Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono neanche un po’. La signora Rowling ne dispone come meglio crede, io ci gioco a tempo perso, senza pretese e senza fini di lucro.



Harry Potter e il cervello che non ha

parte XXIII

di Sourcreamandonions

 

In cui riprendono le lezioni private e si concludono sempre nello stesso modo

Draco e Harry si diedero appuntamento per due giorni dopo nella stanza segreta. Arrivarono al corridoio contemporaneamente e lo Slytherin lasciò che fosse il compagno a far apparire la stanza; intanto si godette sghignazzando il ridicolo spettacolo del ragazzo che zompettava avanti e indietro. Una volta dentro si sedette su un mucchio di grossi cuscini mentre Harry si piantò di fronte a lui in piedi a fissarlo. Aspettò che lo Slytherin facesse qualcosa, poi sbottò.
“Allora?”
“Allora che?” chiese tranquillo Draco.
“Che si fa? Da cosa cominciamo?”
“Da niente che si possa fare.”
Harry non riusciva a capire ma si sedette di fronte a lui.
Draco si guardò intorno e poi tornò a fissare Harry.
“Direi che siamo arrivati all’Imperius. Tu hai già avuto a che fare con questa bella maledizione.”
Harry annuì. 
“Come te la sei cavata?”
Harry fece spallucce.
“Bene. Ho resistito.”
Draco mugolò.
“Beh, era abbastanza scontato. Crouch era un debole. Chiunque sarebbe riuscito a resistergli.”
“Non è vero!” si ribellò Harry. “Sono sicuro che Ron o Neville non avrebbero mai resistito.”
“Può essere,” concesse Draco. “Ma non li inserirei nella categoria esseri umani, per cui…”
Harry sbuffò.
“Ok, ok, sei stato bravo, un urrà per Potter che ha resistito all’Imperius. E lo sai perché hai resistito?”
“Perché era un debole?”
“No,” sentenziò Draco. “Perché non si è impegnato.”
Harry lo fissò sorpreso.
“Ehi! Chi ti dice-”
“Imperio!” 
Draco aveva estratto la bacchetta e l’aveva puntata contro Harry, scagliando la maledizione. Harry non se l’era aspettato minimamente ed era stato colpito in pieno. Lo Slytherin osservò la sua espressione stupita con un ghigno soddisfatto.
“E ora alzati in piedi,” gli ordinò con una gentilezza che non ammetteva repliche. 
Harry si alzò e continuò a fissarlo con occhi persi. 
Draco si guardò attorno cercando qualcosa da fargli fare.
“Vammi a prendere…il cuscino verde che c’è in quell’angolo.”
Harry si girò e fece come gli era stato detto. 
Quando ebbe consegnato il cuscino a Draco disse “Non mi sento molto diverso dal solito.”
“Davvero? Non faresti mai qualcosa che vada contro il tuo volere?” chiese con tono di sfida Draco.
“No,” rispose semplicemente Harry.
“Ok. Dammi la tua bacchetta.” Vide che il Gryffindor tentennava e si concentrò di più. “Ora.”
Harry estrasse la bacchetta e la mise nella mano che Draco gli aveva teso. Lo Slytherin sogghignò e distolse la concentrazione. Harry si sentì strano, come se si fosse appena svegliato da un sonno profondo. Era confuso, ma ricordava benissimo di aver dato la propria bacchetta al compagno. Contro la propria volontà. Le prime cose che gli aveva chiesto le aveva fatte senza problemi, non gli erano parse grandi richieste, ma l’ultima era stata molto più difficile. Non si fidava totalmente di Draco quando si mettevano a trafficare con la magia e non avrebbe mai ceduto la propria bacchetta rimanendo indifeso. Eppure, quando Draco gli aveva ordinato di dargliela, non aveva saputo resistere. La pulsione ad obbedire era troppo forte per essere ignorata, il suo corpo si era praticamente mosso da solo.
