DECLAMERS: i personaggi non sono miei, ma del mitico
Inoue sensei. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto
personale! ^__^
NOTE: i nomi dei nostri
amici subiranno dei cambiamenti, come qui riportato:
Hanamichi-Bardiel;
Hiroaki-Melalhel; Nobunaga-Samael; Kiminobu-Uriel; Kenji-Arael; Ryota-Leliel.
Per i nomi ho preso spunto
dalla mitologia angelica cristiana.
La squadra dello Shohoku,
invece, è così composta:
Shinichi Maki: capitano
Toru Hanagata: vice
capitano
Kaede Rukawa: ala
Hisashi Mitsui: ala
Akira Sendo: centro.
I cinque
guardiani
parte IV
di
Soffio d'argento
Quella sera i cinque guardiani
dimenticarono per un attimo i problemi del mondo.
Toru aveva dato il meglio di sé cucinando
piatti prelibati. Persino Melalhel sempre scorbutico e poco incline agli
elogi, si era complimentato più volte con il ragazzo, guardando di
sottecchi Akira che, nervoso, mangiava tutto con poco gusto e con, dipinta
in viso, un’espressione poco benevola. Quasi quasi, si diceva, preferiva
Hiro quando era solo un gatto. Vabbè che continuava a graffiarlo e a
guardarlo con sguardo insofferente, però almeno non parlava. Eppure lui ce
l’aveva davvero messa tutta, possibile che quel gattaccio scorbutico non
apprezzasse? Forse non gli era simpatico… Akira sbuffò rassegnato. Se non
gli stava simpatico di certo non poteva fare molto… però gli dispiaceva un
po’.
Passò in rassegna gli altri ragazzi e i loro
“guardiani”.
Uhm… Kaede e Bardiel non facevano che
litigare… non era cambiato molto neppure fra loro, però, gli occhi di Kaede
quella sera gli sembravano così… espressivi. Sembravano fuoco, come
l’elemento di Bardiel. Poi c’era Toru che chiacchierava amabilmente con
Arael. Neanche fra loro le cose erano cambiate, o forse sì? Toru sembrava
ancora più felice e Arael aveva occhi solo per lui. Accanto c’era Uriel che
chiacchierava con Mitsui e Ayako. Scherzavano come vecchi amici che non si
vedevano da molto tempo. Erano molto in sintonia, non c’era che dire e li
invidiava parecchio. Ma chi invidiava di più era, senza dubbio, Shinichi con
il suo Samael. Già da gattino Samael aveva un debole per Shinichi. Le volte
in cui era andato a trovarlo, Tempesta, così lo aveva chiamato Shin, non si
era staccato dalle sue mani. Se Shin si sedeva, lui si acciambellava sulle
sue gambe, se Shin si alzava lui si arrampicava lungo il suo corpo per
accoccolarsi sulle sue spalle, se Shin, invece, faceva finta di non vederlo,
lui miagolava e gli faceva le fusa per attirare la sua attenzione.
Shinichi aveva più possibilità con Samael, che
lui con quello scorbutico di Melalhel.
<< Do’hao piantala di ingozzarti che poi ti
senti male. >>
<< Baka kitsune! Come osi dare ordini al
grande Bardiel! >>
<< Oso eccome, visto che starai qui per chissà
quanto tempo. >>
<< Presuntuosa di una stupidissima volpe! Chi
ti fa pensare che io… >>
All’improvviso i cinque Guardiani
s’irrigidirono. Si guardarono scuri in volto, poi sparirono, rilasciando
nell’aria un profumo di primavera. I sei ragazzi si alzarono di scatto, non
riuscendo a capire cosa stesse accadendo. Che se ne fossero andati
improvvisamente? Così, senza dire nulla? Poi sentirono come un’energia
esplodere improvvisamente lì vicino, nel giardino di Kaede.
<< Sono fuori! >> esclamò la volpe scendendo
le scale velocemente e aprendo la porta con forza.
I cinque guardiani erano usciti di casa.
Stavano eretti fuori dal cancello, in mezzo alla strada e osservavano in
varie direzioni. I ragazzi rimasero ancora una volta affascinati. I
guardiani indossavano nuovamente l’armatura e avevano il loro aspetto
originario. Per fortuna fuori, a quell’ora, non c’era nessuno, altrimenti….
