Ehmmmmmmm giusto per rovinare una fic che mi era venuta bene e perchè una promessa è una promessa e c'è una persona che ha bisogno di Junda nelle giornate di pioggia....ecco al voi l'orrido seguito di Iguana...abbiate pietà di me anche se io non ne ho avuta per voi


Grosso guaio all'Iguana club

di niane

 

 

TITOLO Grosso guaio all’Iguana club
AUTORE Niane
PARTE 1\4
SERIE slam dunk
PAIRING Ruhana,senkosh
RATING nc17




Con un sorriso salutò l’enorme lucertola, leggermente obesa, che s’innalzava sulla porta, le scaglie di vetro sottile che luccicavano, sul corpo di smalto verde, leggermente azzurrate dalla luce calda che filtrava dall’interno.
Abbassò la maniglia con sicurezza, facendo tintinnare le campanelle della porta come l’allegro cappello di un jolly.
“Buonasera” lo salutò compassato un buttafuori completamente vestito di nero, posizionato, con le gambe leggermente spalancate, davanti ad una tendina di sottili perline azzurre osservando con evidente apprezzamento l’alto giovane ragazzo fasciato da dei jeans così stretti da permettere di vedere il sangue scorrere nelle vene.
“Buonasera a lei” rispose ostentando una sicurezza che non provava: quell’idiota gli aveva detto che era un locale gay di classe, gli aveva detto dove si trovava, gli aveva dato numero di telefono e orari, ma non gli aveva detto l’unica cosa fondamentale: c’era un buttafuori, ma non c’era una cassa, il che voleva dire che si entrava solo se si era tesserati, mannaggia a lui.
“Desidera?” chiese l’omone, la voce bassa e gentile, ma ferma e decisa di chi è disposto ad accettare un’unica risposta.
Sendo si morse il labbro inferiore, torturando la carne con la punta dei denti; ‘desidera?’, una parola così piccola ed innocua e più enigmatica dell’indovinello della sfinge….o bhè, tanto l’avrebbe comunque afferrato per il bavero e scagliato fuori della porta facendolo rotolare sul marciapiede per tre chilometri, a quel punto non gli restava che tentare il tutto per tutto. “Non ho la tessera” ammise candidamente con un sorriso “Ho solo bisogno di parlare con Koshino”.
Un lampo di stupore passò negli occhi scuri dell’uomo che tornarono a squadrarlo, fissando stavolta le spalle larghe coperte dalla camicia bianca, il petto ampio, rivelato dai primi bottoni lasciati aperti, la muscolatura soda di certo frutto di anni di preparazione ed addestramento.
“Vi attende all’interno, prego passate pure” accondiscese scostando per lui la tendina.
Sendo piegò appena la testa in segno di saluto, svanendo nella nebbiolina luminosa del pub.
La luce variava dal verde all’azzurro, a secondo del giro dei tre riflettori, morbidamente puntati sulla pista da ballo che occupava il centro del locale, dandogli l’idea di trovarsi sott’acqua.
“Tu sei salito direttamente dal mondo dei demoni e stai cercando una vittima da condurre alla perdizione non è vero?”, gli sussurrò una voce divertita, ma sensuale all’orecchio, facendolo sobbalzare per la sorpresa. Dietro di lui, un bel giovane moro di circa trent’anni sorrise strizzandogli l’occhio “mi piacerebbe poter essere la tua vittima sacrificale” l’informò, sfiorandogli con due dita lo zigomo. Akira sorrise appena scuotendo la testa, cercando di calmare il cuore che gli batteva impazzito nel petto minacciando di sfondargli la cassa toracica.
“Mi piacerebbe corromperti” rispose stando al gioco, “ma mi stanno aspettando”.
“Quello è un uomo fortunato” sospirò lo sconosciuto scuotendo mestamente la testa “comunque se voleste movimentare un po’ la vostra serata, cercami, mi raccomando!” gli sussurrò all’orecchio, palpandogli velocemente il sedere prima di perdersi nella folla che si strusciava nella pista.
Akira sentì il viso incendiarsi di imbarazzo, anche se, sotto sotto, quella carezza sfrontata aveva acceso tutti i suoi sensi, provocandogli un formicolio eccitato nel sangue.
Con passi lenti avanzò verso la pista, guardandosi attorno attentamente.
Aveva mentito, non c’era nessuno che lo aspettava, era lì solo per un controllo, perché Aida non era mai troppo affidabile. Era un bravo ragazzo e non aveva assolutamente il vizio di mentire, ma Hikoichi era anche tanto, tanto ingenuo e tendeva a credere un po’ troppo alle fandonie che gli raccontavano, avanti! Si era bevuto davvero la storia di Sakuragi convincendosi che fosse lui la stella dello Shohoku! E probabilmente, anzi no, sicuramente aveva frainteso tutto un’altra volta, Koshino che bazzicava in un posto del genere? Con tutta quella musica, quella gente in calore che ti si strusciava addosso senza nemmeno chiederti il nome? Il suo Hiro? No. Da un po’ di tempo non si frequentavano più come una volta, precisamente da quando lui si era reso conto di desiderarlo fisicamente, ma lo conosceva meglio di se stesso: quello non era un luogo adatto ad Hiro!
Tuttavia il buttafuori l’aveva fatto entrare non appena aveva fatto il suo nome…
Bhè, era anche possibile che, magari, Hiro fosse davvero gay ed andasse lì perché era l’unico locale gay di tutta Kanagawa e, dato che anche Rukawa era gay, si erano incontrati una sera per caso, ma non stavano assieme, assolutamente no. Lui conosceva i gusti di Hiro e Rukawa non li soddisfaceva….
NO: a Hiro Rukawa non poteva piacere, però ad Hiro non sarebbe dovuto piacere nemmeno quel locale….
…nemmeno i maschi…
No, si stava solo facendo troppe paranoie, Aida aveva solo sbagliato ancora una volta, decise dirigendosi verso il bancone del bar, doveva bere qualcosa ed azzittire quello stupido cervello che si ritrovava.
La folla si era radunata sulla pista per ballare un lento accattivante e sensuale e la zona bar era semideserta, ad eccezione di due uomini che parlavano fittamente tra loro tenendosi per mano e un ragazzo dai capelli di fuoco che si stava portando un bicchiere colmo di un liquido denso e rosato alle labbra: “Sakuragi” sussurrò rimanendo impietrito.
Aida sbagliava sempre: aveva detto che Sakuragi era la stella dello Shohoku e Sakuragi aveva sorpreso tutti aiutando la sua squadra vincere.
Hikoichi aveva detto che Koshino frequentava il club Iguana e in effetti il buttafuori lo conosceva.
Hikoichi aveva detto che Koshino e Rukawa stavano assieme….
“Questa roba è troppo dolce e schifosamente stomachevole” si lamentò il rossino con voce impastata e un po’ troppo alta, “ non hai qualcos’altro?” chiese appoggiando il bicchiere sul tavolo con un tonfo che fece saltare via la fettina arrossita di limone.
Uno dei tre baristi, un ragazzo slanciato, dai corti capelli neri, leggermente sparati sulla testa, gli si avvicinò scuotendo la testa, facendo luccicare il piccolo orecchino sul sopracciglio “Il mio incommensurabile, irripetibile ed eccelso cocktail ti fa schifo solo perché ne hai già bevuti cinque di fila. Non stai un po’ esagerando Hana?” mormorò accarezzandogli con due dita uno zigomo, “Se continui così stasera non ti reggerai in piedi e mi toccherà portarti a casa, con me, in braccio” gli sussurrò strizzandogli un occhio.
Senza averlo nemmeno pensato, Akira si mosse raggiungendo il bancone con due uniche grandi, veloci falcate, con un sorriso appoggiò la mano sulla spalla del rosso, piantando uno sguardo duro e minaccioso negli occhi nocciola di quel porco approfittatore che doveva avere almeno dieci anni più di loro. Cosa ci faceva Sakuragi in posto pieno di simili pervertiti?
“Ciao Hanamichi” lo salutò allegramente, senza accorgersi degli occhi nocciola che si spalancavano all’inverosimile e del pallore che aveva imbiancato il viso abbronzato.
Junda alzò appena un sopracciglio scrutando il nuovo venuto.
“Se..se…Sendo?” balbettò Hana girandosi ad osservarlo perplesso “Cosa ci fai qui?”
“Lo conosci, Hanachan?”.
“Si, lui è..lui…è Se…Akira, fa parte di una squadra di basket rivale alla mia” spiegò.
“Squadra rivale?”.
Il sorriso di Akira si smorzò appena sotto lo sguardo indagatore del secondo barman.
Era di poco più basso del tipo con l’orecchino, ed aveva i capelli di un castano lucente che sfumava nel biondo cenere, mettendo in risalto due occhi inquisitori, neri come la notte fonda. La muscolatura del torace e delle spalle, forte ma non pompata, era pienamente rivelata da una maglia di lino nera senza maniche, il cui scollo a v, molto profondo, era morbidamente chiuso da un intreccio lasco di corde.
Hanamichi annuì appena fissando l’uomo che socchiuse gli occhi riducendoli ad una fessura.
“Ho deciso!”, esclamò Junda posando una mano sul bancone e allungandosi sopra il mobile per avvicinarsi al viso di Hana; “domani mi iscrivo ad un club di basket, chissà che così non riesca a rimorchiare anche io un bel ragazzo!” piagnucolò sorridendo.
