Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono neanche un po’. La signora Rowling ne dispone come meglio crede, io ci gioco a tempo perso, senza pretese e senza fini di lucro.


Harry Potter e il cervello che non ha

parte XVIII

di Sourcreamandonions

 

In cui Draco riflette sul da farsi e trae conclusioni poco determinate

Le vacanze di Natale trascorsero serenamente. Draco dovette ammettere che la compagnia di Potter, dopotutto, non era così male, e che il suo modo di intrattenerlo aveva un non so che di convincente. I giorni passavano veloci tra un po’ di compiti, un giro per il castello a sgranchirsi le gambe, alternato a volte da una visita a Hogsmeade, e una scopatina o due con Potter. Certo, niente a che vedere coi festeggiamenti a cui era abituato a casa; in particolare gli era mancata la festa di Capodanno che i suoi organizzavano tutti gli anni invitando parenti vicini e lontani, amici e alleati. Ma quello era il passato; sua madre non aveva festeggiato a casa e probabilmente non ci sarebbero più stati party di lusso con centinaia di invitati importanti a Malfoy Manor. Comunque Draco era riuscito a superare anche i momenti di nostalgia brillantemente. La compagnia del professor Snape in quei momenti era stata provvidenziale: visto che gli aveva confidato di aver già ultimato i compiti che aveva assegnato loro, il professore si era messo a sua disposizione per fargli qualche lezione privata di approfondimento. Le lezioni avevano finito per vertere sui veleni più pericolosi ed esotici e sulla possibilità di imbottigliare l’essenza vitale di un essere umano tramite un filtro. Si tennero allegri, insomma, immaginando tutte le persone su cui avrebbero potuto provare quelle pozioni. 
Solo verso la fine delle vacanze Draco cominciò a divenire sempre più ansioso e nervoso. Col passare dei giorni, infatti, si rendeva sempre più conto che quella storia con Potter stava diventando scomoda e che presto avrebbe dovuto fare delle scelte su come gestirla. Gli aveva dato confidenza, lo aveva viziato, e farlo tornare ai tempi in cui si incontravano ogni tanto per esercitarsi non sarebbe stato facile. Gli avrebbe tenuto il muso e avrebbe fatto i capricci. Insopportabile. Draco ripensò con un senso di disagio a quelle notti di appena un mese prima. Non si erano più allenati ultimamente. Almeno prima avevano delle buone scuse per incontrarsi. Era innegabile, Draco non aveva scuse: si stava scopando Potter per il puro gusto di scoparselo e, peggio, stare con lui. 
Lo aveva già avvertito, e con particolare forza, la mattina dopo il giorno di Natale. Si era svegliato per primo, come accadeva quasi ogni mattina, ed era stato tentato di alzarsi ma, non essendo il suo dormitorio, doveva essere cauto a non farsi scoprire, così era rimasto a letto. Non avendo niente di meglio da fare si era messo comodo a fissare il Gryffindor che ancora dormiva tranquillo. Aveva una capacità soprannaturale di dormire anche per dodici ore al giorno se lo si lasciava fare. Quella mattina, e quella era la stranezza, non gli era avviticchiato addosso, ma se ne stava voltato su un lato così da averlo davanti, la testa appoggiata per una volta al cuscino. Draco gli aveva tolto gli occhiali prima di farlo la seconda volta perché era impossibile baciarlo decentemente lasciandoglieli addosso. Quindi, quando si era svegliato, Draco si era messo a guardarlo dormire. Non sapeva neanche lui cosa ci trovasse nel Gryffindor, ma dopo tutte le volte in cui erano finiti a letto insieme cominciava