PARTE: 1/9
RATING: NC-17
PAIRING: GregoryxRaphael
DISCLAIMERS: I personaggi sono miei e mi obbediscono (quasi) sempre!!!

Gregory
di Fiorediloto


CAPITOLO I: "Marchiato dalla colpa"

Serven. Primo inverno.
Lo vide per la prima volta in una piovosa mattina d'inverno, mentre sotto il portico del chiostro attendeva con gli altri il suo arrivo. Allora non aveva idea di chi fosse, di quanto profondamente gli somigliasse e di quanto dolore nascondesse dietro quella maschera superba. Aveva visto semplicemente un giovane di diciannove anni sbucare a cavallo dai portoni del monastero, chino sulla sella, rivoli d'acqua piovana a inzuppargli la fronte e il volto scoperti, e la stanchezza dipinta a chiare lettere nella sua posa sconfitta. Di lui sapeva poco, ma già troppo: che si era forato un lobo per apporvi un orecchino, simbolo della stirpe abietta dei gitani, e che era stato allontanato dal proprio convento perché sorpreso a letto con un compagno di studi più giovane.
Gregory smontò da cavallo, e nessuno gli si fece incontro per prendere le redini. Il priore aveva dato ordine di non rivolgere una parola né uno sguardo al nuovo arrivato se prima non gli avesse parlato personalmente. Ma quando questo dovesse avvenire, spettava al priore deciderlo.
Dando prova di grande pazienza, o forse semplicemente troppo smarrito per indignarsi, Gregory si guardò intorno e attese qualche istante. Non accadde nulla. - Perdonatemi, buoni fratelli, dove posso trovare un riparo e della biada per il mio cavallo? - chiese a voce alta, con sforzo, e c'era soltanto cortesia nella sua voce, ma nessuno gli rispose ugualmente.
Pioveva a dirotto. I monaci si attardavano sotto la tettoia muovendosi avanti e indietro, fingendo di avere qualche compito da svolgere che giustificasse un tale andirivieni, mentre Gregory rimaneva lì, ostinatamente fermo sotto la pioggia che scrosciava bagnandogli le labbra, le mani, il semplice saio da novizio coperto da un leggero mantello.
Raphael scalpitava. Si trovava proprio lì, a pochi metri dal novizio, immobile, quasi al di fuori della protezione della tettoia. Ogni tanto qualche goccia più impudente gli bagnava la punta del naso. Ma perché mai, si chiedeva, riservavano al nuovo arrivato un trattamento così ingiusto? Nessuno faceva niente.
Preso da un moto di indignazione, e ben conscio che quest'impudenza gli sarebbe costata cara, Raphael abbandonò il riparo e lo raggiunse sotto la pioggia. - Vieni - gli disse semplicemente, prendendo le redini del cavallo che sbuffava e scalpitava a disagio.
Lo condusse nella stalla, che per fortuna era ben riparata, tolse la sella e i finimenti all'animale e poi gli diede una buona razione di biada. - Tieni. Questa dovrebbe essere tua - disse a Gregory, porgendogli la sacca che era rimasta legata al pomo della sella.
- Ti ringrazio. - Un sospiro. - Perdonami, tu sai perché…
- … nessuno si è mosso? - Raphael scosse la testa. - La tua fama ti precede.
- Capisco. - Gregory annuì senza troppa sorpresa. I suoi capelli, umidi fino alle punte, erano più ricci e lucenti che mai. - Allora ti ringrazio doppiamente, perché credo di averti spinto a fare qualcosa che non dovevi. Io mi chiamo Gregory.
- Lo so - rispose Raphael, con un sorrisetto.
- Certo. - Gregory sospirò nuovamente. - C'è qualcosa che si ignora di me, in questo luogo? - Si asciugò la mano sul saio e poi la tese verso di lui. - Grazie comunque. Sono lieto di conoscerti.
Raphael non si mosse. - I contatti fisici sono proibiti.
- Proibiti. - A Raphael si strinse il cuore per la pena che avvertì in lui. - E dimmi una cosa, è un divieto che vale soltanto per me, oppure…
- No, no, è così per tutti. È una delle nostre regole. Ti abituerai presto, vedrai.
- … sì. Penso che lo farò.
A quel punto Raphael non si trattenne più. - È vero quel che si dice?
