PARTE: 4/9
RATING: NC-17
PAIRING: GregoryxRaphael
DISCLAIMERS: I personaggi sono miei e mi obbediscono
(quasi) sempre!!!
Gregory
di
Fiorediloto
CAPITOLO IV: "In cupiditate motor mundi"
Vennero a svegliarli a mezzanotte, per le laudi. Gregory si era assopito sulla sua branda con il saio ancora indosso, ma fu Iolan a destarsi per primo, ai richiami di padre Joshua che passava battendo con il suo bastone alle porte di tutte le celle. Quando Gregory si tirò a sedere, distrutto dalla lunga giornata, lo trovò impegnato a rivestirsi frettolosamente. Si alzò a sua volta, passandosi le mani sulla faccia per allontanare il sonno, e insieme si avviarono fuori dalla stanza. Padre Joshua, fermo davanti alla porta, riprese il cammino solo quando li vide uscire. Al termine della Messa, i monaci e i novizi tornarono alle loro celle con la consegna del silenzio. Gregory, che aveva passato quella lunga ora infliggendosi dolorosi pizzicotti per tenersi sveglio, non aveva altro desiderio che andare a gettarsi sulla sua branda, di certo non chiacchierare. Iolan invece era
piuttosto sveglio. Lo rimase a guardare a lungo, mentre si spogliava con disinvoltura sotto i suoi occhi e poi si infilava sotto le lenzuola. – Sai perché ti hanno messo in stanza con me? – mormorò, spogliandosi a sua volta. Gregory si raggomitolò sul fianco. – No... perché? – borbottò. – Perché io sono l'unico che non si sottometterebbe mai, se tu volessi cedere alle tentazioni – proclamò Iolan, orgogliosamente. Il nuovo arrivato scrollò il capo, per schiarirsi le idee. Sperò di aver capito male. – Ma cosa credi... – mormorò. – Cosa ti hanno messo in testa... – So cosa hai fatto. – Sì... e allora? Iolan lo guardò con pietà. – Queste tentazioni non si presentano mai una volta sola. Torneranno. Ed io sono il solo tra i novizi che sappia come affrontarle. Gregory si voltò verso il muro. – Come vuoi tu. Ora lasciami dormire. – Non passò neanche un istante che Iolan
gli si accostava, silenzioso come un gatto, facendolo sussultare. – Io le so affrontare – bisbigliò al suo orecchio. – Perché le conosco. Le conosco bene. Sono terribili, non è vero? Certi momenti... perfino atroci. E tornano sempre... Gregory si girò. Da così vicino, gli occhi del compagno gli apparivano in tutta la loro luce. Erano verdi e inquieti. Non si poteva dire che fosse bello, con quel viso spruzzato di lentiggini e le sopracciglia chiarissime, quasi assenti, ma aveva degli occhi splendidi. – Non ho intenzione di sedurti – scandì Gregory, con rabbia. – Non sono quello che tutti pensate... una bestia scatenata! Iolan non abbassò lo sguardo. – Ti aiuterò io, quando sarà il momento. Puoi fidarti di me. Io non sono come Valerj, io so quant'è difficile, quando vengono. – Esitò. – Ti fidi di me? – Non mi serve il tuo aiuto. – E invece sì! Ah, se solo tu lo
riconoscessi... – Vai a dormire – mormorò Gregory, voltandosi verso il muro. Iolan si alzò dal pavimento, con un sospiro. – Te ne accorgerai. Non puoi farcela da solo. Io sono stato chiamato per questo. La sua vocazione al martirio comprendeva anche lui, adesso? Ma che cosa avevano fatto di quel ragazzo? Gregory ebbe un brivido al pensiero che l'indomani, assolutamente impreparato, avrebbe incontrato l'artefice di tutto questo, padre Joshua. Non sarà indolore, pensò addormentandosi.