“Ridammi la bacchetta, Draco,” mormorò tendendo una mano. Si sentiva malissimo per aver dato prova di debolezza.
“Non ancora,” ribattè lo Slytherin. “Allora, campione di resistenza, ci sei rimasto male?”
“Dai, per favore, ridammela,” insistette Harry.
“Uh, cos’hai, paura? Di colpo sono diventato di nuovo cattivo? Forse hai ricominciato a ragionare. Non avresti dovuto abbassare la guardia fin dall’inizio.”
Harry non si sapeva spiegare la sensazione che lo pervadeva, ma in parte le parole di Draco erano vere. Dopo l’incantesimo vedeva in modo diverso il compagno. Subirne l’influsso magico gli aveva riportato alla mente quanto fosse forte e potenzialmente pericoloso. Era vero che l’avesse sottovalutato ultimamente e non avrebbe dovuto. Per quanto si fosse innamorato di Draco non era una persona con cui potevi agire alla leggera e poi non era ricambiato, quindi non doveva abbandonarsi troppo ai suoi sentimenti, cosa che per lui era tutt’altro che semplice. Si sedette pesantemente per terra davanti al compagno come prima, incrociando le gambe e sostenendosi la testa con una mano sotto il mento.
“Non vale. Mi hai colto alla sprovvista,” biascicò amareggiato. “Non mi avevi detto che mi avresti attaccato.”
“Perché, l’Oscuro Signore ti manda spesso avvertimenti prima di cercare di ucciderti?”
Harry si stupì a sentire il compagno riferirsi al mago oscuro in quel modo. Forse semplicemente era abituato a sentirlo chiamare così da suo padre in casa, che sicuramente aveva pronunciato spesso quel nome, o in parte era anche l’influenza di Snape. 
“No, è ovvio, però ora mica è qui.”
“E chi può dirlo?”
“Oh, dai, e poi con te è diverso. È più difficile!”
“Perché mai?” chiese Draco.
Harry tentennò. Mica poteva dirgli che era molto più difficile resistere a qualcuno di cui eri innamorato perché avresti fatto praticamente qualsiasi cosa ti avesse chiesto.
“Perché sì!” rispose Harry.
“Ah, Potty! La tua dialettica non smette mai di stupirmi. Ma tu da solo ti capisci?”
Harry sbuffò irritato e Draco si mise a ridacchiare.
“Ridammi la bacchetta,” ripetè il Gryffindor innervosito dalla situazione. 
“No,” scosse la testa ancora Draco. “Te la devi meritare.”
“Ah,” sospirò Harry. “Cosa vuoi adesso?”
Pessima scelta di parole, si rese conto Harry, ma troppo tardi. Sul viso di Draco era già apparso il sorriso sornione di quando il sesso entrava a far parte delle priorità del momento.
“Come te le tiri da solo…” mormorò lo Slytherin divertito. “Se ci tieni,” e aprì un po’ le gambe, “puoi anche darmi prova della tua abilità con la lingua.”
Harry sentì che non avrebbe avuto senso ricadere in quei ricatti.
“Non ci penso neanche.”
Draco strinse le labbra in un mezzo sorrisetto.
“Devo avvisarti prima?”
Harry capì che il compagno stava per rifargli l’Imperius e si tenne pronto. Infatti subito Draco estrasse la propria bacchetta e gli fece la maledizione.
“E ora,” disse Draco, “fammi un pompino.”
Harry non avrebbe voluto, ma il pensiero di tenere in bocca il compagno non era per niente sgradevole, anzi… Lentamente si avvicinò al compagno e allungò le mani per slacciargli i pantaloni.
Draco interruppe la concentrazione. 
“Ma così non è divertente! Non ci stai neanche provando a resistere!”
“Non è colpa mia se mi chiedi di fare cose piacevoli…” ribattè il Gryffindor. Gli girava un po’ la testa.
Draco sospirò. 
“Concentrati,” gli disse e di nuovo lanciò la maledizione.
