DECLAMERS: i personaggi non sono miei, ma del mitico Inoue sensei. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto personale!      ^__^
NOTE: i nomi dei nostri amici subiranno dei cambiamenti, come qui riportato:
Hanamichi-Bardiel; Hiroaki-Melalhel; Nobunaga-Samael; Kiminobu-Uriel; Kenji-Arael; Ryota-Leliel.
Per i nomi ho preso spunto dalla mitologia angelica cristiana.
La squadra dello Shohoku, invece, è così composta:
Shinichi Maki: capitano
Toru Hanagata: vice capitano
Kaede Rukawa: ala
Hisashi Mitsui: ala
Akira Sendo: centro.
 


I cinque guardiani

parte IV

di Soffio d'argento


Quella sera i cinque guardiani dimenticarono per un attimo i problemi del mondo.
Toru aveva dato il meglio di sé cucinando piatti prelibati. Persino Melalhel sempre scorbutico e poco incline agli elogi, si era complimentato più volte con il ragazzo, guardando di sottecchi Akira che, nervoso, mangiava tutto con poco gusto e con, dipinta in viso, un’espressione poco benevola. Quasi quasi, si diceva, preferiva Hiro quando era solo un gatto. Vabbè che continuava a graffiarlo e a guardarlo con sguardo insofferente, però almeno non parlava. Eppure lui ce l’aveva davvero messa tutta, possibile che quel gattaccio scorbutico non apprezzasse? Forse non gli era simpatico… Akira sbuffò rassegnato. Se non gli stava simpatico di certo non poteva fare molto… però gli dispiaceva un po’.
Passò in rassegna gli altri ragazzi e i loro “guardiani”.
Uhm… Kaede e Bardiel non facevano che litigare… non era cambiato molto neppure fra loro, però, gli occhi di Kaede quella sera gli sembravano così… espressivi. Sembravano fuoco, come l’elemento di Bardiel. Poi c’era Toru che chiacchierava amabilmente con Arael. Neanche fra loro le cose erano cambiate, o forse sì? Toru sembrava ancora più felice e Arael aveva occhi solo per lui. Accanto c’era Uriel che chiacchierava con Mitsui e Ayako. Scherzavano come vecchi amici che non si vedevano da molto tempo. Erano molto in sintonia, non c’era che dire e li invidiava parecchio. Ma chi invidiava di più era, senza dubbio, Shinichi con il suo Samael. Già da gattino Samael aveva un debole per Shinichi. Le volte in cui era andato a trovarlo, Tempesta, così lo aveva chiamato Shin, non si era staccato dalle sue mani. Se Shin si sedeva, lui si acciambellava sulle sue gambe, se Shin si alzava lui si arrampicava lungo il suo corpo per accoccolarsi sulle sue spalle, se Shin, invece, faceva finta di non vederlo, lui miagolava e gli faceva le fusa per attirare la sua attenzione.
Shinichi aveva più possibilità con Samael, che lui con quello scorbutico di Melalhel.
<< Do’hao piantala di ingozzarti che poi ti senti male. >>
<< Baka kitsune! Come osi dare ordini al grande Bardiel! >>
<< Oso eccome, visto che starai qui per chissà quanto tempo. >>
<< Presuntuosa di una stupidissima volpe! Chi ti fa pensare che io… >>
All’improvviso i cinque Guardiani s’irrigidirono. Si guardarono scuri in volto, poi sparirono, rilasciando nell’aria un profumo di primavera. I sei ragazzi si alzarono di scatto, non riuscendo a capire cosa stesse accadendo. Che se ne fossero andati improvvisamente? Così, senza dire nulla? Poi sentirono come un’energia esplodere improvvisamente lì vicino, nel giardino di Kaede.
<< Sono fuori! >> esclamò la volpe scendendo le scale velocemente e aprendo la porta con forza.
I cinque guardiani erano usciti di casa. Stavano eretti fuori dal cancello, in mezzo alla strada e osservavano in varie direzioni. I ragazzi rimasero ancora una volta affascinati. I guardiani indossavano nuovamente l’armatura e avevano il loro aspetto originario. Per fortuna fuori, a quell’ora, non c’era nessuno, altrimenti…. Fu quel pensiero a riscuotere tutti i ragazzi. Si avvicinarono ai guardiani e li presero per un braccio, strattonandoli dentro casa. Alle prime proteste dei guardiani, i magic five cercarono di spiegare il loro punto di vista.
<< Non potete fare quello che volete sulla terra! Cercate di capire che non è da tutti i giorni vedere dei ragazzi con armature simili e con caratteristiche fisiche così… strane! Che sarebbe accaduto e qualcuno vi avesse visto? >> domandò Shinichi passandosi una mano fra i capelli.
<< Hai ragione Shin, è solo che… >> Samael si fermò all’improvviso e volse lo sguardo verso il più grande dei suoi fratelli.
“Fermati Samael. Loro non devono sapere.” Lo rimproverò Uriel.
<< Noi dobbiamo solo abituarci, solo questo. >> e Arael sorrise dolcemente.
I magic five intuirono che gli spiriti guardiani non avevano detto la completa verità, ma quella era una serata speciale e loro non se la sentivano di rovinarla così.
<< Allora andiamo a continuare la nostra cena? Che ne dite? >>
I guardiani riassunsero le loro forme umane, ma il loro sguardo rimaneva cupo e rimasero a fissare la porta ancora socchiusa per molto tempo. Erano nervosi, questo si notava subito. Il cambiamento era stato troppo repentino e, per quanto Uriel e Arael, cercassero di allentare l’atmosfera, si vedeva che tutti erano molto nervosi. Eppure, tra molti alti e bassi, la serata continuò e in breve le voci allegre dei ragazzi riempirono con il loro calore quella casa sempre troppo fredda.
 

