Disclaimers: Sendoh e Mitsui appartengono a T.
Inoue, mentre tutti gli altri sono miei e guai a chi li usa senza mio consenso
è___é.
Dediche: a tutta la mia meravigliosa family, in particolare alla mia gemella
Seimei che mi ha aiutato con la storia di Makoto Nanase e all'altra mia gemella
Amberyl che è la madrina di Koji Ashton. Vi voglio un mondo di bene a tutte!!!
Buona lettura!
Il Campus parte
III
di Yurika
La biblioteca era praticamente deserta. A
quell'ora quasi tutti gli studenti si trovavano a pranzo nelle varie mense
e caffetterie del Campus. La signora Motohashi, la bibliotecaria, una
donna di mezza età dallo sguardo annoiato, sbocconcellava dei biscotti
senza fare il minimo rumore - cosa che aveva del miracoloso. Sasa le fece
un cenno di saluto e si diresse direttamente verso la sezione che sapeva
servirgli.
Quel posto gli aveva sempre ricordato un labirinto, tante erano le stanze,
le svolte improvvise e la bizzarra sistemazione delle scaffalature che
tendevano a farti perdere il senso dell'orientamento, stordito dall'odore
di polvere e di carta ammuffita.
Dopo aver cercato per qualche minuto finalmente si ritrovò nella sezione
di Sociologia. Doveva preparare una relazione per quell'insegnamento e
ormai non aveva più molto tempo a disposizione.
Yukito sbuffò scostandosi con un gesto stizzito la frangia dagli occhi
bluetti. Ovviamente il testo che gli serviva si trovava sul ripiano più
alto! Maledisse mentalmente la sua statura che non raggiungeva il metro e
settantatré d'altezza. Continuava a fissare con aria truce il libro
sperando, in un impeto d'irrazionalità, che esso si muovesse da solo per
raggiungerlo, ma, evidente, anche per quel giorno non sarebbe riuscito a
sviluppare dei poteri telecinetici.
Sbuffò di nuovo ormai del tutto spazientito. In quel momento sentì una
fonte di calore provenire da dietro le sue spalle, un tenue profumo di
viola selvatica e un respiro tiepido soffiargli nell'orecchio.
"Vuoi che ti dia una mano?"
Per un attimo, Sasa chiuse gli occhi e si abbandonò alla sensazione
d'elettricità che gli saliva per la schiena fino ad esplodergli nel
cervello, ma appena sentì delle dita maliziose lambirgli il fianco destro
sussultò e si voltò di scatto.
Ciò che si ritrovò di fronte non gli piacque per niente. Due occhi
violetti lo osservavano con aria divertita e, a quanto pareva, ciò che
stavano guardando procurava al loro padrone molta soddisfazione. Le
labbra, increspate da un accenno di sorriso, vennero accarezzate da un
lento e sensuale movimento della lingua.
Le guance di Yukito si imporporarono per la rabbia di aver provato una
sensazione piacevole nell'avere vicino quel corpo imponente e compatto.
Era ridicolo! Non poteva farsi imbambolare dal primo bel ragazzo che
incontrava! Lui non era quel genere di persona. A lui non importava niente
di nessuno, a meno che non si trovasse davanti qualcuno di cui valeva la
pena interessarsi. E di sicuro questo qualcuno non poteva essere il
ragazzo che adesso incombeva su di lui, schiacciandolo contro lo scaffale
senza lasciargli vie di fuga.
"Ashton" sibilò tra i denti "che diavolo vuoi?"
Il biondo scosse la tessa con un'espressione che fingeva ferimento dipinta
sul viso.
"Non dovresti essere così duro con me. Sono un tipo sensibile io, non lo
avevi capito? Se mi parli così mi fai del male".
Yukito fece una smorfia disgustata.
"Non credere che ti domandi scusa per questo!"
Koji gli sorrise con una luce inquietante negli occhi. Si premette su di
lui facendo aderire i loro corpi e accorciando a pochissimi centimetri la
distanza tra le loro bocche. Yuki era intimamente spaventato dalla
sfacciataggine del ragazzo - sfacciataggine che fino ad ora aveva
riscontrato solo in se stesso. Strinse le labbra facendole diventare una
linea sottilissima e lo guardò con occhi che esprimevano un forte
disprezzo per l'oltraggio subito.
