Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono neanche un po’. La signora Rowling ne dispone come meglio crede, io ci gioco a tempo perso, senza pretese e senza fini di lucro.


Harry Potter e il cervello che non ha

parte XI

di Sourcreamandonions

 

In cui assistiamo a un breve siparietto di riflessioni


I giorni di scuola passarono in fretta dopo quella notte. Harry era oberato da una montagna di compiti e lezioni da studiare, perché in vista del Natale i professori li stavano caricando di lavoro supplementare ed ogni giorno c’era qualche test intermedio nel quale nessuno poteva permettersi di prendere un brutto voto. Harry passava quindi le mattinate a lezione e i pomeriggi a studiare nella sala comune. Gli allenamenti di Quidditch furono sospesi a metà del mese perché tanto la squadra dei Gryffindor non avrebbe avuto partite fino a dopo le vacanze e l’inclemente tempo invernale rendeva le sessione di allenamento uno strazio. 
Ron e Hermione ancora non rivolgevano la parola a Harry, ma la cosa non lo turbava più di tanto, perché nel frattempo per necessità di mantenere comunque dei rapporti umani aveva stretto maggiormente i legami con gli altri suoi compagni di casa, scoprendo anche lati di loro che superficialmente aveva sempre ignorato. 
E poi c’era Draco. Da quella notte passata insieme il loro rapporto sembrava cambiato, naturalmente in meglio. Non che lo Slytherin si lasciasse andare a complimenti o confidenze, ma almeno non lo pestava più gratuitamente per il puro piacere di farlo. Si erano incontrati ancora un paio di volte nella stanza segreta con la scusa di duellare un po’ e sul serio stavolta. Harry aveva ceduto una volta alla tentazione di fare un pompino al compagno, ma per il resto si sentiva magicamente rinvigorito da tutta quella pratica e aveva potuto notare quanto Draco fosse migliorato e imparare un paio di incantesimi veramente nefasti che non aveva mai sentito nominare. Insomma, nel complesso si poteva dire soddisfatto anche se non avevano più avuto rapporti. Ogni tanto Harry aveva avuto la strana sensazione che Draco lo stesse un po’ tenendo a distanza, come se non volesse finire di nuovo a letto con lui, ma la cosa non lo preoccupava più di tanto, perché durante le vacanze avrebbero avuto tutto il tempo di rifarsi e comunque si era convinto che fosse solo una sua impressione dettata dai suoi sentimenti. 
Aveva anche ripensato più volte a quella notte, non senza secondi fini, e l’aveva colpito la reazione che Draco aveva avuto nei confronti di Pansy. Prima di tutto l’aveva coperto, mentre avrebbe potuto farlo scoprire e rovinargli la reputazione: infatti, se Draco si portava a letto qualcuno, anche del suo stesso sesso, la cosa poteva fare un po’ di scandalo ma nessuno si sarebbe sorpreso; invece, se avessero scoperto che quello che si faceva portare a letto era proprio Harry, lui c’avrebbe perso la faccia. Come diceva sempre Draco per prenderlo in giro quando faceva o diceva qualcosa di non proprio ortodosso (parola che aveva imparato ad usare correttamente solo negli ultimi tempi grazie a Draco; prima pensava significasse vecchio), san Potter non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. In secondo luogo più ci ripensava e più gli sembrava che Draco fosse stato davvero poco gentile nei confronti della ragazza, per non dire un po’ violento. Dalla sua posizione non era stato in grado di vedere pienamente la scena, ma i suoi gesti gli erano sembrati bruschi e la ragazza si era lamentata perché le aveva fatto male. Ora, forse Draco non era un tipo tranquillo e ragionevole, ma di certo non era uno che se la prende con le ragazze, tanto meno al punto di mettere loro le mani addosso. Sarebbe sicuramente stato in grado di liberarsi di lei con un po’ più di calma in un’altra situazione. Visto ciò che gli aveva detto su quanto odiasse essere svegliato di notte, Harry concluse che doveva essere stata quella la causa scatenante di un comportamento tanto brusco. Il che gli sollevava un po’ il morale. Sì, perché pur cominciando a nutrire dei sentimenti per quel ragazzo non poteva scordare il modo in cui l’avevano fatto la prima volta. Era stato piuttosto crudele e il pensiero l’aveva angosciato parecchie volte. Ora, vedendo la reazione che aveva avuto con la Slytherin, si sentiva di dire che, se quella notte non l’avesse svegliato di soprassalto introducendosi di nascosto in camera sua, con ogni probabilità sarebbe stato più gentile e meno frettoloso. Inutile piangere sul latte versato, ormai era passato e aveva comunque ottenuto risvolti positivi.
