Ecco a voi il primo capitolo della terza parte della Saga di July. Sono andata un po’ sul tragico ma….per favore non abbiatecela con me  anche perché la storia è solo agli inizi.

I personaggi di Slam Dunk non sono miei ma del mitico e immenso Inoue, ed io non ci guadagno nulla..

Buona lettura (Spero) Ise.



 


La saga di July III parte - I desideri

parte I

di Ise


 

CAPITOLO 1 – L’INCIDENTE

 

Kaede era seduto sui gradini davanti all’appartamento che condivideva da due anni con Hanamichi. Aveva il capo appoggiato sulla ringhiera che costeggiava la scalinata e teneva gli occhi chiusi ma incredibilmente non era addormentato. Il suo volto era impassibile però dentro di se era euforico. Ormai lui e il suo rossino erano ad un passo dal realizzare uno dei loro sogni più grandi ovvero andare negli USA insieme per giocare a basket in un’università prestigiosa. Mancavano ancora cinque giorni alla partenza. Certo per il momento sarebbe stato uno stage di un anno organizzato dall’università giapponese attuale che frequentavano, ma visto il loro talento e che erano stati richiesti direttamente dal loro nuovo coach c’erano buone speranze che quel fermo si trasformasse in qualcosa di definitivo. Il passo successivo sarebbe stata la NBA ne era sicuro. Sia lui che il suo Do’aho avevano fatto passi di gigante nello sport che amavano, il volpino era rimasto sempre il più tecnico dei due, quello capace di grandi azioni di gioco e di segnare canestri in tutte le posizioni del campo, aveva imparato a fare un buon gioco di squadra e anche i suoi passaggi erano diventati spettacolari, il suo do’aho invece era quello più potente e abile nella difesa. Le sue marcature non lasciavano scampo, i suoi Slam Dunk conquistavano tutti, nei rimbalzi poi adesso era davvero imbattibile. L’unico suo tallone d’Achille erano i tiri da tre punti ma….dopo tutto neanche lui brillava moltissimo nei rimbalzi. Ne prendeva ma non aveva abbastanza potenza per contrapporsi a giocatori fisicamente più dotati di lui. Doveva ammettere suo malgrado che ormai era difficile dire chi era il più forte fra loro due, però la cosa non era importante perché il loro gioco era complementare, l’uno brillava anche perché giocava con l’altro, così com’era nella vita privata infatti era anche nel campo di basket. Loro erano forti perché erano uniti da un legame che superava qualsiasi confine e che scendeva pure in campo con loro. In terza superiore era stato ben lieto di lasciare la maglia di capitano ad Hanamichi, lui non si sentiva portato per gestire una squadra, non era nel suo carattere incitare i suoi compagni quando erano in difficoltà, quello era il mestiere adatto al suo Do’aho. Il suo compito era quello incoraggiare Sakuragi, spingerlo ad alzarsi anche quando sembrava  buttare la spugna, era per questo che era un abile vice capitano. Sia in seconda che in terza superiore Rukawa aveva vinto il premio come MPV nel torneo  nazionale però l’ultimo anno aveva dovuto condividerlo anche con il suo ragazzo, infatti la commissione non era riuscita a trovare una decisione uniforme per assegnare il titolo. Poco male, sia Kaede che il rossino erano stati felici di quella prima eccezione nella storia del torneo e quando erano rimasti da soli nella loro stanza avevano festeggiato a loro modo.

