DISCLAMERS: i personaggi non sono miei, ma del mitico Inoue sensei. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto personale!      ^__^

NOTE: i nomi dei nostri amici subiranno dei cambiamenti, come qui riportato:

Hanamichi-Bardiel; Hiroaki-Melalhel; Nobunaga-Samael; Kiminobu-Uriel; Kenji-Arael.

Per i nomi ho preso spunto dalla mitologia angelica cristiana.

 

 


I cinque guardiani

parte III

di Soffio d'argento



 

I gattini crescevano in fretta e le giornate trascorrevano allegre. Dopo la prima notte di tranquillità, trascorsa nell’allegria generale, i sogni si erano fatti più pressanti. Ogni notte si riempivano di nuovi particolari e ogni giorno i ragazzi si alzavano molto stanchi. Ognuno di loro si svegliava di soprassalto, intimorito da nuovi particolari. Un giorno era il colore degli occhi, un altro quello della pelle… e la loro voce si faceva sempre più vicina, come se, invece che racchiusi in un sogno, fossero lì vicini a loro. Ma ogni volta che allungavano un braccio per toccarli, quei ragazzi misteriosi svanivano e al loro risveglio si rispecchiavano negli occhi lucenti dei gattini.

I mici trascorrevano la maggior parte del tempo a dormire e mangiare. L’unico a non fare caso a questo particolare era stato Kaede che, come il gatto, dormiva sempre e ovunque. Non che gli altri ragazzi fossero particolarmente preoccupati, solo che erano un po’… tristi forse. Era strano ammetterlo, ma si sentivano proprio così. Avevano trascorso molti anni da soli e ora pensavano di aver trovato un amico con cui parlare quasi ventiquattr’ore al giorno e questo era alquanto strano, perché si trattava pur sempre di gatti, per quanto graziosi fossero.

Era, comunque, divertente arrivare a casa ed essere accolti da un musetto grazioso e miagolante. Tutti sembravano essersi ormai abituati alla presenza dei gattini, ma uno di loro, ogni giorno, tornava a scuola con le mani piene di graffi e d’impronte di piccoli dentini. Era facile capire che, fra Kaede e il Do’hao, le acque non si erano ancora calmate.

Tutti, però, avevano cominciato a notare qualcosa di strano. Quei gattini sembravano quasi umani. Avevano degli occhi profondi che sentivano di aver già visto. Spesso, poi, s’isolavano in un mondo tutto loro e sembravano com’essere in contatto con qualcuno o qualcosa fuori dal tempo.

 

<< Ehi Ayako! Mi stai ascoltando? >>

Da qualche tempo la manager sembrava diversa. Era sempre più stanca, come se la notte non riuscisse a dormire e spesso, anche quanto si trovava in mezzo al gruppo, sembrava assorta in pensieri tutt’altro che felici.

<< Scusa Toru, hai detto qualcosa? >>

<< Sì. In questo periodo sei troppo strana! Se c’è qualcosa che ti preoccupa puoi sempre parlare con noi. Siamo amici, no? >> il gigante dello Shohoku, le sorrise dolcemente.

La ragazza annuì sorridendo prima di entrare in aula. Aveva pensato più volte a rivelare tutto ai ragazzi, ma da dove cominciare? “Sapete ragazzi? Tutte le notti sogno un ragazzo avvolto dalla nebbia che mi chiede di aiutarlo.”. Come minimo si sarebbero messi a ridere, poi avrebbero di sicuro cominciato a prenderla in giro, facendo risalire la causa a chissà quale “visione” poco casta che aveva fatto vedendo chissà quale attore o modello. Eppure lei lo sapeva. Quel ragazzo era reale, come lo era lei e tutto ciò che la circondava. Non riusciva a vedere nulla di lui, ma la sua voce supplichevole la sentiva ogni volta che chiudeva gli occhi. E la cosa più strana era che quella figura misteriosa era entrata così in profondità in lei, che non riusciva a vedere nulla che non le richiamasse qualche suo particolare e non riusciva a sentire nulla che non fosse la sua voce. Era diventato un’ossessione e questo la spaventava a morte. A scuola non riusciva più neppure a fare attenzione alle lezioni. La lavagna nera gli ricordava l’oscurità che avvolgeva quel ragazzo e la voce dei professori si confondeva nella sua mente con quella sua.

Sospirò all’ennesimo rimprovero del professore di fisica e, adducendo la scusa di un malanno, chiese di uscire un po’. Ayako era stata sempre una studentessa modello e infaticabile ragazza dai mille impegni. Quello strano comportamento aveva destato qualche preoccupazione non solo nei suoi amici, ma anche nei professori che non sapevano più che supporre.

Durante la pausa pranzo si rifugiò, come solito, in terrazza. Trovò già i ragazzi seduti in cerchio che commentavano l’ennesimo graffio sulle mani candide di Kaede.

<< Vi dico che quel gatto mi odia! Ogni volta che mi avvicino mi graffia. E poi non fa che mangiare e dormire. >>

<< Come te quindi! >> esclamò Ayako travolgendo tutti in una risata contagiosa.