Nell’ultimo fine settimana di dicembre prima delle vacanze, comunque, ci sarebbe stata la partita di Quidditch Slytherin – Ravenclaw e Harry non se la sarebbe persa per nessun motivo al mondo. Anzi, sebbene Draco non ne avesse assolutamente bisogno, aveva già in mente come godersi al meglio quella partita…


Draco si interrogò a lungo su quella notte spesa con Potter. Inspiegabilmente. Come al solito nonostante fosse perfettamente in grado di analizzarsi non accettava la spiegazione. Suvvia, non poteva piacergli Potter. Cioè, QUEL Potter! Ci aveva preso gusto troppo in fretta e concedendogli anche il misero privilegio della sua compagnia si era giocato per sempre la possibilità di imporsi su di lui come nemico. Ormai non poteva più neanche tirargli qualche scherzo dai risvolti letali, perché l’ameba sembrava essersi affezionata a lui e più che incazzarsi come ogni altro sano essere umano e rispondergli per le rime o provarci, se non altro, gli avrebbe fatto gli occhioni da cucciolo ferito e si sarebbe pianto un po’ addosso. Il solo pensiero di un tale spettacolo fece venire a Draco un conato di vomito. 
Perché la gente non poteva essere ragionevole ed equilibrata come lui? Potter aveva problemi particolari e si vedevano tutti, ma anche gli altri ragazzi della sua età gli sembravano così…diversi, immaturi e mollaccioni. Ragazze comprese. Sua madre era sempre stata una donna fiera, severa, a volte fredda e opportunista, com’era giusto che fosse, ma sempre impeccabile. Draco non ricordava una solo occasione nella quale si fosse resa ridicola o avesse ceduto alla disperazione. Anche quando suo padre era stato arrestato, accusato e condannato ad Azkaban, lei non aveva versato una lacrima, né fatto scenate di alcun genere. Con la solita compostezza aveva accettato ciò che avveniva senza perdere l’aura di nobiltà che la attorniava. Era vero che ora stesse un po’ cedendo a livello nervoso, ma era prevedibile, con tutti quei maledetti Auror a frugarle per casa e ad interrogarla ogni santo giorno! Draco sapeva che le mancava Lucius. Sinceramente, a lui non dispiaceva più di tanto per la sorte di suo padre, se non che aveva infangato pubblicamente il nome dei Malfoy finendo in prigione, ma la causa per cui aveva combattuto era pur sempre giusta. Per Draco l’arresto di suo padre era stato l’inizio, quasi, di una nuova vita: la fine della sua spensieratezza, la presa di coscienza di ciò che significava essere un Malfoy, diventare l’uomo di casa, l’obbligo di rinunciare ad alcuni dei suoi vecchi vizi per prendersi le sue responsabilità, e poi… Poter finalmente emergere, superare suo padre, che per lui era sempre stato un mito. 
