DECLAMERS: i personaggi non sono miei, ma del mitico
Inoue sensei. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto
personale! ^__^
NOTE: i nomi dei nostri amici subiranno dei cambiamenti, come qui riportato:
Hanamichi-Bardiel; Hiroaki-Melalhel; Nobunaga-Samael; Kiminobu-Uriel;
Kenji-Arael; Ryota-Leliel.
Per i nomi ho preso spunto dalla mitologia angelica cristiana.
La squadra dello Shohoku, invece, è così composta:
Shinichi Maki: capitano
Toru Hanagata: vice capitano
Kaede Rukawa: ala
Hisashi Mitsui: ala
Akira Sendo: centro.
NOE 2: i guardiani saranno un tantino ooc, ma considerate che hanno vissuto
isolati nel Regno di Gaia e il mondo per loro è come una caramella dal gusto
dolce e tutto da scoprire.
DEDICHE: alla mia sis, prima fan della serie! E poi a tutte le ragazze che
fino ad ora me l’hanno richiesta. Alla fine arriva! -____-
DEDICA SPECIALE: alla fine... ^^
I cinque
guardiani
parte V
di
Soffio d'argento
Akira cercava inutilmente di dare un aspetto
decente ai capelli. Dopo la sfuriata di Hiroaki, Kenji aveva asciugato i
suoi capelli con la forza della luce, ma non aveva potuto sistemarli come
avrebbe voluto. Kaede non conosceva il significato della parola “gel” e
adesso aveva i capelli che gli ricadevano sul viso, quasi più lunghi di
quelli del suo guardiano in vesti umane.
Il silenzio che giaceva fra loro, era scandito e rafforzato dai continui
borbottii del ragazzo più alto, che, ogni tanto, pensando di non essere
visto, lanciava occhiate malevole al compagno accanto.
Melalhel non faceva caso ai continui borbottii. Camminava con lo sguardo
alto, torvo e minaccioso, che spaventava tutte le persone che gli
scivolavano vicine. Detestava confondersi con gli “umani”, ma se voleva
proteggere il suo raggio di luce e salvare Gaia, non poteva fare
altrimenti. Doveva assolutamente confondersi con la folla e dare
nell’occhio il meno possibile, come il resto dei suoi fratelli. Pensò un
attimo alle loro forme umane e alla scelta di Bardiel. Lui sì che avrebbe
attirato l’attenzione, ma non c’era modo per fargli cambiare idea. Lui era
assolutamente orgoglioso dei suoi capelli rossi come il fuoco e non vi
avrebbe mai rinunciato. Bardiel sapeva essere testardo, almeno quanto il
suo raggio di luce. E questo riportava la questione al punto critico.
Melalhel era consapevole di avere un carattere un po’ “scontroso”, forse a
volte era pure piuttosto irascibile, ma era parte di sé e non poteva farci
nulla. Anche prima aveva perso la pazienza allagando la casa del raggio di
Bardiel, ma fortunatamente erano intervenuti i suoi fratelli a rimettere a
posto ogni cosa, ma adesso come avrebbe fatto? I suoi fratelli erano
lontani e, comunque fossero andate le cose, non potevano intervenire ad
ogni nuvola. In questa maniera avrebbe messo in pericolo la missione e la
loro Gaia sarebbe… non voleva neppure pensarci. Si sarebbe controllato,
avrebbe contato fino a mille, ma poi ascoltando l’ultimo borbottio del
raggio, pensò di aumentare fino a diecimila.
<< Si può sapere che hai? Stai borbottando da quando abbiamo lasciato la
casa del raggio di luce di Bardiel. >> sospirò rassegnato Melalhel.
<< Ti sembra che debba avere qualcosa? >> rispose Akira sbuffando e
voltandosi dal lato opposto in cui camminava il Guardiano.
Melalhel alzò un sopracciglio con fare contrariato.
<< Senti raggio di luce, noi… >> cercò di cominciare.
<< Non mi chiamo raggio di luce, Pallino… >> disse Akira voltandosi di
scatto, con un sorriso ironico sul viso.
<< No-non mi chiamo Pallino! Detesto quel nome! Mi pareva di avertelo
fatto capire! >> farfugliò rosso dall’imbarazzo il guardiano.
<< Hai ragione… Alcibiade… >>
<< Akira! >> quasi urlò il ragazzo.
<< Oh! Vedo che allora il mio nome non ti è sconosciuto! Vedi di
ricordartelo la prossima volta. >>
Detto questo, Akira allungò il passo, sistemandosi davanti al guardiano, e
per un po’ di strada camminarono così.
Giunsero davanti alla stazione quasi del tutto deserta.
<< Akira? >>
<< Che vuoi?! >> si fermò sbuffando il ragazzo.
<< Senti… volevo dirti che… vedi… io… >>
<< Non ha importanza. A quanto pare c’è qualcosa di cui né tu né i tuoi
fratelli volete renderci partecipi e posso pure capirvi, ma tu cerca di
capire noi. Noi siamo ragazzi normali Hiro. Noi andiamo a scuola,
giochiamo a basket. Noi non capiamo nulla della fine del mondo, ci siamo
ritrovati in questa guerra senza volerlo. >>
Akira distanziò di qualche passo il Guardiano. A quell’ora di notte, la
zona limitrofa alla metropolitana era pressoché deserta. I pochi
nottambuli si ammassavano nei locali notturni, pieni di luci e fumi
particolari.