Fu quel pensiero a riscuotere tutti i ragazzi. Si avvicinarono ai guardiani
e li presero per un braccio, strattonandoli dentro casa. Alle prime proteste
dei guardiani, i magic five cercarono di spiegare il loro punto di vista.
<< Non potete fare quello che volete sulla
terra! Cercate di capire che non è da tutti i giorni vedere dei ragazzi con
armature simili e con caratteristiche fisiche così… strane! Che sarebbe
accaduto e qualcuno vi avesse visto? >> domandò Shinichi passandosi una mano
fra i capelli.
<< Hai ragione Shin, è solo che… >> Samael si
fermò all’improvviso e volse lo sguardo verso il più grande dei suoi
fratelli.
“Fermati Samael. Loro non devono sapere.”
Lo rimproverò Uriel.
<< Noi dobbiamo solo abituarci, solo questo.
>> e Arael sorrise dolcemente.
I magic five intuirono che gli spiriti
guardiani non avevano detto la completa verità, ma quella era una serata
speciale e loro non se la sentivano di rovinarla così.
<< Allora andiamo a
continuare la nostra cena? Che ne dite? >>
I guardiani riassunsero
le loro forme umane, ma il loro sguardo rimaneva cupo e rimasero a fissare
la porta ancora socchiusa per molto tempo. Erano nervosi, questo si notava
subito. Il cambiamento era stato troppo repentino e, per quanto Uriel e
Arael, cercassero di allentare l’atmosfera, si vedeva che tutti erano molto
nervosi. Eppure, tra molti alti e bassi, la serata continuò e in breve le
voci allegre dei ragazzi riempirono con il loro calore quella casa sempre
troppo fredda.
<< Questo è proprio un
problema… >> disse Arael commentando la situazione.
I ragazzi si erano
accomodati nel salotto e avevano cominciato ad analizzare gli eventuali
rischi della loro venuta sulla Terra.
<< Già! Abbiamo pensato
a risolvere il problema dei gatti, ma non a giustificare la nostra presenza
e poi dovremo pure trovare dei nomi… normali… >> sbuffò esasperato Melalhel,
già infastidito dal fatto di dover restare sulla terra come comuni esseri
umani.
<< Per questo non ci
sono problemi. Potete venire a stare da noi, come quando eravate gattini.
Possiamo dire che siete nostri amici che si sono trasferiti a casa nostra
per un po’… >> propose allegro Akira: << Sempre che a qualcuno non
dia troppo fastidio la mia presenza. >> continuò poi scoccando un’occhiata
malevola verso Melalhel, più per il fatto che fosse vicino a Bardiel che gli
accarezzava i capelli (non fraintendete! Sono fratelli! NdA.), che per
averlo disprezzato tutta la sera.
Melalhel sospirò
rassegnato: << Non abbiamo altra scelta. Ci divideremo come abbiamo già
fatto. >> continuò rivolgendosi ai fratelli: << Ognuno di noi starà con un
guardiano, come nei piani. >>
<< Dovremo fare
attenzione a non trasformarci davanti a nessuno e… dobbiamo trovare dei nomi
adatti. Io non posso di certo chiamarmi do’hao! >>
<< Perché? Ma se ti si
addice… do’hao! >>
Bardiel scattò come una
furia e se non fosse stato bloccato da Samael e Arael, avrebbe distrutto la
casa sprigionando il suo potere. Quel volpino riusciva a fargli perdere la
calma ogni volta!
<< Smettila Bardiel! O
distruggerai davvero la casa! >> cercò di calmarlo Uriel: << Purtroppo non
credo che sia una soluzione. Bardiel e il suo protetto non fanno che
litigare, la situazione peggiorerebbe lasciandoli da soli. Meglio che
Bardiel stia con noi. >>
Kaede s’irrigidì sulla
sua poltrona. Purtroppo era vero. Lui e il guardiano non facevano che
litigare e poteva capire la preoccupazione di tutti, ma lui… beh lui non
riusciva a non stuzzicarlo! Quando il rosso se ne usciva con qualsiasi delle
sue proclamazioni egocentriche, lui doveva rispondere, era più forte di lui.
Però, allo stesso tempo, temeva che qualcuno potesse portarglielo via. Quasi
quasi rimpiangeva anche lui che Bardiel non fosse più un gatto. Certo adesso
era davvero un bel ragazzo che gli suscitava pensieri poco casti (proprio
lui che veniva definito da tutti un tipo troppo freddo), ma almeno prima era
solo suo e nessuno avrebbe mai pensato di portarglielo via. E poi… non ci
avevano ancora pensato, ma come avrebbero dovuto comportarsi? Lui passava
delle ore ad accarezzare il pelo fulvo del gatto, ma adesso che avrebbe
fatto? Lui non era bravo nei rapporti interpersonali!
