Cami-chan l’ha avuta vinta anche quest’anno. Lo scorso ottobre ha insistito per una MitSen...e io, nonostante inutili tentativi di oppormi, ho dovuto accontentarla. Ad agosto, eravamo comodamente sedute sul bordo della piscina, quando mi scappa la seguente frase: “Comunque non sperare in un’altra MitSen per il tuo compleanno! Non scriverò mai più niente di simile!” Lei mi guarda e, sorridendo, risponde: “Infatti vorrei una SomaxTasuku”. Inutile dirvi che ci mancava poco che volassi in acqua e affogassi. Mi spiace, io ho tentato di oppormi, ma quando Cami-chan mi fa gli occhioni da cucciolo...beh, non posso dirle di no! Quindi anche questa volta dovrete sorbirvi una fic completamente diversa dalle solite...-___- Per chi non lo sapesse, i personaggi sono della sensei Ohya, ma credo che questo trascurabile dettaglio non impedirà a Cami-chan di rapire Tasuku, vero? *Cami-chan sorride in modo molto eloquente* Buon compleanno, bunny girl! ^*^
Grazie, signorina Chizuru di Cily
“Credo che sia meglio farla finita” Soma alzò lo sguardo dal copione che stava leggendo e fissò Azuki, che era in piedi di fronte a lui, con le mani sui fianchi e un’espressione poco amichevole in viso. Il ragazzo pensò di sfuggita che non si era nemmeno accorto che lei fosse entrata nella stanza, dato che era completamente immerso nella lettura. Chiuse il copione e, appoggiatolo su uno dei braccioli della poltrona su cui sedeva, si concentrò solamente sul volto della sua ragazza. “A che cosa ti riferisci?” “A noi due” rispose con voce ferma. Soma si alzò e si pose di fronte a lei, fissandola negli occhi. “Spero di aver capito male” Azuki sospirò e, sostenendo il suo sguardo, ripetè ciò che aveva già detto: “Penso che dovremmo lasciarci” Il ragazzo rimase in silenzio per un po’, non riuscendo a credere alle sue orecchie: era impossibile che lei, che stravedeva per lui, lo volesse piantare. Insomma, era assurdo! Per un attimo pensò di essere vittima di una candid camera, ma lo sguardo di Azuki non aveva niente che potesse sembrare finto. Era un concentrato di tristezza e delusione ed era sicuro al cento per cento di non aver mai visto una simile espressione sul volto della giovane produttrice. Nemmeno nei momenti peggiori. “Azuki, ma che ti prende all’improvviso? Se c’è qualche problema possiamo parlarne insieme e cercare una soluzione” disse ostentando una tranquillità che non provava e posandole le mani sulle spalle, cercando un contatto che, però, venne immediatamente interrotto, poiché lei fece un passo indietro, allontanando le mani del suo ragazzo. “Anche se ne parlassimo non risolveremmo niente” “Come puoi dirlo? Non ci abbiamo nemmeno provato!” “E invece lo abbiamo fatto. Decine di volte.” “Ti prego, adesso smettila di fare così: parla chiaramente!” “Io voglio stare con te” “Azuki, così non mi chiarisci le idee...me le confondi! Prima dici che mi vuoi piantare, poi che vuoi stare insieme a me...io non capisco che cosa tu voglia dirmi!” “Io voglio stare con te, ma non posso” “Stiamo insieme da più di un anno...perché dici che non possiamo? È ridicolo!” “Non ho detto possiamo, ma posso” sospirò. “Io non ce la faccio più. Ti voglio bene e vorrei esserti sempre vicino, ma non posso. Tu sei sempre in tour e, quando sei a casa, devi registrare programmi in tv o recitare in un telefilm. Anche se sono la tua produttrice, non posso seguirti dappertutto, perché sai bene anche tu che devo occuparmi anche degli altri artisti della Yamagishi&Yamagishi. E nei brevi momenti di pausa...non possiamo uscire insieme come tutte le altre coppie del pianeta, perché uno dei Romeo Ex non può farsi vedere in giro con la produttrice, perchè altrimenti scoppierebbe uno scandalo e...lo sai anche tu. Fino ad adesso ho stretto i denti e ho sopportato tutto...ma ora mi chiedo perché io abbia faticato tanto, visto che a te non importa niente” “Non è assolutamente vero! Io ti amo, Azuki, e...” “Beh, non mi sembra che tu me l’abbia dimostrato spesso. Ma ormai non ha più importanza. Ti lascio libero. Fai quello che ti pare. Io per un po’ starò via perché accompagnerò Chizuru a Okinawa per un servizio fotografico. Se davvero vuoi stare con me, dimostramelo. Rinuncia ai Romeo Ex.” “Azuki, ma che diavolo...” “Pensaci su. Ne parleremo al mio ritorno” Detto questo, uscì