Melalhel ed Akira camminavano in silenzio, il primo seguendo il secondo.
Non era bravo con le parole Melalhel. Lui amava di più l’azione, il
confronto, come Bardiel. Le parole si addicevano di più ad Uriel e Arael.
Eppure sentiva di doversi scusare, proprio lui che non si era mai scusato
con nessuno, il più orgoglioso dei sei guardiani.
<< Siamo arrivati. >>
Melalhel alzò lo sguardo verso il grande cartellone della metropolitana.
Vide Akira scendere le scale senza dire una parola e lui si trovò a
seguirlo, prima solo con lo sguardo, poi incamminandosi dietro di lui.
Raggiunsero la piattaforma 8 e rimasero ad aspettare. Il metrò sarebbe
passato a momenti. Akira guardò nervoso l’orologio, un paio di volte.
<< Pensavamo che foste già a casa. >>
<< Hisashi! E voi che ci fate qui? >> chiese Akira.
Melalhel si avvicinò al fratello maggiore abbracciandolo. Hisashi e Akira
li sentirono mormorare qualcosa in una strana lingua e si allontanarono un
attimo.
<< Allora? Come mai da queste parti? >> chiese Akira.
<< Ayako non abita molto lontano e, dato che il prossimo sarà l’ultimo
metrò, Uriel ci ha trasportato qui con la forza del vento. Non immagini
che meraviglia! >> poi guardò Akira: << Qualcosa non va? >>
<< Quel ragazzo è impossibile! Ha un carattere assurdo. S’infuria per
nulla, se avesse ancora i canini scommetto che mi morderebbe! >>
<< Praticamente non è cambiato! >> rise allegramente il mago dei tre punti
dello Shohoku.
<< Spiritoso! Certo che è cambiato…. >> disse guardando di sfuggita i due
guardiani: << Adesso lui è… >>
<< Un bel ragazzo che risveglia sani appetiti! >> sorrise ancora di più
Hisashi.
<< E poi l’hentai sarei io, vero? >>
<< Infatti! È la tua influenza che mi fa diventare così. Seriamente Akira…
credi che per loro sia facile vivere qui, in un mondo che non conoscono?
Hanno sempre vissuto isolati chissà dove, combattendo battaglie su
battaglie. Credi che per loro sia facile affrontare questa lontani da casa
e soprattutto l’uno dall’altro? >>
<< Non è facile neppure per noi. >>
<< E’ vero! Ma prova a metterti nei loro panni… hanno vissuto sempre
assieme e ora sono costretti a stare separati; hanno vissuto isolati dal
mondo e ora si trovano a farne parte; hanno sempre combattuto mentre noi
giocavamo e ci divertivamo. Devi avere un po’ di pazienza. >>
Il metrò arrivò in quel momento.
<< Hai ragione, Hisashi. >> disse Akira varcando la soglia.
<< Io ho sempre ragione! >> sogghignò Hisashi, andandosi a sedere accanto
al compagno di squadra, mentre Melalhel e Uriel si sistemarono di fronte.
Quando i ministri entrarono nella sala del
trono, trovarono Leliel seduto ai piedi della teca di cristallo. Teneva una
mano all’altezza del cuore dello spirito addormentato e il viso reclinato
sul freddo cristallo. Aveva un’espressione stranamente rilassata sul volto.
<< Leliel… >> provarono a chiamarlo i ministri.
Il guardiano rimase in quello stato di dormiveglia per pochi attimi. Aprì
lentamente gli occhi e il nero della notte sfiorò i volti dei ministri, che
rabbrividirono.
<< Ho fatto un sogno. >> disse semplicemente.
I ministri lo guardarono confusi. Leliel si alzò e tornò a scrutare il
grande specchio dietro la teca in cui era imprigionata Gaia. Si passò una
mano fra i lunghi capelli neri. I ministri rimasero in ascolto. Leliel si
voltò verso di loro, facendo scivolare il suo sguardo su ogni ministro,
infine accostandolo al volto pallido di Gaia.
<< Il giorno della grande battaglia finale si sta avvicinando. I Guardiani
proteggeranno i raggi di luce fino al momento fatidico. Ministri rafforzate
la barriera di protezione sull’intero regno. >>
<< O Grande Leliel! È infine giunta la morte di Gaia? >>
<< No. Fidatemi di me, ministri, e presto la nube si dissiperà. >>
I ministri si congedarono dal sommo Guardiano. Leliel si sedette sul trono
di Gaia e fece un sospiro profondo. Quel che non aveva detto ai ministri e
che avrebbe taciuto persino ai fratelli, era stata una parte del sogno. Le
sue parole erano quelle di Gaia. Lui l’aveva sognata, quindi era ancora
viva, ma per quanto ancora lo sarebbe stata? Il suo volto era emaciato e
sofferente, persino le sue parole uscivano a fatica. E in verità non era
solo questo ciò che gli aveva rivelato. Leliel si coprì il volto con le
mani. Ce l’avrebbero davvero fatta a vincere?