<< Questo è proprio un problema… >> disse Arael commentando la situazione.
I ragazzi si erano accomodati nel salotto e avevano cominciato ad analizzare gli eventuali rischi della loro venuta sulla Terra.
<< Già! Abbiamo pensato a risolvere il problema dei gatti, ma non a giustificare la nostra presenza e poi dovremo pure trovare dei nomi… normali… >> sbuffò esasperato Melalhel, già infastidito dal fatto di dover restare sulla terra come comuni esseri umani.
<< Per questo non ci sono problemi. Potete venire a stare da noi, come quando eravate gattini. Possiamo dire che siete nostri amici che si sono trasferiti a casa nostra per un po’… >> propose allegro Akira: << Sempre che a qualcuno non dia troppo fastidio la mia presenza. >> continuò poi scoccando un’occhiata malevola verso Melalhel, più per il fatto che fosse vicino a Bardiel che gli accarezzava i capelli (non fraintendete! Sono fratelli! NdA.), che per averlo disprezzato tutta la sera.
Melalhel sospirò rassegnato: << Non abbiamo altra scelta. Ci divideremo come abbiamo già fatto. >> continuò rivolgendosi ai fratelli: << Ognuno di noi starà con un guardiano, come nei piani. >>
<< Dovremo fare attenzione a non trasformarci davanti a nessuno e… dobbiamo trovare dei nomi adatti. Io non posso di certo chiamarmi do’hao! >>
<< Perché? Ma se ti si addice… do’hao! >>
Bardiel scattò come una furia e se non fosse stato bloccato da Samael e Arael, avrebbe distrutto la casa sprigionando il suo potere. Quel volpino riusciva a fargli perdere la calma ogni volta!
<< Smettila Bardiel! O distruggerai davvero la casa! >> cercò di calmarlo Uriel: << Purtroppo non credo che sia una soluzione. Bardiel e il suo protetto non fanno che litigare, la situazione peggiorerebbe lasciandoli da soli. Meglio che Bardiel stia con noi. >>
Kaede s’irrigidì sulla sua poltrona. Purtroppo era vero. Lui e il guardiano non facevano che litigare e poteva capire la preoccupazione di tutti, ma lui… beh lui non riusciva a non stuzzicarlo! Quando il rosso se ne usciva con qualsiasi delle sue proclamazioni egocentriche, lui doveva rispondere, era più forte di lui. Però, allo stesso tempo, temeva che qualcuno potesse portarglielo via. Quasi quasi rimpiangeva anche lui che Bardiel non fosse più un gatto. Certo adesso era davvero un bel ragazzo che gli suscitava pensieri poco casti (proprio lui che veniva definito da tutti un tipo troppo freddo), ma almeno prima era solo suo e nessuno avrebbe mai pensato di portarglielo via. E poi… non ci avevano ancora pensato, ma come avrebbero dovuto comportarsi? Lui passava delle ore ad accarezzare il pelo fulvo del gatto, ma adesso che avrebbe fatto? Lui non era bravo nei rapporti interpersonali!
Guardò di sfuggita Bardiel, sperando che questi, intento a conversare, non se n’accorgesse, ma rimase stupito. Bardiel lo stava guardando con una tale dolcezza che non aveva mai visto neppure sul volto della madre. Bardiel era giunto, infine, dove nessuno aveva mai voluto addentrarsi: nel suo cuore. Arrossì ai suoi pensieri ed evitò lo sguardo. Bardiel sorrise e disse:
<< Non vi preoccupate. Eviteremo di ucciderci e poi io sono qui per difenderlo! Faremo un armistizio, va bene volpe? Così potrò restare qui, evitare di distruggere il quartiere e proteggere il raggio di luce… >>
In quel momento, a Kaede Rukawa, quel salotto, sembrò un paradiso.
<< Ora mancano solo i nomi! >> esclamò Uriel: << Noi non conosciamo i nomi in uso nel vostro mondo, quindi potete aiutarci voi. Già una volta ci avete regalato un nome. >>
<< Sì, ma megane non è un nome da ragazzo! Può andare per un gattino, così come gli altri nomi… dovremo cercare anche un cognome, così da rendere più efficace la nostra recita. >> disse Hisashi sprofondando ancor di più nel comodo divano, affiancato da Uriel.
Quel ragazzo aveva un profumo fresco e inebriante, forse era normale visto che si trattava dello spirito dell’Aria. La sua figura, non più appariscente come quando era un guardiano, era comunque affascinante. Quei piccoli occhiali scuri gli donavano un’aria sveglia e intelligente, mentre quello sguardo limpido e quel sorriso sempre acceso lo rendevano irresistibile.
<< Io il nome per Melalhel ce l’ho! >> esclamò allegro Akira: << Che ne dici di Hiroaki Koshino? Io trovo che gli doni! Ha la stessa espressione severa! >>
<< Ti sei sforzato molto, Akira! >> disse sarcastico Hisashi, sempre pronto a stuzzicare il compagno: << Hiro… Hiroaki… uhm… non userai i neuroni del tuo cervello almeno per una settimana, vero? >>
<< Teme Hisashi! >>
Akira lanciò un cuscino addosso a Hisashi che prese a rispondere facendone volare altri due. Uno però colpì Kaede, che guardò torvo prima Akira, poi Hisashi. Allora si alzò per prendere il cuscino caduto dietro il divano e lo lanciò insieme a quello che aveva in mano. Uno finì in faccia a Hisashi, che ancora rideva, l’altro deliberatamente addosso a Shinichi, che non se lo fece ripetere e lo lanciò su Toru che, per controbattere, colpì Ayako. Risultato? In breve quel salotto divenne un campo di battaglia, con Kaede, Akira e Ayako nascosti dietro il divano vicino alla porta e Shinichi, Hisashi e Toru dall’altro lato della stanza, dietro l’altro divano.
I guardiani osservavano straniti i loro protetti. Samael faceva il tifo per Shinichi, Uriel con il suo potere mitigava la potenza dei lanci, Arael non si capacitava della situazione, Bardiel guardava sorridente Kaede, felice che fosse riuscito a lasciarsi un po’ andare, mentre Melalhel iniziava a perdere la pazienza e provava a porre fine a quel gioco umano tanto sciocco. Un cuscino, volutamente o no, sfuggito al controllo di Akira, gli si spalmò in viso. Bardiel cominciò a ridere pregustandosi la scena, Uriel e Arael si schiaffeggiarono mentalmente per non aver legato il fratello irascibile e Samael cercava il modo di mettere in salvo Shinichi, ma non arrivò in tempo. Melalhel scaricò nel salotto di Kaede un acquazzone senza eguali, compreso di lampi. I divani si riempirono d’acqua e le piume sfuggite qua e là a qualche cuscino, si appiccicarono ai vestiti e ai volti dei ragazzi. I capelli di Akira, innaturalmente alti, si accasciarono ricoprendogli il volto.
Quando finalmente Melalhel si calmò, la stanza era ridotta peggio di prima. Le calamità scaturite dal risveglio degli elementi, avvenuto solo qualche ora prima, non avevano procurato così tanti danni. Gli altri guardiani fecero esplodere il loro potere risistemando il salotto martoriato.
<< Melalhel! Devi smetterla di perdere la pazienza così! Potevi distruggere la casa! >>
<< Arael! Sarebbe stata la giusta punizione! E voi, sciocchi umani, smettetela di fare gli stupidi. Gaia ha bisogno del vostro aiuto, non è il momento di giocare! >>
I ragazzi si alzarono sistemandosi i vestiti.
<< Hiro… ogni tanto non fa male lasciarsi andare, non credi anche tu? >> gli sorrise dolcemente Akira cercando un modo di tenere fermi i capelli che, ormai privi di gel e asciugati da Arael, scendevano ribelli sul viso.
<< Dici questo Akira perché non puoi capire… >> cercò di giustificarsi, più a se stesso che ad altri, Melalhel.
<< Non posso capire perché non volete. >> disse Akira sedendosi sul divano asciutto e facendo spazio a Melalhel: << Ad ogni modo… mancano gli altri nomi! Hiro-kun ha già il suo! Ora mancano gli altri guardiani! >>
Gli altri ragazzi presero nuovamente posto sul divano, vicini ai guardiani. I ragazzi ci pensarono su a lungo, non era semplice inventarsi un nome di sana pianta, ma alla fine fecero le loro scelte: a Samael venne dato il nome di Nobunaga Kyota; Uriel fu chiamato Kiminobu Kogure; Arael Kenji Fujima, mentre Bardiel si ritrovò il nome Hanamichi Sakuragi. L’unico a non essere d’accordo con il suo nome, che considerava indegno per il Tensai dei guardiani, fu Hanamichi che pretese la spiegazione del nome. Kaede sospirò alzando gli occhi al cielo e gli spiegò che Sakura, la parte iniziale del nome, indicava i petali di ciliegio. Hanamichi ci pensò un po’ su, ma poi accettò di buon grado.
A fine serata quattro dei cinque custodi lasciarono la casa di Kaede, dirigendosi ognuno alla casa dal proprio protetto. Hisashi e Kiminobu accompagnarono Ayako a casa e così, in breve, Kaede e Hanamichi restarono soli…

