Grosso guaio all'Iguana club2

di Niane

 


TITOLO Grosso guaio all’Iguana club
PARTE 2\4
AUTORE Niane
SERIE slam dunk
PAIRING ruhana
RATING porno ^_^

Luce giallina, riposante, non quella solita dei riflettori che si compone in miriadi di brillantini alterando i colori, elettrizzando il bianco, ma una luce ‘normale’ che mostrava le cose come erano realmente: la vernice del bancone del bar che, nonostante la cera, palesava ombre di invisibili screpolature là dove i bicchieri erano stati appoggiati troppe volte con forza eccessiva, le mattonelle pallide della pista, più simili a quelle che ricoprono le pareti delle piscine che non al fondale marino, le proporzioni…oh le proporzioni sotto quella luce vera erano qualcosa di incomprensibile. I divanetti, che erano sempre stati così lontani la notte, immersi in distese di luce soffusa e profumata, così difficili da scrutare, così eternamente lontani da raggiungere, apparivano,
sotto quella luce naturale, semplicemente vicini. Non c’erano miglia da percorrere, solo una manciata di passi, attraversando direttamente la pista.
“E’ sempre stato così piccolo questo posto?” chiese Hanamichi accoccolandosi su uno degli alti sgabelli davanti al bancone.
Junda sorrise appena, infilandosi nella sua prigione dietro al bancone, stiracchiando le braccia sopra la testa. Il drago d’argento sull’attillatissima maglietta rossa, si allungò sulla sua schiena, cercando di spiccare il volo.
“Ti sembra piccolo solo perché è vuoto Hanachan.”
”Sarà, ma a me così fa una certa impressione. Sembra un posto normale. Ma tu arrivi sempre così prima dell’apertura?”
Junda annuì sparendo sotto il bancone e riemergendo con un grosso telecomando in mano “Si`. Mi piace il contrasto tra come è prima e come diviene quando cominciano ad arrivare i clienti, è come vivere in una metamorfosi” sussurrò premendo con forza un pulsante verde.
La musica lenta e dolce di una chitarra triste avvolse il locale.
“Ti va qualcosa da bere nell’attesa?”
Hanamichi impallidì leggermente sentendo tutte le cellule del suo corpo rizzare il pelo, come gatti spaventati, all’idea di ingurgitare altro alcool
Junda ridacchiò “Niente alcolici: non ti ho mandato a casa per non far vedere a tua madre in che stato penoso ti eri ridotto e vuoi che ti faccia pure bere? Pensavo ad un succo di frutta, o al massimo sciroppo di fragole con crema al latte”
Le cellule continuarono a ringhiare, ricordando che nell’Ossessione rosa, che avevano vomitato per tutta la notte, di sciroppo alla fragola ce n’era in abbondanza.
“Preferirei un succo di pomodoro” decise alla fine.
“Anche per me, corretto con un po’ di Worcester sauce e un goccio di vodka. Bhè Sakuragi, non c’è che dire, quei vestiti stanno meglio a te che a lui” l’informò Kia sedendosi sullo sgabello accanto a lui.
Hanamichi sgranò gli occhi perplesso, era la prima volta che riceveva un complimento dal poliziotto, anzi era la prima volta che sentiva Kia fare un complimento ad anima viva.
In effetti, la camicia alla coreana che il moretto gli aveva prestato (i pantaloni erano sempre i suoi, quelli del ragazzo gli erano tutti troppo corti), gli fasciava il petto come una benda, mettendo in evidenza i muscoli, posandosi con una leggera svasatura sui fianchi e rivelando una sottile strisciolina di pelle nuda sulla pancia.
“Ah ah ah.” Grugnì il moretto “ Hanachan questo è il tuo succo, e te, il Bloody Mary te lo fai, ti ho insegnato no?”
“Come siamo acidi stasera, Jundaro” fece presente Kia con un sorriso, alzando il piano mobile infilandosi dietro il bancone.
“Non mi chiamare così!”
Hanamichi sorseggiò appena un goccio della bibita, quello che bastava per illudere le sue papille gustative “Perché lo chiami Jundaro?” chiese appoggiando il bicchiere.
“Perché…”
“Taci sai…” sibilò Junda.
“…è il suo nome: Jundaro Rei, ventisei anni, nato ad Hokkaido l’11 settembre, del segno del coniglio, gruppo sanguigno zero. Madre insegnante e padre dentista, ha ottenuto la laurea in ingegneria meccanica con ottima votazione tre anni fa, ha lavorato per un anno presso la Ninnifoundation, ma ha rifiutato un vantaggioso contratto a tempo indeterminato per trasferirsi a Kanagawa e lavorare qui.” Incredulo, Junda spalancò occhi e bocca, il palato incredibilmente secco “Co..come lo sai?” sussurrò stupito fissandolo. Quella sera Kia era vestito strano, divinamente, ma in modo strano. Indossava dei jeans leggermente a zampa di elefante, strettissimi sulle cosce, che fasciavano sensualmente, allargandosi a partire da sotto il ginocchio, lasciando intravedere la pelle lucida e nera di un paio di stivaletti alti sino alla caviglia dotati di un tacco basso e leggermente rilanciato verso l’interno. Sopra indossava una specie di sahariana color panna, con le maniche corte, lasciata aperta sul petto, coperto da una maglia nera e così stretta da disegnare perfettamente il profilo dei capezzoli addormentati, sino a metà torace, dove all’improvviso l’elastico la chiudeva creando con uno sbuffo che gli allargava i fianchi in modo insolito, prima che la stoffa ricadesse nuovamente in morbide onde sino a metà coscia.
Kia si strinse nelle spalle fissandolo per un attimo negli occhi, leggermente divertito “Mi informo sempre il più possibile sul conto delle persone con cui devo lavorare” sussurrò.
“Anche su di me?” chiese Hana socchiudendo gli occhi.
“Hanamichi Sakuragi, nato il primo aprile, madre infermiera, il padre morto d’infarto due anni fa. Studente del secondo anno allo Shohoku, in realtà pessimo studente, ma buon giocatore di basket. Questo è tutto quello che sono riuscito a sapere su di te, con Jundaro è stato più semplice.” Confessò cercando di spruzzare un po’ di pepe rosso sul suo cocktail, ma riuscendo solo a spargerlo su tutto il piano
“Eh? perché?” sbuffò Junda togliendogli calice e macinino e depositando con maestria una leggera nevicata sul succo di pomodoro.
“Grazie” disse con un sorriso Kia afferrando il bicchiere.
“Tu non hai pagato una multa Jundaro” spiegò infine, succhiandosi le labbra per catturare le piccantezza del liquore.
