I giardini di pietra

capitolo V

di Unmei



Volevo fuggire, sprofondare, scomparire. Ad ogni passo di Florent il mio panico si gonfiava, il cuore impazziva, la mente si affannava alla ricerca di una giustificazione per il mio patetico comportamento.....una giustificazione, quando sapevo che non ce n'era bisogno, che lui non la voleva.
Vicino a me fece un sorriso velato di blando, dolce rimprovero; chiaro quale fosse il suo pensiero:

"Perché baci quella, quando qui ci sono io?"

Impietrito, pieno di vergogna; quasi umiliato mormorai qualche parola di scusa, tentai un passo indietro, ma senza riuscirci e gli diedi modo di catturarmi.
Le sue mani mi incorniciarono il volto; erano fresche e leggere, deliziose sulle mie guance che scottavano; i suoi occhi non lasciavano i miei, luccicavano e raccontavano quanto era sciocco continuare a ignorare il sentimento, ché era impossibile negare l'accaduto, o nascondersi dietro a finzioni senza ragione d'essere.

La vita che ti offre un'altra possibilità.....
La vita che ti dimostra che tutto è perduto solo nel momento in tu cui lo credi.....
Che un inizio nuovo è venuto a cercare te, quando tu eri troppo stanco per cercare lui.
Il terzo volto dell'amore, il suo!
Perciò non mi ritrassi quando infine mi tirò a sé, e chiusi gli occhi nella fiducia e nel trasporto, gioendo di averlo finalmente tra le braccia.

La sua bocca era tenera, amabile; senza fretta mi dava il tempo di abituarmi di nuovo ai baci, allo sfiorarsi, cercarsi delle lingue, di imparare ancora a respirare nel modo giusto..... era passato così tanto tempo da quando avevo sentito un petto alzarsi ed abbassarsi contro il mio che il pensiero mi strinse la gola: avevo perso troppi anni e non li potevo riavere indietro..... ma ciò che lui mi offriva pareggiava il conto.
Lo guardai attraverso gli occhi socchiusi, desiderando imprimere per sempre nella mia mente il suo viso in quel momento, l'espressione trasparente e intensa. Mi piaceva immaginare di essere il primo ad ammirarla, ma sapevo che certamente non era vero, e dopotutto non mi importava: bastava che fosse mio, e mio soltanto, da quel giorno in avanti.

Tutto sembrava un miracolo di bellezza, e per un lungo istante fui beato, desiderai che durasse per sempre, di diventare io stesso muto, capace di parlare solo attraverso i baci, per poter tessere infiniti discorsi con lui; discorsi incomprensibili al resto del mondo, che avremmo capito soltanto noi due.
Lo amavo, perciò tutto era naturalmente facile..... ed infinitamente difficile.
Ma da vigliacco qual ero, quale sono, in un momento così sublime, così sospirato, d'improvviso mi si affacciò alla mente la paura dell'abbandono e tutti i vecchi fantasmi, gli echi delle sofferenze, delle lacrime di dolore versate per Alberto e quelle di rabbia sprecate per Patrizio.
Che tipo di lacrime avrei pianto per Florent?
Che avrei fatto quando anche lui se ne sarebbe andato, quando mi avrebbe lasciato ed io non avrei avuto più nulla in cui rifugiarmi, perché anche la mia arte sarebbe diventata un richiamo al suo ricordo, e i colpi di scalpello non sarebbero più stati carezze, ma pugnalate a me stesso inflitte.....

Mi staccai da lui, fuggi ancora una volta, senza il coraggio di guardarlo in viso, ripetendo 'non posso, mi dispiace..... mi dispiace'; sciolsi l'abbraccio, rinunciai al calore che mi donava anche se sapevo bene di avere un bisogno totale, indispensabile del suo amore.
Di fretta me ne andai in camera, mi spogliai e mi infilai nel letto senza nemmeno chiudere le imposte, o tirare le tende; guardavo il soffitto nell'argentea luminosità della luna piena e ascoltavo il mio cuore rimbombare sordamente nel petto. Mi figuravo il giorno successivo: che gli avrei detto, che avrei fatto?
E Florent? Che avrebbe pensato di me?
Tutto il male possibile certo; mi avrebbe disprezzato, ed a ragione.

