TITOLO Grosso guaio all’Iguana club
AUTORE Niane
PARTE 1\4
SERIE slam dunk
PAIRING Ruhana,senkosh
RATING nc17
Con un sorriso salutò l’enorme lucertola, leggermente obesa, che
s’innalzava sulla porta, le scaglie di vetro sottile che luccicavano,
sul corpo di smalto verde, leggermente azzurrate dalla luce calda che
filtrava dall’interno.
Abbassò la maniglia con sicurezza, facendo tintinnare le campanelle
della porta come l’allegro cappello di un jolly.
“Buonasera” lo salutò compassato un buttafuori completamente vestito di
nero, posizionato, con le gambe leggermente spalancate, davanti ad una
tendina di sottili perline azzurre osservando con evidente apprezzamento
l’alto giovane ragazzo fasciato da dei jeans così stretti da permettere
di vedere il sangue scorrere nelle vene.
“Buonasera a lei” rispose ostentando una sicurezza che non provava:
quell’idiota gli aveva detto che era un locale gay di classe, gli aveva
detto dove si trovava, gli aveva dato numero di telefono e orari, ma non
gli aveva detto l’unica cosa fondamentale: c’era un buttafuori, ma non
c’era una cassa, il che voleva dire che si entrava solo se si era
tesserati, mannaggia a lui.
“Desidera?” chiese l’omone, la voce bassa e gentile, ma ferma e decisa
di chi è disposto ad accettare un’unica risposta.
Sendo si morse il labbro inferiore, torturando la carne con la punta dei
denti; ‘desidera?’, una parola così piccola ed innocua e più enigmatica
dell’indovinello della sfinge….o bhè, tanto l’avrebbe comunque afferrato
per il bavero e scagliato fuori della porta facendolo rotolare sul
marciapiede per tre chilometri, a quel punto non gli restava che tentare
il tutto per tutto. “Non ho la tessera” ammise candidamente con un
sorriso “Ho solo bisogno di parlare con Koshino”.
Un lampo di stupore passò negli occhi scuri dell’uomo che tornarono a
squadrarlo, fissando stavolta le spalle larghe coperte dalla camicia
bianca, il petto ampio, rivelato dai primi bottoni lasciati aperti, la
muscolatura soda di certo frutto di anni di preparazione ed
addestramento.
“Vi attende all’interno, prego passate pure” accondiscese scostando per
lui la tendina.
Sendo piegò appena la testa in segno di saluto, svanendo nella
nebbiolina luminosa del pub.
La luce variava dal verde all’azzurro, a secondo del giro dei tre
riflettori, morbidamente puntati sulla pista da ballo che occupava il
centro del locale, dandogli l’idea di trovarsi sott’acqua.
“Tu sei salito direttamente dal mondo dei demoni e stai cercando una
vittima da condurre alla perdizione non è vero?”, gli sussurrò una voce
divertita, ma sensuale all’orecchio, facendolo sobbalzare per la
sorpresa. Dietro di lui, un bel giovane moro di circa trent’anni sorrise
strizzandogli l’occhio “mi piacerebbe poter essere la tua vittima
sacrificale” l’informò, sfiorandogli con due dita lo zigomo. Akira
sorrise appena scuotendo la testa, cercando di calmare il cuore che gli
batteva impazzito nel petto minacciando di sfondargli la cassa toracica.
“Mi piacerebbe corromperti” rispose stando al gioco, “ma mi stanno
aspettando”.
“Quello è un uomo fortunato” sospirò lo sconosciuto scuotendo mestamente
la testa “comunque se voleste movimentare un po’ la vostra serata,
cercami, mi raccomando!” gli sussurrò all’orecchio, palpandogli
velocemente il sedere prima di perdersi nella folla che si strusciava
nella pista.
Akira sentì il viso incendiarsi di imbarazzo, anche se, sotto sotto,
quella carezza sfrontata aveva acceso tutti i suoi sensi, provocandogli
un formicolio eccitato nel sangue.
Con passi lenti avanzò verso la pista, guardandosi attorno attentamente.
Aveva mentito, non c’era nessuno che lo aspettava, era lì solo per un
controllo, perché Aida non era mai troppo affidabile. Era un bravo
ragazzo e non aveva assolutamente il vizio di mentire, ma Hikoichi era
anche tanto, tanto ingenuo e tendeva a credere un po’ troppo alle
fandonie che gli raccontavano, avanti! Si era bevuto davvero la storia
di Sakuragi convincendosi che fosse lui la stella dello Shohoku! E
probabilmente, anzi no, sicuramente aveva frainteso tutto un’altra
volta, Koshino che bazzicava in un posto del genere? Con tutta quella
musica, quella gente in calore che ti si strusciava addosso senza
nemmeno chiederti il nome? Il suo Hiro? No. Da un po’ di tempo non si
frequentavano più come una volta, precisamente da quando lui si era reso
conto di desiderarlo fisicamente, ma lo conosceva meglio di se stesso:
quello non era un luogo adatto ad Hiro!
Tuttavia il buttafuori l’aveva fatto entrare non appena aveva fatto il
suo nome…
Bhè, era anche possibile che, magari, Hiro fosse davvero gay ed andasse
lì perché era l’unico locale gay di tutta Kanagawa e, dato che anche
Rukawa era gay, si erano incontrati una sera per caso, ma non stavano
assieme, assolutamente no. Lui conosceva i gusti di Hiro e Rukawa non li
soddisfaceva….
NO: a Hiro Rukawa non poteva piacere, però ad Hiro non sarebbe dovuto
piacere nemmeno quel locale….
…nemmeno i maschi…
No, si stava solo facendo troppe paranoie, Aida aveva solo sbagliato
ancora una volta, decise dirigendosi verso il bancone del bar, doveva
bere qualcosa ed azzittire quello stupido cervello che si ritrovava.
La folla si era radunata sulla pista per ballare un lento accattivante e
sensuale e la zona bar era semideserta, ad eccezione di due uomini che
parlavano fittamente tra loro tenendosi per mano e un ragazzo dai
capelli di fuoco che si stava portando un bicchiere colmo di un liquido
denso e rosato alle labbra: “Sakuragi” sussurrò rimanendo impietrito.
Aida sbagliava sempre: aveva detto che Sakuragi era la stella dello
Shohoku e Sakuragi aveva sorpreso tutti aiutando la sua squadra vincere.
Hikoichi aveva detto che Koshino frequentava il club Iguana e in effetti
il buttafuori lo conosceva.
Hikoichi aveva detto che Koshino e Rukawa stavano assieme….
“Questa roba è troppo dolce e schifosamente stomachevole” si lamentò il
rossino con voce impastata e un po’ troppo alta, “ non hai
qualcos’altro?” chiese appoggiando il bicchiere sul tavolo con un tonfo
che fece saltare via la fettina arrossita di limone.
Uno dei tre baristi, un ragazzo slanciato, dai corti capelli neri,
leggermente sparati sulla testa, gli si avvicinò scuotendo la testa,
facendo luccicare il piccolo orecchino sul sopracciglio “Il mio
incommensurabile, irripetibile ed eccelso cocktail ti fa schifo solo
perché ne hai già bevuti cinque di fila. Non stai un po’ esagerando
Hana?” mormorò accarezzandogli con due dita uno zigomo, “Se continui
così stasera non ti reggerai in piedi e mi toccherà portarti a casa, con
me, in braccio” gli sussurrò strizzandogli un occhio.
Senza averlo nemmeno pensato, Akira si mosse raggiungendo il bancone con
due uniche grandi, veloci falcate, con un sorriso appoggiò la mano sulla
spalla del rosso, piantando uno sguardo duro e minaccioso negli occhi
nocciola di quel porco approfittatore che doveva avere almeno dieci anni
più di loro. Cosa ci faceva Sakuragi in posto pieno di simili
pervertiti?
“Ciao Hanamichi” lo salutò allegramente, senza accorgersi degli occhi
nocciola che si spalancavano all’inverosimile e del pallore che aveva
imbiancato il viso abbronzato.
Junda alzò appena un sopracciglio scrutando il nuovo venuto.
“Se..se…Sendo?” balbettò Hana girandosi ad osservarlo perplesso “Cosa ci
fai qui?”
“Lo conosci, Hanachan?”.
“Si, lui è..lui…è Se…Akira, fa parte di una squadra di basket rivale
alla mia” spiegò.
“Squadra rivale?”.
Il sorriso di Akira si smorzò appena sotto lo sguardo indagatore del
secondo barman.
