Autrice: bene. Stanotte ho
fatto un sogno anche se sarebbe meglio dire un incubo. Quando mi sono
svegliata di soprassalto, ho ripensato al sogno e ho deciso di trasformarlo,
alla bene e meglio, in una ff AU. Si svolge attorno alla squadra dello
Shohoku, con qualche novità:
Shinichi Maki: capitano
Toru Hanagata: vice
capitano
Kaede
Rukawa: ala
Hisashi
Mitsui: ala
Akira
Sendo: centro.
Come potete vedere è un bel
cambiamento..... Dove sono gli altri personaggi? Non vi resta che scoprirlo
da soli. Buona lettura!
I cinque
guardiani
parte I
di
Soffio d'argento
“Ti prego. Aiutami. Ho bisogno della tua
forza.”
Kaede Rukawa, abilissima ala dello Shohoku,
campione nazionale da tempi storici, si svegliò ancora una volta di
soprassalto. Chi era quella persona che vedeva nel suo sogno? Perché era
avvolta dalle fiamme? E perché voleva il suo aiuto? Decise di non pensarci
poiché tanto non sarebbe giunto a nulla. Sollevò lo sguardo fino alla
sveglia: segnava le 7.00. Decise di alzarsi e andare a fare quattro tiri al
parco. Da un po’ di tempo a quella parte, non riusciva più a dormire
tranquillo. Lui, abituato a dormire ovunque, persino in bicicletta, faticava
a prendere sonno. Ormai, quando chiudeva gli occhi, le immagini di una
persona avvolta dalle fiamme lo assillavano.
Giunto al piccolo campetto di basket del
parco, uscì dalla sacca il pallone e cominciò a tirare da tre. Provò dieci
volte, ma ogni volta che prendeva in mano il pallone, quel volto coperto
dalle fiamme, di cui non riusciva a distinguere nulla, si riaffacciava alla
sua mente.
Provò ancora una volta, ma neanche quella
volta il pallone s’insaccò.
<< Ehi! La volpe è sottotono? >>
<< Sta zitto Hisashi! >>
<< Tre parole di seguito. E’ un vero miracolo!
>>
Kaede si voltò e vide il resto dei magic
five dello Shohoku al limitare del campo. Avevano
tutti delle evidenti occhiaie sotto gli occhi. Probabilmente neanche loro
erano riusciti a dormire bene.
<< Soffrite d’insonnia? >> chiese la volpe.
<< E tu? >> Maki gli tolse il pallone dalle
mani e arrivò sotto canestro, senza tuttavia neppure provare a tirare. Si
fermò e cominciò a guardare la palla, come se, al posto di quella sfera
arancione, vedesse qualcos’altro. Si avvicinò a Kaede e gli ridiede la palla
e poi si sedette a bordo campo.
Gli altri ragazzi, volpino incluso, si
sedettero attorno a lui, a forma di cerchio, come facevano prima di una
partita difficile.
<< Faccio strani sogni la notte, beh in realtà
è solo uno, ma sempre lo stesso. >> disse Maki.
A quelle parole gli occhi degli altri quattro
ragazzi si sollevarono dal terreno e si puntarono sul volto del loro
capitano. Insieme, neppure si fossero messi d’accorso, esclamarono un
“anch’io”, pieni di stupore.
Il primo a riprendersi fu Akira che raccontò
la sua visione del sogno, seguirono poi Hisashi, Toru, Shinichi e Kaede. Il
sogno era sempre lo stesso, cambiava solo la persona che chiedeva aiuto, una
volta era avvolta da una nube, un’altra da una luce accecante, un’altra
ancora coperta da un sottile strato di nebbia. Senza dubbio, pensarono tutti
e cinque, i sogni coincidevano.
<< Che significa secondo voi? >> ma nessuno
seppe rispondere alla domanda del gigante dello Shohoku.
Dopo qualche minuto di silenzio, presero le
loro sacche e si diressero ognuno verso la propria casa. Avevano tutti da
pensare e riflettere. Di certo non poteva dirsi un caso l’aver fatto tutti
lo stesso sogno.