“Gaia…” l’ultimo dei guardiani, il protettore della notte e dell’oscurità, era inginocchiato di fronte al capezzale di Gaia, con il suo colorito spento, la sua pelle quasi evanescente, i capelli del colore dell’erba che ingiallisce per poi morire, lei non sembrava più lo spirito della Terra…. Tutta la terra stava morendo. I suoi fratelli avevano l’arduo compito di proteggere i prescelti e far brillare i raggi di luce. Lui avrebbe voluto stare con loro, ma non era stato possibile. C’era già tanta oscurità nel mondo degli umani, lui doveva proteggere lo Spirito della Terra, doveva far in modo che nessuno potesse toccarla, fino all’arrivo dei guardiani con i raggi di luce.
Quella era la prima volta che si divideva dai fratelli e questo lo spaventava. Non era mai stato solo e la tentazione di andare da loro era molto forte, anche troppo, per questo era stato più volte sul punto di lasciare il loro limbo per raggiungerli, ma ogni volta la voce dei fratelli lo calmava e la fredda presenza di Gaia lo faceva arretrare dai suoi propositi e allora s’inginocchiava nuovamente, pregando perché lo spirito di Gaia si risvegliasse, immerso nell’oscurità di quel luogo fuori del tempo. Le sue mani strette in una preghiera silenziosa.