Era di poco più basso del tipo con l’orecchino, ed aveva i capelli di un
castano lucente che sfumava nel biondo cenere, mettendo in risalto due
occhi inquisitori, neri come la notte fonda. La muscolatura del torace e
delle spalle, forte ma non pompata, era pienamente rivelata da una
maglia di lino nera senza maniche, il cui scollo a v, molto profondo,
era morbidamente chiuso da un intreccio lasco di corde.
Hanamichi annuì appena fissando l’uomo che socchiuse gli occhi
riducendoli ad una fessura.
“Ho deciso!”, esclamò Junda posando una mano sul bancone e allungandosi
sopra il mobile per avvicinarsi al viso di Hana; “domani mi iscrivo ad
un club di basket, chissà che così non riesca a rimorchiare anche io un
bel ragazzo!” piagnucolò sorridendo.
Hanamichi alzò lo sguardo appannato al soffitto scuotendo la testa e,
suo malgrado, Akira si trovò a sogghignare divertito “Sono più che certo
che non ha nessun bisogno di ricorrere ad un simile stratagemma per
rimorchiare qualcuno, credo che basti un solo vostro cenno” ammise;
certo era un vecchio pedofilo balordo, ma la sua avvenenza era
innegabile. Aveva un viso dai lineamenti gentili, un corpo snello e sodo
e un fare ammagliante. Il gusto nel vestire era più che discutibile, ma
la maglia di rete stretta che indossava sul petto nudo creava un gioco
di vedo e non vedo accattivante e sensuale.
“Oh ragazzino, almeno tu nell’universo sei stato dotato di un po’ di
intelligenza! Qualcuno qui” ed incollò il proprio naso a quello di
Hanamichi, “dovrebbe ascoltare la voce della saggezza. Comunque vedi di
darmi del tu che non sono vecchio come tuo nonno. Io mi chiamo Junda” si
presentò porgendogli la mano. Akira la strinse un secondo nelle sue,
prima che il moretto vi ci si piegasse per posarci un bacio leggero a
labbra socchiuse.
“Jundaro” lo rimproverò a bassa voce, ma con un tono severo il biondo.
Junda si immobilizzò per un istante, alzando il viso a scatti, simile ad
un robot mal oliato.
“J-U-N-D-A” scandì “Mi chiamo Junda, my name’s Junda, Ich bin Junda, in
che cazzo di lingua te lo devo dire per fartelo capire? Non mi chiamare
in quel modo! Mi hai capito?”
Ignorandolo il biondino sorrise appena a Sendo “Bevi qualcosa?”
“io si ecco….un Alexander” buttò giù, scandagliando mentalmente tutti i
film che aveva visto nell’ultimo mese e recuperando il nome di un
cocktail.
Le spalle di Hanamichi si irrigidirono appena sotto la sua mano “E’ il
drink preferito da Rukawa” sussurrò.
Incapace di respirare Akira si accoccolò sullo sgabello di pelle accanto
“Rukawa? E’..E’ qui?”
Hanamichi annuì in silenzio, facendo ruotare su se stessa la fettina
inzuccherata di limone.
“E’ su uno dei divanetti” borbottò indicando con un cenno della testa la
zona opposta della grande sala, dove, immersi nella penombra erano stati
disposti dei piccoli divani, “è lì con Koshino”.
Akira sentì il mondo morire, marcendosi direttamente sotto i suoi piedi,
squagliandosi in una palude infetta e pregnante che gli ustionava i
polmoni. Gli oggetti si sgretolavano come costruzioni di sabbia arse dal
sole e le persone, i cui visi erano orride maschere demoniache, si
liquefacevano sciogliendosi in una pozza di colore tremolante.
‘Ti dico che è vero, senpai Koshino ha una storia con Rukawa, guarda è
nei miei appunti’
No…..non è vero.
‘Ha una storia con Rukawa’
Non è vero!!!
‘E’ nei miei appunti Sendo, frequentano ogni sera l’Iguana club’
“Non è vero!”, quasi lo gridò stringendo le mani in un pugno serrato, le
nocche che trasparivano bianche sotto la carne tesa all’estremo.
“Oh si che lo è” continuò Hanamichi senza guardarlo in faccia,
rubandogli il bicchiere di Alexander e buttandolo giù in un unico sorso
che gli macchiò le labbra e la guancia di cioccolato.
“Rukawa non può stare con Koshino” ripetè Akira coprendosi gli occhi con
le mani, quante volte doveva dire di no per cancellare la realtà?
“Oh, non ti preoccupare porcospino, se è Ru che vuoi basta solo che
attendi un po’ e lo avrai. Sei abbastanza carino per piacergli.”
“Co….cosa?” sussurrò appena Akira, ma Hanamichi non lo stava ascoltando:
teneva il bicchiere vuoto nella mano, facendolo dondolare leggermente
davanti agli occhi, guardando le luci blu scomporsi sul vetro in un
arcobaleno stinto e privo di colori.
“Stavamo assieme noi due” disse a voce stranamente alta, chiaramente
percepibile al di sopra della musica. “Ci siamo innamorati proprio qui.
Innamorati” rise gutturalmente, un suono cupo e ruvido di tristezza “IO
mi sono innamorato di lui! Proprio qui, lassù sulle stanze riservate ai
clienti. Lui ha la tessera oro, sai? Può accedere alle camere migliori,
mi disse che gliela aveva regalata suo zio, ma che non sapeva cosa
farsene e io ingenuo gli ho creduto! Era qui tutte le sere e io mi sono
bevuto la sua storia, gli ho dato il mio cuore e lui si è preso l’unica
cosa che voleva: il mio culo” scosse la testa appoggiando la fronte al
bancone. “E’ una puttana. Stavamo assieme da pochi mesi, era tutto
semplicemente perfetto e lui sai cosa mi dice? Che non gli basto, che è
stanco di scopare solo con me, che ha bisogno di provare qualcuno di
nuovo. Si annoia. Hai capito? Lui con il Tensai si annoia! Ha detto che
siamo stati assieme per troppo tempo, che siamo troppo giovani e che era
ora di provare carne fresca, scopa con altri Hana, perché io lo farò. E
l’ha fatto! Anzi, ha avuto il coraggio di dirmi che dovevo sentirmi
onorato perchè non mi ha mai messo le corna durante il periodo in cui mi
fotteva! A lui non è che gliene frega qualcosa, ti seduce e ti
abbandona. Ora è il turno di Koshino, se lo spupazza tutte le sere, fino
a che non gli verrà a noia. E io sto qui a guardare e ad attendere un
suo gesto, un riaccendersi del suo interesse per me, ha detto che se
sono a portata magari un’altra botta me la da. E se non ci sono troverà
un altro. Lui lo può fare questo gioco.”abbassò la voce cercando di dare
alla luce che si rifrangeva scomposta sulla superficie liscia del legno,
una forma coerente. “Lui è perfetto. Una bellezza ultraterrena, un
carattere fiero e forte, sembra così altero e distaccato, ma i suoi
occhi sanno catturati e le sue mani sanno farti sentire l’essere più
importante della terra. E’ un buco nero che ti succhia il cuore e non te
lo rende. In effetti cosa ci fa lui con uno come me?” sussurrò “Non sono
davvero abbastanza per lui, non è possibile che lui ami davvero uno come
me” ammise asciugandosi una lacrima ribelle.
“Hana” lo chiamò Junda posandogli due dita su una guancia, accarezzando
leggermente la traccia umida “Lo sai che….”
”Jundaro!” lo sgridò il biondino.
“Non hai un briciolo di cuore”, sibilò girandosi ed allontanando la mano
dal viso di Hana.
“E tu non hai un minimo di cervello, prepara un B52, per quel cliente
ah, e non dargli fuoco”.
Junda si morse il labbro annuendo “Il fuoco io lo darei a te,non al
cocktail.” sibilò
”Non ti preoccupare Junda, sto bene, ho solo esagerato un po’”, lo
rassicurò Hana concedendogli l’ombra di un sorriso “Anche tu Akira,
scusa….” Hanamichi aprì e chiuse gli occhi, girando la testa attorno a
sé, ma del porcospino non c’era traccia.
“Se n’è andato proprio poco fa”, l’informò un signore elegante seduto
accanto a lui. Hana lo vide a malapena, registrando meccanicamente i
capelli corti e scuri, gli occhi coperti da degli occhiali da vista
dalle lenti leggermente aranciate, la camicia nera sotto il completo di
seta grigio perla.
“E dove diavolo è andato quel demente!” gridò furioso.
L’uomo gli si avvicinò posandogli un braccio attorno alle spalle e
costringendolo a girare il viso verso la zona divanetti “Là”, gli
sussurrò all’orecchio, lasciando che la voce bassa e roca si infrangesse
contro il suo lobo.