Stavolta Harry cercò di resistere. Si concentrò sull’importanza di non rispondere agli ordini del compagno. Quando Draco gli ordinò di nuovo di fargli un pompino intensificò la concentrazione, lottando contro la voglia di ubbidirgli che montava a dismisura dentro di lui. Vide il compagno che stringeva gli occhi, anche lui concentratissimo, e si rese conto che quello che stavano facendo in realtà era uno scontro di forza di volontà. Era tutto nella sua testa, la sua forza contro quella di Draco. Poteva farcela, poteva, ma la testa cominciò a girargli e piano sentì il suo corpo muoversi contro la sua volontà, avvicinando di nuovo le mani ai bottoni dei pantaloni dello Slytherin. Fece in tempo a slacciare solo il primo, poi Draco interruppe per l’ennesima volta l’incantesimo.
“Sei un’ameba, Potter! Un elfo domestico secondo me resisterebbe di più.”
Harry lo guardò distrattamente e vide che ansimava leggermente e sembrava stanco.
“Ah sì? Non mi sembri proprio rilassato…” mormorò, ma non aveva la forza di discutere oltre. Sentiva un’ondata di nausea travolgerlo e dovette chiudere gli occhi per cercare di tener fermo il mondo intorno a lui.
“È solo che…è molto tempo che non facevo questo incantesimo,” si difese Draco.
Harry mugugnò in assenso, davvero troppo provato per insistere.
“Allora, vuoi provare di nuovo?” chiese Draco con voce poco convincente.
Harry scosse la testa.
“Assolutamente no. Sto per vomitarti addosso. Tutto questo sforzo mentale mi ha fatto venire le vertigini.”
“Eh, immagino che questo vada un po’ oltre il normale funzionamento delle tue quattro cellule cerebrali. Povero neurone, a quest’ora lui dorme già da un po’…”
Harry avrebbe voluto tirargli un pugno ma non ne aveva la forza. Non sapeva quanto gli ci sarebbe voluto a riprendersi e la cosa lo infastidiva perché si sentiva debole di fronte al compagno. 
“Posso riavere la mia bacchetta, ora?” sussurrò.
Draco gliela ridiede e Harry si sdraiò per terra. Avrebbe voluto che quella sensazione di stordimento passasse in fretta.
“È normale che mi senta così male?” chiese preoccupato.
“Abbiamo giocato con la tua mente, che cosa ne dici?”
“Che è un brutto gioco…”
“Quanto sei guastafeste…” sibilò per prenderlo in giro Draco.
Harry sentì che il compagno lo afferrava per un braccio e lo tirava, così si trascinò fino ai cuscini dove lui stava seduto e gli appoggiò la testa su una gamba. A guardarlo ora sembrava si fosse completamente ripreso. Draco doveva essere molto più allenato di lui e comunque più forte. 
“Chi… Chi ti ha insegnato?” chiese Harry cercando di mettersi seduto.
“Segreto,” disse semplicemente Draco.
“Vabbè, capirai che segreto, sarà stato tuo padre… Stavi così anche tu la prima volta che ti hanno fatto un vero Imperius?”
Harry aveva ora molto chiaro il significato delle parole di Draco di poco prima. Crouch non aveva fatto per niente sul serio quando gli aveva lanciato quella maledizione al quarto anno.
Draco tentennò qualche attimo, poi mormorò “Io ho vomitato. Ma me l’hanno fatto cinque volte di fila ed era molto più potente di quello che ti ho fatto io.” Cercò di ridarsi un tono. “Mi sono trattenuto.”
Harry mugugnò, segretamente contento di sapere che il suo malessere fosse perfettamente normale, anzi comprensibile. Draco non avrebbe pensato che era un debole, dopotutto. Stette qualche minuto in silenzio, riprendendosi completamente. Aveva ancora un po’ di mal di testa ma si sentiva nuovamente lucido. Avvertì Draco che si muoveva sotto di lui con nervosismo.
“Che c’è?” chiese preoccupato. Poi si girò, vide la situazione in cui si trovava lo Slytherin e capì molte cose.