Hisashi e Uriel scesero due fermate prima di Akira e Melalhel. Per tutto il
viaggio, i quattro ragazzi erano rimasti in silenzio. Akira aveva tenuto
costantemente il viso rivolto verso l’esterno, verso quel muro nero e veloce
che scorreva accanto al metrò. Hisashi aveva finto noncuranza osservando gli
sparuti passeggeri, più che altro impiegati ubriachi al ritorno dalla loro
sregolata vita notturna. Chi più chi meno sonnecchiavano con la testa
appoggiata ai sedili.
In verità Akira non era così assente come voleva sembrare. Ogni tanto il suo
sguardo abbandonava quel nero informe e si posava sul volto sorridente di
Melalhel e questo lo rendeva nervoso.
Quando i due ragazzi scesero dal metrò,
Melalhel accompagnò con lo sguardo il fratello fino a che il metrò corse via
veloce. Sospirò rumorosamente e tornò a guardare il raggio di luce di fronte
a sé, ancora intento a scrutare il nulla. Uriel gli aveva suggerito di avere
pazienza e cercare di capire e lui lo avrebbe fatto, anche se questo
significava parlare e lui detestava sprecare le parole.
Si alzò dal suo sedile e si pose accanto ad
Akira. Appoggiò il mento sulla sua spalla e scrutò serio il paesaggio al di
fuori della carrozza. Akira ebbe un sussulto e fissò il volto serio del
Guardiano riflesso nel vetro.
<< Uhm… suppongo che tu riesca a vedere
qualcosa e che questa sia più che interessante, visto che è da quando siamo
saliti che ti ostini a guardare fuori. Io vedo solo buio e tu? >> disse
Melalhel accennando un sorriso.
<< Anche io. >> ridacchiò Akira, tornando a
guardare Melalhel: << Posso chiamarti Hiro? >>
<< E’ il nome che mi hai dato, no? E poi non è
così male… >>
Finalmente Akira fece uno dei suoi sorrisi più
dolci e rilassati. Alzò la mano e scompigliò i capelli di Hiro.
<< Che diavolo stai facendo? >> chiese l’altro
indispettito.
<< Sei molto più carino così! Non hai più
quell’aria severa che ti oscura il viso. >>
<< Sei preoccupato per tuo fratello? >> chiese
Hisashi osservando la strada di fronte loro.
<< Sì. Melalhel è un ragazzo difficile, mi
chiedo se Akira riuscirà a non farlo innervosire, come hai visto mio
fratello perde subito la pazienza. >>
<< Siamo arrivati! >>
Hisashi estrasse le chiavi di casa ed aprì. Si
voltò verso Kiminobu e lo vide scrutare la strada.
<< Qualcosa non va? >> chiese Hisashi.
Uriel si voltò di scatto verso il ragazzo e
sorrise, invitandolo ad entrare per primo e seguendolo subito dopo. Uriel si
diresse in cucina, perfettamente a suo agio in quella casa che, fino a quel
pomeriggio, aveva visto con gli occhi di un gattino. Hisashi preparò una
cioccolata calda e si sedettero a mangiarla sul divano.
<< Da umano è molto più buona! >> esclamò il
Guardiano.
<< Posso farti una domanda? >>
Hisashi si alzò dal divano per andare ad
accendere lo stereo. Si voltò solo un attimo per vedere Kiminobu asserire
sorridendo.
<< Come vivevate nel mondo di Gaia? I vostri
genitori sono come voi? >>
Uriel sembrò pensarci su, soppesando
attentamente le parole da dire.
<< Noi non abbiamo genitori, ma solo una
madre, Gaia. Noi siamo sui figli. È lei che si è presa cura di noi, fino a
quando si è addormentata…. Noi non siamo mai venuti nel vostro mondo. Anche
quando Gaia ci portava con sé, fuori dai confini del regno, restavamo ad
osservarvi fuori dalla vostra realtà. Tutto ciò che conosciamo del vostro
mondo, lo abbiamo osservato attraverso gli specchi della grande sala. >>
<< Gli specchi? >> chiese Hisashi sedendosi
accanto al Guardiano.
<< Uhm… come posso farti capire? >> disse
pensieroso Uriel portandosi un dito sulle labbra e passando in rassegna
tutto il salotto: << Ma certo! I nostri Specchi sono un po’ come quelle
scatole con le immagini. >> disse indicando la tv.
<< Un televisore? >>
<< Pressappoco. Solo che possiamo vedere ben
oltre e tutto quel che vogliamo. >>
<< E quindi voi non conoscete il nostro mondo?
>> chiese Akira aprendo la porta di casa.
Entrò e si tolse le scarpe, porgendo a Hiro un
paio di pantofole simili alle sue. Il Guardiano lo guardò scettico, alzando
il sopracciglio sinistro. Akira sorrise soddisfatto e gli spiegò cosa ne
dovesse fare. Hiro sbuffò infastidito, ma ripeté i gesti di Akira.
