I'd like to
change our past
Parte II
di Hymeko
"Non lo ha mai considerato
come un tuo sostituto...lo ama semplicemente perché è lui"
.........
Rukawa chiuse gli occhi, appoggiandosi contro lo stipite della
porta-finestra, affacciata sul giardinetto pubblico che aveva visto i suoi
più intensi allenamenti, quando era andato a vivere da solo. Non era
andato ad alloggiare in un ryokan, era tornato nella sua vecchia casa, che
i suoi genitori non avevano venduto dopo il suo trasferimento negli States.
Il vento gli sussurrò ancora quella frase, malignamente...aveva avuto la
stranissima sensazione che al senpai avesse fatto davvero piacere,
pronunciarla...aveva percepito una fortissima nota di gusto, nello
sbattergliela in faccia. Vendetta, probabilmente, per la sua partenza.
E lo avevano anche invitato a cena...il rossino non aveva fatto una piega,
accogliendo la notizia con la noncuranza che ora lo caratterizzava...ma
aveva declinato, inventandosi una scusa di lavoro.
Aveva dovuto rifiutare...dietro la sua facciata indistruttibile, in fondo
al suo animo, sarebbe impazzito se fosse rimasto ancora lì.
A vederlo felice senza di lui, a dispetto di lui.
Si concentrò sulla porcellana liscia della tazza, sorseggiando il tè
verde. Il liquido caldo e amaro gli scese lungo la gola, riscaldando il
suo corpo, senza però riuscire a toccargli l'anima.
'Solo lui potrebbe...'
pensò, osservando la luna specchiarsi sul liquido, un fantasma sbiadito
molto simile a come lui percepiva il suo stesso essere.
Alzò lo sguardo, verso il tavolino su cui giaceva quel foglio...quando era
partito, avrebbe scommesso la sua carriera, sul fatto che lui lo avrebbe
letto.
Ma...dopo quel che aveva visto poche ore prima, le sue ultime speranze
erano state polverizzate.
Chiuse gli occhi, mentre le loro immagini si sovrapponevano nella sua
mente.
Giochi, risate, un pomeriggio in allegria...sembrava che anche il destino
avesse deciso di farlo soffrire. Come se le parole piene di rancore del
senpai non fossero bastate, a spezzargli il cuore.
Mentre ritornava in Giappone, su quel volo carico d'aspettative, si era
spesso immaginato a pedalare accanto alla riva del fiume, diretto a quel
vecchio campo sulla costa vicino al mare, dove si allenava quando voleva
essere accarezzato dalla brezza...quell'immagine di sé gli trasmetteva
sempre bei ricordi, legati a un mondo che non c'era più...un mondo che
desiderava ricreare, ma che...ormai sembrava irrimediabilmente
compromesso.
Aveva noleggiato una bicicletta, per farsi quel giro agognato. Anche se
aveva portato il pallone con sé, non andava ad allenarsi sul serio...voleva
solo un luogo dove poter pensare, in solitudine, un luogo che...fosse suo
amico, non lo facesse sentire a disagio, che semplicemente lo accogliesse.
Ma a quanto sembrava, tutto il mondo gli aveva voltato le spalle.
Stava pedalando lungo la strada che costeggiava l'argine del fiume,
quando...lo aveva riconosciuto, da lontano.
Inconfondibile...come le grida della bimba, che salivano nell'aria...e le
risa della madre, felice...
Un pomeriggio passato sulla riva di un corso d'acqua, a fare un picnic,
come tutte le famiglie felici fanno, almeno una volta nella vita.
Avrebbe dovuto esserci lui, lì accanto al rossino. La testa appoggiata
sulle sue ginocchia, a farsi imboccare di tartine e acini d'uva...a
sentire le sue mani giocargli fra i capelli, la bocca cercargli le
labbra...a dormire appoggiato contro le sue cosce sode, forti...risvegliato
da un bacio e un sorriso solare, che lo avrebbero reso felice di esser
stato destato...l'unica punizione che gli avrebbe inflitto sarebbe stata
il rotolarsi nell'erba assieme a lui, stretti...
Per anni aveva desiderato essere la ragione del suo sorriso...gli
corrodeva l'animo sapere che lo sarebbe potuto divenire, se non fosse
stato un vigliacco, e...se il sentimento chiamato amore fosse stato
destinato anche a lui...