a trovarlo carino, a modo suo. Era impacciato, scompigliato, sembrava tutto fuori posto in un modo o nell’altro, però una volta nudo perdeva gran parte di quell’apparenza scialba. Si stava abituando anche a vederlo senza occhiali. Inizialmente, e anche allora a essere sincero, pensava che gli stessero bene, perché se non altro gli nascondevano la faccia, ma ora cominciava a trovarlo carino anche senza, perché sembrava più disinvolto, naturale. E poi nei momenti in cui lo vedeva più bello, chiaramente trasfigurato dai propri ormoni nel percorso dal nervo ottico al cervello, era sempre senza occhiali. Draco lo aveva osservato così a lungo che, senza neanche accorgersene, una delle sue mani era andata ad accarezzargli i capelli disordinati, quasi a cercare di domarli. Era stato così che, scostando un ciuffo ribelle, aveva scoperto la famosa cicatrice. Era lì, troneggiava in mezzo alla fronte del ragazzo come una ruga dalla forma stravagante. Era bianca, discreta al momento, ma Draco sapeva quanto poteva arrossarsi. L’aveva vista rossa e irritata l’anno precedente, quando, come poi aveva scoperto, Lord Voldemort aveva stabilito un contatto diretto con la mente di Potter più o meno volontario. Aveva accarezzato con un dito quella reliquia dello scontro del Gryffindor in fasce col potentissimo mago e aveva sorriso, come in trance. Se le sue supposizioni erano esatte, e lo erano sempre, quella cicatrice non solo gli aveva salvato la vita una volta, ma avrebbe continuato a farlo per il resto della sua esistenza. Se davvero attraverso di essa era passato, all’interno del corpo di Potter, una parte dello spirito vitale di Lord Voldemort, allora il mago non poteva rischiare di ucciderlo, eliminando così anche la scintilla che l’aveva tenuto in vita in tutti quegli anni e che ancora, apparentemente, lo alimentava in qualche modo. Il sorriso sul volto di Draco si era allargato. Quindi Potter non poteva essere ucciso. Quella era la sua scoperta. Non si poteva ammazzare, al massimo convincere a passare dalla loro parte, ma non ammazzare. Poi, in un secondo, il sorriso sulle labbra dello Slytherin si era raggelato. Aveva ritratto la mano che ancora accarezzava la fronte del Gryffindor quasi orripilato, ma non dal compagno. Dai suoi stessi pensieri. Stava gioendo perché Potter non poteva essere ucciso? Eppure aveva prestato giuramento, si era convinto… Cosa gli stava capitando? Cosa stava cambiando in lui? Niente che dovesse cambiare, evidentemente, perché gli faceva perdere il lume della ragionevolezza. Fortunatamente quella mattina alla fine Potter si era svegliato voglioso e Draco aveva rimosso le elucubrazioni che tanto lo avevano angosciato. 
Le aveva rimosse e compresse in un angoletto lontano del suo cervello insieme a tutte quelle piccole cose che il Gryffindor faceva e che avrebbero dovuto mandarlo in bestia ma che lui lasciava correre. Ogni volta, da quando avevano cominciato a vedersi regolarmente, c’era stata una frase o un atteggiamento del compagno che l’aveva fatto sentire in qualche modo a disagio o che l’aveva irritato. Piccoli particolari, niente di rilevante, niente per cui valesse la pena tagliargli la testa e darla in pasto ad un branco di caimani affamati. E poi ci aveva chiuso dentro tutti i pensieri più o meno carini fatti su di lui. Tutte quelle considerazioni tipo “è carino, è forte, è sveglio”, a cui faceva seguire, nella sua mente, un dopotutto e un in fondo in fondo, erano andate a pigiarsi in mezzo alle altre in quell’angolino stipato.