 

Il loro rapporto al di fuori del basket ormai era perfetto. Il loro legame non dava per niente segni di cedimento e si, che ormai erano circa quattro anni che stavano insieme. Dopo la loro prima volta il rossino si era scatenato, non mancava giorno che non chiedesse di fare l’amore con lui. Praticamente il Do’aho aveva trascorso il secondo anno delle superiori a casa sua come ospite fisso. Ogni notte era da lui, ogni giorno andavano a scuola insieme, mangiavano insieme, Hanamichi viveva solo per proforma a casa dei suoi genitori in verità lui e Kaede convivevano già  e fu quello il motivo che  l’anno dopo li spinse a trovare un appartamento tutto loro. Anche se i genitori del volpino non erano quasi mai a casa, dove passavano le loro giornate era pur sempre la loro abitazione e i due ragazzi avevano deciso che volevano dimostrare di essere maturi e di avere la capacità di cavarsela da soli in vista anche del loro futuro negli Stati Uniti. Il  sogno di Rukawa di giocare nell’NBA già in quel periodo era diventato pure del suo ragazzo, ormai nonostante le loro divergenze di carattere sembravano quasi vivere in simbiosi. Entrambi si erano trovati un lavoretto e con quello, con un po’ di organizzazione erano riusciti a mantenersi egregiamente. All'inizio era stata dura, la scuola, il basket, il lavoro ma….ne era valsa la pena perché avevano dimostrato sia agli altri che a loro stessi di poter dare vita ad un vero ed equilibrato rapporto di coppia. Comunque ancora adesso non erano tutte rose e fiore, molto spesso litigavano come appena conosciuti ma dopo era sempre bello fare la pace. Non c'erano dubbi lui ed il rossino erano nati per stare insieme, per fortuna che dopo un inizio burrascoso fatto di litigi ed insulti lo avevano capito, certo erano stati aiutati da un pasticcione angelo custode a far chiarezza nei loro sentimenti ma…Kaede sapeva che prima o poi visto ciò che li legava sarebbero finiti lo stesso l'uno nelle braccia dell'altro anche senza l'intervento di July. Solo che conoscendo il loro orgoglio smisurato, avrebbero potuto passare anni prima del chiarimento e le cose nel frattempo avrebbero potuto complicarsi maggiormente.

 

Kaede aprì gli occhi e guardò l'orologio che teneva al polso. Era un Rolex di lusso regalatogli da Hanamichi per il suo ventesimo compleanno. Aveva lavorato moltissimo per poterselo permettere. Voleva donargli qualcosa di speciale e che lui proprio non avesse e quando aveva visto quell'orologio aveva capito che era la cosa giusta. Aveva il centurino dalla parte destra blu come gli occhi del volpino e quello sulla parte sinistra rosso come i capelli del Do'aho. Le due stringhe  convergevano sul riquadro dell'ora dorato sul bordo esterno e arancio all'interno, questi era poi oltrepassato da piccoli raggi neri che davano quasi l'idea di un pallone di basket. Il significato per entrambi di quell'orologio era palese ovvero loro due uniti per sempre. Anche lui per il compleanno del Do'aho di quell'anno aveva pensato ad un regalo speciale ovvero un anello. Lo aveva anche già comprato nonostante mancasse ancora un mese, era perfetto per lui, non tanto grosso da dargli fastidio mentre giocava ne tanto piccolo da passare inosservato. Aveva una siluhette estremamente prestigiosa e ricamate nel retro  c'erano  due parole semplici ma importantissime Ti amo seguite dalle loro iniziale Da K a H.  Sarebbe stato il suo modo di chiedere ad Hanamichi di "sposarlo", se voleva passare tutta la sua vita con lui. Il rossino risvegliava in lui sempre il suo lato romantico non sapeva come faceva era istintivo, sapeva che il suo ragazzo aveva sempre bisogno di conferme, era nel suo carattere necessitare di parole e lui che ne era restio con  quel dono avrebbe impresso i suoi sentimenti su qualcosa di tangibile per sempre.

 

Il volpino sbuffò. Hanamichi era già in ritardo di mezz’ora e la cosa era molto strana. Di solito infatti quando si trattava di lui era sempre puntuale. Era uscito per un incontro con i loro amici e lui non aveva proprio voluto seguirlo. Era ancora un orso solitario che non ricercava la compagnia di molta gente e quando poteva, se poteva, preferiva restarsene per conto suo o solo con il Do'aho. Anche perché nella seconda ipotesi le cose potevano degenerare in una maniera molto piacevole. Sorrise leggermente mentre pensieri poco puri gli filtravano sul cervello. Desiderava da impazzire il suo ragazzo, era straordinario quanto gli era entrato dentro ed era impossibile da credere solo quattro anni prima quando lui, Kaede Rukawa, tentava di legarsi il meno possibile.