“E allora?”
“E allora sei archiviato, poi hai un bancomat, una carta di credito” Kia scosse appena la testa facendo schioccare la lingua contro il palato: “Schedato, catalogato, controllato per il resto della tua vita. La tua privacy sta nel fatto che, fino a che non fai cose strane, nessuno ti farà sapere che in realtà ne sei privo”
“Io ho preso solo due multe e una non dovevo pagarla” sbottò irritato, sbiancando appena quando Kia gli sorrise, stiracchiandosi contro il bordo del bancone, “no, non puoi sapere anche questo…come hai fatto?”
Kia alzò appena il bicchiere dedicandogli un brindisi “Me ne ha parlato lui stesso”
Con uno scatto Junda si girò verso Hana che li guardava perplesso: non aveva capito nulla.
“No, Hanachan non è andata così” spiegò afferrando tra le mani quella sinistra di Hana e portandosela drammaticamente al petto “Quando lui entrò nel bar io non sapevo che era il poliziotto che mi aveva appena appioppato una multa colossale! Non lo sapevo davvero! Insomma, non è che uno si senta proprio sessualmente predisposto verso uno che ti ha fatto una multona da guinness solo perché hanno messo un divieto di sosta sopra la tua scassatissima auto…che poi non era nemmeno un’auto…somigliava di più a una vasca da bagno deambulante….Oh! Kia, stai dicendo che dopo tutti questi anni si ricorda ancora di me? E dire che sono state solo poche notti…. Gli ho incendiato il sangue eh?” disse con un sogghigno soddisfatto, senza permettere alla mano di Hanamichi di allontanarsi dal suo corpo “Che t’ha detto?”
“Ha solo suffragato la mia ipotesi” gli sussurrò all’orecchio da dietro la schiena, il petto che gli sfiorava la spalla
“Le lolite come te, poi mi diventano pedofili” sibilò pizzicandogli la pelle del dorso della mano destra e torcendola con forza costringendolo a lasciare la mano di Hanamichi.
“Ahiahiahiahiai” si lamentò piegandosi un po’, cercando di ridurre la presa.
“Devi smetterla di molestarlo, è minorenne”
“Gli sto solo facendo capire che c’è un amico disposto ad aiutarlo se ha bisogno di sfogare gli ormoni, ahiahihai”
Hanamichi sorrise bagnandosi di nuovo le labbra nel succo, non era convinto che Junda ci stesse provando davvero, non più almeno (JU:Ma sei scemo ç_ç???? RU: Ehmmm JU.__. Non ci sto provando davvero..nonnonno) e comunque non lo interessava molto.
Erano altre mani che voleva sentir stringere le sue, altre labbra sfiorare la sua pelle.
“Ecco perché Juju non mi ha mai degnato di uno sguardo, preferisce il sadomaso lui” sospirò divertito Satori salutando con una strizzatina d’occhio Hanamichi il cui cuore aveva iniziato a battere un’ottava più veloce e piccoli brividi d’aspettativa gli saltellavano sulla nuca.
Trattenne il fiato un istante imponendosi di non girare la testa, il suo sangue frizzante gli diceva che era arrivato anche lui, ma voleva sentire prima la sua voce.
“Hn” mugolò Rukawa inalberandosi su uno sgabello al suo fianco.
“Kachan sei uno schianto più del solito oggi” sussurrò Junda lasciando scorrere lo sguardo sulla camicia azzurra del ragazzo che gli metteva in risalto gli occhi in modo quasi inquietante: di sicuro le sirene avevano avuto lo stesso sguardo, “cercheranno di accoppare il povero Hiroaki pur di stare con te”
“Ho altri programmi per stasera” sussurrò guardando Kia che sostenne il suo sguardo; le luci azzurrine del locale si accesero iniziando a danzare tra le varie tonalità e un uomo si accomodò tre sgabelli più in là.
“Ogni tanto mi piace cambiare”
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese Junda inarcando perplesso il sopracciglio che sbatté piano contro il piccolo orecchino.
“No, però vorrei offrire qualcosa a lui” sussurrò allungando una mano ad accarezzare quella di Hanamichi che sussultò, allontanandola inconsciamente.
“Cosa c’è? Ero convinto che venissi qui proprio sperando che mi venisse voglia di darti una ripassata” ridacchiò; Hanamichi si morse il labbro incerto.
Cosa doveva fare ora? Cosa si aspettavano che facesse? Doveva dare in escandescenze ed insultarlo? Doveva fare una scenata davanti a tutti? Tutti? Improvvisamente si rese conto che non c’era quasi nessuno a parte loro e l’uomo lì accanto. Sollevò il viso alla ricerca di Kia, ma il ragazzo stava preparando un cocktail e non lo guardava.
“Che cazzo vuoi da me volpe?” chiese inventandosi un tono triste ma arrabbiato.
Kaede scese dal suo sgabello, gli appoggiò le mani sulle ginocchia costringendolo ad aprire le gambe tra cui si intrufolò “Voglio che vieni su con me. Voglio te stasera”
Un terzetto entrò nel locale ridendo, si avvicinò al tipo che sorseggiava annoiato il suo liquore e lo trascinò, assieme all’ordinazione di una caraffa di daiquiri, verso uno dei divanetti più nascosti.
“Non occorre che reciti Hana” gli mormorò sottovoce Kaede, “vieni con me” lo incoraggiò prendendolo per mano.
Per un attimo Junda li guardò salire, poi, gettata un’occhiata a Satori che si stava occupando del daiquri, raggiunse Kia che teneva i gomiti appoggiati sul bancone e scrutava l’entrata.
“Che accade stasera?” gli sussurrò direttamente all’orecchio, inspirando il profumo delicato della sua pelle.