Qualcosa però si mosse il penutimo giorno di vacanza. Il 5 gennaio, come al solito ormai, Draco si svegliò in camera propria in compagnia di Potter, che quella mattina gli stava dormendo non solo abbracciato, ma addirittura addosso. Inconcepibile. Inspiegabilmente Draco aprì gli occhi ed ebbe la sensazione di qualcosa che lo opprimeva, un peso incredibile sul petto, e non era Potter. La sua mente gli ricordò automaticamente che aveva ancora due giorni da passare col compagno in completa tranquillità, dopodichè tutto sarebbe tornato alla normalità. Lui non si sentiva pronto però a tornare alla normalità. Eppure non c’era cosa al mondo che desiderasse più di riprendere la sua vecchia vita, la sua esistenza predeterminata, senza problemi e complicazioni inutili. Senza Potter nel letto. Ma Potter gli sarebbe mancato, nel letto. E anche un po’ fuori, dovette aggiungere con una punta di amarezza. Cazzo. Era fottuto. Si era lasciato fottere. Beh, non ne era certo, ma ci stava andando vicino. Avrebbe dovuto appurare la propria situazione. Forse stare un po’ senza vederlo… Sì, come i primi quattro giorni, quando si era ridotto a farsi le seghe. Che brutto ricordo… 
Draco si alzò dal letto in fretta e furia e andò a farsi una bella doccia per rilassarsi e riprendere il controllo su di sé. Da solo. Tornato in camera, svegliò il compagno e, con un paio di scuse piuttosto ridicole ma, per Potter, convincenti, lo convinse a lasciarlo solo. Quindi si ripromise di passare quella giornata a disintossicarsi da Potter. Non lo avrebbe pensato, non gli avrebbe parlato se non fosse stato indispensabile, l’avrebbe ignorato insomma, senza cercarlo. Lo doveva a se stesso. Aveva milioni di cose da fare da solo, no? Non si poteva scopare e basta nella vita.
Passò da solo la mattinata. Lesse un po’ nella sala comune Slytherin in perfetta tranquillità e mangiò il pranzo il più lontano possibile da Potter. Notò un tentativo del Gryffindor di placcarlo dopo pranzo ma lo aggirò abilmente, rifugiandosi in camera sua solo il tempo necessario a cambiarsi e a indossare vestiti più pesanti e comodi; poi sgusciò fuori e si inerpicò per la collina al limite del territorio di Hogwarts, fino ai margini della Foresta Proibita. Quegli alberi lo facevano sempre sorridere. Gli tornavano in mente le paure che l’avevano attanagliato da bambino. I lupi mannari… A dire la verità un po’ di paura ce l’aveva ancora, ma ora sapeva difendersi. Se c’era davvero qualcosa di pericoloso intenzionato a fargli la pelle prima si sarebbe beccato il giusto concentrato di sofferenza, se non un’ancora più meritata morte. Passeggiò un po’ sotto quegli alberi, facendo attenzione a non essere visto da qualcuno dei professori, in particolar modo dal mezzogigante, se no si sarebbe messo nei guai. Gradatamente salì verso la zona in cui la vegetazione variava, dopo regnava l’albero preferito di quello psicopatico di Dumbledore, il brugo. Solo questo avrebbe dovuto far riflettere l’intero mondo magico sulla sanità mentale del preside della scuola e magari convincerlo che sarebbe stato meglio sostituirlo. Draco si sedette sotto il brugo meravigliosamente sempreverde, sprofondando un po’ nella neve ma senza farci caso, poiché si era messo un mantello piuttosto pesante e impermeabile. Se ne stette lì a godersi il silenzio e la solitudine come non aveva potuto fare in tutta quella vacanza. Non si era portato nulla da fare, quindi rimase lì intento a pensare. 