Guardò di sfuggita
Bardiel, sperando che questi, intento a conversare, non se n’accorgesse, ma
rimase stupito. Bardiel lo stava guardando con una tale dolcezza che non
aveva mai visto neppure sul volto della madre. Bardiel era giunto, infine,
dove nessuno aveva mai voluto addentrarsi: nel suo cuore. Arrossì ai suoi
pensieri ed evitò lo sguardo. Bardiel sorrise e disse:
<< Non vi preoccupate.
Eviteremo di ucciderci e poi io sono qui per difenderlo! Faremo un
armistizio, va bene volpe? Così potrò restare qui, evitare di distruggere il
quartiere e proteggere il raggio di luce… >>
In quel momento, a
Kaede Rukawa, quel salotto, sembrò un paradiso.
<< Ora mancano solo i
nomi! >> esclamò Uriel: << Noi non conosciamo i nomi in uso nel vostro
mondo, quindi potete aiutarci voi. Già una volta ci avete regalato un nome.
>>
<< Sì, ma megane non è
un nome da ragazzo! Può andare per un gattino, così come gli altri nomi…
dovremo cercare anche un cognome, così da rendere più efficace la nostra
recita. >> disse Hisashi sprofondando ancor di più nel comodo divano,
affiancato da Uriel.
Quel ragazzo aveva un
profumo fresco e inebriante, forse era normale visto che si trattava dello
spirito dell’Aria. La sua figura, non più appariscente come quando era un
guardiano, era comunque affascinante. Quei piccoli occhiali scuri gli
donavano un’aria sveglia e intelligente, mentre quello sguardo limpido e
quel sorriso sempre acceso lo rendevano irresistibile.
<< Io il nome per
Melalhel ce l’ho! >> esclamò allegro Akira: << Che ne dici di Hiroaki
Koshino? Io trovo che gli doni! Ha la stessa espressione severa! >>
<< Ti sei sforzato
molto, Akira! >> disse sarcastico Hisashi, sempre pronto a stuzzicare il
compagno: << Hiro… Hiroaki… uhm… non userai i neuroni del tuo cervello
almeno per una settimana, vero? >>
<< Teme Hisashi! >>
Akira lanciò un cuscino
addosso a Hisashi che prese a rispondere facendone volare altri due. Uno
però colpì Kaede, che guardò torvo prima Akira, poi Hisashi. Allora si alzò
per prendere il cuscino caduto dietro il divano e lo lanciò insieme a quello
che aveva in mano. Uno finì in faccia a Hisashi, che ancora rideva, l’altro
deliberatamente addosso a Shinichi, che non se lo fece ripetere e lo lanciò
su Toru che, per controbattere, colpì Ayako. Risultato? In breve quel
salotto divenne un campo di battaglia, con Kaede, Akira e Ayako nascosti
dietro il divano vicino alla porta e Shinichi, Hisashi e Toru dall’altro
lato della stanza, dietro l’altro divano.
I guardiani osservavano
straniti i loro protetti. Samael faceva il tifo per Shinichi, Uriel con il
suo potere mitigava la potenza dei lanci, Arael non si capacitava della
situazione, Bardiel guardava sorridente Kaede, felice che fosse riuscito a
lasciarsi un po’ andare, mentre Melalhel iniziava a perdere la pazienza e
provava a porre fine a quel gioco umano tanto sciocco. Un cuscino,
volutamente o no, sfuggito al controllo di Akira, gli si spalmò in viso.
Bardiel cominciò a ridere pregustandosi la scena, Uriel e Arael si
schiaffeggiarono mentalmente per non aver legato il fratello irascibile e
Samael cercava il modo di mettere in salvo Shinichi, ma non arrivò in tempo.
Melalhel scaricò nel salotto di Kaede un acquazzone senza eguali, compreso
di lampi. I divani si riempirono d’acqua e le piume sfuggite qua e là a
qualche cuscino, si appiccicarono ai vestiti e ai volti dei ragazzi. I
capelli di Akira, innaturalmente alti, si accasciarono ricoprendogli il
volto.
