Disclaimer: Per loro fortuna questi pg sono
della Rowling. In questa fic ne passeranno di tutti i colori e peggio.
Alcune scene potrebbero essere ad alto contenuto violento/erotico. Astenersi
i deboli di cuore/stomaco
Inferno
parte XV
di Nuel
I ragazzi si guardarono intorno piuttosto
sconcertati. La camera era a soqquadro, immersa nel
buio. Chiamarono con voce incerta il loro ex insegnante di Difesa e lui
rispose con voce più
alta di un’ottava, rispetto al solito, da un angolo oscuro,
tra il letto e l’armadio.
-Salve ragazzi!- Li salutò dirigendosi verso di loro. -Avete bisogno di me?-
Hermione notò subito le pupille un po’ dilatate, ma poteva essere colpa del
buio.
Agli occhi di Harry e di Ron saltarono invece il suo aspetto sciatto ed il
pallore.
-Remus... stai bene?- Chiese Harry, seriamente preoccupato.
-Bene?- L’uomo rise istericamente. -Mai stato meglio!-
-Allora... noi... avremmo una domanda...- Continuò Hermione.
-Chiedete, su forza! Non siate timidi!- Rise di nuovo.
-Avremmo bisogno di alcune informazioni sulle malattie mentali...-
-Malattie mentali?!- Urlò l’uomo.-Perché dovrei saperne qualcosa io? Vi
sembro pazzo forse?
Rispondete!- Tuonò, avvicinandosi minaccioso ed alzando un braccio a mo’ di
artiglio.
I tre scattarono in dietro, spaventati.
-Non intendavamo niente del genere!- Strillò Hermione.
Il licantropo parve calmarsi. Si aggiustò il pullover. -Bene. Allora, perché
siete venuti da
me per questa stupida domanda?- Si ravviò nervosamente i capelli castani.
-Perché tu conosci molti medimaghi del San Mungo e potresti chiedere a
loro.... si tratta di
Draco....- Gli spiegò Harry, con tono grave.
-Oh, Malfoy ha perso qualche rotella?- Scoppiò a ridere come se la cosa
fosse incredibilmente
buffa. -Oh, scusate. Scusate. Non è divertente, vero? Ehm, vedrò cosa
fare... ho saputo che il
ragazzo è svenuto di nuovo... di cosa soffre?-
-Vorremmo saperlo anche noi!- Disse Hermione, pronta ad affrontarlo, con
sguardo severo.
Lupin fece un passo indietro, come intimorito dalla giovane strega.
-Non scaldarti, Hermione, su.... volevo solo sapere... i sintomi. Ecco, si,
i sintomi!-
-Incubi... si estranea dalla realtà... crede che suo padre sia vivo...- Si
affrettò a
rispondere Harry.
-Vedrò cosa posso fare, ok? Ora... andatevene per favore, io.... io ha da
fare. Si, ecco...
Ho da fare, io. Da fare!- Li spinse gentilmente verso l’uscita, continuando
a ripetere che
aveva da fare, come se temesse di dimenticarlo.
-Ma che ha Lupin?- Diede voce alla domanda di tutti Ron, quando furono in
corridoio.
-Io... non lo so- Rispose Harry, smarrito.
-Sembra.... impazzito!- Suggerì Hermione.
-Oh, cavolo!- Gemette Ron. -E se, alla fine, fosse successo veramente?-
-Cosa?-
-Quello che diceva Malfoy: che è diventato matto per colpa della
licantropia!-
-Non dire stupidaggini, Ron!- Lo ammonì Hermione. -In tal caso interverrebbe
il ministero e
lo farebbe rinchiudere! Non farti sentire da nessuno!-
Harry taceva, ma aveva il brutto presentimento che il suo amico avesse colto
nel segno.
Passò qualche giorno prima che Lupin si facesse vivo con loro.
Aprile era alle porte e Ginny e Ron avevano un’intensa corrispondenza coi
fratelli maggiori ed
i genitori per organizzare la festa di compleanno ai gemelli.