Invece c'erano una bimba che scorrazzava felice sull'erba, e una madre che
si appoggiava languidamente a lui, soffiandogli parole dolci
nell'orecchio.
E la felicità che il rossino aveva trovato con loro.
Aveva dovuto piantarsi le unghie nei palmi, per trattenersi dall'andare da
loro e dividerli, mentre Hanamichi baciava Haruko.
Non un bacio casto, ma l'atto languido e passionale tra marito e moglie...le
mani del rossino erano scivolate sui suoi fianchi, stringendola a sé,
mentre le dita chiare di lei sparivano fra i suoi capelli, affondando in
quella massa morbida...Rukawa ricordava ancora come li aveva pazzamente
accarezzati, quell'unica volta...
Kaede li aveva interrotti, strillando verso il fiume e indicando qualcosa
con la manina...Rukawa aveva ripreso a respirare quando Hanamichi l'aveva
raggiunta, prendendola in braccio...avevano parlato un po', poi lui, per
farla ridere, aveva iniziato a far saltare i sassi sull'acqua, con lanci
lunghi, perfetti...Kaede era stata così felice, di provare anche lei...la
sua gioia era risuonata forte fin lì, quasi fatta apposta per farlo
soffrire...ogni aspetto di quella famiglia sembrava esistere
esclusivamente per tormentarlo.
Girata la bicicletta, era letteralmente volato a casa, rischiando di
essere investito a ogni incrocio, vedendo a malapena la strada...si era
gettato sotto una doccia gelida a singhiozzare in silenzio, in solitudine,
mentre...comprendeva che non avrebbe più assaporato la felicità di quell'abbraccio...
.........
Accese la luce sul comodino, abbassandone al minimo l'intensità. Gli
facevano male gli occhi, aveva solo voglia di sdraiarsi da qualche parte
con del ghiaccio premuto sulle palpebre, a macerarsi nel dolore.
La tentazione era forte...sarebbe bastato poco, per dimenticare tutto.
Appoggiare il capo su un cuscino morbido, chiudere gli occhi, e scacciare
il mondo reale dai suoi pensieri...avrebbe trovato un po' di serenità, per
qualche ora. Avrebbe sognato i suoi sogni che si avveravano.
Sospirò...purtroppo, aveva un gran brutto caratteraccio, che sapeva non lo
avrebbe lasciato in pace finché non avesse concluso quell'affare.
In fondo, si ripeteva, doveva solo buttar giù due righe, e tutto sarebbe
finito. Non avrebbe più sofferto...le loro strade si sarebbero divise, per
sempre.
Rukawa affondò il viso fra le mani, scosso dai tremiti.
Non voleva che finisse così...non poteva accettare di non avere più
speranze. La sofferenza non lo spaventava...avrebbe pianto sangue, pur di
mantenere quel filo sottile fra loro...aveva solo quello, cui
appigliarsi...se si fosse spezzato, sarebbe dovuto tornare negli USA...solo.
Non poteva arrendersi...non poteva distruggere l'unica cosa che ancora li
univa, l'unico motivo per rimanere ancora lì, per vederlo e sperare...
Afferrò il telecomando, e schiacciò un tasto a caso.
Il destino gli tirò un altro brutto scherzo...c'era lui, in tv. Ad una
festa di compleanno, con Haruko tenacemente aggrappata a un braccio,
strizzata in un abitino nero che faceva risaltare la sua pelle pallida.
Hanamichi sorrideva...insieme a lei, per lei. Per la loro vita insieme.
Il moro chiuse gli occhi, mentre spegneva la televisione.
Prese una penna, e buttò giù le parole per il telegramma. La mattina dopo
lo avrebbe spedito, rinunciando a lottare per i suoi sentimenti.
Kaede rise, afferrando il soffione che Hanamichi le tendeva.
Rukawa non disse nulla, distogliendo lo sguardo. Era proprio la sua sorte,
quella.
Averlo così vicino, eppure...essere distanti come non erano mai stati,
neppure nei primi giorni di scuola. Incontralo ogni giorno, e perderlo
dopo poche ore.
'Hanamichi...'
pensò il suo nome, osservando il suo riflesso sul vetro dell'ufficio
postale.