Quando finalmente
Melalhel si calmò, la stanza era ridotta peggio di prima. Le calamità
scaturite dal risveglio degli elementi, avvenuto solo qualche ora prima, non
avevano procurato così tanti danni. Gli altri guardiani fecero esplodere il
loro potere risistemando il salotto martoriato.
<< Melalhel! Devi
smetterla di perdere la pazienza così! Potevi distruggere la casa! >>
<< Arael! Sarebbe stata
la giusta punizione! E voi, sciocchi umani, smettetela di fare gli stupidi.
Gaia ha bisogno del vostro aiuto, non è il momento di giocare! >>
I ragazzi si alzarono
sistemandosi i vestiti.
<< Hiro… ogni tanto non
fa male lasciarsi andare, non credi anche tu? >> gli sorrise dolcemente
Akira cercando un modo di tenere fermi i capelli che, ormai privi di gel e
asciugati da Arael, scendevano ribelli sul viso.
<< Dici questo Akira
perché non puoi capire… >> cercò di giustificarsi, più a se stesso che ad
altri, Melalhel.
<< Non posso capire
perché non volete. >> disse Akira sedendosi sul divano asciutto e facendo
spazio a Melalhel: << Ad ogni modo… mancano gli altri nomi! Hiro-kun ha già
il suo! Ora mancano gli altri guardiani! >>
Gli altri ragazzi
presero nuovamente posto sul divano, vicini ai guardiani. I ragazzi ci
pensarono su a lungo, non era semplice inventarsi un nome di sana pianta, ma
alla fine fecero le loro scelte: a Samael venne dato il nome di Nobunaga
Kyota; Uriel fu chiamato Kiminobu Kogure; Arael Kenji Fujima, mentre Bardiel
si ritrovò il nome Hanamichi Sakuragi. L’unico a non essere d’accordo con il
suo nome, che considerava indegno per il Tensai dei guardiani, fu Hanamichi
che pretese la spiegazione del nome. Kaede sospirò alzando gli occhi al
cielo e gli spiegò che Sakura, la parte iniziale del nome, indicava i petali
di ciliegio. Hanamichi ci pensò un po’ su, ma poi accettò di buon grado.
A fine serata quattro
dei cinque custodi lasciarono la casa di Kaede, dirigendosi ognuno alla casa
dal proprio protetto. Hisashi e Kiminobu accompagnarono Ayako a casa e così,
in breve, Kaede e Hanamichi restarono soli…
“Gaia…” l’ultimo dei
guardiani, il protettore della notte e dell’oscurità, era inginocchiato di
fronte al capezzale di Gaia, con il suo colorito spento, la sua pelle quasi
evanescente, i capelli del colore dell’erba che ingiallisce per poi morire,
lei non sembrava più lo spirito della Terra…. Tutta la terra stava morendo.
I suoi fratelli avevano l’arduo compito di proteggere i prescelti e far
brillare i raggi di luce. Lui avrebbe voluto stare con loro, ma non era
stato possibile. C’era già tanta oscurità nel mondo degli umani, lui doveva
proteggere lo Spirito della Terra, doveva far in modo che nessuno potesse
toccarla, fino all’arrivo dei guardiani con i raggi di luce.
Quella era la prima
volta che si divideva dai fratelli e questo lo spaventava. Non era mai stato
solo e la tentazione di andare da loro era molto forte, anche troppo, per
questo era stato più volte sul punto di lasciare il loro limbo per
raggiungerli, ma ogni volta la voce dei fratelli lo calmava e la fredda
presenza di Gaia lo faceva arretrare dai suoi propositi e allora
s’inginocchiava nuovamente, pregando perché lo spirito di Gaia si
risvegliasse, immerso nell’oscurità di quel luogo fuori del tempo. Le sue
mani strette in una preghiera silenziosa.
“Ricorda Leliel il
mondo che ci circonda appartiene a chi lo vive, noi lo proteggiamo, ma non
sempre è possibile. Un giorno l’oscurità scenderà a coprire la Terra e tu e
i tuoi fratelli dovrete trovare i raggi di luce.”
“Cosa sono i raggi
di luce, Gaia?”
“Sono cuori la cui
luminosità è in grado di annientare l’oscurità.”
“E come faremo a
trovarli?”
“Non dovrete far
altro che chiamarli e loro verranno da voi…”
Anche lui aveva trovato
il suo raggio di luce. Un sole ricoperto da macchie, ma la cui luce poteva
davvero annientare l’oscurità. Un cuore limpido. Una ragazza dai lunghi
capelli neri come la notte, le labbra rosse e due occhi vispi.