“Ricorda Leliel il mondo che ci circonda appartiene a chi lo vive, noi lo proteggiamo, ma non sempre è possibile. Un giorno l’oscurità scenderà a coprire la Terra e tu e i tuoi fratelli dovrete trovare i raggi di luce.”
“Cosa sono i raggi di luce, Gaia?”
“Sono cuori la cui luminosità è in grado di annientare l’oscurità.”
“E come faremo a trovarli?”
“Non dovrete far altro che chiamarli e loro verranno da voi…”

Anche lui aveva trovato il suo raggio di luce. Un sole ricoperto da macchie, ma la cui luce poteva davvero annientare l’oscurità. Un cuore limpido. Una ragazza dai lunghi capelli neri come la notte, le labbra rosse e due occhi vispi.
Ricordava di quando Gaia li portava nella Stanza degli Specchi a saziare la loro curiosità. Gaia li accompagnava ognuno al suo specchio e lì osservavano il mondo, riflesso nelle acque eterne della sorgente luminosa. Ci andavano spesso insieme e osservavano quello strano mondo con quegli strani colori, in cui tutti avevano una così inspiegabile fretta da camminare con gli occhi chiusi. Le loro ali si dispiegavano abbracciando il loro mondo. C’erano tante persone lì, invece il loro regno era abitato solo da pochi eletti, ma loro non si sentivano mai soli, perché ognuno aveva l’altro e poi c’era Gaia. Poi un giorno avevano incontrato degli occhi luminosi e Melalhel era scomparso…
“Gaia…” continuava a ripetere, come una lenta litania, l’ultimo guardiano. Aveva capelli neri come la notte, due occhi blu scuro e la pelle bronzea, quasi come quella di Bardiel. La sua armatura era formata da nuvole oscure dove i colori, risucchiati da un gorgo nero, diventavano il nulla.
Chissà cosa stavano facendo i suoi fratelli…
Il primo ministro entrò disperato. Al suo seguito i consiglieri di Gaia.
<< O sacro Leliel, Spirito Guardiano dell’Oscurità, il nemico infittisce le maglie della sua trappola, presto la notte calerà per sempre sulla Terra e Gaia morirà. >>
<< Primo Ministro. Abbia fiducia in me e nei miei fratelli e la luce non si spegnerà. >>
 