I suoi pensieri volarono a sua madre, che gli mancava un sacco anche se faceva tanto il duro, e a suo padre. Chissà come stava soffrendo… Draco sapeva bene che si era scelto da solo quella strada e che sapeva fin dall’inizio a cosa potesse portarlo, ma non riusciva lo stesso ad accettare che un uomo della tempra di suo padre potesse essere piegato dagli orribili guardiani di Azkaban. Che fine indegna… Draco si ripromise ancora una volta di ottenere la sua liberazione prima o poi. Non volendo intristirsi troppo fece prendere ai suoi pensieri una piega più triviale. Pensò che non vedeva l’ora di riprendere gli allenamenti di Quidditch. Gli Slytherin non avrebbero giocato la prima partita, ma quando fosse toccato a loro sarebbe stata dura. C’era il ritorno contro i Gryffindor e non aveva intenzione di perdere. Contro Potter, poi… E chissà perché saltava fuori Potter in quel momento! Se lo poteva figurare, sorridente e tronfio sulla sua scopa che saettava per il cielo di Hogwarts… Non era il caso di pensare a lui in quel momento, quindi cambiò nuovamente filo di pensieri. Ancora due giorni e i suoi compagni sarebbero tornati. Non poteva negare che gli mancassero, soprattutto Crabbe e Goyle. Malfoy senza gli scagnozzi era pericoloso e infido, ok, ma non faceva la stessa figura. Quei due bestioni erano un bello sfondo contro cui anche la sua bellezza risaltava. Ed erano gli unici amici che avesse avuto fin da bambino, grazie ai loro padri. Draco riflettè che ora gli sembrava strano chiamarli amici veri e propri, perché con loro non si era mai confidato come si faceva normalmente. Sapeva che gli avrebbero fatto un sacco di domande appena tornati e gli avrebbero chiesto come aveva passato le vacanze da solo in quel castello dimenticato dalla civiltà. Non poteva mica dire loro che si era intrattenuto lungamente ad andare a letto con Potter e a trascorrerci del tempo senza nessun motivo in particolare. Non avrebbero mai capito. D’altronde, se non si capiva lui stesso da solo… Ed ecco riaffiorare il maledetto Potter nei suoi pensieri. La sanguisuga si era insediata fin troppo bene nella sua mente. Tutta quella forzata convivenza non gli aveva giovato, anzi aveva reso i loro rapporti fin troppo intensi. Era piuttosto certo che in quel momento il compagno sentisse la sua mancanza tanto quanto lui, ma era una magra consolazione. Non ci ricavava molto ad essere nella medesima condizione del Gryffindor. In realtà, probabilmente Potter in quel momento si stava arrovellando su dove fosse finito e se andare o no a cercarlo, ma ancora non lo rincuorava. Draco non era abituato ad aver bisogno o anche solo a sentire profondamente la mancanza di qualcuno. Neanche sua madre il primo anno gli era mancata così. Perché non era propriamente Potter in sé che gli mancava, ma il buco che lasciava nella sua giornata. Senza di lui niente docce in due al mattino, niente occhiate ai pasti, niente pomeriggi a coglioneggiare per la scuola rischiando di farsi beccare dai professori, niente pompini inaspettati dietro gli angoli, niente sesso selvaggio e appassionato prima di dormire, e per finire nessuno con cui dividere il letto. Quella era la cosa che più lo faceva impazzire. Era sempre stato un egoista incredibile circa i suoi spazi e ora che ci aveva preso gusto sentiva il vuoto nel letto se Potter non ci dormiva dentro con lui. Era quella la punta dell’iceberg di inaccettabilità che si era andato formando nella sua mente. 
Draco scattò in piedi, scrollandosi la neve dai vestiti. Gira e rigira si era fatto tardi e aveva trascorso l’ultima mezz’ora buona ad elucubrare su Potter, cosa che si era ripromesso di non fare. A passi lunghi e veloci discese il crinale e si affrettò verso la propria camera per cambiarsi prima di cena.
Durante la cena si tenne ancora il più possibile lontano da Harry. Si sedette all’estremità del tavolo e dal suo stesso lato, così che non incrociò il suo sguardo neanche una volta e udì a malapena la sua voce borbottare qualcosa in risposta a Dumbledore, che con la sua voce discreta gli aveva chiesto “Allora, Harry, come hai impiegato questa penultima giornata di vacanza?” Draco non capì le parole del Gryffindor in risposta, ma tutto il tavolo sentì suo malgrado il commento finale del preside “Ah, avresti dovuto fare un bel giro fuori. Oggi il brugo era particolarmente bello, affascinante direi. So che tu avresti apprezzato.” Draco si chiese masticando piano se Dumbledore potesse essere il mittente degli oli. Il pensiero effettivamente lo disgustò non poco. Ci mancava il vecchio impiccione maniaco.
