Il
rumore della colpadi Sei-chan
Sommo Nataku
Da quanto tempo mi ostino a
venire qui, ogni anno
qui dove voi vi rifugiavate
davanti a questo spettacolo che non riesco a decifrare
che aveva senso per voi solo.
Sommo Nataku
Vorrei
una volta sola
che voi tornaste qui, come vi torno io
oppure
vorrei seguirvi
seguirvi nel mondo che vi siete
scelto per non soffrire della vostra colpa, sommo Nataku
ma so
so che la mia colpa non verrà mai meno
e che non vi incontrerò mai annullando me stesso
perché se così potesse essere, sommo Nataku
sarei
già con voi da tempo.
[ - Sommo Nataku! Sommo Nataku!
Dove vi siete cacciato? Per favore, venite fuori! Per lamore
del cielo!-
Shien sorrise, passando accanto
al servitore con aria casuale.
- Sommo Shien! Avete visto per
caso il principe Nataku da queste parti? È
è
sparito di nuovo!-
- Sbaglio, o è compito tuo
sorvegliarlo?-
- Sì, sommo Shien, ma
-
- Da quel che ho sentito, il
sommo Nataku sfugge al tuo controllo con estrema
facilità, non trovi?-
- Ehm
ecco, credo di averlo
visto laggiù
-
Il servitore si dileguò con la
coda fra le gambe e un diavolo per capello. Shien sorrise
di nuovo, si guardo bene intorno e aprì una porta
laterale.
- Sommo Nataku! Potere uscire, se
ne è andato!-
Nataku uscì guardandosi attorno.
- Forte! Sei grande, Shien!- lo
salutò fuggendo via dalla parte opposta a quella del
servitore. Shien lo guardò andare via e provò una fitta
al cuore, ormai tanto familiare da essergli addirittura
cara.]
Sommo Nataku
Se allora avessi saputo quello
che stava per succedervi, io
io
Neanche io so definire che cosa
provo, adesso. Ah
sono passati svariati secoli,
sommo Nataku
e non riesco ancora a comprendere. Se
io
cinquecento anni fa
fossi stato là
vicino a voi
[Nataku gli passò accanto senza
guardarlo. Era arrabbiato, o nervoso. Ritouten gli
camminava dietro, a testa alta, ma Shien lo guardò con
disprezzo. Quelluomo non riusciva proprio a
suscitare la sua stima. Usava suo figlio
come
Lo sapeva, Nataku, come lo
chiamavano tutti. La Bambola Assassina. Non si guardava
attorno, quando scendeva sul mondo terrestre. Sterminava
i demoni che terrorizzavano gli esseri umani e faceva
ritorno, tutto qui.
E Shien lo guardava. Sempre. Lo
guardava
mentre combinava le sue marachelle,
scherzi a volte anche crudeli, troppo cupi per un bambino
della sua età, e guardava i suoi occhi, che non
sorridevano mai, a nessuno di quelli che gli stavano
vicino. Suo padre, i servitori, i soldati
ma una
volta aveva sorriso a lui. Una volta sola. E quellimmagine
gli era così cara che non lavrebbe dimenticata
neanche se gli avessero strappato il cuore dal petto.
- Che coshai, Shien?-
- Eh? Hai
detto qualcosa,
Zenon?-
- Sì, ti ho chiesto che coshai.
Sei strano. Cè qualcosa che non va?-
- No, non cè niente che
non va
proprio niente, ti sbagli- disse Shien,
senza staccare gli occhi dalla figura di Nataku che
incedeva, imbronciato e svelto, davanti a suo padre verso
le stanze dellimperatore celeste. Zenon seguì il
suo sguardo.
- Certo, ora capisco. Non cè
niente che non va, proprio niente- disse in tono
canzonatorio. Shien non lo udì nemmeno.
- Shien, nascondimi!- gridò
Nataku correndo verso di lui. Aveva fra le braccia un
enorme cestino colmo di dolci e di pasticcini, le guance
arrossate e una luce infantile negli occhi.