Le lezioni sembrarono, ai cinque ragazzi, più
lunghe del solito. Per la pausa pranzo, si catapultarono tutti nel terrazzo.
Il primo ad arrivare fu il capitano, seguito a ruota da tutta la squadra.
Mangiarono il loro pranzo in silenzio, poi Hisashi riprese il discorso da
dove lo avevano lasciato la mattina.
<< Secondo me non si tratta di un caso. >>
<< Hisashi ha ragione. >> disse Toru,
richiudendo il contenitore del bento.
<< Allora cosa può significare? C’è qualcuno
che ha davvero bisogno di noi e ci contatta tramite i sogni? Non sembra una
situazione da manga? >> sorrise Akira.
<< Vero o no, qualcosa dovrà significare e
sento che presto capiremo tutto. >> sentenziò Shinichi.
In quel momento suonò la campanella che segnò
l’inizio delle lezioni pomeridiane.
<< Ci vediamo in palestra per gli allenamenti.
>>
<< D’accordo capitano. >> risposero in coro i
quattro ragazzi.
Scesero insieme le scale e si divisero al
primo piano per raggiungere, un po’ controvoglia, le proprie classi.
Qualcuno, nell’ombra, osservava clinicamente i cinque ragazzi, chiedendosi
cosa fosse riuscito a renderli stranamente silenziosi e pensierosi. Qualcosa
li stava turbando e avrebbe capito cosa. Decise, ad ogni modo, di seguire
l’esempio dei compagni e tornare in classe.
Anche le lezioni pomeridiane furono lunghe e
noiose. Quando suonò la campanella, i cinque ragazzi si diressero con passo
veloce verso la palestra, seguiti dai rispettivi fan club. Non riuscivano a
togliersi dalla testa la fatalità del loro sogno. Pensarono che, magari, una
bella partita fra matricole e senpai, sarebbe riuscita quanto meno a
distrarli.
Quando giunsero in palestra, però, Ayako la
manager della squadra li avvicinò per informarli di un problema del campo.
<< Che cosa? E come facciamo ad allenarci? >>
<< I tecnici chiamati dal preside hanno
assicurato che per domani la perdita d’acqua verrà fermata. Per oggi potete
prendervi una pausa, mi sembra che n’abbiate bisogno. Anche l’allenatore se
n’è accorto… >>
<< Oh oh oh.. Ragazzi approfittate di questo
giorno di “vacanza” per riprendervi un po’! >>
Non troppo contenti, i magic
five si diressero verso il campetto. Pensavano di
potersi allenare lì, così da non perdere altro tempo prezioso.
In quei giorni, n’erano consapevoli, non erano
stati molto “presenti” e questo aveva influito pesantemente sugli
allenamenti. Gli altri compagni di squadra avevano seguito l’onda e si erano
allenati con poca voglia. Questo era un problema da risolvere in fretta,
perché si avvicinavano i campionati nazionale e lo Shohoku aveva un titolo
da difendere, ad ogni costo. Tutto sommato, quella perdita d’acqua era stata
provvidenziale. Avrebbero potuto allenarsi senza dover rendere conto a
nessuno dei loro pensieri. Il campetto, inoltre, a quell’ora era deserto e
non rischiavano di trovarvi qualcuno.
Kaede si fermò improvvisamente e Hisashi gli
si rovesciò addosso.
<< E che c***o Kaede! Quell’unico neurone che
hai al posto del cervello ti si è fuso? Perché ti sei fermato
all’improvviso? >> sbraitava Hisashi.
<< Gatto! >>
<< Ah! Ora sì che ho capito tutto! Ti vuoi
spiegare? >>
Kaede gli tappò la bocca con una mano e chiuse
gli occhi per concentrarsi meglio. Istintivamente anche gli altri ragazzi
seguirono il suo esempio e capirono. Da qualche parte vi erano dei gattini
che piangevano. Guardarono in giro ma non videro che sacchi della spazzatura
vicino ad un cassonetto. Eppure il lieve miagolio ormai lo distinguevano
tutti. Poi Toru ebbe un’illuminazione. Si avvicinò al cassonetto della
spazzatura e rimase in ascolto, ma non udì nulla. Quando i mici, poco dopo,
ricominciarono a miagolare, si abbassò e strappò uno dei sacchetti accanto
ai suoi piedi. I ragazzi del gruppo gli si avvicinarono subito e videro
cinque musini deliziosi spuntare dal sacchetto.