Alla fine della cena si alzò e si defilò, giusto in tempo per evitare un’imboscata di Potter che lo aspettava dietro la scala. Attese che i tavoli fossero rimessi in ordine, approfittando del momento libero per scendere nei sotterranei a prendere un bel libro sulla tortura nei paesi orientali da leggere e si piazzò in un angolo del salone principale, alla distanza giusta dal caminetto per scaldarsi senza puzzare di fumo. Non poté non notare le occhiate che Harry, dall’altra parte della sala, gli scoccava, per lo più infastidite dalla sua persistente lontananza. Quando un ragazzo di Ravenclaw dell’ultimo anno si avvicinò a chiedergli se gli andasse di fare una partita a scacchi, Draco accettò ben volentieri, scatenando un’aria stizzita sul volto del Gryffindor, che evidentemente era gelosissimo. Il suo avversario si rivelò parecchio bravo, tanto che fecero solo due partite, vincendone una a testa, ma arrivando a tirare molto molto tardi. Draco aveva notato che Potter se n’era andato guardandolo storto almeno da una mezz’ora. Non aveva idea di dove si fosse rintanato ma era ben deciso a non incontrarlo. Voleva passare anche la notte da solo e poi quel giochino di sguardi e di tensione si era rivelato interessante. Gli sarebbe piaciuto vedere in quanto tempo il Gryffindor sarebbe collassato per la sua mancanza. Ringraziando il Ravenclaw, raccolse le sue cose e si diresse verso la propria camera, agognando il meritato riposo. 
Non trovò Potter sulla sua strada, cosa curiosa visto l’accanimento con cui l’aveva seguito tutta sera, ma si sentì quasi sollevato. In fondo non era sicuro di essere abbastanza determinato da rifiutare le sue avances. Il suo corpo reclamava penosamente attenzioni da circa sei ore, cioè da prima di cena. Gli sarebbe piaciuto sentire le labbra del compagno sul suo membro al momento… No, si riscosse, pensare ai pompini di Potter in quel momento lo stava solo eccitando. Doveva andare a dormire, ai suoi fantastici pompini, e davvero fantastici, ci avrebbe pensato poi. Draco si maledisse più e più volte perché più si negava quel piacere più si eccitava pensando a tutte le volte in cui era venuto in bocca al compagno. 
Draco era perciò agitato quando rientrò in camera sua. Chiuse la porta alle sue spalle, si voltò a guardare il letto e…
“Come cazzo ci sei entrato qui?”
Sul suo letto, bello spaparanzato, c’era neanche a dirlo Potter. Sembrava accigliato, quasi infastidito. Beh, Draco riteneva di essere decisamente più incazzato di lui. Stava violando deliberatamente la sua camera in sua assenza.
“Ho usato la statuetta,” rispose calmo Harry. “Perché ci hai messo così tanto?” chiese poi.
“A fare che?” ribattè Draco avanzando verso di lui.
“A venire a dormire!” chiarì Harry.
“Ma come cazzo ti permetti tu di dirmi che sono tornato a letto tardi? E come cazzo ti permetti di entrare qui senza il mio permesso!”
“Quanto la fai lunga! Sarei venuto qui lo stesso alla fine, no?”
“No! Esatto, no!” disse Draco irritato.
“Ma dai, Draco! Già non ci siamo visti né parlati tutto il giorno! Avrò diritto almeno alla notte…”
“Tu non hai diritto a niente, tienilo ben presente,” ribadì Draco.
Harry sospirò. 
“Quando ti impegni così mi chiedo veramente perché lo fai. Ti senti meglio a trattarmi male?”
“Sì, sempre.”
Harry sbuffò di nuovo, più forte. Si sdraiò sul letto di Draco e chiuse gli occhi.
“Beh, te ne vai?”
Harry riaprì gli occhi e lo guardò storto.
“Dici sul serio?” chiese con voce tra il lamentoso e l’infastidito.
“Ti sembra che abbia la faccia di uno che sta scherzando?” ribattè Draco alzando entrambe le sopracciglia per sottolineare la retoricità della domanda.
Harry si mise a sedere con un’espressione delusa, gli occhi al pavimento.
“Peccato. Mi sei mancato oggi. Non mi hai cagato per niente. Mi hai lasciato da solo tutto il giorno a fantasticare. Lo sai che la mia mente, se lasciata libera, parte per gli affari suoi. Non ho fatto altro che pensare a te.”