Il rossino non si preoccupava per nulla di lui, limitandosi a giocare con
le manine tenere di Kaede, che si divertiva ad accarezzargli le labbra per
farsele baciare.
Rukawa s'irrigidì...ricordava bene come l'altro avesse coperto di baci
anche le sue, prima prenderle dentro di sé, per inumidirle...il ricordo
della sua lingua sui suoi polpastrelli gli mozzò il fiato, sigillandogli
le labbra...ma la risata di Kaede lo riportò bruscamente alla realtà, dove
quel tempo era ormai passato, a favore dell'incredibile dolcezza di quella
delicata scena accanto a lui.
L'amore di un padre verso la figlia, e viceversa. Qualcosa di talmente
grande e incorruttibile, che nulla lo avrebbe potuto spezzare.
Il volpino osservò la fila, fingendosi minimamente interessato. Quella
coda era più lenta del solito...tutto era contro di lui.
Sicuro che nessuno lo potesse vedere, strinse la bozza del telegramma che
aveva in tasca...era uscito presto, quella mattina, per inviarlo in fretta
e tornare a rintanarsi in casa, per non rischiare di vederlo.
E invece...qualcun altro, più potente di lui, aveva deciso che meritava
altra sofferenza.
Si erano incontrati mentre Hanamichi e la bimba uscivano da un minimarket,
la piccola che stringeva fra le mani il cartoccio di succo che il papà le
aveva comprato.
Si era sentito gelare...mentre Hanamichi, in totale tranquillità, gli
aveva sorriso, avvicinandosi a lui senza esitazioni.
"Volpe!"
aveva esclamato Kaede, gli occhioni blu scintillanti.
"Sei proprio la degna figlia del Tensai, tesoro!"
E di nuovo quel sorriso che lo faceva morire...avrebbe venduto la sua
anima, perché gliene donasse di nuovo uno, solo per lui, almeno una
volta...
"Dove te ne vai, volpino?"
"A spedire un telegramma"
Gli aveva detto la verità...che senso avrebbe avuto, mentirgli?
"A quest'ora del mattino?"
"Poi parto"
"Ah, te ne torni già a casa?"
Hanamichi l'aveva squadrato, leggermente sorpreso.
"Sì"
Il rossino aveva scosso le spalle, con indifferenza. In fondo, sapeva che
non erano affari suoi.
"Dai, che ti accompagno un po'"
"Hn?"
Sakuragi non aveva dato peso alla sua reazione, quel solito seccante
monosillabo...aveva solo sbadigliato, posizionando meglio la figlia tra le
braccia.
"Tanto non ho nulla da fare, e c'è già un così bel sole che sarebbe un
sacrilegio, tornare a casa!"
aveva aggiunto, con semplicità.
'Uno svago, un motivo per rimanere all'aria aperta, una semplice fonte di
distrazione. Questo sono io'
Non capiva...o meglio, non voleva capire...perché Hanamichi non provasse
imbarazzo a stargli accanto. O anche un fremito rabbioso, gli sarebbe
andato bene. O del disgusto...non si meritava altro, in fondo.
Invece...nulla. Una notte di amore assoluto, e lui non reagiva.
La sua parte razionale sapeva che la conclusione era semplice...per
Hanamichi era stata solo una notte di sesso, non d'amore...una notte ormai
dimenticata, o forse semplicemente classificata come uno svago nemmeno
degno di nota.
Per questo non aveva problemi, ad andare in giro con lui...sarebbe stato
sciocco, come aver timore ad avvicinarsi a una giostra con cui ci si è
divertiti...
Sospirò...la fila finalmente iniziava a muoversi, mentre le persone
davanti a lui pagavano le loro bollette.
Forse...era quella la sua punizione. Hanamichi si era arrabbiato con lui,
quando lo aveva lasciato, e ora...gli stava semplicemente presentando il
conto.
Scosse la testa...se avesse davvero significato qualcosa per lui, avrebbe
reagito almeno una volta, nel vederlo. Invece...anche adesso lo indicava
sorridente a Kaede, facendolo salutare con la manina....come fosse davvero
stato un suo amico.
Non si era consolato fra le braccia della Akagi perché lui lo aveva
lasciato.
Ad Hanamichi non era mai importato niente di lui...la realtà era che era
solo uno stupido romantico, a credere ancora nelle storie d'amore.