Draco non si sentiva troppo maturo per la sua età, gli sembrava invece che i suoi coetanei non avessero ancora capito che il mondo dorato in cui vivevano e nel quale Dumbledore li teneva non sarebbe potuto durare per sempre, perché non esisteva. Potter viveva in un mondo tutto suo, anche perchè essendo cresciuto in una casa Muggle relegato in un sottoscala se non avesse lavorato un po’ di fantasia sarebbe morto di solitudine a quattro anni. Draco sorrise coccolando il pensiero nella propria mente. Ma anche gli altri… Tra i Mudblood che pensavano veramente di poter far carriera e imporsi nel loro mondo che per secoli aveva funzionato alla perfezione senza di loro, i maghi di buona famiglia senza cervello che si mescolavano alle schifezze (Draco si diede un pizzicotto piuttosto forte sul braccio per punirsi di essersi mischiato ad una schifezza in prima persona e di essere intenzionato a continuare a farlo), i ragazzi che non pensavano ad altro che a tifare penose squadre di Quidditch scolastiche e mangiare caramelle gommose dai gusti improponibili (Draco fece per pizzicarsi di nuovo, perché in fondo lo faceva anche lui, ma poi si ricordò che ormai quei passatempi erano per lui uno spensierato siparietto nel mezzo dei suoi ben più importanti compiti e si perdonò la debolezza) e le ragazze che non sapevano far altro che sculettare per i corridoi e confrontarsi la lunghezza dei capelli, discutendone poi come se fosse un affare di stato. Persino Pansy da questo punto di vista era un delirio di stupidità al femminile. Le sue attenzioni si concentravano su di lui, anche perché (e qui Draco fu sul punto di punirsi nuovamente, se non che il ricordo delle prime volte con la ragazza lo convinsero che in fondo si era divertito non poco) le aveva dato corda l’anno precedente e si era convinta che un giorno ce l’avrebbe fatta a farsi sposare, ma per il resto era come tutte le altre. Un giorno le aveva chiesto, vedendola arrivare con i capelli ancora leggermente umidi dopo una doccia, quante volte si fosse lavata i capelli quel giorno, e lei aveva risposto con la più grande naturalezza tre. Draco era rimasto impietrito per almeno un secondo e mezzo prima di mandarla a cagare e andare a…oh, sì, minacciare un primino di strappargli via la pelle e darla in pasto alla piovra se non gli avesse lucidato tutte le scarpe alla perfezione. Bei ricordi… I ragazzini vanno educati, era sempre stata una sua ferma convinzione. 
Comunque non sopportava più quella massa informe di gioventù senza cervello e senza chiare idee per il futuro. Lui sapeva perfettamente cosa avrebbe voluto fare della sua vita. Lo aveva sempre saputo ed ora era più vicino al successo. Se non fosse stato che… Potter stava diventando un problema anche per il suo futuro, oltre a infestargli il presente. Prima o poi le loro strade si sarebbero incontrate, probabilmente molto prima di quanto potesse immaginare, e si sarebbe trovato davanti a una scelta non da poco. Era tutta la vita che non aspettava altro, eppure qualcosa dentro di lui tentennava. Avrebbe avuto tempo per capire cos’era, autoconvincendosi che non fosse in alcun modo legato ad un possibile sentimento di pena per la larva.
Al momento comunque Draco era pienamente concentrato sull’ultima partita di Quidditch che avrebbe dovuto affrontare quel pomeriggio. Giocavano contro Ravenclaw, non uno scontro difficilissimo almeno per lui, ma quell’anno erano entrati a rinforzare le fila della squadra azzurra un paio di giocatori veramente forti, quindi avrebbe dovuto a tutti i costi afferrare lo Snitch per non rischiare di perdere la partita. Se la sarebbe vista con la Chang. Umm, l’ex di Potter… Anche della salma Diggory, che era morto per portare la felicità nella scuola o almeno a lui. Draco odiava la Chang. Gli faceva schifo per un sacco di ragioni, non ultima la repulsione fisica. Avrebbe dato una bella lezione a quella ragazzina e per una volta si sarebbe trattenuto dal buttarla giù dalla scopa. Non avrebbe mai voluto che lo accusassero di brutalità verso le donne.
