Disclaimer: Questi personaggi non mi
appartengono neanche un po’. La signora
Rowling ne dispone come meglio crede, io ci gioco a tempo perso, senza
pretese e senza fini di lucro.
Harry Potter e il cervello che non ha
parte V
di Sourcreamandonions
In cui Harry scopre che la vicinanza con Draco
non giova alle relazioni interpersonali
Harry attese tre giorni prima di riavvicinarsi a Draco. L’ultimo faccia a
faccia aveva infuocato le sue notti, ma lo aveva anche ferito nell’orgoglio.
Nel frattempo lo Slytherin non si fece sentire.
Non riuscendo più a trattenersi, il Gryffindor lo avvicinò casualmente un
pomeriggio mentre stava studiando e bisbigliò “Si può sapere perché non ti
sei più fatto vivo?”
Draco non alzò gli occhi dal foglio di pergamena sul quale stava scrivendo.
“Da quando è il professore che deve andare a cercare l’allievo?” disse
strascicando la voce.
Harry sbuffò.
“Sarà meglio metterci d’accordo per dei giorni fissi.”
Draco non rispose, ma sembrò invece improvvisamente rapito da una lista di
ingredienti che stava copiando.
Harry, scocciato, gli diede una gomitata nella schiena.
Draco non si mosse, ma ringhiò “Te lo strappo, quel braccio, la prossima
volta che ci incontriamo.”
Harry sbuffò di nuovo.
“Allora, quando?” chiese ansioso.
“Stanotte. Anche se continuo a pensare che sia tutto tempo sprecato. Non
puoi andare a giocare con le bambole o, che ne so…imparare a fare la
maglia?”
Harry non reagì alla provocazione e se ne andò. Tanto ormai quello che
voleva l’aveva ottenuto. Si sarebbero visti quella notte.
“Mettici un po’ di convinzione!” sbuffò Draco.
Harry tentò nuovamente di scagliare la maledizione proibita sul topolino, ma
il raggio che lo colpì lo fece a malapena sussultare. Draco si coprì il viso
con una mano, disperato. Harry mise il broncio, depresso per gli insuccessi
e per la reazione esasperata di Draco.
Draco si sedette sul letto di fronte alla gabbia, sospirando, Aveva
appoggiato il topolino sul letto affinchè Harry potesse prendere la mira più
facilmente, ma non era servito a molto. E dire che si era anche premurato di
cambiare il topo… L’altro, dopo la brutta esperienza passata, era
decisamente troppo agitato.
“Non capisco cosa sbaglio…” mugugnò Harry.
“Te l’ho già detto seimila volte: non ci metti intenzione.”
“Ma sì che ce la metto!”
“Ma no! Potter, non sei in grado di far male a una mosca.”
Harry stette in silenzio qualche secondo.
“È che il topo non mi ha fatto niente…” disse infine.
“E allora? Devi aspettare sempre che la gente ti faccia qualcosa per
reagire?”
“Beh, se non mi ha fatto niente di male perché dovrei volerlo vedere
soffrire?”
Draco esalò un sospirò di disperazione e lasciò che la testa gli cadesse in
avanti, appoggiando il mento sul petto.
“Forse, se riuscissi a immaginare che al posto del topo ci sia…” propose
Harry timidamente.
A Draco si accese una nuova luce negli occhi e il suo volto si distese.
“Ci sia?” chiese, osservando Harry che stava pensando a come finire la
frase.
“Che ci sia…tu, per esempio, forse riuscirei a convincermi che è giusto
farlo soffrire.”
Draco sorrise, come se l’essere stato eletto fattore di disturbo numero uno
lo lusingasse, e annuì.
“È incredibile, Potty, che la proposta sia uscita dal tuo cervello deforme,
ma è una buona idea. Mi chiedo perché non sia venuta in mente a me…
Probabilmente perché io, di questi problemi, non ne ho mai avuti.”
Per tutta risposta, Harry alzò la bacchetta e gli lanciò contro l’ennesimo
tentativo di maledizione. Draco, che nonostante le apparenze era all’erta,
schivò il colpo, che invece finì sul topino, facendolo ruzzolare sul fondo
della gabbia.
Draco guardò la bestiola squittire spaventata e si girò trionfante.
“Però, stavolta l’hai almeno infastidito! Dovresti riprovarci.”