Il secondo risveglio, quello delle laudi, era sempre il peggiore. Quando andava a coricarsi dopo compieta, Gregory chiudeva gli occhi con la consapevolezza di avere solo poche ore a disposizione, dopo le quali l'avrebbero richiamato per il mattutino; ma dopo la Messa di mezzanotte, l'illusione di poter finalmente riposare faceva sì che il suo sonno assumesse una particolare
profondità, cosa che rendeva il risveglio all'alba terribilmente gravoso. Sei anni di vita in monastero non erano stati sufficienti ad alleggerirgli il peso di quella seconda levataccia. Fu così che, durante le laudi, il bastone di padre Joshua calò per ben due volte sulle sue mani, e solo per un colpo di fortuna riuscì a riscuotersi prima che il precettore dei novizi lo sorprendesse a sonnecchiare una terza volta e gli infliggesse la ben più temibile punizione prevista in questi casi – ginocchioni sui ceci. Si recò in refettorio ormai quasi sveglio, strofinandosi la faccia energicamente con le mani, dal momento che essersela lavata con l'acqua gelida della fontanella non era servito a riportarlo tra i vivi. Mangiò con la faccia sprofondata nella scodella. – Fratello, qualcosa non va? – chiese una voce imprecisata alla sua destra, vagamente beffarda. Gregory alzò gli
occhi, prese atto di chi fosse, li riabbassò. – Nulla. – Scostò i capelli dal viso, riportandoli dietro l'orecchio sinistro. – Solo stanchezza. – Ce ne siamo accorti – replicò Kristen, sorridendo senza alcuna ragione. – Alle laudi. Quante volte? Due? Gregory continuò a mangiare senza dargli corda. La colazione di Serven gli riusciva particolarmente gradita, dopo le ultime due settimane di continui digiuni, senza contare che quelli del giorno prima erano stati i suoi primi due veri pasti da quando quel tormento era cominciato. Non aveva alcuna intenzione di farsi guastare l'appetito da uno che, di certo, il suo non l'aveva perso mai. – Non dovresti essere così ostile – ragionò Kristen. – Noi non abbiamo niente contro di te. Gregory inarcò un sopracciglio. – Noi? Di chi parli? – Non fare finta di niente, fratello Gregory. Tu credi che noi aspettiamo un tuo passo falso per
darti addosso, ma ti sbagli. Ti sbagli di grosso. – Spostò la scodella avanti, incrociando le braccia sul tavolo di fronte a sé. – Noi siamo i primi a volere che del tuo spiacevole passato non rimanga traccia... per te – fece un gesto vago con la mano grassoccia – e per la buona nomea di Serven. – Ma se io me ne andassi, il problema sarebbe risolto – mormorò Gregory, toccandosi la fronte. Un principio di emicrania minacciava di rendere la giornata peggiore di quanto i cattivi auspici la stessero già prevedendo. Kristen fece fatica a nascondere una certa affettazione. – Fratello, non ci è mai neanche passato per la mente di... – Di? – ... desiderare che tu te ne andassi. Sei uno di noi, adesso. Gregory espirò, lentamente. – Non ho scelto io di diventarlo. Io voglio vivere in pace, soltanto questo. Non intendo dare fastidi a nessuno. Il viso grassoccio di Kristen si
rilassò. – Certo, certo. È più che giusto. – Si alzò. – Vieni, adesso. Siamo gli ultimi, e padre Joshua si adirerà se arriviamo in ritardo alla sua lezione. – Arrivare... dove? – chiese Gregory, mentre seguiva il grosso novizio, sorprendentemente agile, su per la scala a chiocciola. – In aula, al terzo piano – ansimò Kristen. Arrivarono in aula giusto pochi attimi prima che vi entrasse padre Joshua. Gregory, che aveva occupato l'unico posto libero al primo banco, si alzò con gli altri per salutare il maestro, con un gran sospiro di sollievo. – Che cos'hai da sbuffare? – ringhiò padre Joshua, arrancando con il suo bastone fino alla cattedra. Gregory impallidì. – Nulla, maestro – soffiò, senza fiato. – Sedetevi, voi. E tu, di' il tuo nome. – Gre... – Non a me, alla classe. Gregory girò su se stesso, inquieto, e guardò la classe che nella fretta non aveva degnato
di uno sguardo. Contò una ventina di novizi, quasi tutti più giovani di lui, un paio perfino tredicenni. Le facce erano anonime e inespressive. – Gregory – ripeté. – Non ti stai confessando, ragazzo! Alza la voce! – ringhiò padre Joshua alle sue spalle. – Gregory – ripeté il novizio, più forte. Cos'era quell'espressione sul viso di Kristen? Compiacimento? Derisione? E Valerj, Valerj perché lo guardava con l'aria di compatirlo? O stava immaginando tutto? – Siediti. Riprese posto lentamente. Incastrata nel suo incavo rotondo stava una boccetta d'inchiostro, e nella scanalatura del banco era posata una penna nuova. Sul piano, un foglio di pergamena pulito. Non fece neanche in tempo a chiedersi di cosa avrebbe trattato quella lezione che padre Joshua, sollevando il bastone in direzione di qualcuno nelle ultime file, pronunciò un nome e poi ordinò perentorio: – Sesto