 

Si alzò in piedi. Cominciava a farsi tardi. Se volevano raggiungere l'ambasciata per ritirare i visti e il permesso di soggiorno per andare in America, dovevano spicciarsi. Che fine aveva fatto Hanamichi? Finì di scendere le scale e girò la testa a destra e sinistra per controllare se riusciva a scorgerlo nella strada ma di lui non c’era ancora nessuna traccia. Si risedette di nuovo sull'ultimo gradino della scalinata e cominciò a picchiettare il ginocchio destro con le dita. Era preoccupato per cui dopo pochi secondi si rialzò. Forse aveva avuto un contrattempo e gli aveva telefonato. Risalì le scale, cercò le chiavi nelle tasche dei jeans azzurri e attillati che indossava, con le mani che tremavano riuscì ad aprire la porta dopo due minuti e a dirigersi verso il soggiorno. La segreteria telefonica era attaccata, ma non c'erano messaggi.

 

I suoi occhi furono attratti dall’ora che brillava sul display del telefono, erano le 16.30. Non poteva essere vero. Riguardò il suo rolex segnava ancora le 15.30. Osservò meglio e notò che si erano fermate le lancette, non si muovevano più. Agitò il polso nel tentativo di farlo ripartire, ma fu tutto inutile il suo orologio non dava più segni di vita. Cominciò a sudare freddo, capendo solo in quel momento che se così stavano i fatti il rossino non era in ritardo di mezz’ora ma bensì di un’ora e mezza. Pensando a loro due il tempo era passato senza che lui se ne accorgesse. Deglutì rumorosamente mentre sentiva un ansia tremenda crescergli dentro. Aveva un brutto presentimento. Se Hanamichi non era ancora ritornato a casa, non poteva che significare una cosa, gli doveva essere successo qualcosa di brutto. No, non poteva essere vero. Le sue mani e il suo corpo cominciarono a tremare convulsamente, aveva completamente perso il suo proverbiale controllo. Si appoggiò al divano per tentare di calmarsi. Tirò qualche respiro profondo pensando positivo, forse anche il do’ aho aveva perso il sentore del tempo divertendosi ed in verità non era successo proprio niente. Si, doveva credere che le cose fossero andate in quel modo. Maledizione, imprecò fra se mentre correndo usciva di casa, sbatteva la porta dell’appartamento senza chiuderla a chiave e scendeva le scale due a due. Doveva trovare Hanamichi e sapere se stava bene. Non riusciva a scacciare da se la preoccupazione, sentiva infatti che c’era qualcosa che non andava. Raggiunse la strada in fretta e mentre decideva in che direzione andare un taxi giallo si fermò a pochi metri da lui.

 

Ne scese con un’espressione che non prometteva niente di buono Mito. Rukawa vide nel suo volto la conferma al suo brutto presentimento. Subito gli fu davanti e urlò facendo trapelare tutta la sua frustrazione “Dov’è Hanamichi?”

 

Yohei che non si aspettava di trovarselo di fronte così all’improvviso abbassò gli occhi per guardarsi le scarpe deglutendo.  Cominciò a balbettare dicendo “Beh, ecco, vedi…”. Sembrava cercare di trovare le parole adatte per rivelare una terrificante notizia però i suoi occhi lucidi non davano ombre di dubbi per cui Rukawa lo afferrò per le spalle e senza mezzi termini sibilò “Cos’è successo ad Hanamichi? Perché non è con te?”