"E chi ti dice che voglia le tue scuse? Vedi, provo uno sconvolgente
brivido di piacere ogni volta che riesco a farmi guardare da te con quell'aria
di confusione e di rabbia insieme. Assomigli molto ad una bestia ferita
che sia stata sorpresa dal cacciatore nella sicurezza della sua tana".
"Sei malato" ribatté l'altro con tono tranquillo.
Koji ridacchiò giocando con i primi due bottoni della camicia di Yukito.
"Sì, può darsi! Ma tu mi capisci, vero? Tu sai ciò che voglio. Perché tu
sei come me".
Il moro voltò il viso da un'altra parte, ma non scansò la mano dell'altro
ragazzo che si stava intrufolando sotto la stoffa per accarezzargli il
collo.
"Ma che oggetto curioso! Non ti facevo tipo da portare questo genere di
cose".
Koji afferrò la catenina d'oro che Yukito portava al collo esaminando
attentamente il ciondolo che vi era attaccato.
"E' una lettera, la Y ad essere precisi. Immagino sia l'iniziale del tuo
nome".
Sasa tornò a guardare verso il ragazzo che continuava a premerlo contro lo
scaffale.
"Invece ti sbagli. È un regalo della mia fidanzata e la lettera
rappresenta l'iniziale del suo nome: Yoko".
Ashton dilatò gli occhi viola dallo stupore.
"Non dirmi che questa ragazza esiste veramente!"
"Certo che esiste veramente! Credevi me la fossi inventata? Non ho bisogno
di ricorrere a certi mezzi per tenere a distanza una noiosa zanzara".
Il biondo sembrò divertirsi sinceramente a quell'affermazione.
"Secondo te sarei una zanzara?"
"Proprio così. Sei subdolo e silenzioso, ma alla fine lasci sempre un
fastidiosissimo segno. Ma sai una cosa Ashton? Anche i ponfi infettati e
irritati alla fine scompaiono. Basta aspettare che se ne vadano da soli".
A quelle parole Koji strinse le labbra in un moto di rabbia. Cominciò a
tirare la catenina al collo di Yukito, con la quale non aveva mai smesso
di giocare, quasi a volergliela strappare. L'altro reggeva il suo sguardo
senza mai distogliere gli occhi diventati di un blu molto intenso. Dopo
alcuni secondi Koji lo lasciò andare passando un dito sui segni rossi che
il suo gesto gli avevano lasciato sulla pelle lattea.
"Stai attento a non giocare con me. Potresti rimanere ferito più
seriamente di quanto immagini".
Sasa spintonò l'alto giovane riuscendo in quel modo a liberarsi della sua
morsa.
"Grazie per l'avvertimento, ma non corro pericoli. Per quanto mi riguarda,
noi due non abbiamo nient'altro da dirci".
Detto ciò, si impossessò della scaletta lasciata appositamente per gli
studenti che necessitavano di consultare i testi che si trovavano in cima
alle scaffalature e vi salì di qualche gradino. Non lo aveva mai
confessato a nessuno, ma lui soffriva tremendamente di vertigini e, benché
la sua posizione non fosse particolarmente elevata, essa gli procurava più
problemi di quanto fosse disposto ad ammettere. Nonostante questo
inconveniente, si sporse per riuscire ad arrivare a prendere il libro che
cercava.
Un calore distruttivo lo avvolse nuovamente facendogli perdere per un
attimo coscienza di sé. Un braccio proteso gli sfiorava il viso
allungandosi fino al ripiano in cui si trovava il suo agognato volume. Una
voce bassa e penetrante giocò con il suo orecchio, scivolando al suo
interno come miele fuso.
"Te lo prendo io".
Compiendo uno sforzo sovrumano su se stesso, Yuki riuscì a non farsi
trascinare dalle trame dell'incantesimo che quel ragazzo stava intessendo
appositamente per lui.
"No!" esclamò a voce alta, dibattendosi tra le spire dei suoi sensi
soffocati dalla presenza di Koji accanto a lui. Cercò di nuovo di
allontanarlo da sé, ma quella manovra lo fece sbilanciare sul gradino
instabile della scaletta. Maldestramente guardò in basso cercando qualcosa
a cui appoggiarsi. La vertigine che lo colse gli fece vedere nero per un
istante. Istintivamente si aggrappò alla prima cosa che gli capitò
sottomano per evitare di cadere, ma, evidentemente, la 'cosa' a cui si era
afferrato era precaria quanto lui e Yukito non poté far altro che
precipitare tirandosi dietro quella che aveva sperato fosse la sua ancora
di salvezza.
