Disclaimer: Questi personaggi non mi
appartengono neanche un po’. La signora Rowling ne dispone come meglio
crede, io ci gioco a tempo perso, senza pretese e senza fini di lucro.
Harry Potter e il cervello che non ha
parte VIII
di Sourcreamandonions
In cui il nervosismo di Draco porta Harry a
una nuova rivelazione
Draco si svegliò con un lato della bocca dolorante. Quando stancamente si
alzò e andò allo specchio per controllare lo stato delle cose non poté fare
a meno di inveire sottovoce. Aveva il labbro chiaramente spaccato, anche se
solo di lato, e di conseguenza era un po’ gonfio. Sarebbe dovuto andare in
infermeria subito dopo la colazione per farsi medicare. Niente che non si
potesse risolvere con una semplice formula, ma presentarsi in giro in quelle
condizioni lo irritava nonostante tutto. Sapeva già che lo avrebbero
tempestato di domande e non aveva nessuna intenzione di fornire le vere
risposte. Se qualcuno avesse scoperto ciò che stava succedendo tra lui e
Potter… Per non parlare di cosa sarebbe potuto accadere se tali voci fossero
arrivate alle orecchie sbagliate…
Con un dito accarezzò delicatamente la ferita. Sì, sarebbe stata una
mattinata davvero dura. Inoltre quella mattina avevano lezione col professor
Snape, e quindi coi Gryffindor. Draco fece una faccia schifata al pensiero
dell’espressione che si sarebbe dipinta sul volto del professore di Pozioni
se avesse scoperto le sue scappatelle con Potter. La smorfia gli si congelò
sul viso. Perché pensare a ciò che avrebbero detto gli altri? Lui stesso
sarebbe dovuto inorridire al ricordo delle due volte che era stato col
Gryffindor. Ed era inorridito. Sì, lo era. Più o meno… Draco non si capiva
proprio in quel momento; era sempre stato freddo e calcolatore, era il suo
stile di vita, ciò per il quale si era tanto battuto, ma per quanto si
sforzasse di dare un senso al suo comportamento nei confronti di Potter
qualcosa gli sfuggiva. E cominciava a nutrire la certezza che tutto fosse
causato da quella strana sensazione che aveva quando stava vicino a lui. Un
misto di fastidio, che sicuramente derivava dal suo lato Gryffindor, ma
anche di vigilanza e di connessione, in qualche modo. Vigilanza per un degno
nemico? Non che Potter fosse particolarmente degno di attenzione, anzi, non
perdeva mai l’occasione di deludere le sue aspettative anche dal lato del
bene, ma potenzialmente sarebbe potuto diventare un Auror dal quale
guardarsi le spalle. Connessione? Era quella la sensazione che più lo
destabilizzava. Quando parlavano, ma molto di più quando se le davano come
la notte precedente, aveva l’impressione che la scorza di buonismo che
mostrava a tutti non contenesse altro che uno Slytherin pronto ad uscire e
colpire se ben indirizzato. In alcuni fugaci momenti gli sembrava di aver
trovato qualcuno al suo livello nel marasma di pivelli che frequentavano
Hogwarts…
Draco scosse la testa. Impossibile, Potter era una mezza calzetta. Non
valeva niente e non sapeva fare nulla. Non era nessuno. E non c’era bisogno
di ripeterselo, non aveva bisogno di convincersene!
Con uno scatto nervoso Draco si voltò e andò a prepararsi. Non aveva proprio
senso farsi venire la gastrite di prima mattina rimuginando su Potter a
stomaco vuoto. Né dopo colazione, se no gli sarebbe venuto da vomitare.
Meglio rimandare le elucubrazioni ad un momento successivo. Mentre si
vestiva con gesti automatici ma curati decise che non fosse proprio il caso
di andare a cercare Potter quel giorno, e anche per quelli successivi.
“Ma che hai fatto?!”
Harry fu svegliato da Neville che lo guardava sconvolto. Si sedette,
sentendosi un unico ammasso di dolore, e lentamente aprì gli occhi.
Curiosamente uno dei due si rifiutò di obbedire, rimanendo ostinatamente
chiuso. Alla cieca recuperò gli occhiali dal comodino e li indossò. Si
accorse che riusciva a malapena a sopportare il loro peso sul naso.
Lentamente mise a fuoco il ragazzo davanti a sè che lo guardava preoccupato.
“Ciao,” lo salutò con finta tranquillità.
Non sapeva proprio come spiegare i lividi che evidentemente gli erano
comparsi in faccia. Forse avrebbe dovuto pensare di metterci qualcosa la
notte precedente.
“Ciao un corno!” esclamò il compagno di casa. “Ti ha investito il Knightbus
durante la notte?”
“No, lascia stare, è una storia lunga. Diciamo che ieri notte ho avuto un
piccolo scontro…”
“Piccolo! Caspita, chi è stato? Ma gliele hai date anche tu? Ieri notte… Sei
uscito di nascosto?”
