Disclaimers: Sendoh e Mitsui appartengono a T. Inoue, mentre tutti gli altri sono miei e guai a chi li usa senza mio consenso è___é.
Dediche: a tutta la mia meravigliosa family, in particolare alla mia gemella Seimei che mi ha aiutato con la storia di Makoto Nanase e all'altra mia gemella Amberyl che è la madrina di Koji Ashton. Vi voglio un mondo di bene a tutte!!!
Buona lettura!


Il Campus

parte III

di Yurika


La biblioteca era praticamente deserta. A quell'ora quasi tutti gli studenti si trovavano a pranzo nelle varie mense e caffetterie del Campus. La signora Motohashi, la bibliotecaria, una donna di mezza età dallo sguardo annoiato, sbocconcellava dei biscotti senza fare il minimo rumore - cosa che aveva del miracoloso. Sasa le fece un cenno di saluto e si diresse direttamente verso la sezione che sapeva servirgli.
Quel posto gli aveva sempre ricordato un labirinto, tante erano le stanze, le svolte improvvise e la bizzarra sistemazione delle scaffalature che tendevano a farti perdere il senso dell'orientamento, stordito dall'odore di polvere e di carta ammuffita.
Dopo aver cercato per qualche minuto finalmente si ritrovò nella sezione di Sociologia. Doveva preparare una relazione per quell'insegnamento e ormai non aveva più molto tempo a disposizione.
Yukito sbuffò scostandosi con un gesto stizzito la frangia dagli occhi bluetti. Ovviamente il testo che gli serviva si trovava sul ripiano più alto! Maledisse mentalmente la sua statura che non raggiungeva il metro e settantatré d'altezza. Continuava a fissare con aria truce il libro sperando, in un impeto d'irrazionalità, che esso si muovesse da solo per raggiungerlo, ma, evidente, anche per quel giorno non sarebbe riuscito a sviluppare dei poteri telecinetici.
Sbuffò di nuovo ormai del tutto spazientito. In quel momento sentì una fonte di calore provenire da dietro le sue spalle, un tenue profumo di viola selvatica e un respiro tiepido soffiargli nell'orecchio.
"Vuoi che ti dia una mano?"
Per un attimo, Sasa chiuse gli occhi e si abbandonò alla sensazione d'elettricità che gli saliva per la schiena fino ad esplodergli nel cervello, ma appena sentì delle dita maliziose lambirgli il fianco destro sussultò e si voltò di scatto.
Ciò che si ritrovò di fronte non gli piacque per niente. Due occhi violetti lo osservavano con aria divertita e, a quanto pareva, ciò che stavano guardando procurava al loro padrone molta soddisfazione. Le labbra, increspate da un accenno di sorriso, vennero accarezzate da un lento e sensuale movimento della lingua.
Le guance di Yukito si imporporarono per la rabbia di aver provato una sensazione piacevole nell'avere vicino quel corpo imponente e compatto. Era ridicolo! Non poteva farsi imbambolare dal primo bel ragazzo che incontrava! Lui non era quel genere di persona. A lui non importava niente di nessuno, a meno che non si trovasse davanti qualcuno di cui valeva la pena interessarsi. E di sicuro questo qualcuno non poteva essere il ragazzo che adesso incombeva su di lui, schiacciandolo contro lo scaffale senza lasciargli vie di fuga.
"Ashton" sibilò tra i denti "che diavolo vuoi?"
Il biondo scosse la tessa con un'espressione che fingeva ferimento dipinta sul viso.
"Non dovresti essere così duro con me. Sono un tipo sensibile io, non lo avevi capito? Se mi parli così mi fai del male".
Yukito fece una smorfia disgustata.
"Non credere che ti domandi scusa per questo!"
Koji gli sorrise con una luce inquietante negli occhi. Si premette su di lui facendo aderire i loro corpi e accorciando a pochissimi centimetri la distanza tra le loro bocche. Yuki era intimamente spaventato dalla sfacciataggine del ragazzo - sfacciataggine che fino ad ora aveva riscontrato solo in se stesso. Strinse le labbra facendole diventare una linea sottilissima e lo guardò con occhi che esprimevano un forte disprezzo per l'oltraggio subito.