Hanamichi alzò lo sguardo appannato al soffitto scuotendo la testa e, suo malgrado, Akira si trovò a sogghignare divertito “Sono più che certo che non ha nessun bisogno di ricorrere ad un simile stratagemma per rimorchiare qualcuno, credo che basti un solo vostro cenno” ammise; certo era un vecchio pedofilo balordo, ma la sua avvenenza era innegabile. Aveva un viso dai lineamenti gentili, un corpo snello e sodo e un fare ammagliante. Il gusto nel vestire era più che discutibile, ma la maglia di rete stretta che indossava sul petto nudo creava un gioco di vedo e non vedo accattivante e sensuale.
“Oh ragazzino, almeno tu nell’universo sei stato dotato di un po’ di intelligenza! Qualcuno qui” ed incollò il proprio naso a quello di Hanamichi, “dovrebbe ascoltare la voce della saggezza. Comunque vedi di darmi del tu che non sono vecchio come tuo nonno. Io mi chiamo Junda” si presentò porgendogli la mano. Akira la strinse un secondo nelle sue, prima che il moretto vi ci si piegasse per posarci un bacio leggero a labbra socchiuse.
“Jundaro” lo rimproverò a bassa voce, ma con un tono severo il biondo.
Junda si immobilizzò per un istante, alzando il viso a scatti, simile ad un robot mal oliato.
“J-U-N-D-A” scandì “Mi chiamo Junda, my name’s Junda, Ich bin Junda, in che cazzo di lingua te lo devo dire per fartelo capire? Non mi chiamare in quel modo! Mi hai capito?”
Ignorandolo il biondino sorrise appena a Sendo “Bevi qualcosa?”
“io si ecco….un Alexander” buttò giù, scandagliando mentalmente tutti i film che aveva visto nell’ultimo mese e recuperando il nome di un cocktail.
Le spalle di Hanamichi si irrigidirono appena sotto la sua mano “E’ il drink preferito da Rukawa” sussurrò.
Incapace di respirare Akira si accoccolò sullo sgabello di pelle accanto “Rukawa? E’..E’ qui?”
Hanamichi annuì in silenzio, facendo ruotare su se stessa la fettina inzuccherata di limone.
“E’ su uno dei divanetti” borbottò indicando con un cenno della testa la zona opposta della grande sala, dove, immersi nella penombra erano stati disposti dei piccoli divani, “è lì con Koshino”.
Akira sentì il mondo morire, marcendosi direttamente sotto i suoi piedi, squagliandosi in una palude infetta e pregnante che gli ustionava i polmoni. Gli oggetti si sgretolavano come costruzioni di sabbia arse dal sole e le persone, i cui visi erano orride maschere demoniache, si liquefacevano sciogliendosi in una pozza di colore tremolante.
‘Ti dico che è vero, senpai Koshino ha una storia con Rukawa, guarda è nei miei appunti’
No…..non è vero.
‘Ha una storia con Rukawa’
Non è vero!!!
‘E’ nei miei appunti Sendo, frequentano ogni sera l’Iguana club’
“Non è vero!”, quasi lo gridò stringendo le mani in un pugno serrato, le nocche che trasparivano bianche sotto la carne tesa all’estremo.
“Oh si che lo è” continuò Hanamichi senza guardarlo in faccia, rubandogli il bicchiere di Alexander e buttandolo giù in un unico sorso che gli macchiò le labbra e la guancia di cioccolato.
“Rukawa non può stare con Koshino” ripetè Akira coprendosi gli occhi con le mani, quante volte doveva dire di no per cancellare la realtà?
“Oh, non ti preoccupare porcospino, se è Ru che vuoi basta solo che attendi un po’ e lo avrai. Sei abbastanza carino per piacergli.”
“Co….cosa?” sussurrò appena Akira, ma Hanamichi non lo stava ascoltando: teneva il bicchiere vuoto nella mano, facendolo dondolare leggermente davanti agli occhi, guardando le luci blu scomporsi sul vetro in un arcobaleno stinto e privo di colori.
“Stavamo assieme noi due” disse a voce stranamente alta, chiaramente percepibile al di sopra della musica. “Ci siamo innamorati proprio qui. Innamorati” rise gutturalmente, un suono cupo e ruvido di tristezza “IO mi sono innamorato di lui! Proprio qui, lassù sulle stanze riservate ai clienti. Lui ha la tessera oro, sai? Può accedere alle camere migliori, mi disse che gliela aveva regalata suo zio, ma che non sapeva cosa farsene e io ingenuo gli ho creduto! Era qui tutte le sere e io mi sono bevuto la sua storia, gli ho dato il mio cuore e lui si è preso l’unica cosa che voleva: il mio culo” scosse la testa appoggiando la fronte al bancone. “E’ una puttana. Stavamo assieme da pochi mesi, era tutto semplicemente perfetto e lui sai cosa mi dice? Che non gli basto, che è stanco di scopare solo con me, che ha bisogno di provare qualcuno di nuovo. Si annoia. Hai capito? Lui con il Tensai si annoia! Ha detto che siamo stati assieme per troppo tempo, che siamo troppo giovani e che era ora di provare carne fresca, scopa con altri Hana, perché io lo farò. E l’ha fatto! Anzi, ha avuto il coraggio di dirmi che dovevo sentirmi onorato perchè non mi ha mai messo le corna durante il periodo in cui mi fotteva! A lui non è che gliene frega qualcosa, ti seduce e ti abbandona. Ora è il turno di Koshino, se lo spupazza tutte le sere, fino a che non gli verrà a noia. E io sto qui a guardare e ad attendere un suo gesto, un riaccendersi del suo interesse per me, ha detto che se sono a portata magari un’altra botta me la da. E se non ci sono troverà un altro. Lui lo può fare questo gioco.”abbassò la voce cercando di dare alla luce che si rifrangeva scomposta sulla superficie liscia del legno, una forma coerente. “Lui è perfetto. Una bellezza ultraterrena, un carattere fiero e forte, sembra così altero e distaccato, ma i suoi occhi sanno catturati e le sue mani sanno farti sentire l’essere più importante della terra. E’ un buco nero che ti succhia il cuore e non te lo rende. In effetti cosa ci fa lui con uno come me?” sussurrò “Non sono davvero abbastanza per lui, non è possibile che lui ami davvero uno come me” ammise asciugandosi una lacrima ribelle.
“Hana” lo chiamò Junda posandogli due dita su una guancia, accarezzando leggermente la traccia umida “Lo sai che….”
”Jundaro!” lo sgridò il biondino.
“Non hai un briciolo di cuore”, sibilò girandosi ed allontanando la mano dal viso di Hana.
“E tu non hai un minimo di cervello, prepara un B52, per quel cliente ah, e non dargli fuoco”.
Junda si morse il labbro annuendo “Il fuoco io lo darei a te,non al cocktail.” sibilò
”Non ti preoccupare Junda, sto bene, ho solo esagerato un po’”, lo rassicurò Hana concedendogli l’ombra di un sorriso “Anche tu Akira, scusa….” Hanamichi aprì e chiuse gli occhi, girando la testa attorno a sé, ma del porcospino non c’era traccia.
“Se n’è andato proprio poco fa”, l’informò un signore elegante seduto accanto a lui. Hana lo vide a malapena, registrando meccanicamente i capelli corti e scuri, gli occhi coperti da degli occhiali da vista dalle lenti leggermente aranciate, la camicia nera sotto il completo di seta grigio perla.
“E dove diavolo è andato quel demente!” gridò furioso.
L’uomo gli si avvicinò posandogli un braccio attorno alle spalle e costringendolo a girare il viso verso la zona divanetti “Là”, gli sussurrò all’orecchio, lasciando che la voce bassa e roca si infrangesse contro il suo lobo.
Sul divanetto di pelle scura, vestito con un completo bianco Kaede risaltava come una divinità in un tempio; teneva le braccia incrociate sulla schiena di Koshino, che, languidamente stravaccato su di lui, la testa premuta contro il suo collo, gli accarezzava il petto.
Akira si piazzò davanti a loro e Koshino scattò a sedere pallido, mentre Rukawa si limitava a scuotere appena la testa fissando il soffitto, probabilmente stava giustamente pensando che c’era una scocciatura in più.
Akira continuava ad urlare qualcosa e Koshino si limitava a guardarlo sorpreso.
Rukawa si alzò stiracchiandosi, guardando con aria di rimprovero il piano bar, incrociando per un istante i suoi occhi prima di avvicinarsi al porcospino. Con due dita gli accarezzò il viso,facendo scivolare la sua mano sotto il mento di Sendo, avvicinandosi a lui sino a sfiorargli le labbra con le proprie, incurante della mano di Koshino che gli stava artigliando la carne del braccio.
Akira rispose annuendo alla domanda di Kaede, poi si scostò di lato permettendo ai due ragazzi di uscire dal divano. Le dita di Hiroaki s’intrecciarono a quelle del porcospino, mentre Rukawa lo abbracciava alla vita tirandoselo contro, conducendolo verso le scale.
“No” sussurrò Hana sentendo una mano artigliata penetrargli nel petto e strappargli il cuore “No”
Ma i tre continuarono a salire le scale, la mano di Kaede premuta su fianco della stella del Ryonan.
“No” ripetè Hana mordendosi il labbro.
“Non piangere” sussurrò contro il suo lobo l’uomo dal vestito argenteo, “Vieni, andiamo a sederci laggiù e raccontami cosa è accaduto” sussurrò afferrando una bottiglia di bourbon, “vedrai, dopo che ne avrai parlato con me ti sentirai meglio”.
Hanamichi annuì.