Il porcospino si diresse in cucina. Prese due
tazze dalla credenza e uscì il gelato dal freezer.
<< E’ gelato! Vedrai com’è buono! >>
<< Vuoi ancora mangiare? >> chiese il
guardiano stupefatto.
<< Ma questo non è mangiare… questo è… uhm…
delizia! È diverso! >>
<< Il fine è sempre lo stesso. >>
<< Devi prendere la vita con più leggerezza!
>> sorrise Akira uscendo dalla cucina.
Melalhel lo seguì ed insieme salirono le
scale. Akira aprì con i piedi la porta della sua stanza e fece segno ad Hiro
di entrare. Si sedettero entrambi sul letto. Akira gli porse una tazza con
dentro il gelato e assaporò con gusto un cucchiaino.
<< Buonissimo! >>
Hiro lo guardò interdetto. Passò lo sguardo
dal raggio di luce, memorizzando tutti i suoi gesti, alla tazza con dentro
quello che lui chiamava ghiaccio. Quindi, se non aveva capito male, doveva
prendere quell’affare di metallo, immergerlo nel ghiaccio e portarne un po’
alla bocca. Non era così difficile, si disse. Immerse il cucchiaino nel
gelato e ne portò alla bocca un po’. Akira osservava le mosse del ragazzo,
attendendo il momento in cui il suo senso del gusto sarebbe stato appannato
da quella delizia dolce.
Melalhel aprì gli occhi di scatto,
spalancandoli. Era la sensazione più strana che avesse mai provato. Una
volta aveva seguito Gaia fuori dai confini del regno, insieme a Badiel.
Ricordava che Gaia li aveva condotti in una terra completamente bianca.
Aveva chiesto loro di toccare quel bianco accecante. La sensazione era la
stessa: freddo intenso che si propaga in tutto il corpo, ma allo stesso
tempo era una sensazione così piacevole da non volersene privare. Era strano
da pensare e perfino da capire. Quel mondo, visto da dentro, era ancora più
bello e magnifico.
<< Buono, vero? >> gli aveva sorriso Akira.
<< Hn. >> aveva risposto Hiro continuando ad
assaggiare quella delizia.
<< Si chiama gelato e, visto come lo divori,
direi proprio che ti piaccia. Sai ce ne sono di tanti tipi diversi? >>
<< E tutti così buoni? >>
<< Dipende dai gusti. Per esempio adesso stai
assaggiando nocciola e stracciatella, ma ce ne sono tanti altri, sia ai
frutti che alle varie creme. >>
<< Allora voglio assaggiarli tutti. >>
<< Tutto quello che vuoi… >> sussurrò Akira
sorridendo e tornando ad assaggiare il gelato.
La stanza era immersa nel silenzio, ma ad
Akira, per la prima volta nella sua vita, quel silenzio non dispiaceva. Era
un silenzio pieno, fatto di respiri e calore. Chiuse gli occhi e rimase in
ascolto. Fuori poteva sentire il lieve vento scuotere le cime degli alberi.
Forse avrebbe piovuto quella notte, ma a lui non importava. Akira si sentiva
in pace con tutti, persino con se stesso.
<< E’ ora di andare a letto, Megane-kun. >>
Uriel si voltò verso Hisashi e scoppiò a
ridere. Il ragazzo dalla leggera cicatrice sul volto, rimase a guardarlo
stupito, non riuscendo a capire a cosa fosse dovuta tanta ilarità. Pensò a
quello che aveva detto…
<< Scusa! Ti ho chiamato come quando eri un
gattino…. >> gli sorrise.
<< Non fa nulla e poi quel nome mi piaceva,
perciò quando vuoi mi ci puoi chiamare. Puoi usarlo come… come lo avevi
chiamato? Soprannome, giusto? Come porcospino per Akira…. >>
<< Vedo che impari in fretta Kimi. >>
Il guardiano gli sorrise e annuì. Erano tante
le cose che avrebbe voluto conoscere di quel mondo e la triste novella di
Gaia gli permetteva di soddisfare la sua curiosità. Si sentiva in colpa nei
confronti della sola madre che avessero mai conosciuto lui e i fratelli.
Gaia era distesa e imprigionata in una teca di cristallo. Il suo colorito
rosa si era spento, fondendosi con il giallo delle foglie in autunno. Gaia
stava morendo e lui che faceva? Invece di salvarla, pensava a come
divertirsi in quel mondo da scoprire. Scrollò la testa. Non era questo ciò
che in realtà gli importava. Vivere in quel mondo lo aveva cambiato,
stravolto internamente. Adesso sapeva che c’era qualcosa di cui non voleva
fare a meno, ma di cui si sarebbe dovuto privare, prima o poi. Qualcosa che
dava calore e grazie alla quale sapeva che avrebbe affrontato il Nemico
anche ad occhi chiusi…. Chissà se anche i suoi fratelli provavano quello
sconvolgimento a livello emotivo.