"E chi ti dice che voglia le tue scuse? Vedi, provo uno sconvolgente brivido di piacere ogni volta che riesco a farmi guardare da te con quell'aria di confusione e di rabbia insieme. Assomigli molto ad una bestia ferita che sia stata sorpresa dal cacciatore nella sicurezza della sua tana".
"Sei malato" ribatté l'altro con tono tranquillo.
Koji ridacchiò giocando con i primi due bottoni della camicia di Yukito.
"Sì, può darsi! Ma tu mi capisci, vero? Tu sai ciò che voglio. Perché tu sei come me".
Il moro voltò il viso da un'altra parte, ma non scansò la mano dell'altro ragazzo che si stava intrufolando sotto la stoffa per accarezzargli il collo.
"Ma che oggetto curioso! Non ti facevo tipo da portare questo genere di cose".
Koji afferrò la catenina d'oro che Yukito portava al collo esaminando attentamente il ciondolo che vi era attaccato.
"E' una lettera, la Y ad essere precisi. Immagino sia l'iniziale del tuo nome".
Sasa tornò a guardare verso il ragazzo che continuava a premerlo contro lo scaffale.
"Invece ti sbagli. È un regalo della mia fidanzata e la lettera rappresenta l'iniziale del suo nome: Yoko".
Ashton dilatò gli occhi viola dallo stupore.
"Non dirmi che questa ragazza esiste veramente!"
"Certo che esiste veramente! Credevi me la fossi inventata? Non ho bisogno di ricorrere a certi mezzi per tenere a distanza una noiosa zanzara".
Il biondo sembrò divertirsi sinceramente a quell'affermazione.
"Secondo te sarei una zanzara?"
"Proprio così. Sei subdolo e silenzioso, ma alla fine lasci sempre un fastidiosissimo segno. Ma sai una cosa Ashton? Anche i ponfi infettati e irritati alla fine scompaiono. Basta aspettare che se ne vadano da soli".
A quelle parole Koji strinse le labbra in un moto di rabbia. Cominciò a tirare la catenina al collo di Yukito, con la quale non aveva mai smesso di giocare, quasi a volergliela strappare. L'altro reggeva il suo sguardo senza mai distogliere gli occhi diventati di un blu molto intenso. Dopo alcuni secondi Koji lo lasciò andare passando un dito sui segni rossi che il suo gesto gli avevano lasciato sulla pelle lattea.
"Stai attento a non giocare con me. Potresti rimanere ferito più seriamente di quanto immagini".
Sasa spintonò l'alto giovane riuscendo in quel modo a liberarsi della sua morsa.
"Grazie per l'avvertimento, ma non corro pericoli. Per quanto mi riguarda, noi due non abbiamo nient'altro da dirci".
Detto ciò, si impossessò della scaletta lasciata appositamente per gli studenti che necessitavano di consultare i testi che si trovavano in cima alle scaffalature e vi salì di qualche gradino. Non lo aveva mai confessato a nessuno, ma lui soffriva tremendamente di vertigini e, benché la sua posizione non fosse particolarmente elevata, essa gli procurava più problemi di quanto fosse disposto ad ammettere. Nonostante questo inconveniente, si sporse per riuscire ad arrivare a prendere il libro che cercava.
Un calore distruttivo lo avvolse nuovamente facendogli perdere per un attimo coscienza di sé. Un braccio proteso gli sfiorava il viso allungandosi fino al ripiano in cui si trovava il suo agognato volume. Una voce bassa e penetrante giocò con il suo orecchio, scivolando al suo interno come miele fuso.
"Te lo prendo io".
Compiendo uno sforzo sovrumano su se stesso, Yuki riuscì a non farsi trascinare dalle trame dell'incantesimo che quel ragazzo stava intessendo appositamente per lui.
"No!" esclamò a voce alta, dibattendosi tra le spire dei suoi sensi soffocati dalla presenza di Koji accanto a lui. Cercò di nuovo di allontanarlo da sé, ma quella manovra lo fece sbilanciare sul gradino instabile della scaletta. Maldestramente guardò in basso cercando qualcosa a cui appoggiarsi. La vertigine che lo colse gli fece vedere nero per un istante. Istintivamente si aggrappò alla prima cosa che gli capitò sottomano per evitare di cadere, ma, evidentemente, la 'cosa' a cui si era afferrato era precaria quanto lui e Yukito non poté far altro che precipitare tirandosi dietro quella che aveva sperato fosse la sua ancora di salvezza.