 

Mito capì che era inutile tentare di indorare la pillola, respirò profondamente e cominciò a parlare “Circa un’ora fa Hana ha avuto un incidente. Si era accorto di essere in ritardo per venire da te e allora di fretta ha attraversato la strada senza guardare se passavano delle macchine. E’ stato tranciato di netto da un’utilitaria. Subito abbiamo chiamato un ambulanza ed è stato portato in ospedale e noi lo abbiamo seguito per avere notizie. E’ ancora in sala operatoria e versa in condizioni critiche. I dottori non sanno se riuscirà a sopravvivere, quindi ho deciso di venire ad avvertirti personalmente”

 

Rukawa non ebbe bisogno di altre parole. Spinse Mito di nuovo nel taxi e con un gesto secco della mano incitò il compagno ad ordinare al taxista di portarli in ospedale. Il suo volto non rivelava nulla e la sua anima era arida. Ancora non aveva ben compreso la portata della notizia. Non riusciva a credere che Hanamichi stesse morendo. Non poteva concepire la sua vita  senza di lui. Il rossino era forte, ce l’avrebbe fatta anche quella volta, ne era sicuro.

 

Il viaggio si svolse in religioso silenzio per un po’. Purtroppo però era orario di punta al centro in quel momento e così l’autoveicolo finì molto presto per essere imbottigliato nel traffico. Rukawa aspettò per alcuni secondi per vedere se la situazione si sarebbe risolta ma rendendosi conto che sarebbe andata per le lunghe spazientito aprì la portiera del taxi e uscì. Cominciò a correre come una furia disperato in direzione dell’ospedale, il cuore  gli batteva a cento e la fatica  l’opprimeva ma non se ne avvide. Non ebbe momenti di esitazione, era spinto dal dolore e dall’angoscia a raggiungere il prima possibile la sua meta. Doveva sentire con le proprie orecchie e constatare con i propri occhi che Hanamichi era uscito dalla sala operatoria ed era fuori pericolo.

 

Mito intuì subito cosa volesse fare Kaede quando era uscito dal taxi ed allora fece lo stesso. Uscì dall’automobile, pagò il taxista con i soldi che aveva in tasca e gli corse dietro. Molto presto venne distanziato, l’altro aveva proprio le ali ai piedi ma non si arrese. Continuò a correre, anche lui era amareggiato, triste, disperato. Hanamichi era sempre stato il suo migliore amico e ora rischiava di perderlo a causa di uno stupido incidente.

 

Kaede arrivò con il fiatone nella reception dell’ospedale. Riprese fiato per qualche secondo e si avvicinò al banco dove c’era un’infermiera intenta a telefonare. Tentando di mantenere la voce più ferma possibile chiese “E’ stato portato qui un ragazzo vittima di un incidente stradale, dov’è ora?”

 

La donna però non rispose continuò a chiacchierare con il suo interlocutore per quella che suonava alle orecchie del volpino come una conversazione banale e frivola. Il moretto allora s’indispettì, quella stupida parlava per niente mentre Hana era in pericolo, tuttavia tentando comunque di rimanere calmo e alzando solo leggermente la voce ripose la domanda di prima, ma ancora non ebbe risposta. Ormai era al limite, sembrava infatti che la sfortuna fosse entrata in pianta stabile nella sua vita in quelle ultime ore e non ne poteva più, afferrò la cornetta dalle mani della donna e la schiacciò a terra dopo di che con occhi scintillanti di rabbia e voce secca che non ammetteva repliche domandò “Dov’è Hanamichi Sakuragi?”

 

L’infermiera si spaventò, quel ragazzo sembrava fuori di se e pronto a sbranarla al minimo passo falso e mormorò “Scusi, signore, un attimo di pazienza. Non muore mica nessuno sa”

 

“Questo lo dice lei” ringhiò il volpino “Voglio sapere dov’è il mio ragazzo?”

 

La donna allora titubante e facendosi piccola, piccola, piagnucolò  “Si calmi per favore! Altrimenti mi innervosisco e non combino più niente. Mi ripete il nome di chi cerca?”