Ricordava di quando
Gaia li portava nella Stanza degli Specchi a saziare la loro curiosità. Gaia
li accompagnava ognuno al suo specchio e lì osservavano il mondo, riflesso
nelle acque eterne della sorgente luminosa. Ci andavano spesso insieme e
osservavano quello strano mondo con quegli strani colori, in cui tutti
avevano una così inspiegabile fretta da camminare con gli occhi chiusi. Le
loro ali si dispiegavano abbracciando il loro mondo. C’erano tante persone
lì, invece il loro regno era abitato solo da pochi eletti, ma loro non si
sentivano mai soli, perché ognuno aveva l’altro e poi c’era Gaia. Poi un
giorno avevano incontrato degli occhi luminosi e Melalhel era scomparso…
“Gaia…” continuava a
ripetere, come una lenta litania, l’ultimo guardiano. Aveva capelli neri
come la notte, due occhi blu scuro e la pelle bronzea, quasi come quella di
Bardiel. La sua armatura era formata da nuvole oscure dove i colori,
risucchiati da un gorgo nero, diventavano il nulla.
Chissà cosa stavano
facendo i suoi fratelli…
Il primo ministro entrò
disperato. Al suo seguito i consiglieri di Gaia.
<< O sacro Leliel,
Spirito Guardiano dell’Oscurità, il nemico infittisce le maglie della sua
trappola, presto la notte calerà per sempre sulla Terra e Gaia morirà. >>
<< Primo Ministro.
Abbia fiducia in me e nei miei fratelli e la luce non si spegnerà. >>
Bardiel, spirito
guardiano del fuoco, stava seduto su una sedia della cucina, osservando
l’incedere lento del suo protetto, intento a mettere in ordine gli ultimi
piatti. Ora sì che iniziavano i
veri problemi. Lui non era mai stato fra gli uomini, li aveva solo spiati da
dietro lo specchio del tempo. Non era pronto ad affrontare quel mondo
sconosciuto e caotico, ma soprattutto non era pronto ad affrontare il suo
protetto, con quello sguardo sempre freddo e distaccato. Ma lui sapeva
quanto, in realtà, fosse diverso da come apparisse. Conosceva la dolcezza
con cui lo prendeva in braccio al ritorno dagli allenamenti, conosceva il
calore delle sue carezze lente e calde, conosceva la luminosità del suo
sorriso quando cercava di rimproverarlo per qualcosa che aveva combinato,
conosceva la limpidezza della sua voce quando rideva, solo per lui. Come
quella volta in cui era stato bagnato per sbaglio mentre Kaede innaffiava le
rose, oppure quando era scivolato sul tavolino di cristallo cadendo a pancia
in giù sul tappeto. Lui in quel mondo si era divertito. Come gattino aveva
giocato con le piume del cuscino di Kaede, era scivolato sul tavolo come su
un lago di ghiaccio, aveva mangiato una strana sostanza nera che il protetto
aveva chiamato cioccolato, si era lanciato da un mobile all’altro usando
spesso la tenda come liana… eh sì. Si era divertito parecchio, ma adesso non
avrebbe più potuto fare nulla del genere… non avrebbe più potuto sedersi
sulle gambe di Kaede e addormentarsi cullato dalle sue carezze, mentre la tv
mandava in onda delle immagini di umani che saltavano in alto infilando una
sfera in una rete. Chissà che ci trovavano di divertente! E chissà perché a
Kaede piaceva guardare per ore quelle cose lì!
<< Ohi do’hao non ti
sarai mica addormentato? >>
<< Come osi stupida
volpe? >>
Kaede alzò un
sopracciglio nella solita espressione gelida.
<< Perché mi hai
chiamato volpe? >>
Gli occhi del guardiano
si spalancarono e s’illuminarono di gioia. Era proprio stupendo, pensò
Kaede. Prima che Hanamichi potesse parlare, Kaede lo aveva afferrato per un
braccio e portato in salotto, dove lo aveva fatto sedere sul divano,
sedendoglisi accanto. Certo adesso non poteva più farlo sedere sulle sue
gambe, accarezzandogli la pelliccia rossa, però non voleva assolutamente
rinunciare a nulla di ciò che avrebbe potuto vivere con lui. Voleva gustarsi
appieno tutte le emozioni e sensazioni strane che lo avvolgevano ogni volta
che gli si avvicinava.