Rimase con gli occhi chiusi cercando di comprendere esattamente la
dinamica degli eventi che lo avevano appena portato a giacere sul freddo
pavimento della sezione di Sociologia con un peso non indifferente che gli
gravava addosso.
Quando, infine, si decise a riaprirli venne totalmente rapito da due iridi
lavanda ombreggiate da lunghe ciglia chiare che riflettevano la tenue luce
elettrica della biblioteca facendola aumentare di milioni di volte e
conferendo allo sguardo la stessa luminosità di una stella poco prima che
imploda trasformandosi in un buco nero.
Sasa era talmente abbagliato da quella visione da provare dolore persino a
respirare. Rimase completamente immobile mentre vedeva il volto dai
lineamenti quasi angelici dell'altro avvicinarsi, le labbra rosse
protendersi invitanti in una muta richiesta. Sentì i lunghi e morbidi
capelli di Koji sfiorargli le gote e venne pervaso dal loro intenso
profumo. Se ne riempì i polmoni temendo di non poter più vivere senza,
come un uomo che stesse per affogare e che sa che la sua unica salvezza
risiede nella riserva d'ossigeno che riuscirà ad inspirare.
"Chi sei tu?" riuscì a malapena a mormorare prima che la sua bocca venisse
tacitata da due labbra fresche e possessive, che non chiedevano nessun
permesso, ma che sapevano solamente pretendere. La lingua umida e
vellutata che lo invase lo fece perdere definitivamente in un vortice di
sensazioni che rischiavano di condurlo alla pazzia.
Si decise a rispondere a quel bacio violento e passionale che nulla aveva
a che fare con la timidezza e la ritrosia tipica del primo bacio dato ad
una bocca sconosciuta. Era come se loro non avessero altro nella loro
vita, come se con quel gesto si fossero riconosciuti, un'agnizione a
livello spirituale.
Un momento pieno di mistero e magia che venne interrotto bruscamente dal
sopraggiungere di alcuni passi. Il ticchettio dei tacchi sulla superficie
liscia del pavimento era ben udibile. Koji si staccò dal ragazzo
completamente abbandonato sotto di lui e sollevò il viso
nell'atteggiamento tipico degli animali in ascolto. Yukito respirava a
fatica, totalmente dimentico di ciò che lo circondava, riuscendo solo a
percepire il fastidio che l'improvvisa mancanza del sapore del suo
compagno gli aveva procurato.
In un balzo Koji si tirò in piedi tirandosi dietro anche il moro, ancora
perso nelle sue emozioni. In pochi passi raggiunse una specie di
ripostiglio dove venivano tenuti i libri in restituzione da rimettere al
loro posto. Rapidamente vi fece entrare Sasa facendogli appoggiare la
schiena sulla porta in modo che questa si chiudesse.
Immediatamente fu di nuovo sulle sue labbra. Yukito gli cinse il collo con
le braccia per portarselo più vicino. Le loro lingue si intrecciavano
senza sosta mentre le mani di Koji avevano raggiunto il bordo del maglione
del moro alzandoglielo e tirando via la camicia dai pantaloni.
Freneticamente slacciarono la metà dei bottoni a partire dal basso e
andarono alla scoperta di quella pelle bianca fino a raggiungere l'aureola
più scura dei capezzoli che si inturgidirono istantaneamente.
Sasa si mordeva il labbro superiore nello sforzo di non far udire i suoi
ansimi.
"Lascia che ti sentano, Yuki" gli disse Koji prima di leccargli l'orecchio
"voglio sentirti!"
Il playmaker non si fece di certo pregare iniziando una lunga serie di
mugolii che eccitarono maggiormente il compagno.
La mano calda di Ashton raggiunse l'apertura dei pantaloni di Sasa,
slacciandogliela con torturante lentezza. Diede il via ad un nuovo bacio
mozzafiato soffocando l'urlo di piacere del compagno quando gli afferrò la
virilità semi-eretta. Cominciò a massaggiare quel punto così sensibile con
mosse abili spostando la bocca sul collo dell'altro mordendolo,
succhiandolo e leccandolo alternativamente.