Bardiel, spirito guardiano del fuoco, stava seduto su una sedia della cucina, osservando l’incedere lento del suo protetto, intento a mettere in ordine gli ultimi piatti. Ora sì che iniziavano i veri problemi. Lui non era mai stato fra gli uomini, li aveva solo spiati da dietro lo specchio del tempo. Non era pronto ad affrontare quel mondo sconosciuto e caotico, ma soprattutto non era pronto ad affrontare il suo protetto, con quello sguardo sempre freddo e distaccato. Ma lui sapeva quanto, in realtà, fosse diverso da come apparisse. Conosceva la dolcezza con cui lo prendeva in braccio al ritorno dagli allenamenti, conosceva il calore delle sue carezze lente e calde, conosceva la luminosità del suo sorriso quando cercava di rimproverarlo per qualcosa che aveva combinato, conosceva la limpidezza della sua voce quando rideva, solo per lui. Come quella volta in cui era stato bagnato per sbaglio mentre Kaede innaffiava le rose, oppure quando era scivolato sul tavolino di cristallo cadendo a pancia in giù sul tappeto. Lui in quel mondo si era divertito. Come gattino aveva giocato con le piume del cuscino di Kaede, era scivolato sul tavolo come su un lago di ghiaccio, aveva mangiato una strana sostanza nera che il protetto aveva chiamato cioccolato, si era lanciato da un mobile all’altro usando spesso la tenda come liana… eh sì. Si era divertito parecchio, ma adesso non avrebbe più potuto fare nulla del genere… non avrebbe più potuto sedersi sulle gambe di Kaede e addormentarsi cullato dalle sue carezze, mentre la tv mandava in onda delle immagini di umani che saltavano in alto infilando una sfera in una rete. Chissà che ci trovavano di divertente! E chissà perché a Kaede piaceva guardare per ore quelle cose lì!
<< Ohi do’hao non ti sarai mica addormentato? >>
<< Come osi stupida volpe? >>
Kaede alzò un sopracciglio nella solita espressione gelida.
<< Perché mi hai chiamato volpe? >>
Gli occhi del guardiano si spalancarono e s’illuminarono di gioia. Era proprio stupendo, pensò Kaede. Prima che Hanamichi potesse parlare, Kaede lo aveva afferrato per un braccio e portato in salotto, dove lo aveva fatto sedere sul divano, sedendoglisi accanto. Certo adesso non poteva più farlo sedere sulle sue gambe, accarezzandogli la pelliccia rossa, però non voleva assolutamente rinunciare a nulla di ciò che avrebbe potuto vivere con lui. Voleva gustarsi appieno tutte le emozioni e sensazioni strane che lo avvolgevano ogni volta che gli si avvicinava.
“Bellissimo” pensò vedendolo arrossire e non si meravigliò del suo pensiero, in fondo lo aveva già capito. Quel ragazzo avvolto nelle fiamme che ogni notte aveva chiesto incessantemente il suo aiuto, lo aveva affondato completamente. Più volte si era ritrovato a scrutare i volti delle persone che gli stavano accanto, cercando di cogliere in loro qualcosa che potesse rivelargli l’identità di quella misteriosa presenza. E adesso era lì, con lui, magnifico nella sua dolcezza e semplicità. Fuoco puro, rosso e bruciante.
<< Allora? Mi stavi spiegando il motivo che ti ha spinto a chiamarmi volpe. >> continuò Kaede vedendo l’imbarazzo del suo guardiano, mentre osservava le loro mani ancora allacciate.
<< Perché gli assomigli, stupido volpino, solo che le volpi sono molto più belle di te! >> disse il rossino sistemandosi meglio sul divano, ma non allontanando la sua mano da quella di Kaede e senza attendere risposta, aveva continuato: << Quando eravamo più piccoli, Gaia ci portava spesso a vedere il vostro mondo nella stanza degli Specchi. Lì, grazie alla fonte luminosa, potevamo vedere, per riflesso, il vostro mondo. Poi siamo cresciuti e allora ci ha portato con sé, per conoscervi da vicino. Un giorno Uriel è tornato con un piccolo fagotto di pelo bianco. Gaia ci disse che era una volpe. Era ancora piccola, la madre era stata uccisa e lei era rimasta sola… così Uriel aveva chiesto a Gaia il permesso di tenerla con noi. Dovevi vederlo, era così piccolo e piangeva stringendo quella creatura fra le mani, che tremava più di lui. Era bellissima… >>
<< Non avevi mai visto una volpe? >> chiese stupito Kaede.