- Qui. Presto!- Shien non perse
tempo, lo afferrò per la collottola e lo gettò dentro
la porta da cui era appena uscito. La richiuse bene,
attese che i servitori arrivassero di corsa dallimboccatura
del corridoio e infilò la chiave nella porta con un
gesto molto enfatico.
- Sommo Shien!-
Shien alzò lo sguardo, e uno dei
servitori, quello che gli era capitato di rimproverare,
spalancò gli occhi e si nascose dietro agli altri.
- Che cè?- sorrise Shien,
noncurante, dando un altro paio di mandate teatrali alla
porta.
- Avete visto passare il principe
Nataku?-
- Vi è sfuggito unaltra
volta?- Shien, per una volta, faticava a rimanere serio
mentre si rimetteva la chiave in tasca. - Comunque sì, lho
visto
è arrivato qui, ma appena mi ha scorto ha
cambiato strada. È uscito verso il giardino dinverno,
laggiù. Se correte, potete ancora raggiungerlo.
- Vi ringrazio, sommo Shien!-
dissero i servitori, inchinandosi. Shien rispose al
saluto, e fece per allontanarsi con calma. Appena i
servitori se ne furono andati, corse a chiamarne un altro
e poi tornò a riaprire la stanza che aveva chiuso.
Nataku era seduto su un divano, i
dolci appoggiati vicino a sé, intento a mangiarne uno.
Shien sorrise.
- Se ne sono andati?- chiese con
la bocca piena.
Shien annuì. - Li ho spediti
alle serre, ci metteranno una vita a scoprire che non
siete lì-.
- Forte- disse Nataku. - Ne vuoi
uno? Sono con la marmellata di azuki
-
In quel momento udirono bussare.
Shien aprì appena un po la porta, ringraziò e
congedò il servitore. Rientrò portando un vassoio con
una teiera e due tazze. Le appoggiò al tavolino e
sorrise di nuovo a Nataku.
- Ho pensato che vi avrebbe fatto
piacere del tè-.
Nataku sgranò gli occhi. -
Forte!!!!- ripeté entusiasta.
Il principe della guerra rimase
con lui per tutto il pomeriggio. Shien si stupì più di
una volta di quanto fossero infantili le sue chiacchiere,
prima di ricordarsi che lui, in effetti, era solo un
bambino. Ma per la prima volta, forse, vedeva quegli
occhioni sgranati e brillanti, le sue mani muoversi in
modo naturale, non più strette a pugno, rigide, come
quando camminava, il viso disteso e sorridente. Sì, i
sorrisi
Nataku gliene rivolse moltissimi, in quelle
ore, e il suo cuore minacciò di scoppiargli più di una
volta nel petto.
- Sommo Nataku
- disse
controvoglia, parecchie ore dopo, alzandosi e guardando
dalla finestra. - Si è fatto buio
credo sia il
caso che torniate, ormai
saranno impazziti a
cercarvi-.
Nataku storse la bocca. - Che
vuoi che me ne importi!-
- Non voglio che vi sgridino a
causa mia
- mormorò Shien.
- Ma oggi mi sono divertito!-
disse Nataku con lo sguardo felice. Anche Shien sorrise.
- Allora vi prego di venire qui
quando desiderate nascondervi di nuovo. Tenete. Vi sono
due chiavi, e sono entrambe in mio possesso. Prendetene
una-.
Nataku esultò e prese la chiave
dalle sue dita. - Shien, sei grande!- disse spalancando
gli occhi, lo salutò e scappò via.
Shien sedette di nuovo sul
divano, dove aveva posato la testa Nataku. Chiuse gli
occhi e sorrise tanto stupidamente come non laveva
mai fatto in vita sua.]
Sommo Nataku
Mio sommo Nataku
Vorrei avervi chiamato così
almeno una volta
vorrei
che non aveste deciso
di restare un bambino per sempre
che non foste
fuggito via così. Vorrei
che voi foste diventato
grande. Io
vi avrei aspettato. Dovunque foste
andato, io
vi avrei seguito. Ma
avete scelto
di nascondervi dal vostro senso di colpa
perché?