“Va bene così” rispose il biondino senza girarsi “ sta seguendo il mio consiglio; Sakuragi ha bisogno di stare un po’ con Rukawa e del resto nemmeno Rukawa aveva intenzione di lavorare oggi”
“Potremmo perdere una buona occasione” ribatté Junda chiudendo appena gli occhi, quell’aroma di sandalo e tabacco gli stava accendendo i sensi “è facile che quello si rifaccia vivo proprio stasera…”
Kia annuì, sfiorando inconsapevolmente con i capelli il naso di Junda “Probabilissimo, ma se hanno visto in Hanamichi un possibile compratore, torneranno ancora”
“Intanto però perderemo dei giorni e chissà a quanti venderanno la droga”
Kia si girò a guardarlo, sussultando appena nello scoprire quanto il moretto gli si fosse avvicinato: respiravano entrambi lo stesso centimetro d’aria ed il mento affusolato di Junda gli sfiorava quasi le labbra. “Forse” rispose stringendosi nelle spalle “ma non ho intenzione di mettere a rischio la salute di un ragazzino reale per salvarne cento ipotetici. Non permetterò più che accada, non ora che so cosa fare…”
“Uh ora capisco perché non sei mai voluto uscire con me” sbottò Satori fissandoli con un sorriso malizioso “E dire che ero così convinto, ma davvero convinto, che tu fossi un attivo Junda…”
Junda sgranò gli occhi impallidendo, ma il collega li fissava ancora ridacchiando “Invece sei anche tu un uke eh? E ti piacciono i duri che ti maltrattano, peccato; oh, non pensare che questo ti sminuisca ai miei occhi, ma io preferisco essere passivo e sono pure un coccolone, sai com’è…tu invece dovresti se non altro essere un po’ più tenero” sgridò minacciando Kia con l’indice “’Ste mani inutili usale che c’ha un culetto da favola” decretò afferrando i polsi del poliziotto e costringendolo a posare i palmi sui glutei tondi di Junda che strabuzzò gli occhi. “Vado a portare da bere, vedrò di camminare piano, avete tre minuti di strusciamenti, fateveli bastare che c’è da lavorare ok?” sussurrò strizzando l’occhio destro prima di dare una spintarella a Junda schiacciandolo contro il corpo immobilmente sorpreso di Kia. Il profumo speziato del ragazzo tornò ad invadergli i polmoni, premendo con forza sul tasto d’accensione del desiderio, il petto era sotto il suo solido e caldo e le mani congelate sulle sue natiche irradiavano un calore intossicante e piacevole.
Ridacchiando, Satori si allontanò verso i divanetti, attento a non far gocciolare la caraffa colma fino all’orlo.
Schiarendosi la gola Junda raddrizzò la schiena sentendo le mani abbandonarlo immediatamente.
“E’ un po’ pazzo” si scusò, la voce era forse un pelo troppo roca “ma se non altro ti ha dato un’irripetibile ed imperdibile occasione per palparmi, dovresti ringraziarlo sai?”
“ Vivevo bene anche senza” l’informò Kia scivolando verso sinistra per liberarsi dal moretto che ancora lo bloccava contro il bancone.
Junda gli mostrò la lingua, pronto a ribattere, ma il respiro gli si mozzò nella gola, non poteva essersi sbagliato: qualcosa di duro e lungo dalla forma indubbiamente fallica aveva sfiorato i suoi fianchi. Con calma Kia prese una bottiglia di prosecco iniziando ad aprirla. Con l’indice della mano sinistra accarezzò il collo della bottiglia, asciugando la gocciolina perlacea, lasciando scie limpide nella condensa, mentre le dita carezzevoli salivano piano. Con lentezza indolente strinse la mano attorno al collo mentre la destra sfiorava la sommità arrotondata e lucida del tappo, facendolo saltare con un piccolo botto. Il vino si ribellò appena, schiumando all’esterno e scivolando spumoso tra le sue dita. Con un singulto Junda si girò verso la sala, il sangue si era ridotto ad un budino che gli tremolava violento nello stomaco. Quel poliziotto frigido aveva avuto un’erezione a causa sua? Era stato il loro contatto? Davvero aveva un simile potere su quell’uomo indisponente? Con le mani che tremavano afferrò un cestino di fragole e le sbatté, senza lavarle, nella piccola centrifuga.
E anche se fosse stato? Su quanta gente esercitava un simile potere? Quanti si era divertito a far arrapare solo con una parola?
La macchinetta sussultò con violenza sotto le sue mani, ribellandosi.
E perché diavolo si sentiva lui stesso così tremendamente eccitato?

Kaede aprì la porta che ruotò su se stessa silenziosa ed ubbidiente.
I piedi di Hanamichi avanzarono lenti nella stanza, mentre il suo cuore immobile rimaneva indietro, impietrito davanti alla soglia.
Era una stanza normale: pareti di un rilassante marmorino leggermente azzurrato, un letto a due piazze all’occidentale con la testiera bianca, un grande tappeto blu scuro che richiamava le tendine impalpabili di garza bluette che coprivano la finestra, lasciando tuttavia che il chiarore della luna entrasse nella stanza. C’era anche un divanetto ad angolo con un piccolo tavolino di legno, proprio accanto al frigo bar, basso e lungo. Una normale stanza d’albergo di lusso, se non fosse stata per l’alta stretta colonna dimenticata dall’architetto proprio in mezzo alla camera.
“Un po’ antiestetica e soffocante, non trovi?” chiese indicandola con il dito.
Rukawa sbuffò una risata chiudendo la porta ed Hana si girò a fissarlo con le mani sui fianchi, pronto e desideroso di una bella litigata, ma le parole gli morirono in gola.
La parete dietro di lui era completamente ricoperta da un unico lunghissimo specchio, anche la porta era specchiata e, una volta chiusa, sembrava sparire, perfettamente uniformata nella superficie liscia e fretta, individuabile solo dal contorno tagliato e dalla maniglia. Scuotendo la testa Rukawa lo lasciò lì, a fissare la sua immagine con la bocca aperta, per curiosare tra le bottigliette del bar.
“Se hai anche la sola lontana idea di baciarmi, non bere nulla” borbottò impacciato Hana. Kaede chiuse di scatto la portina facendola risuonare con un colpo perfetto e sordo nella stanza “Solo la lontana idea?” ripeté appoggiandosi contro il mobile, le mani incrociate sul petto, “Solo baciarti? Che ti piglia do’aho?”
“Nulla” borbottò imbarazzato Hana abbassando lo sguardo.
“Mph” bofonchiò Kaede avvicinandosi tanto da fargli sentire il proprio fiato che gli accarezzava il collo della camicia. “Do’aho” lo chiamò posandogli la mano destra sull’ombelico, accarezzando appena quel lembo di pelle lasciato scoperto dallo spacco della camicia “Non mi interessa se mi fai passare come la più grande puttana della storia”; Hanamichi spalancò gli occhi allibito, ma Kaede non gli lasciò tempo per parlare: “lo so che non lo credi. E non m’importa che lo credano gli altri. Quello che mi da` davvero fastidio è che tu possa anche solo inventarti di non essere abbastanza per me”
”Chi cazzo…”
“Sendo ieri e Kia me lo ha confermato oggi, quando l’ho chiamato per sapere dove cavolo fossi finito. Mi è venuto un colpo quando non ti ho visto agli allenamenti”.
“Io li uccido!” sibilò stringendo i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.
“Come ti vengono in mente certe idee?” chiese impietoso Rukawa.