Rimase con gli occhi chiusi cercando di comprendere esattamente la dinamica degli eventi che lo avevano appena portato a giacere sul freddo pavimento della sezione di Sociologia con un peso non indifferente che gli gravava addosso.
Quando, infine, si decise a riaprirli venne totalmente rapito da due iridi lavanda ombreggiate da lunghe ciglia chiare che riflettevano la tenue luce elettrica della biblioteca facendola aumentare di milioni di volte e conferendo allo sguardo la stessa luminosità di una stella poco prima che imploda trasformandosi in un buco nero.
Sasa era talmente abbagliato da quella visione da provare dolore persino a respirare. Rimase completamente immobile mentre vedeva il volto dai lineamenti quasi angelici dell'altro avvicinarsi, le labbra rosse protendersi invitanti in una muta richiesta. Sentì i lunghi e morbidi capelli di Koji sfiorargli le gote e venne pervaso dal loro intenso profumo. Se ne riempì i polmoni temendo di non poter più vivere senza, come un uomo che stesse per affogare e che sa che la sua unica salvezza risiede nella riserva d'ossigeno che riuscirà ad inspirare.
"Chi sei tu?" riuscì a malapena a mormorare prima che la sua bocca venisse tacitata da due labbra fresche e possessive, che non chiedevano nessun permesso, ma che sapevano solamente pretendere. La lingua umida e vellutata che lo invase lo fece perdere definitivamente in un vortice di sensazioni che rischiavano di condurlo alla pazzia.
Si decise a rispondere a quel bacio violento e passionale che nulla aveva a che fare con la timidezza e la ritrosia tipica del primo bacio dato ad una bocca sconosciuta. Era come se loro non avessero altro nella loro vita, come se con quel gesto si fossero riconosciuti, un'agnizione a livello spirituale.
Un momento pieno di mistero e magia che venne interrotto bruscamente dal sopraggiungere di alcuni passi. Il ticchettio dei tacchi sulla superficie liscia del pavimento era ben udibile. Koji si staccò dal ragazzo completamente abbandonato sotto di lui e sollevò il viso nell'atteggiamento tipico degli animali in ascolto. Yukito respirava a fatica, totalmente dimentico di ciò che lo circondava, riuscendo solo a percepire il fastidio che l'improvvisa mancanza del sapore del suo compagno gli aveva procurato.
In un balzo Koji si tirò in piedi tirandosi dietro anche il moro, ancora perso nelle sue emozioni. In pochi passi raggiunse una specie di ripostiglio dove venivano tenuti i libri in restituzione da rimettere al loro posto. Rapidamente vi fece entrare Sasa facendogli appoggiare la schiena sulla porta in modo che questa si chiudesse.
Immediatamente fu di nuovo sulle sue labbra. Yukito gli cinse il collo con le braccia per portarselo più vicino. Le loro lingue si intrecciavano senza sosta mentre le mani di Koji avevano raggiunto il bordo del maglione del moro alzandoglielo e tirando via la camicia dai pantaloni. Freneticamente slacciarono la metà dei bottoni a partire dal basso e andarono alla scoperta di quella pelle bianca fino a raggiungere l'aureola più scura dei capezzoli che si inturgidirono istantaneamente.
Sasa si mordeva il labbro superiore nello sforzo di non far udire i suoi ansimi.
"Lascia che ti sentano, Yuki" gli disse Koji prima di leccargli l'orecchio "voglio sentirti!"
Il playmaker non si fece di certo pregare iniziando una lunga serie di mugolii che eccitarono maggiormente il compagno.
La mano calda di Ashton raggiunse l'apertura dei pantaloni di Sasa, slacciandogliela con torturante lentezza. Diede il via ad un nuovo bacio mozzafiato soffocando l'urlo di piacere del compagno quando gli afferrò la virilità semi-eretta. Cominciò a massaggiare quel punto così sensibile con mosse abili spostando la bocca sul collo dell'altro mordendolo, succhiandolo e leccandolo alternativamente.