<< No. Nel nostro regno non è permesso l’ingresso a nessun abitante del vostro mondo. Le nostre realtà devono rimanere separate. Noi stessi, in questo momento, stiamo infrangendo la più rigida delle leggi e rischiamo la morte, ma adesso che Gaia si è addormentata, siamo noi la legge e quindi possiamo infrangerla quando vogliamo! >> concluse il rossino soddisfatto.
Kaede capì che per il rossino e i suoi fratelli quella doveva essere la prima volta che vedevano il loro mondo da vicino. Le macchine, le case, la tv, i gelati, le feste con gli amici… loro non li avevano mai conosciuti. Erano sempre stati soli con se stessi. Non avevano avuto nessuna compagnia tranne quella dei fratelli. Chissà quante volte si era sentito solo svegliandosi la notte. Avevano dei genitori? Chi li aveva creati? Ma queste domande preferì rimandarle.
<< Senti… ti andrebbe di conoscere questo mondo dal dentro? >>
<< Che vuoi dire? >>
<< Voglio dire che da domani, alla fine degli allenamenti, ti farò da Cicerone in questo mondo. Te lo farò conoscere, ti va? >>
Il guardiano spalancò incredulo gli occhi. Quello era sempre stato il sogno suo e dei suoi fratelli, il più segreto, quello che non erano riusciti a confessare neppure a Gaia. Ogni volta che si fermavano davanti agli specchi, la tentazione di infrangerli e oltrepassare la barriera che avvolgeva il loro mondo, era stata sempre molto forte. Chi li teneva legati alle regole, era Gaia, sempre e solo lei.
<< Sarebbe fantastico! >> esclamò alzandosi dal divano Hanamichi: << Io e i miei fratelli potremmo conoscere questo mondo dall’interno. Sarebbe bellissimo! >>
Ancora una volta, come ormai gli capitava da qualche tempo a quella parte, Kaede sorrise, nel vedere quel profilo perfetto, quella bocca spalancata, quegli occhi aperti, quel ragazzo così simile ad un bambino che si entusiasmava vedendo qualsiasi cosa. Certo il suo intento era un altro, avrebbe voluto trascorrere del tempo solo con Do’hao nella sua forma umana, ma non se la sentiva affatto di rabbuiare quel viso luminoso, quindi si preparò mentalmente ad affrontare le nuove uscite in 11. L’orologio a pendolo suonò lentamente la mezzanotte.
<< E’ ora di andare a letto, do’hao, domani devo alzarmi presto. >> disse Kaede alzandosi e dirigendosi verso le scale. Sentì il ragazzo alzarsi e raggiungerlo.
<< Ehi volpe! Io un nome ce l’ho, quindi puoi smetterla di chiamarmi in quello stupido modo, capito? Io sono Bardiel, il Tensai dei guardiani! >>
<< Sì va bene, do’hao! E non gridare! >> sbadigliò Kaede prima di entrare nella camera vicina alla sua.
Bardiel lo seguì, entrando dopo di lui. Kaede aprì l’armadio della camera degli ospiti e ne estrasse delle lenzuola, poi preparò il letto per il guardiano. Quando si voltò lo vide guardarlo con una muta domanda dipinta in volto.
<< Non sei più un gatto, do’hao. Non vorrai mica dormire ancora con me? >> sussurrò avvicinandosi piano.
Hanamichi arrossì violentemente e si voltò dall’altro lato. Scansò la volpe e si sedette sul letto, saggiandone la morbidezza. Certo lui era ormai abituato a dormire con quello strano umano, ma forse, adesso che era un ragazzo, era… come diceva spesso Uriel? Ah sì! Sconveniente! Forse era proprio sconveniente e comunque non avrebbe mai dato la soddisfazione a quella volpe furba di capire i suoi pensieri!
<< Stai scherzando stupida volpe? Chi è che vorrebbe dormire con te? Questa camera andrà benissimo! >>
Con la coda dell’occhio vide il volpino uscire dalla stanza e andare nella sua. Molto meglio! Almeno avrebbero evitato di litigare… però almeno un “buona notte” come faceva Gaia quando erano ancora piccoli o come facevano Uriel e Arael, i fratelli maggiori… almeno un buona notte…
Kaede entrò in camera spalancando la porta. Tirò sulla testa di Hanamichi una maglietta e dei pantaloncini.
<< Purtroppo dovrai accontentarti. Domani andremo in centro a fare compere, ok? >> disse Kaede appoggiandosi allo stipite della porta, osservando le mosse del guardiano che si girava fra le mani gli indumenti, non sapendo che farci.
<< Fare che? >> domandò Hanamichi.
<< Acquisti. >> rispose sedendosi sul letto accanto a lui. Prese in mano la maglietta: << Comprare vestiti, come quelli che usiamo qui da noi. Ora dormi do’hao. Buona notte. >> detto questo si alzò e tornò nella sua stanza.