Hisashi catturò con lo sguardo il suo
cambiamento repentino. Prese dalle mani di Uriel la tazza ormai vuota di
cioccolato e andò a posarla in cucina, lasciando così modo al guardiano di
pensare.
Entrato in cucina sistemò la tazza nel
lavandino e lasciò scorrere l’acqua fresca. Incrociò le braccia al petto,
chiuse gli occhi e respirò profondamente. Che diavolo gli stava accadendo?
Perché non riusciva a controllarsi? Prima aveva avuto la tentazione di
prenderlo fra le braccia e stringerlo a sé. Lui era il piccolo megane, il
micio dal musetto dolce che guardava con lui le partite in tv, al quale
leggeva i libri ad alta voce; era il micio che dormiva sulle sue gambe
mentre studiava o sul suo cuscino la notte. Kimi era il megane… ma era anche
quel ragazzo che ogni notte aveva chiesto il suo aiuto. Quel ragazzo di cui
riusciva a vedere solo il profilo e la mano che si allungava… si allungava
all’infinito cercando di prendere la sua. Lui era quel ragazzo e molto di
più….
Tornò in salotto, ma non trovò il guardiano.
Hisashi si fece travolgere dal sottile grido del panico. Si voltò
preoccupato, poi udì un piccolo mormorio provenire dal giardino. Uscì e
trovò Uriel. Attorno a lui danzavano mille venti. I suoi capelli si
muovevano al ritmo di una musica ancestrale. Il ragazzo aveva gli occhi
chiusi e sussurrava delle parole sconosciute come stesse parlando con
qualcuno lontano….
<< Kimi… >>
Il ragazzo si voltò. I suoi occhi erano
nuovamente azzurri.
<< Hisashi… >> la sua voce profonda fece
rabbrividire il tiratore da tre dello Shohoku. Uriel chiuse gli occhi e,
quando un attimo, dopo li riaprì erano tornati castani. Si avvicinò ad
Hisashi e lo prese per una mano. Fuori fa fresco, gli aveva detto e lui si
era sentito maledettamente in colpa.
<< Cosa… cosa stavi facendo? >>
<< Parlavo con Leliel… gli chiedevo notizie su
Gaia. >>
<< Mi dispiace…. >>
Uriel scosse la testa: << Posso parlare con
Leliel in qualsiasi momento. >>
Finito di gustare quella delizia, Akira
accompagnò Hiro nella camera degli ospiti. Sotto lo sguardo incuriosito del
Guardiano, aprì l’armadio e scelse le lenzuola del letto.
<< Dormirai qui. >> disse imbarazzato.
<< Hn. >> rispose Hiro senza neppure
guardarlo. Si sedette sul letto, saggiandone la morbidezza: << Cosa aveva il
tuo letto che non andava? Perché dormiamo qui? >>
Akira arrossì d’imbarazzo. Certo lui non
chiedeva di meglio che dividere la sua stanza con Hiro e il ragazzo
l’avrebbe fatto tranquillamente, ma qualcosa dentro (la sua coscienza
indesiderata) gli ricordava che il Guardiano, pur avendo l’aspetto di un
bellissimo ragazzo della sua età, era come un bambino e Akira non voleva
approfittarsi di lui. Voleva che tutto fosse perfetto, per la prima volta
nella sua vita.
<< Tu dormirai qui. Io continuerò a farlo
nella mia stanza. >> il guardiano lo guardò incredulo: << Siamo due ragazzi
adesso… cioè io lo sono sempre stato, sei tu che adesso non sei più un
micio, ma un ragazzo… e quindi…. Cavoli! Insomma non possiamo dormire
insieme. >>
Il guardiano guardò il porcospino, prima
arrossire, poi farfugliare qualcosa di cui non coglieva il senso e infine
uscire. Mah! Certo che gli uomini erano strani o forse era lui quello
strano. In fondo, nonostante tutti quegli anni, non era affatto cambiato.
Hiro sorrise e si sdraiò sul letto, addormentandosi.
<< Voglio ricordare… non voglio
dimenticare, ti prego Gaia. >>
<< Soffrirai… >>
Akira rientrò poco dopo con un pigiama in
mano. Era suo e di certo gli sarebbe stato grande, ma per quella sera poteva
anche andare. Il giorno dopo sarebbero andati a fare compere.
Entrò canticchiando, ma si fermò sull’uscio.
Hiro si era rannicchiato sul letto e si era addormentato.
Akira gli si avvicinò e sorrise. Gli scostò un
ciuffo di capelli dagli occhi, accarezzandogli piano la fronte. Appoggiò i
vestiti sul piccolo comodino, tolse le scarpe al ragazzo e lo sistemò sotto
le coperte.
<< Mi dispiace! >> disse Hisashi imbarazzato.
Quando erano saliti al piano di sopra per
andare a riposare, Hisashi era entrato nel panico. Dove avrebbe dormito
Kiminobu? Certo poteva dormire nella sua stanza, nel suo letto, come quando
era un micio… però non era più un micio! Era uno splendido ragazzo della sua
età sì, ma con l’innocenza di un bambino. Lui invece… beh lui era un ragazzo
della sua età, come tutti gli altri, con sane pulsioni… e proprio per questo
non poteva far dormire Kimi con lui. Cosa sarebbe accaduto se il suo corpo
avesse reagito alla sua vicinanza? Lo avrebbe spaventato? E lui si sarebbe
frenato? Ebbe la tentazione di prendere il telefono e chiamare qualcuno dei
suoi amici. Con molte probabilità non li avrebbe ancora trovati in casa.