“Io...io…ecco...io...tu…”
Kaede rimaneva immobile in silenzio davanti a lui, unico punto di contatto tra loro il suo palmo posato sullo stomaco seminudo del rossino.
“Non lo so quando io…io ho visto Sendo e io...ho pensato che io…mi sono sentito inadeguato” sospirò allontanandosi di un passo “Insomma cosa ci trovi in me? Se Sendo fosse arrivato all’Iguana prima di me...tu non mi avresti degnato di uno sguardo. Lui è carino, sicuro, bravo a basket io…”.
La mano di Rukawa salì leggera sulla sua guancia, togliendogli la parola, sfiorandogli con una carezza tormentosa le labbra morbide, prima di sollevarsi di un paio di centimetri e scivolare, senza toccarlo, a disegnargli il collo, il petto e ridiscendere con forza sul suo stomaco con un pugno violento.”Allora pensi davvero che io sia una puttana? Chi era quello che veniva qui solo per fare sesso? Per portarsi a letto il primo che lo avesse degnato di uno sguardo? IO non ho mai fatto sesso con te Hana, mai. Nemmeno la prima volta, oh non speravo che avremmo potuto avere una storia, ma per me è sempre stato molto di più di una semplice scopata.” confessò furioso
Con un unico passo Hanamichi lo raggiunse premendo il proprio petto contro la sua schiena forte e stringendogli la vita in una morsa che rallentò il fiato del moro. “Scusami. Lo so, davvero, lo so, solo che tutta questa situazione mi ha un po’ scombussolato. Perdonami” mormorò scivolando a baciargli il collo. Kaede sbuffò irritato, piegando tuttavia il collo di lato per lasciargli più spazio.
“Hana, Hiroaki è innamorato di Sendo e, vista la scenata di ieri, credo che il tuo porcospino ricambi e poi…Do’aho ricordati: io amo te. Non devi preoccuparti di Sendo, Koshino o chissà chi altro, io sono masochista, amo gli idioti e al mondo non ce n’è uno peggiore di te”
La bocca che stava riempiendo di piccole fragole quel collo di latte s’interruppe istantaneamente “Cos’hai detto stupida volpe” grugnì
Rukawa sorrise liberandosi dall’abbraccio “Che sono masochista” ripeté, gli occhi che gli scintillavano felici nel vedere quelli nocciola infiammati dallo sdegno.
“Volpastra” sibilò.
“Che sei un idiota”, continuò sorridendo. Hanamichi si mosse al rallentatore avventandosi su di lui con un pugno, ma Rukawa pronto gli bloccò i polsi tra le mani, sbattendolo di schiena contro la colonna “e che ti amo”, concluse premendogli addosso con tutto il suo corpo.
Hanamichi si divincolò cercando di sfuggire alla sua presa, ma la bocca calda scese sulla sua, succhiandogli ogni volontà di resistenza.
Con un gemito socchiuse le labbra, lasciando che la lingua umida e dolce della sua volpe penetrasse lentamente la sua bocca prendendone possesso, dando avvio ad un bacio interminabile che gli squagliò le gambe lasciandolo senza forze e senza fiato.
“Kami Kacchan” squittì “Non puoi baciarmi così”
“No-o?” domandò leccandogli la pelle morbida subito sotto l’orecchio con la punta della lingua.
Hanamichi tremò con violenza, tendendo le mani ancora strette nella presa della volpe “No, non riuscirò a scendere poi...”.
“Tanto non scendiamo”, lo rassicurò strusciandosi appena su di lui, facendogli sentire sulla sua coscia l’erezione già terribilmente dura, “stasera restiamo qui”, gli sussurrò all’orecchio, sfiorandogli ad ogni sillaba l’interno del padiglione.
“Ma...”, gemette inarcandosi contro di lui “Kia-e-il-lavoro?”chiese in un unico sospiro tremulo.
“Stasera ci pensa Hiroaki, la kitsune crudele ha preso in giro anche lui,” l’informò mordicchiandogli piano il lobo.
“Ru!”, non era un gemito di piacere e, con un sospiro frustrato, Kaede gli liberò i polsi sollevando il viso.
“Hn?”
“Siamo a buonissimo punto, non possiamo fermarci adesso”
Rukawa si passò lentamente la lingua sulle labbra, invitante “Sono d’accordo, perché mi hai interrotto allora?” sussurrò roco.
“Baka..non intendevo” borbottò arrossendo vistosamente.
“Tu oggi non vai giù Hana, niente discussioni.”
Hanamichi scosse la testa “Non toccherò un goccio di alcool”, promise alzando la mano a mezz’aria.
“Non mi interessa se ti sbronzi do’aho, solo che non porteremo avanti questa farsa stasera” “Non ti fidi di me?”
Kaede sospirò accarezzandogli il viso, rispingendolo contro la colonna “Non mi fido di me. C’è stata una prenotazione per una decina di posti stasera”, sussurrò tornando a baciargli il collo con carezze appena accennate delle labbra, “da parte di un certo Owaru e io non credo”, continuò slacciandogli il colletto e mordicchiandogli piano la clavicola, “che l’ingegnere se ne starebbe buono a guardarti mentre ti struggi di dolore per me. E a me non va che lui venga a consolarti”
“Sei geloso?”, chiese con un sussurro cingendogli la vita in un abbraccio.
“Mph”, rispose leccandogli il collo a ritroso sino ad arrivare alle labbra. Hana aprì immediatamente la bocca, desideroso di approfondire il contatto, ma la lingua di Kaede si limitò a rimanere sull’uscio, leccandogli il labbro inferiore, ritraendosi quando la lingua vogliosa del rosso la raggiungeva. Hana mugugnò indispettito, piazzando la mano sui glutei sodi e strizzandoli appena tra le dita.
“Cosa vuoi?” sussurrò piano Kaede contro la sua pelle.
“Baciami” supplicò con un sospiro.
“Hai detto che non vuoi che lo faccia….”
“Io? Ho detto solo che dovremmo scendere” specificò impossessandosi del suo collo e cominciando a succhiarlo piano.
Kaede gemette infilandogli le mani tra i capelli attirandolo di più a sé. “Non se c’è Owaru”
“Io però sopporto che Koscemo ti si spalmi addosso”
“Lui non ci prova con me” sospirò Kaede, il sangue si era incendiato e gli stava bruciando i lombi, perché dovevano perdere tempo a parlare?
“E sei anche andato in camera con il porcospino”
“Non sono andato in camera con lui” già, perché dovevano perdere tempo a parlare?