Yukito era sconvolto ed eccitato, spaventato ed eccitato, esasperato ed eccitato, completamente perso in ciò che Koji gli stava facendo ed eccitato: in poche parole, non ci stava più capendo niente.
Si muoveva in sincronia con le mosse aggraziate dell'altro, gemendo senza freno e senza pudore. La lingua del mezzo-sangue che gli accarezzava l'orecchio lo stava facendo affondare in un abisso dal quale difficilmente avrebbe potuto - o voluto! - ritornare.
"Ti fai sbattere in questo modo da tutti quelli che dici di detestare?"
In meno di un secondo Yuki riacquistò piena coscienza di sé. Quelle parole, appena sussurrate, dette da Koji gli avevano fatto scattare un campanello d'allarme nel cervello.
Non poteva andare così, da quando in qua non era lui a condurre il gioco, di qualunque gioco si trattasse?
Raccolse le forze per scrollarsi via le mani di Ashton che fino a quel momento gli erano parse come il paradiso, ma che ora trovava imbarazzanti e invadenti. Riuscì a togliersi di dosso il ragazzo mandandolo a sbattere contro uno dei carrelli con sopra i libri che abbondavano nella stanza. Koji cercò di mantenere l'equilibrio fallendo miseramente e precipitando insieme ad un bel po' di volumi. Yukito si riassestò velocemente, richiudendosi i pantaloni e la camicia e andando di fronte al biondo, che era ancora per terra shockato dalla reazione inaspettata del bel giocatore di basket, si pulì la bocca con la manica del maglione fissandolo dritto negli occhi.
"Non credere che ti bastassero due moine per potermi avere. Sono una merce troppo preziose per te, se davvero mi vuoi dovrai darti molto più da fare. È stato divertente, ma ora devo andare".
Senza aggiungere altro il moro uscì dallo stanzino e percependo a malapena l'altro dirgli dietro un "lo vedremo".
Naturalmente, all'esterno Yukito Sasa sembrava tranquillo e padrone di sé come sempre. Ma la verità era che dentro stava ribollendo di rabbia.
Come aveva potuto lasciarsi trasportare in quel modo? Era ovvio che quello sbruffone di Ashton volesse tentare di umiliarlo in qualche modo e lui - imbecille che era! - gliene stava offrendo la possibilità su un piatto d'argento! Non si sarebbe mai perdonato per questo! E quel bastardo di un Gaijin, poi! Come osava trattarlo come una troietta qualunque? Come osava baciarlo e toccarlo in quella maniera? Anche se la sua forza, il suo calore e il suo sapore erano quanto di meglio potesse immaginarsi, non poteva comportarsi come su lui fosse stato un oggetto che gli apparteneva! E poi lui non aveva bisogno delle attenzioni di Ashton. Lui aveva già qualcuno che si sarebbe occupato del suo piacere. Era vero che, al momento, non era disponibile, ma presto, molto presto, sarebbe stato nuovamente suo. Appena Taz avesse cominciato ad allentare la continua vigilanza su di lui, Kane-chan sarebbe tornato tra le sue braccia. Era solo questione di tempo.
Sorrise in modo inquietante a quel pensiero. Continuò a sorridere durante il tragitto che lo riportò all'alloggio per i membri della Club di Basket. Sorrideva mentre entrava nella sala mensa dove gli altri suoi compagni erano già riuniti, sorrideva quando si sedette al suo posto vicino al suo insulso compagno di stanza e sorrideva ancora quando volse lo sguardo alla ricerca del fulcro dei suoi pensieri.
E, in quel momento, smise di sorridere.
L'attenzione di Kaneda era completamente rapita da Wakashimaru che si era lanciato in una dissertazione sull'influenza che aveva, ancora oggi, un testo immortale come 'On the road' di Jack Kerouac.
Era evidente che il ragazzo più piccolo non avesse la più pallida idea di ciò di cui stesse parlando il suo fidanzato, ma la cosa non sembrava importargli gran che. Bastava osservare l'espressione estatica che aveva nell'ammirare la passione con cui Tadashi si esprimeva su ciò che gli piaceva per capire che a Kaneda non serviva altro per essere felice. Dai suoi intensi occhi verdi traspariva un senso di appartenenza, perché finalmente aveva trovato qualcuno a cui appartenere e che gli appartenesse a sua volta.