“La smetti di bombardarmi di domande? Sì, ho fatto una delle mie scappatelle
notturne e mi è andata male. Si fanno brutti incontri in giro…”
“Sarà per questo che non ci è permesso uscire di notte dai dormitori…”
commentò Neville, e Harry si chiese se avesse voluto essere sarcastico.
“Comunque non mi hai detto chi è stato!” aggiunse.
“Perché non intendo dirtelo,” replicò Harry. Cautamente si alzò dal letto,
constatando lo stato drammatico delle sue parti basse. Con studiata
nonchalance fece un paio di passi e mormorò “Adesso lasciami andare in
bagno, se no non sarò mai pronto per la colazione.”
Neville annuì, ancora preoccupato.
“Però vai in infermeria a farti medicare subito dopo colazione.”
Harry gli fece cenno di non preoccuparsi con la mano e uscì dalla stanza per
andare in bagno. Si sentiva uno straccio, e arrivato davanti ad uno specchio
comprese finalmente l’espressione di Neville. Aveva una guancia molto gonfia
e rossa, e l’occhio da quel lato era anch’esso gonfio e violaceo a causa di
un ematoma che si estendeva fino allo zigomo dove Draco l’aveva colpito con
forza. A ben guardare gli aveva lasciato anche il segno dell’anello. Bel
capolavoro. Anche il naso era violaceo e decisamente gigantesco anche se non
c’erano tracce di sangue. Harry ringraziò il cielo che almeno quello fosse
integro, cosa che non poteva dire del suo fondoschiena, che al momento
urlava vendetta. Quasi era riuscito a scordarsi quanto gli avesse bruciato
la prima volta.
Con uno sforzo si tolse la maglia del pigiama per lavarsi e con rinnovato
sgomento notò che sulla spalla aveva un marchio blu violaceo enorme.
Avvicinandosi allo specchio constatò che almeno non si vedevano i segni dei
denti di Draco. Certo che era davvero uno spettacolo raccapricciante; Malfoy
era riuscito a conciarlo proprio per le feste stavolta. Peccato, perché i
ricordi della serata potevano essere tendenzialmente positivi. Il sesso era
stato molto più bello stavolta; sempre violento, certo, ma non con
cattiveria, solo con passione e frenesia. Era stata un’esplosione ormonale
da parte di entrambi. Da parte sua magari un po’ più sentita. Inutile
girarci attorno, se Malfoy gli piaceva c’era poco da tirare la corda, alla
fine ci sarebbe finito a letto sempre lo stesso. Ciò che non gli era chiaro
era se lui interessasse davvero a Draco o no. Quando aveva lasciato la
stanza sembrava piuttosto infastidito, come se il momento di passione appena
condiviso non l’avesse reso per niente felice.
Harry sospirò e si riinfilò la maglia del pigiama. Sarebbe stato meglio se
quel succhiotto non l’avesse visto nessuno. Un conto era giustificare i
pugni, ma un morso in un posto come quello… Velocemente si sciacquò e tornò
in camera a vestirsi, attento a non mostrare segni compromettenti ai
compagni.
La sua discesa nella sala grande fu accompagnata da un brusio diffuso. Tutti
quelli che lo vedevano cominciavano a chiedersi cosa gli fosse successo e
chi aveva più confidenza glielo domandava direttamente, costringendolo a
ripetere mille volte che non erano affari loro. Quando finalmente arrivò
nella sala già apparecchiata per la colazione, poi, scoprì che non era
l’unico oggetto di attenzioni. Al tavolo degli Slytherin anche Draco
attirava gli sguardi di più di una ragazza. Pansy gli stava seduta accanto e
lo guardava preoccupata, allungando un braccio di tanto in tanto per
accarezzargli la ferita, venendo peraltro irrimediabilmente respinta in malo
modo dallo Slytherin, che dalla faccia sembrava più irritato da tutte quelle
attenzioni che non dal taglietto sul labbro. Harry dovette ammettere che di
danni non era riuscito a farne molti.
La contemporanea presenza dei due ragazzi in quelle condizioni fece tirare
ai presenti le inevitabili conclusioni. Al coro di “Cosa ti è successo?” si
unì quindi un nuovo gruppo di “Ti sei picchiato con Malfoy?” e “Oh, cavoli,
ve le siete date di brutto!” Dal canto loro Harry e Draco non dissero
niente. Ignorarono i commenti e le insistenti domande dei compagni di scuola
e solo per un secondo i loro sguardi si incrociarono. Non lasciarono
trapelare alcun sentimento, si scambiarono solamente un’occhiata di intesa e
tornarono alla loro colazione. Harry nonostante il dolore diffuso sorrise
tra sé e sé. Forse avrebbe potuto andargli peggio…
Lupin osservò la scena dal tavolo dei professori e si sentì improvvisamente
a disagio. Incerto delle sue sensazioni si guardò attorno, cercando conferme
sul viso degli altri professori. Il preside sembrava aver notato la tensione
tra i due ragazzi tanto quanto lui, ma non dava segni di agitazione. Gli
altri professori si stavano rendendo conto solo in quel momento di ciò che
era successo e si stavano consultando sussurrando concitati; tuttavia non
parevano aver tratto le sue stesse conclusioni. Lupin sospirò. Quei ragazzi
andavano tenuti d’occhio, perché Harry da un po’ non sembrava del tutto
stabile e Draco a suo parere normale non lo era mai stato.