Yukito era sconvolto ed eccitato, spaventato ed eccitato, esasperato ed
eccitato, completamente perso in ciò che Koji gli stava facendo ed
eccitato: in poche parole, non ci stava più capendo niente.
Si muoveva in sincronia con le mosse aggraziate dell'altro, gemendo senza
freno e senza pudore. La lingua del mezzo-sangue che gli accarezzava
l'orecchio lo stava facendo affondare in un abisso dal quale difficilmente
avrebbe potuto - o voluto! - ritornare.
"Ti fai sbattere in questo modo da tutti quelli che dici di detestare?"
In meno di un secondo Yuki riacquistò piena coscienza di sé. Quelle
parole, appena sussurrate, dette da Koji gli avevano fatto scattare un
campanello d'allarme nel cervello.
Non poteva andare così, da quando in qua non era lui a condurre il gioco,
di qualunque gioco si trattasse?
Raccolse le forze per scrollarsi via le mani di Ashton che fino a quel
momento gli erano parse come il paradiso, ma che ora trovava imbarazzanti
e invadenti. Riuscì a togliersi di dosso il ragazzo mandandolo a sbattere
contro uno dei carrelli con sopra i libri che abbondavano nella stanza.
Koji cercò di mantenere l'equilibrio fallendo miseramente e precipitando
insieme ad un bel po' di volumi. Yukito si riassestò velocemente,
richiudendosi i pantaloni e la camicia e andando di fronte al biondo, che
era ancora per terra shockato dalla reazione inaspettata del bel giocatore
di basket, si pulì la bocca con la manica del maglione fissandolo dritto
negli occhi.
"Non credere che ti bastassero due moine per potermi avere. Sono una merce
troppo preziose per te, se davvero mi vuoi dovrai darti molto più da fare.
È stato divertente, ma ora devo andare".
Senza aggiungere altro il moro uscì dallo stanzino e percependo a malapena
l'altro dirgli dietro un "lo vedremo".
Naturalmente, all'esterno Yukito Sasa sembrava tranquillo e padrone di sé
come sempre. Ma la verità era che dentro stava ribollendo di rabbia.
Come aveva potuto lasciarsi trasportare in quel modo? Era ovvio che quello
sbruffone di Ashton volesse tentare di umiliarlo in qualche modo e lui -
imbecille che era! - gliene stava offrendo la possibilità su un piatto
d'argento! Non si sarebbe mai perdonato per questo! E quel bastardo di un
Gaijin, poi! Come osava trattarlo come una troietta qualunque? Come osava
baciarlo e toccarlo in quella maniera? Anche se la sua forza, il suo
calore e il suo sapore erano quanto di meglio potesse immaginarsi, non
poteva comportarsi come su lui fosse stato un oggetto che gli apparteneva!
E poi lui non aveva bisogno delle attenzioni di Ashton. Lui aveva già
qualcuno che si sarebbe occupato del suo piacere. Era vero che, al
momento, non era disponibile, ma presto, molto presto, sarebbe stato
nuovamente suo. Appena Taz avesse cominciato ad allentare la continua
vigilanza su di lui, Kane-chan sarebbe tornato tra le sue braccia. Era
solo questione di tempo.
Sorrise in modo inquietante a quel pensiero. Continuò a sorridere durante
il tragitto che lo riportò all'alloggio per i membri della Club di Basket.
Sorrideva mentre entrava nella sala mensa dove gli altri suoi compagni
erano già riuniti, sorrideva quando si sedette al suo posto vicino al suo
insulso compagno di stanza e sorrideva ancora quando volse lo sguardo alla
ricerca del fulcro dei suoi pensieri.
E, in quel momento, smise di sorridere.
L'attenzione di Kaneda era completamente rapita da Wakashimaru che si era
lanciato in una dissertazione sull'influenza che aveva, ancora oggi, un
testo immortale come 'On the road' di Jack Kerouac.
Era evidente che il ragazzo più piccolo non avesse la più pallida idea di
ciò di cui stesse parlando il suo fidanzato, ma la cosa non sembrava
importargli gran che. Bastava osservare l'espressione estatica che aveva
nell'ammirare la passione con cui Tadashi si esprimeva su ciò che gli
piaceva per capire che a Kaneda non serviva altro per essere felice. Dai
suoi intensi occhi verdi traspariva un senso di appartenenza, perché
finalmente aveva trovato qualcuno a cui appartenere e che gli appartenesse
a sua volta.