Sul divanetto di pelle scura, vestito con un completo bianco Kaede
risaltava come una divinità in un tempio; teneva le braccia incrociate
sulla schiena di Koshino, che, languidamente stravaccato su di lui, la
testa premuta contro il suo collo, gli accarezzava il petto.
Akira si piazzò davanti a loro e Koshino scattò a sedere pallido, mentre
Rukawa si limitava a scuotere appena la testa fissando il soffitto,
probabilmente stava giustamente pensando che c’era una scocciatura in
più.
Akira continuava ad urlare qualcosa e Koshino si limitava a guardarlo
sorpreso.
Rukawa si alzò stiracchiandosi, guardando con aria di rimprovero il
piano bar, incrociando per un istante i suoi occhi prima di avvicinarsi
al porcospino. Con due dita gli accarezzò il viso,facendo scivolare la
sua mano sotto il mento di Sendo, avvicinandosi a lui sino a sfiorargli
le labbra con le proprie, incurante della mano di Koshino che gli stava
artigliando la carne del braccio.
Akira rispose annuendo alla domanda di Kaede, poi si scostò di lato
permettendo ai due ragazzi di uscire dal divano. Le dita di Hiroaki
s’intrecciarono a quelle del porcospino, mentre Rukawa lo abbracciava
alla vita tirandoselo contro, conducendolo verso le scale.
“No” sussurrò Hana sentendo una mano artigliata penetrargli nel petto e
strappargli il cuore “No”
Ma i tre continuarono a salire le scale, la mano di Kaede premuta su
fianco della stella del Ryonan.
“No” ripetè Hana mordendosi il labbro.
“Non piangere” sussurrò contro il suo lobo l’uomo dal vestito argenteo,
“Vieni, andiamo a sederci laggiù e raccontami cosa è accaduto” sussurrò
afferrando una bottiglia di bourbon, “vedrai, dopo che ne avrai parlato
con me ti sentirai meglio”.
Hanamichi annuì.
Senza una parola Akira pose il piede destro sul primo scalino, il
sinistro sul secondo e di nuovo il destro sul terzo e poi il quarto ed
il quinto, meccanicamente, senza in realtà capire davvero che stava
salendo le scale, senza vedere il legno lucido e brillante di cera,senza
sentire la mano di Rukawa che gli pesava sul fianco o le dita esili di
Hiroaki intrecciate alle sue.
Avanzò in silenzio, come in un incubo ovattato, fino alla porta brunita
su cui campeggiava, in un ovale di ciliegio rosato,un grande 5 d’oro.
“Pensaci tu”, mormorò Rukawa abbandonando la presa e dirigendosi, senza
nessun’altra parola, a sinistra, lungo il corridoio.
In silenzio Koshino aprì la porta spingendolo all’interno e finalmente
Akira tornò a vedere.
Le pareti della camera e tutto il mobilio erano di un pallido color
crema. Un grande letto tondo occupava il centro della stanza
riflettendosi in uno strano, grande, specchio triangolare le cui tre
ante, come in un gioco di scatole cinesi, riflettevano l’una nell’altra
il riflesso dello specchio che rifletteva la stanza. Un tappeto bordò
copriva il pavimento, in tono con le lenzuola e i grossi, piumosi,
cuscini del letto.
“Wow” sussurrò incredulo girando su se stesso per abbracciare la camera.
“Beviamo qualcosa?” propose Koshino aprendo le ante di un basso
mobiletto ed estraendo due calici di cristallo sottile dallo stelo
scarlatto.
Akira scosse la testa fissando perplesso i bicchieri: come si poteva
pensare di bere in una simile meraviglia? Ma Koshino versò due dita di
un liquido denso e rosso in entrambi, porgendogliene uno con aria
insoddisfatta “Non è previsto aver voglia di qualcosa di diverso dal
porto” constatò , sorseggiandolo lentamente con tranquillità consumata:
troppo dolce per i suoi gusti (Kosh non capisci ‘na mazza >__< Kosh:
guarda che sei tu che scrivi…).
“Vieni spesso qui?”
“No, questa stanza ancora non l’avevo ancora vista” spiegò tranquillo.
Con un balzo improvviso Akira gli fu addosso, scagliandolo sul letto,
che lo accolse con un sospiro del morbidissimo piumino, e lo imprigionò
sotto di lui.
Il bicchiere tintinnò dolcemente, sbattendo contro il bordo del letto,
creando, a testimonianza del delitto, una chiazza ed una scia scarlatta,
mentre rotolava lentamente verso lo specchio.
“Aki?” domandò perplesso, cercando di tirare fuori il viso dal suo
abbraccio per respirare.
“E lo dici così?” sibilò Akira afferrandogli i polsi “Con questa
faccia?Ci provi così tanto gusto a farti sbattere da lui?Ad essere la
sua bambolotta gonfiabile? Non hai visto cosa ha fatto, cosa avete
fatto, ad Hanamichi?”
“Aki…”
“Prima ti sbatte e poi ti molla, così risparmia i soldi di un bocchino”
”SENDO!” gridò cercando di liberarsi, ma le dita di Akira gli si
serrarono sui polsi in una morsa inespugnabile.
“Oh..non mi dire che sei così scemo da credere davvero che con te sarà
diverso, che lui si innamorerà di te. Ti sta solo usando! Ti piace così
tanto farti usare?”
“Ora basta” sibilò, sottovoce, gli occhi nocciola fissi con durezza in
quelli del suo capitano che si trovò costretto ad abbassare lo sguardo.
“Akira” iniziò a spiegare esasperato, ma la bocca del ragazzo scese
improvvisa sulla sua azzittendolo ed il cuore, preso alla sprovvista,
perse qualche battito, accelerando poi la corsa nella speranza di
recuperare il ritmo.
La lingua di Akira gli sfiorò le labbra, picchiettando con dolce
violenza sino ad aprirsi una breccia in cui intrufolarsi, sfiorandogli
le punte aguzze dei denti, il palato che sapeva di zucchero e vino,
inciampando nella sua lingua, toccandola dolcemente per un istante prima
di ritrarsi, timorosa come un cucciolo che disturbi il sonno di un altro
animale. Ma l’animale si rivelò amichevole, tremò appena prima di
accettare il gioco, attorcigliandosi con lui in una lotta giocosa e
sensuale, rispondendo al bacio con un trasporto che annullò la mente di
Akira. Non esisteva più nulla oltre a quella bocca calda ed accogliente,
a quelle mani che gli accarezzavano la nuca, a quel corpo che sussultava
sotto le sue carezze. Con un brivido di piacere abbandonò le sue labbra,
succhiando la traccia di saliva che scivolava sul mento,scendendo a
mordicchiare la pelle candida della gola.
Koshino gemette, un suono nitido che rimbombò come una gelida cascata
nel silenzio della stanza.
Akira sollevò il viso per fissarlo: gli occhi chiusi e la bocca gonfia,
umida, leggermente aperta sul candore nascosto dei denti, un rossore
affascinante sulle guance.
Era qualcosa che non voleva.
Con un sospiro tuffò il viso contro il suo collo, nascondendovisi.
“Akira?”
“Cosa ci fai in un posto come questo Hiro? Non potevi trovare di meglio?
Rukawa è bellissimo, questo luogo incantevole,ma nonostante tutta questa
bellezza ciò che fate è squallido.”
Koshino sospirò piano, più che altro per recuperare il fiato che quel
bacio gli aveva tolto, sfiorandogli appena i capelli prima di spingerlo
lontano da sé ed incrociare le braccia sotto la testa.
“Non hai capito niente. Kaede sta con Sakuragi da ormai cinque mesi e
non ha nessuna voglia di sostituirlo. Questo locale appartiene a suo zio
e, anche se so che sembra strano, in fondo è in regola. Solo che da un
po’ di tempo pare che lo frequentino anche degli spacciatori, o meglio
gli spacciatori di una piccola schifosissima banda in rapida crescita.
La polizia è sulle loro tracce da un po’, ma non hanno prove per
incastrarli, sono in gamba, trovare un aggancio non è facile.
Ma anche lo spacciatore ha il suo punto debole e sta proprio nel suo
lavoro; sai chi sono le sue vittime preferite?I giovani e, per essere
precisi, i giovani che hanno qualche delusione. Li agganciano offrendo
loro quello di cui hanno più bisogno: una spalla amichevole su cui
piangere ed un sistema veloce con cui dimenticare.”
”E cosa c’entri tu?”
“Kaede e Sakuragi stanno assieme”
“L’hai già detto..”