Verso la fine della colazione Dumbledore si alzò in piedi richiedendo il
silenzio e invitò tutti gli studenti a non lasciare che le fantasie sui
recenti avvenimenti distogliessero l’attenzione dalle loro lezioni
mattutine.
“Per quanto riguarda il signor Potter e il signor Malfoy, dalle apparenze
sembrano necessitare delle cure della nostra cara Madam Pomfrey, per cui li
prego di seguirmi subito in infermeria.”
Dumbledore si alzò e fece cenno ai ragazzi di fare lo stesso.
Harry sospirò contrariato e si alzò in piedi facendo forza sulle braccia per
aiutarsi, mentre Draco terminò di masticare ciò che aveva in bocca con aria
schifata prima di seguire il compagno e il preside fuori dal salone.
Camminarono per un paio di minuti in silenzio, poi il preside ruppe il
ghiaccio.
“Allora ragazzi, c’è forse qualcosa di cui dovrei essere informato?” chiese
vago e sornione.
Nessuno dei due giovani parlò.
Dumbledore continuò.
“Sapete, i litigi alla vostra età sono all’ordine del giorno e sono
cosciente del fatto che a volte possono scappare un paio di pugni, ma voi
non ve lo potete permettere. Siete due membri di spicco all’interno della
scuola, anche se per motivi diversi. I compagni più giovani vi seguono e le
vostre case si riconoscono nelle vostre personalità e gesta. Quindi ora
capirete perché non posso transigere sul vostro comportamento.”
Draco si lasciò sfuggire un sibilo. Dumbledore si fermò e si voltò a
guardarlo negli occhi.
“Devo dedurre dal suo commento che sia stato lei a scatenare la vostra rissa
notturna, signor Malfoy?” chiese alzando un sopracciglio.
Draco soppesò il suo tono fintamente paterno ma in realtà severo.
“Direi proprio di no, visto che non ho preso parte a nessuna rissa con
Potter,” rispose con voce educata ma ferma e altera.
“E allora vorrebbe dirmi come si è fatto quel taglio sul labbro e come il
signor Potter si sarebbe conciato così? Devo dedurne che nei corridoi del
castello abbiate incontrato lo stesso pericoloso individuo che ha avuto la
meglio su entrambi?” gli chiese di rimando il preside.
Non ottenendo risposta si girò a guardare il Gryffindor.
“Harry? Ci dev’essere un serio motivo se ti sei lasciato coinvolgere in una
situazione simile…”
Harry non aveva il coraggio di guardarlo in faccia ma non se la sentiva
neanche di accusare Draco, anche perchè se avesse dovuto dire la verità
avrebbe dovuto ammettere che era stato lui stesso a cominciare. Per non
mettersi nei guai ulteriormente con menzogne che non sarebbe stato in grado
di gestire decise di rimanere semplicemente zitto.
Dumbledore li squadrò con attenzione entrambi, poi sospirò e riprese a
camminare.
“Bene, visto che vi siete chiusi entrambi in un ostinato silenzio dovrò
intervenire con autorità, cosa che odio fare, come ben sapete. Tolgo alle
vostre case cinquanta punti per il comportamento disdicevole, altri dieci
per esservene andati in giro per i corridoi di notte e infine dieci per la
reticenza. E ora vi lascio nelle mani della nostra preziosa Madam Pomfrey
che vi rimetterà in sesto. Non perdete tempo e recatevi subito in classe non
appena vi avrà medicato.”
In effetti erano giunti alla porta dell’infermeria. Dumbledore si voltò e si
allontanò in direzione del suo ufficio. Draco afferrò la maniglia della
porta e la aprì, entrando e lasciando Harry solo sull’uscio.
Il Gryffindor si rattristò. Avrebbe voluto dire qualcosa a Draco, non sapeva
cosa ma si sarebbe anche reso ridicolo pur di rompere il gelo che li
circondava. Purtroppo lo Slytherin non sembrava dello stesso parere e non
gliene aveva dato il tempo. Strascicando i piedi entrò anch’egli nella
stanza, pronto per sottoporsi alle veloci cure della maga.