Senza una parola Akira pose il piede destro sul primo scalino, il sinistro sul secondo e di nuovo il destro sul terzo e poi il quarto ed il quinto, meccanicamente, senza in realtà capire davvero che stava salendo le scale, senza vedere il legno lucido e brillante di cera,senza sentire la mano di Rukawa che gli pesava sul fianco o le dita esili di Hiroaki intrecciate alle sue.
Avanzò in silenzio, come in un incubo ovattato, fino alla porta brunita su cui campeggiava, in un ovale di ciliegio rosato,un grande 5 d’oro.
“Pensaci tu”, mormorò Rukawa abbandonando la presa e dirigendosi, senza nessun’altra parola, a sinistra, lungo il corridoio.
In silenzio Koshino aprì la porta spingendolo all’interno e finalmente Akira tornò a vedere.
Le pareti della camera e tutto il mobilio erano di un pallido color crema. Un grande letto tondo occupava il centro della stanza riflettendosi in uno strano, grande, specchio triangolare le cui tre ante, come in un gioco di scatole cinesi, riflettevano l’una nell’altra il riflesso dello specchio che rifletteva la stanza. Un tappeto bordò copriva il pavimento, in tono con le lenzuola e i grossi, piumosi, cuscini del letto.
“Wow” sussurrò incredulo girando su se stesso per abbracciare la camera.
“Beviamo qualcosa?” propose Koshino aprendo le ante di un basso mobiletto ed estraendo due calici di cristallo sottile dallo stelo scarlatto.
Akira scosse la testa fissando perplesso i bicchieri: come si poteva pensare di bere in una simile meraviglia? Ma Koshino versò due dita di un liquido denso e rosso in entrambi, porgendogliene uno con aria insoddisfatta “Non è previsto aver voglia di qualcosa di diverso dal porto” constatò , sorseggiandolo lentamente con tranquillità consumata: troppo dolce per i suoi gusti (Kosh non capisci ‘na mazza >__< Kosh: guarda che sei tu che scrivi…).
“Vieni spesso qui?”
“No, questa stanza ancora non l’avevo ancora vista” spiegò tranquillo.
Con un balzo improvviso Akira gli fu addosso, scagliandolo sul letto, che lo accolse con un sospiro del morbidissimo piumino, e lo imprigionò sotto di lui.
Il bicchiere tintinnò dolcemente, sbattendo contro il bordo del letto, creando, a testimonianza del delitto, una chiazza ed una scia scarlatta, mentre rotolava lentamente verso lo specchio.
“Aki?” domandò perplesso, cercando di tirare fuori il viso dal suo abbraccio per respirare.
“E lo dici così?” sibilò Akira afferrandogli i polsi “Con questa faccia?Ci provi così tanto gusto a farti sbattere da lui?Ad essere la sua bambolotta gonfiabile? Non hai visto cosa ha fatto, cosa avete fatto, ad Hanamichi?”
“Aki…”
“Prima ti sbatte e poi ti molla, così risparmia i soldi di un bocchino”
”SENDO!” gridò cercando di liberarsi, ma le dita di Akira gli si serrarono sui polsi in una morsa inespugnabile.
“Oh..non mi dire che sei così scemo da credere davvero che con te sarà diverso, che lui si innamorerà di te. Ti sta solo usando! Ti piace così tanto farti usare?”
“Ora basta” sibilò, sottovoce, gli occhi nocciola fissi con durezza in quelli del suo capitano che si trovò costretto ad abbassare lo sguardo.
“Akira” iniziò a spiegare esasperato, ma la bocca del ragazzo scese improvvisa sulla sua azzittendolo ed il cuore, preso alla sprovvista, perse qualche battito, accelerando poi la corsa nella speranza di recuperare il ritmo.
La lingua di Akira gli sfiorò le labbra, picchiettando con dolce violenza sino ad aprirsi una breccia in cui intrufolarsi, sfiorandogli le punte aguzze dei denti, il palato che sapeva di zucchero e vino, inciampando nella sua lingua, toccandola dolcemente per un istante prima di ritrarsi, timorosa come un cucciolo che disturbi il sonno di un altro animale. Ma l’animale si rivelò amichevole, tremò appena prima di accettare il gioco, attorcigliandosi con lui in una lotta giocosa e sensuale, rispondendo al bacio con un trasporto che annullò la mente di Akira. Non esisteva più nulla oltre a quella bocca calda ed accogliente, a quelle mani che gli accarezzavano la nuca, a quel corpo che sussultava sotto le sue carezze. Con un brivido di piacere abbandonò le sue labbra, succhiando la traccia di saliva che scivolava sul mento,scendendo a mordicchiare la pelle candida della gola.
Koshino gemette, un suono nitido che rimbombò come una gelida cascata nel silenzio della stanza.
Akira sollevò il viso per fissarlo: gli occhi chiusi e la bocca gonfia, umida, leggermente aperta sul candore nascosto dei denti, un rossore affascinante sulle guance.
Era qualcosa che non voleva.
Con un sospiro tuffò il viso contro il suo collo, nascondendovisi.
“Akira?”
“Cosa ci fai in un posto come questo Hiro? Non potevi trovare di meglio? Rukawa è bellissimo, questo luogo incantevole,ma nonostante tutta questa bellezza ciò che fate è squallido.”
Koshino sospirò piano, più che altro per recuperare il fiato che quel bacio gli aveva tolto, sfiorandogli appena i capelli prima di spingerlo lontano da sé ed incrociare le braccia sotto la testa.
“Non hai capito niente. Kaede sta con Sakuragi da ormai cinque mesi e non ha nessuna voglia di sostituirlo. Questo locale appartiene a suo zio e, anche se so che sembra strano, in fondo è in regola. Solo che da un po’ di tempo pare che lo frequentino anche degli spacciatori, o meglio gli spacciatori di una piccola schifosissima banda in rapida crescita. La polizia è sulle loro tracce da un po’, ma non hanno prove per incastrarli, sono in gamba, trovare un aggancio non è facile.
Ma anche lo spacciatore ha il suo punto debole e sta proprio nel suo lavoro; sai chi sono le sue vittime preferite?I giovani e, per essere precisi, i giovani che hanno qualche delusione. Li agganciano offrendo loro quello di cui hanno più bisogno: una spalla amichevole su cui piangere ed un sistema veloce con cui dimenticare.”
”E cosa c’entri tu?”
“Kaede e Sakuragi stanno assieme”
“L’hai già detto..”
“Si sono conosciuti qui e ti assicuro che nessuno dei due è mai passato inosservato. Se tra loro si fosse inserito un terzo ed uno dei due fosse stato vittima di una cocente, insopportabile delusione…”
”Gli spacciatori si sarebbero potuti fare avanti?”
Hiroaki sorrise “Esatto”
“E perché proprio tu?”
“ La polizia aveva già un aggancio qua dentro, un uomo chiamato Keichi, avrebbe dovuto esserci lui al mio posto, ma poche settimane fa è stato ferito ad una spalla da una pallottola vagante mentre cercava di non far degenerare un furto al supermercato in una strage. Mio zio non è riuscito trovare un poliziotto che riesca a tollerare a lungo queste atmosfere e a fare il gay, così ha provato a chiedere a me.”
“Tuo zio?”
Hiroaki annuì “Il fratellastro di mia madre, il commissario Shington” spiegò guardandolo di sottecchi: Akira era seduto a gambe incrociate sul letto, lo sguardo puntato sulle proprie spigolose ginocchia.
“Allora eri qui per aiutare nelle indagini, non stai con Rukawa”
”No” rispose allungandosi piano sul letto con un mugolio, gettando la testa all’indietro ed inarcando il collo.