Allungò una mano verso la bambina, prova finale di ciò che Hanamichi
provava per lui. Le sue dita esitarono un momento, poi...accarezzò le
lunghe ciocche dei suoi capelli, una cascata di morbida seta rossa,
vellutata al tatto. Ritrasse la mano, cercando gli occhi del rossino...incontrò
due pozzi caldi, gentili, che lo fissavano pieni di benevolenza...sentì la
mano di Kaede afferrare la sua, e giocare con quel nuovo giocattolo
sconosciuto...
Hanamichi sorrise, e il moro avvertì uno schianto, dentro di sé, mentre
tutte le sue difese crollavano. Gli andava bene, che toccasse sua
figlia...
Era nel luogo dove avrebbe spedito la sua condanna alla solitudine...ora
doveva sapere.
"...perché non mi rifiuti?"
Hanamichi sbatté le palpebre, apparentemente senza capire.
Una sventagliata di mitra gli impedì di parlare.
L'ufficio postale si riempì di urla, mentre tre banditi, armati e coi
volti coperti, facevano irruzione, puntando le armi contro le persone
presenti.
"Zitti!!!"
Quello che doveva essere il capo piantò la bocca dell'arma contro la
tempia di una ragazza nel mezzo della stanza, urlando per far stare tutti
in silenzio.
Rukawa e Hanamichi si rannicchiarono per terra, contro una parete,
stringendo fra i loro corpi la piccola Kaede, che singhiozzava nascondendo
il viso contro la maglietta del padre.
"Ssshhh...va tutto bene, tesoro..."
"Ehi tu! Ho detto zitto!"
Kaede urlò, vedendo l'uomo mascherato andar loro incontro, e Hanamichi si
voltò, stringendola fra sé e il muro, mentre sentiva Rukawa appoggiarsi
contro di lui, come ulteriore protezione alla piccola.
"Ma guardate chi abbiamo qui...questo è Kaede Rukawa! La stella giapponese
dell'NBA! E l'altro..."
La volpe si sentì inzuppato di sudore gelido, appena l'uomo appoggiò la
canna del fucile al viso del rossino, costringendolo a voltarlo, mentre i
singhiozzi di Kaede aumentavano d'intensità.
"...è Hanamichi Sakuragi! Che fortuna...li potremo usare come ostaggi!"
Rukawa deglutì, mentre il bandito si allontanava, tenendoli sotto tiro.
Accanto a lui, Hanamichi tentava di calmare la figlia, perché non facesse
troppo rumore.
Appoggiò la mano sull'avambraccio del rossino...i loro sguardi si
incontrarono, persi, impotenti...le loro vite erano nella mani di tre
folli armati...Rukawa non poteva che notare l'amarezza della situazione...era
successo tutto prima che potessero parlarsi, proprio dopo che aveva
finalmente avuto il coraggio di fargli quella domanda...
"Hana..."
Il rossino lo guardò, e per la prima volta da quando si erano rivisti...nei
suoi occhi passò un lampo di comprensione...Rukawa capì che finalmente
aveva accettato di rivivere con lui quello che era successo...dovevano
parlarne non poteva finire così...nacque una muta promessa, fra loro...di
uscirne vivi...e poi lasciar fare ai loro cuori.
Con lo sprezzo del pericolo tipico dei bimbi, Kaede, si spostò un po' per
vedere meglio, attratta dalla situazione pericolosa che stava vivendo. Si
infilò tra i corpi dei due ex compagni, osservando senza capire il modo in
cui suo padre guardava la volpe, e gli occhi blu spalancati che fissavano
quelli del suo papà.
"Papà?"
mormorò, allungandosi per cingergli il collo.
"Posate le armi!!!"
Tutti i presenti sussultarono: un impiegato della posta aveva estratto
un'arma, e la puntava verso uno dei rapinatori.
Accadde tutto in un lampo: uno dei complici puntò il mitra contro l'uomo,
che reagì, sparando. In un istante il locale si riempì d'urla mischiate a
colpi di mitra, di persone che strillavano, di vetri che s'infrangevano,
di libri e riviste che si rovesciavano a terra...sirene di auto della
polizia si amalgamarono a quei rumori all'improvviso, cristallizzando d'un
tratto il tempo...i poliziotti con la loro uniforme blu e le pistole in
pugno fecero irruzione, urlando...un diverso tipo di sparo si unì agli
altri, alle urla di dolore, di disperazione...