Chiuse la porta e rimase a guardare il posto lasciato vuoto dai cuscini spiumati dal gattino e ripensò al ragazzo che si apprestava ad addormentarsi nella camera accanto. Aveva bisogno di riflettere e di certo non ci sarebbe riuscito con lui al suo fianco. Era già stato difficile resistere alla tentazione di toccarlo per tutto quel tempo… e poi erano accadute troppe cose in una volta.
Sentì un fruscio fuori dalla finestra. Si avvicinò furtivo e scostò la tenda. Vide qualcosa muoversi lentamente nell’ombra, forse un gatto o un cane, però fu assalito da una sensazione di paura. Chiuse la finestra e tirò la tenda. Si mise a letto, ma il suo sguardo non riusciva a distogliersi dalla finestra e nella sua mente, l’immagine confusa di quell’ombra fra le ombre, si tramutava in mostri pericolosi. Chiuse gli occhi nel tentativo di dormire, ma sapeva già che quella sarebbe stata la prima notte insonne nella sua lunga carriera di dormiglione.
Sentì il cigolio della porta ed essa aprirsi lentamente. Kaede s’irrigidì e si tese come una corda di violino, ma non aprì gli occhi. Sentì un respiro caldo sulla guancia e il letto si abbassò. Un calore prepotente si espanse al suo fianco, mentre un braccio caldo gli circondò la vita.
<< Buona notte Kaede. >> gli sussurrò all’orecchio Hanamichi. << Veglierò io suoi tuoi sogni. Finché ci sarò io con te, tu non dovrai aver paura di nulla. Buona notte, raggio di luce. >>
Kaede si accoccolò nella sua stretta. Rilassò gli occhi e appoggiò il capo sulla spalla del guardiano che si adeguò alla nuova posizione. Adesso si sentiva più tranquillo, protetto. Fece un sospiro profondo e si addormentò, mentre la mano di Hanamichi scivolava lentamente sui suoi capelli.