Quando, pronto per la partita, si preparò ad entrare in campo coi compagni, scopa saldamente in pugno, Draco fischiettava. Non sapeva perché ma sentiva che quel giorno la partita sarebbe stata stranamente facile. Strana sensazione, inspiegabile, ma incoraggiante…
I giocatori sfrecciarono in campo volando e formarono un ampio arco in aria per poi disporsi in posizione d’inizio. Draco si portò al centro del campo, ma molto più in alto del resto della squadra per avere una visuale d’insieme migliore dei dintorni. Passò in rassegna le tribune alla ricerca dei suoi sostenitori e, in mezzo alla folla di Gryffindor urlanti che facevano il tifo per i Ravenclaw da bravi pecoroni manipolati, individuò Harry, che se ne stava seduto e lo fissava intensamente. Draco cercò di sopprimere il sorrisetto soddisfatto che si affacciò sul suo volto. Sembrava che Potty si stesse evolvendo finalmente.
Draco salutò con un cenno della mano il suo fan club personale, un ammasso di ragazzine urlanti, tutte Slytherin, che lo acclamavano come un dio qualsiasi cosa facesse. Per par condicio salutò anche i suoi amici e compagni di corso, rabbrividendo quando vide che Pansy si era messa accanto al gruppo di ammiratrici e le stava fulminando ad una ad una con lo sguardo. Il cenno a prepararsi di Madam Hooch richiamò la sua attenzione. Attese che liberasse lo Snitch e lo guardò svolazzare attorno ai giocatori per poi sparire dalla vista alla velocità della luce, quindi la professoressa liberò le altre palle e fischiò l’inizio del gioco. Draco iniziò a compiere lenti giri di campo, tenendo d’occhio da un lato la Chang che stava facendo lo stesso dalla parte diametralmente opposta alla sua, e contemporaneamente seguendo con la coda dell’occhio lo svolgimento della partita. Effettivamente i nuovi Ravenclaw erano proprio forti. Dopo un primo punto portato a segno dagli Slytherin, la squadra azzurra passò subito in vantaggio per tre lunghezze. Draco schioccò la lingua in disappunto e lanciò un’occhiata alla Seeker avversaria che era tutta gongolante e sorridente. Un incredibile istinto omicida prese possesso della sua mente e a fatica riuscì a ritrovare la calma e a continuare il suo giro di ricognizione. 
La partita continuò così per un bel po’, scandita dai tiri delle rispettive squadre che andavano a segno, i Ravenclaw mantenendo un notevole vantaggio sugli Slytherin, e dalle finte che ogni tanto Draco faceva per mantenere viva l’attenzione della Chang e per far qualcosa pure lui. I giocatori cominciavano ad essere stanchi e dello Snitch ancora neanche l’ombra. Draco, non sapendo più dove guardare, si voltò verso Harry e vide che anche il Gryffindor stava scrutando il cielo con attenzione, gli occhi socchiusi e la fronte corrugata. Ad un tratto lo vide illuminarsi e il suo sguardo scattò nella direzione in cui il compagno stava guardando. E infatti là, a qualche decina di metri di distanza da lui, c’era lo Snitch tanto agognato. Draco si voltò a controllare Cho, che non aveva ancora individuato il pallino dorato e si guardava attorno annoiata. Con nonchalance lo Slytherin riprese il suo giro di campo, avvicinandosi di soppiatto allo Snitch senza essere notato dalla squadra avversaria, e solo quando si trovò ad una ventina di metri scattò all’inseguimento. Dal pubblico salì un boato entusiasta. Tutti i ragazzi non stavano aspettando altro che il momento in cui i Seekers avrebbero cominciato a dare la caccia al pallino. Anche Cho, riscuotendosi dall’inoperosità, si slanciò ad inseguire lo Snitch. 