comandamento! Il novizio in questione si alzò in piedi, recitò perfettamente: – Non commettere atti impuri – e tornò a sedersi. – Iolan! Quanti tipi di atti impuri esistono? – Due tipi, maestro. Secondo natura e contro natura – snocciolò l'allievo. Gregory sbiancò, accorgendosi che il prossimo interrogato sarebbe stato lui. Dio, Dio mio, fa' che non... – Gregory! Qual è il più ripugnante? Si alzò con la morte nel cuore. Perché tutto il mondo sembrava avercela con lui? – Il secondo – mormorò, e poi, vedendo che padre Joshua si preparava a rimproverarlo, ripeté più forte: – Il secondo, maestro. Padre Joshua distolse lo sguardo e lui si risedette. Cosa ancora lo aspettava? – La sodomia è uno dei peccati più disgustosi in assoluto. Valerj. Che posto spetta ai sodomiti nell'Aldilà? – L'Inferno, maestro. Settimo cerchio, secondo girone... – Terzo – lo
corresse Iolan. – Violenti contro natura. Settimo cerchio, terzo girone. – Giusto, terzo – disse padre Joshua. – Siediti, Valerj. Iolan, insieme a quali peccatori si trovano i sodomiti? Iolan rispose con tranquillità: – I violenti contro Dio nella sua persona, i bestemmiatori, e i violenti contro Dio nell'arte, gli usurai. – Gregory, perché? Il giovane ristette, attonito. – Non ho capito, maestro. – Perché si trovano nello stesso girone? – Inarcò un sopracciglio glabro, protendendosi in avanti sulla cattedra. Con quel naso aquilino sembrava proprio un vecchio rapace nell'atto di avventarsi sulla preda. – A San Gloriano non si trattano questi argomenti? – Sì, maestro, ma... – O forse tu non li hai studiati? Gregory strinse i denti per un secondo. – Immagino si trovino insieme perché compartecipano della medesima colpa. Offendono Dio. – Tutti i peccatori
offendono Dio – replicò padre Joshua. – Iolan? – I sodomiti si trovano tra i bestemmiatori e gli usurai perché hanno caratteristiche dell'una e dell'altra categoria. Bestemmiano alla natura con le loro perversioni, e come gli usurai sfruttano ciò che Dio ha dato loro, il proprio corpo anziché il denaro, per ottenere piaceri smodati e illeciti. – Smodati e illeciti. Hai capito, Gregory? – Sì, maestro – disse, chinando il capo. Uscito dall'aula, non desiderava altro che rinchiudersi nella propria cella e scomparirvi. Perché, perché tutti sembravano tenerci così tanto ad umiliarlo e schernirlo? Era così impossibile cancellare le tracce di una colpa passata? Doveva portarne il peso per tutta la vita? Gregory che è andato a letto con un uomo. Gregory il perverso. Gregory il sodomita. Gregory il pericoloso. Gregory da non avere accanto. Lo guardavano e pensavano tutto questo.
Possibile che l'errore di una sera dovesse marchiarlo così per sempre? – Gregory. Si voltò. – Non devi abbatterti – mormorò il suo compagno di stanza. – È tutto per il tuo bene. – Non lo credo affatto, ma non importa. Mi ci sto abituando. Iolan fece un sorriso comprensivo. – Vieni, cammina con me. – Si avviarono lungo il corridoio sgombro, lentamente. – Padre Joshua ha dei modi un po' bruschi, ma è un sant'uomo e saprà consigliarti per il meglio, se solo ti lascerai avvicinare da lui. Dammi ascolto, è la persona più adatta a confortarti nei tuoi dubbi e nelle tue debolezze. Non mi credi? Gregory sospirò. – Non molto, in verità. – È stato detestabile, oggi, credi che non me ne sia accorto? Ma era tutto studiato, Gregory, dalla prima parola all'ultima, tutto per metterti alla prova... – Per umiliarmi. – Per insegnarti l'umiltà. Scosse la testa. – Io non gli
piaccio. È palese. – Hai torto, Gregory. Io conosco il maestro da tanti anni ed egli è... – Quello stesso che ti spinge a portare quell'orrore e a scorticarti la schiena a frustate? – sbottò Gregory. Iolan si fermò. – Anche – rispose, cupo. – Tu mi giudichi, ma è evidente che non capisci. Perché? – Perché... perché... non lo so – si arrese l'altro, aprendo le braccia. – Perché sono stanco di essere giudicato da chi non capisce me. Il giovane si rasserenò immediatamente. – È questo? Ma io non ti giudico, no, non lo farei mai. Non è nelle mie abitudini. Puoi fidarti di me, te l'ho già detto. Sono qui per questo... per aiutarti. – Esitò. – Ancora non mi credi, vero? Gregory abbozzò un sorriso. – Sì che ti credo. – Benissimo – disse Iolan, con calore. – Che cosa dobbiamo fare, ora? – Allora... – Iolan trasse fuori dal saio un foglio di pergamena arrotolato e