Un lampo di timore corse negli occhi di Gregory, subito fugato. - Di cosa parli?
- Quello… quello che hai fatto. Il motivo per cui ti hanno cacciato. È vero?
- E se anche fosse? Cosa te ne importa?
Raphael fece un gesto impaziente con la mano, come ad accantonare la sua diffidenza. - È stato bello? - mormorò.
Forse Gregory scorse qualcosa in Raph che lo spinse a rispondere, forse semplicemente avrebbe detto la stessa cosa a chiunque. - Sì. Molto bello - sussurrò, abbassando lo sguardo. - Valeva tutto questo.
Raphael lo raggiunse in due passi. - Mi chiamo Raphael - disse.
- Gregory - rispose il nuovo venuto. - Devo andare dal priore. Puoi guidarmi?
- Certo che posso.
Gregory si riscosse, come colto da un pensiero improvviso. - Ma… ti puniranno! Non dovresti neanche parlare con me…
- Ormai mi hanno visto, quindi non farà differenza. E poi ci sono abituato. - Non c'era traccia di preoccupazione nella sua voce, solo un vago senso di fastidio.
Gregory annuì, un poco rassicurato. - Va bene. Ti ringrazio ancora. - Fece per voltarsi, poi ci ripensò. - Non essere così gentile con me. Passerai dei guai.
Il sorriso sulle labbra di Raphael si incrinò un poco. - Io faccio ciò che voglio - rispose con aria di sfida, superandolo. - Seguimi, ti porto dal priore.
Dopo un istante di esitazione, Gregory si buttò la sacca sulla spalla e lo seguì.
Fuori pioveva ancora ininterrottamente, e la stradina di terra era tutta una pozza di fango appiccicoso. Raphael camminava qualche passo più avanti di Gregory, lo sguardo fisso dinanzi a sé, con le spalle rigide e i pugni serrati lungo i fianchi.
- Non era mia intenzione offenderti - disse il nuovo arrivato, trotterellando un attimo per affiancarlo. - Volevo soltanto… - Si interruppe, intercettando lo sguardo di disapprovazione lanciatogli da un monaco piuttosto avanti negli anni. Chinò il capo con cortesia, malgrado lo sgarbo palese di quell'occhiata, poi riprese, abbassando la voce: - Non scherzare con queste cose. Io lo so, l'ho provato… insomma, Raph, mi ascolti?
Raphael si voltò di scatto. - Come mi hai chiamato?
- Raph - ripeté Gregory, perplesso. - Non è il tuo nome? Raphael?
- Sì… sì. - Scosse la testa. - Nessuno mi ha mai chiamato così, prima d'ora. In effetti, di solito mi chiamano "peste".
Gregory abbozzò un sorriso. - La disciplina non è il tuo forte, vero?
- Neanche il tuo - replicò Raphael. Il nuovo arrivato si incupì immediatamente. - No, perdonami - mormorò Raphael, imbarazzato. - Non dovevo dirlo.
- Ognuno ha i suoi peccati da scontare - disse Gregory, in un sussurro appena percettibile al disopra della pioggia scrosciante. Fissò Raph negli occhi. - Io non mi pento di ciò che ho fatto. Ricordatelo sempre.
Raphael allontanò i capelli inzuppati d'acqua dalla fronte. - Perché me lo stai dicendo?
- Perché tu non pensi che sia stato il senso di colpa a spingermi a metterti in guardia. - Scosse la testa, gravida di meravigliosi riccioli sempre più fradici. - Portami dal priore, ti prego. Odio essere fissato.
Raphael alzò gli occhi. Incontrò almeno una ventina di sguardi, più o meno sfuggenti, ma tutti diretti dalla loro parte e tutti severi. Non si vedeva neanche un novizio: il riparo sotto la tettoia straripava di monaci anziani. Si disse che quel giorno la punizione sarebbe stata più dura e più sgradevole del solito.
- Sai una cosa? - disse, sorridendo brevemente. - Non ci siamo ancora salutati come si deve. - E così dicendo gli tese la mano destra, mentre rivoletti di pioggia gli scorrevano tra le dita affusolate.
Gregory esitò solo un istante. - Lo riferiranno al priore?
- Naturalmente. - Il sorriso di Raphael si allargò. - Lo faccio soprattutto per lui. Adora infliggermi qualche punizione, di tanto in tanto.