Harry alzò gli occhi sul compagno, cercando una reazione, ma Draco lo guardava annoiato. Riabbassò gli occhi e riprese.
“Sai cosa mi è venuto in mente? Che è un sacco che non ti faccio un bel pompino. Sarà almeno una settimana… Da quando abbiamo l’olio e non è più necessario per salvaguardare la mia vita mi fai perdere molto poco tempo in queste cose…”
Draco sentì un brivido scendergli per la spina dorsale, andando ad esplodere all’altezza dell’inguine. Potter aveva pronunciato la parola magica. Quasi gli leggesse nella mente, aveva beccato l’unica cosa che desiderasse davvero in quel momento. Chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro per calmare l’eccitazione, che si stava facendo pressante.
Harry guardò con la coda dell’occhio la reazione del compagno, osservando prima il viso e poi il basso ventre. Ne fu piacevolmente sorpreso. Evidentemente avevano pensato alla stessa cosa. Cercando di sopprimere un sorrisetto malizioso continuò.
“Draco?” lo chiamò, innocente. “Sei sicuro che non ti vada un bel pompino?”
Lo Slytherin aprì gli occhi fulminandolo con lo sguardo.
“Hai finito?” gli chiese acido.
“No,” disse calmo il Gryffindor. “Vieni qui, dai.”
Draco avrebbe dovuto resistere, lo sapeva bene, eppure le sue gambe si mossero automaticamente raggiungendo il compagno e fermandosi di fronte a lui. Harry sorrise. Senza aggiungere una parola si tolse gli occhiali e li appoggiò sul copriletto di fianco a lui, poi slacciò velocemente i pantaloni dello Slytherin e li lasciò scivolare a terra. Accarezzò l’erezione più che evidente attraverso i boxer, facendo sospirare leggermente il compagno, quindi tolse di mezzo anche quelli e liberò il suo membro turgido. Era lusingato di scoprire che lo desiderava tanto, nonostante le sue arie da duro. Chinandosi un po’ in avanti affondò in naso nel basso ventre di Draco, inspirando il suo odore, poi strofinò il naso contro la sua erezione, facendolo fremere. Con la mano scostò la pelle, leccando la punta. Draco soffocò un gemito e appoggiò le mani sulle sue spalle per sorreggersi. Harry strofinò ancora una volta le labbra chiuse contro la punta, poi fece scivolare una mano dal fianco al gluteo del ragazzo in piedi davanti a lui e, schiudendo le labbra, lo invitò a spingersi dentro la sua bocca. Draco non aspettava altro. Affondò tra le labbra del compagno con un mugolio soddisfatto, poi si ritrasse e si spinse più in profondità. Harry si era aspettato quel tipo di irruenza e si era preparato ad accoglierlo, così i movimenti rischiarono di soffocarlo solo per qualche secondo. Presto ebbe di nuovo sotto controllo la situazione. Cominciò a succhiare con fervore il membro del compagno, accompagnando le sue spinte con la mano e accarezzandolo contemporaneamente. Draco era impaziente e non riuscì a farlo durare a lungo. Bastarono alcuni movimenti ormai esperti della lingua del Gryffindor per portarlo oltre al limite. Afferrando con una mano i capelli del compagno e stringendo con più forza del necessario, forse, si spinse un’ultima volta nella sua bocca, venendo. Harry lo sostenne attendendo che i brividi dell’orgasmo si calmassero, sempre trattenendo il suo membro in bocca, poi lo succhiò con forza un’ultima volta, mossa che fece gemere ad alta voce lo Slytherin che fino a quel momento era riuscito ad essere piuttosto silenzioso, lo lasciò scivolare fuori e gli baciò la pancia, abbracciandogli la vita.