glielo porse. – Ti ho scritto un promemoria. È l'orario delle lezioni. – Ti ringrazio molto. – Srotolò il foglio. – Erboristeria. Padre Roderick, giusto? – Sì, giusto. Come lo sai? – Me l'ha detto Raphael – disse Gregory, continuando a studiare l'orario. Iolan rimase in silenzio. – Cosa c'è? – Non ti fa bene frequentare quel ragazzo – disse l'altro, a bassa voce. – E perché mai? – È un ribelle. Vive per minare la tranquillità degli altri. Gregory scrollò le spalle, con leggerezza. – Con me è stato molto gentile. – Si illude di trovare in te uno spirito affine al suo – replicò Iolan. – Per la tua cattiva fama. Era una suggestione, o gli pareva di ricordare che gli occhi di Raphael si fossero illuminati allorquando gli aveva chiesto del suo peccato, e di nuovo menzionando i meli dell'orto e la monelleria di arrampicarcisi, e poi ancora quando aveva parlato
della poca simpatia che correva tra il priore e lui? – È solo un ragazzo – mormorò, scuotendo la testa. – Insofferente per le regole, sì, ma... – No, Gregory, tu non lo sai. Quello è nato per distruggere tutto ciò che tocca. Il nuovo arrivato di Serven arrotolò il foglio, pensieroso. – Ti riferisci a qualcosa in particolare? – Sì, a un fatto che tu non conosci. Quel ragazzo ha ucciso uno dei nostri fratelli, l'anno scorso. – Ucciso? – sussurrò Gregory. Iolan sospirò. – Andiamo alle serre. Padre Roderick non è un tipo paziente. E chi mai lo era, in quel monastero? Gregory giunse a destinazione con una strana inquietudine nell'animo, ben lontana dalla pacifica accettazione che Iolan era riuscito, in un primo momento, a infondergli. Di certo Raphael non aveva nessuna colpa nell'accaduto, si diceva. L'idea che quell'angioletto biondo potesse avere la malizia di un
demonio gli chiudeva lo stomaco. E perché, poi? Non era poi solo un altro degli abitanti di Serven? Niente e nessuno lo costringeva a frequentarlo. Ma, si disse con rammarico, l'avrebbe voluto. Quando se lo trovò accanto tra i banconi della serra sobbalzò con violenza. Il ragazzo aveva la solita espressione scanzonata e reagì con allegria. – Nervoso? – mormorò, sorridendo senza sospetto. Gregory si passò una mano sulla fronte, spostando indietro i lunghi ciuffi. – Un po' – ammise, cautamente. Erano tra gli ultimi, in fondo alla serra, lontanissimi da padre Roderick, ma per una volta Gregory avrebbe voluto essere vicino ad uno degli arcigni monaci di Serven. L'idea di restare accanto a Raphael non lo faceva temere per sé – cosa mai poteva fargli? – ma dopo ciò che aveva saputo non gli andava di conversare con lui, e rischiare di mostrargli il suo indicibile
turbamento. Si impose di analizzarsi. Fino a pochi istanti fa ero pronto a fidarmi di questo ragazzo senza riserve. E adesso, per le parole di Iolan... che a conti fatti mi è sconosciuto proprio come Raphael... penso a lui come a un assassino! Ma che mi prende? Sono diventato così volubile? Più tempo passava, più aveva l'impressione che Serven tirasse fuori il peggio di lui. Era sgarbato, ostile, cupo. Troppe volte si scopriva distratto, inquieto, sospettoso. E adesso si lasciava anche insegnare il giudizio dalle dicerie di un altro. Ma che ti prende? Che ti prende?, si chiese, angosciato. Guardò Raphael e subito riabbassò gli occhi sul tavolo, all'accorgersi che il ragazzo l'aveva ricambiato. – Tu, di San Gloriano! – ruggì padre Roderick. – Rispondi alla domanda! Si riscosse con un salto. Non si era accorto di aver passato gli ultimi istanti a fissare
intensamente il piano del tavolo di fronte a sé. – Allora? – Digitale – sussurrò Raphael, a denti stretti. – Digitale! – Può essere... la digitale? – ripeté Gregory, confuso. Il maestro erborista parve molto seccato, tanto che Gregory si convinse di aver detto una terribile fesseria e si preparò all'umiliazione pubblica. Invece padre Roderick mollò la sua vittima con uno sbuffo arcigno e tornò alla sua lezione con voce bassa e rauca. Con sollievo, Gregory si voltò verso il ragazzo alla sua destra e gli rivolse un sorriso. – Grazie – mormorò. – Mi hai risparmiato l'ennesima figuraccia. Raphael non sorrise. – Così forse la finirai di guardarmi come se avessi ammazzato qualcuno – sussurrò, senza guardarlo negli occhi. Gregory trasalì. – Ma io... io non... – Credi che non l'abbia capito? – Silenzio! – ringhiò padre Roderick, alla loro volta. Raphael chiuse la