Poteva sempre chiamare Kaede… ma di sicuro stava già dormendo. Sbuffò
infastidito. E poi per loro il problema non si presentava mica! Loro avevano
la camera degli ospiti e anche lui ce l’aveva, ma… non in condizioni. Da
quando viveva da solo, era diventata con il tempo una specie di magazzino in
cui ammassava di tutto. Le poche volte in cui invitava i ragazzi a cena,
finivano con il dormire un po’ ovunque, ubriachi e stanchi.
<< Mi dispiace Kimi…. Sarai costretto a
dormire con me…. Mi dispiace davvero. Prometto che domani sistemo tutto. >>
<< Non ti devi scusare. Per me va bene così. E
poi non sono abituato a dormire da solo, noi fratelli dormiamo sempre
insieme. >>
<< Non vi separate mai vero? >>
<< Solo adesso. >>
Hisashi e Kimi entrarono nella camera, il
secondo seguendo il primo. L’ex-teppista frugò fra i cassetti dell’armadio e
uscì un pigiama.
<< Dovrebbe essere pressappoco della tua
misura. Provalo. >>
Hisashi pensava già al bello spettacolo che si
sarebbe gustato, quando qualcuno suonò alla porta (ma allora l’interruzione
è un vizio! è_______é NdH ^^;;; Ma no! Cosa te lo fa pensare? NdA. ). Guardò
l’orologio. Chi poteva essere a quell’ora?
Il campanello suonò nuovamente. Hisashi lasciò
il ragazzo in camera e scese. Sulle scale venne sorpreso dalla paura. Vedeva
la porta all’estremità opposta della scala, nascosta dalla penombra. Era una
normale porta di legno, ma all’estremità superiore si apriva, a ruota di
pavone, un arcobaleno di vetro. Scese il primo scalino. Qualcosa gli parve
si muovesse fuori. Un’ombra inconsistente ma materiale allo stesso tempo.
Scese ancora qualche scalino. Il campanello suonò un’altra volta. Un suono
cupo e violento che gli fece accapponare la pelle. Hisashi si bloccò sul
posto, la mano era ancora appoggiata al muro. Non riusciva a muoversi, era
paralizzato. L’ombra si mosse nuovamente e gli parve che lo osservasse, che
si ingigantisse, fino a divorare la porta, la casa… fino a insinuarsi sotto
l’uscio sottile e avanzare lentamente ma inesorabilmente verso di lui.
Improvvisamente l’ombra scomparve. Si voltò
verso la cima delle scale e vide Uriel, nel suo pigiama candido, spostare lo
sguardo dalla porta a lui e sorridergli. Gli porse la mano e Hisashi divorò
la distanza fra di loro, aggrappandosi a quell’appiglio.
Niente. Per quando ci provasse non riusciva a
chiudere occhio. Si voltava da un lato all’altro, infilava la testa sotto
cuscino, provava a canticchiare a bassa voce qualche canzoncina…. Nulla!
Perché diavolo il sonno non arrivava? Aveva provato a guardare la tv, a bere
un bicchiere di latte caldo, aveva persino contato le pecore! Era arrivato a
700, ma poi aveva perso il conto perché era arrivato un cane rabbioso che le
aveva fatte disperdere. Aveva provato a mandare via il cane, ma aveva
ricevuto un pugno dal suo pastore che, a sua volta, lo aveva rincorso a
cavallo, seguito dalle 700 pecore e dal cane con la bava alla bocca. Insomma
alla fine aveva riaperto gli occhi più agitato di prima. E adesso si trovava
a guardare il soffitto e a contare le incrinature e i segni che la vernice
disegnava. Toh! C’era pure una ragnatela! Com’è che non se n’era accorto
prima? Uhm… allora l’insonnia a qualcosa era servita.
Guardò nuovamente l’orologio. Se avesse
continuato in quella maniera sarebbe andato a scuola in uno stato pietoso.
Sbuffò innervosito e scese al piano di sotto. Andò in cucina a riscaldarsi
nuovamente del latte. Andò in salotto e si sedette sulla poltrona. Non aveva
voglia di accendere la tv, così accese la radio ed abbassò le luci. Si
accomodò meglio sulla poltrona. Appoggiò la tazza di latte caldo sul piccolo
tavolino davanti. Appoggiò la testa sulla spalliera e chiuse gli occhi.
Respirò profondamente un paio di volte. La
musica di sottofondo era leggera e dava una sensazione di calore. Aveva
messo un cd di musica classica, così poteva rilassarsi, senza che la mente
si concentrasse sulle parole. La musica penetrò lentamente nel suo
inconscio, dipingendo visionari paesaggi fatti di suono e colori tenui.