Il giorno dopo, quando Kaede si svegliò, rimase male nel non trovare il ragazzo al suo fianco. Per un attimo pensò pure di averlo sognato, ma la sua mano, scivolata inconsciamente al suo fianco, riuscì a catturare ancora il calore del ragazzo.
Kaede uscì dal letto e scese in cucina e trovò la colazione sul tavolo. Perlustrò tutte le stanze, ma del do’hao non vi erano tracce. Stava per perdere la pazienza, quando vide la porta di vetro del salotto aperta. Si affacciò e il suo battito perse un colpo.
Hanamichi, bellissimo accarezzato da una lunga tunica rossa, mossa dal vento come in una lenta ed estenuante carezza, aveva le braccia aperte e il viso rivolto verso il sole. Aveva gli occhi chiusi, ma il suo sorriso sembrava parlare con il mondo intero.
Per un attimo gli parve che anche il sole sorridesse, irraggiando ancora di più quell’inizio di giornata. Gli uccellini degli alberi, che lo guardavano con amabile riverenza, scesero canticchiando dai loro rami e si posarono sulle sue mani. Il guardiano aprì la bocca e una lenta canzone, simile alla voce della terra il giorno della creazione, accarezzò il Creato. Tutto divenne silenzio, solo quella voce sottile e calda vibrava nell’aria. Tutto il creato sembrava in ascolto e sembrava respirare solo al suono del suo canto. La canzone divenne più acuta e il mondo vibrò scosso dalla melodia. A Kaede parve che tutto fosse vivo e parlasse con il guardiano. Sembrava ascoltare la voce della Vita, il canto del nascere e del permutare. La vita e la morte, la creazione e la distruzione, la luce e l’ombra, il fuoco e il ghiaccio… tutto si fondeva nel canto del guardiano del fuoco. Eufonia d’amore.

Immenso e bellissimo, nell’abbagliate alba, per poco Kaede non perse i sensi, invaso da quelle sensazioni primordiali. Si appoggiò al vetro della porta e così facendo la sua mano graffiò la superficie e l’incanto si ruppe. Il guardiano smise di cantare e aprì gli occhi. Gli uccellini volarono spaventati sugli alberi. Il sole tornò a brillare pallido, alto nel cielo. La voce del Creato si spense e tutto tornò alla normalità.
Hanamichi gli si avvicinò e gli sorrise.
<< Buon giorno, Kaede. >>
<< Buon giorno, do’hao. >>
<< Stupidissima volpe! E’possibile che tu non sappia chiamarmi in altri modi? >> disse sorridendo il rossino, appoggiando le mani sui fianchi.

Entrando in casa Kaede si volse indietro un’ultima volta. Il mondo non brillava più come prima, eppure non riusciva a rammaricarsene, perché ora il mondo lo aveva dentro casa e brillava come le stelle, solo per lui.
Fecero colazione velocemente, poi Kaede andò in camera sua a prepararsi per la scuola.
<< Hanamichi ascoltami bene… >> iniziò a dire Kaede scendendo le scale e senza portare molta attenzione a ciò che lo circondava: << Io devo andare a scuola, torno sul tardi, tu resta a casa e non combinare casini. Ricordati che sei un ragazzo come gli altri e nessuno va in giro a cantare agli uccellini o ad indossare armature di fuoco. >> Kaede scendeva le scale lentamente, facendo attenzione a non cadere, mente si abbottonava la giacca della divisa: << Hai capito, do’… >>
Ma non riuscì ad emettere l’ultima parola.
<< Cos’è volpe? Ti hanno mangiato la lingua? >> il guardiano lo canzonò allegramente.
<< No… >> riuscì solo a dire Kaede, mentre la sua mente registrava l’arrivo di un ciclone di guai.
Il guardiano, infatti…

FINE QUARTA PARTE

Autrice: ragazze accontentatevi di questo. E’ il meglio che sono riuscita a dare in questo periodo. So benissimo che non è un granché e che non è all’altezza dei capitoli precedenti, ma… accontentatevi. E siccome qualcuno si lamenta del fatto che trancio sempre i capitoli sul più bello, eccola accontentata un’altra volta.


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