“Perdonami ero davvero convinto che tu e lui.. ti assicuro che altrimenti io non ti avrei mai baciato
Aida aveva detto… ero convinto che tu fossi gay…sarebbe stato troppo bello in realtà…puoi perdonarmi?”
Koshino sbattè le palpebre incredulo: non aveva capito il discorso “Eh?”
“Dio che scemo” continuò a borbottare Akira scendendo dal letto e dirigendosi alla porta
“Non puoi uscire!” gridò Hiroaki congelandolo sul posto “Sei ufficialmente a letto con me e Kaede, ricordi? Non puoi mandare tutto all’aria”
”Non ti fa senso stare con me?”
Hiroaki sospirò rumorosamente “Akira” lo chiamò così dolcemente che l’altro si girò a guardarlo.
Era bellissimo steso in quel mare cremisi che metteva in risalto la sua figura esile, il petto che ammiccava invitante da sotto la camicia scura leggermente slacciata.
Quando era stata sbottonata la camicia?
“Akira, non so se te ne sei accorto, ma io ho risposto al tuo bacio”
“Si” ammise arrossendo “e mi sono anche chiesto il perché”.
“Perché evidentemente sono un masochista,pezzo di idiota, ecco il perché” sospirò esasperato, stiracchiandosi languidamente.
Akira deglutì a vuoto tornando inconsciamente verso il letto, improvvisamente si rese conto di come in quella camera non ci fosse nient’altro. Niente sedie, niente televisione, niente stereo, niente giochi in scatola, solo un grande enorme, morbidissimo letto. “Dobbiamo stare qui?”, un sussurro strozzato.
Hiroaki annuì, scatenando un piccolo maremoto di onde cremisi.
“E cosa facciamo? Non c’è nulla da fare” disse, anche se in realtà la sua mente gli stava già proiettando un centinaio di film vietati ai minori.
“Credevo che ti fosse piaciuto baciarmi” borbottò a mezza bocca Hiroaki evitando, imbarazzato, il suo sguardo ed arrossendo un poco,intonandosi all’ambiente.
“Kosh?” mormorò sedendoglisi accanto e sfiorandogli con la punta delle dita il viso.
“Perché sei venuto qui oggi Aki?”
Per un lungo momento Sendo si limitò a guardare il suo riflesso che guardava il suo riflesso riflettersi nelle ante “Aida aveva detto che tu frequentavi questo posto e io volevo vedere se era vero.
“Perché?”
“Perhè non ci credevo. Non volevo crederci. Non volevo che tu avessi una storia con Rukawa.”
“Perché?”
“Perché…perché è un nostro rivale” borbottò fissando il suo riflesso negli occhi.
L’immagine di Koshino si sollevò a sedere, abbracciandolo da dietro, facendogli pendere le mani sul petto, senza sfiorarlo. “Che razza di risposta è?” sussurrò sottovoce, facendo attenzione a parlargli vicino al collo in modo da accarezzarlo con il proprio fiato.
Akira deglutì, “E’ fondata; in un momento di passione potrebbe tentare di estorcerti i nostri segretissimi schemi”
“Non stiamo parlando di Sakuragi, lo sai che Kaede non farebbe mai una cosa simile.”
”Hiro perché continui a chiamarlo per nome?”
Koshino sorrise avvicinandoglisi appena, quasi a sfiorare con il proprio petto la sua schiena “Sai com’è, dopo che passi dieci sere steso sulle sue ginocchia a scambiarti carezze ti viene normale chiamarlo per nome” mormorò.
“A FARE COSA?” gridò girandosi di scatto furioso, ma Koshino sorrideva divertito, una strana luce che gli scintillava negli occhi, una piccola stella raminga nella notte delle sue pupille.
“Oh quante storie, non è nulla, dai che ti faccio vedere” sussurrò e, senza cerimonie lo trascinò lungo il letto, facendogli posare la schiena contro la testiera.
“Tu sei Kaede ok? E te ne stai così stravaccato sul divanetto,io faccio me stesso e di solito mi metto così” spiegò infilandoglisi sotto il braccio destro in modo da posare con il petto sul suo.
“Non tenere quel braccio immobile come un baccalà secco, abbracciami. Bravo” lo elogiò scavandosi con la testa un angolino contro il suo collo, la guancia sulla sua spalla “e ora puoi usare l’altro per accarezzarmi i capelli o la schiena” gli mormorò contro il collo “anche se Kaede sa che è meglio la schiena…se mi accarezza troppo la testa va a finire che mi addormento”
Akira annuì in silenzio, incapace di parlare: sentiva il calore del corpo di Hiro bruciargli i vestiti e il suo fiato gli baciava la gola ad ogni sillaba, incendiandogli il sangue.
“Di solito questa è la nostra posizione standard, lui può controllare la pista e il bar e, soprattutto che non si avvicinino troppo a Sakuragi, e io controllo entrata ed uscita” spiegò iniziando a far scivolare due dita su di lui, scendendo dalla scapola all’altezza del petto e risalendo. Lentamente, più un brivido che un vero contatto.
“Pa…pa…passate tutta la serata così?” balbettò; stava male, l’aria stentava a raggiungergli i bronchi facendolo ansimare e il capezzolo sinistro gli doleva, minacciando di staccarsi dal suo corpo per aggiungere il polpastrello di Hiro che, tre volte maledetto, si fermava pochi schifosi millimetri più in alto.
“Oh abbiamo uno stock di piccole variazioni, giusto perché non ci scambino per statue” ridacchiò facendogli scivolare una gamba tra le sue.
Akira deglutì sentendo il naso fresco premere contro il suo collo, il respiro accarezzare bollente la sua gola e la coscia tornita ed infuocata ardere tra le sue gambe. Sollevò appena la testa per cercare l’aria che gli mancava. Gli specchi davanti a lui riflettevano un centinaio di Hiroaki languidamente avvinghiati ad altrettanti Akira. La stoffa morbida e scura dei pantaloni del playmaker si adagiava come una pellicola sui suoi glutei torniti, disegnandone la rotondità, increspandosi appena sotto la coscia tesa. Akira boccheggiò, socchiudendo la bocca alla ricerca d’aria, osservando allibito e terrorizzato la sua mano che abbandonava la schiena di Hiroaki, volava appena nell’aria raggiungendo quelle morbide perfette colline rallentando, decisa ad atterrarvi sopra con una carezza. Strinse le dita in un pugno costringendosi con violenza a posarla sul materasso.
“E Sakuragi apprezza?” biascicò con la voce impastata.
“Non apprezza, ma sa che dobbiamo farlo e poi, come ti ho appena dimostrato non facciamo niente di che, se ogni tanto non passasse Hojo ci addormenteremmo”
“Come potete addormentarvi così?” gemette incredulo.
“Perché?Non è rilassante?” domandò il moretto ed Akira tremò sentendo le labbra carnose sfiorargli accidentalmente la pelle della gola. Aveva sempre avuto una voce così bassa e sensualmente roca?
“No..cioè, ecco, a me verrebbero in mente un sacco di cose, ma mai dormire” borbottò arrossendo.
Aveva caldo, terribilmente caldo.
“Tipo?” sussurrò Hiro contro il suo collo.
Si sbagliava o gli si stava avvicinando sempre di più? “Tipo?” ripetè Akira.
Hiroki ridacchiò appena annuendo ed accarezzandogli la gola con i capelli “Si, cosa ti viene in mente?”
“Cose” rispose Akira cercando soccorso nei suoi riflessi che si fissavano perplessi ed arrossati l’uni l’altro.
“Si, ma cose di che genere?” continuò imperterrito il moretto sussurrandogli le parole all’orecchio.
Era troppo, se la stava cercando! Non poteva sperare di passarla liscia con lui…sorrise appena:
“Mha, per lo più pensieri pornografici sul tuo didietro” annunciò serafico, anche se la voce gli tremava leggermente, dandogli un’amichevole pacca sulle natiche “E sul fatto che così sembri un koala aggrappato alla mam….”,le parole si bloccarono in un ansito gemente.
La punta umida della lingua di Hiro stava vagolando sul suo collo, facendolo tremare sotto la sua carezza.
“Saresti un partner disastroso sai?” ridacchiò Hiro mordendogli gentilmente la gola e succhiando piano la pelle lesa.
“Fai così anche con Rukawa?” domandò stringendolo con forza contro di sé, sfiorandogli la spina dorsale con le dita incerte.
“Invidioso?”lo canzonò senza smettere di succhiare e leccare quel piccolo benedetto pezzettino di collo.
Akira chiuse gli occhi afferrandolo per la vita e gettandolo di scatto alla sua sinistra, rovesciandoglisi sopra ed imprigionandolo sotto di sé.
“Geloso” confessò “Geloso da morire” ripetè abbassando il viso verso quello del ragazzo.
Le labbra di Hiroaki si aprirono immediatamente consentendogli di immergersi di nuovo nel suo calore dolce e d’iniziare un nuovo duello lento.
Hiroaki gemette piano, insinuando le mani sotto la camicia stropicciata per accarezzare la pelle candida di quella schiena peccaminosamente perfetta che aveva sbirciato così tante volte.
“Wow Hiro” ansimò Akira staccandosi appena dalle sue labbra, senza interrompere però del tutto il contatto tra loro, “questo posto ti fa male sai?”, ma i suoi occhi scintillavano maliziosi.
“Non è il posto scemo” confessò osservando attentissimamente il soffitto, “non mi sono mai eccitato per Rukawa”
Akira sorrise felice, tornando a baciargli morbidamente le labbra, ancora umide del precedente bacio “Mmmmh allora è merito del mio fascino irresistibile è per quello che in spiaggia mi sgridavi sempre perché non mettevo la crema solare e venivi a spalmarmela tu?” lo prese in giro mordicchiandogli il mento, ma Hiroaki si irrigidì tra le sue braccia.
“Hiro?” e il moro girò il viso premendolo contro il materasso. Piano, una giuntura per volta Akira si mise a sedere sul suo stomaco, le gambe premute sull’esterno delle sue cosce. “Hiroaki Koshino…io l’ho detto per scherzo..tu davvero tu..da quest’estate?”
Hiroaki tacque, arrossendo violentemente e mordicchiandosi il labbro inferiore.
“E non hai mai fatto nulla? Ma sei idiota?” sbottò Akira.
Hiroaki si umettò le labbra con la punta della lingua, girando il viso e tornando a guardarlo “Cosa avrei dovuto fare secondo te scemo? Prenderti e sbatterti sulla sabbia?” sibilò irritato
Akira ridacchiò divertito accarezzandogli il collo con due dita, sorridendo ancor di più nel vedere quegli occhi neri e furiosi socchiudersi di piacere al contatto “Poteva essere un buon inizio”
“Sei un maniaco deficiente e non so quale tra le due sia peggio”
Ridacchiando ancora Akira si ripegò su di lui sfiorandogli le labbra “facciamo pace?” bisbigliò.
Hiroaki scosse la testa, sfregando la sua bocca serrata contro quella morbida che lo baciava.
“Non fare l’orso, dai” pigolò Akira sollevando il viso per guadarlo.
Hiroaki teneva il broncio, ma i suoi occhi sorridevano.
“Pace-e-e-e-e-e?”, Hiroaki lo fissò un attimo, prima di tirare, lentissimamente, fuori la lingua e stringere gli occhi in una smorfia dispettosa.
Akira non perse un secondo, scese in picchiata a catturare quella linguetta insolente tra i denti, succhiandola voracemente tra le sue labbra. Con un gemito Hiroaki gli gettò le braccia al collo tirando con violenza contro di sé, i corpi premuti uno sull’altro, le virilità che schiacciavano dure contro le cosce.
“Hiro” mugolò, dopo quelli che dovevano essere stati anni, scivolando ad assaporargli il collo morbido, rabbrividendo piacevolmente nel sentire le piccole dita fresche girovagare sulla pelle della schiena, accarezzargli l’incavatura appena accennata della colonna vertebrale, scivolare a sfiorare la carne soffice dei fianchi, salire di nuovo tracciando piccole spirali fino alle scapole inondandolo di piccoli brividi che zampettavano inseguendo le carezze delle sue dita, precisi e fedeli come paperette dietro la mamma (mi sono bevuta il cervello…scusate-__-,,,)
Con frenesia tornò a violentargli le labbra con le proprie, strusciando la propria lingua sulla sua così dolce, così vorace, così perfetta.
“Alza le braccia” ordinò Hiroaki sfilandogli la camicia dalla testa senza perdere tempo a sbottonarla. Seduto sul suo bacino Akira lo fissò sorridendo malizioso, umettandosi le labbra turgide e gonfie con la punta della lingua; piano da un angolo all’altro, senza smettere di guardarlo negli occhi. Con dolcezza allungò la mano a scostargli una ciocca ribelle dalla fronte, accarezzandogli la pelle umida, scivolando con la punta del polpastrello sul naso, scendendo nel piccolo invitante incavo che disegnava le labbra, sfiorando la carne morbida e scarlatta della bocca che lo baciò leggermente, continuando a scendere lungo il collo sino ai bottoni di plastica nera. Con un sorrso iniziò a sbottonare quelli che ancora erano chiusi, liberando il petto glabro ed invitante su cui i capezzoli scuri spiccavano come sue piccoli sassolini aguzzi in una distesa di neve.Con falsa nonchalance, come se stessero per fare tutt’altro, le dita scivolarono sui fianchi, spingendo indietro i lembi della camicia e risalirono per titillare con i palmi aperti le piccole punte bramose.
Hiroaki s’inarcò con forza gemendo al contatto appena accennato, offrendosi a quelle mani vagabonde.
“Cosa devo fare con te Hiro?” sussurrò sensualmente Akira stringendo tra le dita uno dei due boccioli.
“Ma quello che vuoi” gemette il moretto afferrandogli le natiche e stringendo la carne morbida e compatta tra le dita.
Il sorriso di Akira si sciolse mentre si piegava di nuovo su di lui sfiorandogli le labbra con piccoli baci casti e veloci “Non mi concedere libertà che non vuoi che mi prenda Hiro, non mi tentare in quel modo, non posso controllarmi, non se mi parli così” sussurrò succhiandogli la gola, deciso ad incidere su quel corpo stupendo almeno un piccolo marchio di possesso.
“Che sei stupido già lo sapevo, non pensavo però fino a questo punto” gemette Hiroaki piegando la testa.
Le labbra di Akira si fermarono perplesse a metà di una saporita leccata, lasciando un velo impalpabile di saliva come prova del loro passaggio “Perché mi offendi sempre?” si lamentò sollevando il viso per guardarlo.
Hiroaki sorrise dolcemente cingendogli il collo con le braccia e tirandosi semiseduto sotto di lui, “Non ti offendo mai” sussurrò sfiorandogli il labbro inferiore con la punta della lingua; immediatamente Akira socchiuse le labbra, spingendo in fuori la propria lingua alla ricerca di un contatto più intimo, ma Hiroaki ritirò la propria limitandosi a mordicchiargli il labbro con i denti,facendolo gemere di disappunto “Io ti dico solo la verità” continuò.