“Si sono conosciuti qui e ti assicuro che nessuno dei due è mai passato
inosservato. Se tra loro si fosse inserito un terzo ed uno dei due fosse
stato vittima di una cocente, insopportabile delusione…”
”Gli spacciatori si sarebbero potuti fare avanti?”
Hiroaki sorrise “Esatto”
“E perché proprio tu?”
“ La polizia aveva già un aggancio qua dentro, un uomo chiamato Keichi,
avrebbe dovuto esserci lui al mio posto, ma poche settimane fa è stato
ferito ad una spalla da una pallottola vagante mentre cercava di non far
degenerare un furto al supermercato in una strage. Mio zio non è
riuscito trovare un poliziotto che riesca a tollerare a lungo queste
atmosfere e a fare il gay, così ha provato a chiedere a me.”
“Tuo zio?”
Hiroaki annuì “Il fratellastro di mia madre, il commissario Shington”
spiegò guardandolo di sottecchi: Akira era seduto a gambe incrociate sul
letto, lo sguardo puntato sulle proprie spigolose ginocchia.
“Allora eri qui per aiutare nelle indagini, non stai con Rukawa”
”No” rispose allungandosi piano sul letto con un mugolio, gettando la
testa all’indietro ed inarcando il collo.
“Perdonami ero davvero convinto che tu e lui.. ti assicuro che
altrimenti io non ti avrei mai baciato
Aida aveva detto… ero convinto che tu fossi gay…sarebbe stato troppo
bello in realtà…puoi perdonarmi?”
Koshino sbattè le palpebre incredulo: non aveva capito il discorso “Eh?”
“Dio che scemo” continuò a borbottare Akira scendendo dal letto e
dirigendosi alla porta
“Non puoi uscire!” gridò Hiroaki congelandolo sul posto “Sei
ufficialmente a letto con me e Kaede, ricordi? Non puoi mandare tutto
all’aria”
”Non ti fa senso stare con me?”
Hiroaki sospirò rumorosamente “Akira” lo chiamò così dolcemente che
l’altro si girò a guardarlo.
Era bellissimo steso in quel mare cremisi che metteva in risalto la sua
figura esile, il petto che ammiccava invitante da sotto la camicia scura
leggermente slacciata.
Quando era stata sbottonata la camicia?
“Akira, non so se te ne sei accorto, ma io ho risposto al tuo bacio”
“Si” ammise arrossendo “e mi sono anche chiesto il perché”.
“Perché evidentemente sono un masochista,pezzo di idiota, ecco il
perché” sospirò esasperato, stiracchiandosi languidamente.
Akira deglutì a vuoto tornando inconsciamente verso il letto,
improvvisamente si rese conto di come in quella camera non ci fosse
nient’altro. Niente sedie, niente televisione, niente stereo, niente
giochi in scatola, solo un grande enorme, morbidissimo letto. “Dobbiamo
stare qui?”, un sussurro strozzato.
Hiroaki annuì, scatenando un piccolo maremoto di onde cremisi.
“E cosa facciamo? Non c’è nulla da fare” disse, anche se in realtà la
sua mente gli stava già proiettando un centinaio di film vietati ai
minori.
“Credevo che ti fosse piaciuto baciarmi” borbottò a mezza bocca Hiroaki
evitando, imbarazzato, il suo sguardo ed arrossendo un poco,intonandosi
all’ambiente.
“Kosh?” mormorò sedendoglisi accanto e sfiorandogli con la punta delle
dita il viso.
“Perché sei venuto qui oggi Aki?”
Per un lungo momento Sendo si limitò a guardare il suo riflesso che
guardava il suo riflesso riflettersi nelle ante “Aida aveva detto che tu
frequentavi questo posto e io volevo vedere se era vero.
“Perché?”
“Perhè non ci credevo. Non volevo crederci. Non volevo che tu avessi una
storia con Rukawa.”
“Perché?”
“Perché…perché è un nostro rivale” borbottò fissando il suo riflesso
negli occhi.
L’immagine di Koshino si sollevò a sedere, abbracciandolo da dietro,
facendogli pendere le mani sul petto, senza sfiorarlo. “Che razza di
risposta è?” sussurrò sottovoce, facendo attenzione a parlargli vicino
al collo in modo da accarezzarlo con il proprio fiato.
Akira deglutì, “E’ fondata; in un momento di passione potrebbe tentare
di estorcerti i nostri segretissimi schemi”
“Non stiamo parlando di Sakuragi, lo sai che Kaede non farebbe mai una
cosa simile.”
”Hiro perché continui a chiamarlo per nome?”
Koshino sorrise avvicinandoglisi appena, quasi a sfiorare con il proprio
petto la sua schiena “Sai com’è, dopo che passi dieci sere steso sulle
sue ginocchia a scambiarti carezze ti viene normale chiamarlo per nome”
mormorò.
“A FARE COSA?” gridò girandosi di scatto furioso, ma Koshino sorrideva
divertito, una strana luce che gli scintillava negli occhi, una piccola
stella raminga nella notte delle sue pupille.
“Oh quante storie, non è nulla, dai che ti faccio vedere” sussurrò e,
senza cerimonie lo trascinò lungo il letto, facendogli posare la schiena
contro la testiera.
“Tu sei Kaede ok? E te ne stai così stravaccato sul divanetto,io faccio
me stesso e di solito mi metto così” spiegò infilandoglisi sotto il
braccio destro in modo da posare con il petto sul suo.
“Non tenere quel braccio immobile come un baccalà secco, abbracciami.
Bravo” lo elogiò scavandosi con la testa un angolino contro il suo
collo, la guancia sulla sua spalla “e ora puoi usare l’altro per
accarezzarmi i capelli o la schiena” gli mormorò contro il collo “anche
se Kaede sa che è meglio la schiena…se mi accarezza troppo la testa va a
finire che mi addormento”
Akira annuì in silenzio, incapace di parlare: sentiva il calore del
corpo di Hiro bruciargli i vestiti e il suo fiato gli baciava la gola ad
ogni sillaba, incendiandogli il sangue.
“Di solito questa è la nostra posizione standard, lui può controllare la
pista e il bar e, soprattutto che non si avvicinino troppo a Sakuragi, e
io controllo entrata ed uscita” spiegò iniziando a far scivolare due
dita su di lui, scendendo dalla scapola all’altezza del petto e
risalendo. Lentamente, più un brivido che un vero contatto.
“Pa…pa…passate tutta la serata così?” balbettò; stava male, l’aria
stentava a raggiungergli i bronchi facendolo ansimare e il capezzolo
sinistro gli doleva, minacciando di staccarsi dal suo corpo per
aggiungere il polpastrello di Hiro che, tre volte maledetto, si fermava
pochi schifosi millimetri più in alto.
“Oh abbiamo uno stock di piccole variazioni, giusto perché non ci
scambino per statue” ridacchiò facendogli scivolare una gamba tra le
sue.
Akira deglutì sentendo il naso fresco premere contro il suo collo, il
respiro accarezzare bollente la sua gola e la coscia tornita ed
infuocata ardere tra le sue gambe. Sollevò appena la testa per cercare
l’aria che gli mancava. Gli specchi davanti a lui riflettevano un
centinaio di Hiroaki languidamente avvinghiati ad altrettanti Akira. La
stoffa morbida e scura dei pantaloni del playmaker si adagiava come una
pellicola sui suoi glutei torniti, disegnandone la rotondità,
increspandosi appena sotto la coscia tesa. Akira boccheggiò,
socchiudendo la bocca alla ricerca d’aria, osservando allibito e
terrorizzato la sua mano che abbandonava la schiena di Hiroaki, volava
appena nell’aria raggiungendo quelle morbide perfette colline
rallentando, decisa ad atterrarvi sopra con una carezza. Strinse le dita
in un pugno costringendosi con violenza a posarla sul materasso.
“E Sakuragi apprezza?” biascicò con la voce impastata.
“Non apprezza, ma sa che dobbiamo farlo e poi, come ti ho appena
dimostrato non facciamo niente di che, se ogni tanto non passasse Hojo
ci addormenteremmo”
“Come potete addormentarvi così?” gemette incredulo.
“Perché?Non è rilassante?” domandò il moretto ed Akira tremò sentendo le
labbra carnose sfiorargli accidentalmente la pelle della gola. Aveva
sempre avuto una voce così bassa e sensualmente roca?
“No..cioè, ecco, a me verrebbero in mente un sacco di cose, ma mai
dormire” borbottò arrossendo.
Aveva caldo, terribilmente caldo.
“Tipo?” sussurrò Hiro contro il suo collo.
Si sbagliava o gli si stava avvicinando sempre di più? “Tipo?” ripetè
Akira.