E poi, fulmineo com'era iniziato, tutto finì.
"...K-K...Kae-d-de..."
Rukawa spalancò gli occhi, allarmato. La voce di Hanamichi era...sussultò,
mentre il suo sguardo percorreva un graffio sulla sua pelle, una riga di
sangue sulla sua cute abbronzata.
"Sei ferito!"
"...K-Kaede"
Il rossino non sembrava sentirlo, concentrato solo su quel nome. Il
volpino spostò il viso, per guardare...il suo respiro si mozzò, mentre il
cuore mancava un colpo.
Kaede giaceva fra le braccia del padre, rantolando, il petto trasformato
in una macchia di sangue intenso...i suoi occhi velati cercavo quelli del
genitore...tremava leggermente, e piangeva, tentando di respirare,
annegando nel suo stesso sangue che le riempiva i polmoni...
Rukawa strinse a sé il rossino, cullandolo dolcemente, permettendo così
all'infermiera di curargli il braccio. Hanamichi nascose il viso contro la
sua spalla, singhiozzando, insensibile alle carezze delle sue mani sulla
schiena, che lo blandivano per calmarlo un po'.
"Quanto ci vorrà?"
mormorò la volpe, indicando alla ragazza la sala operatoria, dove i medici
stavano estraendo la pallottola del petto della bimba.
L'infermiera scosse la testa, sospirando. Non poteva dire la verità
davanti al padre.
Rukawa comprese, e posò la testa sulla nuca di Hanamichi, proteggendolo
dal mondo esterno:
"...andrà tutto bene...presto rivedrai il sorriso della tua bimba"
L'intensità del pianto di Hanamichi aumentò, riempiendo il corridoio
vuoto, davanti alla sala operatoria. Inconsciamente, il rossino aveva
sentito che lì, fra le braccia della volpe, avrebbe potuto sfogarsi,
lasciarsi andare...d'istinto, aveva deciso di fidarsi, di permettersi di
farsi consolare da lui...da quel calore che, in fondo, sapeva di non aver
mai dimenticato...
L'infermiera finì in fretta la medicazione, s'inchinò leggermente e corse
via, gli occhi lucidi...il dolore che lo spezzava era troppo grande per
non essere condiviso...
Rukawa posò un bacio leggero accanto al suo orecchio, stringendolo forte a
sé.
Hanamichi non si ritrasse a quel gesto, anche se l'altro non era sicuro si
fosse accorto di ciò che aveva fatto...ma anzi spostò entrambe le braccia
attorno al suo collo, affondando disperatamente il volto contro di lui,
annullandosi nel suo abbraccio.
Un braccio del moro scivolò attorno alla sua vita, mentre con l'altro gli
cingeva la schiena...sentiva che si stava affidando a lui, che...era a
lui, che chiedeva aiuto, in quel momento.
'Almeno fin quando non arriverà lei...'
Non poté evitare a quel pensiero di nascere, in fondo sapeva bene che...avrebbe
sofferto ancora.
Hanamichi l'avrebbe usato di nuovo, per consolarsi stavolta, poi...l'avrebbe
dimenticato, come aveva già dimostrato di saper fare. Forse, dopo questo
gli avrebbe sorriso con un po' di gratitudine, invece che della solita
noncuranza...
Rukawa si morse a sangue un labbro, mentre il suo corpo veniva scosso, di
riflesso, dai singhiozzi violenti del rossino.
Sarebbe andato bene lo stesso...sarebbe stato felice di soffrire ancora,
per lui, pur di aiutarlo a superare...lo aveva deciso nello stesso momento
in cui era salito sull'ambulanza.
Era stato Hanamichi a chiederglielo, forse inconsciamente, con gli occhi...lo
aveva implorato, in una frazione di secondo, di accompagnarlo...di stargli
accanto.
Si era catapultato sull'ambulanza e gli aveva cinto le spalle, stretti
l'uno accanto all'altro mentre un paramedico lavorava per tenere viva la
luce di quella bimba, che si stava lentamente spegnendo...l'arrivo in
ospedale, lo sciacallaggio dei giornalisti, l'attesa crudele al pronto
soccorso, la telefonata che era toccata fare a lui, alla famiglia Akagi...e
poi su, accanto alla porta della sala operatoria, dove Hanamichi si era
accasciato al suolo, senza più forze né volontà, a singhiozzare...lo aveva
abbracciato, scaldato, rincuorato, mentre lo curavano, mentre...aspettavano
notizie...