bocca e non disse più una parola. All'uscita dalla serra, Gregory non solo non aveva idea di cosa la lezione avesse trattato, perso com'era stato per tutto il tempo nei suoi pensieri, ma per giunta si sentiva più agitato e confuso di prima, e la presenza di Raphael al suo fianco – ancora per poco, perché il ragazzo stava andando via – più che intimorirlo adesso lo rattristava. Forse era stato ingiusto, ma non aveva voluto darlo a vedere. – Raphael... – provò, senza molte speranze. Il ragazzo si voltò, distrattamente. – Che vuoi? – Parlarti... se me lo consenti. – Si guardò intorno, la folla degli studenti lasciava la serra in massa, e lui detestava le masse. Gli fece cenno di scostarsi un po' dal gruppo. – Che cosa vuoi? – ripeté Raphael, senza alzare gli occhi sui suoi. – Raphael, io... io non so ancora cosa ti ho fatto, non so come sono riuscito a offenderti, ma
qualunque sia la mia colpa... ti chiedo scusa. Non volevo, davvero non volevo essere scortese. Non era mia intenzione. Il ragazzo esitò, fissando ostinatamente il muro. – Non mi servono le tue scuse... non fintantoché continui credere a Iolan. Saprei dirti una per una le cose che ti ha raccontato su di me... saprei ripeterle con le sue stesse parole! Quel viscido... ignobile... leccapiedi! – Alzò lo sguardo. – Ti ha detto che ho ucciso io Vicent, non è vero? Bene, è falso! – Le ultime tre parole furono quasi gridate. – Shh! – Gregory gli posò la mano sulla bocca, tirandolo più discosto dalla serra, verso il giardino. – Non ho detto che gli credo, Raphael. – E che cosa dici? – lo sfidò il ragazzo. – Dico che ne prendo atto, ma che non ne so abbastanza per credere a nessuno dei due. – Scosse la testa. – Non voglio credere che tu sia un assassino. Ho provato a pensarti tale, e
non ci sono riuscito. Non ti basta, questo? Raphael si ritrasse da lui. – Tu non hai idea di quanto sia pericoloso Iolan. Lui è l'unico a credere in ciò che dice, in ogni singola parola che dice. È per questo che mi fa paura. – Raphael, non sono un bambino. So distinguere... – No, non dire così. – Strinse i denti. – Se non starai attento, farà di te quello che vogliono, ti renderà docile come piace a loro e poi sarai il novizio perfetto, buono e disciplinato, che dà lustro al monastero, che non sgarra mai, che... che non pensa, perché non gli serve pensare, soltanto "ora et labora", e sta zitto e ubbidisce. – Abbassò gli occhi. – Se tu diventassi così, non saresti... non saresti più degli altri. Gregory gli posò le mani sulle spalle, con dolcezza. Avrebbe voluto abbracciarlo, un gesto solo fraterno, castamente affettuoso, ma non poteva. – Che cosa è successo a Vicent? –
mormorò. Raphael rialzò gli occhi, con cipiglio. – Te lo dirò questa sera. Nella cappella, dopo la Messa. – Ci sarò – promise Gregory. Quel pomeriggio non ebbe modo di godersi la breve ricreazione del dopo pranzo. Non fece in tempo a sedersi sullo sgabello che aveva adocchiato vicino al fuoco, quel che ci voleva dopo il freddo del refettorio, che un novizio più giovane venne a chiamarlo da parte di padre Frederick, il bibliotecario. Quando fu salito in biblioteca, stringendosi nel saio per allontanare il gelo sempre più penetrante, scoprì che il maestro era rimasto positivamente colpito dal suo lavoro del giorno prima, dalla sua efficienza e celerità, tanto che aveva deciso di prenderlo, per un periodo di prova almeno, come suo assistente personale. Almeno una cosa va per il verso giusto, si disse Gregory, sollevato, mentre il maestro gli spiegava quali sarebbero state