“Di che ti stupisci? Lasci gli affari in sospeso…” 
Erano più di cinque minuti che cercava di calmarsi e invece si eccitava sempre più.
Harry sorrise.
“Che ne dici,” propose voltandosi a guardarlo con due occhioni languidi, “se invece di chiedermi le cose con la forza io te le facessi di pura iniziativa?”
Con una mano slacciò il secondo bottone dei pantaloni dello Slytherin, sfiorandogli l’inguine e facendolo rabbrividire.
“Che ci sarebbe meno gusto, ma potrei concedertelo,” ansimò.
Harry si tirò indietro. 
“Ah, la metti così? Allora niente…”
Draco non sembrava avere tanta voglia di scherzare. Tirò fuori la bacchetta e si indicò l’inguine, poi la puntò su Harry.
“Devo intervenire?”
“Ooh…” sospirò il Gryffindor per poi mettersi a ridacchiare.
Afferrò i pantaloni di Draco e diede loro uno strattone per abbassarli.
“Oh!” esclamò Draco, mettendo le proprie mani su quelle di Harry, che già avevano afferrato l’elastico dei suoi boxer. “Vacci piano! È delicato, necessita cautela…”
“Sai che stasera sei proprio fastidioso?” chiese Harry fintamente spazientito.
Draco stava per rispondergli, ma il Gryffindor gli abbassò i boxer scoprendo la sua erezione e lo Slytherin non volle mettere alla prova il suo sadismo. Abbandonò la testa all’indietro e concentrò la propria attenzione sui movimenti del compagno. Harry lo accarezzò, poi con una mano salì ad accarezzargli la pancia sotto la camicia mentre con l’altra teneva ferma la sua erezione. Avvicinò il viso e vi strofinò una guancia, abbassandosi a leccare la parte inferiore dei testicoli e la base, poi lo accarezzò di nuovo due volte e passando la lingua per tutta la sua lunghezza arrivò fino alla punta, dove leccò via la goccia che si era formata. Scioccamente, più che altro per la situazione in cui si trovava, pensò che anche il cazzo di Draco era perfetto e bellissimo e non si trattenne dal dirglielo. Draco si limitò a gemere, afferrando il polso della mano che gli accarezzava la pancia con entrambe le mani. 
Harry riprese a leccare e, alternativamente, ad accarezzare il membro del compagno, facendolo ansimare più volte, poi si stufò di giocare con lui e finalmente lo prese in bocca. Lo succhiò quasi se lo stesse gustando. Draco gemette più forte e fece scendere una mano dal polso al braccio del compagno, afferrandogli la spalla. La strinse e Harry di rimando chiuse le labbra attorno a lui, risucchiando in dentro le guance e facendo aderire l’interezza della sua bocca al suo membro. Salì così con le labbra fino alla punta, per poi scendere di nuovo e di parecchio per la sua lunghezza. Poi si fermò e succhiò di nuovo. Draco strinse la sua spalla ancora più forte, segno che apprezzava, e Harry ripetè il gesto più volte. Ogni volta faceva scivolare di più l’erezione del compagno nella propria bocca e vi alternava delle carezze più decise con la mano che ancora lo teneva. Gli ansimi andarono via via aumentando, mano a mano che cresceva la velocità dei movimenti del Gryffindor. Anch’egli spesso gemeva sia di piacere sia perché Draco era scosso da brividini ogni volta che lo faceva. 
Quando si accorse che Draco era vicino all’orgasmo Harry si allontanò, più che altro per farlo soffrire un po’. In fondo non gliel’aveva chiesto gentilmente… Dovette calcolare male i tempi, però, perché il ragazzo era ormai oltre il limite e, per niente d’accordo con la tortura designata, fece scattare una mano dalla sua spalla alla testa per trattenerlo. Non riuscì quindi a tirarsi indietro a sufficienza e l’orgasmo del compagno gli esplose in faccia. Draco gemette per qualche secondo, poi si mise a ridacchiare, per poi scoppiare a ridere. Harry aveva una faccia buffissima e se ne stava lì seduto davanti allo Slytherin con il viso, il maglione e gli occhiali sporchi, guardandolo con odio.