<< Divertente! Molto divertente Ayako. >>

<< Ma dai Kaede! Non mi tenere il muso. Ti chiedo scusa, ok? >>

Pranzarono chiacchierando degli allenamenti e delle squadre del campionato. Shinichi si preoccupava del Toyotama che, nella sua prefettura, stava sbaragliando un avversario dopo l’altro. Hisashi era il più tranquillo. Da anni lo Shohoku non perdeva una finale di campionato e quell’anno non sarebbe stato un’eccezione. Loro erano di gran lunga la squadra più forte che l’istituto potesse mai annoverare. Kaede, come da copione, sonnecchiava con gli auricolari del lettore cd nelle orecchie e le spalle appoggiate al muro.

<< Piuttosto Ayako. Stasera ceniamo a casa di Kaede. Naturalmente sei invitata anche tu. >>

<< E naturalmente se rifiuti ti portiamo a casa sua di peso. >> continuò Hisashi per Akira.

<< Che si festeggia? >> chiese Ayako.

<< Nulla. E’ solo che sentivamo il bisogno di stare un po’ insieme. >> rispose Shinichi: << Che ne pensi? Ti possiamo considerare dei nostri? >>

<< Solo se portate con voi i gattini. Sono proprio curiosa di conoscerli. >>

 

Alla fine degli allenamenti i cinque ragazzi si divisero, dandosi appuntamento mezz’ora dopo a casa di Kaede. Poiché Ayako non abitava molto distante da casa dell’ospite di quella sera, andò direttamente dal volpino.

Kaede era sempre stato molto refrattario alla conversazione, perciò non si meravigliò più di tanto del silenzio installatosi durante tutta la strada. Quello che la meravigliò fu l’accenno di sorriso che brillò sul volto di Kaede appena intravide casa sua. Kaede, a detta di Ayako, era quello che, più di tutti gli altri ragazzi, aveva sofferto per la mancanza dei genitori. Mente per gli altri ragazzi si poteva parlare di genitori artisti, politici o imprenditori, sempre fuori casa per lavoro, la madre di Kaede era morta quando era ancora molto piccolo e il padre si rifiutava di vederlo perché gli ricordava troppo la moglie tanto amata. Kaede era cresciuto da solo, con un gran dolore in fondo al cuore, e da solo era riuscito a sopravvivere. Non glielo aveva mai detto, ma per questo l’aveva sempre ammirato.

<< Siamo arrivati. Accomodati pure. Io vado a cercare quella sottospecie di gatto che mi hanno rifilato. Do’hao dove sei? >>

Il micino dal pelo fulvo, arrivò miagolando con ancora una piuma in bocca. Kaede, e per poco Ayako non svenne dal ridere, lo guardò con cipiglio, come le madri guardano i figli che hanno combinato qualche marachella.

<< Che diavolo hai combinato questa volta, Do’hao? >> disse esasperato il padrone di casa.

Mentre il gattino si dava ad una fuga strategica, Ayako seguì silenziosamente Kaede, che si dirigeva verso la sua stanza. Il gattino, pensò Ayako, doveva essersi proprio divertito. La stanza era invasa da mille piume bianche che, in contrasto con il lenzuolo blu del letto di Kaede, assomigliavano a neve fresca e candida. C’erano piume persino sopra l’armadio e in mezzo ai libri sulla scrivania. Il ragazzo guardò sconsolato la stanza, poi cercò di arginare come poteva quella fuga pazza di piume che, ad ogni movimento, riprendevano a danzare in aria come ballerine splendenti. Ayako cercò di aiutarlo andando a prendere l’aspirapolvere nello sgabuzzino in fondo al corridoio. In breve la stanza riprese un aspetto decente.

Quando terminarono suonò il campanello e scesero in fretta ad aprire.

Neanche si fossero messi d’accordo, i quattro restanti ragazzi suonarono uno dopo l’altro il campanello, facendo innervosire non poco Kaede che, ogni volta, doveva smettere di cercare Do’hao per andare ad aprire. In breve i cinque gattini furono di nuovo insieme. Si avvicinarono e si leccarono il viso a vicenda. I cinque padroni e Ayako li guardavano con immensa dolcezza, finché accadde qualcosa che ebbe dell’incredibile.

I corpi dei piccoli mici, improvvisamente, iniziarono a brillare. Attorno a do’hao un muro di fuoco s’innalzò fino al tetto; un ghiaccio eterno avvolse il piccolo Hiro; profonde radici sollevarono il pavimento della casa di Kaede e si avvolsero attorno a Tempesta; una tromba d’aria si sviluppò vicino a Megane e i furiosi venti avvolsero e ricoprirono il corpo del piccolo gattino; una luce accecante, infine, illuminò Emerald fino ad inghiottirlo. Il salotto di Kaede fu invaso dal rumore assordante dei cinque elementi e i mobili, sollevati e sospinti dalla tromba d’aria andarono a sbattere contro i muri, infrangendosi. Il fuoco bruciò le tende bianche che si carbonizzarono all’istante. Il ghiaccio eterno congelò il tavolino di vetro vicino a Hiro e si spezzò in mille cristalli colorati. Le radici si fecero largo fra il marmo del pavimento distruggendo ogni ostacolo che incontrava. La luce crebbe d’intensità fino a costringere i ragazzi, ancora attoniti, a voltarsi dalla parte opposta, per non rimanere accecati.