Sasa realizzò in quel momento, come una pugnalata che gli trafisse il cuore, che niente e nessuno avrebbe potuto scalfire quell'unione. Era troppo giusta, troppo ben assemblata, troppo forte persino per lui! E poi, Kaneda non lo aveva mai guardato in quel modo, mai! Neppure nei brevi momenti in cui, come un'alta concessione, gli dava ciò che gli chiedeva, che fosse un sorriso o un gesto d'affetto. Mai nei suoi occhi aveva visto quella stessa luce che vi si poteva leggervi ora.
Aveva perso. Irrimediabilmente e indiscutibilmente perso.
Qualunque cosa fosse successa, da quel momento in avanti non avrebbe più fatto parte della vita di Satori. Per lui non era niente di più che un brutto ricordo, una presenza scomoda a malapena sopportabile, un moscerino fastidioso da schiacciare con un giornale arrotolato.
Con un gesto secco Yukito scostò la sedia dal tavolo e si alzò.
"Sasa, dove vai? Non hai ancora toccato il cibo che hai nel piatto".
Il moro si girò stizzito verso l'inopportuno rompiscatole di turno. Nanny lo stava guardando con aria leggermente preoccupata.
"Scusa Notoori-sempai, ma mi sono appena ricordato che non ho ancora terminato la relazione per il corso di Sociologia che devo consegnare entro domani. Se non la finisco subito rischio di dover saltare gli allenamenti per non rimanere indietro".
Stava già per andarsene il più rapidamente possibile da quella stanza che cominciava a fargli sentire un senso di forte oppressione al petto, quando venne di nuovo raggiunto dalla dolce voce del responsabile degli alloggi.
"Sei sicuro di stare bene? Mi sembri molto pallido, non starai abusando un po' troppo delle tue forze?"
"Sto benissimo, sempai. Grazie comunque dell'interessamento".
Sasa uscì dirigendosi verso la scala che portava ai piani superiori.
I ragazzi che avevano assistito alla scena si guardarono un attimo perplessi per poi dimenticarsi istantaneamente dell'accaduto e tornare alle loro discussioni.
"Sei una persona davvero speciale, sempai".
"Come?"
Nanny si ritrovò davanti a due occhi grigi dall'espressione molto vaga.
"Nanase, da quanto tempo è che ti sei spostato a sederti vicino a me?"
"Veramente sono qui fin dall'inizio del pranzo".
"Ah, davvero? Non me ne sono accorto, perdonami".
Il povero Hideki era visibilmente imbarazzato. Non gli era mai capitato prima d'ora che qualcuno che gli stesse vicino gli passasse inosservata.
"Oh, non ti crucciare per questo, sempai. Mi capita spesso di non essere notato dagli altri".
Makoto gli sorrise mettendosi a giocare con una ciocca dei capelli mechati.
"Comunque dicevo che sei una persona speciale perché riesci a preoccuparti anche di chi non è all'apice delle tue simpatie".
"Ti stai riferendo a Sasa?"
Makoto annuì con lo sguardo perso nel vuoto.
"Lo sanno tutti quello che è successo tra Sasa e Satori ed è altrettanto noto che tu abbia cercato di difendere Wakashimaru quando c'è stata quella brutta storia del rapimento del nostro playmaker. Eppure sei sempre così buono e gentile con tutti!"
"Vedi Nanase, nonostante ciò che Sasa ha fatto non è stato espulso dall'università ed è rimasto a far parte della nostra squadra. È mio compito prendermi cura di tutti i ragazzi che abitano qui dentro, nessuno escluso e al di là delle mie preferenze personali".
Makoto rimase qualche secondo ancora fissando un punto imprecisato, poi alzò gli occhi su Hideki e sorrise.
"Quando mi sono iscritto a questo Campus non speravo di poter trovare qualcuno meraviglioso come te".
Nanny arrossì violentemente e si passò una mano dietro la nuca in atteggiamento imbarazzato.
"Bè, ti ringrazio, ma non penso di meritare le tue lodi. Ora scusami, ma devo proprio andare".
Il ragazzo più grande si precipitò fuori dalla stanza in quella che assomigliava molto ad una fuga.