e si chiuse la porta alle spalle, lasciando Soma attonito. Non riusciva a crederci. Non era mai stato piantato in quel modo. Anzi, per la verità, non era mai stato piantato in vita sua. Non sapeva che cosa fare o dire. Doveva correrle dietro e dirle che aveva detto un mare di scemenze? Come poteva uscirsene con un simile discorso dopo che lei stessa lo aveva appoggiato nel suo progetto di diventare famoso? Sprofondò nella poltrona, avendo ormai dimenticato il copione. Si prese la testa tra le mani e si ripetè mentalmente ciò che Azuki gli aveva detto. Non poteva certo negare che negli ultimi mesi non avevano avuto che rarissime occasioni per stare un po’ insieme...ma reagire così di punto in bianco non era...non era...giusto! Insomma, lui non aveva notato alcun cambiamento nella loro relazione: non si erano mai visti spesso da soli a causa dei loro innumerevoli impegni, ma era convinto che nelle ore di intimità il tempo perduto venisse recuperato alla grande... Venne risvegliato dalle sue riflessioni da un leggero bussare alla porta. Sospirando, gridò di entrare e dalla porta fece capolino Tasuku, uno dei membri dei Romeo Ex. “Ehm, ciao. Spero di non disturbarti” esordì il ragazzino. “Non c’è problema” borbottò Soma, che si sentiva un po’ a disagio sia perché in effetti un problema c’era, sia perché la timidezza e la gentilezza di Tasuku gli facevano sempre quell’effetto, non essendo abituato a essere trattato con cortesia da un ragazzo. “Se non ti spiace vorrei chiederti di prestarmi il copione dello sceneggiato” “Ma non dovresti averne una copia anche tu?” “Ehm, sì...ecco...io non so come dirlo, ma...ehm...sono uno scemo e...” “Guarda che se continui a balbettare a quel modo non capisco niente” Il ragazzo inspirò e, con le guance imporporate, rispose tutto d’un fiato: “Il fatto è che l’ho perso. So che è da stupidi, ma non mi ricordo dove l’ho messo. Se tu me lo prestassi, lo fotocopierei e te lo restituirei il più presto possibile!” Soma non rispose, ma allungò una mano verso il tavolino e afferrò il copione, porgendolo a Tasuku. “Non vedo perché tu debba essere tanto imbarazzato. Hai idea di quante cose io abbia perso? E non ne ho mai fatto una tragedia. Nemmeno quando non trovavo più il cellulare” commentò con aria seccata. “Grazie. Te lo riporterò al più presto” disse l’altro, prendendo in mano il quaderno. “Non c’è fretta. Tanto per oggi non penso che mi tornerà la voglia di studiare” “È successo qualcosa? Se posso, ti aiuterò volentieri...” “Azuki mi ha mollato” “Eh?!” si lasciò sfuggire Tasuku, completamente sbalordito. “Mi ha mollato. Piantato. Scaricato. Lasciato. Liquidato” ripetè Soma. “Ma non è possibile! E perché l’ha fatto?” “Dice che la trascuro. Che non ci vediamo mai perché io sono sempre impegnato con i Romeo Ex...ma dannazione! Prima della selezione finale per i membri del gruppo, lei mi aveva detto che saremmo riusciti a stare insieme nonostante la celebrità...e invece guarda com’è andata!” si prese la testa fra le mani. “Io ho sempre passato il mio tempo libero con lei...eppure non le basta! Lo sapeva che nei primi tempi sarei stato sommerso dagli impegni, ma mi ripeteva che avremmo resistito. Ma ora mi dice che se voglio stare con lei devo rinunciare al mondo dello spettacolo! Io non la capisco!” diede un calcio al tavolino su cui erano appoggiati il suo cellulare e l’abat-jour, rovesciandolo a terra. Tasuku rimase in silenzio per qualche minuto, indeciso sul da farsi. Soma si stava sfogando con lui, nonostante tra loro non ci fosse un particolare rapporto di amicizia. Non sapeva come parlargli: non avevano mai affrontato un discorso serio insieme. Non conosceva ancora bene il carattere e le reazioni del suo collega, al quale credeva di non essere particolarmente simpatico. Ma sapeva che Soma era profondamente innamorato di Azuki e non se la sentiva di lasciarlo solo in un momento critico come quello. Così, spinto da sincero ottimismo, tentò di consolarlo. “Soma, tu e Azuki vi amate molto: è impossibile che non riusciate a superare questo problema. Probabilmente ha parlato in quel modo solamente perché era un po’ giù e non pensava di riuscire a starti dietro a causa dei vostri impegni. Tutte le coppie hanno dei momenti di crisi, ma insieme riescono a superarli, quindi