La furia degli elementi continuò ancora per un po’. I ragazzi erano paralizzati dalla paura e, per quanto sembrasse sciocco in quel momento, erano preoccupati soprattutto per i cinque gattini.

 

Quando la luce diminuì d’intensità e il rumore cessò del tutto, i cinque ragazzi si voltarono lentamente e quello che videro li lasciò senza parole.

Al centro del salotto si stagliavano, come statue di marmo sfuggite alla mano esperta di uno scultore dell’antica Grecia, cinque bellissimi ragazzi.

Il più alto aveva la pelle bronzea e profondi occhi color cioccolata. I lunghi capelli sembravano lingue di fuoco ed aveva un aspetto severo e forte. Il fuoco che poco prima aveva avvolto il corpo del piccolo Do’hao, adesso avvolgeva il giovane ragazzo modellandosi in un’armatura cremisi e fiammante.

Accanto a lui c’era un ragazzo un po’ più basso dal muso imbronciato e lo sguardo accigliato. Aveva occhi e lunghi capelli blu, come il mare in inverno. La pelle aveva la luminosità del ghiaccio che si scioglie in primavera. Il ghiaccio non intrappolava i suoi bei lineamenti, ma fasciava il suo corpo per intero e le acque si condensavano in un’armatura luminosa.

C’era un altro ragazzo. Indossava degli occhiali piccoli e tondi. Aveva capelli chiari e occhi azzurri (Autrice: lo so che Kiminobu e Hiro non sono così e anche gli altri personaggi subiranno qualche trasformazione, mi serve ai fini della storia, perché ognuno di essi rappresenta un elemento! Ops! Vi ho detto troppo!). Sorrideva dolcemente agli altri ragazzi che ricambiavano con medesima dolcezza. La tromba d’aria, che aveva distrutto la mobilia del salotto di Kaede, ruotava attorno a lui con velocità incredibile, concentrandosi in un’armatura leggera e dello stesso colore del cielo all’imbrunire.

Accanto a lui, un altro ragazzo dai lunghi capelli neri come la notte. Aveva sulla fronte una coroncina color lillà, almeno così sembrava, dello stesso colore dei suoi occhi. I rami che avevano imprigionato Tempesta, adesso avvolgevano il ragazzo come una seconda pelle e si amalgamavano fra loro formando un’armatura resistente e imperitura come la terra.

Infine vi era un ultimo ragazzo. Aveva lunghi capelli biondi e occhi verdi. I capelli brillavano ad ogni movimento del capo. La sua pelle era bianca come le nuvole in primavera e la sua armatura sembrava aver catturato un raggio di sole. La stessa luce che aveva avvolto il piccolo Emerald, adesso danzava attorno alla sua figura come una sacerdotessa durante un rito propiziatorio.

I cinque nuovi arrivati rimasero in cerchio, uno frontalmente all’altro. Ad ogni movimento del corpo, mille petali d’argento brillavano ricadendo sul pavimento e scomparendo come per magia.

<< Che diavolo… >> ma Hisashi non fece in tempo a finire la frase, che il ragazzo con gli occhiali abbracciò con slancio gli altri.

<< Mi siete mancati fratelli. >>

<< Anche tu Uriel. >>

Il più alto dei ragazzi, quello con la capigliatura di fuoco, accarezzò dolcemente i capelli del fratello più basso. Hisashi sentì un moto di gelosia e fece per andare a separarli, ma Kaede lo bloccò per il braccio. Adesso avevano altre priorità. Dovevano capire che fine avessero fatto i gattini e chi fossero quei meravigliosi ragazzi.

<< Chi siete voi? >>

I cinque si voltarono sorpresi. Il loro nuovo incontro li aveva talmente resi felici che si erano estraniati dal mondo, dimenticandosi di quelli che, fino al giorno prima, erano parte stessa della loro vita.

<< Forse è meglio che ci presentiamo. >> disse il ragazzo dai lunghi capelli d’oro.

I cinque nuovi arrivati avanzarono di un passo e s’inginocchiarono davanti ai Magic Five dello Shohoku.

<< Noi siamo i cinque Guardiani degli elementi che sorreggono Gaia, lo spirito della Terra. Io mi chiamo Uriel e sono il Guardiano che governa l’elemento dell’aria. >> spiegò il quattr’occhi alzandosi subito dopo. Una leggera brezza profumata lo avvolse scompigliandogli i capelli.

<< Io sono Arael e sono il Guardiano che governa l’elemento della luce. >> un raggio di sole s’immerse nei suoi capelli d’oro e l’armatura emise un’eufonia d’amore.

