Here comes the sun

di Kitty Pryde

 

Fu una delle prime cose alle quali pensò aprendo gli occhi in quella mattinata anomala, un sabato che sembrava come perso nel nulla, dove si respirava la primavera anche attraverso i vetri chiusi della finestra, anche nella luce soffusa che entrava dalle persiane abbassate.
Fu una delle prime cose sulle quali riuscì a concentrarsi, quel senso di leggerezza straordinario nel voltarsi e guardare quella sagoma che gli respirava accanto, nell’assaporare dentro le narici l’aroma vellutato di tè alla vaniglia che saliva dalla cucina, nel vedere i suoi occhiali abbandonati sul comodino…
Commozione, ecco cos’era l’amore, emozionarsi nel guardarlo, spettinato, che abbracciava il cuscino, accarezzargli la schiena quasi distrattamente e ascoltarlo svegliarsi, mugolare, voltarsi sul fianco e aprire gli occhi un attimo, necessario a capire dov’era, al sicuro, per poi richiuderli e riprendere a respirare regolarmente, addormentato.
Erano cose che avrebbe concesso solo a lui; quella nudità, quella trasparenza, quella sincerità disattenta del mattino presto.
Fuji Syusuke, nelle sue brevi e superficiali storie d’amore, non era mai stato il primo a lasciare; con frasi più o meno banali e discorsi più o meno scontati, Syusuke era sempre stato scaricato da quelli che, tanto ingannevolmente quanto romanticamente considerava già suoi compagni, eppure non aveva mai sofferto la perdita di un grande amore; e in quella mattina anomala, immersa nel nulla di una primavera apparente, non si sorprese nel pensare chiaramente che, quella volta, il ragazzo che sonnecchiava accanto a lui, incapace di svegliarsi del tutto, rappresentasse qualcosa di più di quelle brevi e idealizzate storie che Syusuke era solito vivere.

Pensò che lo amava, ma non lo disse ad alta voce.
Gli carezzò i capelli scompigliati, la fronte, scivolando con un dito sul dorso del naso
“Kunimitsu?” lui strinse un po’ gli occhi poi lo allontanò con la mano, quasi infastidito; Syusuke rise a bassa voce e gli baciò la spalla, pelle calda, dolce, sotto le sue labbra.
Pensò scioccamente che avrebbe voluto restare lì per sempre, a guardarlo svegliarsi, a baciargli la pelle tra il lenzuolo e il cielo di primavera che entrava, sempre più prepotente, dagli spiragli della tapparella chiusa, e si sentì incredibilmente banale mentre, con il dorso della mano percorreva la lunghezza sensuale della spina dorsale del suo compagno, dalla nuca al fondo della schiena e a risalire, complice, profondo, cercando di trasmettere a quel gesto tutto l’amore che in quel momento riusciva ad immaginare, tra la sua pelle e il lenzuolo, ascoltando ogni centimetro del suo corpo, accorgendosi, palmo a palmo, di quanto la sua nudità gli risultasse familiare, come qualcosa di lungamente atteso, immaginato; da quando, al di là della rete del tennis club, si fermava a riconoscere il movimento di ogni suo muscolo, fino ai gesti convulsi e imbarazzati della sera prima, quando si erano baciati davanti al portone di casa, con un sapore diverso dal solito, con un trasporto del quale Syusuke non lo avrebbe immaginato capace.
Era stato allora che, per la prima volta, con il solletico sottile dei suoi capelli sotto il mento, Syusuke aveva pensato che difficilmente avrebbe potuto fare a meno dei baci impacciati del suo capitano, di quei momenti di tenerezza in cui si trovava evidentemente a disagio, di quel loro amore indeciso, piccolo e ingombrante al tempo stesso; mentre i baci di Kunimitsu cambiavano odore sulla sua pelle, Syusuke si era reso conto di quanto la situazione gli fosse sfuggita irrimediabilmente di mano, di quanto quel loro piccolo e indeciso sentimento stesse crescendo, di quanto tutto ciò che fino ad allora gli sembrava meravigliosamente astratto, stesse prendendo forma sotto le mani eleganti di Kunimitsu che, stringendolo in quel modo ostinato lo cercavano, innegabilmente e prepotentemente
“Sali…” fu l’unica cosa che Syusuke riuscì a dirgli, tra un pensiero e l’altro – uno più importante dell’altro – tra i suoi baci che si facevano più intensi, che pretendevano una risposta
“Sali…” lo disse prendendolo per mano, accompagnandolo, baciandogli la guancia con una tenerezza che valeva più di ogni risposta.