Hiroki ridacchiò appena annuendo ed accarezzandogli la gola con i
capelli “Si, cosa ti viene in mente?”
“Cose” rispose Akira cercando soccorso nei suoi riflessi che si
fissavano perplessi ed arrossati l’uni l’altro.
“Si, ma cose di che genere?” continuò imperterrito il moretto
sussurrandogli le parole all’orecchio.
Era troppo, se la stava cercando! Non poteva sperare di passarla liscia
con lui…sorrise appena:
“Mha, per lo più pensieri pornografici sul tuo didietro” annunciò
serafico, anche se la voce gli tremava leggermente, dandogli
un’amichevole pacca sulle natiche “E sul fatto che così sembri un koala
aggrappato alla mam….”,le parole si bloccarono in un ansito gemente.
La punta umida della lingua di Hiro stava vagolando sul suo collo,
facendolo tremare sotto la sua carezza.
“Saresti un partner disastroso sai?” ridacchiò Hiro mordendogli
gentilmente la gola e succhiando piano la pelle lesa.
“Fai così anche con Rukawa?” domandò stringendolo con forza contro di
sé, sfiorandogli la spina dorsale con le dita incerte.
“Invidioso?”lo canzonò senza smettere di succhiare e leccare quel
piccolo benedetto pezzettino di collo.
Akira chiuse gli occhi afferrandolo per la vita e gettandolo di scatto
alla sua sinistra, rovesciandoglisi sopra ed imprigionandolo sotto di
sé.
“Geloso” confessò “Geloso da morire” ripetè abbassando il viso verso
quello del ragazzo.
Le labbra di Hiroaki si aprirono immediatamente consentendogli di
immergersi di nuovo nel suo calore dolce e d’iniziare un nuovo duello
lento.
Hiroaki gemette piano, insinuando le mani sotto la camicia stropicciata
per accarezzare la pelle candida di quella schiena peccaminosamente
perfetta che aveva sbirciato così tante volte.
“Wow Hiro” ansimò Akira staccandosi appena dalle sue labbra, senza
interrompere però del tutto il contatto tra loro, “questo posto ti fa
male sai?”, ma i suoi occhi scintillavano maliziosi.
“Non è il posto scemo” confessò osservando attentissimamente il
soffitto, “non mi sono mai eccitato per Rukawa”
Akira sorrise felice, tornando a baciargli morbidamente le labbra,
ancora umide del precedente bacio “Mmmmh allora è merito del mio fascino
irresistibile è per quello che in spiaggia mi sgridavi sempre perché non
mettevo la crema solare e venivi a spalmarmela tu?” lo prese in giro
mordicchiandogli il mento, ma Hiroaki si irrigidì tra le sue braccia.
“Hiro?” e il moro girò il viso premendolo contro il materasso. Piano,
una giuntura per volta Akira si mise a sedere sul suo stomaco, le gambe
premute sull’esterno delle sue cosce. “Hiroaki Koshino…io l’ho detto per
scherzo..tu davvero tu..da quest’estate?”
Hiroaki tacque, arrossendo violentemente e mordicchiandosi il labbro
inferiore.
“E non hai mai fatto nulla? Ma sei idiota?” sbottò Akira.
Hiroaki si umettò le labbra con la punta della lingua, girando il viso e
tornando a guardarlo “Cosa avrei dovuto fare secondo te scemo? Prenderti
e sbatterti sulla sabbia?” sibilò irritato
Akira ridacchiò divertito accarezzandogli il collo con due dita,
sorridendo ancor di più nel vedere quegli occhi neri e furiosi
socchiudersi di piacere al contatto “Poteva essere un buon inizio”
“Sei un maniaco deficiente e non so quale tra le due sia peggio”
Ridacchiando ancora Akira si ripegò su di lui sfiorandogli le labbra
“facciamo pace?” bisbigliò.
Hiroaki scosse la testa, sfregando la sua bocca serrata contro quella
morbida che lo baciava.
“Non fare l’orso, dai” pigolò Akira sollevando il viso per guadarlo.
Hiroaki teneva il broncio, ma i suoi occhi sorridevano.
“Pace-e-e-e-e-e?”, Hiroaki lo fissò un attimo, prima di tirare,
lentissimamente, fuori la lingua e stringere gli occhi in una smorfia
dispettosa.
Akira non perse un secondo, scese in picchiata a catturare quella
linguetta insolente tra i denti, succhiandola voracemente tra le sue
labbra. Con un gemito Hiroaki gli gettò le braccia al collo tirando con
violenza contro di sé, i corpi premuti uno sull’altro, le virilità che
schiacciavano dure contro le cosce.
“Hiro” mugolò, dopo quelli che dovevano essere stati anni, scivolando ad
assaporargli il collo morbido, rabbrividendo piacevolmente nel sentire
le piccole dita fresche girovagare sulla pelle della schiena,
accarezzargli l’incavatura appena accennata della colonna vertebrale,
scivolare a sfiorare la carne soffice dei fianchi, salire di nuovo
tracciando piccole spirali fino alle scapole inondandolo di piccoli
brividi che zampettavano inseguendo le carezze delle sue dita, precisi e
fedeli come paperette dietro la mamma (mi sono bevuta il
cervello…scusate-__-,,,)
Con frenesia tornò a violentargli le labbra con le proprie, strusciando
la propria lingua sulla sua così dolce, così vorace, così perfetta.
“Alza le braccia” ordinò Hiroaki sfilandogli la camicia dalla testa
senza perdere tempo a sbottonarla. Seduto sul suo bacino Akira lo fissò
sorridendo malizioso, umettandosi le labbra turgide e gonfie con la
punta della lingua; piano da un angolo all’altro, senza smettere di
guardarlo negli occhi. Con dolcezza allungò la mano a scostargli una
ciocca ribelle dalla fronte, accarezzandogli la pelle umida, scivolando
con la punta del polpastrello sul naso, scendendo nel piccolo invitante
incavo che disegnava le labbra, sfiorando la carne morbida e scarlatta
della bocca che lo baciò leggermente, continuando a scendere lungo il
collo sino ai bottoni di plastica nera. Con un sorrso iniziò a
sbottonare quelli che ancora erano chiusi, liberando il petto glabro ed
invitante su cui i capezzoli scuri spiccavano come sue piccoli sassolini
aguzzi in una distesa di neve.Con falsa nonchalance, come se stessero
per fare tutt’altro, le dita scivolarono sui fianchi, spingendo indietro
i lembi della camicia e risalirono per titillare con i palmi aperti le
piccole punte bramose.
Hiroaki s’inarcò con forza gemendo al contatto appena accennato,
offrendosi a quelle mani vagabonde.
“Cosa devo fare con te Hiro?” sussurrò sensualmente Akira stringendo tra
le dita uno dei due boccioli.
“Ma quello che vuoi” gemette il moretto afferrandogli le natiche e
stringendo la carne morbida e compatta tra le dita.
Il sorriso di Akira si sciolse mentre si piegava di nuovo su di lui
sfiorandogli le labbra con piccoli baci casti e veloci “Non mi concedere
libertà che non vuoi che mi prenda Hiro, non mi tentare in quel modo,
non posso controllarmi, non se mi parli così” sussurrò succhiandogli la
gola, deciso ad incidere su quel corpo stupendo almeno un piccolo
marchio di possesso.
“Che sei stupido già lo sapevo, non pensavo però fino a questo punto”
gemette Hiroaki piegando la testa.
Le labbra di Akira si fermarono perplesse a metà di una saporita
leccata, lasciando un velo impalpabile di saliva come prova del loro
passaggio “Perché mi offendi sempre?” si lamentò sollevando il viso per
guardarlo.
Hiroaki sorrise dolcemente cingendogli il collo con le braccia e
tirandosi semiseduto sotto di lui, “Non ti offendo mai” sussurrò
sfiorandogli il labbro inferiore con la punta della lingua;
immediatamente Akira socchiuse le labbra, spingendo in fuori la propria
lingua alla ricerca di un contatto più intimo, ma Hiroaki ritirò la
propria limitandosi a mordicchiargli il labbro con i denti,facendolo
gemere di disappunto “Io ti dico solo la verità” continuò.
Akira spalancò gli occhi, ma l’espressione di orgoglio ingiustamente
ferito si squagliò tremula sotto le lappate leggere di quella lingua
serpentina che gli leccava le labbra, con uno sbuffo le concesse di
entrare, d’invadere la sua bocca e di prendere in ostaggio la sua stessa
lingua.
Oltre a quell’intreccio sensuale non c’era nulla che avesse spessore o
esistenza.