Makoto non sembrò accorgersi dello strano comportamento del suo sempai e rimase con gli occhi spenti a fissare la sedia su cui, fino a un attimo prima, stava seduto.
Poco dopo, terminato il pranzo, si alzarono tutti. La maggior parte degli atleti si diresse fuori dalla casa diretti alle lezioni pomeridiane, mentre alcuni preferirono dirigersi nelle proprie stanze per uno studio più individuale.
Mitsui si fermò che ormai era già sulla soglia.
"Che stupido, ho lasciato il maglione in sala mensa!"
Sendoh si voltò a guardarlo con un sorriso.
"Un giorno o l'altro dimenticherai anche la testa da qualche parte".
"Esagerato! Non sono così distratto come dici".
"No, certo che no! A parte il fatto che, se non ci fossi io, avresti già dovuto ricomprarti il cellulare almeno cinque volte quest'anno, direi che non sei per niente distratto".
Il tono ironico di Akira fece arrossire Hisashi che evitò di rispondergli e tornò indietro a recuperare l'indumento perduto.
La porta della mensa era socchiusa. Hisashi vi gettò un'occhiata distratta, convinto che, oramai, dovesse essere deserta. Per cui si sorprese quando dentro vide la figura di Makoto Nanase che stava in piedi di fronte al posto che aveva occupato Nanny. Con la mano destra stava accarezzando il tovagliolo di Notoori. Lo prese tra le dita e se lo accostò alle labbra, premendoselo contro mentre chiudeva gli occhi con espressione rapita. I suoi occhi grigi, di solito così vacui, erano ora ricolmi di una luce molto intensa, ma difficilmente definibile. Rimase in quella posizione pochi secondi, poi riposò il tovagliolo e sembrò volersi allontanare. D'un tratto si fermò, esitando. Tornò indietro e raccolse dal piatto accanto al tovagliolo uno di quegli stecchi che avevano usato per gli spiedini. Se lo rigirò un po' tra le mani e infine se lo nascose in tasca.
A questo punto Mitsui spalancò del tutto la porta, palesando la propria presenza.
Nanase non lo guardò neppure. Con la sua andatura molle ed elegante uscì dalla stanza senza neanche dar segno di essersi accorto di Hisashi.
La seconda guardia si sbrigò a recuperare il proprio maglione e tornò di corsa all'entrata dove lo aspettavano Akira e Tadashi.
"Finalmente, credevo ci avessi messo radici là dentro! Ma che ti prende Hisa-chan? Hai un'espressione talmente corrucciata! È successo qualcosa?"
Sendoh guardava con aria apprensiva il suo ragazzo e Wakashimaru sollevò un sopracciglio incrociando le braccia sul petto.
"A me sembra la sua solita faccia da cretino".
"Non ho niente, non ti preoccupare. Quando avremo un po' di calma ne parliamo".
Akira si limitò a sorridere e ad annuire.
"Per quanto riguarda te, beota che non sei altro, prima di giudicare sarebbe meglio che ti guardassi allo specchio. Con quei capelli tutti spettinati in testa sembri un puntaspilli!"
"Che hai detto, razza di mentecatto? Prova a ripeterlo, se ne hai il coraggio!"
"Puntaspilli, puntaspilli e puntaspilli!"
"Su, su, ragazzi calmatevi!"
Il sorriso di Sendoh era leggermente incrinato rispetto al solito. Ormai lui, come tutti gli altri, non ne poteva più delle continue discussioni che finivano in pseudo-risse di quei due. E pensare che, se ce ne fosse stato bisogno, sarebbero stati disposti a dare la vita l'uno per l'altro! Ma ovviamente entrambi lo avrebbero negato fino allo sfinimento.
Mentre ormai il duello verbale si era già portato su un piano fisico, un altro gruppetto di tre ragazzi chiacchierava pacificamente davanti alla casa del Club di Basket.
Shiro, come ogni volta che avevano lezioni in comune, era passato a prendere Kaneda per fare la strada che portava all'edificio dell'Accademia (cori, cori, cori NdMiguel_Bosé non QUELL'Accademia! NdYu_esasperata) insieme. Subito dopo essersi salutati, i due compagni furono raggiunti da Noda.
"Ehilà! Tu sei Iida, giusto?"