 

“Sakuragi Hanamichi” rispose Kaede riprendendo un po’ di controllo.

 

L’infermiera si avvicinò al computer del banco, aprì il programma di ricerca, digitò la prima lettera e dopo chiese “Mi farebbe lo spelling?”

 

Il volpino sentì nuovamente il sangue ribollire, ma in quell’ospedale chi assumevano, solo gli incompetenti? Però si sforzò di rispondere con voce atona “S A K U….”

 

“Kaede che ci fai li?” una voce conosciuta gli fece voltare il volto verso una piccola entrata che dava ai reparti di chirurgia.

 

“Hisashi” sussurrò. Raggiunse il suo ex compagno di squadra velocemente senza più badare all’infermiera inetta e quando gli fu vicino  pose sempre la solita domanda, l’unica cosa che gli premeva di sapere “Dov’è Hanamichi?”

 

Mitsui non rispose si limitò a fargli strada. Kaede avendo notato che anche l’ex teppista aveva gli occhi lucidi e un’espressione triste non ebbe il coraggio di domandargli come stava il suo ragazzo. A passi lenti e con un misto di aspettativa e paura, avrebbe infatti desiderato sia che quel tragitto si protrasse per sempre sia che finisse subito raggiunsero il secondo piano, il volpino non fece caso ai cartelli che segnavano la porta, si accorse solo di essere in un reparto. Hanamichi doveva essere uscito dalla sala operatoria e se così era, forse era fuori pericolo. Passarono un intero corridoio e dopo Hisashi girò a destra e così Rukawa si trovò davanti ai ragazzi che erano usciti con il rossino ovvero Kogure, Haruko, Uekuso, Takamiya, Noma, Akagi e a sua madre.

 

La signora Sakuragi appena sentì dei passi avvicinarsi alzò la testa rivelando un volto rigato di lacrime e visto Rukawa gli fu subito addosso abbracciandolo. Fra un singhiozzo e l’altro riuscì a dire “Hanamichi è la dentro ed è…..” e la voce le s’incrinò.

 

Il resto dei presenti lo guardavano chi piangendo chi con espressione triste e impotente.

 

Il volpino si divincolò dall’abbraccio della donna e s’avvicinò alla porta oltre alla quale doveva esserci il suo adorato Do’aho. Non riusciva a capire cosa gli altri volevano dirgli con quegli sguardi, cosa la madre di Hanamichi aveva provato a sussurrargli prima di interrompersi troppo addolorata per proseguire. Il rossino non poteva essere morto. Guardò all’interno della stanza dalla finestrella che era aperta sulla porta e che serviva per controllare i pazienti dall’esterno e vide il Do’aho steso su un letto bianco ed anonimo, con un respiratore in bocca, svariati fili che gli partivano dal corpo e lo collegavano ad una macchina ed un flebo legato al braccio. Sembrava addormentato, quindi  non era morto, ma perché tutti erano così disperati. Proprio in quel momento la signora Sakuragi ritrovò la voce e quello che disse  gli arrivò al cuore come una stilettata “Hanamichi ha l’encefalogramma piatto. Sopravvive solo attaccato ai macchinari”

 

Il volpino non poteva crederci. Riguardò il suo ragazzo dentro la stanza mentre due sole lacrime gli uscivano dagli occhi incorniciando  il volto ancora inespressivo. Il do’aho sembrava stare bene e che potesse svegliarsi da un momento all’altro com’era possibile che quello che diceva sua madre fosse vero? Si girò in direzione della donna per guardarla negli occhi e vi lesse la sincerità. Perché poi doveva mentirgli? Perché il destino era stato così cattivo con lui? Il resto per Rukawa fu solo il vuoto assoluto. Le gambe gli cedettero e si ritrovò in ginocchio seduto a terra con le braccia aggrappate a pugno alla porta, incapace di entrare e dare l’ultimo saluto all’unico grande amore della sua vita.