Non sentì la sua schiena piegarsi all’indietro, non sentì il materasso
abbracciarlo sofficemente, la realtà era racchiusa nelle loro bocche che
si stavano fondendo, nel petto caldo di Hiroaki che schiacciava il suo
e, soprattutto, nel ventre duro del suo amore che si strusciava sulla
sua erezione mandandogli scariche di piacere intenso in tutto il corpo.
I cento Sendo imprigionati negli specchi si inarcarono all’unisono
quando le labbra soffici di altrettanti Koshino abbandonarono le loro
bocche per scivolare lungo la gola, leccare piano l’infossatura alla
base del collo e raggiunsero i loro capezzoli eretti, facendoli danzare
leggermente con la punta della lingua. Centinaia di mani si posarono
sulla stoffa scura dei pantaloni, accarezzando e stringendo i globi
delle natiche, mille dita scivolarono in sincronia mappandone i confini.
I Koshino allargarono le gambe incastrandole contro i fianchi dei Sendo,
facendo combaciare le proprie virilità tese su quelle dei compagni. Le
bocche si aprirono in gemiti muti, imitando la supplica della loro copia
corporea, quando la mano sottile del playmaker si fece largo tra i
bottoni dei Jeans strettissimi, sfiorando il membro teso allo spasimo e
bollente sotto la stoffa sottile, ma indisponente dei boxer.
“Hiro” gemettero mentre la mano scivolava su di loro, spingendosi tra le
gambe, infiltrandosi sotto la stoffa, stringendo tra le dita la carne
umida ed infuocata.
Hiroaki, il viso rosso di piacere e di imbarazzo, tornò a chiudere
quella bocca rumorosa con la propria. Con uno scatto improvviso gli
Akira ribaltarono la posizione, gettandosi sopra agli Hiroaki, mordendo
il loro collo con frenesia disperata, mentre i moretti ne approfittavano
per abbassargli i pantaloni, liberandolo, alla meno peggio dei vestiti,
accarezzando i peni turgidi che tremavano sotto il contatto succoso
delle loro dita.
“Hiro!” gemettero senza voce inarcando la schiena, scivolando ad
abbassare con mani incerte la zip dei pantaloni, facendoli scivolare con
lente carezze lungo le cosce tornite, accarezzando ogni centimetro di
carne prima con la stoffa e poi con le dita, “aspetta” li supplicarono
afferrando la mano maliziosa ed immobilizzandola sopra la testa.
Per un istante rimasero immobili a guardarsi, poi Gli Akira si chinarono
su di loro, sfiorando il petto con le labbra, tratteggiando un sentiero
umido e scomposto sul torace, stuzzicando con la punta della lingua
l’ombelico, inoltrandosi più in basso, seguendo la mano destra che
abbassava i boxer rossi, baciando la linea dura dell’anca, la pelle
morbida dell’inguine, succhiando la muscolatura della coscia e
mordicchiando piano il polpaccio. Hiroaki aveva chiuso gli occhi
estraniandosi dal mondo, rinchiudendosi in un mondo di piacevoli
brividi. Akira gli morse l’alluce, facendolo sobbalzare per la sorpresa
e riprese a scalare con una lentezza terribile quelle gambe che parevano
infinite. Ogni cellula riceveva un bacio e ogni atomo vibrava
d’aspettativa.
“Akira” supplicò Hiroaki intuendo, sperando e desiderando, quale fosse
il cammino di quelle labbra ed Akira lo accontentò saltando direttamente
dal ginocchio al suo inguine, posando un timido bacio sulla punta
bagnata, costringendolo ad urlare.
Akira aprì gli occhi afferrando la sua virilità tra le mani,
immobilizzandola mentre sporgeva la punta della lingua e ne sfiorava la
punta liquida con una veloce lappata. Chiuse gli occhi passandosi la
lingua sul palato, assaporando quel gusto speziato ed insolito “Buono”
borbottò sorpreso “Ma sai che sei proprio buono?”
“Defic…ehhhhnte” gemette, l’insulto che si sciolse in un lungo ansito.
La bocca di Akira si era richiusa su di lui, succhiandolo come un goloso
lecca lecca, scivolando alla base del membro con le labbra prima di
risalire a titillare con la lingua la punta carminia.
“Aki….rahhh basta, smetti…lhaaaa” gemette inarcandosi con forza,
premendo le mani tra quei capelli rigidi per il gel, stropicciandoli tra
le dita, mentre lo premeva di più verso di sé. Akira sorrise sollevando
appena il viso, accarezzando il membro con la guancia “Davvero devo
smettere Hirokun” sussurrò, la voce più simile al gorgoglio di un fiume
che ad un suono umano.
“Io” balbettò arrossendo “io..io non-l’ho-maiìfatto-prima-akira” disse
in un unico fiato
“Nemmeno io Hiro” lo tranquillizzò rubandogli un bacio a fior di labbra,
sorridendo quando il ragazzo sporse la bocca in un broncio chiedendo di
più, “Potremmo però sperimentare assieme mhhh?” chiese intossicandogli
il collo di baci
“Aki…Aki io..io ti amo,” ed Akira lo strinse con forza a sé, “se c’è una
cosa che vorrei davvero è far l’amore con te, sentirti…” Hiroaki
avvampò, girando il viso in modo da non poter vedere né Akira né i
propri riflessi ridicolmente color aragosta bollita “sentirti dentro di
me, ma io..ora”
Un verso strano, strozzato uscì dalle labbra di Akira, un suono da
animaletto che si veda stanato all’improvviso.
“Tu..cosa?” chiese in un ansito “Io non pensavo..cioè quando io ti ho
proposto intendevo…Hiro io…Io non ero pronto a tutto questo! Ero venuto
qui per farmi una risata alle spalle di Aida o, se mi andava male, per
strapparti a forza dalle braccia di Rukawa, non ero preparato a questo…Kami,
anche a me piacerebbe far l’amore con te, ma non… non ora e non qui! Qui
lo fanno tutti, è un po’…impersonale e volgare, vorrei un posto più
intimo, nostro” borbottò “ e vorrei procedere per gradi e non dover
avere sotto gli occhi ‘quelli’” ammise arrossendo, indicando le loro
immagini.
“Non sapevo fossi anche romantico” cercò di sdrammatizzare Hiroaki, ma
la voce tremava, troppo piena di affetto e di felicità per risuonare
salda.
“Amore sono così dolce e romantico che tempo un mese avrai il diabete”
lo prese in giro succhiandogli un lobo “allora vuoi sperimentare con
me?” chiese accarezzandogli il padiglione auricolare con la punta della
lingua.
“Avevo capito che questo posto non ti piaceva” sussurrò Hiroaki sentendo
i brividi ormai famigliari rincorrersi sulla sua schiena.
“Mhh vero, ma non puoi nemmeno lasciarmi così” mormorò afferrandogli la
mano e riportandola sul suo membro duro.
“Sei un maniaco” lo sgridò iniziando ad accarezzarlo lentamente,
beatificandosi di ogni gemito che gli rubava.
“Si, tutto quello che vuoi, ma continua” lo supplicò tornando a
succhiarli la gola con dolcezza, scivolando con la mano sul suo pene
altrettanto duro e cominciando a pomparlo dettando un ritmo più veloce e
profondo. Hiroaki sgranò gli occhi gemendo ed accelerando le carezze,
adeguandosi al ritmo del compagno, lasciando che il piacere ovattasse la
mente e che i gemiti diventassero il loro unico linguaggio.
“Akira” mormorò, dopo un’infinità di silenzio affannato, contro la sua
spalla, assaporando il leggero sale della sua pelle sudata d’amore “come
diavolo hai fatto ad entrare?”
Akira gli baciò i capelli “Ho detto al bestione che volevo parlare con
te”
“E ti ha fatto entrare?” chiese stupito puntellandosi su un gomito.
“Si” rispose baciandogli il collo.
“Ci sono tre civili che rischiano la pelle lavorando sotto copertura e
quello ti fa entrare solo perché gli fai il mio nome?”
“Mmmm” rispose Akira mordicchiandogli la spalla.
“Hojo lo disintegra, ne sono sicuro”
“Mmmm” accondiscese Akira scivolando con le labbra sul suo petto,
infiltrandosi sotto le lenzuola che lo coprivano.
“Akira” riuscì a sospirare Hiro afferrando le lenzuola, prima che il
piacere gli togliesse la parola.
La luce gialla ed indisponente dei neon sostituì la gemella azzurra e
più rilassante.
Come ogni dannatissima notte di quei tre dannatissimi anni Junda sospirò
afferrando chiudendo le bottiglie di liquore avanzato. Come ogni volta
il piano bar era un’accozzaglia di gocce collose e bicchieri sporchi.