“Sei salit…..mhhhh” gemette. Inaspettata la bocca di Kaede era scesa imperiosa sulla sua, richiedendo di essere mordicchiata e leccata, impegnando quella sensibilissima lingua sfaccendata in un lungo, profondo passionale duello.
Con una carezza la mano di Kaede scivolò dalla nuca di Hana sulla sua spalla, prima di avanzare sulle punte dei polpastrelli, lungo il petto, raggiungendo lo spacco della camicia ed accarezzando la pelle calda e morbidamente liscia dello stomaco, attardandosi a stuzzicare l’ombelico, entrando ed uscendo allusivamente da quella piccola apertura.
Hanamichi rabbrividì gettando indietro la testa con un gemito soffocato.
Kaede si morse le labbra, combattendo con il violento desiderio di strappargli di dosso i vestiti e prenderlo seduta stante. Spinse la mano sotto la stoffa, risalendo verso i capezzoli tesi e duri come dei sassolini. Con un sospiro disarmante Hana aprì le gambe, facendo in modo che quella destra di Kaede s’insinuasse tra le sue, la coscia premuta sotto la sua virilità dolorante.
“Hana” lo chiamò piano, senza nessun motivo, graffiando con l’unghia il capezzolo ed Hana gemette afferrandolo per i fianchi e strusciando il ventre contro la sua gamba.
“Mh” mugolò in risposta il rossino, sospirando piano, la camicia che si arricciava, completamente sollevata, sotto il suo collo.
Kaede gli posò un bacio al centro del petto, strusciando le labbra sul suo torace, graffiando leggermente la pelle con i denti, fino ad imbattersi nel capezzolo teso che stava torturando. Le dita cinsero il piccolo bocciolo di carne, lasciandone libera solo la punta dura e la lingua si abbassò a titillarla delicatamente, sorridendo dei gemiti soffocati che scappavano dalle labbra contratte di Hana.
“Kaede” lo supplicò lottando contro i piccoli bottoni della camicia che si rifiutavano di collaborare, impedendogli di sentire la pelle nuda contro la sua.
Kaede mugolò scivolando a succhiare l’altro capezzolo abbandonato, sollevandogli la camicia sopra la testa e sfilandogliela di dosso, brividi caldi che gli incendiavano il petto e brividi freddi ogni volta che la schiena sfiorava la freddezza della colonna.
Senza staccare le labbra dalla sua pelle Kaede gli imprigionò le mani, intrecciando le dita alle sue, spingendole dietro la colonna. La bocca iniziò a salire lentamente, disegnando stati e regioni sulla pelle immacolata, sfiorando con la lingua la rotondità perfetta delle spalle forti, scivolando sul collo, nell’orecchio, approfittando di un ansito per infiltrarsi nel calore delle sue labbra intrecciandosi alla sua lingua, danzando a lungo con lei, i fianchi che si scontravano sempre più spesso e le dita si serravano convulse. Con un sospiro, che riversò una pioggia di brividi nel sangue di Hana, Kaede si staccò dalle sue labbra lentamente, lasciandogli le mani per fargli scorrere le dita lungo i fianchi, lentamente dall’alto verso il basso, stuzzicando con le unghie la pelle morbida dell’interno delle braccia, danzando dispettose a lungo sopra la cintura dei pantaloni, intrufolandosi appena al di sotto, costringendolo a trattenere il fiato nell’attesa, prima di risalire sul suo stomaco.
“Kaede!” lo sgridò agguantandogli i glutei e tirandolo contro di sé, accarezzando quelle colline sode per alcuni istanti prima di decidere che era troppo. Con un gesto fluido ed impacciato gli sbottonò i pantaloni accarezzando la stoffa scura dei boxer terribilmente tesa dal suo pene che sussultò sotto la sua mano.
Con uno scatto Kaede si allontanò, gli occhi azzurri scuri come il mare di notte e ribollenti di desiderio “spogliati” ordinò, liberandosi lui stesso dei vestiti.
Hanamichi non se lo fece ripetere due volte, calciando le scarpe, che rimbombarono rotolando sul pavimento e strappandosi pantaloni e slip di dosso, fino a restare completamente nudo davanti a Kaede che lottava con i bottoni della camicia
Con un sorriso maligno Hanamichi gli si avvicinò abbassandogli i jeans e la biancheria.
“Ma ce la fai a togliere la camicia volpe imbranata?” gli domandò sottovoce.
“Nh” annuì Kaede afferrando il secondo bottone cercando di farlo passare a fatica attraverso l’asola che si era subdolamente ristretta. Con un gemito lasciò la presa, facendo schizzare il bottoncino ancora chiuso di nuovo al suo posto.
“Bastardo” gemette inarcandosi leggermente. Hanamichi lo aveva abbracciato da dietro, il pene duro e bollente che premeva contro le sue natiche, e gli stava accarezzando le cosce, sfiorando crudelmente la sua virilità tesa.
“La camicia, volpe” sussurrò mordendogli la nuca, scivolando con un dito lungo il suo pene caldo, sfiorandogli la punta umida con un polpastrello prima di ridiscendere.
Kaede gemette abbandonandosi tra le sue braccia, senza muoversi.
“La camicia” gli ripeté nell’orecchio Hanamichi, intrufolandoci la lingua; come in trance Kaede ubbidì portando le mani ai bottoni, cercando, senza risultati, di slacciare quegli infami, ma il dito del suo amante ricominciò il suo cammino, indugiando a tracciare umidi cerchi concentrici sulla sua punta sensibile.
Con un ansimo Kaede mollò la presa, spingendo in avanti il bacino, per incontrare quel dito tentatore e rispingendolo indietro, accarezzando col sedere il pene di Hanamichi che sussultò con violenza.
“Kami” grugnì Hanamichi stringendolo con forza a sé, lasciando che quella pelle calda lo accarezzasse così intimamente. Kaede sorrise iniziando a strusciarsi piano contro di lui “Perché non me la slacci tu la camicia do’aho?” ansimò divertito
Senza una parola Hanamichi lo copiò, afferrando la stoffa e sfilandogliela per la testa.
“Non vale do’aho” sussurrò roco “non vale” ripeté girandosi ed impossessandosi delle sue labbra per un lungo bacio.
Un brivido gelido percorse la spina dorsale di Hana quando il marmo freddo della colonna tornò a baciare la sua schiena nuda.
Per un instante ci fu solo il suono debole dei loro ansiti soffocati dalle reciproche labbra, mentre le mani scivolavano sui loro corpi accarezzandoli piano e le loro virilità si strusciavano l’una l’altra, saltellando e scontrandosi come due cuccioli in una lotta scherzosa; poi Kaede scese.