Draco gli era alle calcagna, non lo perdeva di vista un momento, ma quel maledetto boccino sembrava avere il doppio delle ali quel giorno da quanto era veloce. Si gettò in picchiata per inseguirlo, e poi fece un paio di giri della morte. Ad un tratto si accorse che la Ravenclaw non lo stava più seguendo, ma intuendo il volo dello Snitch si era appostata esattamente di fronte a lui, e quel maledetto pallino traditore le stava andando a finire direttamente in mano. Draco ringhiò e spinse la scopa al massimo. Tra lui e il pallino c’erano solo pochi centimentri, un centimetro, no, meno… Ma la mano tesa di Cho era di fronte a lui, ancora un secondo e avrebbe afferrato lo Snitch portando la sua squadra alla vittoria. Draco imprecò mentalmente, desiderando di avere solo un secondo in più, o che la Chang fosse un centimentro più indietro…e la scopa della Ravenclaw scodò, facendola retrocedere di almeno trenta centimentri. Draco osservò per una frazione di secondo l’espressione spaventata che si dipinse improvvisamente sul viso della ragazza, ma senza perdere tempo si slanciò in avanti e la sua mano si chiuse sul pallino dorato.
La curva degli Slytherin esplose in un boato di trionfo, mentre Draco alzava orgoglioso il braccio, stringendo lo Snitch tra pollice e indice e mostrandolo al pubblico. Cho fu avvicinata da due suoi compagni, che le sussurrarono qualcosa, probabilmente chiedendole cosa fosse successo, ma lei scosse solo la testa e già le si vedevano gli occhi gonfi di lacrime. La squadra degli Slytherin si mise in formazione per compiere il giro d’onore del campo. Draco sfrecciò davanti agli studenti, per la maggior parte irritati e delusi dal risultato della partita, con un’espressione soddisfatta e uno sguardo di sfida, sorridendo nel modo malizioso che risultava naturale solo sul suo volto. Passando davanti ai Gryffindor, che si stavano disperando quasi più dei diretti interessati dalla sconfitta, Draco notò che Harry era ancora seduto dove l’aveva visto prima e ancora lo fissava intensamente, ma questa volta sul suo volto c’era un ghigno perfido che gli ricordava molto qualcuno… Lo Slytherin alzò un sopracciglio in direzione del compagno, senza che gli altri lo notassero, e tornò a festeggiare la vittoria con i compagni.


Il comportamento di Potter era stato stupefacente. Mentre sedeva al tavolo degli Slytherin per la cena mangiando e bevendo alla salute della squadra, e particolarmente alla propria, Draco si sentiva da un lato felicissimo per l’esito positivo, ma dall’altro un po’ a disagio. Non perché ci fosse stata una truffettina alla base della loro vittoria, perché quel particolare non poteva fargli né caldo né freddo, ma perché l’aiuto era arrivato direttamente da Potter e senza che nessuno glielo chiedesse. Draco si ritrovò a chiedersi ancora una volta cosa ci facesse nei Gryffidor uno che passava il suo tempo a infrangere regole scolastiche e a combinare casini. Con l’atteggiamento che stava assumendo ora che aveva avuto un minimo contatto con lui… Non si era sbagliato, Potty era proprio uno Slytherin mancato. Beh, a tutto si poteva rimediare, anche se si era mischiato con la feccia. Quello lo stava già scontando. Draco diede un’occhiata al tavolo dei Gryffindor, al quale regnava un silenzio innaturale, e adocchiò Harry. Come al solito, da quando gliel’aveva chiesto, era seduto lontano da Weasel e dalla Granger. Per quanto ne sapeva, aveva davvero smesso di parlare con entrambi. Draco si chiese come mai non se ne fosse ancora lamentato piagnucolando. 