Akira spalancò gli occhi, ma l’espressione di orgoglio ingiustamente ferito si squagliò tremula sotto le lappate leggere di quella lingua serpentina che gli leccava le labbra, con uno sbuffo le concesse di entrare, d’invadere la sua bocca e di prendere in ostaggio la sua stessa lingua.
Oltre a quell’intreccio sensuale non c’era nulla che avesse spessore o esistenza.
Non sentì la sua schiena piegarsi all’indietro, non sentì il materasso abbracciarlo sofficemente, la realtà era racchiusa nelle loro bocche che si stavano fondendo, nel petto caldo di Hiroaki che schiacciava il suo e, soprattutto, nel ventre duro del suo amore che si strusciava sulla sua erezione mandandogli scariche di piacere intenso in tutto il corpo.
I cento Sendo imprigionati negli specchi si inarcarono all’unisono quando le labbra soffici di altrettanti Koshino abbandonarono le loro bocche per scivolare lungo la gola, leccare piano l’infossatura alla base del collo e raggiunsero i loro capezzoli eretti, facendoli danzare leggermente con la punta della lingua. Centinaia di mani si posarono sulla stoffa scura dei pantaloni, accarezzando e stringendo i globi delle natiche, mille dita scivolarono in sincronia mappandone i confini. I Koshino allargarono le gambe incastrandole contro i fianchi dei Sendo, facendo combaciare le proprie virilità tese su quelle dei compagni. Le bocche si aprirono in gemiti muti, imitando la supplica della loro copia corporea, quando la mano sottile del playmaker si fece largo tra i bottoni dei Jeans strettissimi, sfiorando il membro teso allo spasimo e bollente sotto la stoffa sottile, ma indisponente dei boxer.
“Hiro” gemettero mentre la mano scivolava su di loro, spingendosi tra le gambe, infiltrandosi sotto la stoffa, stringendo tra le dita la carne umida ed infuocata.
Hiroaki, il viso rosso di piacere e di imbarazzo, tornò a chiudere quella bocca rumorosa con la propria. Con uno scatto improvviso gli Akira ribaltarono la posizione, gettandosi sopra agli Hiroaki, mordendo il loro collo con frenesia disperata, mentre i moretti ne approfittavano per abbassargli i pantaloni, liberandolo, alla meno peggio dei vestiti, accarezzando i peni turgidi che tremavano sotto il contatto succoso delle loro dita.
“Hiro!” gemettero senza voce inarcando la schiena, scivolando ad abbassare con mani incerte la zip dei pantaloni, facendoli scivolare con lente carezze lungo le cosce tornite, accarezzando ogni centimetro di carne prima con la stoffa e poi con le dita, “aspetta” li supplicarono afferrando la mano maliziosa ed immobilizzandola sopra la testa.
Per un istante rimasero immobili a guardarsi, poi Gli Akira si chinarono su di loro, sfiorando il petto con le labbra, tratteggiando un sentiero umido e scomposto sul torace, stuzzicando con la punta della lingua l’ombelico, inoltrandosi più in basso, seguendo la mano destra che abbassava i boxer rossi, baciando la linea dura dell’anca, la pelle morbida dell’inguine, succhiando la muscolatura della coscia e mordicchiando piano il polpaccio. Hiroaki aveva chiuso gli occhi estraniandosi dal mondo, rinchiudendosi in un mondo di piacevoli brividi. Akira gli morse l’alluce, facendolo sobbalzare per la sorpresa e riprese a scalare con una lentezza terribile quelle gambe che parevano infinite. Ogni cellula riceveva un bacio e ogni atomo vibrava d’aspettativa.
“Akira” supplicò Hiroaki intuendo, sperando e desiderando, quale fosse il cammino di quelle labbra ed Akira lo accontentò saltando direttamente dal ginocchio al suo inguine, posando un timido bacio sulla punta bagnata, costringendolo ad urlare.
Akira aprì gli occhi afferrando la sua virilità tra le mani, immobilizzandola mentre sporgeva la punta della lingua e ne sfiorava la punta liquida con una veloce lappata. Chiuse gli occhi passandosi la lingua sul palato, assaporando quel gusto speziato ed insolito “Buono” borbottò sorpreso “Ma sai che sei proprio buono?”
“Defic…ehhhhnte” gemette, l’insulto che si sciolse in un lungo ansito. La bocca di Akira si era richiusa su di lui, succhiandolo come un goloso lecca lecca, scivolando alla base del membro con le labbra prima di risalire a titillare con la lingua la punta carminia.
“Aki….rahhh basta, smetti…lhaaaa” gemette inarcandosi con forza, premendo le mani tra quei capelli rigidi per il gel, stropicciandoli tra le dita, mentre lo premeva di più verso di sé. Akira sorrise sollevando appena il viso, accarezzando il membro con la guancia “Davvero devo smettere Hirokun” sussurrò, la voce più simile al gorgoglio di un fiume che ad un suono umano.
“Io” balbettò arrossendo “io..io non-l’ho-maiìfatto-prima-akira” disse in un unico fiato
“Nemmeno io Hiro” lo tranquillizzò rubandogli un bacio a fior di labbra, sorridendo quando il ragazzo sporse la bocca in un broncio chiedendo di più, “Potremmo però sperimentare assieme mhhh?” chiese intossicandogli il collo di baci
“Aki…Aki io..io ti amo,” ed Akira lo strinse con forza a sé, “se c’è una cosa che vorrei davvero è far l’amore con te, sentirti…” Hiroaki avvampò, girando il viso in modo da non poter vedere né Akira né i propri riflessi ridicolmente color aragosta bollita “sentirti dentro di me, ma io..ora”
Un verso strano, strozzato uscì dalle labbra di Akira, un suono da animaletto che si veda stanato all’improvviso.
“Tu..cosa?” chiese in un ansito “Io non pensavo..cioè quando io ti ho proposto intendevo…Hiro io…Io non ero pronto a tutto questo! Ero venuto qui per farmi una risata alle spalle di Aida o, se mi andava male, per strapparti a forza dalle braccia di Rukawa, non ero preparato a questo…Kami, anche a me piacerebbe far l’amore con te, ma non… non ora e non qui! Qui lo fanno tutti, è un po’…impersonale e volgare, vorrei un posto più intimo, nostro” borbottò “ e vorrei procedere per gradi e non dover avere sotto gli occhi ‘quelli’” ammise arrossendo, indicando le loro immagini.
“Non sapevo fossi anche romantico” cercò di sdrammatizzare Hiroaki, ma la voce tremava, troppo piena di affetto e di felicità per risuonare salda.
“Amore sono così dolce e romantico che tempo un mese avrai il diabete” lo prese in giro succhiandogli un lobo “allora vuoi sperimentare con me?” chiese accarezzandogli il padiglione auricolare con la punta della lingua.
“Avevo capito che questo posto non ti piaceva” sussurrò Hiroaki sentendo i brividi ormai famigliari rincorrersi sulla sua schiena.
“Mhh vero, ma non puoi nemmeno lasciarmi così” mormorò afferrandogli la mano e riportandola sul suo membro duro.
“Sei un maniaco” lo sgridò iniziando ad accarezzarlo lentamente, beatificandosi di ogni gemito che gli rubava.
“Si, tutto quello che vuoi, ma continua” lo supplicò tornando a succhiarli la gola con dolcezza, scivolando con la mano sul suo pene altrettanto duro e cominciando a pomparlo dettando un ritmo più veloce e profondo. Hiroaki sgranò gli occhi gemendo ed accelerando le carezze, adeguandosi al ritmo del compagno, lasciando che il piacere ovattasse la mente e che i gemiti diventassero il loro unico linguaggio.