Harry si concentrò, riportando alla mente i momenti in cui Draco l’aveva
umiliato e insultato. Ad un tratto gli balenò in testa il ricordo del
Cruciatus subito tre giorni prima. Carico di rabbia puntò la bacchetta
contro la gabbia e pronunciò con chiarezza “Crucio!”
Il raggio rosso colpì il topolino in pieno, facendolo sobbalzare con un
acuto squittio di dolore, per poi indurlo a nascondersi nell’angolo più
lontano della gabbia.
“Uh, che bell’effetto che ho su di te…” commentò Malfoy divertito.
Harry lo guardò trionfante.
“Visto? Te l’avevo detto che ce l’avrei fatta con un po’ di pratica.”
Draco soppesò le sue parole.
“Già…” disse infine, alzandosi dal letto e facendo un paio di passi in
direzione di Harry con aria fintamente casuale. “Peccato che quella
maledizione fosse mentalmente diretta a me, e che abbia a malapena fatto il
solletico ad un topolino,” aggiunse sarcasticamente.
Harry fece un’espressione risentita.
“Ma… È perché mi dispiaceva comunque per il topo,” si scusò.
“E perché mai?” chiese Draco fingendo di non capire.
“Te l’ho già spiegato!”
“Non capisco perché tu sia convinto che a quell’essere dispiaccia essere
trattato così,” disse con tono suadente Draco, passando un braccio attorno
al collo di Harry, che lo adocchiò nervoso, “visto che a te è piaciuto
tanto.” La voce di Draco si ridusse a un sussurro malizioso nell’orecchio di
Harry, che sentì il suo corpo irrigidirsi completamente. “Tanto che mi
avresti permesso di scoparti sul pavimento mezzo vestito nonostante fosse la
tua prima volta…”
Harry si liberò dal braccio di Draco spingendolo via con entrambe le mani e
fissò la sua espressione soddisfatta con ira.
“Cosa ti dà la certezza che sarebbe stata la mia prima volta?” chiese,
trattenendo a stento la rabbia.
“Ah, Potter, sembra che insieme ai nostri amati incantesimi io ti stia
facendo anche un corso di recupero su come essere un bravo Slytherin. Dovrei
scrivere un manuale, farei prima e ci guadagnerei qualcosa… Vabbè, visto che
ci siamo…” Draco si ridiresse verso il letto, sdraiandovisi sopra di lato,
la testa sorretta da una mano, mentre teneva l’altra appoggiata naturalmente
sul fianco. Harry notò l’incredibile grazia che accompagnava ogni suo gesto
e deglutì, cercando di mantenere viva la rabbia nei suoi confronti. “Lezione
numero uno:” continuò Draco. “Conosci il tuo nemico. Io so tutto di te,
Potty. Ho raccolto talmente tante informazioni sul tuo conto che potrei
scriverci un libro, se a qualcuno interessasse. Conosco ogni tuo difetto,
ogni debolezza. Per questo hai l’impressione che io sappia sempre ciò che
hai in mente. Probabilmente ti conosco più di quanto tu conosca te stesso. E
so, da fonti piuttosto attendibili, che tu sia con le donne che con gli
uomini sei sempre stato piuttosto…scarsino. A parte il fatto che ancora mi
chiedo perché tu ci abbia anche solo provato a stare con una ragazza.”
Harry non rispose. Non c’era molto che avrebbe potuto dire in sua difesa.
Chiunque fosse l’informatore di Malfoy, era una persona molto preparata. Non
che la sua disastrosa relazione con Cho fosse un gran segreto all’interno
della scuola… Ma era piuttosto sicuro che la sua attenzione particolare per
i compagni maschi fosse passata inosservata.
Harry si aggiustò gli occhiali sul volto e borbottò “Per stasera può
bastare. Sono stanco, me ne vado a dormire.”
“Cos’è tutta questa fretta?” lo trattenne Draco. Vista l’espressione di
sfida di Harry, lo Slytherin si affrettò ad aggiungere “Non ti preoccupare,
non ho la minima intenzione di farti giocherellare con le mie parti basse.
Ti farebbe troppo piacere. Ma tu hai promesso di fare tutto ciò che voglio…”
Harry continuò a fissarlo con crescente ansia. Quale nuova umiliazione
poteva essersi inventato stavolta? Avrebbe dovuto portargli i libri o
aprirgli la porta, o chiamarlo davanti a tutti “Signor Malfoy” inchinandosi…
“Voglio che tu da domani smetta di rivolgere la parola a Weasel.”
“E perché?” gli chiese contrariato Harry.