C’erano tante cose che non capiva della mente malata di Potty, per quanto si sforzasse di tenerlo sotto controllo. Non capiva i suoi ragionamenti, ma sapeva che non poteva essere colpa sua, visto che lui un cervello era sicuro di averlo; non capiva come potesse trasformarsi da agnellino a serpe senza mai mostrare di fingere, come se nella sua persona queste qualità coesistessero; non capiva perché ci tenesse tanto ad impressionarlo coi suoi modi di fare e con le sue capacità, perché non c’era dubbio che sia la riuscita maledizione sia il litigio con Weasley derivassero da questa motivazione; non capiva inoltre come potesse farsi trattare tanto male pur di andare a letto con lui. Su questo punto Draco si sentiva quasi in colpa adesso: non era mai stato così rude con nessuno la prima volta, né le successive, nemmeno con Pansy. Si era sempre considerato un bravo amatore, anzi gli sembrava di essere migliorato negli ultimi mesi, e tutti coloro con cui era stato si erano dichiarati più che soddisfatti, tuttavia con lui era stato tutto diverso. Sapeva che quella era la sua prima volta e non ci aveva mai goduto a veder soffrire la gente in certi frangenti, a meno che non fossero consenzienti. A ben vedere non si era mai dedicato più di tanto al piacere di Potty prima dell’ultima volta. Forse dopotutto l’ameba non si meritava un tale trattamento…
Draco si riscosse. Si era perso nei suoi pensieri e l’ultimo in particolare l’aveva fatto rabbrividire. Sì, decisamente ultimamente non capiva più neanche se stesso. Per questo avrebbe potuto perdonarsi di spendere la sua permanenza natalizia in compagnia di Potter. 


Giunsero infine le vacanze di Natale tanto attese (e temute per qualcuno). Ci furono saluti, qualche lacrimuccia e un sacco di promesse di lettere e regali. Draco guardò i suoi amici andarsene dopo averlo rincuorato, peraltro inutilmente visto che ormai se n’era fatto una ragione. Si ritrovò praticamente solo nella casa degli Slytherin.
Intanto, all’estremità opposta del castello, Harry aveva già salutato tutti i suoi compagni di casa ed era solo in camera con Ron. Il clima era piuttosto glaciale, anche perché con la partenza di Hermione l’umore del Weasley era più nero del nero. Entrambi sdraiati sui rispettivi letti, passarono alcuni lunghi minuti in silenzio; alla fine Harry ruppe il ghiaccio con un pensiero improvviso.
“Visto lo stato delle cose, penso che andrò a dormire da qualche parte per la durata delle vacanze…” esordì.
Evidentemente per Ron quella non poteva essere altro che la goccia necessaria a far traboccare il vaso. Scattò a sedere sul letto e lo aggredì a parole.
“Eh, sì, proprio un bel modo di risolvere le cose! Ti comporti di merda per mesi e poi, quando avresti l’occasione buona per scusarti, te ne vai così non dobbiamo neanche vederci! Ah, bravo, complimenti… Sai cosa ti dico? Che non sarai tu ad andartene perché non vuoi star solo con me, sono io che me ne vado a dormire da qualche altra parte perché non sopporto più neanche l’ombra della tua presenza!”
Così dicendo scattò in piedi, afferrò un paio di cose di sua proprietà e se ne andò dalla stanza.
Harry rimase lì da solo a chiedersi se per caso non fosse la mancanza di un po’ di sano sesso a renderlo tanto isterico. Hermione non sembrava proprio una propensa a darla facilmente e Harry sapeva per esperienza diretta quanto le sole seghe potessero far innervosire. Ripensandoci, gli sembrava di essere diventato un po’ più calmo da quando l’aveva fatto con Draco.
Dopo cinque minuti Ron tornò, indaffarandosi a buttare tutte le sue cose alla rinfusa nel suo baule.
“Dove ti sei sistemato?” gli chiese con poco interesse Harry, allungando una mano ad afferrare una rivista di Quidditch per poi sfogliarla altrettanto distrattamente.
“Nel dormitorio del quarto anno, che tanto è vuoto. E poi a te che te ne frega?” chiuse la conversazione Ron, afferrando la maniglia del baule e trascinandolo fuori. 
