Konnichiwa people!

Pronti ragazzi?! Forza rispondete tutti in coro: “A chi appartenete voi?”

“Al papà Takehiko Inoue!”

“Bravi! Siete eccezionale anche in questo, non solo nel basket!!” ^v^

Voglio ringraziare anche Elisa, perché la sua musica è di grande ispirazione!! Gli stralci della canzone che ho usato sono da “Fever”!

Solo una nota: “..” indicano il parlato, mentre ‘..’ un pensiero!

Grazie a tutti!

 


If you believe

capitolo I

di Hotaru


‘Dannato volpino! Cosa hai intenzione di fare? Insinuarti nella mia mente come un ladro? Trafficare con la mia psiche affinché tu possa dominarla incontrastato? E poi al momento buono approfittarne di me?! Mi credi così indifeso? Spaurito? Il grande tensai non soccombe mai…’

Hanamichi stava ancora fissando l’albero al quale si era appoggiato Rukawa poche minuti prima.

Un’ ondata di disprezzo attraversava le sue pupille.

La rabbia era compressa nelle sue mani: i pugni stringevano così forte che sembravano dovessero squarciare la sua carne.

I muscoli della schiena così tesi, immobili, che sembravano essersi eretti dalla terra, provocando una spaccatura nel terreno.

Egli non aveva risposto nulla.

Lo aveva lasciato parlare. Per quello che Rukawa intendesse con quel verbo.

Poche parole, anche ordinate, sebbene il momento fosse tutt’altro che piacevole.

Ma quello che più aveva voglia di esprimere i sentimenti in quel ragazzo era il suo sguardo e Hanamichi ne era consapevole.

Uno sguardo così deciso, ma non impertinente.

Diretto, ma non sfrontato.

Calmo, rilassato come se fosse la cosa più normale del mondo.

E quello era, senza ombra di dubbio, la conferma che ciò che stava pronunciando era la verità.

Quanto poteva essere costato a Rukawa ammettere tutto? Come l’aveva presa il suo cuore? Può darsi che per parlargli così apertamente fosse davvero giunto al punto di non ritorno, alla “border line” , dopo la quale esiste solo la fine. Magari ci aveva anche pensato: sarebbe stato meglio morire, piuttosto che dirglielo? “Mah, proviamo e poi vediamo” poteva aver pensato Rukawa.

Sì. Hanamichi lo aveva lasciato finire. Forse voleva starlo a sentire o forse non sapeva nemmeno cosa rispondere, allora aveva preferito tacere.

Sì. E’ così. Doveva essere così. Cosa poteva interessargli delle parole di un ragazzino di 16 anni? Innamorato per giunta! Di lui!

Però quegli occhi… cercavano una conferma nei suoi… più che di quello che poteva dire o fare, il rossino era spaventato da quel blu tanto scuro, ma mai stato più luminoso.

Era come poter leggere una scritta su di un muro in una notte buia.

Era come potere ascoltare distintamente le parole di 100 persone contemporaneamente. No, forse 100.000.

Era come camminare su di un terreno di cui non percepisci l’esistenza.

Era come avere la certezza, dopo che i dubbi hanno dilaniato la tua mente.

E tutto questo faceva paura ad Hanamichi. L’impossibile completamente realizzato e compiuto.

“Oi, Hanamichi! Ma cosa diavolo ci stai facendo lì? Provi astio nei confronti di un povero albero?!” la voce di Mito interruppe il flusso dei pensieri.

Solo in quel momento Hanamichi si rese conto di quello che stava facendo: fissare un povero alberello, con i pugni serrati e le unghie, ormai, conficcate nel palmo delle sue mani.

“Ahahahahahahahahah!!! Ciao Yohei! Cosa sto facendo qui –già, bella domanda-?! Sto solo provando un nuovo esercizio che il gorillone mi ha consigliato per trovare concentrazione, visto che a suo dire sarei distratto durante le partite!”

“E da quando il nostro genio accetta rimproveri dagli altri?!”

‘Dai, Yohei, non cercare il pelo nell’uovo’ pensò Hanamichi.