<< Io sono il Guardiano che governa la terra e il mio nome è Samael. >> il pavimento scricchiolò sotto i piedi del ragazzo dagli occhi del colore della violetta. La terra parve sospirare di gioia.

<< Io, invece, sono il Guardiano che governa l’elemento dell’acqua. Il mio nome è Melalhel. >> la sua armatura, fatta d’acqua condensata, scintillò come una sorgente in mezzo al bosco, illuminata dai primi raggi del mattino.

<< E infine sono rimasto io. Governo l’elemento del fuoco. Aprite bene le orecchie e memorizzate bene il mio nome, il nome del Tensai dei Guardiani: Bardiel. >> l’armatura bruciò avvolgendolo. I capelli s’infiammarono diventando più rossi del sangue. Lingue di fuoco vermiglie salirono fino al soffitto e il calore dell’estate soffocò la stanza.

<< La vuoi piantare Tensai di miei stivali? >>

<< Che cosa hai detto, stupidissimo fratello demente? >>

In breve scoppiò una rissa. Il fuoco e la forza della terra si scontrarono all’interno del già martoriato salotto, mandando in frantumi i pochi oggetti ancora rimasti. Per evitare che distruggessero l’intera casa, e forse pure l’intero quartiere, Uriel e Arael cercarono di dividerli intromettendosi nella loro lite. Uriel prese per le spalle Samael cercando di allontanarlo, mentre Arael cercò di allontanare Bardiel e le sue mani dal collo dell’altro fratello.

<< Melalhel, potresti almeno cercare di darci una mano d’aiuto! >>

<< E perché dovrei mai? Lasciate che le due stupide scimmie se le suonino di santa ragione. Così almeno la smetteranno di dare fastidio agli altri. >>

<< Come osi merluzzo surgelato! >> urlò il rosso, ricevendo dal fratello un freddo “hn!” come risposta.

<< Do’hao piantala! Mi stai distruggendo tutta la casa! >>

Bardiel, che si stava per scagliare contro Melalhel, si fermò all’istante e si guardò intorno. L’intero salotto era sottosopra. Il divano, sul quale si era addormentato parecchie volte, era finito contro la parete a nord, distruggendosi in minuscoli pezzi. Il tavolino di vetro, sulla cui superficie era scivolato allegramente come un pattinatore sul ghiaccio, causano tra l’altro l’ira di Kaede, era stato trasformato in un ammasso di piccoli cristalli di ghiaccio. Le tende erano carbonizzate ai piedi della porta a vetro e il soffitto presentava delle estese macchie nere. Tutt’intorno si espandeva un odore di bruciato. I Guardiani si resero conto di ciò che la loro sola presenza aveva causato.

Uriel richiamò a sé il potere del vento e combinato con quello della luce di Arael e con il potere degli altri fratelli, riportarono la stanza all’aspetto primigenio. Come in una scena di un film al rewind, la stoffa bruciata sul pavimento si ricompattò nelle tende candide. Il tavolino di vetro, con l’ausilio dell’elemento del ghiaccio, tornò ad assumere l’aspetto originario. Come in un puzzle di mille pezzi, il divano, frantumatosi contro la parete, si ricompose miracolosamente e tempo breve il salotto tornò all’antico splendore. Persino le macchie nere e l’odore persistente di bruciato scomparvero, sostituiti da un bianco splendente e un odore di primavera.

<< Che diavolo sta succedendo? >> chiese un basito Hisashi.

<< Nulla. Abbiamo solo posto rimedio ai nostri errori. Ci scusiamo per avervi arrecato disturbo. >> si scusò Arael.

Uriel fece segno ai sei ragazzi di sedersi sul divano, in modo da ascoltare la storia più comodamente possibile. Rispetto ai piani originali si era aggiunta una ragazza, la manager della squadra. Non era assolutamente un problema. Avrebbero potuto cancellare la sua memoria in qualsiasi momento, anche se, e di questo se n’accorsero subito tutti i Guardiani, attorno alla sua figura ruotava un’aura magica protettrice, come quella dei cinque ragazzi. Qualcuno, e forse sapevano pure chi, era in contatto con lei e la proteggeva di nascosto.

<< Noi vi abbiamo incontrato nei vostri sogni. Siete i possessori della luce che rischiarerà le tenebre. Avevamo bisogno del vostro aiuto, per questo vi abbiamo contatto dal mondo onirico di cui, ognuno di noi, è possessore di una piccola chiave d’entrata. >>

<< Quindi siete voi le figure misteriose che ci chiedevano aiuto e siete anche i gattini? >> chiese Toru rattristato.