- Di tanto in tanto, dici? - Gregory prese la sua mano e la strinse. La sua stretta era forte e salda.
- Molto spesso - rispose Raphael, indugiando per un istante prima di lasciarlo. - Vieni. Non è bene che, appena arrivato, tu ti prenda un malanno.
Lo guidò fino alle porte. Al loro passaggio, i monaci assiepati sotto la tettoia si ritraevano e si disponevano in due ali piuttosto distanti, rivolgendo ad entrambi i ragazzi il medesimo sguardo arcigno, come se fossero stati riconosciuti colpevoli di indicibili sconcezze. A Raph le loro occhiate, colte di sfuggita, ricordarono quelle della folla che si era raccolta nel vicino villaggio di Widefield per assistere al rogo di una strega.
Il ragazzo proseguì senza badarci troppo e, giunto alle porte, le varcò con calma. Adesso la pioggia non li raggiungeva più, ma un vento freddo e pungente si insinuava ancora sotto i suoi abiti e li gonfiava procurandogli una sgradevole sensazione sulla pelle. Quasi senza accorgersene, Raphael fece il gesto di chiudere le braccia al petto; quando se ne avvide, le riportò subito giù con un gesto nervoso.
- Hai soltanto la camicia indosso. Sentirai freddo - disse Gregory, drappeggiandogli il suo mantello sulle spalle con un movimento avvolgente. Se avesse proseguito fino a congiungere le mani sul suo petto, si sarebbe ritrovati abbracciati.
All'interno la stoffa era asciutta e calda. - Non serve - mormorò Raphael, avvampando. - Siamo arrivati. Dentro… - Poi scosse la testa e rinunciò a qualsiasi cosa avesse in mente di dire.
Le porte, leggermente socchiuse, lasciavano filtrare fuori una sottile lama di luce giallastra. Non appena le varcarono, si trovarono davanti una decina di ragazzi tra i sette e i diciassette anni circa, dagli occhi che scintillavano di curiosità. Non cercavano neppure di nascondere il fatto che avessero spiato dalla fessura fino a quel momento.
- Questa volta l'hai combinata grossa, Raphael - scattò un ragazzino pallido con la faccia coperta di lentiggini e i capelli rossi scarmigliati. - Il priore ti farà stare in ginocchio sulle pietre per tutta la notte!
- Perché ti ha dato il suo mantello? - indagò un altro, ancora più piccolo. Si avvicinò a Gregory e gli tirò il saio per avere la sua attenzione. - Non senti freddo?
Gregory scosse gentilmente la testa. - Il monastero da dove provengo si trova sulle montagne. Lì fa molto più freddo di qui.
Sembrò che quella risposta lasciasse libero sfogo a una valanga di altre domande a cui i ragazzi dovevano aver pensato per giorni interi. Iniziarono a parlare tutti insieme e a voce alta, creando un frastuono insopportabile.
- Basta! - gridò Raphael, esasperato. Proprio in quel momento un giovane biondo dal viso butterato ne approfittò per sgattaiolare attraverso la sala comune e imboccare le scale, probabilmente diretto alle stanze del priore. Raphael non se ne curò. Sapeva per esperienza che stava andando a fare al priore un resoconto dettagliato della sua condotta negli ultimi minuti, e che non sarebbe stato lusinghiero. Non aveva importanza. - Toglietevi di mezzo - disse agli altri ragazzi, passando direttamente in mezzo al capannello che avevano creato e tirandosi dietro Gregory. Arrivò alla base delle scale, attese un secondo e poi le inforcò.
- Mi dispiace - mormorò, a denti stretti, mentre metteva un piede dopo l'altro sui gradini. - Non credevo che avrebbero fatto così.
- Non preoccuparti. - La voce di Gregory era calda e rassicurante. - Non mi hanno infastidito poi tanto.
Raphael scosse la testa. - Adesso no, ma domani lo faranno. Sai, qui non avvengono molte cose nuove. - Si tolse il mantello e glielo porse. - Ti ringrazio.
Gregory prese l'indumento con un lieve sorriso. - Anche questo… prestarti il mio mantello… è proibito?
- Non credo - rispose Raphael, corrugando la fronte. - Ma, trattandosi di me, è probabile che il priore lo disapprovi comunque.
- Questo non è giusto - mormorò Gregory, serio e indignato.
