vicino al suo c'erano degli studenti intenti a preparare i risultati di
una ricerca per un qualche esame di chissà cosa. Poco distante, vicino
agli scaffali, un insegnante cercava, con lo sguardo pensieroso, il titolo
di un libro consultando l'archivio computerizzato.
Per fortuna nessuno si era accorto del suo nervosismo, ci mancava soltanto
che si spargesse la voce che Yukito Sasa si era eccitato in biblioteca
mentre studiava per la lezione del giorno dopo!
Dannazione! Ma perché il suo corpo e la sua mente dovevano essere
completamente disaccordi da ciò che imponeva loro la sua volontà? Non gli
era mai successo prima!
Ma era tutto inutile. Più cercava di allontanarsi da quel tipo, più lui
gli ronzava intorno, sia di persona sia in qualità di pensiero.
"Maledetto Ashton, vattene dalla mia testa!" sibilò a bassa voce scuotendo
il capo come a volersi scrollare via anche l'idea di quel ragazzo.
Ovviamente la cosa non servì e Yukito rimase con addosso le sensazioni
elettrizzanti che gli aveva donato Koji pochi giorni prima.
Per tentare, almeno, di distrarsi andò tra gli scaffali a cercare un libro
di cui aveva bisogno. Stava giusto spostando alcuni pesanti volumi per
riuscire a leggere l'intestazione di quelli che vi stavano dietro quando
spuntò, dall'altra parte della scaffalatura, il volto armonioso e
conturbante di Koji. Il suo sorriso ironico lo impreziosiva rendendolo
ancora più bello del solito.
Yukito fece un mezzo saltello all'indietro per la sorpresa.
Era rimasto a bocca aperta. Possibile che ora gli bastasse pensare a lui
per farselo comparire davanti? Era pure una specie di mago oltre ad essere
la creatura più sensuale e, bellissima, peccaminosa e....
Scrollò innervosito la testa per cercare di far riprendere il controllo ai
pensieri ottenebrati dai suoi stupidissimi ormoni impazziti!
"Ehilà, chi si vede! Il giocatore di basket più affascinante di tutto il
Giappone!" (ma quello sono io!!!! NdKaneda sta zitto -___- NdAki&Hisa)
Yuki rispose con una smorfia e si voltò di scatto cercando di mettere la
maggior distanza possibile tra lui e Ashton.
"Dove corri così in fretta? Aspetta!"
Naturalmente Koji gli era andato subito dietro nel tentativo di
raggiungerlo.
"Ho appena scoperto che questo posto è decisamente mal frequentato, ho
intenzione di non metterci mai più piede!"
"Oh oh! Siamo di cattivo umore oggi, vero?"
Nel frattempo Koji era riuscito ad agguantare la sua preda da dietro
circondandogli la vita con le braccia.
"Mmmhh... sarà per questo che mi sembri ancora più bello" finì di dirgli
sussurrandogli nell'orecchio.
Yukito cercò di ignorare la pelle d'oca che il fiato caldo dell'altro
ragazzo gli aveva fatto venire e si divincolò dalla sua stretta senza
ottenere grandi risultati.
"Lasciami andare maledetto maniaco!"
Koji ghignò soddisfatto.
"E così sarei un maniaco? Immagino che allora non ti stupirai per certe
richieste che ti farò quando verrai a trovarmi".
"Di che diavolo stai parlando?"
"Oh già! Non ti ho ancora detto la novità! Venerdì sera tu verrai nel mio
alloggio e lì finalmente potremo dare sfogo ai nostri peggiori istinti".
Koji finì la frase con un tono di voce roco e basso che mozzò il fiato in
petto a Yukito.
"T-tu... tu sei pazzo se credi che io verrò da te e soprattutto se credi
che io farò sesso con te!"
"Sono davvero così pazzo? Eppure il tuo corpo mi vuole, non lo senti?"
La diafana mano di Ashton si mise a vagare sul petto di Sasa fino ad
incontrarne i capezzoli già inturgiditi. Il respiro del moro si fece
subito pesante e le sue gambe rischiarono di cedergli.
"N-non verrò... è... è inutile che ci provi... ho già un impegno...
venerdì... sì, venerdì c'è la festa per il sempai Notoori!"
Yukito si sentiva trionfante per aver trovato il pretesto giusto per
riuscire a non dare retta a quella stupida vocina dentro di lui che lo
stava implorando di cedere e di lasciarsi andare a quell'abbraccio
possessivo ed eccitante.
"E chi se ne importa della tua stupida festa! Tu venerdì verrai da me e
basta! Tieni, ti ho disegnato una piccola mappa per riuscire a trovare il
mio alloggio. Almeno non avrai la scusa di esserti perso per il Campus".
Così dicendo gli infilò un fogliettino nella tasca dei pantaloni, solo che
la cosa non finì lì poiché la mano che aveva appena depositato il suo
prezioso contenuto si accorse di trovarsi nei pressi di una zona...
particolarmente interessante e, curiosa di natura, decise di andare ad
esplorarla.
Yukito emise un grido soffocato appena si sentì toccare tanto intimamente.
Non ebbe però il tempo di reagire perché, appena si accorse
dell'intrusione dell'altro, lui si era già staccato guardandolo con
sorriso malizioso.
"Ora sono certo che verrai di sicuro".
Koji si voltò ridendo sommessamente e si allontanò salutandolo sventolando
una mano.
Yukito rimase immobile dov'era con un gran senso di freddo nei punti in
cui si era posata la mano di Ashton e un'assurda voglia di piangere.
FINE CAPITOLO V
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