“Ha una cattiva influenza su di te, e poi mi fa schifo. Non vorrei mai che
il solo stargli vicino ti trasmetta qualche malattia. Non voglio rischiare
di prendermi le piattole ogni volta che ti sbatto sul pavimento…”
Harry incassò quest’ultimo affronto in silenzio e a grandi passi lasciò la
stanza.
Draco si distese sul letto, le braccia incrociate dietro la testa, e
sorrise. Chissà, forse con un po’ di pazienza sarebbe riuscito davvero a
trasformare Potter. E per allora l’avrebbe educato ad ubbidirgli così bene
che gli sarebbe stato dietro come un cagnolino. Questa prospettiva
allettante lo accompagnò fino a che, ritornato in dormitorio, non si
addormentò, finalmente compiaciuto.
Harry rientrò silenzioso nel suo dormitorio e si mise subito a letto,
ripensando all’ultima richiesta di Draco. Caspita, Ron era il suo migliore
amico, se non parlava con lui con chi avrebbe parlato? Certo che era stato
stupido a fare quella promessa a Draco. Ora doveva rispettarla, e se gli
aveva chiesto di non rivolgere la parola a Ron ci doveva essere un motivo
valido.
Harry si chiese quasi compiaciuto se il biondo Slytherin potesse essere
geloso del suo migliore amico. Ron aveva la possibilità di vederlo nudo
praticamente quando voleva, e dormivano nella stessa camera. Per loro non
sarebbe stato un problema condividere lo stesso letto senza essere scoperti.
Inoltre lo conosceva alla perfezione, e Harry era benaccetto anche nella sua
famiglia. Per Malfoy le cose erano un po’ diverse. Di certo i suoi non
avrebbero approvato un’ipotetica relazione tra lui e Harry, e poi non
potevano mai vedersi se non di nascosto. Non c’era da stupirsi se, appena ne
aveva l’occasione, gli saltava addosso.
Qualcosa stonava nel suo ragionamento, ma Harry non riuscì a capire cosa
fosse, così si diede pace e tornò al suo problema principale. Ron. Non che
avesse molta scelta. Avrebbe cercato di evitarlo il più possibile, e se
proprio gli si fosse appiccicato addosso come faceva spesso avrebbe
accampato qualche scusa e se la sarebbe data a gambe.
Harry si addormentò un po’ angosciato per il giorno successivo.
“Harry, mi presti il tuo compito di Pozioni? Ieri non ho fatto in tempo a
finirlo…”
Ron guardò il suo migliore amico che, invece di rispondergli, se la dava a
gambe. Stupito, scosse la testa, chiedendosi se fosse diventato sordo, e si
preparò spiritualmente ad andare a chiedere la stessa cosa ad Hermione. Lei
non era molto comprensiva quando si parlava di compiti e lezioni…
Durante tutta la giornata Harry cercò di evitare Ron, e ringraziò la sua
buona sorte che non prevedeva allenamenti di Quidditch per quel giorno.
Tuttavia, quando fu l’ora di andare a dormire, trovò Ron che lo aspettava in
piedi di fianco al suo letto. Aveva un’aria sospettosa e infastidita.
“Allora?” chiese Ron. “C’è qualcosa che non va?”
Harry alzò lo sguardo al cielo e scosse la testa. Senza dire una parola
aggirò Ron e si sedette sul letto, cominciando a spogliarsi.
“Beh,” lo incalzò il rosso, “non mi degni neanche di una spiegazione? Fino a
ieri tutto bene e oggi…non mi parli più? Vorrei proprio sapere cosa posso
averti fatto durante la notte per farmi odiare…”
Harry lo guardò e riabbassò gli occhi velocemente.
“Non so di cosa stai parlando,” negò Harry.
Ron sbuffò arrabbiato.
“Mi prendi pure in giro? Guarda che me ne accorgo se scappi quando mi
avvicino! Non sono cieco né scemo, come forse credi tu!”
“Ah no? E allora perché mi stai facendo questa ridicola scenata? Se non ti
ho parlato tutto il giorno avrò i miei motivi…” rispose calmo Harry.