Abbandonò la sua bocca per scivolare sul suo collo, trascinando un piccolo filo di saliva sul petto, lasciandosi cadere in ginocchio mentre mordicchiava la pelle sensibile della pancia e continuò a scendere, tracciando la strada con la punta della lingua, superando il soffice boschetto rosso che profumava di desiderio, risalendo sul suo pene sino a raggiungere la liscia salinità della punta, titillando piano la piccola fessura che lo tagliava.
Hanamichi aprì la bocca per urlare, ma il suono rimase bloccato nella sua gola mentre la bocca si chiudeva su di lui iniziando a succhiarlo vorace.
Hanamichi girò la testa aprendo gli occhi di scatto, lo specchio alla sua destra gli rimandava l’immagine esatta di Kaede inginocchiato tra le sue gambe, la bocca che si allargava attorno al suo membro inghiottendolo, la lingua che danzava sulla sua punta.
“Oh cazzo” gemette sentendosi esplodere “Ka” sibilò, mentre l’orgasmo lo violentava sciogliendolo tra le labbra dell’amante che aumentò il ritmo svuotandolo completamente.
Leccandosi le labbra Kaede risalì verso il suo viso lentamente, depositando baci casuali sul suo corpo accaldato “Hana?” lo chiamò piano, baciandogli le labbra, ma il rosso si limitò ubbidiente ad aprire la bocca, non facendo nemmeno finta di rispondere al bacio.
“Ti ho spompato già?” lo prese in giro scivolando a leccargli il collo. Piccoli tocchi lenti e gentili della lingua, lì nel magico angolo accanto alla giugulare.
“Ma non possiamo farlo senza che qualcuno ci guardi?”
Kaede s’irrigidì alzando il viso “Eh?”
Con gli occhi chiusi, il volto ancora alterato dal piacere Hana indicò con un dito lo specchio che li rifletteva “Qui gli specchi, da te tutti quei poster sul muro, mi sento sempre osservato” sussurrò.
“Do’aho” mormorò tornando a succhiargli il collo, le mani che scivolavano lente e carezzevoli sui suoi fianchi “e io che volevo farti vedere a cosa serve la colonna…” sussurrò malizioso mordicchiandogli un lobo
“Ah, perché serve pure a qualcosa?”
“Mhh forse” rispose insinuandogli la lingua nell’orecchio
Hana tremò appena, improvvisamente di nuovo conscio dei baci che gli inumidivano la pelle scatenando ondate di brividi, delle mani che lo accarezzavano incendiandogli il sangue e del membro duro del suo amore che premeva contro la sua coscia bruciandola.
“Sarebbe?” chiese accarezzandogli piano la schiena, attardandosi dispettoso sulla fossetta dell’osso sacro.
“Sicuro di poter resistere a tanto?” lo canzonò
“Oi volpe io sono il tensai!”
“Girati” esalò nel suo orecchio ed Hanamichi ubbidì voltandosi verso la colonna, abbracciandola, il marmo freddo che gli accarezzava il petto e le cosce, guardando negli occhi il suo riflesso.
Vide Kaede allungare la mano sulla sua schiena e sentì le dita sfiorarlo leggere, scivolando lungo la colonna vertebrale, indugiando con un sospiro nella fessura bollente tra le natiche. Chiuse gli occhi con un gemito rumoroso quando le dita si fermarono ad accarezzare la sua piccola apertura stuzzicandone l’uscio.
Le labbra di Kaede gli sfiorarono la nuca con un bacio umido e le dita lo penetrarono piano, ondeggiando piacevolmente dentro di lui mentre si spingevano sempre più in fondo, intenzionate a raggiungere quel luogo di piacere segreto.
“Kacchan” supplicò ansimando, ondeggiando appena il bacino e spingendo il sedere all’indietro, sfiorando con i glutei il pene bollente che sussultò bramoso al contatto; lo voleva e lo voleva ora.
“Sì?” sussurrò Kaede nel suo orecchio, accarezzandogli con la sinistra il membro che si era rialzato imperioso.
“Prendimi baka, che stai aspettando, il fischio d’inizio?” lo canzonò con un sussurro roco, continuando a strusciarsi contro il suo inguine, spezzettandogli il respiro in piccoli frammenti ansimanti.
Kaede gli morse con forza il collo, togliendo le dita di colpo, accarezzandogli le natiche con entrambe le mani, assaporando quella carne liscia e soda e calda, prima di separarle leggermente e premere contro di lui, forzando la sua apertura, affondando in lui lentamente, istante dopo istante, millimetro per millimetro, bevendosi gratificato il gemito che seguiva ogni piccola spinta.
Quello era il vero Kaede, quell’ibrido che nasceva dalla loro fusione. Quella era la realtà, il resto era solo la parvenza di un sogno.
“Muoviti” ordinò arrossendo Hanamichi, ondeggiando piano.
Rukawa ubbidì immediatamente, scivolando quasi via da lui e respingendosi in avanti, lasciando che il contatto freddo della colonna accarezzasse ogni centimetro del suo ragazzo mentre lui scivolava in profondità fino a sentire il corpo sotto di lui tremare ed il gemito sordo di Hana informarlo che era arrivato a destinazione. Sempre più veloce, con il sangue che si condensava fino ad esplodere, con il piacere che cresceva così tanto da minacciare di uccidere.
“Hana” lo chiamò con una supplica “apri gli occhi” gli gemette leccandogli l’orecchio destro.
Hanamichi si morse le labbra obbedendo controvoglia, non voleva vedere il suo riflesso che arrossiva violentemente, il suo pene che vibrava di piacere.
Dallo specchio gli occhi di Rukawa cercarono i suoi incatenandoli a sé ed Hanamichi sorrise allungando una mano dietro la schiena a sfiorargli il viso.
Kaede gli prese le dita tra le labbra succhiandole, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi riflessi, facendo scivolare una mano sui suoi fianchi morbidi e raggiungendo la sua virilità dura e bollente, stringendolesi attorno, costringendolo ad urlare una supplica silenziosa
Hanamichi rabbrividì gemendo, spingendosi all’indietro per incontrare le sue spinte e il loro riflesso si dissolse nella luce dell’orgasmo.
Con un gemito Kaede uscì piano da lui, appoggiandosi alla sua schiena, il fiato denso che si frantumava sulla pelle sudata.
Rimasero immobili a lungo, cullati solo dai respiri affannati e dall’illusione della musica che proveniva dal piano inferiore.
Con un sospiro ed un gemito smorzato Kaede scivolò lungo il corpo di Hana accasciandosi sul pavimento, premendosi il viso contro la mano sinistra.
“Kitsune?” lo chiamò Hana sottovoce sedendogli accanto “Che c’è?”