 

Il volpino sopraffatto com’era dai sensi di colpa non sentì Mito arrivare ed apprendere la notizia, non sentì i gemiti del ragazzo mentre si accasciava tra le braccia di Haruko che tentava inutilmente  di consolarlo. L’unico pensiero che angosciava Kaede era che quel giorno avrebbe dovuto uscire con lui, così lo avrebbe scortato sano e salvo a casa ed invece a causa del suo carattere della sua ritrosia lo aveva perso per sempre.

 

L’ex asso dello Shohoku non fece caso ai dottori che avvicinatesi alla madre di Hanamichi le chiedevano l’autorizzazione al donare gli organi, invaso dai ricordi felici che avevano vissuto insieme  lui e il do’aho e fu proprio allora che gli sovvenne alla memoria di aver già provato una volta quell’identica sensazione di perdita e impotenza, anche se in quell’occasione aveva reagito in maniera completamente diversa. Ad Another Country dentro l’illusione di Tetraf lui aveva già vissuto una volta la morte di Hana e al ricordo di quell’episodio della sua vita, di quella grande avventura che gli aveva permesso di conoscere alcuni dei suoi più grandi amici odierni nel cuore gli nacque una piccola speranza.

 

April e July forse potevano fare qualcosa per salvare il rossino, dopo tutto Kaede aveva ancora un desiderio a disposizione donategli per aver salvato il loro mondo, i regnanti gli avevano detto che con i loro poteri combinati avrebbero potuto ottenere qualunque cosa, perché allora non salvare la vita ad Hana? Sarebbero stati anche loro ben felici di farlo visto che era un loro grande amico, il loro testimone di nozze, uno dei due padrini dei gemelli che avevano avuto tre mesi fa.

 

In effetti era dalla cerimonia di presentazione dei figli che non vedevano più i regnanti di Another Country ma d’altra parte in quegli ultimi mesi lui ed Hana erano stati impegnatissimi a gestire il loro trasferimento negli USA, mentre April e July avevano dovuto imparare a convivere con la responsabilità di avere dei bambini ed imparare a essere dei bravi genitori non perdendo però di vista che dovevano anche governare un mondo la cui unione e coesione era ancora molto fragile. In quei tre anni infatti tante volte i due regnanti aveva dovuto calmare delle rivolte nate da persone che credevano ancora nella divisione fra Brezze Marine e Terre Rovente. Molto spesso April e July erano stati pure costretti a chiedere l’intervento dei guerrieri di un altro mondo con l’ausilio dei guardiani per sedare le rivolte ed in effetti per lui ed il rossino Another Country era diventata una seconda casa, la loro vita segreta, quella che nessuno conosceva. Per quel posto infatti loro erano due super eroi tipo supermen e la cosa era stimolante. Avevano legato molto con gli abitanti di quel pianeta. Le persone che avevano conosciuto in quel primo viaggio erano diventate dei punti di riferimento nelle loro vite. Bora era diventato anche il loro medico e si divertiva a studiare oltre che l’organismo dei Terra Rovente e dei Brezza Marine anche quello terrestre, sua moglie era una donna molto dolce ma decisa e sapeva sempre dare dei buoni consigli nel momento giusto, Rouge poi si stava facendo proprio una bella ragazza, i suoi amici erano quasi tutti innamorati di lei e ogni giorno che passava dimostrava un’arguzia ed un’intelligenza fuori dal comune, sarebbe diventata un ottimo primo ministro. Summer sentendosi vecchio si era ritirato dal consiglio e viveva a corte facendo da padre a July come aveva sempre fatto. Wind era diventato la guardia del corpo di entrambi. I matrimoni misti erano sempre di più ed Another Country si stava ripopolando in fretta aiutato anche dal clima diventato più piovoso e dal terreno più florido. Per April e July il discorso variava, per vederli non serviva andare ad Another Country visto che molto spesso i regnanti andavano a trovarli anche sulla Terra e qui si fermavano. All’inizio del loro matrimonio infatti molto spesso la bionda e il moro litigavano perché diversi e andavano da loro per farsi consigliare. Era buffo vedere due persone deformed avere delle accese discussioni  in diretta e dopo abbracciarsi e fare pace, ma dopo un po’ lui e il rossino ne avevano fatto l’abitudine. Loro quattro erano molto affini intellettualmente, si trovavano molto a discutere e pure  per lui era molto facile comunicare visto che bastava usare la forza del pensiero e non doveva sprecare le corde vocali. Erano April e July che li venivano a prendere per portarli periodicamente ad Another Country. E proprio perché avevano comunque mantenuto i rapporti con quel mondo e il  loro orgoglio non gli permetteva di barare per raggiungere i proprio obiettivi, preferendo sforzarsi con i propri mezzi lui ed Hanamichi non avevano mai sentito l’utilità di usare i due desideri che avevano a disposizione. Dopo tutto poi avevano capito leggendo dei libri magici che l’uso dell’immenso potere che April e July avrebbero impiegato sulla Terra si sarebbe ripercosso anche sui due regnanti indebolendoli e i due terrestri non volevano far loro correre dei grossi rischi per nulla. Però ora era giunto il momento giusto per usare almeno un desiderio. Il suo, quello che gli avrebbe permesso di dare ancora un senso alla sua vita, perché se Hana fosse morto anche una parte di lui, quella migliore se ne sarebbe andata via per sempre. Inoltre, poi, avrebbe saputo anche come stavano i suoi amici di Another Country e soprattutto i suoi figliocci visto che era da un po’ che non li sentiva. Avrebbe preso due piccioni con una fava.