<< Infatti. Avevamo urgenza di parlarvi e ci siamo trasformati in gatti. Non volevamo prenderci gioco di voi, ma non abbiamo avuto altra scelta. >>

Il rosso, intervallato dagli altri fratelli, cercò di spiegare in che situazione di pericolo si trovava il mondo. Gaia, lo spirito della Terra, si era improvvisamente addormentata. L’equilibrio già precario del nostro mondo era collassato su se stesso. Avevano provato a risvegliarla usando il loro potere magico, ma senza riuscirvi. Alla fine, quando ormai la speranza sembrava perduta e il mondo destinato all’autodistruzione, il Guardiano della notte, si era ricordato di una leggenda che aveva ascoltato millenni prima. Gaia, lo spirito della Terra, gli aveva raccontato una profezia che prevedeva la distruzione del mondo. La Terra, mondo di luce, sarebbe stata oscurata in una notte lontana. Sei Guardiani avrebbero combattuto con l’aiuto di sei raggi di luce nascosti nel cuore puro di sei umani. Questa profezia, nata all’alba dei tempi, profetizzava la Fine. Quando Gaia si era addormentata, i sei Guardiani avevano cercando, navigando nel mondo onirico, la luce dei sei raggi di luce, ma per farlo avevano consumato molta energia e per questo avevano trascorso quasi un mese nelle sembianze di gattini, mangiando e dormendo. Uno dei sei protettori, era rimasto accanto al corpo addormentato di Gaia, attendendo il suo risveglio e proteggendola dai pericoli.

<< Quello che ho sognato io! >> esclamò Ayako alzandosi di scatto dal divano.

Usufruendo del ponte onirico installatosi fra i Guardiani e i predestinati, l’ultimo Guardiano aveva contattato, senza dispendio d’energie, l’ultimo raggio di luce.

<< Perché non ce n’avevi parlato mai, Ayako? >>

<< E cosa avrei potuto dirvi, Akira? Ragazzi lo sapete che faccio ogni notte lo stesso sogno? Ah! Dimenticavo! Sogno un ragazzo avvolto dalle tenebre che mi chiede aiuto! Come pensi avresti reagito? >>

<< Ti avrei detto che anche io facevo lo stesso sogno. >>

<< E io come facevo a saperlo? >>

Melalhel il più silenzioso dei cinque Guardiani sbuffò infastidito. Sembrava sentir parlare due specchi sordi. Ammesso che esistessero specchi sordi e che sapessero parlare.

<< Piantala Akira! Ayako non ha nessuna colpa. >> Akira si risedette in silenzio, Melalhel gli lanciò un’occhiata di rimprovero e tornò a parlare: << In questo mese, grazie alle vostre cure e nonostante i piatti bruciati che qualcuno mi dava da mangiare… >> Akira divenne rosso dall’imbarazzo. In effetti, non era mai stato bravo a cucinare, ma ci aveva provato e il piccolo gattino sembrava aver apprezzato tutto, quello di certo non doveva essere Hiro, s’intestardì: << ...abbiamo ripreso le forze, prima del previsto. I nostri poteri latenti, addormentati per non farci scoprire, si sono risvegliati all’improvviso, quando noi fratelli ci siamo riuniti, questo pomeriggio. >>

<< E questo è tutto. Adesso, però, arriva la parte più difficile: ripristinare l’equilibrio terrestre e… ma di questo parleremo in seguito. Adesso, se non sbaglio, dovremmo cenare, giusto? >> domandò allegramente Uriel, il piccolo Megane.

 

Non aveva potuto dire tutta la verità e poi sarebbe stato inutile. Quello che era necessario sapessero, i predestinati ora n’erano a conoscenza, il resto… sarebbe venuto da solo.

Aumentò il suo potere astrale e sentì chiaramente la voce del fratello lontano. Il battito di Gaia era rallentato notevolmente. Questo poteva significare solo una cosa….

<< E quindi tu sei il piccolo Megane-kun… I cerchietti attorno agli occhi si sono trasformati in occhiali. >> osservò Hisashi con una punta d’imbarazzo.

<< E’ naturale. L’incantesimo che abbiamo fatto prima di venire qua, lo ha privato di molta magia e i suoi occhi sono ancora sofferenti. Ma presto tornerà a vedere senza quella stupida invenzione umana. Noi siamo Spiriti Guardiani. >>

<< Non essere così sprezzante, Melalhel. Hisashi voleva solo essere gentile. >>

<< Bah allora vado a cucinare! >> Toru andò in cucina, seguito da Ayako. In breve anche gli altri ragazzi lo seguirono e i cinque Spiriti Guardiani rimasero da soli nel salotto.

 

“Devono ancora abituarsi. Dobbiamo avere fiducia.”

“Tu ne hai anche troppa Uriel!” borbottò Bardiel.

“Non farla tragica… Do’hao!” rise Samael calcando il tono sull’ultima parola.

“Maledetta scimmia! Non chiamarmi Do’hao. Già non sopportavo quando mi ci chiamava Kaede, quell’umano! Prova a ripetere quel nome e ti uccido molto lentamente!”

“Ma davvero? E ti dava fastidio?” continuò per lui Melalhel “Ma a me sembrava il contrario…. Sei diventato molto più mansueto do’hao”.