Il giorno trascorse uggioso. Il tempo non era dei più allegri, visto che
pioveva a dirotto, e finito di studiare Harry si trascinava per i portici
coperti che circondavano il cortile interno, cercando qualcosa che attirasse
la sua attenzione. Detto fatto, nell’angolo più riparato vide una testa
biondissima a lui fin troppo nota china su qualcosa che non riusciva a
vedere. Avvicinandosi con casualità si accorse che Draco era intento ad
osservare qualcosa, sebbene la sua espressione non trasmettesse interesse,
ma semplice distacco. Lo Slytherin non sembrava essersi accorto della sua
presenza, così Harry poté avvicinarsi di soppiatto indisturbato per
guardarlo da vicino. Quando realizzò qual’era lo spettacolo al quale il
biondo stava assistendo, però, un po’ si sentì male.
Sul muretto che limitava il portico coperto c’era una mosca. Fin qui sarebbe
stato al massimo un miracolo della natura, visto che era quasi dicembre, ma
la bestiola cercava disperatamente di spiccare il volo senza riuscirci.
Evidentemente si era bagnata le ali per colpa dell’acquazzone e chissà
quanto sarebbe sopravvissuta prima di morire di fatica o di fame. La cosa
ancora più raccapricciante era che Draco si stesse godendo la sua agonia in
diretta. Dopo trenta secondi già Harry non ne poteva più dello straziante
spettacolo.
“Ma che fai?” chiese concitatamente a Draco.
Lo Slytherin gli rivolse uno sguardo di sufficienza, poi tornò a guardare la
mosca.
“Mi segui, Potter?” gli domandò con voce stanca.
“No, vederti torturare gli animali non è il mio passatempo preferito!”
rispose il Gryffindor.
“E chi sta torturando qualcosa?” chiese Draco con finta innocenza.
Harry sbuffò e si avvicinò ancora di più a Draco, sedendosi di fianco a lui.
Lo Slytherin si scostò un po’, quasi volesse evitare il contatto col suo
corpo, un gesto che fece rimanere male Harry, anche se non lo diede a
vedere.
“Si può sapere cosa ci trovi nel guardare una povera mosca che muore?”
“Oh, Potter, difensore degli afflitti! Immagino che tu le avresti sparso
sopra un po’ di sale per farla tornare a volare, non è così?”
Harry esitò per alcuni secondi, poi abbassò lo sguardo e mormorò
“Veramente…l’avrei schiacciata, almeno avrebbe smesso di soffrire…”
Draco scoppiò a ridere.
“Oddio, Potty, che comica! Avrei dovuto saperlo che sei una sega anche come
paladino del bene!”
Harry si sentì offeso, ma il fatto che Draco l’avesse chiamato Potty gli
faceva piacere, perché ormai gli dava una sensazione di familiarità, e poi
con la risata Draco aveva scosso la testa, facendogli arrivare un’ondata di
profumo.
“Beh, sarebbe comunque più umano che assistere alla sua morte senza muovere
un dito,” si difese alla fine.
“E perché mai?” ribattè lo Slytherin.
Harry lo guardò come se gli avesse parlato in bulgaro.
“Perché non è giusto! Sta soffrendo!”
“Ah… E chi ti dice che non ne sia felice?”
“Eh?” chiese Harry. Non capiva quando aveva perso il filo del discorso.
“Perché non dovrebbe piacerle?” ripetè Draco, alzando un sopracciglio in
modo incredibilmente sexy agli occhi di Harry.
“Ma come potrebbe piacerle?!” esclamò.
“A te piace…” disse semplicemente Draco.
Harry lo guardò per un attimo, impietrito.
“Scusa?” chiese infine.
“Ieri notte ti ho fatto male?”
Harry tentennò. Non voleva proprio dargli quella soddisfazione.
“Potter, so che ti ho fatto male, ti sei lamentato per mezz’ora…” aggiunse
acido Malfoy.
“E allora?” ribattè irritato.
“Però ti è piaciuto.”
Harry si sentiva a disagio. Non sapeva come gestire questo discorso.
“Sì…” bofonchiò.
“Ti sei eccitato già mentre ti pestavo…” commentò Draco. “E non solo. La
prima volta che abbiamo scopato ti ho fatto anche più male di ieri sera,
eppure non mi sembravi troppo dispiaciuto alla fine, vero Potty? E ci
giurerei che quella volta che ti ho fatto provare il Crucio alla fine ce
l’avevi duro…” sibilò lo Slytherin sogghignando maliziosamente.
Harry non sapeva cosa dire, perché Draco…aveva ragione. Cioè, non sulla
mosca, ma su di lui. A lui piaceva essere maltrattato a quel modo, anche se
solo da lui, e pur patendo notevoli sofferenze era stato più che contento di
andarci a letto. Tanto che ci sarebbe tornato all’istante se gliel’avesse
chiesto. Era diabolico il modo in cui Malfoy riusciva a confonderlo.