Sasa realizzò in quel momento, come una pugnalata che gli trafisse il
cuore, che niente e nessuno avrebbe potuto scalfire quell'unione. Era
troppo giusta, troppo ben assemblata, troppo forte persino per lui! E poi,
Kaneda non lo aveva mai guardato in quel modo, mai! Neppure nei brevi
momenti in cui, come un'alta concessione, gli dava ciò che gli chiedeva,
che fosse un sorriso o un gesto d'affetto. Mai nei suoi occhi aveva visto
quella stessa luce che vi si poteva leggervi ora.
Aveva perso. Irrimediabilmente e indiscutibilmente perso.
Qualunque cosa fosse successa, da quel momento in avanti non avrebbe più
fatto parte della vita di Satori. Per lui non era niente di più che un
brutto ricordo, una presenza scomoda a malapena sopportabile, un moscerino
fastidioso da schiacciare con un giornale arrotolato.
Con un gesto secco Yukito scostò la sedia dal tavolo e si alzò.
"Sasa, dove vai? Non hai ancora toccato il cibo che hai nel piatto".
Il moro si girò stizzito verso l'inopportuno rompiscatole di turno. Nanny
lo stava guardando con aria leggermente preoccupata.
"Scusa Notoori-sempai, ma mi sono appena ricordato che non ho ancora
terminato la relazione per il corso di Sociologia che devo consegnare
entro domani. Se non la finisco subito rischio di dover saltare gli
allenamenti per non rimanere indietro".
Stava già per andarsene il più rapidamente possibile da quella stanza che
cominciava a fargli sentire un senso di forte oppressione al petto, quando
venne di nuovo raggiunto dalla dolce voce del responsabile degli alloggi.
"Sei sicuro di stare bene? Mi sembri molto pallido, non starai abusando un
po' troppo delle tue forze?"
"Sto benissimo, sempai. Grazie comunque dell'interessamento".
Sasa uscì dirigendosi verso la scala che portava ai piani superiori.
I ragazzi che avevano assistito alla scena si guardarono un attimo
perplessi per poi dimenticarsi istantaneamente dell'accaduto e tornare
alle loro discussioni.
"Sei una persona davvero speciale, sempai".
"Come?"
Nanny si ritrovò davanti a due occhi grigi dall'espressione molto vaga.
"Nanase, da quanto tempo è che ti sei spostato a sederti vicino a me?"
"Veramente sono qui fin dall'inizio del pranzo".
"Ah, davvero? Non me ne sono accorto, perdonami".
Il povero Hideki era visibilmente imbarazzato. Non gli era mai capitato
prima d'ora che qualcuno che gli stesse vicino gli passasse inosservata.
"Oh, non ti crucciare per questo, sempai. Mi capita spesso di non essere
notato dagli altri".
Makoto gli sorrise mettendosi a giocare con una ciocca dei capelli mechati.
"Comunque dicevo che sei una persona speciale perché riesci a preoccuparti
anche di chi non è all'apice delle tue simpatie".
"Ti stai riferendo a Sasa?"
Makoto annuì con lo sguardo perso nel vuoto.
"Lo sanno tutti quello che è successo tra Sasa e Satori ed è altrettanto
noto che tu abbia cercato di difendere Wakashimaru quando c'è stata quella
brutta storia del rapimento del nostro playmaker. Eppure sei sempre così
buono e gentile con tutti!"
"Vedi Nanase, nonostante ciò che Sasa ha fatto non è stato espulso
dall'università ed è rimasto a far parte della nostra squadra. È mio
compito prendermi cura di tutti i ragazzi che abitano qui dentro, nessuno
escluso e al di là delle mie preferenze personali".
Makoto rimase qualche secondo ancora fissando un punto imprecisato, poi
alzò gli occhi su Hideki e sorrise.
"Quando mi sono iscritto a questo Campus non speravo di poter trovare
qualcuno meraviglioso come te".
Nanny arrossì violentemente e si passò una mano dietro la nuca in
atteggiamento imbarazzato.
"Bè, ti ringrazio, ma non penso di meritare le tue lodi. Ora scusami, ma
devo proprio andare".
Il ragazzo più grande si precipitò fuori dalla stanza in quella che
assomigliava molto ad una fuga.