<< Che bastardi! >> sibilò indignato Akira,
mentre Toru li tirava fuori dal sacchetto.
<< Che crudeltà! Li avevano abbandonati in un
sacchetto della spazzatura! Sarebbero morti presto se Kaede non li avesse
sentiti. >> aveva costatato Shinichi.
I cinque gattini li guardarono come a
ringraziarli. Erano piccoli, magri e sporchi. Kaede li prese tutti e cinque
in braccio e, senza dire una parola, li portò via.
<< Dove hai intenzione di portarli Kaede? >>
aveva chiesto Toru.
<< Il mio veterinario ha lo studio qui vicino.
Li curerà e poi me li porterò a casa. >>
<< Ma cinque gatti sono tanti…. Potremmo
prenderne uno ciascuno che dite? >> chiese Akira << Abitiamo tutti da soli,
quindi non avremo problemi con i nostri genitori. E poi guarda che carino è
questo gattino. >> ne prese uno in braccio: << E’ tutto nero con una macchia
bianca fra gli occhi. Guardate che musetto delizioso ha: sembra sia
arrabbiato per qualche cosa. Lo chiamerò Priscilla. Non è carino come nome?
>>
Il gattino, non contento del nuovo nome, gli
graffiò tutto il volto.
<< Un porcospino grande e grosso graffiato da
un gatto piccolo e indifeso. A quanto pare il nome che hai scelto per lui
non gli è piaciuto molto. >> cominciò a ridere Hisashi.
Akira strinse a sé il gattino che fece qualche
storia, ma poi si accoccolò fra le sue braccia addormentandosi.
<< Vuol dire che il nome lo sceglieremo
insieme, eh micio? Guardatelo! Dorme già. Sembra Kaede. >> e scoppiarono
tutti in una grossa risata.
Ogni ragazzo ne prese in braccio uno. Hisashi
scelse il gattino più piccolo. Era marrone e aveva due cerchi attorno agli
occhi che sembravano degli occhiali.
<< Che carino che sei! Ti chiamerò Megane-kun,
ti piace? >> il gattino sembrò gradire perché rispose con un lieve miagolio.
Shinichi ne prese uno molto turbolento, che
stava litigando con un altro gatto tutto rosso ancora fra le braccia di
Kaede.
<< Guardate questo gattino. E’ piccolo ma ha
coraggio da vendere. Litiga con il più grosso dei fratelli. E’ tutto nero,
non è carino? Guardate: sembra avere gli occhi viola, ma è impossibile vero?
Come potrei chiamarlo? >>
Il capitano ci pensò un po’ su e poi scelse
Tempesta.
Toru prese il gatto più mansueto, dopo Megane.
Aveva gli occhi di un verde intenso e il pelo marrone.
<< Non ha degli occhi bellissimi? Lo chiamerò
Emerald, che in inglese significa smeraldo. >>
<< Che nome poetico che hai scelto Toru caro?
>>
<< Sei sempre il solito cretino Akira. >>
Kaede guardò il gatto che gli era rimasto fra
le braccia. Era grassoccio e aveva il pelo di un rosso acceso. Gli occhi
erano nocciola e aveva la faccia di un gatto mangione.
<< Uhm… e a me è rimasto questo qui…. Non
potremmo fare cambio? Vi siete presi i più belli. >>
<< Non ti facevo così interessato alla
bellezza esteriore, Kaede. Noi non abbiamo scelto questi gatti perché
carini, ma perché ci hanno trasmesso qualcosa. >> disse Shinichi osservando
Tempesta.
<< Shinichi ha ragione. Ho provato la stessa
cosa quando ho visto Megane. Quel gattino non ti dice proprio nulla Kaede?
>> disse con voce acuta Hisashi.