“Ok, diciamo che tu ci abbia preso con me… Che cosa c’entra in tutto questo
la mosca?” disse indicando la creaturina annaspante.
Draco fissò lo sguardo nel vuoto del cortile, quasi a tener d’occhio la
pioggia battente.
“Alcuni scienziati babbani dicono che un forte dolore rilasci delle sostanze
nel sangue che danno alla persona una strana sensazione di confuso piacere.
Noi…ehm…” Draco si schiarì la gola. “Mio padre me lo diceva sempre. I Death
Eaters l’hanno sempre saputo. Alla gente piace soffrire, checchè ne dicano.
C’è chi ama subire, come te; agli altri piace causarla, quella sofferenza.”
Draco lanciò uno sguardo di traverso a Harry. “È molto semplice se ci pensi.
Quindi perché non applicare la stessa legge agli animali e agli altri esseri
che se ne vanno a zonzo per il mondo? Noi predatori non aspettiamo altro che
qualche stupido pappamolla sul quale sfogare la nostra vena sadica…” Queste
ultime parole le sussurrò nell’orecchio di Harry facendolo rabbrividire.
Il Gryffindor deglutì, turbato dal comportamento e dalle parole di Draco.
“Mi hai quasi convinto per un secondo, sai?” gli disse sarcastico, ma con la
voce tremante. “Guarda,” aggiunse poi, indicando la mosca, “ha smesso di
lottare.”
In effetti la bestiolina era rimasta immobile dopo un ultimo sforzo e
sembrava priva di vita.
“Era ora,” commentò semplicemente Draco. “Cominciava a diventare pesante…”
Lo Slytherin si alzò in piedi e senza una parola fece per allontanarsi.
“Draco!” lo fermò Harry.
Non voleva dargli la possibilità di andarsene così. Voleva riuscire a stare
da solo con lui ancora, quindi doveva inventarsi qualcosa.
“Che vuoi ancora?” gli chiese scocciato Draco, voltandosi con un’espressione
schifata.
“Ti ricordi quando ci siamo sfidati a duello al secondo anno?”
Draco alzò le sopracciglia.
“Certo, mica cancello tutti i ricordi dalla memoria alla fine di ogni anno
come fai tu per guadagnare spazio.”
“Mi chiedevo… Ti andrebbe se ci incontrassimo per esercitarci un po’? Un
avversario come te mi stimolerebbe molto di più di un qualsiasi compagno di
casa del mio anno…”
Draco lo fissò incredulo.
“Che penosa scusa per vedermi, Potty. Io ne farei volentieri a meno, se
permetti.”
Harry non si diede per vinto.
“Draco…”
“Oh, che stress! Va bene, maledizione, va bene! Ora posso andarmene?” chiese
Draco esasperato.
Harry sorrise.
“A più tardi allora,” disse soddisfatto.
Draco sbuffò.
“Stavi meglio con l’occhio nero,” gli disse acido. “Ti copriva la faccia.”
Harry incassò e lo guardò allontanarsi. Aveva ottenuto ciò che voleva
dopotutto.
Lupin si grattò la testa. Aveva osservato la scena da lontano e ancora una
volta il rapporto dei due ragazzi gli era sembrato strano. Non sarebbe
intervenuto per il momento, ma si ripromise di non perderli d’occhio.
Draco stava percorrendo a passi veloci il corridoio che portava alla camera
segreta. Era nervoso, o meglio stizzoso. A dirla tutta era furibondo, e
tutto con se stesso. Non capiva perché avesse detto di sì a Potter quel
pomeriggio né perché ci stesse andando a quel maledetto appuntamento. Non
era neanche di buona compagnia e poi si era ripromesso di non stargli
attorno per un po’ per disintossicarsi. Sì, perché non poteva essere altro
che l’abitudine ad averlo reso insensibile alla sua insopportabilità. Cazzo,
quel pomeriggio voleva stare da solo, invece la cozza gli si era appiccicata
addosso e a parlarci si era anche quasi divertito. Era forse il modo in cui
lo ascoltava tutto interessato? No, aveva i suoi scagnozzi per quello. La
sua diversità, la continua sfida…
Draco si morse il labbro fortunatamente guarito dal taglio quella mattina.
Era inutile continuare a cercare scuse. Si era già fatto lo stesso discorso
una cinquantina di volte negli ultimi due giorni e la risposta che ne
nasceva spontanea lo disturbava talmente da non essere neanche
considerabile. Che a lui piacesse anche solo di un milionesimo Potter non
era assolutamente possibile. Non gli dava soddisfazione, no, e non lo
trovava uno spasso. Ma come cazzo gli aveva permesso di prendersi tante
libertà con lui?! Solo qualche settimana prima dettava tranquillamente legge
e lo obbligava a fare le cose più umilianti e sgradevoli, ed ora era lui a
scendere a compromessi e a farsi convincere ad andare ad appuntamentucci
notturni per fare dei “duelli magici”. Come se non sapesse che l’unico scopo
di Potter ormai era diventato farsi scopare… Che quel pezzente si fosse già
cotto a puntino? Tanto da permettergli qualsiasi cosa? Prevedibile, sì, ma
pericoloso e avventato. Vabbè, era Potter… Ma si stava interrogando sulle
profonde motivazioni della mente malata di Potter?!? Era senza speranza…
Morire rimaneva la soluzione… O ucciderlo…
Draco entrò trionfalmente nella stanza, estraendo la bacchetta e puntandola
con decisione contro il ragazzo che lo stava aspettando seduto sul pavimento
sopra un grosso cuscino.
“Stanotte ti ammazzo, Potter,” dichiarò con voce ferma.
Harry lo guardò sorpreso ma non sembrò spaventato.
“Bene, vedo che sei venuto con lo spirito giusto,” commentò semplicemente.
Draco, al solo sentire la sua voce calma, si innervosì ancora di più. Come
si permetteva di sottovalutare le sue minacce? Credeva veramente che non
sarebbe stato in grado di farlo se avesse voluto?
Lo Slytherin attese che Harry si fosse alzato e che avesse estratto la sua
bacchetta, poi assunse la posizione d’inizio duello e chiese “Pronto?”
Harry non riuscì a finire di pronunciare la risposta che già Draco gli aveva
scagliato addosso il primo incantesimo.
“Expelliarmus!”
Potter vide la propria bacchetta volare lontano da lui dietro una pila di
cuscini. Si voltò contrariato a guardare Draco.
“Non vale! Non ero pronto!”
“Cos’è, ti devo mandare una richiesta scritta prima di cominciare?” rispose
sarcastico lo Slytherin.
“Ma che c’entra?” si difese Harry.
Si chinò per recuperare la bacchetta, ma Draco non lo lasciò fare.
“Tarantallegra!” esclamò, puntando la bacchetta contro le gambe del ragazzo
moro.
All’istante Harry cominciò a muoversi senza controllo. Essendo già
sbilanciato, cadde in avanti, e solo grazie ai cuscini non si frantumò la
faccia sul pavimento.
“Cazzo!” urlò, cercando la sua bacchetta con notevoli difficoltà, visto che
non riusciva a coordinare il cervello alle braccia.
“Bello, eh? Ho imparato tutto da te! Non sai quanto ho sognato questo
momento,” esclamò trionfante Draco, un sorriso soddisfatto sul viso.
Harry trovò la sua bacchetta e con uno sforzo di concentrazione sovrumano
disse “Finite incantatem!”
Quando le sue gambe finalmente si fermarono si accasciò per un secondo in
ginocchio, prima di voltarsi verso Malfoy con rabbia.
“Che c’è, Potty, ti arrendi?” gli chiese Draco canzonatorio.
Per tutta risposta Harry strinse più forte la bacchetta nella mano e con un
guizzo improvviso la puntò verso lo Slytherin, dicendo “Expelliarmus!”
Draco evidentemente se l’aspettava, però, perché, a differenza dello stesso
Harry un minuto prima, subito pronunciò “Protego”, vanificando il suo
incantesimo. La reazione di Potter stimolò comunque il ragazzo ad accanirsi;
infatti non attese che il suo rivale si rialzasse e gli scagliò addosso un
pesante “Stupefy!”, mandandolo a sbattere con forza contro la parete.
Harry si fece sfuggire un grido tra il sorpreso e il sofferente quando la
sua testa colpì il muro con un rumore sordo, poi si accasciò sul pavimento
ad occhi chiusi.
“E così concludiamo la pagliacciata…” commentò Draco, rinfoderando la
bacchetta.
Attese un attimo che Harry desse segni di vita, poi scrollò le spalle e fece
per andarsene.
“Sei uno stronzo e un buffone,” giunse un sibilo dal triste fagotto
nell’angolo.
Draco si voltò stupito.
“Cos’hai blaterato, Potter?” gli ringhiò contro.
Harry alzò la testa e Draco si stupì di vedere che aveva gli occhi arrossati
e stretti in due fessure. Sembrava fosse sul punto di piangere.
“Sei uno stronzo, perché so che ci godi a mandarmi a sbattere contro i muri
e che non aspettavi altro da ieri notte, e sei un buffone, perché non sai
neanche batterti in modo leale. Se proprio ci tieni tanto a dimostrarmi
quanto sei superiore, dovresti farlo con le tue sole forze, e non
cogliendomi di sorpresa o approfittandotene di quando sono stanco. Ma è
evidente che tu nella vita non sai fare altro, visto che ti comporti così da
quando ti conosco. Sei un codardo,” gli ringhiò Harry.
Draco non ci vide più. Sentirsi chiamare codardo da Potter era giusto la
goccia che mancava a far traboccare il vaso. Con pochi lunghi passi
raggiunse il Gryffindor, che ancora stava accasciato per terra, e
afferrandolo per il collo del maglia lo sollevò in piedi. Avvicinò il suo
viso a quello del ragazzo moro, che lo fissava negli occhi con
determinazione nonostante tutto, e sbattendolo più forte contro la parete
gli sibilò a un centimetro di distanza.
“Se ora io ti ammazzassi pensi che qualcuno sentirebbe la tua mancanza?
Spiegami, Potter, spiegamelo tu perché non dovrei sbarazzarmi di te una
volta per tutte immediatamente. Sei una sventura per l’intero mondo magico
da quando sei nato, la gente ormai passa il tempo a giocarsi il culo per
salvarti la vita e tu, invece, cosa combini? Hai lasciato che morissero sia
i tuoi genitori che quello scimmione di Diggory e persino il tuo patrigno.
Non sai fare niente, tant’è vero che sei dovuto venire da me, l’odiato e
disprezzato Draco Malfoy, a implorarmi di insegnarti due vaccate di
maledizioni che non sai fare comunque. In compenso sei un montato e un
arrogante. Se tu avessi avuto le capacità magiche necessarie saresti
diventato esattamente ciò che era tuo padre, cioè un bulletto da quattro
soldi spalleggiato da quella checca del suo amichetto del cuore, ma pensa un
po’! Non sei in grado di fare neanche quello. Vorresti diventare un Auror?
Fai ridere tutta la scuola con i tuoi voti. E non una parola sui miei. Ti
rivelo un segreto: mentre tu, per quelle schifezze di risultati che ottieni,
ti devi pure impegnare e studiare come un mulo, io non faccio un cazzo tutto
il giorno. E l’aria è cambiata, mi sono stufato adesso di passare per il
ragazzino viziato. Allora, Potter, quando finirai la tua bella scuola e
comincerai a dimostrare al mondo che non vali niente perdendo ogni speranza
di un lavoro, cosa farai? Ti do un consiglio: interrogati su cosa abbia
spinto quella Mudblood di tua madre a impazzire al termine della scuola
tanto da farsi mettere incinta da quella merda di tuo padre, chissà che tu
non scopra che sei solo il frutto di un incantesimo Imperius ben riuscito…
Oppure,” aggiunse Draco avvicinandosi così tanto a Harry da constringerlo a
girare la testa da un lato, “potresti dedicarti all’unica attività che
sembra riuscirti discretamente, e cioè prenderlo nel culo. Aspetterò con
ansia il momento in cui mi verrai a pregare di scoparti di nuovo, anche
perché, se non te lo do io, non credo che esista qualcuno con la stessa
forza di stomaco.” Draco si allontanò finalmente da Harry e, con suo gran
stupore, notò che due lacrime di rabbia gli avevano rigato il volto. Facendo
un’espressione disgustata mormorò “Quanta pena che mi fai… Dev’essere per
questo che ti lascio ancora in vita. Sei già una punizione per te stesso…”
Così lo Slytherin lo lasciò andare di colpo, tanto che le gambe di Harry
cedettero per il gesto inaspettato e si risedette per terra, abbracciandosi
le ginocchia.
Draco girò sui tacchi e se ne andò a lunghe falcate veloci, sbattendo la
porta alle sue spalle.
Harry, rimasto solo nella stanza, furioso e umiliato, scoppiò in un pianto
dirotto. Si strinse ancora di più le gambe al petto e nascose la testa fra
le ginocchia, scosso dai singhiozzi.
Harry si svegliò molte ore dopo. Cercando di darsi un contegno, lasciò la
stanza e, dalla luce filtrante nel corridoio, comprese che doveva essere già
mattina. Il pensiero di un nuovo giorno di scuola, inspiegabilmente, gli
fece tornare la voglia di piangere.
Draco gli aveva detto cose terribili, su di lui e sui suoi genitori; parole
che lo avevano ferito nel profondo, perché avevano toccato punti che già
sentiva deboli. Aveva visto come si comportava suo padre alla sua età e non
poteva più negare la realtà come aveva fatto da piccolo. Naturalmente
crescendo era cambiato, ma allora tanto valeva dire che Draco sarebbe potuto
diventare il futuro Dumbledore… Non cancellava il fatto che a sedici anni
fosse un bastardo sadico. E quel commento su sua madre… Anche ad Harry era
sembrato strano che tutto quel disprezzo si fosse trasformato in amore, ma
poi si erano sposati, era un dato di fatto che i suoi genitori si amassero,
no? No?!?... Come cazzo faceva Draco a beccare tutti i suoi punti scoperti,
a sapere tutte quelle cose? Suo padre di certo non gli aveva mai nascosto
nulla… Quella era stata una cosa che aveva percepito da sempre. Mentre a lui
veniva nascosto sempre e sistematicamente tutto, Draco sembrava essere
costantemente al corrente di tutto ciò che accadeva e di ciò che era
accaduto. Harry si era chiesto spesso se tutte le reticenze e le mezze
verità che gli erano state raccontate fossero state almeno in parte la causa
della morte di tutte le persone a lui care e amiche. Dumbledore e gli altri
membri dell’Order of the Phoenix non si erano mai fidati di lui, ne era
certo.