“Bellissimo” pensò
vedendolo arrossire e non si meravigliò del suo pensiero, in fondo lo aveva
già capito. Quel ragazzo avvolto nelle fiamme che ogni notte aveva chiesto
incessantemente il suo aiuto, lo aveva affondato completamente. Più volte si
era ritrovato a scrutare i volti delle persone che gli stavano accanto,
cercando di cogliere in loro qualcosa che potesse rivelargli l’identità di
quella misteriosa presenza. E adesso era lì, con lui, magnifico nella sua
dolcezza e semplicità. Fuoco puro, rosso e bruciante.
<< Allora? Mi stavi
spiegando il motivo che ti ha spinto a chiamarmi volpe. >> continuò Kaede
vedendo l’imbarazzo del suo guardiano, mentre osservava le loro mani ancora
allacciate.
<< Perché gli
assomigli, stupido volpino, solo che le volpi sono molto più belle di te! >>
disse il rossino sistemandosi meglio sul divano, ma non allontanando la sua
mano da quella di Kaede e senza attendere risposta, aveva continuato: <<
Quando eravamo più piccoli, Gaia ci portava spesso a vedere il vostro mondo
nella stanza degli Specchi. Lì, grazie alla fonte luminosa, potevamo vedere,
per riflesso, il vostro mondo. Poi siamo cresciuti e allora ci ha portato
con sé, per conoscervi da vicino. Un giorno Uriel è tornato con un piccolo
fagotto di pelo bianco. Gaia ci disse che era una volpe. Era ancora piccola,
la madre era stata uccisa e lei era rimasta sola… così Uriel aveva chiesto a
Gaia il permesso di tenerla con noi. Dovevi vederlo, era così piccolo e
piangeva stringendo quella creatura fra le mani, che tremava più di lui. Era
bellissima… >>
<< Non avevi mai visto
una volpe? >> chiese stupito Kaede.
<< No. Nel nostro regno
non è permesso l’ingresso a nessun abitante del vostro mondo. Le nostre
realtà devono rimanere separate. Noi stessi, in questo momento, stiamo
infrangendo la più rigida delle leggi e rischiamo la morte, ma adesso che
Gaia si è addormentata, siamo noi la legge e quindi possiamo infrangerla
quando vogliamo! >> concluse il rossino soddisfatto.
Kaede capì che per il
rossino e i suoi fratelli quella doveva essere la prima volta che vedevano
il loro mondo da vicino. Le macchine, le case, la tv, i gelati, le feste con
gli amici… loro non li avevano mai conosciuti. Erano sempre stati soli con
se stessi. Non avevano avuto nessuna compagnia tranne quella dei fratelli.
Chissà quante volte si era sentito solo svegliandosi la notte. Avevano dei
genitori? Chi li aveva creati? Ma queste domande preferì rimandarle.
<< Senti… ti andrebbe
di conoscere questo mondo dal dentro? >>
<< Che vuoi dire? >>
<< Voglio dire che da
domani, alla fine degli allenamenti, ti farò da Cicerone in questo mondo. Te
lo farò conoscere, ti va? >>
Il guardiano spalancò
incredulo gli occhi. Quello era sempre stato il sogno suo e dei suoi
fratelli, il più segreto, quello che non erano riusciti a confessare neppure
a Gaia. Ogni volta che si fermavano davanti agli specchi, la tentazione di
infrangerli e oltrepassare la barriera che avvolgeva il loro mondo, era
stata sempre molto forte. Chi li teneva legati alle regole, era Gaia, sempre
e solo lei.
<< Sarebbe fantastico!
>> esclamò alzandosi dal divano Hanamichi: << Io e i miei fratelli potremmo
conoscere questo mondo dall’interno. Sarebbe bellissimo! >>
Ancora una volta, come
ormai gli capitava da qualche tempo a quella parte, Kaede sorrise, nel
vedere quel profilo perfetto, quella bocca spalancata, quegli occhi aperti,
quel ragazzo così simile ad un bambino che si entusiasmava vedendo qualsiasi
cosa. Certo il suo intento era un altro, avrebbe voluto trascorrere del
tempo solo con Do’hao nella sua forma umana, ma non se la sentiva affatto di
rabbuiare quel viso luminoso, quindi si preparò mentalmente ad affrontare le
nuove uscite in 11. L’orologio a pendolo suonò lentamente la mezzanotte.