“Ridicola scenata?!? Ascolta, io ti sono stato dietro per cinque anni,
nonostante tutti i tuoi colpi di testa e le tue crisi. Mi sono sempre fidato
di te, anche l’anno scorso, nonostante tu mi abbia trattato come una scarpa
vecchia. Ho sopportato le tue crisi isteriche tutta l’estate, perché ero
sicuro che tornare a scuola ti avrebbe fatto bene, ma evidentemente mi
sbagliavo! Non so come ho potuto credere che tu, dopo tutto quello che ci
hai fatto passare, potessi essere tornato quello di una volta, quando ti ho
conosciuto. Sai qual è il tuo problema? Sei un montato, un prepotente e un
invidioso, non sopporti che anch’io possa valere qualcosa e non ti va giù
che io abbia trovato la ragazza mentre tu stai ancora a farti le seghe!”
sbottò Ron.
“Sai qual è il tuo, di problema, Ron? È che sai di essere inutile e mediocre
e non hai mai sopportato il confronto con me. Hai sempre fatto di tutto per
metterti in mostra e sempre con risultati penosi. E adesso che io ho altro a
cui pensare ti dà fastidio non essere più al centro dell’attenzione!”
“Io?!?” esclamò Ron, sarcastico. “Io sarei stato al centro dell’attenzione?
E quando? Sei tu la star, qui!”
Harry lo guardò con aria di sfida.
“Hai ragione. Sono io la star tra noi due. Sono più potente, più sveglio e
più capace di te.” Harry soppesò l’espressione irata di Ron. Il suo viso era
diventato rosso come i suoi capelli. “Evidentemente,” riprese Harry, “i
nostri rapporti finiscono qui.” Riprese a spogliarsi, poi aggiunse con
sufficienza studiata “Comunque non pensare che me ne freghi qualcosa di te e
della tua bella fidanzata. Nella mia vita ora c’è una persona che vale
diecimila volte voi due messi insieme. Ma non sono certamente fatti tuoi…”
Così dicendo Harry, che intanto si era infilato il pigiama, si tolse gli
occhiali e, senza aggiungere altro, si infilò a letto.
Ron lo osservò senza parole per qualche secondo, poi, scuotendo la testa,
perse le speranze e se ne andò a dormire a sua volta.
Harry non si addormentò subito. Ripensò alla litigata che aveva appena avuto
con Ron. Era stato molto duro, ma non poteva fare altrimenti. Certo, aveva
appena perso un amico, ma così non avrebbe più dovuto inventare scuse per
non parlargli. Ripensandoci bene, poi, forse non aveva perso granchè. Ron
gli aveva detto cose orribili. Sapeva che lui era geloso della sua fama, e
che avrebbe voluto essere ritenuto importante quanto lui, ma non si
aspettava che gli riversasse addosso tante accuse.
Vabbè, ormai non si potevano più cambiare le cose. Mentre i suoi muscoli di
rilassavano e sentiva il sonno impossessarsi del suo corpo ripensò al suo
ultimo commento. Aveva cercato di essere sprezzante e freddo come Malfoy
quando lo insultava. Su di lui funzionava, quindi avrebbe dovuto avere un
certo effetto anche su Ron, che era molto più impressionabile. Harry sorrise
tra sé e sé. In fondo Draco gli stava dando molto più di ciò che pensava…
Harry trasalì quando, nel bel mezzo del salone principale, Draco lo avvicinò
pubblicamente e si sedette al suo fianco. Non che la cosa gli dispiacesse,
ma…non era normale.
“Allora, Potty,” cominciò gioviale lo Slytherin, scorrendo con gli occhi le
pagine del libro che Harry stava studiando, “ci diamo allo studio? Ho notato
un po’ di freddezza tra te e Weasel da un paio di giorni… Non avrete mica
litigato…”
Harry ricambiò il suo sguardo con intensità.
“Non fare troppo il simpatico, Malfoy. Non ne sei capace,” rispose acido.
“Mmm… Stavo per dirti che ero proprio soddisfatto di come ti stavi
comportando, ma visto che sei così scortese non te lo meriti.”
“È colpa tua se sono così nervoso. Credi sia facile dividere la camera con
qualcuno che ti odia?”
Draco sembrò soppesare la domanda per un po’ con serietà.
“Non lo so. Non mi è mai capitato. Ma tu dovresti esserci abituato. Chi
potrebbe mai sopportarti?”
“Buffone…” sibilò Harry.
Draco ridacchiò, per niente intimorito dal suo sguardo torvo.
“Sarà meglio che ti guardi le spalle, comunque. Non mi sembra che le
amicizie siano il tuo forte.”