Akira si lasciò cullare da quella melodia notturna. Era una sensazione
piacevole, forse la più piacevole. No. A pensarci bene la più piacevole era
un’altra…. Sorrise ma il suo sorriso si spense subito. Il calore che
provava, venne prosciugato da una cortina di ghiaccio. La musica si
acquietò. I paesaggi collassarono su se stessi. I colori si sciolsero
velocemente, come quelli di un disegno esposto ai dardi della pioggia. Tutto
attorno a sé iniziò a ruotare e si spense in un immenso nulla. Nero. Attorno
a lui regnava l’oscurità. Poteva sentire il gelo penetrargli nelle carni
come pugnalate e congelare le sue ossa. Provò ad aprire gli occhi, ma non vi
riuscì. Iniziò ad agitarsi, ma più si agitava, più il gelo diventava
pressante, fino a togliergli il respiro. Si accasciò su se stesso e portò le
mani alla gola, nel vano tentativo di facilitare la respirazione. Poi,
improvvisamente, il gelo scomparve e il respiro si regolarizzò. Rimase in
ginocchio. Gli occhi sgranati pronti a cogliere il minimo movimento accanto
a sé. Aveva paura. Una sensazione che non provava da tempo.
Sentì un fruscio dietro di sé e si voltò di
scatto. Qualcosa, veloce, troppo veloce, si mosse e gli sfiorò il braccio
sinistro. Istintivamente si portò la mano destra sul braccio offeso.
Bruciava come vi ardessero milioni di fuochi. Provò a gridare, ma la voce
era bloccata dal terrore. Sentì nuovamente il fruscio dietro le sue spalle e
si voltò. Non vi era nulla, solo l’oscurità che però… che però sembrava
viva. La vide allungarsi verso di lui, come due braccia che vogliano
catturare qualcosa, qualcuno. Provò a scappare, ma le sue gambe venivano
risucchiate dal nulla.
Allora chiuse gli occhi…
<< Sveglia…. Akira svegliati. >>
… e li riaprì all’istante. Akira si portò le
mani prima alla gola, poi al braccio. Non vi erano segni di bruciatura. Il
respiro era agitato e la sua fronte imperlata di mille brillanti freddi. Si
voltò verso Hiroaki. No. In quel momento non era lui. Aveva uno sguardo
freddo come il ghiaccio, il suo elemento. Era Melalhel. Lo guardò cercando
una risposta, ma si perse in quei pozzi profondi.
<< Era solo un sogno. >> disse Hiro
voltandogli le spalle e spegnendo lo stereo.
Gli si avvicinò e gli tese la mano. Akira la
guardò un attimo, poi la strinse fra le sue e seguì il ragazzo verso le
scale. Era quella la Sensazione.
<< Cos’era… quella cosa dietro la porta… era
enorme… era… >>
<< Shhh…. Dormi adesso, raggio di luce…. Il
giorno arriverà presto. >> gli sussurrò Kimi seduto al bordo del letto: <<
Dormi. Ci sarò io con te. >>
Hisashi chiuse gli occhi e si addormentò.
Uriel si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra. Scostò le tende e
guardò fuori. Pronunciò qualcosa nella sua lingua sconosciuta, poi fece il
giro del letto e si accomodò sotto le coperte, accanto ad Hisashi, come
aveva fatto da gattino. Gli appoggiò il viso sulla spalla e con un braccio
lo strinse a sé. Chiuse gli occhi e si addormentò anche lui.
<< Buona notte Hisashi. >> sussurrò prima di
addormentarsi, fra le braccia di Gaia.
<< Grazie. >> sussurrò Akira ad Hiro.
Vide il ragazzo guardarlo senza capire e con
una smorfia sussurrare un “non ho fatto nulla”. Lo vide entrare nel letto e
mettersi sotto le coperte, a poca distanza da lui, immerso, era proprio il
caso di dirlo, in un pigiama che gli ricopriva persino le mani e i piedi.
<< Dormirai qui, con me? >> chiese Akira
nascondendo il piacere che ciò gli procurava.
<< Hn. >> gli rispose semplicemente Hiro
voltandosi dall’altro lato.
Akira sorrise soddisfatto. Se conosceva bene
quel linguaggio, e lo conosceva molto bene visto che, frequentando Kaede, ne
era diventato un maestro, quello significava “sì”, ma non un sì normale.
<< Scusa. >> sentì sussurrare così piano che
Akira pensò di averlo immaginato.
<< Hn? Hai detto qualcosa Hiro-kun? >>
<< Ho detto scusa! >> alzò la voce Hiro: <<
Sei sordo? >> aveva continuato sempre dandogli le spalle. Non era facile per
lui chiedere scusa, ma sentiva che non poteva farne a meno.
<< Per che cosa dovrei scusarti? >>
<< Per stasera… per come mi sono comportato….