<< E’ ora di andare a
letto, do’hao, domani devo alzarmi presto. >> disse Kaede alzandosi e
dirigendosi verso le scale. Sentì il ragazzo alzarsi e raggiungerlo.
<< Ehi volpe! Io un
nome ce l’ho, quindi puoi smetterla di chiamarmi in quello stupido modo,
capito? Io sono Bardiel, il Tensai dei guardiani! >>
<< Sì va bene, do’hao!
E non gridare! >> sbadigliò Kaede prima di entrare nella camera vicina alla
sua.
Bardiel lo seguì,
entrando dopo di lui. Kaede aprì l’armadio della camera degli ospiti e ne
estrasse delle lenzuola, poi preparò il letto per il guardiano. Quando si
voltò lo vide guardarlo con una muta domanda dipinta in volto.
<< Non sei più un
gatto, do’hao. Non vorrai mica dormire ancora con me? >> sussurrò
avvicinandosi piano.
Hanamichi arrossì
violentemente e si voltò dall’altro lato. Scansò la volpe e si sedette sul
letto, saggiandone la morbidezza. Certo lui era ormai abituato a dormire con
quello strano umano, ma forse, adesso che era un ragazzo, era… come diceva
spesso Uriel? Ah sì! Sconveniente! Forse era proprio sconveniente e comunque
non avrebbe mai dato la soddisfazione a quella volpe furba di capire i suoi
pensieri!
<< Stai scherzando
stupida volpe? Chi è che vorrebbe dormire con te? Questa camera andrà
benissimo! >>
Con la coda dell’occhio
vide il volpino uscire dalla stanza e andare nella sua. Molto meglio! Almeno
avrebbero evitato di litigare… però almeno un “buona notte” come faceva Gaia
quando erano ancora piccoli o come facevano Uriel e Arael, i fratelli
maggiori… almeno un buona notte…
Kaede entrò in camera
spalancando la porta. Tirò sulla testa di Hanamichi una maglietta e dei
pantaloncini.
<< Purtroppo dovrai
accontentarti. Domani andremo in centro a fare compere, ok? >> disse Kaede
appoggiandosi allo stipite della porta, osservando le mosse del guardiano
che si girava fra le mani gli indumenti, non sapendo che farci.
<< Fare che? >> domandò
Hanamichi.
<< Acquisti. >> rispose
sedendosi sul letto accanto a lui. Prese in mano la maglietta: << Comprare
vestiti, come quelli che usiamo qui da noi. Ora dormi do’hao. Buona notte.
>> detto questo si alzò e tornò nella sua stanza.
Chiuse la porta e
rimase a guardare il posto lasciato vuoto dai cuscini spiumati dal gattino e
ripensò al ragazzo che si apprestava ad addormentarsi nella camera accanto.
Aveva bisogno di riflettere e di certo non ci sarebbe riuscito con lui al
suo fianco. Era già stato difficile resistere alla tentazione di toccarlo
per tutto quel tempo… e poi erano accadute troppe cose in una volta.
Sentì un fruscio fuori
dalla finestra. Si avvicinò furtivo e scostò la tenda. Vide qualcosa
muoversi lentamente nell’ombra, forse un gatto o un cane, però fu assalito
da una sensazione di paura. Chiuse la finestra e tirò la tenda. Si mise a
letto, ma il suo sguardo non riusciva a distogliersi dalla finestra e nella
sua mente, l’immagine confusa di quell’ombra fra le ombre, si tramutava in
mostri pericolosi. Chiuse gli occhi nel tentativo di dormire, ma sapeva già
che quella sarebbe stata la prima notte insonne nella sua lunga carriera di
dormiglione.
Sentì il cigolio della
porta ed essa aprirsi lentamente. Kaede s’irrigidì e si tese come una corda
di violino, ma non aprì gli occhi. Sentì un respiro caldo sulla guancia e il
letto si abbassò. Un calore prepotente si espanse al suo fianco, mentre un
braccio caldo gli circondò la vita.
<< Buona notte Kaede.
>> gli sussurrò all’orecchio Hanamichi. << Veglierò io suoi tuoi sogni.
Finché ci sarò io con te, tu non dovrai aver paura di nulla. Buona notte,
raggio di luce. >>
Kaede si accoccolò
nella sua stretta. Rilassò gli occhi e appoggiò il capo sulla spalla del
guardiano che si adeguò alla nuova posizione. Adesso si sentiva più
tranquillo, protetto. Fece un sospiro profondo e si addormentò, mentre la
mano di Hanamichi scivolava lentamente sui suoi capelli.