“Akira” mormorò, dopo un’infinità di silenzio affannato, contro la sua spalla, assaporando il leggero sale della sua pelle sudata d’amore “come diavolo hai fatto ad entrare?”
Akira gli baciò i capelli “Ho detto al bestione che volevo parlare con te”
“E ti ha fatto entrare?” chiese stupito puntellandosi su un gomito.
“Si” rispose baciandogli il collo.
“Ci sono tre civili che rischiano la pelle lavorando sotto copertura e quello ti fa entrare solo perché gli fai il mio nome?”
“Mmmm” rispose Akira mordicchiandogli la spalla.
“Hojo lo disintegra, ne sono sicuro”
“Mmmm” accondiscese Akira scivolando con le labbra sul suo petto, infiltrandosi sotto le lenzuola che lo coprivano.
“Akira” riuscì a sospirare Hiro afferrando le lenzuola, prima che il piacere gli togliesse la parola.


La luce gialla ed indisponente dei neon sostituì la gemella azzurra e più rilassante.
Come ogni dannatissima notte di quei tre dannatissimi anni Junda sospirò afferrando chiudendo le bottiglie di liquore avanzato. Come ogni volta il piano bar era un’accozzaglia di gocce collose e bicchieri sporchi. Con indolenza afferrò il morbido panno verde, passandolo sul legno del bancone per evitare che le eventuali gocce si incrostassero, una passata sommaria e veloce, ci avrebbero pensato le signore delle pulizie a rimettere a nuovo quel posto.
Con un sorriso posò lo straccio: chissà se quelle povere donne lo maledivano per tutto lo sporco che lasciava ogni volta!
“Juju io vado” gli miagolò una vocina, leggermente alterata da troppo alcool, all’orecchio, “sei sicuro che non vuoi venire con me nemmeno stasera?”.
Il moretto ridacchiò scuotendo la testa ed allontanando le mani affusolate dal suo petto “No Satori. Te l’ho già detto, non mi faccio le storie con i colleghi, ti stancherei così tanto che poi mi toccherebbe fare anche il tuo lavoro”
“Maledetto..non solo non ti concedi a me, ma infierisci pure”
“Tesoro, io non mi concedo” gli sussurrò strizzandogli un occhio “io prendo….”
“Jundaro!”, la voce bassa echeggiò con la violenza di un grido nel locale deserto “vieni qui”.
Junda chiuse gli occhi sospirando con rabbia, alzando la mensola che lo imprigionava dietro al piano bar.
“Ahi ahi Juju, adorabile bugiardo! Anche Kia è un tuo collega, ma appena lui chiama tu corri come il suo fedele cagnolino. Un giorno ti vedrò steso a pancia all’aria davanti ai suoi piedi” lo canzonò il collega afferrando il proprio lunghissimo impermeabile rosa confetto e mandandogli un bacio con la punta delle dita prima di lasciare il locale.
“Cagnolino? Oh aspetta che la pagliacciata sia finita poi vedrai che morsi sa dare il cagnolino” sibilò tra sé facendo slalom tra i divanetti, raggiungendo uno di quelli più lontani, nascosti sul fondo della sala.
Kia era inginocchiato davanti ad una delle morbide poltroncine, i capelli legati in una coda cortissima sulla nuca, tra le mani teneva il polso di Hanamichi che dormiva immobile e sudato sul divanetto.
Con un sospiro Junda gli si accucciò accanto sfiorando con le dita la fronte umida di Hana, “Che scemotto, si è ubriacato. Avrei dovuto fermarlo prima, era così sbronzo che stava cominciando a credere alle menate che raccontava”, sussurrò accarezzandogli la fronte. “Poco male, io abito qui vicino, lo ospiterò per stanotte [JU:*ççç* siii io ed hana finalmente soli….], mi aiuti a portarlo?” domandò.
“Merda” sibilò l’altro con forza, alzandosi di scatto e“ quando cazzo ci è riuscito? Non gli ho tolto gli occhi di dosso. Lo sapevo, lo sapevo che non dovevamo coinvolgere dei ragazzini.”
“Kia?”
“Ma che cazzo. Ragazzini!” urlò dando un calcio al tavolino con così tanta forza che il mobile si rovesciò a gambe all’aria come uno scarafaggio di formìca.
“Oh! Ispettore Kia Hojo, stai un po’esager…” la voce gli venne meno mentre due mani forti lo afferravano per le spalle sbattendolo con forza al muro “…ha-ndo” riuscì ad esalare alla fine.
Gli occhi neri erano crudelmente fissi nei suoi e le dita gli stavano scavando la pelle delle spalle.
“Non mi chiamare mai in quel modo qua dentro” gli sibilò, il fiato caldo e senza traccia di alcool che gli sfiorava le labbra secche.
“Sei esagerato, non c’è nessuno” rispose allontanandogli le mani “e non vedo perché tu debba fare tante storie per qualche bicchiere di troppo” brontolò riavvicinandosi ad Hanamichi e caricandoselo per metà sulle spalle. Non sarebbe stato facile arrivare a casa con quel colosso addosso.
“Non è sbronzo” sussurrò Kia porgendogli un sacchettino trasparente, con un bicchiere ancora sporco all’interno, e prendendo, con estrema facilità Hanamichi in braccio “è stato drogato”.
Junda impallidì, il pavimento sotto le sue gambe improvvisamente flaccide sembrava ondeggiare come lo scafo di una nave, nonostante tutto non aveva mai creduto che potesse accadere davvero. Quella era la vita non un film, “drogato?” ripeté sottovoce.
“Si, probabilmente gliel’hanno messo nel liquore, un’accoppiata devastante”
“Drogato?” ripeté ancora, assaporando il suono duro della parola, sentendo l’ira ancorargli i piedi e rafforzare le gambe “Lo hanno drogato?” E si può sapere tu dove cazzo eri mentre lo facevano? Mi sbaglio o sei qui proprio per controllare che non accada? Che cazzo stavi facendo? Chi cazzo ha osato?”
Kia si morse il labbro inferiore, tagliando la pelle morbida fino a farne uscire una piccola lacrima sanguigna.
”Non lo so, da quando Rukawa è salito lui è sempre rimasto qui con quel tipo con il completo Italiano, dev’essere stato lui, non so quando” ammise abbassando il viso “ragazzini, merda, non posso controllare tutto da solo, dove cazzo si è ficcato Kiguchi?” sibilò
“Magari non l’hanno fatto entrare” sbottò Junda afferrando la giacca di Hanamichi e posandogliela sulle spalle,ora che lo guardava era tanto pallido e piccole goccioline lucide di sudore si erano rannicchiate sulla fronte, sotto l’attaccatura dei capelli.
“Bastava solo che dicesse al buttafuori che voleva parlare con Koshino, l’avevo avvertito già io. Intanto portiamolo a casa” ordinò lasciando il locale e raggiungendo una scassatissima automobilina grigio topo parcheggiata sul retro del pub.
Come aveva promesso il tragitto fu breve, così pochi metri che, se non avessero avuto con loro un metro e novanta di carne incosciente, avrebbero fatto prima a piedi.
Con una manovra estremamente brusca Kia accostò al marciapiede, inveendo contro l’auto elegante che li superò rombando. Come aveva fatto a non notare nulla di strano nel comportamento dell’uomo?
“Siamo arrivati” sussurrò Junda aprendo un’anonima porta di legno, “Vieni portalo in camera mia” disse sottovoce guidandolo lungo il corridoio fino all’ampia stanza in cui campeggiava un ampio letto, sfatto, all’occidentale.
“Gli faccio un canarino?” chiese osservando con tenerezza il corpo inerte e così stranamente piccolo tra le lenzuola bianche.
“No, fai del latte e limone, voglio che vomiti.” Ordinò sfilandosi la maglia dalla testa e rimanendo a petto nudo nella penombra.
“Credi che così starà meglio?”
Con un sospiro Kia si girò a guardarlo, aveva gli occhi spenti e preoccupati, quasi infossati nel viso teso e pallido.
“Non voglio che stia meglio. Voglio che stia male, che senta l’acido trafiggergli polmoni ed occhi, il sangue pulsare nella testa minacciando di farla esplodere, così male da avere le lacrime agli occhi e desiderare morire.”
”Ma…”
“Fammi il latte, ora” disse scandendo ogni sillaba con tono calmo e basso, indiscutibile.
Junda inspirò con forza trattenendo il fiato, rimanendo immobile sul posto per alcune manciate di secndi prima di girarsi in silenzio e sparire.
Con un sospiro Kia si lasciò cadere seduto sul letto, il viso nascosto tra le mani.
“Hojo?” sussurrò piano Junda accucciandoglisi accanto.
“Che c’è?” sbottò il poliziotto sussultando violentemente per lo spavento
“mi stai terrorizzando da morire. E’ messo così male?”
“No. In realtà non ha nulla di che, gli effetti sono quelli di una sbronza epica, solo che…solo che voglio si ricordi di quest’esperienza come della più schifosa della sua vita, così almeno non gli verrà voglia di riprovarci.”spiegò inspirando costringendo hanamichi a sollevarsi più o meno in piedi e trascinandolo verso il bagno.
“Hai bisogno di aiuto?” sussurrò debolmente il moretto.
“No”