Makoto non sembrò accorgersi dello strano comportamento del suo sempai e
rimase con gli occhi spenti a fissare la sedia su cui, fino a un attimo
prima, stava seduto.
Poco dopo, terminato il pranzo, si alzarono tutti. La maggior parte degli
atleti si diresse fuori dalla casa diretti alle lezioni pomeridiane,
mentre alcuni preferirono dirigersi nelle proprie stanze per uno studio
più individuale.
Mitsui si fermò che ormai era già sulla soglia.
"Che stupido, ho lasciato il maglione in sala mensa!"
Sendoh si voltò a guardarlo con un sorriso.
"Un giorno o l'altro dimenticherai anche la testa da qualche parte".
"Esagerato! Non sono così distratto come dici".
"No, certo che no! A parte il fatto che, se non ci fossi io, avresti già
dovuto ricomprarti il cellulare almeno cinque volte quest'anno, direi che
non sei per niente distratto".
Il tono ironico di Akira fece arrossire Hisashi che evitò di rispondergli
e tornò indietro a recuperare l'indumento perduto.
La porta della mensa era socchiusa. Hisashi vi gettò un'occhiata
distratta, convinto che, oramai, dovesse essere deserta. Per cui si
sorprese quando dentro vide la figura di Makoto Nanase che stava in piedi
di fronte al posto che aveva occupato Nanny. Con la mano destra stava
accarezzando il tovagliolo di Notoori. Lo prese tra le dita e se lo
accostò alle labbra, premendoselo contro mentre chiudeva gli occhi con
espressione rapita. I suoi occhi grigi, di solito così vacui, erano ora
ricolmi di una luce molto intensa, ma difficilmente definibile. Rimase in
quella posizione pochi secondi, poi riposò il tovagliolo e sembrò volersi
allontanare. D'un tratto si fermò, esitando. Tornò indietro e raccolse dal
piatto accanto al tovagliolo uno di quegli stecchi che avevano usato per
gli spiedini. Se lo rigirò un po' tra le mani e infine se lo nascose in
tasca.
A questo punto Mitsui spalancò del tutto la porta, palesando la propria
presenza.
Nanase non lo guardò neppure. Con la sua andatura molle ed elegante uscì
dalla stanza senza neanche dar segno di essersi accorto di Hisashi.
La seconda guardia si sbrigò a recuperare il proprio maglione e tornò di
corsa all'entrata dove lo aspettavano Akira e Tadashi.
"Finalmente, credevo ci avessi messo radici là dentro! Ma che ti prende
Hisa-chan? Hai un'espressione talmente corrucciata! È successo qualcosa?"
Sendoh guardava con aria apprensiva il suo ragazzo e Wakashimaru sollevò
un sopracciglio incrociando le braccia sul petto.
"A me sembra la sua solita faccia da cretino".
"Non ho niente, non ti preoccupare. Quando avremo un po' di calma ne
parliamo".
Akira si limitò a sorridere e ad annuire.
"Per quanto riguarda te, beota che non sei altro, prima di giudicare
sarebbe meglio che ti guardassi allo specchio. Con quei capelli tutti
spettinati in testa sembri un puntaspilli!"
"Che hai detto, razza di mentecatto? Prova a ripeterlo, se ne hai il
coraggio!"
"Puntaspilli, puntaspilli e puntaspilli!"
"Su, su, ragazzi calmatevi!"
Il sorriso di Sendoh era leggermente incrinato rispetto al solito. Ormai
lui, come tutti gli altri, non ne poteva più delle continue discussioni
che finivano in pseudo-risse di quei due. E pensare che, se ce ne fosse
stato bisogno, sarebbero stati disposti a dare la vita l'uno per l'altro!
Ma ovviamente entrambi lo avrebbero negato fino allo sfinimento.
Mentre ormai il duello verbale si era già portato su un piano fisico, un
altro gruppetto di tre ragazzi chiacchierava pacificamente davanti alla
casa del Club di Basket.
Shiro, come ogni volta che avevano lezioni in comune, era passato a
prendere Kaneda per fare la strada che portava all'edificio dell'Accademia
(cori, cori, cori NdMiguel_Bosé non QUELL'Accademia! NdYu_esasperata)
insieme. Subito dopo essersi salutati, i due compagni furono raggiunti da
Noda.
"Ehilà! Tu sei Iida, giusto?"