Da quando Fred e Gorge si erano resi indipendenti dalla famiglia, il compito
era diventato
estremamente più semplice e, in un certo senso, sembrava che la cosa
dispiacesse a tutti. I
loro affari andavano a gonfie vele ed Harry era segretamente felice del suo
contributo
iniziale. Di quando in quando, Ron lo coinvolgeva nell’elaborazione dei
progetti per la festa,
ma raramente il ragazzo vi prendeva parte attiva.
Draco Malfoy occupava tutta la sua mente, eccetto un angolino dedicato alla
preoccupazione per
Lupin.
Il primo d aprile, gli abitanti del castello di Hogwarts si svegliarono alle
prime
luci, nonostante fosse un sabato piuttosto freddo e dal cielo plumbeo.
Gli studenti più burloni avevano dato la sveglia ai loro compagni con i più
svariati scherzi e,
nel giro di pochi minuti, passi, grida e risate inondarono ogni corridoio.
Anche Ron era strato piuttosto mattiniero. Aveva tirato giù dal letto Harry
e, con Ginny ed
Hermione, si era fiondato in Sala Grande per consumare una rapida colazione
e poi correre ad
Hogsmeade.
Neppure da dire che i gemelli non avevano pensato neanche per un momento di
tenere chiuso il
negozzio dei Tiri Vispi, così, quando Ron e gli altri giunsero al villaggio,
i due stavano
aprendo bottega, preparandosi ad una giornata particolarmente proficua.
Ron e gli altri, camminando di soppiatto, si diressero sul retro dello
stabile del negozio,
dove aprirono la porta che conduceva al piano superiore ed al piccolo
appartamento che i due
Weasley occupavano da quando il negozio gli aveva permesso di pagarsi un
affitto.
Neppure mezz’ora dopo il resto della famiglia e qualche amico era
affaccendato a riempire la
casa di palloncini colorati, spostare mobili, preparare dolci e salatini.
Harry, con un sorriso tirato in faccia, si appoggiò ad una finestra,
guardando i passanti in
istrada. Degli invitati mancava ancora Remus, ma, chissà perché, Harry
sentiva che l’uomo non
sarebbe andato. Era così strano... forse avrebbe dovuto chiedere al signor
Weasley, ma il padre
di Ron lavorava pur sempre al Ministero...
Mentre era concentrato su questi pensieri, sotto ai suoi occhi sfilò un
gruppetto di Serpeverde.
Erano ragazzini del terzo anno. Camminavano compostamente stringendosi
addosso i mantelli e
ridevano sommessamente. Poco dopo cominciarono ad apparire studenti di tutte
le Case e le
classi: Grifondoro che correvano e schiamazavano, Corvonero occhialuti
impegnati in chiassose
discussioni e Tassorosso che si affrettavano ad affollare il negozio di
scherzi.
Harry si avvide per la prima volta di come i Serpeverde si distinguessero in
questa folla
allegra per il loro atteggiamento, per nulla diverso da quelo che tenevano a
scuola:
camminavano con passo deciso, ma non svelto, a testa alta, parlando senza
impennate di voce.
Moderati nei movimenti e con espressioni imperscrutabili. Persino i più
giovani. Come se una
rigida educazione li avesse abituati a godere dei loro svaghi senza eccessi.
Si chiese come potesse essere l’infanzia di uno qualsiasi dei ragazzini
delle altolocate
famiglie di Serpeverde da generazioni. Come fosse stata quella di Draco...
Aveva appena formulato il pensiero che il principe dei Serpeverde transitò
sotto il suo sguardo,
appoggiato al braccio di Zabini.
Era pallido, cinereo, quasi. Camminava lentamente, parlando al suo compagno
con tranquillità.
Sembrava sereno, nonostante tutto.
Da quando aveva lasciato l’infermeria, Harry non lo aveva più incontrato.
Gli si strinse il cuore: era dimagrito ancora e c’era qualcosa, nel modo in
cui si appoggiava
a Zabini, che gli faceva pensare che non fosse in grado di sostenersi da
solo.