<< Sì. Non ha una faccia molto sveglia! Lo
chiamerò Do’hao. >>
A quel punto risero tutti perché il gatto, non
contento del nome, aveva cominciato ad agitarsi tra le braccia di Kaede e
aveva cercato di graffiarlo. Non riuscendoci l’aveva morso ad una mano.
<< Credo proprio che andrete d’accordo! >>
<< Molto spiritoso Akira. Andiamo! Qui c’è il
mio veterinario. >>
Il veterinario era un vecchio amico dei
genitori di Kaede e lo conosceva da quando era piccolo. Conosceva la sua
passione per gli animali e soprattutto per i gatti, di cui ammirava lo
spirito indipendente. Molte volte se l’era trovato nello studio con in mano
qualche gatto bisognoso di cure, così non si stupì quando lo vide lì con ben
cinque gattini.
<< Dove hai trovato quest’altri, Kaede? >>
<< In un sacco della spazzatura. >>
Il veterinario scosse la testa e prese in mano
i cinque gattini, aiutato da un’infermiera. Disse ai ragazzi di non
preoccuparsi e di passare da lui il giorno dopo per riprendere i gatti. I
ragazzi gli raccomandarono le migliori cure, facendo sfuggire al veterinario
una sana risata. Prima di uscire, però, l’uomo chiese ai ragazzi se non
fossero curiosi di conoscere il sesso dei gattini. Senza pensarci due volte,
i ragazzi risposero che lo sapevano già: erano maschi.
<< Vi intendete di gatti? >>
Kaede si limitò ad alzare le spalle e dire
solo che se lo sentivano.
Usciti da veterinario, Kaede accompagnò i suoi
compagni ad un negozio specializzato in articoli per animali, dove
comprarono di tutto: dai biberon per gattini alla cuccia super confort, con
cuscino e copertina abbinati.
Quando Shinichi guardò l’orologio si accorse
che si era fatto davvero tardi.
<< Addio allenamenti di basket. Tutto sommato
è andata bene così, non credete? >>
<< Già. Mi sento più tranquillo, Shin-chan.
Che ne dite di venire a casa mia a festeggiare? >> chiese Hisashi
particolarmente di buon umore.
<< Solo se a cucinare è Toru. Non mi fido
della tua cucina Hisashi. >> gli rispose Akira.
Il piccolo gruppetto riuscì a convincere anche
l’ostico Kaede, da sempre riottoso ad ogni tipo di compagnia molto
prolungata. Eppure anche lui quella sera, risentiva dell’atmosfera carica
che si respirava nell’aria.
Giunti a casa di Hisashi, Toru si mise al
lavoro ai fornelli, Hisashi preparò la sala da pranzo aiutato da Shinichi,
mentre Akira e Kaede si accomodarono sul divano a leggere una rivista di
basket trovata nella stanza di Hisashi.
<< Vergognatevi pelandroni! Siete gli unici a
non fare nulla! >> li rimproverò bonariamente Shin.
<< Ma noi stiamo pensando, capitano! >>
<< Detto da te, Akira, allora deve essere un
gran lavoro! >>
<< Teme Hisashi! Se ti prendo e ti metto le
mani addosso, ti ammazzo! >>
Akira cominciò a rincorrere Hisashi per la
casa e arrivarono pure in cucina, perché si sentì la voce bassa di Toru
rimproverarli per il loro infantilismo. Tornarono ricoperti di farina, che
aveva fatto cadere Hisashi nel tentativo di fuga. Il sacchetto era scivolato
dalla mensola aperta ed era caduto in faccia di Akira che, non contento,
aveva preso della farina e l’aveva tirata al compagno, colpendo però Toru.
Dopo averli rimproverati, Toru li costrinse a ripulire tutto, fino
all’ultimo granello e dopo li rispedì in cucina, nonostante i borbottii di
entrambi.
Cenarono in un relativo stato di tranquillità.