La tazza era leggermente crepata, una rottura piccola, insignificante, ma bastava a spezzare il delicato disegno di ninfe azzurre, che strano non se ne era mai accorto prima; o forse prima non era mai stato in contemplazione di una tazza di te per un’ora e quaranta minuti. Con uno scatto nervoso si strappò le cuffiette del walkman dalle orecchie, che idea balzana, se le era infilate per cercare di coprire con la musica gli ansiti e i gemiti di Hana, ma non aveva fatto atro che continuare ad alzare ed abbassare il volume, attento ad ogni variazione di rumore. Solo un quarto d’ora prima, quando aveva sentito lo scrosciare della doccia e il rombo sommesso dello scaldabagno che partiva aveva alzato un po’ il volume, abbandonandosi contro lo schienale del divano per calmare un po’ la mente in subbuglio.
“Ho sfruttato la tua doccia” sussurrò Kia entrando in salotto lasciando aperta la porta di comunicazione con il corridoio, in modo da poter sentire i gemiti di Hana. Era ancora vestito solo dai jeans neri a vita bassissima; i capelli biondi cadevano umidi in ciocche scomposte sulle spalle nude.
Junda annuì senza interesse, “Vuoi un po’ di te?”
“No grazie, posso fumare?” sospirò sedendosi sulla poltrona davanti a lui.
“Solo se me ne offri una”
“Non sapevo fumassi” disse sorpreso alzando appena un sopracciglio, sbattendo il pacchetto morbido contro la coscia per far salire le sigarette prima di porgerglielo
“Mi pare un buon momento per cominciare” borbottò afferrandone una e girandola tra le dita.
Kia sbuffò togliendosi la cicca dalle labbra ed recuperando in fretta quella che gli aveva offerto “Per questa sera ho già visto abbastanza vomito, per dovermi occupare anche di te, torniamo al te”
“Cosa stai insinuando?”
“Che non hai nessun motivo valido per incominciare ad intossicarti”
“Perché tu si Ispettore Hojo?ma perché cazzo ogni tanto non ti fai i cazzi tuoi…”
“Uno perché io fumo giaà, due perché la responsabilità di ciò che è accaduto è solo mia, sono io, non tu, che non è riuscito a sorvegliarlo e a prevenire sta cosa..”
“Ma lui è un mio amico!”
“E tre non c’è nulla di grave. Te l’ho già detto, considerala una grossa sbronza”
Junda sospirò scuotendo la testa e mordicchiandosi il labbro.
“Starà benone, vedrai, se quel coglione di uno spacciatore non avesse mescolato droga ed alcool non ce ne saremmo nemmeno accorti. Jundaro credimi”
“Ma che è? Ti diverti ad infastidirmi in ‘sto modo?” chiese irritato, ma era un fastidio più che benvenuto, era un’irritazione familiare, rilassante dopo tanta tensione. Un ritorno alla normalità.
Kia sorrise mordicchiando il filtro della sigaretta che aveva inconsciamente riportato alla bocca.
“Non hai freddo così?” chiese stancamente Junda osservando l’ampio petto nudo del ragazzo,la pelle aveva un tono piacevolmente dorato, anche se non era abbronzata. Una piccola ma lunga strisciolina di pelle più chiara e leggermente grinzosa si dipanava dall’ombelico al fianco, zigzagando irregolarmente.
“Non è che tu sia molto più vestito sai?” ridacchiò indicando con un cenno la maglia di rete che fingeva di coprirlo.
“Io sono un tipo passionale, ho il sangue caliente di mio…” lo punzecchiò, ma un gemito sommesso l’interruppe.
Come una cosa sola si girarono entrambi verso la porta, aspettando con apprensione un nuovo lamento, ma Hanamichi aveva ripreso a dormire in silenzio.
“Poverino, domani sarà uno straccio, cosa si può fare per alleviargli un po’…”
”Non ci provare neanche. Ora taci ed ascoltami: qualsiasi cosa dica, qualsiasi cosa faccia, nessuna comprensione. Deve sentirsi l’essere più idiota della terra. Deve capire di aver fatto una semplice colossale cazzata e deve sentire che, da questo punto di vista, non può trovare supporto”
“Non è già stato male abbastanza” sibilò Junda di rimando, oh se lo odiava con tutto il cuore quando faceva così.
“Non abbastanza.”Kia chiuse gli occhi sospirando, soppesando tra le mani la sigaretta che aveva in mano prima di lanciargliela in grembo ed accendersi quella che aveva masticato. “Ascoltami Junda, lui non sta così male per la droga, ma per l’accoppiata micidiale che ha ingerito. La droga dà euforia, un senso di onnipotenza, ovatta i problemi e le sensazioni negative. Prima di collassate Sakuragi ha provato questa euforia, io non voglio che se ne ricordi. Quando pensa alla droga la prima cosa che gli deve venire in mente non è la falsa gioia che dà, ma il male fisico che ha provato stanotte, la debolezza che proverà domani e la sensazione di aver fatto una stupidaggine, perché questo è quello che è stato per lui. Le vittime sono sempre spiriti deboli o indeboliti, è una via di fuga. L’unico sistema per sconfiggere un dolore è affrontarlo a viso aperto ed accettarlo, la droga invece appanna i sensi e la capacità di reazione, indebolisce il tuo spirito e il male diviene un mostro sempre più grande e invincibile e l’unico modo per sfuggirgli e sopravvivere è farsi una nuova dose.”
“Appunto, non dovremmo dargli il nostro appoggio ora?” chiese spezzettando la sigaretta, lasciando che le briciole di tabacco piovigginassero sul tappeto.
“Che se ne fa del nostro appoggio? Il suo male, la sua paura profonda non siamo noi, potremmo dargli tutto ciò che chiede ed anche di più, ma non sarebbe mai contento.” Chiuse gli occhi lasciando che la cenere della sigaretta che si stava lentamente consumando intoccata tra le sue dita gli cadesse sulla coscia, “è sempre la parte più difficile…capire dove sia il dolore che ti rode…scoprire il rimedio per colmare quel buco che ti si apre nell’anima. L’amicizia non basta. Nemmeno l’amore dei parenti basta. E’ come aver perso in un prato l’ultimo tassello del puzzle, quello centrale, quello che da senso all’insieme del disegno. Per Sakuragi quella tesserina è Rukawa. Dopo questa notte, basterà lasciarli un po’ in pace assieme per metterlo al riparo dal desideri di riprovarci.” sospirò gettando la testa dietro lo schienale, il fumo che saliva a spirali dalle sue labbra “….Se solo fosse stato così semplice ricomporre il puzzle…”.
“Kia?”
”Hn?”
“Vuoi fermarti qui stanotte?”
“Spiacente, ma un’ora e mezza di vomito inibisce ogni mio desiderio sessuale”
“Oh, ma sei scemo? A parte il fatto che tu non mi piaci né fisicamente, né intellettualmente, né psicologicamente e nemmeno emotivamente, ma per chi mi hai preso?”
”Un mezzo maniaco con tendenza pedofila”
“Cosa?” sibilò sottovoce “Guarda che qua quello che vede avances sessuali ovunque sei tu, non io! Io volevo solo che ti fermassi qui per darmi una mano con Hana domani mattina, di sicuro sai come comportarti meglio di me, ma…”
“Mi pare una buona idea” acconsentì stirando le braccia sopra la testa, spingendo il petto in fuori ed inarcando la schiena.
Con uno sbuffò irritato Junda si alzò, “Sistemo un futon qui in salotto va bene?”
“Oh, mettiti pure dove vuoi”
“Mettiti?”
“Certo, io dormo di là con Sakuragi o pensavi davvero di dormirci tu?” chiese scuotendo la testa divertito nell’osservare l’espressione quasi colpevole del moretto. “Sakuragi è troppo emotivamente instabile ora, potrebbe anche cercare di sedurti e non credo che tu sia in grado di rifiutarlo”
Junda grugnì gettando il futon sul pavimento.
“E mi dispiacerebbe sbatterti dentro per pedofilia” concluse sparendo nella camera.
Hanamichi dormiva immobile rannicchiato in un angolo del letto; con un sospiro appena accennato Kia gli si sedette accanto, sfiorandogli la fronte con una carezza delicata.
“Non ti preoccupare ragazzino,” sussurrò sottovoce “questa volta non sbaglierò”.





Consiglio della settimana: prendete taaaaaaaante fragole e tagliatele a pezzi, metteteci su taaaaaanto zucchero, innaffiate di Porto e venite a servire questa prelibatezza a me ^_^
Nobu: se qualcuno evitasse di cadere per le scale con la bottiglia forse ora avrebbe già mangiato…
Nia -___- non sono io che cado….le mie scale vengono direttamente da Hogwarts, si spostano da sole….

 

 

 

 

 

 

 

 



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