Sospirai e chiusi gli occhi ma dietro le palpebre continuavo a vedere lui.....lui deluso da me. Sapevo con certezza che non avrei trovato requie, che la notte sarebbe stata insonne, un incessante rigirarsi fra le lenzuola. Era forse troppo tardi per tornare sui miei passi? Per presentarmi alla sua stanza e chiedergli di accettarmi ancora, di avere pazienza con me?
Riaprii gli occhi di scatto quando sentii la porta aprirsi; un rumore appena percettibile che però risuonò con chiarezza nel silenzio della notte.
Lui.
Florent si avvicinò al mio letto, camminando a piedi nudi sul tappeto, ed io ero lì immobile, intrappolato, incapace di fare o dire alcunché.

Lo lasciai fare quando sedette accanto a me, quando mi accarezzò la testa, come si fa per consolare un bambino, e mi baciò la fronte, gli occhi, le guance, le labbra, e mi strinse ancora fra le braccia.
Per lunghi minuti rimanemmo così, ed era bello..... era così dolce e tranquillizzante che infine mi ritrovai a parlargli, a raccontargli quello che non avevo mai detto a nessuno. Gli confessai il perché scappavo, i miei amori passati, l'abbandono che avevo patito, la paura di innamorarmi troppo di lui e di non poterne più fare a meno, perché la solitudine era più semplice, ed in fondo ormai ero abituato ad essa, e quasi non la sentivo più..... se non delle volte, di tanto in tanto, la sera, quando mi strangolava il cuore con tanta cruda amarezza che dovevo annegarla nell'assenzio per poter respirare ancora.

Parola dopo parola, frase dopo frase, tutto venne fuori facilmente come non credevo possibile..... il bisogno di sfogarmi che non credevo di avere era infine liberato. L'amarezza si scioglieva, scivolava via, lasciandomi lo spirito più leggero, immacolato. I timori sembravano meno foschi, così come le ombre minacciose di un bosco tornano ad essere semplici alberi al levarsi del sole.....forme distorte dalla fantasia, rese spaventose dalla mia paura. Di paura, in quel momento, m'era rimasta solo quella d'essermi addormentato, dopo tutto, e di stare indugiando in un sogno liberatorio.

Florent mi ascoltava, continuando ad accarezzarmi la testa..... lo fece per tutto il tempo del mio parlare; era amorevole e indulgente, era la mia salvezza, la via d'uscita al vuoto a cui mi credevo condannato.
Lasciai che mi curasse, che mi infondesse il suo calore incoraggiante; le sue labbra mi rianimavano, mi davano il respiro togliendomelo, si staccavano dalle mie giusto il tempo di farmele cercare, affamato, e poi tornavano come dispensatrici d'amore.
Lui che non aveva esitazioni sapeva cancellare le mie: riportava brividi a cui avevo rinunciato, sembrava quasi che la mia pelle, rimasta insensibile per tanto tempo, dimentica di come fosse la vicinanza, stesse reimparando tutto. La voglia di contatto formicolava in tutto il mio corpo, mi scuoteva fino a farmi tremare.
Potei stringerlo, assaggiarlo, reclamarlo; così tanto lo desideravo che le mie mani vagavano sul suo corpo impazienti, ma sperdute, tentando di prendere quanto di più e più in fretta potevano, prima che il sogno finisse.

Appartenere di nuovo a qualcuno, lasciarsi andare, offrirsi, ritrovare il senso perduto: ecco cosa volevo: essere felicemente indifeso.....che le emozioni di entrambi mi si riversassero addosso, che violente e gentili mi sconvolgessero, mi resuscitassero. I miei occhi febbrili, il mio respiro profondo bastarono a dirgli che desideravo fosse lui a prendere me.
I pochi indumenti che ancora indossavamo furono abbandonati ai piedi del letto, e potei contemplare Florent nella sua completa nudità.....come quella di un giovane dio, ma nessun Apollo fu mai così aggraziato. I miei occhi indugiarono sul suo sesso, turgido e svettante, con brama, impazienza, e il mio corpo rispondeva con un delirio d'anticipazione
Mi leccai le labbra, e deglutii.

"Vieni."

Gli dissi, suonando rauco.