Con indolenza afferrò il morbido panno verde, passandolo sul legno del
bancone per evitare che le eventuali gocce si incrostassero, una passata
sommaria e veloce, ci avrebbero pensato le signore delle pulizie a
rimettere a nuovo quel posto.
Con un sorriso posò lo straccio: chissà se quelle povere donne lo
maledivano per tutto lo sporco che lasciava ogni volta!
“Juju io vado” gli miagolò una vocina, leggermente alterata da troppo
alcool, all’orecchio, “sei sicuro che non vuoi venire con me nemmeno
stasera?”.
Il moretto ridacchiò scuotendo la testa ed allontanando le mani
affusolate dal suo petto “No Satori. Te l’ho già detto, non mi faccio le
storie con i colleghi, ti stancherei così tanto che poi mi toccherebbe
fare anche il tuo lavoro”
“Maledetto..non solo non ti concedi a me, ma infierisci pure”
“Tesoro, io non mi concedo” gli sussurrò strizzandogli un occhio “io
prendo….”
“Jundaro!”, la voce bassa echeggiò con la violenza di un grido nel
locale deserto “vieni qui”.
Junda chiuse gli occhi sospirando con rabbia, alzando la mensola che lo
imprigionava dietro al piano bar.
“Ahi ahi Juju, adorabile bugiardo! Anche Kia è un tuo collega, ma appena
lui chiama tu corri come il suo fedele cagnolino. Un giorno ti vedrò
steso a pancia all’aria davanti ai suoi piedi” lo canzonò il collega
afferrando il proprio lunghissimo impermeabile rosa confetto e
mandandogli un bacio con la punta delle dita prima di lasciare il
locale.
“Cagnolino? Oh aspetta che la pagliacciata sia finita poi vedrai che
morsi sa dare il cagnolino” sibilò tra sé facendo slalom tra i
divanetti, raggiungendo uno di quelli più lontani, nascosti sul fondo
della sala.
Kia era inginocchiato davanti ad una delle morbide poltroncine, i
capelli legati in una coda cortissima sulla nuca, tra le mani teneva il
polso di Hanamichi che dormiva immobile e sudato sul divanetto.
Con un sospiro Junda gli si accucciò accanto sfiorando con le dita la
fronte umida di Hana, “Che scemotto, si è ubriacato. Avrei dovuto
fermarlo prima, era così sbronzo che stava cominciando a credere alle
menate che raccontava”, sussurrò accarezzandogli la fronte. “Poco male,
io abito qui vicino, lo ospiterò per stanotte [JU:*ççç* siii io ed hana
finalmente soli….], mi aiuti a portarlo?” domandò.
“Merda” sibilò l’altro con forza, alzandosi di scatto e“ quando cazzo ci
è riuscito? Non gli ho tolto gli occhi di dosso. Lo sapevo, lo sapevo
che non dovevamo coinvolgere dei ragazzini.”
“Kia?”
“Ma che cazzo. Ragazzini!” urlò dando un calcio al tavolino con così
tanta forza che il mobile si rovesciò a gambe all’aria come uno
scarafaggio di formìca.
“Oh! Ispettore Kia Hojo, stai un po’esager…” la voce gli venne meno
mentre due mani forti lo afferravano per le spalle sbattendolo con forza
al muro “…ha-ndo” riuscì ad esalare alla fine.
Gli occhi neri erano crudelmente fissi nei suoi e le dita gli stavano
scavando la pelle delle spalle.
“Non mi chiamare mai in quel modo qua dentro” gli sibilò, il fiato caldo
e senza traccia di alcool che gli sfiorava le labbra secche.
“Sei esagerato, non c’è nessuno” rispose allontanandogli le mani “e non
vedo perché tu debba fare tante storie per qualche bicchiere di troppo”
brontolò riavvicinandosi ad Hanamichi e caricandoselo per metà sulle
spalle. Non sarebbe stato facile arrivare a casa con quel colosso
addosso.
“Non è sbronzo” sussurrò Kia porgendogli un sacchettino trasparente, con
un bicchiere ancora sporco all’interno, e prendendo, con estrema
facilità Hanamichi in braccio “è stato drogato”.
Junda impallidì, il pavimento sotto le sue gambe improvvisamente
flaccide sembrava ondeggiare come lo scafo di una nave, nonostante tutto
non aveva mai creduto che potesse accadere davvero. Quella era la vita
non un film, “drogato?” ripeté sottovoce.
“Si, probabilmente gliel’hanno messo nel liquore, un’accoppiata
devastante”
“Drogato?” ripeté ancora, assaporando il suono duro della parola,
sentendo l’ira ancorargli i piedi e rafforzare le gambe “Lo hanno
drogato?” E si può sapere tu dove cazzo eri mentre lo facevano? Mi
sbaglio o sei qui proprio per controllare che non accada? Che cazzo
stavi facendo? Chi cazzo ha osato?”
Kia si morse il labbro inferiore, tagliando la pelle morbida fino a
farne uscire una piccola lacrima sanguigna.
”Non lo so, da quando Rukawa è salito lui è sempre rimasto qui con quel
tipo con il completo Italiano, dev’essere stato lui, non so quando”
ammise abbassando il viso “ragazzini, merda, non posso controllare tutto
da solo, dove cazzo si è ficcato Kiguchi?” sibilò
“Magari non l’hanno fatto entrare” sbottò Junda afferrando la giacca di
Hanamichi e posandogliela sulle spalle,ora che lo guardava era tanto
pallido e piccole goccioline lucide di sudore si erano rannicchiate
sulla fronte, sotto l’attaccatura dei capelli.
“Bastava solo che dicesse al buttafuori che voleva parlare con Koshino,
l’avevo avvertito già io. Intanto portiamolo a casa” ordinò lasciando il
locale e raggiungendo una scassatissima automobilina grigio topo
parcheggiata sul retro del pub.
Come aveva promesso il tragitto fu breve, così pochi metri che, se non
avessero avuto con loro un metro e novanta di carne incosciente,
avrebbero fatto prima a piedi.
Con una manovra estremamente brusca Kia accostò al marciapiede, inveendo
contro l’auto elegante che li superò rombando. Come aveva fatto a non
notare nulla di strano nel comportamento dell’uomo?
“Siamo arrivati” sussurrò Junda aprendo un’anonima porta di legno,
“Vieni portalo in camera mia” disse sottovoce guidandolo lungo il
corridoio fino all’ampia stanza in cui campeggiava un ampio letto,
sfatto, all’occidentale.
“Gli faccio un canarino?” chiese osservando con tenerezza il corpo
inerte e così stranamente piccolo tra le lenzuola bianche.
“No, fai del latte e limone, voglio che vomiti.” Ordinò sfilandosi la
maglia dalla testa e rimanendo a petto nudo nella penombra.
“Credi che così starà meglio?”
Con un sospiro Kia si girò a guardarlo, aveva gli occhi spenti e
preoccupati, quasi infossati nel viso teso e pallido.
“Non voglio che stia meglio. Voglio che stia male, che senta l’acido
trafiggergli polmoni ed occhi, il sangue pulsare nella testa minacciando
di farla esplodere, così male da avere le lacrime agli occhi e
desiderare morire.”
”Ma…”
“Fammi il latte, ora” disse scandendo ogni sillaba con tono calmo e
basso, indiscutibile.
Junda inspirò con forza trattenendo il fiato, rimanendo immobile sul
posto per alcune manciate di secndi prima di girarsi in silenzio e
sparire.
Con un sospiro Kia si lasciò cadere seduto sul letto, il viso nascosto
tra le mani.
“Hojo?” sussurrò piano Junda accucciandoglisi accanto.
“Che c’è?” sbottò il poliziotto sussultando violentemente per lo
spavento
“mi stai terrorizzando da morire. E’ messo così male?”
“No. In realtà non ha nulla di che, gli effetti sono quelli di una
sbronza epica, solo che…solo che voglio si ricordi di quest’esperienza
come della più schifosa della sua vita, così almeno non gli verrà voglia
di riprovarci.”spiegò inspirando costringendo hanamichi a sollevarsi più
o meno in piedi e trascinandolo verso il bagno.
“Hai bisogno di aiuto?” sussurrò debolmente il moretto.
“No”
La tazza era leggermente crepata, una rottura piccola, insignificante,
ma bastava a spezzare il delicato disegno di ninfe azzurre, che strano
non se ne era mai accorto prima; o forse prima non era mai stato in
contemplazione di una tazza di te per un’ora e quaranta minuti. Con uno
scatto nervoso si strappò le cuffiette del walkman dalle orecchie, che
idea balzana, se le era infilate per cercare di coprire con la musica
gli ansiti e i gemiti di Hana, ma non aveva fatto atro che continuare ad
alzare ed abbassare il volume, attento ad ogni variazione di rumore.