“Oddio, Potty… Bellissimo!” bofonchiò Draco tra le risate e l’affanno persistente.
Harry si tolse gli occhiali e li guardò con aria di resa, poi i suoi occhi scattarono per un secondo verso il compagno e le sue labbra si incresparono in un sorriso malefico. Con studiata lentezza per attirare l’attenzione tirò fuori la lingua e leccò una lente, ripulendola. Draco quasi soffocò. Le risate si interruppero subito e al loro posto si creò un senso di attesa. Lo Slytherin trattenne il fiato finchè Harry non leccò anche la seconda lente con cura; allora si abbandonò nuovamente sui cuscini con un gemito strozzato.
Harry non riteneva terminato il suo spettacolino: diede un pizzicotto alla coscia di Draco per fargli rialzare la testa, poi si passò due dita sul viso e leccò via ciò che aveva raccolto in modo molto allusivo. Ripetè il gesto un paio di volte facendo affondare le dita nella propria bocca, il che produsse nel compagno altrettanti mugolii di approvazione, e quando Draco allungò una mano e finì di pulirlo, Harry fece la stessa cosa succhiando di gusto. 
Alla fine abbassò lo sguardo sul maglione e scosse la testa.
“Questo no,” disse semplicemente. 
Draco sembrò non aver dubbi sulla fine che quel capo dovesse fare. Si tese in avanti, lo afferrò e glielo sfilò in fretta, poi lo prese per il bavero della camicia e lo sbattè sul mucchio di cuscini di fianco a sé.
“Finito?” gli chiese. 
Harry notò che la sua voce era leggermente rotta dall’eccitazione. Negli ultimi tempi Draco si eccitava nuovamente molto in fretta quando stavano insieme e per sempre meno. Mai per niente, per carità, però o lui era diventato davvero particolarmente bravo, al che poteva anche mettere su uno spettacolino a Hogsmeade e farsi un po’ di soldi, oppure cominciava a piacergli davvero tanto. 
“Appena iniziato,” gli sussurrò con aria di sfida.
Draco fece un verso ferino nel profondo della gola e lo baciò. Fu subito molto passionale; la lingua di Draco cercò quella di Harry impaziente, bramosa, come se non lo facessero da mesi. Fece per snodargli la cravatta, ma si stancò in fretta. Dopo averla solo allentata un po’ la sua mano scese sui pantaloni del Gryffindor, slacciandoli velocemente e abbassandoli con le mutande a strattoni fino alle ginocchia. Harry fu travolto dalla foga del compagno e poté ben poco: si liberò delle scarpe e scalciò via i vestiti mentre Draco si toglieva il maglione, dopodichè fu assalito di nuovo e si godette appieno la propria passività. Adorava essere completamente nelle mani di Draco, oltre ad essere eccitantissimo lo faceva sentire più tranquillo, sicuro. Il compagno era bravissimo a cavarsela con quel tipo di responsabilità. 
Draco si spostò tra le sue gambe. Si sentì uno scricchiolio e lo Slytherin si tirò indietro imprecando. Aveva pestato con un ginocchio gli occhiali di Harry e ne aveva rotto le lenti. Mentre controllava di non essersi tagliato il Gryffindor si spostò sorridendo di lato per evitare che il compagno le pestasse ancora rischiando di farsi male, poi lo riattirò a sé, baciandolo con fervore. Draco non si oppose, anzi; lo prese per i fianchi e con una spinta fu dentro di lui.
“Ah!” esclamò Harry, tra il dolore e il piacere.
Per quanto gli avesse fatto un pompino era passato un po’ di tempo e poi non era preparato ad una penetrazione tanto improvvisa, ma la frenesia di Draco l’aveva coinvolto e non avrebbe saputo aspettare i tempi del proprio corpo.