Gentile, innamorato, ma possessivo, aggressivo e languido come un gatto che ti graffia e poi ti lecca, Florent mi sopraffaceva. Accarezzandomi, esplorandomi, violandomi, le sue mani mi restituivano l'innocenza, la felicità, la passione, la fiducia, ed io mi abbandonavo ad esse sorridendo, ma avrei anche potuto piangere di gioia, adorando ogni suo gesto.
Non mi interessava null'altro, in quel momento, che noi due, la nostra pace, la sensazione di avere qualcosa di eterno ad avvolgerci e proteggerci, qualcosa di unico che ci rendeva diversi e più felici di tutte le altre persone al mondo..... ero certo che non potesse esistere, né fosse mai esistito, nessuno altrettanto innamorato.

Il mio corpo non più abituato ad accogliere prese Florent dentro di sé, con una fitta inevitabile che fu però benvenuta, desiderata..... accettai quel dolore fino in fondo, per gratitudine, cosciente che esso rappresentava la mia benedizione.
Il dolore però si affievolì, e fu solo piacere, beatitudine, calore, estasi, voluttà, appartenenza......furono le mie mani che si aggrappavano alla sua schiena, e poi vagavano tra i capelli folti e morbidi. Fu la mia voce a perdersi nel suo nome, a dire e ripetere 'ti amo' per entrambi fino a quando le parole mi uscirono incomprensibili, confuse dal culmine del piacere, dal respiro mozzato..... fu il suo viso trasfigurato nel piacere completo, nell'estasi che gli fece rovesciare gli occhi.
Libero da me stesso, mi venne donato tutto ciò di cui avevo fame e fui saziato dall'orgasmo e dall'amore reciproco.

Nel mio letto, troppo grande per uno, troppo piccolo per due, Florent dormiva stretto a me; il suo respiro leggero era sereno, seguirne il ritmo mi aiutava a rilassarmi e a cedere al sonno. Vinti i miei demoni le palpebre si erano fatte pesanti, ma in parte non desideravo dormire: volevo vivere fino in fondo quella prima notte fianco a fianco, mentre lui sognava sul mio petto.
Lo carezzavo, mi beavo incredulo nel suo tepore, lo baciavo tra i capelli e sorridevo; era tra le mie braccia come se fosse nato apposta per unirsi a me, perché il suo corpo combaciasse dolcemente con il mio.
..... se ne avessi il potere vorrei tornare in quel preciso istante per rivivere tutto, e cambiare il nostro finale.

Quante volte mi sono attaccato ai ricordi cercando il fantasma di quel calore; mi dona un po' di consolazione, la parvenza di un sorriso, ma poi mi lascia amaro e triste.
Sempre più spesso sogno i tempi perduti, e mi vedo di nuovo giovane, ancora sano e forte, nella mia vecchia casa, e c'è anche lui..... lui che posa per me, che sorride, che suona il suo violino, o mi conduce al pianoforte, muove le sue mani chiamandomi 'petit Chopin', sapendo benissimo che nessuno dei due termini mi si addice..... lo vedo, sulla poltrona di velluto accanto al fuoco mentre legge, o con lo sguardo perso alla finestra, o che passeggia con me sul lungomare, mi tiene per mano.....e poi tornare a casa, e fare l'amore.

Vorrei morire nel sonno, sognando di noi..... sarebbe una dolce consolazione.
Il pensiero mi riempie di impaziente letizia; so già che la fine è vicina, il mio corpo è esausto, il cuore debole, e la morte non mi spaventa. Sbagliava Amleto.....perché la morte è il nulla, e il nulla non si può temere. Nel nulla c'è la mia pace, l'estinzione del rimorso.
L'unica cosa di cui ho paura è aprire di nuovo gli occhi domattina, vecchio e stanco e solo e inutile, e trascinarmi un giorno ancora.


Accarezzo la statua, ma è posta troppo fuori dalla mia portata perché ora riesca baciarla sulle labbra; posso solo sfiorare con le dita la sua veste. Forse è proprio l'orlo di questa che dovrei baciare, per supplicare perdono, costringendo le mie ginocchia rigide e doloranti a piegarsi.


Senza che io possa farci nulla sento lacrime amare, nostalgiche, piene di strazio scorrermi sul viso.
Non le posso fermare, non ci provo nemmeno, so che non ci riuscirei: lascio che scorrano, amare, colpevoli, pentite.
Non mi importa di ciò che può pensare la gente.....sono solo un vecchio che piange davanti ad una tomba.

Per chi piange questo vecchio, magari si chiedono..... una moglie, un figlio, un fratello, un amico.....niente di strano, fa persino pena, poverino.
Loro non sanno..... non immaginano.

.....<Qui è sepolta la mia vita, ammucchiatevi altra terra.>





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