Draco lasciò la presa sui capelli del Gryffindor, accarezzandoli per qualche secondo quasi a ripagarlo della stretta di prima, e respirò a fondo per un po’, riacquistando la lucidità. Alla fine si tirò indietro leggermente per vedere in faccia il compagno, che subito alzò lo sguardo sorridendo. Draco alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, non riuscendo a trattenere un mezzo risolino, poi si mise in ginocchio a cavalcioni di Harry, costringendolo a sdraiarsi, e lo baciò con passione. Il Gryffindor mugolò di felicità e gli avvolse le braccia intorno al collo per trattenerlo. Draco scalciò via le scarpe, seguite dagli indumenti precedentemente abbassati, e si mise comodo, continuando a baciare il compagno con ardore. Sentiva che presto sarebbe stato pronto per la seconda. Sotto di lui, Potter stava trafficando coi propri abiti e quando il Gryffindor si fece scivolare all’indietro, trascinandolo con sé, si rese conto che anche lui si era disfato di tutti gli indumenti della parte inferiore del corpo. Draco lo baciò ancora, più profondamente, poi si sedette sulle sue gambe e con una mossa veloce si tolse il maglione e la maglia sottostante. Invitò anche il compagno a sedersi e lo spogliò completamente, poi afferrò le coperte e le tirò indietro, facendo capire al Gryffindor che avrebbe gradito mettersi nel letto al calduccio prima di continuare.
Non appena furono sotto le coperte di nuovo ripresero a baciarsi. Harry fece scivolare Draco fra le sue gambe, cosicchè le loro erezioni si incontrarono, strofinando l’una contro l’altra. Accarezzando le spalle forti del compagno, Harry gli baciò il collo. Draco piegò il braccio per accarezzare il Gryffindor e Harry notò nuovamente il segno rosso su di esso.
“Draco…” sospirò tra i gemiti, “ti sei…ah…fatto male…di nuovo?”
Draco si fermò un attimo. Cazzo si era scordato di non essersi messo l’unguento.
“Non è niente…” gli ansimò nell’orecchio, strofinandosi contro di lui, “oggi mi sono…allenato un po’…e…ah…ho preso dentro col braccio.” Si spinse nuovamente contro il compagno con più forza.
“Dovresti stare attento,” sussurrò Harry, alzando i fianchi per incontrare le sue spinte.
“Hai portato l’olio?” chiese Draco per cambiare argomento.
“Sì, ma… Non voglio che ti alzi ora…” mormorò Harry facendo scivolare le proprie mani sul sedere del compagno per fargli capire che poteva procedere senza indugio. D’altronde non avrebbe saputo resistere; anche lui era eccitatissimo.
Draco ringhiò di piacere e gli baciò il collo con foga, alzandogli una gamba con la mano e portandosela attorno al fianco. Con attenzione si spinse all’interno del compagno, muovendosi lentamente visto che non l’aveva preparato. Harry mugulò forte e lo attirò maggiormente a sé, desiderando un’intimità completa nonostante il dolore. Draco lo accontentò volentieri e, dopo averlo baciato di nuovo sulla bocca con passione, tornò a dedicare le proprie attenzioni al suo collo, cominciando a muoversi cautamente. Harry doveva essere particolarmente incapace di trattenersi quella sera, perché presto si mise a muovere i fianchi velocemente sotto di lui, accompagnando e accelerando le sue spinte, cercando di strofinarsi contro di lui e di stimolare appieno i suoi punti più sensibili al contempo. Draco riuscì a prolungare la tortura per qualche tempo, poi prese a muoversi molto più velocemente, aggrappandosi con una mano alla spalla di Harry per spingersi completamente dentro di lui. Al Gryffindor bastò lo strofinio deciso tra i loro corpi per raggiungere il culmine del piacere. Draco venne pochi secondi dopo, mordendogli la spalla per trattenere un urlo e crollando su di lui. 
Rimasero fermi ad ansimare l’uno nell’orecchio dell’altro per qualche minuto, cercando di riprendere almeno le funzioni vitali di base. Alla fine Draco rotolò via da sopra al compagno e si coprì gli occhi con un braccio, respirando a fondo. Harry si pulì con le lenzuola, attento a non farsi troppo vedere, ma allo Slytherin non sembrava importare, poi si voltò verso il compagno per osservarlo in tutta la sua bellezza. Gli scostò con una mano i capelli biondi dalla fronte sudata e si sporse a baciargli una guancia, poi si accoccolò sulla sua spalla e chiuse gli occhi.