Akira e Hisashi portarono avanti la conversazione parlando del campionato
nazionale e delle partite che avrebbero dovuto affrontare. Parlarono del
Sannoh, che l’anno prima si era qualificato secondo, e del campionato
precedente. Toru faceva da paciere quando venivano a galla diverbi fra le
due teste calde dello Shohoku. Shinichi osservava tutto in silenzio,
gustandosi quella calma prima della tempesta. Nessuno voleva pensarci, ma
ognuno di loro sapeva che non sarebbe durato a lungo.
Dopo cena, i ragazzi aiutarono il padrone di
casa a mettere a posto la sala da pranzo e si catapultarono addosso al
divano. Passarono distrattamente di canale in canale e alla fine decisero di
spegnere.
<< Ottima cena Toru, ma dove hai imparato a
cucinare così? >> aveva chiesto Shinichi.
<< I miei genitori sono grandi chef, di
livello internazionale. >>
<< Davvero? Non ce lo avevi mai detto. >>
aveva esclamato Akira.
<< Forse perché non è qualcosa di cui vado
fiero. >>
Da quando era piccolo, Toru era sempre stato
affidato ad estranei perché i genitori erano sempre impegnati in conferenze
e concorsi gastronomici. Quando si trovavano in patria, erano impegnati,
invece, nell’amministrazione della catena di ristoranti che fiorivano in
tutto il Paese. Toru era cresciuto fra estranei e, per i primi tre anni,
aveva sempre chiamato “mamma” la vecchia governante di famiglia. Per lui i
suoi genitori erano persone gentili che venivano a trovarlo ogni tanto
ricoprendolo di regali. Una sorta di Babbo Natale a lavoro tutto l’anno. Non
aveva nonni, morti prima ancora della sua nascita. Ricordava con rammarico
tutti i “giorno dei genitori” in cui aveva letto la sua poesia a nessuno.
Quando era stato abbastanza grande da capire veramente, aveva deciso di
andare a vivere da solo. La vecchia governante, l’unica persona che potesse
davvero definire famiglia, si era trasferita da tempo al suo paese natale e
quindi Toru non riteneva di avere più motivi per restare nella casa vuota
dei genitori.
Hisashi invitò i compagni di squadra a restare
pure a dormire, ma loro rifiutarono ritornando alle proprie case. Si
separarono all’incrocio vicino la casa di Hisashi e si prepararono ad
affrontare la notte.
Quella notte né Kaede né gli altri ragazzi,
fecero il sogno. Trascorsero una notte tranquilla, priva di sogni d’alcun
genere. Si svegliarono calmi e riposati e si prepararono per andare a
scuola.
Le lezioni trascorsero velocemente e presto
arrivò la pausa pranzo. Si radunarono, come per un tacito accordo, ancora
una volta nel terrazzo, ma l’atmosfera era senz’altro meno pesante. Tutti, o
quasi, scherzavano e ridevano.
<< Devo dire che stavo per preoccuparmi, meno
male che non era nulla di serio. >>
Ayako, la manager della squadra, li aveva
raggiunti in terrazza, sperando di capire cosa li turbasse. Vederli
scherzare insieme, l’aveva rassicurata.
<< Ayako, vieni a sederti qui con noi! >>
<< A patto che tu, Akira Sendo, tenga i tuoi
tentacoli lontani da me! >> disse in tono ironico la manager, prima si
accomodarsi tra Akira e Kaede.
<< Cercherò mia bella Ayako, ma averti così
vicino non mi aiuterà! >> scherzò il centro dello Shohoku, prima di
sorriderle e schiacciarle l’occhio.
<< Allora a che si deve tanta felicità? >>
domandò Ayako.
Shinichi le raccontò gli avvenimenti del
giorno prima, la loro intenzione di andare a giocare al campetto del parco e
il ritrovamento di cinque piccoli gattini. Non fece cenno alcuno ai sogni
che continuavano ad avere.
<< Wow! Voglio vederli! >>
Akira le disse che quel pomeriggio, finiti gli
allenamenti, sarebbero andati a prenderli dal veterinario amico dei genitori
di Kaede. Nessuno fece accenno a ciò che Ayako desiderava di più sapere. Il
motivo del loro strano comportamento, che neanche loro riuscivano a spiegare
del tutto, rimase un argomento no comment. Ayako,
sempre molto sveglia e attenta, preferì non parlare dell’argomento e rimase
ad ascoltare la descrizione dei cinque gattini fatta da Toru.