da quel momento le sue incombenze in biblioteca. E gli pareva giusto e ancor più gratificante che quel po' di bene gli venisse dall'unico monaco che a Serven non aveva mostrato per lui ribrezzo né disgusto, ma solo affettuosa comprensione. Dunque passò in biblioteca gran parte del pomeriggio, e per la restante parte si vide affidare il compito ingrato di spaccar legna per il monastero insieme a pochi altri novizi, tra i più robusti di Serven. Gregory, che non era particolarmente robusto, per quanto l'energia e la prestanza fisica non gli difettassero, si chiese pensosamente perché mai l'avessero aggregato a quelli che, evidentemente, ce la facevano benissimo da soli. Quando suonò la campanella della cena, era più che esausto: era distrutto. Sedette al proprio posto a tavola pregustando la propria branda e il tepore delle coperte, e mormorò la preghiera di ringraziamento con il
sonno sulle labbra. Fu soltanto durante la Messa di compieta che si rammentò, con un sussulto, dell'appuntamento con Raphael. Con un sospiro stanco, si alzò alla benedizione del celebrante per poi tornare a inginocchiarsi quando tutti se ne furono andati. Signore, pensò, dammi la forza di restare sveglio ancora un po'... Forse si era assopito sull'inginocchiatoio, perché quando si sentì toccare gli occorsero parecchi istanti per recuperare lucidità. Ma non c'era Raphael accanto a lui. – Fratello, ti sei addormentato – mormorò Iolan, sorridendo dolcemente. – Non dovresti sfinirti così. – Fratello... – borbottò Gregory, strofinandosi gli occhi. – Stavo... stavo pregando. È molto tardi? – È passata forse un'ora dalla compieta. Dovresti andare a dormire, sei stremato. Gregory si alzò, pensosamente. – No, io... io devo restare. – Si guardò intorno, cercando
Raphael, ma del ragazzo non v'era traccia. – Aspetti qualcuno? – chiese Iolan, inarcando un sopracciglio. – A quest'ora? – Scosse la testa, sperando di riuscire convincente. – Resto ancora a pregare. Comincio a pensare che tu avessi ragione, il trattamento che mi riservano i nostri maestri mi fa pensare molto – mentì con aria compunta. – Mi fa pensare... a quello che ho fatto. – Non era neppure una vera bugia. Da quando era a Serven non riusciva a pensare ad altro. – È doloroso? Gregory annuì. – Sono certo che è il primo indizio della tua guarigione – disse Iolan, ottimista. – Accogli il dolore come segno di purificazione e offrilo a Dio con una preghiera per il futuro. Le cose ti appariranno migliori. Era davvero tanto vecchio quel ragazzo che gli parlava come un adulto e si offriva di fargli da guida spirituale, di aiutarlo nella sua purificazione? Gregory non sapeva
mai se la saggezza mistica delle parole di Iolan fosse frutto di personale esperienza, o piuttosto una lezione inculcatagli a forza nella mente. – Lo spero – rispose, guardando nuovamente l'altare ma senza arrischiarsi a gettare uno sguardo intorno. Dovunque si fosse cacciato Raphael, sperava vivamente che si tenesse nascosto. Sarebbe stato terribilmente imbarazzante, se Iolan avesse subodorato che avevano un appuntamento. Chi l'avrebbe convinto delle intenzioni castissime che li avevano avvicinati? – Ma tu va' pure, non ti tengo – aggiunse semplicemente. – Non sono l'unico stanco, qui. Iolan annuì. – Non ti domando se vuoi compagnia. La preghiera è una comunicazione esclusiva. Se non sarai troppo stanco dopo parleremo un po', vuoi? – Di cosa? – domandò, troppo intontito per ricordare. – Di alcune cose che devi sapere, fratello mio – mormorò Iolan. Il nome di Raphael, non
pronunciato, rimase ad aleggiare nell'aria della cappella ancora a lungo dopo che se ne fu andato. Dove sei, angioletto?, pensò Gregory. Vuoi sbrigarti a venir fuori? Sconfitto, tornò a inginocchiarsi e si decise a pregare davvero, questa volta. Ma non fece in tempo a terminare un Padre Nostro che gli giunsero alle orecchie i suoi passi. Alzò il capo. – Perché hai tardato tanto? – mormorò, quando Raphael si genuflesse accanto a lui. – Ho dovuto – rispose il ragazzo. – C'era Iolan dietro di noi, sono uscito e ho aspettato che se ne andasse anche lui. – Strinse il labbro inferiore tra i denti. – Ti sorvegliava, e forse anche me. – Non vogliono che ci parliamo? – Non lo so. Ma adesso è tardi per parlare. Penseranno che vogliamo fare altro. – Lo guardò e arrossì. – Non ci hanno ancora trovato insieme, per fortuna. – Tu credi che pensino questo per la mia
cattiva fama o per altri motivi che non so? – Esitò. – Legati a te? – Entrambe le cose – disse il ragazzo. – Da quando Vicent è morto, la maggior parte di loro crede che io sia una specie di incarnazione di qualche demone della lussuria. – Me ne parli? – chiese Gregory, con delicatezza. Raphael annuì. – Sono qui per questo. Sediamoci. Passo inginocchiato anche troppo tempo della mia vita.