“Volevo solo verificare che non ne avevo bisogno… ed infatti IO NON sono mai distratto! Sono semplicemente il basket-man perfetto! L’uomo d’oro dello Shohoku!” rispose invece.

“Beh… a me facevi paura in quella posa! Sembrava volessi incenerire quel povero arbusto, come se ti avesse … dichiarato guerra!”

“In un certo senso…”

“Come?!”

“Scherzavo Yohei! Non sono ancora impazzito del tutto – ma sono sulla buona strada- e se devo prendermela con qualcuno, preferirei non farlo con un albero!!”

“Dai, ti va di andare a giocare a Pachinko? E’ da tempo immemore che non ci sfidiamo!!”

Hanamichi accettò. ‘Meglio pensare ad altro! Forse dovrei distrarmi  sul serio’.

*----*----*

“Evvai!! Finalmente ti ho battuto!!! E per ben cinque volte di fila! Non era mai successo fin’ora… wow i miracoli possono succedere!!”. Mito sorrideva: “Eee… Hanamichi, se me lo permetti, vorrei dirti di riprendere gli esercizi che il gorilla ti aveva affidato… oggi eri veramente molto distratto!!”

“Eh? Che dici?…”

“Appunto. Yuhuu!! Pianeta terra chiama Hanamichi Sakuragi…. Rispondi!!! Ti ho detto che è meglio se riprendi a fare quello che ti ha detto Akagi, perché, come ti ho appena dimostrato, oggi sei distratto!!”

“Tu dici?! Figurati!! – dai Yohei, non dirmi che ti sei bevuto una scusa tanto banale!!- La tua è stata solo fortuna…. Sappi che non ti capiterà mai più un’occasione di questo genere! Io mi rifarò…”

“… in amore!!!” concluse sarcasticamente Yohei.

“COSA?!?!” Hanamichi a quelle parole sbiancò. Si sentì mancare l’aria: possibile che tutti l’avessero capito?! Tutti sapevano…?!

“Ma vedi che sei veramente un disastro?! Non conosci il proverbio?! Come si dice: sfortunato  al gioco, fortunato in amore!! Magari questo era un segno del destino… Già!!! Come ho fatto a non pensarci prima?! E’ ovvio:  il nostro eroe, dopo 50 rifiuti, dopo aver perso una partita a Pachinko, trovò l’anima gemella!! Ma ci pensi Hanamichi?! … Hana… ma dove cavolo sei?!” Yohei aveva pronunciato quelle parole incamminandosi verso casa, ma Hanamichi dopo aver sentito ‘amore’ si era bloccato di fronte all’uscita del locale  e immobile fissava un punto non precisato di fronte a sé.

Gli occhi sbarrati, la fronte gocciolante di sudore e i muscoli ancora una volta impiantati per terra. Questa era l’immagine che si trovò di fronte Mito, quando si voltò alle sue spalle per cercarlo.

Sebbene immobilizzato come uno stoccafisso, Hanamichi aveva sentito tutto. Ogni parola era entrata nel suo cervello e stava martellando i suoi neuroni. La scena di poche ore prima rimbalzava nella sua mente come un film, il cui sottofondo erano le parole dell’amico. Eppure non riusciva a reagire.

“…Hanamichi!!! Ma cosa diavolo ti prende oggi?! Mi stai facendo preoccupare!!!”.

Dopo tre tentativi Mito riuscì a svegliare il pel-di-carota dal coma in cui sembrava essere sceso.

“Andiamo a casa, Mito. Non sto molto bene”.

Yohei acconsentì. Non aveva mai visto l’amico in quelle condizioni.

Pensieroso, bloccato e smarrito. Tre aggettivi che mai e poi mai avrebbe usato per descrivere quel ragazzo.

‘Ci deve essere sotto qualcosa di grave… ma sarebbe inutile parlarne adesso; magari è capace di bloccarsi ancora una volta qui e di non smuoversi più!! Proviamo a ripensare  di cosa stavamo chiacchierando’.

Mentre i due percorrevano la strada del ritorno, Mito rifletteva sul loro breve discorso: ‘Che si sia arrestato così d’improvviso per il Pachinko?! Assurdo: Hanamichi non è permaloso! Ma allora per che cosa diamine…’.