 

Naturalmente, tutta questa conversazione, avveniva mentalmente. Chi, come Shinichi e Akira, osservava tutto da fuori, per esempio, nascosto dietro un pilastro del corridoio della casa dell’ospite, poteva solo cogliere i cambiamenti facciali che quella conversazione faceva affiorare e naturalmente lo sforzo fatto da Uriel e Arael nel cercare di dividerli.

<< E ora che succederà? >> chiese Shin preoccupato.

<< Se la scimmia rossa fa qualcosa al mio Hiro, giuro che l’impallino! >> rispose Akira concentrato a capire perché stessero litigando.

<< Non in quel senso! E poi da quando quello spirito guardiano è diventato il “tuo Hiro”? >>

<< E da quando non ti fai i fatti tuoi? E comunque lo è da sempre. Pensavo che fosse la stessa cosa per te… non è così? >>

<< Non dire scemenze Akira. Tempesta era solo un gatto! Mi c’ero affezionato, ma nulla di più. >>

Ayako si avvicinò lentamente ai due ragazzi nascosti dietro il muro. All’inizio aveva avuto l’intenzione di spaventarli un po’, ma la loro conversazione aveva fatto nascere un dubbio nella sua mente. In fondo quei ragazzi, oltre ad essere i piccoli gattini che avevano convissuto con loro per un mese, erano pur sempre gli stessi che avevano sognato per molto di più. Pensò all’ultimo Guardiano ancora al capezzale di Gaia e al fascino che emanava. Lei n’era rimasta attratta sin dall’inizio e col tempo l’attrazione si era trasformata in qualcosa di diverso, che ancora non riusciva a capire, ma che diventava sempre più forte e importante. E se per i ragazzi fosse stata la stessa cosa? In fondo non esiste amore diverso o amore normale. Esiste solo l’Amore, quello con la “a” maiuscola.

Ripensandoci aveva capito perché i Guardiani fra miliardi di persone avevano scelto proprio loro. Per un caso del destino (ma a quel punto poteva davvero trattarsi di un caso?) sei anime sole si erano trovate in quella cittadina di provincia, Kanagawa. Avevano vissuto le loro vite tristi nella stessa città e si erano ritrovati nello stesso liceo e nella stessa squadra. Era stata la solitudine e l’inquietudine dell’esistenza ad avvicinarli e a richiamare, come la luce del faro in mezzo alla furia della tempesta, gli Spiriti Guardiani. Forse avevano vissuto tutta la loro sofferenza solo per quel momento.

<< Ehi! Il rosso sta prendendo a pugni Samael! >>

Sentendo quella frase, Shinichi era scattato in piedi, pronto a difendere lo Spirito Guardiano, ma si era accorto solo dopo che i loro ospiti si erano seduti tranquilli sul divano.

<< Davvero divertente Ayako! >>

Akira e Ayako se la ridevano tranquilli, appoggiati con le spalle al muro con l’aria di chi ha appena vinto alla lotteria. Akira, poi, sfoggiava il suo migliore sorriso e Ayako, invece, l’aria furba che le faceva brillare il volto prima di ogni partita importante.

<< Chi è che non provava nulla? >>

I tre ragazzi tornarono in cucina a vedere cosa stessero facendo gli altri.

Toru cucinava canticchiando una vecchia canzone. Kaede e Hisashi erano andati a sistemare la sala da pranzo e a cercare abbastanza sedie per sedersi tutti.

<< Ti vedo allegro Toru. >>

<< Hn? >>

<< Quella è una risposta più da Kaede che da te. >>

Toru sorrise continuando a mescolare in una terrina bianca gli ingredienti. Kaede e Hisashi arrivarono in quel momento con l’aria di chi ha faticato non poco a trovare una soluzione. Kaede si avvicinò al piatto in cui Toru, come da abitudine, aveva messo qualche stuzzichino preparato da lui nell’attesa della cena, e mangiucchiò una tartina sormontata da maionese e olive verdi.

<< E ora che facciamo? Voglio dire… che succederà con loro? >>

Kaede era la classica persona che parlava solo se era necessario. Le sue osservazioni, però erano sempre acute, degne di un ottimo osservatore come era lui. In effetti non ci avevano ancora pensato. Finché erano gattini nessuno si era posto il problema della convivenza, ma ora che si erano trasformati in giovani uomini, e per giunta belli e affascinanti, come avrebbero potuto giustificare la loro comparsa improvvisa a casa loro? Ammesso sempre che questi fossero i loro piani! Avevano come l’impressione che ciò che il rosso aveva rivelato non fosse la verità, o comunque non tutta la verità. Erano sicuri che stessero nascondendo qualcosa, qualcosa di pericoloso.

Per loro non era stato difficile accettare la loro verità, poiché quei mesi di sogni erano stati propedeutici. Avevano capito che qualcosa di pericoloso stava accadendo e che loro n’erano protagonisti.