Raphael si limitò a scrollare le spalle e a riprendere la salita. I corridoi del piano di sopra erano freddi e immersi in una lieve penombra caliginosa, come se il fumo del caminetto sottostante filtrasse attraverso il soffitto di calce e mattoni. L'aria odorava di polvere e di antico. Benché fosse mattina tarda, da fuori non proveniva che un debole lucore appannato.
- Il priore non ama perdere tempo - mormorò Raphael, rallentando un poco il passo perché Gregory lo raggiungesse. - Saprà già che sei qui.
Gregory inarcò un sopracciglio. - Eppure sono in anticipo di mezza giornata. Padre Ferdinand mi aspettava per questa sera.
- Allora perché sei venuto così presto? Avevi fretta di lasciare San Gloriano?
Inaspettatamente, il nuovo arrivato annuì. - Non era più un posto… molto accogliente, per me. Ho preferito partire presto, quando nessuno poteva vedermi.
- Il tuo… compagno? - sussurrò Raphael. Poi, rendendosi conto di quanto questa domanda fosse intima e personale, abbassò gli occhi e scosse la testa. - Perdonami. Non so che mi prenda, oggi. Di solito mi faccio gli affari miei.
Gregory non rispose. Se fastidio o tristezza gli turbarono il viso, Raphael non lo vide, perché aveva ripreso il cammino.
Giunsero allo studio del priore dopo pochi istanti. La porta era chiusa e dall'interno non proveniva alcun rumore intelligibile, alcun parlottio, quindi probabilmente padre Ferdinand doveva aver terminato di ascoltare le rimostranze su di lui. - Io non entro - disse Raphael, a bassa voce. - Ti aspetto qui fuori.
- Non è necessario. Se vuoi, puoi andare.
Raph fece un altro dei suoi sorrisetti ironici. - Finito con te, di sicuro il priore vorrà chiamarmi. Quindi tanto vale che rimanga qui.
- Come vuoi. - Gregory attese che Raphael si fosse allontanato di qualche passo, in modo che dall'interno non lo si potesse scorgere, poi batté con moderazione le nocche sulla porta. Da dentro provenne una sola parola: - Avanti -, pronunciata con flemma e freddezza. Raphael mandò un sospiro e appoggiò le spalle al muro.

Quello che si presentò agli occhi del priore Ferdinand era un giovanotto di meno di vent'anni, alto e snello, con due occhi castani troppo accesi sotto le sopracciglia folte e un naso importante, leggermente storto, dalle narici frementi - sicuro segnale di irrequietezza d'animo. Gli umidi riccioli castani, troppo lunghi e troppo curati, denotavano una vanità spinta, quasi femminea. Le labbra sottili, serrate forse per il nervosismo, recavano agli angoli due piccole rughe, quelle di chi è abituato a ridere troppo spesso.
Nel complesso, tutto quadrava. Il giovane esule di San Gloriano era certamente un individuo vanesio e poco portato alla disciplina, come il priore del suo monastero l'aveva definito, e in più aveva negli occhi l'inconfondibile luce di lussuria comune a tutti quelli che, in odio alle leggi di Dio, trovano modo di soddisfare le loro perversioni contro natura. Il priore gli riconosceva una sola attenuante: la mancanza di malizia e di falsità nello sguardo, che denotava l'assenza di una consapevole volontà di peccare.
Il giovane avanzò lentamente nella stanza, invasa dalla stessa penombra del corridoio, anche se leggermente rischiarata da una lampada posata sulla scrivania del priore, e si fermò a breve distanza dal tavolo. La stanza, nel suo arredo, era semplice e spartana: una scrivania, una libreria con pochi volumi disposti ordinatamente sulle mensole, più in là un pesante leggio con la Bibbia aperta a metà. Più di ogni altra, quella camera rispecchiava le inclinazioni e il carattere di padre Ferdinand.
Il priore si rese subito conto che Gregory aveva colto in un attimo tutti questi particolari. Doveva essere un giovane molto intelligente, perché il secondo sguardo che indirizzò al monaco anziano era più deciso e consapevole del primo. Probabilmente si era già fatto un'idea del suo nuovo priore.
- Padre Ferdinand. - Il ragazzo chinò il capo, con la mano destra sul cuore. Strano saluto, pensò il religioso. - È un piacere conoscervi.