Avevano fatto l’amore, quella notte, scoprendosi senza malizia, abituando piano i propri occhi al buio che si faceva penombra nella stanza di Syusuke, con la notte che entrava dalle persiane abbassate, con i capelli di Kunimitsu che gli provocavano lo stesso, piacevole, solletico sotto il mento mentre le sue mani lo attiravano a se con una tenerezza inesperta, carezzandogli la pelle sotto la camicia, aggrappandosi alla sua schiena con la forza di chi non vuole sentirsi abbandonato.
Syusuke assecondava ogni suo più piccolo gesto, stringendo con forza le mani sui suoi fianchi, interpretando i suoi movimenti e reagendo di conseguenza, cercando la sua pelle sotto i vestiti, i suoi muscoli sotto la pelle, il suo respiro, il suo sudore, distinguendo nella penombra il profilo della sua schiena, lasciando scivolare le sue dita in una carezza che nasceva tra le sue spalle e moriva sul suo bacino, sulla pelle umida, tra le sue gambe, accendendosi nei suoi sospiri e baciandogli la schiena, muovendosi sopra di lui e carezzandogli i capelli, rassicurandolo.
Avevano fatto l’amore, quella notte, ed era una sensazione che Syusuke non riusciva a spiegarsi a parole; fissava il soffitto, apparentemente tranquillo, cercando di isolare il suono dei respiri di Kunimitsu dai piccoli rumori che invadevano la camera, cercando di focalizzare i ricordi sul profilo della sua schiena, appena visibile nella penombra della stanza, sul dolce peso di Kunimitsu, appoggiato nell’incavo della spalla, sui suoi capelli che gli provocavano, ancora, quel piacevole solletico; lo sentiva incredibilmente vicino, suo.
Capì che lo amava, ma non lo pensò ad alta voce e, continuando a guardare il soffitto e a riflettere, su concetti astratti, senza parole, senza contorni, prese a muovere la mano sulle sue scapole, lungo gli omeri, cercando la circonferenza delle sue ossa, sotto la pelle, sotto i muscoli, imparando a memoria il suo corpo rilassato, percorrendone il fianco, la vita, le anche…
“Sai” sussurrò senza disturbare, sentendolo reagire alle sue carezze “forse è qualcosa che da fuori non si riesce a vedere, ma dentro… mi sento molto più felice” Syusuke sentì le labbra di Kunimitsu piegarsi sulla sua pelle in qualcosa che era nato come un bacio e si era trasformato in un sorriso, non disse nulla, ma rispose con una serie interminabile di piccoli baci, senza desiderio, con una tenerezza che suonava come una ninna nanna, cominciando anche lui ad accarezzargli le spalle, le braccia, a studiarlo, esplorandolo, stringendo le mani attorno al suo corpo per non dimenticarlo, per imparare la giusta direzione delle sue carezze, il punto ideale dei suoi baci; capì che lo amava, ed ebbe un attimo di esitazione sulla sua pelle umida, ma raccolse i pensieri e lo baciò, senza imbarazzo, assaggiando le sue labbra, lentamente per non dimenticarle.

Fu una delle prime cose alle quali pensò aprendo gli occhi, il sapore dei baci di Kunimitsu, il rumore impercettibile del suo quieto respirare, la forma delle sue braccia, il profilo della sua schiena immerso nella penombra, il suono insistente della sveglia nelle orecchie…
Furono le prime cose alle quali riuscì a pensare, senza desiderio, con la tenerezza che si prova quando si immagina il grande amore
“Kunimitsu…” Tezuka si voltò, lamentandosi di nuovo e, quella volta, non aprì nemmeno gli occhi per constatare dove fosse, al sicuro, tra le braccia di chi, la sera prima, lo chiamava amore con ogni gesto, con ogni profonda carezza. Non voleva svegliarsi, quel modo familiare che aveva Syusuke di prendersi cura di lui, quella tenerezza, inconsapevolmente lo rendevano tranquillo, non felice… tranquillo, mentre il profumo speziato del tè di Yumiko continuava a salire dalla cucina.
Fu Syusuke il primo ad arrendersi, dopo l’ultimo e fallimentare tentativo di svegliare il suo compagno che continuava a sonnecchiare, refrattario a qualsiasi sollecitazione esterna, dal profumo della colazione alle sue interminabili carezze, Syusuke scivolò fuori dalle lenzuola, sfiorando le spalle di Kunimitsu con le dita per rassicurarlo, per manifestare la sua presenza, si alzò e aprì la finestra; la luce della mattina, la stessa che prepotentemente si infiltrava dalle tapparelle chiuse fino a poco prima, invase la stanza, come un bagno di colore, e senza arroganza, naturalmente, arrivò il sole.
 

 


Tracklist: Paolo Conte (Bartali, Boogie, Razzmatazz, gioco d’azzardo, via con me, fuga all’inglese, architetture lontane, gelato al limone)