Draco si spinse nuovamente dentro di lui, facendolo gemere ancora, e gli coprì la bocca con un bacio, soffocando i lamenti a venire. Il ritmo fu subito sostenuto, non sapeva perché ma non ce la faceva già più ad aspettare ed il compagno così sottomesso ai suoi voleri peggiorava ulteriormente la situazione. Con una spinta particolarmente forte fu completamente dentro di lui. Il Gryffindor gemette forte, artigliandogli la schiena attraverso la camicia, e Draco gli morse il collo, lasciandogli un grosso segno rosso. Spostò una mano sull’erezione di Harry, che gli sbatteva contro il ventre, e lo accarezzò con decisione un paio di volte, facendolo tremare e gemere ancora. Riprese a muoversi e accelerò il ritmo, sorreggendosi con una sola mano e sulle ginocchia mentre l’altra si muoveva all’unisono sul compagno. Ad un tratto Harry prese a muoversi con foga sotto di lui, attirandolo sempre più in profondità e andandogli incontro col bacino. Draco accelerò le carezze e sentì che tendeva i muscoli attorno al suo membro. La cosa, come al solito, gli fece perdere la testa e si spinse più forte e più forte, finchè venne affondando completamente dentro di lui. I gemiti di piacere del compagno gli arrivarono qualche secondo dopo, perché inizialmente li aveva coperti coi propri, e si rese conto che anche lui aveva raggiunto il piacere nella sua mano. Lo accarezzò gentilmente ancora un paio di volte, facendolo rabbrividire e mugolare, poi piano si staccò da lui e gli si stese di fianco sui cuscini.
Harry si voltò a guardarlo e si mise a ridere diventando tutto rosso.
“Cosa… Cos’hai fatto?” chiese sospettoso Draco ma per niente arrabbiato.
“Niente,” rispose Harry, afferrandolo per un braccio e attirandolo debolmente un po’ più contro di sé. Aspettò un secondo e mormorò, arrossendo ancora di più, “Mi piace quando lo facciamo così. Sei… Mi fai sentire…al massimo.”
Draco gli sbuffò in faccia, come per dirgli di piantarla, ma si voltò e lo abbracciò più stretto.
Stettero così immobili a riprendersi per qualche minuto, in silenzio, e Harry pensò che era davvero una magia come in così poco tempo avessero raggiunto una tale intesa. Fu lui per primo a mettersi seduto e cercò di recuperare i propri occhiali. Estratta la bacchetta li riparò e se li mise, girandosi subito verso il compagno per guardarlo. Nella sua mente si accostarono le immagini di Draco in tre modi diversi: perfettamente vestito e in ordine come lo vedeva di solito, nudo ed eccitato come l’aveva visto la notte dopo la loro riappacificazione e mezzo svestito, stravolto e in disordine com’era in quel momento. Non avrebbe mai potuto scegliere in che modo lo preferisse, perché erano tre aspetti di lui che aveva pian piano scoperto e imparato a far convivere, ma gli venne una fiammata di gelosia al pensiero che altre persone l’avessero visto così e avessero pensato lo stesso. Avrebbe voluto essere l’unico per Draco, il primo e l’ultimo, ma sapeva che non era così e mai lo sarebbe stato. Non ci sarebbe stato un futuro tra lui e lo Slytherin, non poteva in alcun modo esserci. Scacciò in fretta i brutti pensieri, ordinandosi di godersi il momento presente finchè c’era in tutta la sua meravigliosità. Si chinò in avanti e lo baciò teneramente sulle labbra, sorridendogli.
“Quando fai così mi fai paura,” mormorò Draco. “Sembra che la tua mente subevoluta stia architettando qualcosa.” Si mise a sedere e respirò a fondo. “Beh, è stata una serata proficua, direi.”
Harry non rispose ma continuò a guardarlo con un sorrisone ebete stampato in faccia.
“Che c’è?!” chiese a disagio Draco. Poi per un secondo sentì un tuffo al cuore e un nodo che gli stringeva allo stomaco. 