- Benvenuto nella tua nuova casa, figliolo - rispose il priore, senza nemmeno tentare di dare una parvenza di cortesia al suo tono. Si alzò in piedi, lentamente, e accennò con la mano ad una delle due sedie poste di fronte alla scrivania. - Siediti pure.
Gregory obbedì.
- Qual è il tuo nome, figliolo? - interrogò il priore, tornando a sedersi.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio. - Credo che lo conosciate già, priore. So che padre Lorenço vi ha inviato molte lettere riguardo a me e alla mia condotta… e mi sono già rassegnato all'idea di non avere segreti per voi. E per tutti gli altri fratelli del monastero - aggiunse dopo un attimo, con un guizzo ironico nelle pupille.
- È quello che ci auguriamo tutti, figlio mio - replicò padre Ferdinand, vagamente seccato. - Comunque sia, gradirei udire il tuo nome dalle tue labbra, se non ti dispiace.
- Certamente. Come voi già sapete, il mio nome è Gregory Field.
- Se ti voti a Dio, figliolo, il nome della tua famiglia terrena non ti serve. La tua unica famiglia sono i tuoi fratelli. Smetti di accostare quella parola insensata al nome del tuo battesimo.
Gregory serrò la mascella. - I miei genitori erano poveri contadini, che si privarono del loro unico figlio per offrirgli una vita migliore della loro. Non crediate che lo dimenticherò, priore. - Dopo aver detto questo, però, abbassò le ciglia, e padre Ferdinand riconobbe in quel gesto il tentativo di domare l'irruenza. - Eviterò di menzionare il mio cognome, se voi usate così - disse infine, in tono moderato. - Ma non dimenticherò chi mi ha generato, né tacerò il nome della mia famiglia se qualcuno me lo chiederà.
Il priore capì di non aver riportato alcuna vittoria, tuttavia, per il momento, decise di lasciar correre. - Bada, questo atteggiamento non ti porterà da nessuna parte - disse in tono blando. Poi riprese, con calma: - Sai perché sei stato mandato qui.
Stavolta il giovane non ebbe reazioni. - Sì, naturalmente.
- Ciò che hai fatto è grave…
- Ne sono cosciente, padre. Credetemi, nessuno lo è più di me. Ma vi muovo una preghiera, se posso sperare che venga ascoltata. - Gregory sospirò. - Ciò che è successo risale a due settimane fa. Da allora ho ascoltato gli ammonimenti, i rimproveri, le edificazioni dei miei maestri fino al limite della mia sopportazione e credetemi… non è facile, quando il responso è sempre lo stesso. Non voglio sembrarvi arrogante, padre, ma sono venuto qui sperando nel mio cuore che questo tormento potesse trovare fine. Se anche voi, come gli altri, pensate che non sia stato ammonito abbastanza…
Il priore inarcò entrambe le sopracciglia, sorpreso da una tale decisione, e più d'ogni altra cosa dalla sincerità vibrante nelle parole del giovane. - Forse lo penserò quando avremo terminato la lunga conversazione che ci attende - disse con lentezza. - Al momento non ti conosco, se non attraverso le parole di altri.
Gregory sembrò rilassarsi un poco. - Questo mi conforta - disse piano. - Temevo molto che vi faceste un'opinione di me senza conoscermi.
- Oh, ma io mi sono già fatto un'opinione di te - replicò il priore. - Ma certamente, se ve ne sarà modo, sarò disposto a cambiarla. In meglio o in peggio.
Gregory annuì. Era ancora piuttosto inquieto, ma meno di prima, adesso che la conversazione si era spostata su argomenti più generici. Padre Ferdinand, tuttavia, badò di riportarla sul punto che più gli premeva, e non perché gli piacesse tormentare il giovane, ma piuttosto per metterlo alla prova e scoprire che genere di elemento sarebbe stato per lui, per il monastero e per gli altri fratelli. - Ad ogni modo, credo che i padri di San Gloriano ti abbiano edificato a sufficienza circa la condotta di un servo di Dio. Tuttavia ti farò ugualmente qualche domanda.
Il giovane deglutì con evidente fatica. - Potrò riservarmi la libertà di non rispondere?
- Sappi che la considererò una grave scortesia, oltre che una mancanza di disciplina e un attacco alla mia autorità - replicò padre Ferdinand, secco.