 

Reso più forte da quella speranza, allontanando il dubbio che forse il salvare la vita ad una persona era al di fuori anche dalla portata di April e July, entrò nella stanza dove Hana era intubato. Nessuno fece niente per impedirglielo, dopo tutto lui aveva il pieno diritto di salutare il suo ragazzo. Si avvicinò al letto, strinse la mano destra del rossino con la sua sinistra. Dopo di che si sedette sulla sedia vicino al letto, si sfilò il ciondolo che aveva al collo e che portava le iniziali AC, era giunto il momento della verità, lo afferrò con entrambe le mani tremanti e si concentrò sui suoi amici di Another Country, desiderò che arrivassero li il prima possibile.

 

La sua convocazione fu subito accolta, un leggero fumo si creò dal nulla e da esso nacquero April e July in versione super deformed con un dolce sorriso che si trasformò in una smorfia d’angoscia quando videro gli occhi lucidi di Kaede e il rossino bianco come un cadavere steso sul letto.

 

La regina si portò la mano sulla bocca trattenendo un gemito mentre July si avvicinò chiedendo “Cosa è successo ad Hanamichi?”

 

Kaede trovò la forza di dire “Ha avuto un incidente, è come se fosse morto. Esaudite il mio desiderio, salvategli la vita”

 

I due regnanti si scambiarono uno sguardo triste e poi abbassarono lo sguardo. Non avevano cuore di rivelare quello che dovevano al volpino.

 

Rukawa allora capì che c’era qualcosa che non andava “Non potete?” sussurrò esangue.

 

“Tu non puoi sapere quanto vorremmo. Vi abbiamo lasciato due mesi fa che stavate bene e progettavate la vostra vita futura e poi non ci siamo più fatti vivi perché in questo ultimo periodo siamo stati impegnati con i bambini. Mai e June sono due autentiche pesti. Se solo fossimo stati qua prima, forse avremmo potuto fare qualcosa ma ora non è più possibile. Non possiamo interferire nelle faccende di vita e di morte”

 

“Anche perché” continuò April in lacrime “I miei poteri si sono indeboliti da quando ho avuto i gemelli. Forse nel pieno delle forze avrei potuto tentare qualcosa ma ora…..E’ tutta colpa mia”

 

July l’abbracciò per consolarla mentre Kaede sussurrava “Non è colpa tua. La colpa è solo mia avrei dovuto essere con lui”. Il volpino dentro di se morì un’altra volta, si chinò sul volto del rossino e baciò con le sue, le labbra gelide del suo amante. Circondò con le braccia il corpo di Hanamichi e lo strinse cominciando a piangere con una disperazione che mai avrebbe immaginato di provare.