Per fortuna i loro genitori non si vedevano spesso, il problema sarebbe stato ingannare i vicini o chiunque li conoscesse. Per Toru la situazione si complicava. Minako era una bambina sin troppo sveglia per la sua età e troppo curiosa. Temeva che alla fine sarebbe riuscita a scoprire qualcosa. E poi come fare a nascondere le loro peculiarità fisiche? Avevano capelli e occhi di strani colori, almeno per un giapponese normale. Nasconderli sarebbe stato quasi impossibile. Ragazzi come quelli attiravano subito l’attenzione. Specie se indossavano armature o se, litigando, distruggevano un quartiere. Tenerli insieme era sconsigliato, anche perché almeno due di loro avevano la tendenza a litigare e un terzo ad aizzare le risse.

<< Possiamo dare una mano? >>

Uriel era entrato in cucina senza che nessuno se n’accorgesse e teneva per un braccio un recalcitrante rossino.

<< Non è necessario. >> rispose nervosamente Hisashi, per il quale, la presenza del rossino accanto a Uriel, non era passata inosservata.

<< Il fatto è che mi stavo stancando a dividere perennemente i miei fratelli, perciò sono venuto da voi, sperando che aveste qualcosa da fare che impiegasse le loro energie in esubero. >>

Hisashi pensò che il sorriso del piccolo Megane, non capiva neppure lui perché lo stesse ancora chiamando così, fosse simile alla forma allegra di certe nuvole nel mese d’aprile.

<< Cosa pensate di fare adesso? >> chiese Kaede all’improvviso con disappunto di Hisashi, che voleva approfittare della situazione per restare da solo con Uriel.

<< Noi dobbiamo restare nella vostra dimensione, per proteggervi e far germogliare il raggio di luce all’interno del vostro cuore puro. >>

<< Allora potete restare con noi, come avete fatto quando eravate dei gattini. >> esclamò contento Shinichi, subito seguito da Akira: << Potremo dire che siete amici che non vedevamo da tempo e potrete restare a casa nostra. >>

<< Non credo che sia una buona idea. >> intervenne il rossino.

In quel momento entrarono anche gli altri 3 ragazzi. Solo in quell’attimo i magic five si accorsero che i Guardiani non indossavano più le armature degli elementi, ma semplici abiti comuni che facevano lo stesso un certo effetto su di loro. Indossavano pantaloni corti fino al ginocchio del colore del proprio elemento: verde per la terra, giallo per la luce, azzurro per l’aria, blu per l’acqua e rosso per il fuoco. I pantaloni erano abbinati a corte magliette bianche senza maniche che mettevano in risalto la muscolatura possente dei sei Guardiani.

<< E perché? Non hai forse mangiato abbastanza, do’hao? >> disse Kaede cercando di distogliere l’attenzione alla forma attraente e prorompente del corpo del rossino che i vestiti, di certo, non riuscivano a nascondere.

<< Baka kitsune come osi chiamarmi do’hao! E comunque lo dicevamo solo nel vostro interesse. Stupido congelatore! Sei peggio di Melalhel! >>

<< Ehi fratello parli sempre troppo! >> disse Melalhel rifilandogli una gomitata nello stomaco: << Quello che volevamo dire è che qualcuno potrebbe insospettirsi. Come pensate di giustificare la scomparsa dei gattini? >>

<< Minako >> intervenne Arael: << è una bimba molto sveglia e ti farebbe domande su domande, questo lo sai bene Toru. >>

In effetti, a pensarci bene, sarebbe stato difficile spiegare cosa fosse successo improvvisamente ai gattini. Eppure una soluzione doveva trovarsi, anche perché nessuno dei magic five aveva alcun’intenzione di allontanarsi dai Guardiani.

Toru continuò a cucinare curvo sul grande forno di casa Rukawa. Hisashi aveva preso a sgranocchiare nervosamente una carota ricoperta di maionese. Shinichi aveva le braccia conserte, un atteggiamento che Samael conosceva bene e che gli aveva visto sempre quando doveva prendere importanti decisioni. Akira continuava a sorridere, mascherando così la paura di perdere nuovamente il suo amico e Kaede… Kaede sembrava essersi addormentato in piedi, appoggiato al frigorifero della cucina. In realtà, questo Bardiel lo sapeva bene, stava solo cercando di trovare una soluzione che accontentasse tutti. Inaspettatamente fu Ayako a parlare.

<< Ognuno di voi può dire che l’ha portato a casa mia. Solo il veterinario è a conoscenza del numero effettivo dei gattini, ma chi vi conosce sa che esiste solo un gatto. Potete dire di averlo portato da me perché mi sentivo sola o perché… non so… fate voi. L’importante è che nessuno si prenderà mai la briga di controllare. >>

<< Sei un genio Ayako! >> gridò Akira saltandole quasi addosso.

<< Non per nulla sei la migliore manager di tutta Kanagawa! >> gli diede man forte Shinichi.

<< Resta ancora un problema. >>

<< Quale Kaede? >> domandarono quasi in coro i magic five.