Kaede scosse la testa in silenzio.
“Ru?” ripeté scostandogli i capelli dalla fronte e Kaede socchiuse gli occhi ancora appannati.
“Ogni volta che…dopo che noi…quando finiamo….io….vorrei non dovesse mai succedere… per un attimo, mi sento infelice.
Hanamichi si rialzò lentamente, porgendogli la mano e strattonandolo in piedi tra le sue braccia, stringendolo con forza mentre lo conduceva verso il letto su cui si lasciò cadere. Con un sospiro Kaede gli circondò la vita abbracciandolo, infilò una gamba tra le sue e si girò supino, trascinandolo sopra di sé.
“Un vuoto in mezzo al cuore vero” sussurrò Hana, sfiorandogli con un dito il petto, poco più giù del capezzolo sinistro e Kaede annuì baciandogli la gola.
“Tornare ad essere due corpi distinti dopo aver potuto essere una persona sola, sembra quasi un regresso” continuò Hana baciandogli dolcemente le labbra.
“Hai qualche soluzione?” chiese Kaede accarezzandogli con dita lente e sinuose la schiena.
“Mmmm forse” rispose malizioso insinuandogli una gamba tra le cosce e scendendo a baciarlo languidamente.


Le luci azzurre si spensero.
Con un mugolio Junda s’inarcò all’indietro, sgranchendosi i muscoli intorpiditi dal lavoro; si sentiva psicologicamente sfinito. Mugolando sensualmente gettò uno sguardo a Kia che, accucciato sui talloni, stava riponendo le bottiglie sotto il piano bar. Erano rimasti solo loro nel locale.
Con un mezzo sorriso accese la radio, lasciando che la musica tristemente dolce tornasse a riempire il locale.
I took a walk along the shore
To clear my mind about the day
“Serata tranquilla eh?” disse portandoglisi dietro le spalle “visto qualcosa?”
“No” rispose Kia girandosi su se stesso per guardarlo; inginocchiato in quel modo la sua testa arrivava all’altezza dell’inguine del barman.
I saw a man I’d seen before
“Uhmm sei in una posizione interessante sai?” lo prese in giro, ma anche se la voce era scanzonata sentiva il proprio cuore battere di desiderio e l’impulso di allungare le mani per infilarle in quella massa cenerina di capelli.
“Pf” sbuffò Kia alzandosi.
“Su Kia, lo so che stai per cadere ai miei piedi” sussurrò Junda avvicinandosi fino a premere contro di lui.
As I approached he slipped away
“Sono troppo vecchio per te pedofilo”, lo gelò il biondo, ma Junda sorrise ammiccante: “Oh bhè, per una volta posso anche scendere sotto il mio standard base” ridacchiò imprigionandolo contro il piano bar, la sua coscia sfiorava i suoi fianchi e di nuovo sentì quella durezza invitante premere contro di lui. Con un sorriso ci strusciò contro la gamba.
“Jundaro, cazzo sta attento, mi scopri la pistola” sibilò Kia infilando le mani sotto la sahariana e sistemando il calcio dell’arma.
Junda spalancò gli occhi, allibito “E’ una…è una...tu non eri.. è una pistola?” sussurrò.
“Certo che lo è, mica posso girare disarmato ora che si sono fatti avanti, te l’ho detto non permetterò che facciano ancora del male a Sakuragi.”
Junda si allontanò un poco mordendosi il labbro inferiore, per tutta la sera, tutta la sera!,lui aveva creduto che Hojo non gli fosse indifferente, aveva creduto di sentire i suoi occhi su di sé. “Jundaro?” sussurrò Kia avvicinandosi e posandogli una mano sulla spalla, Junda si girò ad incontrare i suoi occhi, erano sempre stati così irrevocabilmente neri e profondi?
I knew his face from years ago
“Credo ci sia rimasto un problema, ci pensi tu?” chiese indicando con un cenno un giovane sui ventitrè anni seduto in un angolo.
Junda annuì avvicinandosi al ragazzo “Mi scusi” sussurrò posandogli una mano sulla spalla “stiamo chiudendo”
Il ragazzo si morse il labbro annuendo senza muoversi.
“Dovrebbe andarsene o salire se ha la tessera” ripeté gentilmente, gli occhi marroni del ragazzo erano perfettamente lucidi, non sembrava ubriaco, eppure il suo viso si stava arrossando vistosamente. “Posso aiutarla in qualche modo?”
Il ragazzo annuì inspirando con forza “Io..io volevo solo…volevo solo sapere se ti andava di ballare con me. Solo un ballo, un’unica canzone. Io vengo qui da tre settimane e…”
Junda s’inginocchiò davanti al divano, sollevandogli il mento con due dita “Come ti chiami?”
”Seishiro” sussurrò
“Io sono…”
“Junda, lo so” ammise arrossendo, incapace di ricambiare lo sguardo “abbiamo scambiato un paio di parole”
Junda si succhiò le guance riflettendo un istante, poi sorrise ed annuì “Tu prendi sempre un cuba libre vero?” …
Seishiro annuì imbarazzato.
“Vogliamo fare questo ballo?” chiese Junda con un sorriso porgendogli la mano.
“A lui non dispiacerà?”
Kia li osservava immobile, appoggiato al piano bar, la mano posata sul fianco…all’altezza della pistola.
His smiles stays with me ever more
Junda scosse il capo, rispondendo al ragazzo ed informando al contempo il poliziotto che era tutto a posto.
“Macchè” grugnì tirandosi contro il ragazzo ed abbracciandogli la vita.
I suoi capelli profumavano di more.
Iniziarono a danzare lenti, quasi fermi, seguendo il ritmo triste della chitarra.
Seishiro teneva la testa posata sulla spalla di Junda, che ondeggiava piano, sfiorandogli appena la schiena, felice di sentirlo sussultare leggermente. C’era ancora qualcuno che tremava al suo contatto; aprì gli occhi, Kia era sempre immobile, le braccia conserte sul petto e li fissava con un sorriso ironico sul bel viso.
His eyes guide me through the haze
“Junda” sospirò piano il ragazzo tra le sue braccia e lui chinò il capo a guardarlo con un sorriso “Sei sicuro che non ti dia fastidio che lui ti veda così?”
And give me shelter from the storm….
“Perché dovrebbe?” tanto non era stata per lui quell’erezione, anzi proprio non c’era stana nessuna erezione, per Kia lui non era nulla.