Io… perdo spesso la pazienza e combino sempre dei disastri. >>
<< Non hai nulla di cui scusarti. >>
<< E invece sì e tu chiuderai quella ciabatta
e mi farai parlare! >> poi, soffocando un risolino da parte di Akira,
continuò: << Io ho sempre vissuto con i miei fratelli e Gaia. Loro sono le
persone per me più importanti. Adesso Gaia sta morendo e noi, con il vostro
aiuto, dobbiamo salvarla, per il bene di tutti voi esseri umani e… e anche
nostro. >>
Akira si appoggiò su un gomito e guardò le
spalle curve del ragazzo accanto a sé. Allungò un braccio e lo fece voltare.
Melalhel evitò con cura il suo sguardo.
<< Ti senti solo? >> chiese Akira.
Hiro abbassò il capo un paio di volte.
<< Io non so che significhi vivere con dei
fratelli. Non ho mai avuto nessuno nella mia vita. Nessuno che volesse
prendersi la briga di stare accanto ad un ragazzo come me. >>
Il guardiano alzò lo sguardo. Akira continuava
a guardarlo sorridente, ma i suoi occhi erano tristi.
<< Poi sei arrivato tu, il piccolo Hiro-kun e
io… io non mi sono più sentito solo, come se avessi trovato il mio posto nel
mondo. Ero felice. Avevo qualcuno con cui parlare, qualcuno con cui cenare,
con cui trascorrere le mie serate. Forse non sono stato un buon cuoco, ma ce
l’ho messa davvero tutta per farti sentire a casa. Perché in te avevo visto
me. >> si era fermato e gli aveva spostato una ciocca di capelli che gli
ricadeva sul visto: << Non sta mai ferma quella ciocca. >> gli aveva sorriso
e dopo aveva ripreso: << Ma tu un giorno te n’andrai… e resterò nuovamente
da solo. Ma… fino ad allora… ti va di restare e stare con me? Ti prometto
che non ti sentirai più solo. >>
Avvicinò il volto di Hiro al suo e gli
accarezzò una guancia. Hiro sorrise e semplicemente si appoggiò ad Akira,
sistemando il volto sulla spalla, come faceva quando dormiva con Arael,
nelle notti di pioggia.
Akira prese ad accarezzargli i capelli, con
delicatezza. Sentì il respiro caldo di Hiro regolarizzarsi, infrangendosi
sul suo collo. Chiuse anch’egli gli occhi e si addormentò.
Fuori la pioggia aveva iniziato a battere sui
vetri delle case di Kanagawa. Le cime degli alberi si piegavano su se
stesse, costrette dalla furia del vento. Cullati dalla notte che avanzava, i
ragazzi dormirono un sonno senza sogni, ma caldo come un abbraccio.
Il giorno dopo si svegliarono pieni di forza.
Le ombre della notte prima si erano dissolte.
<< Ne sei proprio sicuro, Kimi-kun? >> chiese
Hisashi incredulo.
<< Sì. >> gli rispose semplicemente il
guardiano, avvicinandoglisi.
<< Hiro? Non è magnifico? >> domandò Akira
osservando minuziosamente il ragazzo davanti a lui.
<< Tsè! Non è certo per te che lo faccio. Lo
abbiamo deciso ieri io e i miei fratelli, così diventa tutto più semplice.
>>
<< Sarà bellissimo, non credi? Io e te, tu e
io… >>
<< Akira! Ma hai sentito quello che ti ho
detto? >>
Akira continuò a sorridere, lo stesso sorriso
che poi avrebbe ritrovato, giunto a scuola, sui volti dei propri compagni di
squadra.
Fuori il sole brillava come un enorme
diamante.
FINE QUINTA PARTE
Autrice: e anche questa è fatta!
Ede: ………………
Autrice: com’è che non dici nulla?
Ede: stavolta hai superato te stessa. Ti rendi
conto che il capitolo precedente lo hai postato per il matrimonio di Kie?
O______O
Autrice: così tanto tempo? ^^;;
Ede: almeno tre mesi! E poi per che cosa? Per
un capitolo dove io e il do’hao non veniamo neppure nominati!
Autrice: ma non sei l’unico protagonista!
Ede: ma ho il contratto in esclusiva! >.<
Autrice: quante storie! E poi tranquillo fra
poco tocca pure a te.
Ede: il prossimo capitolo? *________*
Autrice: ehm… non proprio…. Ma fra due
capitoli sì. ^______________^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Io
mi sono divertita a scriverlo. ^_______^ Mi dispiace avervi fatto attendere
tanto tempo. ;_________; ma non è stato e non è tuttora un bel periodo, però
mi sto facendo forza e lo dimostra il fatto che ho ripreso a scrivere, per
vostra sfortuna.
Lo dedico a tutte voi, che leggete e
commentate i miei racconti, che mi siete state vicine in un periodo che non
auguro a nessuno, che mi siete ancora vicine, in ogni momento della
giornata. Grazie a tutte voi, Amiche mie. Anche se non vi conosco (ma perché
abito in Sicilia? ;______;) vi tengo strette al mio cuore. Per me è come se
vi conoscessi da tempo e per voi sono tutti i miei pensieri. Vi abbraccio
forte e vi mando un baciottolo.
Soffio-chan
Ps: prometto di non farvi aspettare troppo per
il prossimo capitolo e le altre ff! ^^ Finché c’è l’ispirazione………….
^____________^
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