– Quando Vicent era ancora un novizio, noi eravamo buoni amici. Passavamo molto tempo insieme, eravamo d'accordo su quasi tutto ed era bravo quanto me ad arrampicarsi. Alla sera ci trovavamo qui nella cappella per pregare e fare il bilancio della giornata. Gli volevo molto bene. E anch'egli me ne voleva, ma in un modo che non capivo, non completamente, e credevo che fosse affetto. Credevo di non meritare un amico simile, perché sentivo che il suo amore superava il mio. Egli mi
suggeriva spesso di intraprendere il noviziato. L'idea non mi entusiasmava, non l'ha mai fatto, ma ero disposto a cominciare, se non altro per amor suo. Di lì a poco avrebbe preso i voti ed io non volevo restargli così indietro... così lontano. Decisi che mi sarei fatto novizio e lo comunicai al priore. Egli ne fu contento. Era la prima volta che cercavo di rientrare nell'ordine del monastero, e da novizio avrebbe potuto controllarmi più facilmente. Senza contare che col saio sarei stato sottoposto al controllo di padre Joshua, e a quell'uomo è impossibile sfuggire. Il giorno stesso della sua ordinazione, a sera tarda, Vicent ed io ci trovammo qui per parlare. Gli chiesi se fosse felice, e mi disse di sì. "Perché hai preso i voti?" gli domandai. E lui: "No. Perché so che li prenderai anche tu". Io non ero ancora certo del mio futuro, ma mi dispiaceva contraddirlo. "So che non mi
lascerai" continuò lui, e poi aggiunse qualcos'altro sul bene che mi voleva e sul fatto che non avrebbe potuto sopportare di perdermi. Mi sentivo felice di una simile dichiarazione: gli dissi che anch'io provavo tutti quei sentimenti, e che mi facevo novizio soprattutto per non lasciarlo, che egli era l'unica persona buona e amica di Serven ed io volevo bene soltanto a lui. Fui incauto, ma erano tutte cose che pensavo davvero. Vicent le travisò, le volle vedere come gli piacevano, immaginò non so cosa... e mi baciò. – Cominciò ad arrossire. – Non mi tirai indietro. Non mi aveva mai baciato nessuno e mi piaceva che fosse lui a farlo. Ma poi Vicent mi spinse disteso sul bancone e mi si buttò sopra. Iniziò a spogliarmi. Io gli dissi che non era una cosa buona, che eravamo nella casa di Dio, che eravamo... eravamo due uomini. Non si fermò. "Tu non sei un uomo, sei il mio angelo" mi
disse nei baci. Sentii che mi voleva e che era troppo più forte di me. Lo pregai, gli dissi che non me la sentivo, che avevo paura. Non mi dava ascolto. "È questo tutto il bene che mi vuoi?" gridai. "Mi vuoi violentare?" "Voglio insegnarti l'amore" mi rispose, senza preoccuparsi. Vedendo che tentavo di gridare ancora, mi tappò la bocca con la mano e continuò a spogliarmi con l'altra. Allora gli diedi un morso. Vicent allentò la presa e riuscii a scivolare giù, ma mi riprese subito mentre strisciavo via, mi schiacciò sul pavimento col suo corpo e mi abbassò i calzoni. Ma mentre egli si alzava per sollevare la sua tonaca, strisciai avanti e gli diedi un colpo con la caviglia, alla cieca. Fui fortunato perché riuscii a prenderlo in mezzo alle gambe, altrimenti non so come avrei fatto. Vicent gridò, io mi misi in piedi e corsi verso l'altare. Mi raggiunse subito. Ero troppo spaventato per
pensare a dove andare, ebbi un momento di esitazione ed egli se ne approfittò per spingermi sull'altare e riprendere da dove aveva lasciato. Mi aveva bloccato. Afferrai l'ostensorio che era stato dimenticato sull'altare e lo colpii alla testa, tre volte. Vicent crollò. Vidi il sangue dappertutto e corsi via, dal priore, a chiedere aiuto.