Ad un tratto una lampadina: ‘Quando ho pronunciato la parola ‘amore’, Hanamichi ha gridato ‘COSA?!’ con fare preoccupato ,nonché agitato… non è che…?! Sì, ma perché essere così impietriti?! Ha sempre desiderato una ragazza… anche se non fosse stata Haruko, perché impallidire così?!’

Troppe  domande assillavano la mente della matricola. Domande che ben presto avrebbe rivolto al suo amico che camminava accanto a lui, completamente immerso nel suo mondo, un mondo che nulla aveva di piacevole: il suo volto esprimeva solo preoccupazione.

*----*----*

Dopo un quarto d’ora i due erano giunti di fronte alla casa del numero 10 dello Shohoku. I ragazzi si salutarono; Mito chiese a Hanamichi se avesse bisogno di qualcosa, ma egli rispose che era solo stanco, un po’ sottotono e che una bella dormita lo avrebbe senz’altro calmato.

Entrò in casa. Lì sarebbe stato al  sicuro. Nulla e nessuno poteva aggredirlo.

Finalmente un po’ di pace.

Mentre stava svestendosi per farsi una doccia, ripensò a queste ultime cose: stava parlando di Rukawa come di un criminale.

Un essere spregevole che voleva fargli del male.

Quando l’unica cosa che aveva detto era che gli piaceva.

Un generale di guerra pronto ad uccidere se non si fossero rispettati i suoi ordini.

Quando Rukawa aveva abbassato ogni arma e, indifeso, si era presentato al suo cospetto.

Si rese conto che il suo atteggiamento poteva essere esagerato.

Comprensibile, ma non giustificabile.

In fin dei conti quel ragazzo gli stava offrendo affetto, non sofferenza, né dolore.  E lui lo aveva disdegnato come si ripudia una moglie che tradisce.

Rukawa non aveva fatto ancora nulla… o forse aveva già fatto troppo?! Insomma: si era preso la briga di cercarlo, di parlargli, di declamare davanti a lui i suoi sentimenti… non era abbastanza?!

Hanamichi era diviso in due: una parte di lui sembrava avere accettato le parole del volpino, ma l’altra era ancora restia e piuttosto annichilita da ciò che era successo quel giorno.

La doccia comunque stava sortendo i suoi effetti: i muscoli della sua schiena si stavano rilassando  e quelli del viso non segnavano più un’espressione che, fino a qualche ora prima, sembrava dire ‘oh mio Dio, ho visto un morto resuscitato!’. 

Decise che non ci avrebbe più pensato, almeno per quel momento. ‘La notte porta consigli’ diceva il proverbio… no, basta proverbi!! Oggi non ne poteva veramente più!

Si sdraiò sul futon con la radio accesa, chiuse gli occhi.

Sorrise: ‘il giorno che ho perso al Pachinko, ho ricevuto una dichiarazione d’amore…’. Scoppiò in una sonora risata…

Era sempre stata la forza di Hanamichi: sapeva sdrammatizzare in ogni situazione. Beh, era o no il tensai di ogni situazione?!

Il suo viso si ricompose. Aprì gli occhi e fissò il soffitto: dalla finestra penetrava, flebile, la luce della luna e di un lampione. ‘Cosa vado a pensare?! Rukawa è un ragazzo, un giocatore di basket, bravo nel suo sport, non c’è dubbio, atletico, scattante sul campo, un po’ meno per i corridoi della scuola, nulla di più. Anche lui si renderà presto conto della situazione assurda in cui si sta mettendo e capirà che quello che lui chiama attrazione è solo ammirazione nei miei confronti.’

Hanamichi socchiuse gli occhi e si rannicchiò nel suo futon: una leggera smorfia distorse le sue labbra.

Nel frattempo la radio trasmetteva:

“…your world has got the fever

you’re killing it with your reasons

your world has got the fever

and you step on it and you don’t see it…” (*)


owari capitolo I

NOTE: 

(*) = “… il tuo mondo ha la febbre

        lo uccidi con le tue ragioni

        il tuo mondo ha la febbre

        e tu lo calpesti e non  lo vedi …”




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