“Pensavo steste assieme”
As I walk I can feel him
“Che follia” sussurrò stringendolo a sé, lasciando che le sue mani scivolassero in basso sulla schiena, fermandosi dove incominciava la salita dei glutei “è frigido ed antipatico”…
Always watching over me…
…e soprattutto indifferente a me, aggiunse mentalmente. Forse stava perdendo il suo fascino? Anche Hana l’aveva rifiutato…solo che il suo sangue non aveva mai fermentato in quel modo per il rossino.
“Junda io vado , chiudi tu tiratardi” annunciò Kia uscendo.
He went away so long ago
On a maiden voyage far away
Junda annuì contro i capelli di Seishiro sollevando gli occhi.
“A domani” sussurrò piano, ricevendo in risposta un muto segno della mano.
And it was almost like he knew he wouldn’t see me any more
He look so deeply in my eyes and said
‘Wait for me along the shore’….
“Seishiro” gli sussurrò all’orecchio, non appena la porta si richiuse, “che dici se andiamo a continuare il nostro ballo altrove?”
Il ragazzo tremò appena, stringendolo con forza, “Kami si” mormorò baciandogli la gola, premendosi contro di lui facendogli sentire la propria eccitazione.
Junda chiuse il locale in un istante cacciandosi le chiavi in tasca e trascinando al contempo Seishiro lungo la strada principale, su per le due rampe di scale, sbattendolo con forza contro la porta chiusa di casa per rubargli un bacio mozzafiato.
“Non ho nemmeno nulla da offrirti” gli sussurrò gemendo, mordendogli il collo.
“Non importa” miagolò Seishiro affondando le dita tra i suoi capelli corti, accarezzandoli febbrilmente.
“Sì che importa, tieni” gli mormorò muovendo le labbra direttamente nel suo padiglione auricolare e mettendogli delle chiavi in mano “entra e mettiti comodo, io arrivo subito” e, senza un’altra parola, corse giù, verso il negozio sempre aperto davanti casa.
Seishiro sospirò recuperando il fiato, rimanendo immobile davanti alla porta per alcuni secondi, stringendo le chiavi di casa tra le mani come un tesoro prezioso.
Con un gemito impaziente si morse un dito eccitato, infilò le chiavi tremanti nella toppa aprendo la porta con un brivido di aspettativa, poi la luce lo abbagliò.
Junda aveva appena preso in mano una bottiglia di spumante (che deficiente, se solo ci avesse pensato prima avrebbe potuto portarsi a casa vino e salatini direttamente dal club), quando il boato di un’esplosione frantumò i vetri del drugstore gettando schegge taglienti all’interno.
Con un gemito lasciò cadere la bottiglia, vetri umidi che si aggiungevano a schegge secche sul pavimento, per correre fuori.
La strada era uno sciabordio di persone urlanti che sciamavano scomposte, precipitandosi giù dai loro appartamenti diventati all’improvviso non più un rifugio, ma un possibile pericolo.
Il fumo nero ed acre si alzava dai resti ancora bollenti del muro crollato, spargendo le sue lacrime di cenere sui feriti doloranti accasciati nel loro sangue: vicino al negozietto di abbigliamento, uno dei manichini decapitato dall’impatto, un uomo urlava tenendosi la gamba da cui spuntava, da una slabbratura dei vestiti e della carne sanguinolenta, una scheggia di vetro grande quanto il suo braccio.
Junda si congelò a pochi passi dalla porta del negozio, superato in fretta dal cinese che lo gestiva e che corse, un flacone di disinfettante in mano, verso i feriti che strillavano.
Per un attimo fu come se tutto quello non lo riguardasse, un alieno capitato nel mezzo di una festa incomprensibile.
Con grida isteriche, al limite dell’umano, Kongeo-san, che stava tre appartamenti più in là, si precipitò giù dalle scale, volando sugli scalini, inciampando nell’ultimo e rovinando a terra, sui frammenti di muri che gli graffiarono il viso.
Senza un solo suono, le braccia strette attorno alla moglie, il signor Fujuski, il suo diretto vicino di casa, lo seguì lentamente.. La parete ovest del loro appartamento non esisteva più e dalla strada s’intravedeva l’ampissimo salotto bianco, il loro vanto, ora coperto di cenere, del divano ad angolo, quello che poggiava contro il muro scomparso, rimaneva uno scheletro informe. L’uomo sanguinava da un braccio, mentre la moglie aveva graffi sul viso e la veste bruciata. La figlioletta, la piccola Miaka, cinque anni a fine mese, come era solita ricordare a tutti, piangeva isterica, ma apparentemente illesa. Junda mosse un piede per raggiungerli, per chiedere loro come stavano, ma le sue gambe si limitarono a piegarsi su se stesse facendolo cadere a terra in ginocchio.
Un enorme pezzo di cenere ancora arrossata dal fuoco gli atterrò sulle gambe. Junda lo prese in mano osservando tutto quello che restava del suo appartamento sgretolarsi tra le sue dita.
Chissà cos’era, si chiese: un pezzo di tappeto? O la libreria di compensato o magari, quell’orribile acquerello che gli aveva regalato sua zia.
“E’ saltato tutto” urlò qualcuno “L’appartamento è esploso! Ci sono dei feriti, chiamate l’ambulanza!”
La cenere continuava a cadere come nevischio scuro.
Feriti.
Certo che c’erano dei feriti, con una simile esplosione! Aveva disintegrato completamente il suo appartamento, creando un’immensa finestra slabbrata attraverso cui si vedeva la palazzina retrostante. Se fosse stato lì invece che a comperare….
Comperare il vino…..
Comperare il vino per….
“Jundaro!” due braccia lo sollevarono a forza da terra “Dobbiamo andarcene muoviti”.
Junda lo fissò immobile “Seishiro” sussurrò.
Kia sospirò, un suono lugubre colmo di tristezza “Kami Junda, perdonami” sussurrò stringendolo al proprio petto con forza per un istante “Dobbiamo andare”
“Seishiro?”
Kia scosse la testa irrigidendosi: le sirene strillavano il loro avvicinarsi.
“Andiamo” ordinò tirandolo per un braccio e sbattendolo con forza sul sedile posteriore dell’auto.
Junda chiuse gli occhi “Non è vero``supplicò, ``dimmi che non è vero…”
Kia partì in silenzio.


Seishiro: grazie…
Nia: di che??
Seishiro: Mi hai creato per accopparmi
Nia-__- ehmmm


Ju: il mio appartamento…
Nia-__-
Ju: la mia collezione di dvd..
Nia-__-
JU: la mia collezione di manga ultra rari!!!
Nia-__-
JU: ARGGGGGGGGH la mia collezione di giochini porno rubata pian piano all’iguana ç_ç
Nia -__- ehmmmmm


 


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