Harry guardò Draco con aria interrogatva, poi seguì lo sguardo del biondo e
si accorse che tutti gli studenti intorno a loro li stavano osservando
sospettosi, soprattutto i suoi compagni di casa.
“Ti odiano tutti, a quanto pare, dentro e fuori dal letto,” sussurrò lo
Slytherin al suo orecchio.
Velocemente Harry tornò a fissare Draco, ma quello si era già alzato in
piedi.
Con un paio di plateali pacche sulla testa si allontanò, dicendo con finta
allegria “Fai il bravo, Potty, mi raccomando.”
Harry sentì la rabbia ribollirgli dentro e senza pensarci gli urlò dietro
“Dovresti provare a dormire con me, Malfoy, così sapresti di certo cosa si
prova.”
Si rese conto del significato ambiguo delle sue parole solo dopo che queste
risuonarono nella sala. Draco sollevò gli occhi al cielo uscendo, e Harry
incassò le spalle, desiderando di poter diventare invisibile e sottrarsi
agli sguardi sconcertati dei presenti. Attese solo pochi secondi, poi,
incapace di sopportare la pressione circostante, raccolse i suoi libri e si
ritirò nella sala comune dei Gryffindor.
La notizia del breve colloquio tra Malfoy e Potter si diffuse in fretta per
la scuola. In particolare la frase del Gryffindor passava di bocca in bocca,
cambiando forma mano a mano, fino a diventare una vera e propria
dichiarazione d’amore.
Harry non se ne accorse finchè Hermione non gli si parò davanti nella loro
sala comune. La ragazza lo fissava severamente, le mani sui fianchi. Harry,
non capendo, inarcò un sopracciglio.
“Ascolta, Harry, di certo non sono affari miei se i tuoi gusti sono, ehm,
anticonformisti, ma non posso stare a guardare mentre impazzisci. Non ti ho
detto nulla per quella scenata con Ron, perché so quanto lui possa reagire
male in quei casi e non me la sentivo di addossarti tutta la colpa, ma
quando è troppo è troppo. Cos’è questa storia delle dichiarazioni d’amore a
Malfoy?”
Harry la guardò confuso.
“Dichiarazioni d’amore?”
“Tu come la chiami quella che hai fatto a Malfoy nel bel mezzo del salone
principale davanti a una trentina di persone?”
“Insulto? Litigio? Tutto, tranne che una dichiarazione d’amore,” rispose
Harry, avvertendo ciononostante una stretta allo stomaco. Era nervoso,
sentiva che il suo segreto stava per essere minacciato e non voleva che
trapelasse niente del suo rapporto con Draco.
“Beh, allora hai proprio uno strano modo di insultare la gente, se la inviti
nel tuo letto…” commentò Hermione. “Ma non ci pensi alla reputazione della
nostra casa?”
Harry, che già era nervoso, perse le staffe.
“Se permetti, tengo di più alla mia di reputazione che non a quella di
questa casa di ipocriti. E poi che vuoi? A che titolo vieni a chiedermi
quali sono i miei rapporti con Malfoy e a dirmi cosa fare? Ti ha mandata il
tuo amichetto perché a lui le ho già cantate e non osa affrontarmi di nuovo
faccia a faccia?”
Hermione lo fissò sconvolta e incredula.
“Ma io sono un tuo Prefetto…” obiettò la ragazza.
“E sai il tuo bel distintivo dove puoi mettertelo?” ribattè duramente Harry,
una luce cattiva nello sguardo.
La giovane rimase senza fiato per qualche secondo, poi deglutì e sentenziò
“Mi spiace, Harry, ma mi costringi a farlo. Farò rapporto alla professoressa
McGonagall per la tua mancanza di rispetto.”
Harry fece spallucce e si girò, andandosi a ritirare nel suo dormitorio.
Quando sembra che non possa andare peggio, si scopre sempre di stare
sbagliando. Al termine della cena, infatti, Harry si stava alzando per
lasciare la sala quando si ritrovò davanti la professoressa McGonagall che
lo fissava con sguardo severo.
“Seguimi, Potter,” gli ordinò la strega, e lui si avviò con lei verso il suo
ufficio.
Quando furono arrivati, la professoressa chiuse la porta alle sue spalle e
si portò dall’altro lato della larga cattedra, sedendosi e facendo segno a
Harry di fare lo stesso.