.........
"No!!!!!!!! No no no no!!!!!! Non è vero!!!"
Haruko cadde pesantemente a terra, sbattendo violentemente le ginocchia,
graffiandosi il viso con le unghie.
"Non può essere vero!!! State mentendo!!! Non può essere morta!!!"
Rukawa chiuse gli occhi, incapace di sopportare quella scena. Lo strazio
di Haruko, rannicchiata sul pavimento freddo, fra le lacrime...era peggio
di una lama rovente. Gli si conficcava nel petto, ustionandolo,
consumandogli l'animo...anche se non le aveva mai voluto un minimo di
bene, non meritava quel dolore...nessuno lo meritava.
Contrasse le dita, afferrando più saldamente il corpo di Hanamichi, che
non parlava più, non singhiozzava più, rimanendo imbambolato contro il suo
petto, gli occhi fissi sulle porte della sala operatoria, il respiro così
debole che lo percepiva a malapena...senza forza, senza più la voglia di
vivere...
"È colpa tua!!! È solo colpa tua!!!"
Haruko si trascinò fino a loro, senza alzarsi, e iniziò a tempestare la
schiena del rossino di pugni, scaricando tutta la sua disperazione sulla
sua schiena, afferrando un giornale e colpendolo con rabbia, vendicando la
morte di Kaede su di lui, come se avesse così potuto riportarla in vita...
"È colpa tua ridammi Kaede!!! Dovevi morire tu!!!"
"Basta!!!"
Rukawa l'afferrò per il polso e la gettò lontano, avvolgendo nel suo
abbraccio il rossino, che aveva semplicemente subito l'aggressione della
moglie, abbandonato contro di lui, senza far nulla per difendersi...quasi
accettando sul serio quella colpa.
Haruko si asciugò la bocca, fissandolo disgustata:
"Che cosa ne vuoi sapere tu? Non è tua figlia che è morta!!! Non hai la
responsabilità di difendere nessuno, tu!!!"
"Difendo lui..."
gli rispose tristemente Rukawa, rabbrividendo...
"...non è stata colpa sua, non lo puoi incolpare, ed è...mostruoso quello
che...gli...gli hai detto"
Nel corridoio scese il silenzio...nessuno fiatò per parecchi secondi.
Haruko fissava Rukawa come lo vedesse per la prima volta, gli occhi
sbarrati, increduli.
Il fratello si sedette accanto a lei, cingendole le spalle, trattenendola
da altri eventuali scatti d'ira.
Ma lei non urlò. Semplicemente, rise. Una risatina irritante, piena di
scherno. Di odio e disprezzo.
"Non è colpa sua? E allora dimmi...perché era lì, invece che tornare a
casa subito, come gli avevo chiesto?"
"...volevo solo accompagnarlo un po'...prima che partisse...anche a Kaede
lui piace"
Hanamichi si girò nell'abbraccio del moro, sfiorando la moglie con gli
occhi velati, come offuscata era la sua voce.
"...volevo solo accompagnarlo un po', prima che partisse...di nuovo..."
Rukawa gemette...non doveva aver realizzato di essere fra le sue braccia,
o probabilmente non avrebbe parlato così...
"E perché mai avresti dovuto?!"
Haruko si gettò contro di loro, sfuggendo al fratello:
"Tu lo odi!!! L'hai sempre odiato!!! Non ti è mai andato bene che abbia
chiamato Kaede così!!!"
A Rukawa parve che il viso di Hanamichi fosse arrossito, mentre lo
nascondeva di nuovo contro di lui:
"No, non è vero...Kaede è un bellissimo nome...volevo solo..."
"Uccidere nostra figlia!!! Hai ucciso tu Kaede!!!"
"Basta!!!"
Rukawa sollevò di prepotenza il rossino, e lo trascinò via, verso
l'ascensore, seguiti dagli strilli di Haruko che veniva tenuta ferma dal
fratello.
Ma...la sua voce non poteva essere bloccata...
"Ti odio!!! È colpa tua!!! Ti odio!!! Ti odio!!! Perché non sei morto
tu!!!"