Shiro, accorgendosi che il ragazzo si stava rivolgendo proprio a lui,
divenne rosso fin sulla punta delle orecchie e biascicò qualcosa che
assomigliava ad un "sì".
"Ah, perfetto! Spero che tu stia bene e che non ci siano stante
conseguenze a causa dello spintone che ti ho dato quella volta".
"Io... io sto bene, grazie" rispose il giovane tenendo gli occhi a terra e
cercando di nascondersi più che poteva dietro a Kaneda.
"Iida, perché non ti decidi a comportarti un po' più da adulto? Guarda che
il vice-capitano sarà anche brutto, ma di certo non ti morde!"
Noda stava già per protestare contro l'impertinenza di Satori quando venne
interrotto da una timida voce.
"N-non dire così, il sempai non è per niente brutto!"
Kaneda sogghignò cercando di far staccare dalla sua schiena il compagno di
corsi, ma ottenne ben miseri risultati.
"Ah, bè... ti ringrazio molto Iida!"
Noda sorrise in direzione del ragazzo più piccolo e questi divenne ancora
più rosso e cercò di eclissarsi ulteriormente usando Kaneda come scudo.
Il vice-capitano rimase un po' interdetto non sapendo cosa aggiungere,
vista la reazione di Shiro.
"Ehm... quindi... state andando a lezione?" chiese infine massaggiandosi
il mento velato dal pizzetto.
"Già, ci aspetta lezione con Codino!"
"Satori, non dirmi che affibbi soprannomi assurdi anche ai tuoi
professori!"
"Non chiamarlo così! Il professor Chigusa è il miglior insegnante che
abbiamo e merita tutto il nostro rispetto!"
Shiro era rispuntato fuori del suo nascondiglio e affrontava Kaneda con i
pugni stretti lungo i fianchi.
"E dai, Iida! Lo sai che anch'io lo rispetto molto, rilassati un po'!
Quando si parla di lui ti agiti subito".
"N-non è vero, io non mi agito".
Shiro divenne nuovamente di brace, ma questa volta rimase fermo dov'era.
"Quindi hai una gran considerazione per il professor Chigusa, giusto?"
Noda era rimasto molto colpito dalla reazione del brunetto, pensava fosse
un ragazzino timido e impacciato, ma, a quanto pareva, quando voleva
sapeva anche farsi le sue ragioni.
"Oh sì! Lui è davvero un grande artista! Siamo molto fortunati che abbia
deciso di venire ad insegnare proprio all'Università S, ha ricevuto
offerte da ogni parte del mondo! È una persona straordinaria, riesce a
mettere a nudo l'animo artistico di chiunque. In questi giorni, per
esempio, ci ha assegnato un lavoro molto interessante: il ritratto di un
volto a nostra scelta. Spero di riuscire un lavoro decente e di non
sfigurare troppo rispetto agli altri".
Kaneda era a bocca aperta. Non aveva mai visto Iida infervorarsi tanto, né
parlare tanto con un estraneo! Sospettò che gli alieni lo avessero clonato
per poter portare il vero Shiro sul loro pianeta e studiarlo.
Iida aveva perso quel rossore esagerato che lo contraddistingueva. Solo le
guance erano rimaste lievemente imporporate dando più luminosità al suo
incarnato delicato. Lo sguardo nocciola era illuminato da una vivacità e
un'intelligenza che raramente aveva notato in altre persone. Era davvero
il suo impacciato e timido amico quello?
Noda ascoltò con aria seria tutto il discorso dell'altro e alla fine gli
sorrise dolcemente.
"Ho avuto ragione la prima volta che ti ho visto. Hai degli occhi davvero
belli!"
Shiro si ammutolì all'istante raggiungendo una tonalità melanzana che fece
sì che Satori dentro di sé si domandasse se rischiava di avere un infarto.
"G-grazie... o-ora dobbiamo a-andare o faremo tardi..."
Il brunetto afferrò Kaneda per un braccio e cominciò a trascinarselo via
correndo più che poteva. Ad un certo punto si fermò di colpo facendo sì
che Kaneda gli venisse addosso, si voltò di scatto e s'inchinò in
direzione di Noda che era rimasto a guardarli sorridendo e ricambiò il
saluto agitando una mano. Dopodiché, Iida riprese a correre, sempre col
povero Satori dietro.
FINE CAPITOLO III
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