Harry lo osservò uscire faticando sotto il peso del suo baule e scosse la testa. Sarebbe stato un difficile Natale se non avesse trovato compagnia migliore. Beh, un’idea già ce l’aveva e già da un po’… Avrebbe aspettato fino a dopo cena e poi si sarebbe avvicinato a Draco per tastare il terreno.


Durante le vacanze natalizie i tavoli praticamente vuoti mettevano una certa tristezza. Quell’anno poi anche la maggior parte degli studenti che normalmente si sarebbero fermati erano tornati a casa. Con la minaccia di Voldemort ormai conclamata le famiglie ci tenevano a passare più tempo possibile con i propri figli. Harry in effetti si chiese mentre mangiava un’ala di pollo in compagnia di un simpatico ragazzino del terzo anno come mai i Weasley non avessero richiamato a casa Ron e Ginny. Forse era per tutti gli impegni che avevano facendo parte dell’Order. Malfoy era seduto da solo a qualche posto di distanza da due studenti del secondo anno che Harry non conosceva neanche di vista. Anche lui stava mangiando il pollo arrosto, notò Harry, il che non lo stupiva visto quant’era buono, ma lui lo mangiava con le posate e non con le mani, com’era abituato a fare il Gryffindor. Un’ondata di vergogna lo travolse. Erano quelli i momenti in cui si sentiva inferiore allo Slytherin, quando capiva che nei momenti più ordinari della vita Draco era perfettamente a suo agio e all’altezza del suo rango sociale mentre lui si comportava come un pezzente. Velocemente posò l’ala di pollo e si pulì le mani nel tovagliolo, poi prese le posate e si mise al lavoro per spolpare le ossicina al meglio. Il risultato non fu entusiasmante, ma almeno si sentì un po’ meno in colpa ad avvicinarlo alla fine della cena. 
Trangugiò velocemente il dolce e si tenne pronto per quando il biondo si sarebbe alzato; non appena Draco lasciò la sala Harry scattò in piedi e con aria casuale lo seguì. Quando gli parve di essere ad una distanza di sicurezza di qualche metro dalla porta del salone lo chiamò senza alzare troppo la voce.
“Draco!”
Lo Slytherin si voltò con aria sorpresa, poi di colpo infastidita. 
Si avvicinò a Harry e gli sibilò “Almeno in pubblico, se proprio senti il bisogno di rivolgermi la parola, non potresti chiamarmi per cognome? Non vorrei che si dicesse in giro che ti prendi confidenze…”
Harry fece un sorrisino trattenuto.
“Ti andrebbe se stasera…” cominciò e inclinò la testa sottintendendo la conclusione.
Draco alzò un sopracciglio. 
“La dialettica…” sospirò con un tono fintamente sognante.
Harry sbuffò e Draco scoppiò a ridere.
“Sì, sì, Potter, ho capito, hai voglia… È passato un bel po’ dall’ultima volta, hai resistito più di quanto pensassi prima di chiedermelo.”
“Veramente,” lo corresse Harry incerto, “ho aspettato finora perché finalmente non rischiamo di essere disturbati in camera tua…”
“Ti stai affezionando al mio letto? Non è che la cosa mi faccia poi tanto piacere, sai?” gli rispose acido Draco.
“Insomma,” sbuffò Harry, “se mi devi dire no dillo e finiscila di prendermi in giro.”
Draco lo guardò di sottecchi e ammiccò.
“Uh, come siamo nervosi…” lo canzonò ancora una volta, ma poi si avvicinò di più al suo orecchio e sussurrò “A mezzanotte penso che la porta degli Slytherin sarà aperta, ma solo per pochi pochi secondi…” 
Velocemente si voltò e con agilità scese i gradini che conducevano ai sotterranei. Harry lo osservò sparire alla fine della rampa di scale e sospirò. Fischiettando un motivetto senza senso girò sui tacchi e si avviò saltellando verso la scala per la casa dei Gryffindor. Intendeva farsi proprio una bella doccia rilassante per essere pronto prima di mezzanotte.