Il giorno dopo, quando
Kaede si svegliò, rimase male nel non trovare il ragazzo al suo fianco. Per
un attimo pensò pure di averlo sognato, ma la sua mano, scivolata
inconsciamente al suo fianco, riuscì a catturare ancora il calore del
ragazzo.
Kaede uscì dal letto e
scese in cucina e trovò la colazione sul tavolo. Perlustrò tutte le stanze,
ma del do’hao non vi erano tracce. Stava per perdere la pazienza, quando
vide la porta di vetro del salotto aperta. Si affacciò e il suo battito
perse un colpo.
Hanamichi, bellissimo
accarezzato da una lunga tunica rossa, mossa dal vento come in una lenta ed
estenuante carezza, aveva le braccia aperte e il viso rivolto verso il sole.
Aveva gli occhi chiusi, ma il suo sorriso sembrava parlare con il mondo
intero.
Per un attimo gli parve
che anche il sole sorridesse, irraggiando ancora di più quell’inizio di
giornata. Gli uccellini degli alberi, che lo guardavano con amabile
riverenza, scesero canticchiando dai loro rami e si posarono sulle sue mani.
Il guardiano aprì la bocca e una lenta canzone, simile alla voce della terra
il giorno della creazione, accarezzò il Creato. Tutto divenne silenzio, solo
quella voce sottile e calda vibrava nell’aria. Tutto il creato sembrava in
ascolto e sembrava respirare solo al suono del suo canto. La canzone divenne
più acuta e il mondo vibrò scosso dalla melodia. A Kaede parve che tutto
fosse vivo e parlasse con il guardiano. Sembrava ascoltare la voce della
Vita, il canto del nascere e del permutare. La vita e la morte, la creazione
e la distruzione, la luce e l’ombra, il fuoco e il ghiaccio… tutto si
fondeva nel canto del guardiano del fuoco. Eufonia d’amore.
Immenso e bellissimo,
nell’abbagliate alba, per poco Kaede non perse i sensi, invaso da quelle
sensazioni primordiali. Si appoggiò al vetro della porta e così facendo la
sua mano graffiò la superficie e l’incanto si ruppe. Il guardiano smise di
cantare e aprì gli occhi. Gli uccellini volarono spaventati sugli alberi. Il
sole tornò a brillare pallido, alto nel cielo. La voce del Creato si spense
e tutto tornò alla normalità.
Hanamichi gli si
avvicinò e gli sorrise.
<< Buon giorno, Kaede.
>>
<< Buon giorno, do’hao.
>>
<< Stupidissima volpe!
E’possibile che tu non sappia chiamarmi in altri modi? >> disse sorridendo
il rossino, appoggiando le mani sui fianchi.
Entrando in casa Kaede
si volse indietro un’ultima volta. Il mondo non brillava più come prima,
eppure non riusciva a rammaricarsene, perché ora il mondo lo aveva dentro
casa e brillava come le stelle, solo per lui.
Fecero colazione
velocemente, poi Kaede andò in camera sua a prepararsi per la scuola.
<< Hanamichi ascoltami
bene… >> iniziò a dire Kaede scendendo le scale e senza portare molta
attenzione a ciò che lo circondava: << Io devo andare a scuola, torno sul
tardi, tu resta a casa e non combinare casini. Ricordati che sei un ragazzo
come gli altri e nessuno va in giro a cantare agli uccellini o ad indossare
armature di fuoco. >> Kaede scendeva le scale lentamente, facendo attenzione
a non cadere, mente si abbottonava la giacca della divisa: << Hai capito,
do’… >>
Ma non riuscì ad
emettere l’ultima parola.
<< Cos’è volpe? Ti
hanno mangiato la lingua? >> il guardiano lo canzonò allegramente.
<< No… >> riuscì solo a
dire Kaede, mentre la sua mente registrava l’arrivo di un ciclone di guai.
Il guardiano, infatti…
FINE QUARTA PARTE
Autrice: ragazze
accontentatevi di questo. E’ il meglio che sono riuscita a dare in questo
periodo. So benissimo che non è un granché e che non è all’altezza dei
capitoli precedenti, ma… accontentatevi. E siccome qualcuno si lamenta del
fatto che trancio sempre i capitoli sul più bello, eccola accontentata
un’altra volta.
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