<< Ecco perché hai il viso pieno di graffi,
Akira. Pensavo che qualche tua vecchia fiamma avesse deciso di vendicarsi.
>> ci scherzò su la manager: << Spero quindi di darvi una buona notizia…. I
tecnici chiamati dal Preside hanno detto che ci vorranno alcuni giorni,
perciò per oggi siete liberi. E potrete andare a prendere i gattini, peccato
che non possa venire… >>
<< Perché? >> chiese Kaede.
<< Haruko, la nuova manager… ha bisogno di
qualche lezione privata di buona conduzione di una squadra di basket. >>
Kaede non aveva mai sopportato la sorella del
capitano storico dello Shohoku, Takenori Akagi. Se la ritrovava sempre tra i
piedi come quelle del suo stupido Fan Club, con quei vestiti assurdi e
quegli slogan che lo distraevano. Ora che era diventata l’aiuto manager, era
costretto a sopportare la sua presenza ogni giorno. Non che Haruko facesse
qualcosa per dargli fastidio, anche prima di fare la manager si limitava a
guardarlo da lontano, in completa adorazione. Non sapeva perché ma non
sopportava tutte quelle ragazze che lo consideravano un Dio sceso in terra.
Detestava tutta quell’adorazione che leggeva sui loro volti. Nessuna di
quelle che professavano di amarlo, lo accettava per quello che era. Per
tutti lui era solo la promessa del basket dal bel viso e dalla pelle
diafana. Si era mai nessuno chiesto chi fosse davvero e cosa volesse?
Nessuno. A volte si chiedeva se, per un qualsiasi motivo, la sua carriera di
basket man fosse conclusa, quanti di quelli che lo
guardavano in contemplazione, sarebbero stati disposti a restargli accanto?
L’unica delle ragazze che non detestava era
Ayako. Lei aveva uno spirito libero e indipendente, difficilmente
influenzabile dai discorsi altrui.
<< E’ un peccato! Ma potrai vedere i gattini
quando vuoi, a casa nostra! >> l’aveva rincuorata Shin.
Al termine delle lezioni pomeridiane i cinque
ragazzi si diressero, senza indugi, direttamente dal veterinario. Erano
molto eccitati all’idea di avere qualcuno con cui dividere le loro giornate,
riempite solo dal basket e dalla tv. Non avevano avuto mai qualcuno di cui
occuparsi e questo li rendeva ancora più felici. Akira, in particolar modo,
cercava ancora un nome per quel gattino scorbutico che gli avrebbe fatto
compagnia per molto tempo.
Quando entrarono nella clinica veterinaria,
un’infermiera disse loro di attendere l’arrivo del dottore nel suo ufficio.
Attesero un bel po’ e tutti si chiesero se per caso quella lunga attesa non
avesse a che fare con i gattini.
Finalmente, dopo dieci minuti buoni
d’elucubrazioni, il dottore entrò con una gran cesta in mano, contenente i
cinque gattini. Dormivano tutti tranne il Do’hao e Tempesta che litigavano
allegramente. Quando il gattino rosso si accorse di Kaede, cominciò ad
agitarsi ancora di più e ad arruffare il pelo quando gli si avvicinò.
<< Quel gatto mi odia…. Non possiamo fare
cambio con il tuo Megane o con Emerald? >>
<< Kaede è logico che non ti sopporti, con il
nome che gli hai dato! E comunque non ti darò mai il mio Megane e questo
credo che valga pure per ognuno di noi. >>
Sbuffando si avvicinò al gatto rosso che tentò
ancora una volta di graffiarlo e lo prese in braccio, con poca delicatezza a
dire il vero, ma dopo poco il gattino si rilassò sotto le carezze del nuovo
amico. Anche gli altri ragazzi presero i propri gattini, ma con molta
delicatezza.
I mici erano più puliti. Un’infermiera li
aveva ripuliti e sfamati. I cinque gattini erano così affamati che avevano
mangiato tutta la notte, addormentandosi stanchi solo al mattino.