Shiro, accorgendosi che il ragazzo si stava rivolgendo proprio a lui, divenne rosso fin sulla punta delle orecchie e biascicò qualcosa che assomigliava ad un "sì".
"Ah, perfetto! Spero che tu stia bene e che non ci siano stante conseguenze a causa dello spintone che ti ho dato quella volta".
"Io... io sto bene, grazie" rispose il giovane tenendo gli occhi a terra e cercando di nascondersi più che poteva dietro a Kaneda.
"Iida, perché non ti decidi a comportarti un po' più da adulto? Guarda che il vice-capitano sarà anche brutto, ma di certo non ti morde!"
Noda stava già per protestare contro l'impertinenza di Satori quando venne interrotto da una timida voce.
"N-non dire così, il sempai non è per niente brutto!"
Kaneda sogghignò cercando di far staccare dalla sua schiena il compagno di corsi, ma ottenne ben miseri risultati.
"Ah, bè... ti ringrazio molto Iida!"
Noda sorrise in direzione del ragazzo più piccolo e questi divenne ancora più rosso e cercò di eclissarsi ulteriormente usando Kaneda come scudo.
Il vice-capitano rimase un po' interdetto non sapendo cosa aggiungere, vista la reazione di Shiro.
"Ehm... quindi... state andando a lezione?" chiese infine massaggiandosi il mento velato dal pizzetto.
"Già, ci aspetta lezione con Codino!"
"Satori, non dirmi che affibbi soprannomi assurdi anche ai tuoi professori!"
"Non chiamarlo così! Il professor Chigusa è il miglior insegnante che abbiamo e merita tutto il nostro rispetto!"
Shiro era rispuntato fuori del suo nascondiglio e affrontava Kaneda con i pugni stretti lungo i fianchi.
"E dai, Iida! Lo sai che anch'io lo rispetto molto, rilassati un po'! Quando si parla di lui ti agiti subito".
"N-non è vero, io non mi agito".
Shiro divenne nuovamente di brace, ma questa volta rimase fermo dov'era.
"Quindi hai una gran considerazione per il professor Chigusa, giusto?"
Noda era rimasto molto colpito dalla reazione del brunetto, pensava fosse un ragazzino timido e impacciato, ma, a quanto pareva, quando voleva sapeva anche farsi le sue ragioni.
"Oh sì! Lui è davvero un grande artista! Siamo molto fortunati che abbia deciso di venire ad insegnare proprio all'Università S, ha ricevuto offerte da ogni parte del mondo! È una persona straordinaria, riesce a mettere a nudo l'animo artistico di chiunque. In questi giorni, per esempio, ci ha assegnato un lavoro molto interessante: il ritratto di un volto a nostra scelta. Spero di riuscire un lavoro decente e di non sfigurare troppo rispetto agli altri".
Kaneda era a bocca aperta. Non aveva mai visto Iida infervorarsi tanto, né parlare tanto con un estraneo! Sospettò che gli alieni lo avessero clonato per poter portare il vero Shiro sul loro pianeta e studiarlo.
Iida aveva perso quel rossore esagerato che lo contraddistingueva. Solo le guance erano rimaste lievemente imporporate dando più luminosità al suo incarnato delicato. Lo sguardo nocciola era illuminato da una vivacità e un'intelligenza che raramente aveva notato in altre persone. Era davvero il suo impacciato e timido amico quello?
Noda ascoltò con aria seria tutto il discorso dell'altro e alla fine gli sorrise dolcemente.
"Ho avuto ragione la prima volta che ti ho visto. Hai degli occhi davvero belli!"
Shiro si ammutolì all'istante raggiungendo una tonalità melanzana che fece sì che Satori dentro di sé si domandasse se rischiava di avere un infarto.
"G-grazie... o-ora dobbiamo a-andare o faremo tardi..."
Il brunetto afferrò Kaneda per un braccio e cominciò a trascinarselo via correndo più che poteva. Ad un certo punto si fermò di colpo facendo sì che Kaneda gli venisse addosso, si voltò di scatto e s'inchinò in direzione di Noda che era rimasto a guardarli sorridendo e ricambiò il saluto agitando una mano. Dopodiché, Iida riprese a correre, sempre col povero Satori dietro.

FINE CAPITOLO III





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