Draco si irrigidì.
“Che fai?”
“Mh?” mugulò Harry, già quasi nel mondo dei sogni. “Dormo.”
“No, non…” cominciò Draco, poi con uno sforzo si mise a sedere, scostandolo da sé. 
Harry lo guardò senza capire.
“È meglio se te ne torni in camera tua stanotte,” disse laconico.
Harry si mise a sedere e si grattò la testa, cercando di riacquistare lucidità. 
“Perché?” mormorò.
Draco tentennò un secondo.
“Da domani non potrai più dormire qua comunque, quindi sarà il caso che ti abitui,” gli rispose alla fine.
“E perché non potremo più dormire insieme?” domandò ancora Harry.
“Perché tornano gli altri studenti, o te ne sei dimenticato?” gli chiese sarcastico Draco.
Harry divenne istantaneamente più triste.
“No… Ma… Pensavo che avremmo potuto vederci lo stesso come facevamo negli ultimi tempi. Dormire nella stanza segreta. Oppure potrei continuare a venire qua con la statuetta e basterebbe svegliarci all’alba per uscire senza che gli altri-”
“Non ci penso neanche!” lo interruppe Draco. “Non mi sveglierò con le galline e non ci penso neanche ad abbandonare il mio letto!”
Harry lo guardò ferito. Draco inspiegabilmente si sentì in colpa. Poco.
“Se è così che preferisci…” bofonchiò alla fine Harry. Poi sembrò trovare una scappatoia al problema presente. “Però, proprio perché vuoi cacciarmi da domani in poi, potresti concedermi il lusso di dormire con te ancora una volta, no? Mica ti do fastidio.”
“Sì che mi dai fastidio!”
“No, e poi sono troppo stanco per andarmene a piedi fino in camera mia. È tardi. Dai, Draco…” implorò Harry.
Draco si grattò i capelli corti alla base della nuca, nervoso. Non poteva cedere così, se l’era ripromesso! Però in effetti una notte in più o in meno a questo punto non avrebbe fatto differenza e poi quella notte faceva proprio un freddo cane…
“Ah… E va bene, ma da domani sparisci, chiaro?”
Harry si rituffò sul cuscino rimboccandosi le coperte fino al naso per coprire il sorrisone che gli si era stampato in faccia. Si limitò ad annuire con decisione.
Draco lo fissò un secondo sospettoso.
“Non sono molto convinto che la medusa nel tuo cervello abbia capito le mie parole…” concluse, mettendosi a sua volta sotto le coperte.
Non appena lo Slytherin si fu accomodato Harry gli si avvinghiò addosso.
“Evita, per favore!” lo redarguì Draco, ma il Gryffindor per tutta risposta lo attirò su di sé con forza, facendolo quasi rotolare dal lato opposto. “No! Che schifo! Guarda che ti ho visto prima che lì ti sei pulito…” Guardò negli occhi il ragazzo sotto di sé che se la rideva e gli scoccò un’occhiataccia torva. “Io ti uccido prima o poi, Potter,” lo minacciò.
Per tutta risposta il Gryffindor lo baciò dolcemente. Draco cedette a quel bacio e quando Harry lo lasciò andare si distese al suo fianco, permettendogli di nascondere la faccia nel suo collo.
“Buonanotte, Draco,” sussurrò il ragazzo moro.
Draco avvertì le labbra del compagno muoversi contro la sua pelle e la sua voce era appena udibile. Si stava già addormentando. Potter e il letto avevano un rapporto di eliminazione vicendevole, fortunatamente più spesso a favore del letto. Il braccio che circondava la vita del Gryffindor lo strinse un po’ di più e Draco chiuse gli occhi. Non era il caso di stare ancora a pensarci. No, avrebbe fatto meglio a dormire. Si sarebbe fatto l’esame di coscienza l’indomani. E poi l’ameba già dormiva della grossa…
Stava ancora pensando a queste cose quando scivolò in un sonno profondo tanto quanto quello di Harry.