Camminavano con le gambe vicine, come se le caviglie fossero legate assieme
e fossero diventati
un unico essere a tre gambe. Harry risalì con lo sguardo dalle scarpe di
pelle lucida di
entrambi alle ginocchia, le cosce attaccate, le anche che si muovevano
assieme... e si sentì
in colpa per la gelosia che provava perché Draco aveva bisogno di un
appoggio per camminare e
Zabini glielo stava dando e non c’era nulla di erotico in questo, anzi...
avrebbe voluto poter
essere di altrettanto aiuto al ragazzo che amava.
-Harry! Harry!- La voce di Hermione lo distrasse. -Harry, dai! Dobbiamo
andare giù a chiamare
Fred e George! Qui è tutto pronto!-
-Arrivo- Le rispose Harry, lanciando un ultimo sguardo alla strada, ma di
Draco non c’era più
traccia. Seguì Hermione giù dalle scale. Era quasi l’ora di pranzo ed
avevano fatto sapere
a tutti gli studenti di non andare al negozio a quell’ora.
I Tiri Vispi era praticamente vuoto. Quando anche l’ultimo cliente se ne
andò con la sua scorta
di scherzi, strizzando l’occhio ai due Grifondoro, Hermione ed Harry
entrarono fingendo di avere
il fiatone.
-Fred! George! Correte! C’è del fumo che esce da casa vostra!-
I gemelli corsero come razzi, spaventati dalle parole della ragazza, che li
inseguì su per le
scale con insolita agilità.
Harry attese qualche minuto prima di salire. Dalla tromba delle scale sentì
un coro di
“Sorpresa!” e risate ed applausi.
Si sedette su un gradino, immaginando una festa simile a Malfoy Manor.
Costruendo muri ed
arredo con la sua fantasia, immaginando un Lucius Malfoy diverso da quello
che aveva conosciuto
lui che faceva gli auguri ad un bambino di dieci, undici anni... chissà se
Draco aveva mai
avuto un regalo simile?
-Harry! Che fai ancora qui?! Muoviti!- Lo chiamò Ginny, aspettandolo sulla
porta e guidandolo
nella stanza addobbata per mano.
“Sindrome psicotica con aspetti dissociativi dalla realtà e bouffee
deliranti ed
occasionali aspetti antisociali” Harry si ripeté un paio di volte le parole,
come se dovesse
imparare la pronuncia corretta di un incantesimo. Le parole gli dicevano ben
poco. Non era un
medico. Poi tornò a leggere l’appunto che gli aveva lasciato Lupin.
“Il medimago a cui mi sono rivolto dice che chi è affetto da questo problema
presenta i sintomi
di cui mi hai parlato, ma dice anche che dovrebbe osservare il caso per
esserne certo. Le cause
possono essere il profondo stress, un trauma, sia recente che risalente
all’infanzia. Consiglia
il ricovero e l’osservazione. Dice che potrebbe essere necessario
mantrenerlo sedato e,
gradualmente, portarlo a svelare il trauma e quindi iniziare un processo di
accettazione.
Non è garantita la guarigione, ma, come ti ho detto, dovrebbe sottoporlo a
degli esami.
Dice anche che pur guarendo, in soggetti simili ci sono forti possibilità di
ricaduta.
Sta attento Harry. Non immischiarti in qualcosa di pericoloso”
Harry finì di leggere e riprese da capo. La grafia di Lupin era
irriconoscibile: scattosa,
nervosa... eppure le parole erano inconfondibilmente sue.
Draco aveva bisogno che si occupasse di lui uno specialista. Eppure una
vocina maligna gli
chiedeva se ne era proprio convinto o se lo diceva perché voleva sottrarlo a
Zabini.
Non era pronto ad accettare l’eventualità che Draco non potesse guarire.
Mostrò la lettera a Ron ed Hermione.
-Harry, per quanto sia grave Malfoy, credo che il trauma della morte di un
genitore si possa
superare. In fin dei conti è nell’ordine naturale delle cose che i genitori
muoiano prima dei
figli. Prima o poi lo supererà, quello che mi preoccupa adesso è Lupin....
questa non è la
scrittura di un uomo che sta bene!- Disse Hermione, risoluta.
Ron annuì ed Harry si trovò d’accordo con loro.
-Che ne dite se andiamo a trovarlo, dopo le lezioni?-
-Ottima idea!- Concordarono i due amici.