Il moro tempestò di colpi il pulsante del piano, ancora rabbrividendo per
lo sguardo astioso che il Gorilla gli aveva lanciato, quando aveva
trascinato via il rossino. Finalmente le porte dell'ascensore si chiusero,
creando attorno a loro un bozzolo di pace effimera.
Rukawa sapeva che non era destinata a durare...anche se fossero riusciti a
uscire senza essere visti, sicuramente la casa del rossino era circondata
dai giornalisti.
Dove lo poteva portare? Hanamichi giaceva ancora fra le sue braccia,
immobile, simile a una marionetta senza fili...non poteva contare su di
lui.
Lo poteva solo proteggere.
Strinse i denti...casa sua era un posto sicuro. Per scoprire dove lui
aveva abitato da ragazzo, i giornalisti ci avrebbero impiegato un po',
quindi con un po' di fortuna ci sarebbero potuti arrivare per primi.
"...adesso mi devi aiutare...fatti forza"
Il rossino annuì, seguendolo docilmente fuori dall'ascensore.
"Ti ho preparato un bagno caldo, fai con comodo"
"Hn"
Rukawa lo osservò sparire dietro la porta...sembrava che un secolo gli
fosse piombato addosso, piegandolo pericolosamente...pareva sul punto di
spezzarsi.
Scosse la testa, gettando sul letto la borsa con tutti gli oggetti
pericolosi che aveva raccattato nel bagno. Rasoi, l'asciugacapelli,
forbicine...qualsiasi cosa potesse essere usato per suicidarsi, l'aveva
portata via. Per fortuna aveva viaggiato leggero, non portandosi molto
dagli States.
"...kami"
si massaggiò gli occhi, aprendo la finestra all'aria delle sere d'estate.
Non accese la luce...non pensava l'avrebbe gradita. Penombra e buio erano
più adatti...
Il moro si morse le labbra...non avevano mangiato nulla, da...quella
mattina. Anche se la fame non si era ancora fatta sentire, la parte di lui
rimasta lucida gli imponeva di nutrirsi...ne avevano entrambi bisogno.
"Non vorrà mangiare..."
sussurrò, fissando la porta del bagno.
Respirò profondamente, indeciso. Tentennò un momento, poi scese in cucina,
e preparò un tè molto forte e dolce...si sarebbero scaldati, e ne
avrebbero tratto dell'energia. Posò in un piattino dei biscotti, avrebbe
comunque provato a farlo mangiare.
Quando tornò in camera, scoprì che Hanamichi non era ancora uscito dalla
vasca...Rukawa esitò, senza sapere come comportarsi...comprendeva di
essere al momento l'unico in grado di stargli accanto, ma...come poteva
riconoscere il limite che, superato, lo avrebbe trasformato da premuroso a
soffocante?
Attese altri minuti, e infine bussò.
"T-Ti senti bene?"
Nulla.
"S-S-Sa...kura...gi?"
Nulla.
"Entro"
Rukawa abbassò la maniglia, e scivolò nel bagno immerso nella
semioscurità. Solo la luce dei lampioni, da fuori, filtrava attraverso i
vetri appannati, cadendo come una pallida cascata sul corpo del rossino,
strettamente rannicchiato a un capo della vasca, il suo sguardo perso
nella contemplazione dei riflessi incolori.
"Ehi..."
Rukawa gli circondò le spalle, attirandolo a sé:
"...hai freddo?"
Il rossino annuì con un cenno, dopo qualche attimo. I suoi occhi...non si
spostavano.
'Almeno è un po' in sé'
penso il moro, prendendo un grosso asciugamano.
"Alzati o ti ammalerai...ho preparato del tè caldo"
Hanamichi annuì di nuovo, alzandosi. L'acqua scivolò via dal suo corpo,
raggiungendo sé stessa, nella vasca...il rossino ne uscì, fermandosi
davanti a Rukawa, nudo e grondante, senza mostrare segni di freddo...il
moretto lo avvolse nell'asciugamano, attirandolo a sé.
Il suo calore di fuse con quello del rossino, mentre questi iniziava a
singhiozzare.
Rukawa gettò indietro la testa, impedendo alle sue lacrime di mischiarsi a
quelle di Hanamichi...a lui non sarebbe servito, sentirlo piangere...
Fine capitolo secondo
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