Perché, sommo Nataku
perché non mi avete permesso
di consolarvi?
[- Principe Nataku, siete stato
eccezionale. Torniamo nel mondo celeste?-
- Per ora lasciami solo-.
- Come?-
- Sì, hai capito bene. Ti ho
detto di andartene. Voglio stare per conto mio-.
Shien abbassò la testa in un
cenno di assenso e si allontanò. Scomparve con unespressione
triste e ritornò nel mondo celeste da solo.
Sedette nella loro stanza
privata, come la chiamava Nataku, e si prese il
viso tra le mani. Pensò a qualcosa che poteva fare per
far tornare il sorriso al piccolo dio, quando fosse
riapparso nel mondo celeste.
Sentì bussare, e pensò che
fosse lui. Invece era Zenon.
- Ehilà, Shien! Sei appena
tornato? Ti ho visto venire qui
ultimamente
sparisci spesso dentro questa stanza
-
- Hai bisogno di qualcosa,
Zenon?- chiese Shien con gentilezza, ma in realtà non
aveva voglia di parlare con nessuno.
- No, no, volevo solo fare due
chiacchiere. Pare che tu non sia solo quanto ti chiudi
qui dentro. Per fortuna i servitori sono abbastanza
stupidi da non accorgersene-.
- Che cosa intendi dire?!-
- Calma, calma, non arrabbiarti!
Non intendevo proprio niente. Volevo solo dire che
ultimamente anche il principe Nataku si nasconde qui con
te-.
- E allora?-
Zenon distolse lo sguardo e fece
vagare gli occhi fino alla finestra.
- Niente
non volevo dirti
niente di particolare. Però... ti ho visto, come lo
guardi. È
è un modo strano-.
- Strano?- ripeté Shien con quel
suo tono gentile, che non si capiva se fosse serio o
scherzasse, o fosse adirato.
- Lo sai anche tu
lui è
la bambola assassina. E obbedisce a Ritouten. Ed è il
dio della guerra, non dimenticarlo-.
- È un bambino-.
- Lo so- disse Zenon accigliato.
- È un bambino, e il figlio di Ritouten, e il dio della
guerra, e
un essere impuro-.
Shien tacque.
- Lo sai che cosa
succede a
chi si lega ad un essere impuro?- chiese Zenon,
scegliendo con cura le parole. Shien arrossì e batté le
mani sul tavolo.
- È un bambino, Zenon!
Cosa credi
cosa credi che
- balbettò, ed era
forse la prima volta che Zenon lo sentiva incespicare
nelle parole.
- Non credo nulla, Shien! Anzi
credo che tu non permetteresti mai che succeda nulla,
almeno ora
non te lo permetteresti mai, ma
-
- Ma?-
- Come hai detto tu, lui
è
un bambino. E
lo sai anche tu
gli dei della
guerra hanno vita breve-.
Shien strinse il pugno. - Non mimporta-
disse fremendo. Ma un attimo dopo tornò calmo come al
solito. - Io farò solo il mio dovere-. Si avvicinò alla
finestra guardando lontano, e non vide Zenon sorridere
con affetto nel guardarlo.
In quel momento la porta si
aprì. Nataku, trafelato e ferito, piombò nella stanza.
Zenon saltò in piedi dallo spavento; Nataku lo vide e si
bloccò, guardando lui e poi Shien, poi di nuovo Zenon.
- Sommo Nataku!- esclamò Shien
correndogli incontro. Nataku era rigido, e Zenon capì.
- Io me ne vado. Arrivederci,
Shien, sommo Nataku
- sorrise e salutò con due
dita, uscendo. Nataku si lasciò andare e Shien lo prese
tra le braccia, posandolo sul divano.
- Chi
chi era quello?-
- Non preoccupatevi, sommo
Nataku, è una persona fidata. Non dirà nulla a nessuno,
ve lo assicuro-.
Nataku sospirò pesantemente,
chiudendo gli occhi. Shien chiuse la porta a chiave e
prese loccorrente per medicarlo. Era evidente che
era sfuggito di nuovo a tutti i suoi badanti ed era
scappato a rifugiarsi lì.
- Sommo Nataku
- gli disse
dolcemente, mentre lo medicava, per tranquillizzarlo. -
Sareste dovuto rimanere e farvi curare da
-
- Shien
non voglio.
Lasciami rimanere qui- disse Nataku con voce velata. Era
stanco, e dolorante. Le ferite non erano gravi, ma
dovevano fargli male, e poi
era pallido. Molto più
pallido del solito. Shien tentò debolmente di
convincerlo a tornare nei suoi alloggi, poi lo lasciò
tranquillo. Adagiò una coperta sopra di lui e sedette
sulla poltrona, accanto a lui. Nataku aveva rifiutato
cibo e bevande, e si muoveva piano cercando di trovare la
posizione giusta. Le voci concitate che arrivavano a
tratti dallesterno chiamando il suo nome lo
facevano sussultare, specialmente quando gli sembravano
farsi troppo vicine.
- Principe Nataku
non
preoccupatevi, dormite. Farò io la guardia- disse Shien
sorridendo. Chiuse la porta a chiave e spense la luce. Si
avvicinò a tentoni al divano e sfiorò senza toccarlo il
viso di Nataku. - State tranquillo. Riposate-.
- Sì
- mormorò il bambino,
e finalmente si addormentò. Shien accese una piccola
candela e lavvicinò a Nataku. Sì, ora dormiva. Lo
guardò; vide la sua espressione triste e corrucciata
anche nel sonno, e si domandò se fosse sempre così
anche quando dormiva. Se non abbandonasse mai il suo
ruolo e le sue responsabilità neanche nel sonno
]
Sommo Nataku
Ricordo che cosa mi diceste,
quando vi svegliai quella mattina
Sono nato per uccidere.
Anche se morissi, nessuno piangerebbe per me.
Non ebbi il coraggio di dirvi che
io avrei pianto, avrei pianto tutte le lacrime del cielo
se voi foste morto
odiavo colui che vi usava per i
propri oscuri fini, e nel contempo vi gettava nella
disperazione più nera costringendovi a seguire ordini
che detestavate, sommo Nataku.
Ricordo
mi fu fatto
osservare che legarsi ad un essere impuro è pericoloso
e ora sono legato per la vita al principe Homura, linvincibile
Homura
nulla ho perduto legandomi ad un tale essere
impuro
poiché la sua impurità era solo negli
occhi di chi lo disprezzava.
Mio sommo Nataku
agli dei
è proibito uccidere. Io e i miei compagni abbiamo
ucciso, e non una volta sola. Principe Nataku
vi è
un orribile piacere nelluccidere. E gli dei, come
tutti gli esseri inetti e ipocriti, lo temono. Temono il
piacere che può venire dalluccidere un altro
essere, temono il piacere che deriva dal dominare la vita
di un altro essere
di abbatterlo con la propria
forza, la propria abilità, la propria astuzia
e
nella loro esistenza impaurita hanno bandito il piacere.
Ogni forma di piacere che viene da un altro essere
la morte
solo gli esseri impuri nel mondo celeste
possono uccidere. E per essi è solo un ordine, solo un
compito da eseguire
come lo era per voi, sommo
Nataku. La crudeltà che eravate costretto a dimostrare
contro i demoni
cancellava ogni forma di piacere
che altrimenti avreste potuto provare. E vi fece crollare
sotto un castello di sensi di colpa, sommo Nataku
Vi lasciai solo. Sebbene
detestassi vostro padre
obbedii al suo ordine. Vi
lasciai combattere Gyumao da solo. Ignorai due voci, quel
giorno, quella dei miei soldati che vi amavano e quella
del mio cuore
anchesso vi amava. I miei
soldati non avrebbero dovuto macchiarsi le mani di
sangue, ma io
io avrei dovuto raggiungervi, e
macchiare anche me dello stesso sangue che macchiava le
vostre mani. Per voi
avrei perso volentieri ogni
prerogativa divina. Avrei dovuto dirvi che la vostra vita
era importante per me! Che la vostra morte per me avrebbe
fatto differenza!
E invece vi lasciai solo, sommo
Nataku. Lasciai che il vostro corpo venisse sfregiato e
lacerato, lasciai che il vostro ritorno fosse silenzioso
e mesto.
E voi
ferito e sofferente
camminaste da solo
io che avrei voluto prendervi
fra le braccia e stringervi, e
baciarvi, sì, avrei
voluto baciarvi la fronte e dirvi che andava tutto bene e
che potevate riposarvi, che avrei pensato io a voi
voi
crollaste fra le braccia di un altro. Fra le
braccia del bambino di Konzen Douji, e allora capii. Son
Goku era vostro amico, mentre io non lo ero.
Vi trovai nella stanza privata,
abbandonato sul divano, da solo, ansimante. Eravate
ancora sanguinante, principe Nataku! Avrei dovuto
dirvelo. Dirvi che la vostra esistenza per me era
importante, ma il senso di colpa mi schiacciava. Ogni
ferita che le mie mani pulivano e fasciavano, quel
giorno, era una ferita che io stesso vi avevo inferto, e
non riuscii ad invocare il vostro perdono
non
riuscii a dirvi nulla.
Fui io che vi riportai a vostro
padre. Ormai dovevo allontanarmi da voi. Non mi sarei mai
perdonato, e non avrei mai preteso che voi lo faceste.
Non avrei più dovuto permettermi di toccarvi e sfiorarvi
come avevo fatto finora.
Vi avevo tradito.
[ - Shien, io gli ho promesso che
non appena la mia ferita fosse guarita gli avrei fatto da
guida nel mondo celeste-
- Scusate, principe Nataku, a chi
vi state riferendo?-
- Non conosco il suo nome,
perché lui mi ha detto di non averne uno-.
Shien chiuse gli occhi, e una
fitta di gelosia gli ferì profondamente il petto.]
Sommo Nataku
Mio Nataku
mio principe
Nataku
Ora imploro il vostro perdono.
Desidero che voi mi perdoniate
desidero cancellare
lumiliazione di non esservi stato vicino allora, il
senso di colpa che mi lacera
per avervi permesso di
combattere da solo.
Per avervi permesso di combattere
da solo. Per avervi permesso di vivere da solo. Per
avervi permesso
di abbandonare da solo la vostra
coscienza. Per avervi lasciato andare da solo là dove il
vostro dolore non può raggiungervi.
Non ho lacrime, principe Nataku.
Ma
perché
perché non avete atteso
perché non mi avete atteso
io
avrei preso
sulle mie spalle ogni vostra sofferenza. Io
avrei
asciugato ogni vostra lacrima. Io
avrei atteso solo
un vostro cenno. Avrei gettato alle mie spalle la mia
divinità, la mia carica, tutto
attendevo solo...
che voi cresceste. Io vi avrei detto che non esisteva
più la bambola assassina, non per me
e avrei preso
su di me ogni colpa e ogni dolore per tutto il tempo che
voi avreste desiderato.
Mio Nataku
chiudo gli occhi
e li riapro su questo paesaggio che voi amavate tanto.
Vorrei capire anche io. Vorrei
sentire quello che
sentivate voi, ma non ci riesco. Questa è la prova
è la prova che non ero degno di assistervi, che non lo
sono tuttora. Che non ero, né sono, degno della vostra
amicizia
e del vostro perdono, eppure... ogni volta
torno qui, con la segreta speranza che finalmente
e
me ne vado con la consapevolezza che la mia colpa non
verrà mai meno.
Ma
sommo Nataku
vorrei che accadesse, perché
Sommo Nataku, da cinquecento
anni...
Io vi amo.
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