- Attaccare la vostra autorità è l'ultima delle mie intenzioni - mormorò Gregory, mesto. Alzò gli occhi. - Vi risponderò, padre, perché voi siete il mio superiore e debbo obbedirvi. Ma nei limiti della decenza e del rispetto della mia intimità. Concedetemelo.
La questione era spinosa. Malgrado la sua affermazione, Gregory sminuiva deliberatamente la sua autorità, assentendogli solo in parte e ponendo condizioni, come se accettando gli stesse facendo una concessione. Per la prima volta da tanto tempo, padre Ferdinand era combattuto tra lo scagliarsi contro quel giovane imberbe e rivoltargli contro le sue stesse argomentazioni oppure lasciare che, per adesso, credesse di potersi comportare alla sua maniera. Alla fine ripiegò su una frase che, per il momento, gli parve neutra: - Sei sfrontato, a parlarmi così.
Gregory sembrò stupito, ma era solo un atteggiamento. - Credevo che solo nel mondo secolare la sincerità fosse disprezzata e schernita. - Corrugò la fronte. - Dio è stato buono con me, o almeno così io penso. Mi ha dato una lingua sincera e il coraggio per usarla. Io non mi vergogno di dire ciò che penso, padre. E vedete come Dio è stato ancora più generoso, facendo sì che potessi unirmi ai suoi servi, fra i quali non si deve aver timore di dire la verità sempre e comunque. Non è così che si usa in questo monastero?
- Naturalmente. - Il priore serrò le labbra. - Io non ti ho chiesto altro che di dire la verità. Sempre e comunque, mi sembra appropriato.
Gregory avvampò. - E va bene - disse piano, mentre il suo sguardo sfuggiva a quello del priore per rifugiarsi nella contemplazione della libreria. - Chiedetemi quel che volete. Se potrò, vi risponderò.
Ancora un mezzo assenso. Padre Ferdinand ne prese nota mentalmente, riproponendosi di reprimere quanto prima quella sgradevole tendenza del nuovo arrivato. - Quanto tempo è durata la vostra scandalosa vicenda?
Gregory sbatté le palpebre. - Ma, naturalmente, è successo una volta soltanto! - Poi intuì cosa passava per la mente del priore, e gli occhi gli si spalancarono fino ad assumere una luce febbrile. - È successo una volta soltanto. Eravamo in città ed eravamo soli, per la prima volta da… non so neanch'io da quanto tempo, forse da sempre, e questo… questo mi ha fatto maturare pensieri che non dovevo… sentimenti che non volevo. Amo Evan come un fratello, fin da quando eravamo fanciulli…
- Ma ti sei profittato di lui.
- Io… io ho sbagliato. Ho creduto… ho voluto credere che lo volesse anche lui, che… il vino gli avrebbe impedito di frenare i suoi desideri… mentre lui…
- Ha tentato di resistere?
Gregory alzò gli occhi, pallido. - Non poteva. Era ubriaco - sussurrò.
Gli occhi del priore rimasero ostinatamente cupi. - Tu non hai fatto niente del genere. Menti per proteggere il tuo compagno?
- Io… io non sto mentendo affatto.
- Eppure ciò che mi racconti è ben altro rispetto a ciò che è stato, e lo sappiamo bene sia io che padre Loren-ço. Da diverso tempo.
Gregory si fece ancora più pallido. - Che volete dire?
? Se avete commesso il peccato in città, come hanno potuto venirne a conoscenza a San Gloriano? - interrogò il priore, sviando bruscamente la domanda.
- Io… se fosse dipeso da me, nessuno avrebbe saputo nulla. - Gregory si prese gli avambracci con le mani, chiudendo le braccia al petto. - Non mi importava nulla della punizione che mi avrebbero inflitto, l'avrei scontata senza lamentarmi, però non volevo che accadesse qualcosa a Evan… non sapevo se padre Lorenço avrebbe dato la colpa anche a lui. - Alzò gli occhi lucidi. - Io posso adattarmi, ma la sua vita è lì. Non avrebbe sopportato di essere cacciato dal monastero, non adesso che mancava così poco all'inizio del suo noviziato… Mi capite?
Il priore annuì, lentamente. - Continua.
- Però Evan non riusciva a resistere, con un simile segreto nel cuore. E così, alla fine, disse tutto… non in confessione, ma in privato, al priore Lorenço. - Scosse la testa. - E poi è venuto tutto il resto.