“Mi dicono che ultimamente ci sono stati dei dissapori tra te e altri membri
della nostra casa, in particolare con i due Prefetti Weasley e Granger. La
cosa mi coglie di sorpresa non poco, visto che stiamo parlando dei tuoi
migliori amici. Inoltre ho sentito strane voci circolare sul tuo conto che
coinvolgerebbero anche il signor Malfoy…”
Harry sbuffò. Perché mai dovevano tutti essere così morbosamente curiosi
della sua vita privata?
La professoressa guardò dubbiosa la sua faccia imbronciata.
“Immagino che alla base di questi pettegolezzi ci sia qualche superficiale
studentessa che ha interpretato a suo modo qualche vostra parola. Ma il tuo
comportamento mi preoccupa comunque, Harry.” La strega si chinò leggermente
in avanti verso il ragazzo e chiese “C’è qualcosa che non va? Qualcosa di
cui vorresti parlarmi?”
Harry rimase silenzioso per un po’, poi si strinse nelle spalle e sospirò.
“Mi dispiace professoressa, ma ultimamente ce l’hanno tutti con me.”
La professoressa lo osservò poco convinta.
“Non è un’analisi molto profonda della situazione…” commentò paziente.
Harry scosse la testa.
“Non so perché Ron e Hermione si stiano comportando così. Mi rimproverano
per qualsiasi stupidaggine, e poi non sta proprio a loro dirmi cosa devo
fare! In fondo sono solo miei compagni di scuola…”
La professoressa ascoltò questo sfogo con attenzione, ma alla fine scosse la
testa.
“Non hai pensato che forse anche loro si stanno preoccupando per te, perché
ti vedono cambiato? È inutile negarlo, Harry. Nelle ultime settimane sembri
sempre distratto, distante, anche durante le lezioni. Ho ricevuto parecchie
lamentele dagli altri professori, e non solo dal professor Snape… Tutti si
lamentano perché non ti impegni abbastanza. E poi sembri sempre stanco, come
se non dormissi abbastanza…”
Harry si afflosciò contro lo schienale della sedia e chiuse gli occhi. Non
ne poteva più di tutti quegli interrogatori, delle pretese, delle tensioni.
Non ne poteva più di fingere ma non poteva dire la verità. Non ne poteva più
in generale di tutto e di tutti. Tranne che di Draco, forse. Questo pensiero
lo colpì per la sua assurdità. Solo qualche mese prima la cosa gli sarebbe
sembrata assurda. E invece, a poco a poco, stava scoprendo che forse aveva
sbagliato a giudicarlo così negativamente, perché, pur coi suoi difetti, era
una persona forte, intelligente e determinata, oltre ad essere diventato
decisamente bello. I suoi amici, d’altra parte, si stavano rivelando poco
più di un branco di pecoroni, incapaci di vivere la propria vita e proprio
per questo ossessionati dalla voglia di dare consigli e organizzare la vita
altrui. Anche la professoressa McGonagall, per quanto la stimasse, non aveva
un vero motivo per fargli tutte quelle domande e quel discorso. Si stava
solo impicciando degli affari suoi, come tutti gli altri. Magari aveva paura
che, se non controllato a bacchetta, sarebbe potuto diventare pericoloso. In
fondo era un mago dalle enormi capacità, e in mano giusta avrebbe potuto
esprimere una potenza inimmaginabile. Magari avevano paura che scegliesse
liberamente cosa fare della propria vita, temevano il confronto con lui. Per
questo lo tenevano sempre chiuso tra quelle quattro mura o barricato in
casa, senza fornirgli uno straccio di notizia o di informazione. Era
praticamente un complotto.
“Harry?”
La voce preoccupata della McGonagall giunse all’orecchio di Harry,
scuotendolo dai suoi pensieri. Aprì gli occhi e la fissò con decisione.
“Io sto benissimo, professoressa. Non ho bisogno di consigli, né di essere
controllato. Mi basterebbe essere lasciato in pace. Anzi, se permette, ora
vorrei andarmene a riposare. Ho un mal di testa terribile…”
La professoressa lo guardò alzarsi e lasciare l’ufficio senza opporsi.
Potter era decisamente strano nell’ultimo periodo, ma ogni tentativo di
capire cosa gli passasse per la testa sembrava naufragare nell’astio che il
ragazzo evidentemente covava nei confronti del mondo intero dalla morte del
suo padrino. L’evento doveva averlo toccato più profondamente di quanto
avessero ipotizzato. Sospirando, la strega si alzò, decisa a sviscerare il
problema davanti a una bella tazza di tè col professor Lupin e il professor
Snape.
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