Ma non ci fu bisogno di parlare. I ragazzi, avevano subito convenuto i magic five, erano troppo appariscenti. Avrebbero attirato l’attenzione più della scomparsa dei gattini. Come spiegare un ragazzo dai capelli d’oro, o uno dagli occhi color lillà per esempio?

<< Vi riferite al nostro aspetto? >> domandò Arael quasi avesse letto nei loro pensieri.

<< Questo non è un problema. Non dimenticate che siamo dei Guardiani e possediamo la magia. Possiamo cercare di assomigliare il più possibile agli altri ragazzi giapponesi. >> e senza aspettare una risposta, la magia degli elementi li avvolse. L’acqua, il fuoco, la terra, la luce, l’aria. Questa volta, però, i cinque elementi non crearono nessun problema e quando svanirono…

Uriel aveva capelli decisamente più corti e occhi marroni profondi. Bardiel aveva voluto lasciare intatto il colore dei capelli, orgoglio per lui, ma li aveva accorciati. Adesso sembravano artigli insanguinati. I capelli di Samael arrivavano fino alla spalla. Gli occhi lillà erano diventati di un blu talmente scuro da sembrare nero. Melalhel, invece, aveva cambiato il colore blu dei capelli e degli occhi con un marrone molto scuro, simile alla terra dopo un temporale. La pelle chiara, adesso, si era scurita, quasi a diventare come quella bronzea di Bardiel. I lunghi capelli d’oro di Arael erano scomparsi. Toru apprezzò comunque molto il taglio più corto e decisamente più scuro, un bel castano ramato. Gli occhi erano rimasti verdi come le fronde degli alberi in primavera.

Anche ora rischiavano di fare venire un infarto al povero malcapitato che li avrebbe incontrati. Il loro aspetto eccentrico era mutato in uno più consono ad un Paese in cui il 99% della popolazione aveva capelli e occhi neri. I pochi ragazzi con capelli più chiari o occhi verdi, erano gaijin, cioè frutto di matrimoni misti.

Samael sembrò capire le loro perplessità e infatti aggiunse:

<< Mi dispiace ma questo è il meglio che possiamo fare. Spero che non sia un problema… >>

<< Va benissimo Sama-chan. E ora tutti a cena! >> esclamò Shinichi.

I cinque Guardiani, guidati da Bardiel ormai co-padrone della casa, si diressero in sala da pranzo, pronti a gustarsi dei manicaretti che, era certo Arael, abituato all’ottima cucina di Toru, non avrebbero mai dimenticato.

 

All’orizzonte, nuvole nere, si avvicinavano lente e inesorabili alla città tranquilla. La luna, coperta da quel manto nero, sembrava spegnersi a poco a poco. Le stelle scomparivano risucchiate dall’oscurità fitta che accompagnava la tempesta.

Una figura nera, ferma davanti al cancello dei Rukawa, guardava divertita la luce provenire dalla sala da pranzo e ascoltava con altrettanto rapimento le voci radiose dei cinque Guardiani.

Si guardò un po’ attorno. Quella era la città “santa”, luogo natale dei predestinati. Avrebbe cominciato propria da lì la distruzione del mondo e avrebbe definitivamente spento il raggio di luce nei cuori dei sei ragazzi.

<< Divertitevi Guardiani, almeno finché potrete! >> la sua voce profonda si diffuse come una litania e si perse nella notte.

La strada si aprì a metà e fumi neri l’avvolsero, portandola con sé al centro della terra.

 

 

SCLERO FINALE.

Autrice: allora siete contenti?

Kaede: *__________________________________*

Akira: *____________________________________*

Hisashi: *_____________________________________*

Toru: *________________________________________*

Shinichi: *______________________________________*

Autrice gongolante: allora è piaciuta la mia sorpresa?

Akira: autrice, sei un genio!

Autrice: ma dai… per così poco! Però ti concedo il permesso di ripeterlo sempre! ^___^. Allora Ede non dici nulla? Non ti piace la descrizione del tuo Hana con l’armatura?

Kaede: *////////////////////////////////////////////////////*

Autrice: ah! Le soddisfazioni di una vita! Ragazzi avete lo sguardo da hentai! E’ meglio che me ne vada, non vorrei che a qualcuno venisse qualche idea malsana.

Kaede: non ti preoccupare! Tu non sei certamente in pericolo! Hana *______*

Autrice: >_________<   Maleducato! Ora cancello ogni possibile lemon dalla storia!

Kaede: Hana */////////////////////////////*

Autrice: vabbe è andato in tilt! – guarda gli altri e la situazione non migliora – Mi scuso con i lettori per l’assenza di reazione da parte di questi maniaci. Dal prossimo capitolo vedremo come se la caveranno, i nuovi arrivati, con le loro nuove vite, in attesa, naturalmente, di…

Ahahahahah! Non vi accenno nulla! Non vi resta che leggere.

PS: vi prego di perdonarmi. Lo so che questo capitolo è uscito male. Aspetto eventuali suggerimenti per un sempre pronto cambiamento. La mia mail la conoscete, vero?

 

Alla prox!!!!





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