<< Per fortuna, a parte la paura e un forte
dimagrimento, dovuto a cause che immaginiamo tutti, i gattini stanno bene.
Ho fatto ad ognuno di loro le vaccinazioni di rito e posso dirvi che potete
portarli anche subito a casa. >>
<< La ringraziamo professor Shinigami. >>
disse, a nome di tutta la squadra, Shinichi.
Il veterinario, commosso dal buon cuore dei
cinque ragazzi, non accettò niente in pagamento, solo la promessa di
trattare i gattini con gran cura.
<< Hai visto Kaede? Quel gattino si sta
abituando a te, già non ti graffia più! >> disse sorridendo Akira mentre
accarezzava il pelo del gattino ancora senza nome.
<< Infatti, non mi graffia più! E’ passato ai
morsi! >>
Detto questo gli altri quattro ragazzi
abbassarono lo sguardo verso il gattino che, tutto contento, si affilava i
denti mordendo la candida pelle del padroncino. Scoppiarono tutti in una
risata liberatoria. Quel che più ritenevano comica era la faccia, del tutto
inespressiva, di Kaede e quella furbetta del gattino che, incurante di
tutto, continuava mordergli la mano.
<< Questa è un’ingiustizia! I gatti li ho
sentiti io e voi vi siete scelti i più belli! >>
<< Uffa Kaede! Ancora con questa storia? Io
non credo che vorresti liberarti del tuo do’hao. Sono sicuro che ti ci sei
già affezionato. >>
Kaede sbuffò alterato. Nonostante tutto non
voleva ammettere che le parole di Sendo fossero esatte. Si era affezionato a
quella palla di pelo rossa non appena lo aveva visto e aveva desiderato
subito di abbracciarlo. Quel gattino abbandonato gli ricordava se stesso.
Probabilmente se fosse stato lui a scegliere avrebbe scelto subito quel
gatto.
Intanto il gattino di Akira si era
risvegliato…
<< Ti sei svegliato Pallino! >>
<< Ma che razza di nome è? Non vorrai dargli
quel nome a quel povero gatto! >> esclamò Toru.
<< Perché? Cosa ha che non va? >>
Il gattino era concorde con gli altri membri
della squadra, così graffiò il viso di Akira. Allora il ragazzo dagli strani
capelli provò con Batuffolo, Zuccherino, Alcibiade ma il gattino sembrò non
gradire ogni volta, tanto che alla fine Akira arrivò a casa con il volto
ricoperto da graffi.
Giunti alla fermata del bus, i cinque ragazzi
si divisero. Si diedero appuntamento per il giorno dopo, alla solita ora, al
campetto del parco, poi si salutarono e tornarono a casa.
FINE PRIMA PARTE
Kaede: ma che razza di mente perversa hai?
Autrice: perché? Non è carina?
Kaede: affatto! Dov’è Hana?
Autrice: ma non sei contento? Ti ho regalato
un dolce gattino!
Kaede: dolce? Mi sta rovinando tutta la casa!
Autrice guarda il gattino mordere allegro un
cuscino: beh! In effetti….
Shinichi: a me il mio gattino piace! Vieni qui
Tempesta!
Akira: beh anche a me il gattino piace, ma non
poteva essere un po’… come dire? Meno turbolento? Ha ridotto il mio viso ad
una grattugia!
Autrice: se non vi piacciono posso sempre
riprendermeli!
I magic five:
neanche per sogno!
Autrice: beh qualcosa inizia a capirsi no?
Scusa la limitatezza del capitolo, in effetti ne sono venute solo 7
paginette scarse, ma mi serviva così.
I declaimers li conoscete, no? Ma come! I
personaggi non sono miei (povera me!) ma del maestro Inoue! Io non ci
guadagno nulla, se non qualche risata!
Sono disponibile ad ogni scambio d’opinione!
Spero che i prossimi capitoli escano meglio, perché questo, a dirla tutta,
lascia un po’ a desiderare. Vedrò di migliorare!
Alla prox!
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