Solo un quarto d’ora prima, quando aveva sentito lo scrosciare della
doccia e il rombo sommesso dello scaldabagno che partiva aveva alzato un
po’ il volume, abbandonandosi contro lo schienale del divano per calmare
un po’ la mente in subbuglio.
“Ho sfruttato la tua doccia” sussurrò Kia entrando in salotto lasciando
aperta la porta di comunicazione con il corridoio, in modo da poter
sentire i gemiti di Hana. Era ancora vestito solo dai jeans neri a vita
bassissima; i capelli biondi cadevano umidi in ciocche scomposte sulle
spalle nude.
Junda annuì senza interesse, “Vuoi un po’ di te?”
“No grazie, posso fumare?” sospirò sedendosi sulla poltrona davanti a
lui.
“Solo se me ne offri una”
“Non sapevo fumassi” disse sorpreso alzando appena un sopracciglio,
sbattendo il pacchetto morbido contro la coscia per far salire le
sigarette prima di porgerglielo
“Mi pare un buon momento per cominciare” borbottò afferrandone una e
girandola tra le dita.
Kia sbuffò togliendosi la cicca dalle labbra ed recuperando in fretta
quella che gli aveva offerto “Per questa sera ho già visto abbastanza
vomito, per dovermi occupare anche di te, torniamo al te”
“Cosa stai insinuando?”
“Che non hai nessun motivo valido per incominciare ad intossicarti”
“Perché tu si Ispettore Hojo?ma perché cazzo ogni tanto non ti fai i
cazzi tuoi…”
“Uno perché io fumo giaà, due perché la responsabilità di ciò che è
accaduto è solo mia, sono io, non tu, che non è riuscito a sorvegliarlo
e a prevenire sta cosa..”
“Ma lui è un mio amico!”
“E tre non c’è nulla di grave. Te l’ho già detto, considerala una grossa
sbronza”
Junda sospirò scuotendo la testa e mordicchiandosi il labbro.
“Starà benone, vedrai, se quel coglione di uno spacciatore non avesse
mescolato droga ed alcool non ce ne saremmo nemmeno accorti. Jundaro
credimi”
“Ma che è? Ti diverti ad infastidirmi in ‘sto modo?” chiese irritato, ma
era un fastidio più che benvenuto, era un’irritazione familiare,
rilassante dopo tanta tensione. Un ritorno alla normalità.
Kia sorrise mordicchiando il filtro della sigaretta che aveva
inconsciamente riportato alla bocca.
“Non hai freddo così?” chiese stancamente Junda osservando l’ampio petto
nudo del ragazzo,la pelle aveva un tono piacevolmente dorato, anche se
non era abbronzata. Una piccola ma lunga strisciolina di pelle più
chiara e leggermente grinzosa si dipanava dall’ombelico al fianco,
zigzagando irregolarmente.
“Non è che tu sia molto più vestito sai?” ridacchiò indicando con un
cenno la maglia di rete che fingeva di coprirlo.
“Io sono un tipo passionale, ho il sangue caliente di mio…” lo
punzecchiò, ma un gemito sommesso l’interruppe.
Come una cosa sola si girarono entrambi verso la porta, aspettando con
apprensione un nuovo lamento, ma Hanamichi aveva ripreso a dormire in
silenzio.
“Poverino, domani sarà uno straccio, cosa si può fare per alleviargli un
po’…”
”Non ci provare neanche. Ora taci ed ascoltami: qualsiasi cosa dica,
qualsiasi cosa faccia, nessuna comprensione. Deve sentirsi l’essere più
idiota della terra. Deve capire di aver fatto una semplice colossale
cazzata e deve sentire che, da questo punto di vista, non può trovare
supporto”
“Non è già stato male abbastanza” sibilò Junda di rimando, oh se lo
odiava con tutto il cuore quando faceva così.
“Non abbastanza.”Kia chiuse gli occhi sospirando, soppesando tra le mani
la sigaretta che aveva in mano prima di lanciargliela in grembo ed
accendersi quella che aveva masticato. “Ascoltami Junda, lui non sta
così male per la droga, ma per l’accoppiata micidiale che ha ingerito.
La droga dà euforia, un senso di onnipotenza, ovatta i problemi e le
sensazioni negative. Prima di collassate Sakuragi ha provato questa
euforia, io non voglio che se ne ricordi. Quando pensa alla droga la
prima cosa che gli deve venire in mente non è la falsa gioia che dà, ma
il male fisico che ha provato stanotte, la debolezza che proverà domani
e la sensazione di aver fatto una stupidaggine, perché questo è quello
che è stato per lui. Le vittime sono sempre spiriti deboli o indeboliti,
è una via di fuga. L’unico sistema per sconfiggere un dolore è
affrontarlo a viso aperto ed accettarlo, la droga invece appanna i sensi
e la capacità di reazione, indebolisce il tuo spirito e il male diviene
un mostro sempre più grande e invincibile e l’unico modo per sfuggirgli
e sopravvivere è farsi una nuova dose.”
“Appunto, non dovremmo dargli il nostro appoggio ora?” chiese
spezzettando la sigaretta, lasciando che le briciole di tabacco
piovigginassero sul tappeto.
“Che se ne fa del nostro appoggio? Il suo male, la sua paura profonda
non siamo noi, potremmo dargli tutto ciò che chiede ed anche di più, ma
non sarebbe mai contento.” Chiuse gli occhi lasciando che la cenere
della sigaretta che si stava lentamente consumando intoccata tra le sue
dita gli cadesse sulla coscia, “è sempre la parte più difficile…capire
dove sia il dolore che ti rode…scoprire il rimedio per colmare quel buco
che ti si apre nell’anima. L’amicizia non basta. Nemmeno l’amore dei
parenti basta. E’ come aver perso in un prato l’ultimo tassello del
puzzle, quello centrale, quello che da senso all’insieme del disegno.
Per Sakuragi quella tesserina è Rukawa. Dopo questa notte, basterà
lasciarli un po’ in pace assieme per metterlo al riparo dal desideri di
riprovarci.” sospirò gettando la testa dietro lo schienale, il fumo che
saliva a spirali dalle sue labbra “….Se solo fosse stato così semplice
ricomporre il puzzle…”.
“Kia?”
”Hn?”
“Vuoi fermarti qui stanotte?”
“Spiacente, ma un’ora e mezza di vomito inibisce ogni mio desiderio
sessuale”
“Oh, ma sei scemo? A parte il fatto che tu non mi piaci né fisicamente,
né intellettualmente, né psicologicamente e nemmeno emotivamente, ma per
chi mi hai preso?”
”Un mezzo maniaco con tendenza pedofila”
“Cosa?” sibilò sottovoce “Guarda che qua quello che vede avances
sessuali ovunque sei tu, non io! Io volevo solo che ti fermassi qui per
darmi una mano con Hana domani mattina, di sicuro sai come comportarti
meglio di me, ma…”
“Mi pare una buona idea” acconsentì stirando le braccia sopra la testa,
spingendo il petto in fuori ed inarcando la schiena.
Con uno sbuffò irritato Junda si alzò, “Sistemo un futon qui in salotto
va bene?”
“Oh, mettiti pure dove vuoi”
“Mettiti?”
“Certo, io dormo di là con Sakuragi o pensavi davvero di dormirci tu?”
chiese scuotendo la testa divertito nell’osservare l’espressione quasi
colpevole del moretto. “Sakuragi è troppo emotivamente instabile ora,
potrebbe anche cercare di sedurti e non credo che tu sia in grado di
rifiutarlo”
Junda grugnì gettando il futon sul pavimento.
“E mi dispiacerebbe sbatterti dentro per pedofilia” concluse sparendo
nella camera.
Hanamichi dormiva immobile rannicchiato in un angolo del letto; con un
sospiro appena accennato Kia gli si sedette accanto, sfiorandogli la
fronte con una carezza delicata.
“Non ti preoccupare ragazzino,” sussurrò sottovoce “questa volta non
sbaglierò”.
Consiglio della settimana: prendete taaaaaaaante fragole e tagliatele a
pezzi, metteteci su taaaaaanto zucchero, innaffiate di Porto e venite a
servire questa prelibatezza a me ^_^
Nobu: se qualcuno evitasse di cadere per le scale con la bottiglia forse
ora avrebbe già mangiato…
Nia -___- non sono io che cado….le mie scale vengono direttamente da
Hogwarts, si spostano da sole….
M