E lui, in tutto quello che era successo, che ruolo aveva? Aveva davvero
ragione Draco? Era stata colpa sua se tanta gente aveva sofferto e ancora
soffriva? Altra domanda ricorrente, altro punto interrogativo irrisolto.
Tutte queste considerazioni avevano minato il suo umore, ma a ripensarci
Harry si rese conto che ciò che lo aveva ferito più di tutto erano le altre
cattiverie che Draco gli aveva snocciolato. Quelle che lo riguardavano in
prima persona, come mago e…beh, come compagno. Non serviva più a niente
negarlo a se stesso; non che se lo fosse mai negato in verità, ma ne era
dolorosamente cosciente: per lui Draco era fantastico come mago, prima di
tutto, ora che l’aveva visto all’opera, e poi anche a letto… Harry non se lo
spiegava come fosse possibile che, dopo il modo in cui l’aveva trattato le
prime due volte, lui lo desiderasse ancora. Era assurdo, e allo stesso tempo
non poteva farne a meno. Draco era bellissimo… Forte, deciso, nobile ed
aggraziato nel modo di muoversi, nello sguardo… Era un vero purosangue e, se
era vero ciò che si diceva di sua madre, e cioè che avesse del sangue Veela,
lui il suo fascino meraviglioso l’aveva preso tutto.
Il fatto che Draco lo disprezzasse lo addolorava, lo umiliava, lo faceva
sentire inutile e fallito. Tutto ciò che voleva, ora, era essere accettato
da lui, guadagnarsi il suo rispetto. Gli sembrava che nient’altro, ormai,
avesse importanza.
Harry sorrise controvoglia. Era veramente ironico che, dopo cinque anni
passati a desiderare di uccidere quello o quell’altro personaggio che faceva
capolino nella sua vita per mettergli i bastoni fra le ruote, fosse arrivato
a sedici anni per mettere una persona come Draco di fronte al suo desiderio
di vendetta su Voldemort.
Harry arrivò alla sala comune Gryffindor e si sorprese di trovarla
stranamente deserta. Di solito c’era sempre qualcuno che si alzava prima per
utilizzare i bagni in piena tranquillità o per finire di studiare o di
copiare i compiti prima dell’inizio delle lezioni. Harry ci mise un po’ a
ricordarsi che era sabato. Sabato, cioè niente scuola, niente lezioni, solo
compiti da fare e allenamenti nella tarda mattinata. Quel giorno avrebbe
potuto dormire fino a tardi e starsene un po’ tranquillo per conto suo. Non
avrebbe dovuto vedere Draco.
A Harry tornò, violento, a stringersi il groppo in gola. Era tutto inutile,
doveva piangere ancora un po’. Per starsene da solo, assurdità, gli
conveniva rimanere nella sala comune. In dormitorio rischiava di essere
sentito dai suoi compagni, magari da Ron, e di rendersi ridicolo o, nella
migliore delle ipotesi, farli preoccupare attirandosi milioni di domande.
Harry si lasciò cadere pesantemente sul divano, si tolse gli occhiali e
nascose il volto fra le mani, ricominciando a singhiozzare. Inizialmente il
dolore che provava dentro sembrò acuirsi; poi piano piano col prosciugarsi
delle sue riserve di lacrime gli ritornarono in mente le critiche di Draco,
questa volta attutite dalla stanchezza e dalla confusione. Le parole dello
Slytherin gli girarono a lungo in testa, e un’idea cominciò a farsi largo
nella sua mente. Forse, se fosse stato in grado di stupirlo, di dimostrare
che si era sbagliato sul suo conto, che poteva fare di più e meglio, allora
si sarebbe guadagnato un po’ di rispetto, l’avrebbe considerato un suo pari.
Harry tirò su col naso. Sì, forse poteva farcela, aveva ancora qualche
chance, ma doveva impegnarsi di brutto, sforzarsi al punto di cambiare quasi
se stesso, e soprattutto farsi la violenza di non andare a cercare Draco e
di non fare attenzione alle sue probabili angherie. Se avesse dato segni di
cedimento o di debolezza avrebbe solo peggiorato la sua situazione e non ne
aveva proprio bisogno.
Un po’ sollevato dalla sua nuova risoluzione, si alzò, si rimise gli
occhiali e si avviò verso il suo dormitorio. Arrivato a letto si spogliò, si
distese e si addormentò, finalmente tranquillo.
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