-Anche se...- Aggiunse Hermione, appena Harry si fu allontanato. -... mi
sembra strano che
Malfoy sia così debole psicologicamente...-
-E’ sempre stato un vizziato figlio di papà, amore. Probabilmente gli manca
la sua protezione!-
Fece spallucce Ron, abbracciandola mostrandole chiaramente che non intendeva
passare quei minuti
di solitudine arrovellandosi su Malfoy.
Hermione baciò il suo ragazzo dicendosi che avrebbe avuto tempo più tardi
per pensare ai
problemi di Harry e Malfoy.
Era quasi il tramonto quando i tre Grifondoro bussarono allo studio del loro
ex
insegnante di Difesa.
-Avanti- Cantilenò una voce alterata dall’interno.
Harry aprì la porta e si ritrovò nella stanza completamente buia.
-Remus?- Chiamò piano.
-Professor Lupin... apro una finestra!- Annunciò Hermione, spostandosi a
tentoni verso il
muro.
Alle sue parole, seguì, dopo appena pochi istanti, il suo grido.
-Hermione!- Chiamò concitatamente Ron.
-Non provarci stupida ragazzina!- Ringhiò la voce di Lupin, che, con un
balzo fulmineo,
l’aveva raggiunta ed afferrata per un braccio.
-Lumos!- Disse in fretta Harry.
La scena che apparve li colse impreparati: un Lupin dalla faccia stravolta e
lo sguardo
malvagio ghermiva Hermione, che si proteggeva alla ben’e meglio il volto con
le braccia
alzate, e teneva l’altra mano sollevata in aria, come fosse un artiglio
pronto a colpire
la ragazza al viso.
Hermione tremava e singhiozzava.
Inpaurito dalla luce improvvisa, il licantropo, spiccò un altro balzo,
nascondendosi tra le
ombre della stanza.
Ron prese Hermione tra le braccia e la portò fuori il più velocemente
possibile.
Harry chiudeva la ritirata tenendo bene di fronte a sè la bacchetta con
l’incantesimo di
luce ancora attivo, camminando all’indietro e cercando in ogni angolo il più
piccolo movimento.
Fuori dalla stanza la ragazza piangeva, coprendosi gli occhi con le mani
strette a pugno,
mentre Ron cercava di confortarla.
-Stai bene Hermione?- Le chiese, seriamente preoccupato, Harry, dopo aver
richiuso la porta
ed essersi assicurato che nessun rumore giungesse dall’interno.
Hermione accennò di si e poco dopo si calmò. Aveva il viso arrossato e gli
occhi lucidi di
pianto. -Ho solo avuto molta paura!- Si giustificò asciugandosi le guance
rigate.
-Andiamo via di qui- Propose Ron e si affrettarono a lasciare il corridoio.
-Quello non era Lupin! Era un lupo nel corpo di un essere umano. Neppure
tanto umano!-
Ringhiava Ron, continuando a tenere un braccio intorno alla vita di Hermione,
con fare
protettivo.
-Vuoi dire che sta impazzendo?-
-Non lo so, Harry, ma finché è così, è pericoloso!-
-Dobbiamo dirlo a Silente!- Intervenne Hermione.
-Se lo diciamo a Silente avviserà il ministero!- Protestò Harry.
-Se ci sono altre soluzioni il preside le userà!- Insistette la ragazza.
Harry non voleva ascoltarli: il rischio che Lupin fosse rinchiuso e che lui
lo perdesse,
lo accecava.
-No!- Esclamò a denti stretti, guidando gli amici per i corridoi del vecchio
castello.
Remus Lupin, intanto, stava accuattato dietro la sedia della sua scrivania,
annusando l’aria
e scrutando nelle tenebre che quegli odiosi ragazzini umani se ne fossero
veramente andati.
Da qualche giorno la luce gli era diventata intollerabile... eppure
continuava a prendere con
regolarità la pozione... mancavano ancora due settimane al plenilunio....
alla sola idea della
luna piena sentì un incontenibile desiderio di scodinzolare ed un’atroce
frustrazione per non
avere una coda con cui farlo. Non averla, “ancora”.
Continua....
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