Gregory inspirò, lentamente. – Era... era morto? – Sì – bisbigliò Raphael. – L'avevo ucciso io. – Alzò gli occhi. – Avrei dovuto lasciarmi violentare? Io lo amavo come un fratello, e lui mi aveva tradito! I voti... i santi voti, aveva voluto che li prendessi soltanto per poter disporre di me a suo piacere! Come... come un prostituto! – Tu non hai nessuna colpa – disse Gregory, asciugandogli le guance umide con un dito. – Non devi avere rimorsi. Raphael si ritrasse. – Scusami – mormorò il novizio. – Dimentico sempre che non devo
toccarti. Raphael scosse la testa, un gesto cui Gregory non seppe dare un significato preciso. – Mi credi, ora? Gregory annuì. – E tu puoi credere che non mi lascerò manovrare come un fantoccio? – Posso sperarlo – rispose Raph. – Sei l'unico che non mi guardi come un demonio, è già qualcosa. Gregory gli tese la mano e aspettò finché l'altro non l'ebbe stretta. – Puoi fidarti – gli disse. Sorrise brevemente. – E sai perché? – Dimmelo. – Perché tu sei l'unico che non mi guardi come un pervertito. E per me non è qualcosa, è tantissimo. Raphael scosse la testa. – Credi di essere l'unico che è finito a letto con un compagno? – Tu...? – No – rispose Raph, recisamente. – Ma in un monastero non ci sono donne e... non si può evitare che queste cose accadano. Tu non sei il primo e non sarai l'ultimo: soltanto, a differenza di altri, ti sei fatto scoprire. Se non fosse
per questo, nessuno ti guarderebbe come ti guarda. – Scosse la testa. – E per me non farebbe comunque differenza. Gregory giunse alla propria cella barcollando per il sonno, ma felice. Aprì la porticina, lentamente. Sul tavolo ardeva l'ultimo mozzicone di una candela. Iolan, ancora vestito, si era addormentato sul letto. Con un sorriso, il nuovo arrivato prese dall'armadio una coperta e gliela stese sul corpo raggomitolato, badando bene di coprirlo dalla gola ai piedi nudi. Meditò come tutti potessero sembrare innocui quando il sonno li teneva stretti tra le sue braccia. Con questo pensiero, spenta la candela, andò a coricarsi anche lui.
Iolan, invece, rimase sveglio fino al mattutino, incapace di riprender sonno adesso che Gregory l'aveva destato. Ma non era tipo da buttare il proprio tempo, neppure quello notturno, e perciò passò quelle poche ore meditando sulla
giornata. Sentiva, con un certo piacere, di attaccarsi sempre più a Gregory. Il suo compagno di stanza – il primo da tanto tempo – era una persona buona, ma aveva bisogno di una guida, di un aiuto, e Iolan era sempre stato il candidato migliore per questo. Il desiderio di aiutarlo era così forte in lui, sin dal primo momento che padre Joshua gliene aveva parlato, che adesso, dopo averlo conosciuto e studiato a fondo, il suo trasporto si andava consolidando in un affetto forte e sincero. Da molto prima di conoscerlo, Iolan si era impegnato a rendergli più facile la "convalescenza": e la dedizione che vi metteva faceva sì che l'oggetto del suo amoroso impegno divenisse per lui la cosa più importante e grata per la quale prodigarsi. Non avrebbe visto né sentito altro, finché Gregory non avesse mostrato di aver riconquistato almeno parte della sua serenità d'animo. Perciò fu per lui
il massimo della soddisfazione scorgere quella ricercata serenità sul viso del suo protetto, allorché poté spiarlo senza timore di rivelarsi. Gregory gli apparve come un giovine Cristo nella sua intimità, quieto, puro, composto. Lo guardò spogliarsi alla luce della fiammella, lo guardò con piacere. Si permise un sorriso, peraltro nascosto dall'orlo della coperta. Il suo bel Cristo si avviava alla guarigione? Iolan pregò che fosse così, pregò che arrivasse presto il momento in cui avrebbe potuto guardarlo e non tremare intimamente al pensiero di vederlo ricadere e, forse, non riemergere più. Pregò che arrivasse presto il momento in cui entrambi sarebbero stati liberi dal timore del desiderio, più che dal desiderio stesso. Iolan combatteva la sua battaglia con il desiderio e la vinceva, sempre; ma dal timore non sapeva come guardarsi. Vi stava ancora pensando quando padre Joshua batté alla porta della loro cella.
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