Padre Ferdinand poggiò i gomiti sul tavolo e congiunse le punte delle dita, con lentezza. - Cosa riferì il tuo compagno a padre Lorenço?
- Io… non lo so di preciso. Ma non mi avrebbe mai accusato. Credo gli disse di essersi ubriacato con me, e che poi… nell'ebbrezza… non so che parole usò, non ci parlammo più da quella volta.
- Disse la verità, Gregory. Disse che eravate entrambi consenzienti, e che non c'era vino quella sera.
- Ma questo non è vero, lo disse per… - tentò di protestare Gregory, debolmente.
- Tu non l'avresti mai violentato, non è così?
- Ma ero ubriaco anch'io! Non ragionavo più, io… io non lo premeditai, è vero, però quando fui lì… avevamo bevuto tanto entrambi, e… ed io so solo che lo volevo fare… in quel momento, lo desideravo
Il priore aprì un cassetto della scrivania, ne trasse un foglio di pergamena arrotolato e lo svolse rapidamente sul tavolo. Poi lesse, con voce chiara e profonda: - … il giovane Gregory ha giurato, toccati i sacri Vangeli, di aver comprato con il denaro affidatogli una o più bottiglie di vino (la quantità della bevanda acquistata non è certa, cosa di cui Gregory accusa la frenesia del momento) che avrebbe poi invitato Evan a bere, allo scopo di farlo cadere in ebbrezza… Occorre che continui?
Gregory scosse la testa. Era pallido come uno straccio. - No - mormorò.
- Hai giurato il falso con le mani sui Vangeli?
- No!
- E dunque?
- È… è la verità, quella, ve l'ho detto.
Il priore strinse le palpebre. - Che tu risponda o meno non farà differenza per il tuo compagno. I provvedimenti necessari sono già stati presi. Dunque puoi dire la verità.
- Provvedimenti? Che provvedimenti? - mormorò Gregory.
- Niente di drastico. Non sarà allontanato da San Gloriano e potrà intraprendere il noviziato. Te lo chiedo ancora: hai giurato il falso con le mani sui Vangeli?
Il giovane, combattuto tra il sollievo e l'angoscia, si arrese. - Che altra scelta mi restava? - replicò, con voce strozzata. - Se non l'avessi fatto, Evan sarebbe stato cacciato come me! L'ho fatto per una buona ragione. - Abbassò gli occhi. - Dio mi perdonerà. L'ho fatto per un innocente.
Il priore scosse la testa. - Evan non era innocente. Aveva anch'egli una colpa, ed era giusto che la scontasse. - Socchiuse le palpebre. - Si può comprendere perché tu l'abbia fatto, ma proteggere un colpevole non è un'azione che meriti l'elogio. Ad ogni modo, ti ripeto, padre Lorenço ne è a conoscenza da tempo.
- Ma allora perché…
- Ha finto di accettare le tue menzogne? Forse perché intendeva verificare fin quando avresti continuato a mentire. - Si alzò. - La prova è stata quanto mai deludente.
Gregory distolse lo sguardo. - Posso aver sbagliato, sì, ma so perché l'ho fatto e non me ne pento - mormorò. - I fratelli staranno meglio senza di me.
- Intendi provocare scompiglio anche qui a Serven, ragazzo?
- No! No, non ho mai voluto farlo… Credetemi, io voglio solo stare in pace e nient'altro.
- Bene. Questa sera dopo compieta, quando io avrò terminato le mie incombenze e tu le tue, ti confesserai da me. Inutile dirti che mi aspetto da te la massima sincerità.
Gregory chinò il capo, sospirando. - Farò ciò che volete.
- Puoi andare. Per quanto riguarda la tua sistemazione, attendi qui fuori mentre discuto con un mio studente, poi egli ti mostrerà il tuo alloggio e ti illustrerà le tue incombenze. Hai già fatto conoscenza con Raphael, mi hanno detto.
Gregory annuì, mentre un guizzo di vita tornava nei suoi occhi. - Sì… sì. È stato l'unico a mostrare un po' di cortesia verso di me.
- La cortesia eccessiva si chiama morbosità, figliolo. Avremo modo di approfondire l'argomento un'altra volta. Adesso va', e di' a Raphael di venire nel mio studio.
Gregory chinò il capo, lo rialzò ed uscì dalla stanzetta.


Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions