Il rumore della colpa

di Sei-chan

 

Sommo Nataku…

Da quanto tempo mi ostino a venire qui, ogni anno… qui dove voi vi rifugiavate… davanti a questo spettacolo che non riesco a decifrare… che aveva senso per voi solo.

Sommo Nataku…

Vorrei… una volta sola… che voi tornaste qui, come vi torno io… oppure vorrei seguirvi… seguirvi nel mondo che vi siete scelto per non soffrire della vostra colpa, sommo Nataku… ma so… so che la mia colpa non verrà mai meno… e che non vi incontrerò mai annullando me stesso… perché se così potesse essere, sommo Nataku… sarei già con voi da tempo.

 

[ - Sommo Nataku! Sommo Nataku! Dove vi siete cacciato? Per favore, venite fuori! Per l’amore del cielo!-

Shien sorrise, passando accanto al servitore con aria casuale.

- Sommo Shien! Avete visto per caso il principe Nataku da queste parti? È… è sparito di nuovo!-

- Sbaglio, o è compito tuo sorvegliarlo?-

- Sì, sommo Shien, ma…-

- Da quel che ho sentito, il sommo Nataku sfugge al tuo controllo con estrema facilità, non trovi?-

- Ehm… ecco, credo di averlo visto laggiù…-

Il servitore si dileguò con la coda fra le gambe e un diavolo per capello. Shien sorrise di nuovo, si guardo bene intorno e aprì una porta laterale.

- Sommo Nataku! Potere uscire, se ne è andato!-

Nataku uscì guardandosi attorno.

- Forte! Sei grande, Shien!- lo salutò fuggendo via dalla parte opposta a quella del servitore. Shien lo guardò andare via e provò una fitta al cuore, ormai tanto familiare da essergli addirittura cara.]

 

Sommo Nataku…

Se allora avessi saputo quello che stava per succedervi, io… io…

Neanche io so definire che cosa provo, adesso. Ah… sono passati svariati secoli, sommo Nataku… e non riesco ancora a comprendere. Se io… cinquecento anni fa… fossi stato là… vicino a voi…

 

[Nataku gli passò accanto senza guardarlo. Era arrabbiato, o nervoso. Ritouten gli camminava dietro, a testa alta, ma Shien lo guardò con disprezzo. Quell’uomo non riusciva proprio a suscitare la sua stima. Usava suo figlio… come…

Lo sapeva, Nataku, come lo chiamavano tutti. La Bambola Assassina. Non si guardava attorno, quando scendeva sul mondo terrestre. Sterminava i demoni che terrorizzavano gli esseri umani e faceva ritorno, tutto qui.

E Shien lo guardava. Sempre. Lo guardava… mentre combinava le sue marachelle, scherzi a volte anche crudeli, troppo cupi per un bambino della sua età, e guardava i suoi occhi, che non sorridevano mai, a nessuno di quelli che gli stavano vicino. Suo padre, i servitori, i soldati… ma una volta aveva sorriso a lui. Una volta sola. E quell’immagine gli era così cara che non l’avrebbe dimenticata neanche se gli avessero strappato il cuore dal petto.

 

- Che cos’hai, Shien?-

- Eh? Hai… detto qualcosa, Zenon?-

- Sì, ti ho chiesto che cos’hai. Sei strano. C’è qualcosa che non va?-

- No, non c’è niente che non va… proprio niente, ti sbagli- disse Shien, senza staccare gli occhi dalla figura di Nataku che incedeva, imbronciato e svelto, davanti a suo padre verso le stanze dell’imperatore celeste. Zenon seguì il suo sguardo.

- Certo, ora capisco. Non c’è niente che non va, proprio niente- disse in tono canzonatorio. Shien non lo udì nemmeno.

 

- Shien, nascondimi!- gridò Nataku correndo verso di lui. Aveva fra le braccia un enorme cestino colmo di dolci e di pasticcini, le guance arrossate e una luce infantile negli occhi.

- Qui. Presto!- Shien non perse tempo, lo afferrò per la collottola e lo gettò dentro la porta da cui era appena uscito. La richiuse bene, attese che i servitori arrivassero di corsa dall’imboccatura del corridoio e infilò la chiave nella porta con un gesto molto enfatico.

- Sommo Shien!-

Shien alzò lo sguardo, e uno dei servitori, quello che gli era capitato di rimproverare, spalancò gli occhi e si nascose dietro agli altri.

- Che c’è?- sorrise Shien, noncurante, dando un altro paio di mandate teatrali alla porta.

- Avete visto passare il principe Nataku?-

- Vi è sfuggito un’altra volta?- Shien, per una volta, faticava a rimanere serio mentre si rimetteva la chiave in tasca. - Comunque sì, l’ho visto… è arrivato qui, ma appena mi ha scorto ha cambiato strada. È uscito verso il giardino d’inverno, laggiù. Se correte, potete ancora raggiungerlo.

- Vi ringrazio, sommo Shien!- dissero i servitori, inchinandosi. Shien rispose al saluto, e fece per allontanarsi con calma. Appena i servitori se ne furono andati, corse a chiamarne un altro e poi tornò a riaprire la stanza che aveva chiuso.

Nataku era seduto su un divano, i dolci appoggiati vicino a sé, intento a mangiarne uno. Shien sorrise.

- Se ne sono andati?- chiese con la bocca piena.

Shien annuì. - Li ho spediti alle serre, ci metteranno una vita a scoprire che non siete lì-.

- Forte- disse Nataku. - Ne vuoi uno? Sono con la marmellata di azuki…-

In quel momento udirono bussare. Shien aprì appena un po’ la porta, ringraziò e congedò il servitore. Rientrò portando un vassoio con una teiera e due tazze. Le appoggiò al tavolino e sorrise di nuovo a Nataku.

- Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere del tè-.

Nataku sgranò gli occhi. - Forte!!!!- ripeté entusiasta.

Il principe della guerra rimase con lui per tutto il pomeriggio. Shien si stupì più di una volta di quanto fossero infantili le sue chiacchiere, prima di ricordarsi che lui, in effetti, era solo un bambino. Ma per la prima volta, forse, vedeva quegli occhioni sgranati e brillanti, le sue mani muoversi in modo naturale, non più strette a pugno, rigide, come quando camminava, il viso disteso e sorridente. Sì, i sorrisi… Nataku gliene rivolse moltissimi, in quelle ore, e il suo cuore minacciò di scoppiargli più di una volta nel petto.

- Sommo Nataku…- disse controvoglia, parecchie ore dopo, alzandosi e guardando dalla finestra. - Si è fatto buio… credo sia il caso che torniate, ormai… saranno impazziti a cercarvi-.

Nataku storse la bocca. - Che vuoi che me ne importi!-

- Non voglio che vi sgridino a causa mia…- mormorò Shien.

- Ma oggi mi sono divertito!- disse Nataku con lo sguardo felice. Anche Shien sorrise.

- Allora vi prego di venire qui quando desiderate nascondervi di nuovo. Tenete. Vi sono due chiavi, e sono entrambe in mio possesso. Prendetene una-.

Nataku esultò e prese la chiave dalle sue dita. - Shien, sei grande!- disse spalancando gli occhi, lo salutò e scappò via.

Shien sedette di nuovo sul divano, dove aveva posato la testa Nataku. Chiuse gli occhi e sorrise tanto stupidamente come non l’aveva mai fatto in vita sua.]

 

Sommo Nataku…

Mio sommo Nataku…

Vorrei avervi chiamato così almeno una volta… vorrei… che non aveste deciso di restare un bambino per sempre… che non foste fuggito via così. Vorrei… che voi foste diventato grande. Io… vi avrei aspettato. Dovunque foste andato, io… vi avrei seguito. Ma… avete scelto di nascondervi dal vostro senso di colpa… perché? Perché, sommo Nataku… perché non mi avete permesso di consolarvi?

 

[- Principe Nataku, siete stato eccezionale. Torniamo nel mondo celeste?-

- Per ora lasciami solo-.

- Come?-

- Sì, hai capito bene. Ti ho detto di andartene. Voglio stare per conto mio-.

Shien abbassò la testa in un cenno di assenso e si allontanò. Scomparve con un’espressione triste e ritornò nel mondo celeste da solo.

Sedette nella loro “stanza privata”, come la chiamava Nataku, e si prese il viso tra le mani. Pensò a qualcosa che poteva fare per far tornare il sorriso al piccolo dio, quando fosse riapparso nel mondo celeste.

Sentì bussare, e pensò che fosse lui. Invece era Zenon.

- Ehilà, Shien! Sei appena tornato? Ti ho visto venire qui… ultimamente sparisci spesso dentro questa stanza…-

- Hai bisogno di qualcosa, Zenon?- chiese Shien con gentilezza, ma in realtà non aveva voglia di parlare con nessuno.

- No, no, volevo solo fare due chiacchiere. Pare che tu non sia solo quanto ti chiudi qui dentro. Per fortuna i servitori sono abbastanza stupidi da non accorgersene-.

- Che cosa intendi dire?!-

- Calma, calma, non arrabbiarti! Non intendevo proprio niente. Volevo solo dire che ultimamente anche il principe Nataku si nasconde qui con te-.

- E allora?-

Zenon distolse lo sguardo e fece vagare gli occhi fino alla finestra.

- Niente… non volevo dirti niente di particolare. Però... ti ho visto, come lo guardi. È… è un modo strano-.

- Strano?- ripeté Shien con quel suo tono gentile, che non si capiva se fosse serio o scherzasse, o fosse adirato.

- Lo sai anche tu… lui è… la bambola assassina. E obbedisce a Ritouten. Ed è il dio della guerra, non dimenticarlo-.

- È un bambino-.

- Lo so- disse Zenon accigliato. - È un bambino, e il figlio di Ritouten, e il dio della guerra, e… un essere impuro-.

Shien tacque.

- Lo sai che cosa… succede a chi si lega ad un essere impuro?- chiese Zenon, scegliendo con cura le parole. Shien arrossì e batté le mani sul tavolo.

- È un bambino, Zenon! Cosa credi… cosa credi che…- balbettò, ed era forse la prima volta che Zenon lo sentiva incespicare nelle parole.

- Non credo nulla, Shien! Anzi… credo che tu non permetteresti mai che succeda nulla, almeno ora… non te lo permetteresti mai, ma…-

- Ma?-

- Come hai detto tu, lui… è un bambino. E… lo sai anche tu… gli dei della guerra hanno vita breve-.

Shien strinse il pugno. - Non m’importa- disse fremendo. Ma un attimo dopo tornò calmo come al solito. - Io farò solo il mio dovere-. Si avvicinò alla finestra guardando lontano, e non vide Zenon sorridere con affetto nel guardarlo.

In quel momento la porta si aprì. Nataku, trafelato e ferito, piombò nella stanza. Zenon saltò in piedi dallo spavento; Nataku lo vide e si bloccò, guardando lui e poi Shien, poi di nuovo Zenon.

- Sommo Nataku!- esclamò Shien correndogli incontro. Nataku era rigido, e Zenon capì.

- Io me ne vado. Arrivederci, Shien, sommo Nataku…- sorrise e salutò con due dita, uscendo. Nataku si lasciò andare e Shien lo prese tra le braccia, posandolo sul divano.

- Chi… chi era quello?-

- Non preoccupatevi, sommo Nataku, è una persona fidata. Non dirà nulla a nessuno, ve lo assicuro-.

Nataku sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi. Shien chiuse la porta a chiave e prese l’occorrente per medicarlo. Era evidente che era sfuggito di nuovo a tutti i suoi badanti ed era scappato a rifugiarsi lì.

- Sommo Nataku…- gli disse dolcemente, mentre lo medicava, per tranquillizzarlo. - Sareste dovuto rimanere e farvi curare da…-

- Shien… non voglio. Lasciami rimanere qui- disse Nataku con voce velata. Era stanco, e dolorante. Le ferite non erano gravi, ma dovevano fargli male, e poi… era pallido. Molto più pallido del solito. Shien tentò debolmente di convincerlo a tornare nei suoi alloggi, poi lo lasciò tranquillo. Adagiò una coperta sopra di lui e sedette sulla poltrona, accanto a lui. Nataku aveva rifiutato cibo e bevande, e si muoveva piano cercando di trovare la posizione giusta. Le voci concitate che arrivavano a tratti dall’esterno chiamando il suo nome lo facevano sussultare, specialmente quando gli sembravano farsi troppo vicine.

- Principe Nataku… non preoccupatevi, dormite. Farò io la guardia- disse Shien sorridendo. Chiuse la porta a chiave e spense la luce. Si avvicinò a tentoni al divano e sfiorò senza toccarlo il viso di Nataku. - State tranquillo. Riposate-.

- Sì…- mormorò il bambino, e finalmente si addormentò. Shien accese una piccola candela e l’avvicinò a Nataku. Sì, ora dormiva. Lo guardò; vide la sua espressione triste e corrucciata anche nel sonno, e si domandò se fosse sempre così anche quando dormiva. Se non abbandonasse mai il suo ruolo e le sue responsabilità neanche nel sonno…]

 

Sommo Nataku…

Ricordo che cosa mi diceste, quando vi svegliai quella mattina…

“ Sono nato per uccidere. Anche se morissi, nessuno piangerebbe per me”.

Non ebbi il coraggio di dirvi che io avrei pianto, avrei pianto tutte le lacrime del cielo se voi foste morto… odiavo colui che vi usava per i propri oscuri fini, e nel contempo vi gettava nella disperazione più nera costringendovi a seguire ordini che detestavate, sommo Nataku.

Ricordo… mi fu fatto osservare che legarsi ad un essere impuro è pericoloso… e ora sono legato per la vita al principe Homura, l’invincibile Homura… nulla ho perduto legandomi ad un tale essere impuro… poiché la sua impurità era solo negli occhi di chi lo disprezzava.

Mio sommo Nataku… agli dei è proibito uccidere. Io e i miei compagni abbiamo ucciso, e non una volta sola. Principe Nataku… vi è un orribile piacere nell’uccidere. E gli dei, come tutti gli esseri inetti e ipocriti, lo temono. Temono il piacere che può venire dall’uccidere un altro essere, temono il piacere che deriva dal dominare la vita di un altro essere… di abbatterlo con la propria forza, la propria abilità, la propria astuzia… e nella loro esistenza impaurita hanno bandito il piacere. Ogni forma di piacere che viene da un altro essere… la morte… solo gli esseri impuri nel mondo celeste possono uccidere. E per essi è solo un ordine, solo un compito da eseguire… come lo era per voi, sommo Nataku. La crudeltà che eravate costretto a dimostrare contro i demoni… cancellava ogni forma di piacere che altrimenti avreste potuto provare. E vi fece crollare sotto un castello di sensi di colpa, sommo Nataku…

Vi lasciai solo. Sebbene detestassi vostro padre… obbedii al suo ordine. Vi lasciai combattere Gyumao da solo. Ignorai due voci, quel giorno, quella dei miei soldati che vi amavano e quella del mio cuore… anch’esso vi amava. I miei soldati non avrebbero dovuto macchiarsi le mani di sangue, ma io… io avrei dovuto raggiungervi, e macchiare anche me dello stesso sangue che macchiava le vostre mani. Per voi… avrei perso volentieri ogni prerogativa divina. Avrei dovuto dirvi che la vostra vita era importante per me! Che la vostra morte per me avrebbe fatto differenza!

E invece vi lasciai solo, sommo Nataku. Lasciai che il vostro corpo venisse sfregiato e lacerato, lasciai che il vostro ritorno fosse silenzioso e mesto.

E voi… ferito e sofferente camminaste da solo… io che avrei voluto prendervi fra le braccia e stringervi, e… baciarvi, sì, avrei voluto baciarvi la fronte e dirvi che andava tutto bene e che potevate riposarvi, che avrei pensato io a voi… voi… crollaste fra le braccia di un altro. Fra le braccia del bambino di Konzen Douji, e allora capii. Son Goku era vostro amico, mentre io non lo ero.

Vi trovai nella stanza privata, abbandonato sul divano, da solo, ansimante. Eravate ancora sanguinante, principe Nataku! Avrei dovuto dirvelo. Dirvi che la vostra esistenza per me era importante, ma il senso di colpa mi schiacciava. Ogni ferita che le mie mani pulivano e fasciavano, quel giorno, era una ferita che io stesso vi avevo inferto, e non riuscii ad invocare il vostro perdono… non riuscii a dirvi nulla.

Fui io che vi riportai a vostro padre. Ormai dovevo allontanarmi da voi. Non mi sarei mai perdonato, e non avrei mai preteso che voi lo faceste. Non avrei più dovuto permettermi di toccarvi e sfiorarvi come avevo fatto finora.

Vi avevo tradito.

 

[ - Shien, io gli ho promesso che non appena la mia ferita fosse guarita gli avrei fatto da guida nel mondo celeste-

- Scusate, principe Nataku, a chi vi state riferendo?-

- Non conosco il suo nome, perché lui mi ha detto di non averne uno-.

Shien chiuse gli occhi, e una fitta di gelosia gli ferì profondamente il petto.]

 

Sommo Nataku…

Mio Nataku… mio principe Nataku…

Ora imploro il vostro perdono. Desidero che voi mi perdoniate… desidero cancellare l’umiliazione di non esservi stato vicino allora, il senso di colpa che mi lacera… per avervi permesso di combattere da solo.

Per avervi permesso di combattere da solo. Per avervi permesso di vivere da solo. Per avervi permesso… di abbandonare da solo la vostra coscienza. Per avervi lasciato andare da solo là dove il vostro dolore non può raggiungervi.

Non ho lacrime, principe Nataku. Ma… perché… perché non avete atteso… perché non mi avete atteso… io… avrei preso sulle mie spalle ogni vostra sofferenza. Io… avrei asciugato ogni vostra lacrima. Io… avrei atteso solo un vostro cenno. Avrei gettato alle mie spalle la mia divinità, la mia carica, tutto… attendevo solo... che voi cresceste. Io vi avrei detto che non esisteva più la bambola assassina, non per me… e avrei preso su di me ogni colpa e ogni dolore per tutto il tempo che voi avreste desiderato.

Mio Nataku… chiudo gli occhi e li riapro su questo paesaggio che voi amavate tanto. Vorrei capire anche io. Vorrei… sentire quello che sentivate voi, ma non ci riesco. Questa è la prova… è la prova che non ero degno di assistervi, che non lo sono tuttora. Che non ero, né sono, degno della vostra amicizia… e del vostro perdono, eppure... ogni volta torno qui, con la segreta speranza che finalmente… e me ne vado con la consapevolezza che la mia colpa non verrà mai meno.

Ma… sommo Nataku… vorrei che accadesse, perché…

Sommo Nataku, da cinquecento anni...

Io vi amo.


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