Già un paio di volte aveva avuto il sospetto che il compagno stesse per dirgli qualcosa di molto, molto imbarazzante e fuori luogo, ma l’aveva sempre scampata. Un conto era essere a conoscenza dei sentimenti dell’altro perché erano palesi, un conto sentirselo dire direttamente. Non sapeva come avrebbe dovuto reagire e in fondo non voleva offenderlo, perché con lui ci stava bene, ma non avrebbe mai permesso che gli facesse delle dichiarazioni d’amore. Gli facevano venire il diabete.
Harry scosse la testa.
“Sei bello da morire. In questo momento vorrei darti un colpo in testa, legarti e tenerti per sempre in questa stanza, dove solo io possa vederti. Oppure in un sotterraneo della Gringott, dove devono andare le cose belle come te.”
Draco fece finta di vomitare.
“Se potessi evitare…” commentò, poi gli sferrò un pugno sul braccio.
“Ahu!” esclamò Harry massaggiandosi il punto colpito.
“E questo era per aver pensato di darmi un colpo in testa e segregarmi!”
“Ma stavo scherzando…” si lamentò Harry. “Non ti si può neanche fare i complimenti…”
“Se tu li chiami complimenti…” replicò Draco, riassettandosi i vestiti in tutta calma. “Fai proprio dei complimenti di merda.”
Harry sbuffò, poi si mise a ridacchiare di nuovo e cominciò a rivestirsi a sua volta. Anche questo era il bello di stare con un ragazzo come Draco. Dopo averlo fatto si poteva scherzare e insultarsi senza che ne nascesse un dramma. Beh, grazie anche al fatto che si era abituato alla sua causticità, perché le prime volte lui ci rimaneva davvero male… Ma quei tempi ormai si perdevano nella memoria. Sembravano passati mille anni.
Draco si alzò in piedi, si guardò, fece una faccia schifata che per Harry rimase immotivata, visto che era nuovamente perfetto, e restò lì a fissarlo.
“Ci vediamo domani, allora.”
Harry corrugò la fronte. 
“Non dormiamo insieme?”
“Eddai, Potty, non è che possiamo star fuori tutte le notti senza destare sospetti!”
Harry sembrò rattristarsi.
“Sarebbe tanto un problema se qualcuno ci scoprisse?” chiese a bassa voce dopo un po’.
Non sapeva perché gli stesse facendo quella domanda, visto che non aveva mai pensato di confidarsi con qualcuno riguardo alla sua storia con Malfoy, ma inspiegabilmente lo feriva sapere che il compagno voleva che tutto rimanesse segreto. Probabilmente si vergognava di lui.
“Direi di sì. Ti immagini cosa succederebbe? Metà della scuola morirebbe per lo shock, per primo il professor Snape, e io ci perderei la faccia…” Draco fissò più intensamente Harry che stava diventando sempre più cupo. “Tu ci guadagni troppo da questa storia…” Lo afferrò per la cravatta e lo tirò in piedi. “Però diventerei anch’io il cocco di Dumbledore. Non che ne abbia bisogno, ma la vecchia carogna può sempre tornare utile. Ci penserò…”
Harry sorrise suo malgrado. Sembrava che Draco avesse intuito i suoi pensieri e lo stesse tirando su di morale. Incredibile.
“Mi metti a posto la cravatta?” chiese con la stessa vocina di prima.
“Non ci penso nemmeno,” rispose Draco sogghignando. “Se no tutti si accorgeranno che non te la sei annodata da solo e ci scopriranno. Ah, questa sì che è una storia tormentata…” disse teatralmente.
Harry sorrise e si aggiustò la cravatta in qualche modo.
Draco lo guardò, poi si voltò e lasciò la stanza senza dire una parola. Harry lo fissò allontanarsi. Non sapeva dirgli buonanotte, ma quel momento di silenzio prima di andarsene era la sua firma. Sorridendo tra sé e sé se ne tornò nel suo dormitorio. Quando Neville si rigirò nel letto a guardarlo si era già addormentato.