 

Anche April e July si lasciarono completamente andare alle lacrime, il rossino era uno dei loro più cari amici. Perché era successo una cosa del genere? Perché non potevano aiutarlo? Avevano un grosso potere ma non riuscivano a rendere felici chi amavano quando questi si rivolgevano a loro. Era un’ingiustizia. Doveva esserci un modo. Mentre ci pensava su il re di Terre Rovente fu attraversato dal ricordo di una nozione imparata anni fa. Si separò dalla moglie e senza dare spiegazioni allo sguardo confuso di lei, schioccò le dita e scomparve.

 

Ritornò alcuni secondi dopo, tenendo un polveroso libro tra le mani, cercò la pagina che gli interessava e lo fece leggere ad April.

 

La regina riprese subito il controllo e con il tono duro e atono che teneva anni addietro quando voleva farsi obbedire dai Brezza Marine chiamò “Kaede, forse c’è un modo per salvare Hanamichi ma abbiamo  bisogno del tuo aiuto”

 

Il volpino si riscosse trovando nel suo cuore ancora un po’ di forza per rimanere ancorato al presente e sperare nuovamente “Cosa?” domandò con un filo di voce.

 

April fece il segno a July di leggere “E’ possibile salvare la vita ad un abitante della Terra solo se un sciamano potente sarà disposto ad una rinuncia consenziente. Il soggetto in questione dovrà rinunciare alla cosa che a più tiene. E’ escluso ovviamente il legame che ha con la persona da salvare.  Alla fine del processo di guarigione il sciamano non potrà più usare la cosa a cui ha rinunciato senza avere una forma di rigetto. Facendo leva sulla forza racchiusa in questa rinuncia, se il potere dell’abitante di Another Country che vuole effettuare l’incantesimo di “resurrezione” è abbastanza forte, si può provvedere a salvare la vita ad una persona che però deve avere ancora il cuore che batte”.

 

“Tu sei lo sciamano potente” disse April con espressione tirata e triste “E noi due insieme dovremmo avere abbastanza potere. Potremmo realizzare il tuo desiderio solo se rinuncerai a….” si bloccò, sapeva quanto Kaede teneva a quella cosa e non aveva il cuore di nominarla.

 

“A giocare a basket?” continuò per lei Rukawa.

 

I due regnanti asserirono con il capo.

 

Il volpino guardò Hanamichi, poi il suo sguardo si fissò su la bionda e il moro e……..

 

FINE CAPITOLO 1 – L’INCIDENTE

 

Kaede: O______________O

Hana mezzo morto: __________________________________

Tutti: Grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ise: E’ meglio che mi rifugio in un bunker prima che qualcuno pensi di farmi la pelle.

Tutti + Kaede: Ise noi ti ammazziamo!!!!!!!!!

Ise che scappa inseguita da tutti: Ecco come non detto. Ci vediamo nel prossimo capitolo ovvero La rinuncia (Quale? Hana o il basket? Che brutta scelta per il volpino) se sarò ancora viva. Pista!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Qualcuno mi aiutiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii.

 

L’ANGOLO DI ISE

Eccomi di ritorno con i desideri. So che in questo capitolo sono andata un po’ nel deprimente forte. Perdonatemi vi prego, tenterò di risollevarvi lo spirito con i prossimi capitoli. Almeno spero.

Comunque il capitolo come lo trovate? Non è granché vero? Ultimamente infatti non riesco a combinare più niente di buono. Adesso vi saluto. Un bacione. Ise.





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