non ti devi preoccupare. Quando la rivedrai farete pace e dimenticherete questa litigata!” Soma alzò il volto e, con occhi ardenti di rabbia, gli ringhiò contro: “Ma che cazzo ne sai tu? Tu non conosci niente né di me né di Azuki. Vai a dispensare il tuo ottimismo e la tua saggezza da quattro soldi a qualcun altro! Non voglio stare a sentire i consigli di uno che non ha mai avuto una ragazza e pretende di risolvere i problemi degli altri!” Tasuku abbassò il capo, lasciando che le parole amare di Soma gli si scagliassero addosso. Attese la fine del suo sfogo, poi lo guardò negli occhi e, con espressione triste, gli rispose: “Io volevo solo aiutarti” “Ti ho già detto che non ho bisogno di te! Vattene!” Il ragazzo più giovane raggiunse la soglia e uscì dalla stanza, ma prima di chiudere la porta dietro di sé, si voltò verso Soma. “Forse è per questo che Azuki ti ha lasciato: non sei capace di ammettere i tuoi sbagli. Sei un egocentrico” Soma rimase interdetto a fissare lo spazio occupato prima da Tasuku. Non riusciva a credere che quel bimbetto gli avesse risposto in quel modo. E lui che pensava fosse solo un mocciosetto timoroso di tutti! Quasi senza rendersene conto, gli scappò un sorrisetto di compiacimento per aver provocato una reazione a Tasuku. Però, all’improvviso, venne riassalito dal pensiero di Azuki. Che cosa avrebbe dovuto fare? Non avrebbe mai pensato che Azuki potesse metterlo di fronte ad un simile bivio. Le voleva molto bene, ma non poteva rinunciare allo show business: che ne sarebbe stato della sua famiglia? Cantare e ballare erano le uniche cose in cui poteva dire di essere bravo e, inoltre, gli garantivano un guadagno non trascurabile. Come se non bastasse, si era abituato ai suoi compagni, con i quali aveva fatto (più o meno) amicizia e non poteva certo dire di non divertirsi. Insomma, quella vita gli piaceva! Era stata la stessa Azuki a spingerlo fin lì...come poteva pretendere, adesso, che si mettesse il cuore in pace e si ritirasse? Inoltre, se avesse lasciato il gruppo, avrebbe causato un sacco di problemi anche agli altri dei Romeo Ex e sarebbe stato costretto a pagare una somma da capogiro (che, ovviamente, non possedeva) per saldare le clausole infrante del contratto. Scosse la testa, deciso a lasciar perdere il problema per un po’, dato che gli stava facendo venire un terribile mal di testa. Senza sistemarsi i vestiti stropicciati, uscì dalla stanza e bussò a quella di Sota. Non rispose nessuno, quindi riprovò e, finalmente, il ragazzo si affacciò alla soglia con le guance arrossate e il fiato corto. Soma potè scorgere anche la camicia azzurrina allacciata male e, pensando all’aspetto di solito impeccabile di Sota, non riuscì a trattenersi dal domandare che diavolo stesse facendo. “Ripassavo i passi della coreografia del video” si giustificò con voce sicura “Di che cosa hai bisogno?” “Ho voglia di uscire un po’: ti andrebbe di andare a bere qualcosa?” Sota si scostò una ciocca di capelli biondi dalla fronte. “Mi spiace, ma...ho da fare. Sai, la coreografia...” “Dai, lasciala perdere! La proverai domani. Accompagnami!” “No. Devo proprio lavorarci su. Sai, ci sono dei passi che...ehm...proprio non mi vengono!” “Uffa! Che noioso che sei! Vorrà dire che andrò a chiederlo a Daiki” sbuffò il moro, facendo per andarsene. “Daiki è qui con me” Soma alzò un sopracciglio, sorpreso. “Nella tua stanza? E cosa sta facendo?” “Ci esercitiamo insieme” ribattè tranquillo l’altro. “Sì, ma lui avrà sicuramente voglia di uscire. Non è mica uno stakanovista come te. Su, fammi entrare” commentò facendo un passo avanti. Sota lanciò un’occhiata all’interno della stanza come a voler controllare qualcosa, poi lasciò entrare il collega, che trovò Daiki seduto sul divano con un sorrisone sospetto. Se Soma avesse osservato meglio i jeans che indossava, probabilmente si sarebbe accorto che la zip era abbassata. Però, per fortuna, non ci fece caso. “Daiki, ti va di andare a bere qualcosa? Io non ne posso più di starmene chiuso in albergo. Andiamo per locali!” “Grazie dell’invito, Soma, ma, come vedi, io e Sota siamo impegnatissimi…con le prove, quindi...” “Vuoi rimanere qui a lavorare?! Proprio tu che ti lamenti sempre di sgobbare dalla mattina alla sera?” Soma lo prese per un braccio, come se tirandolo riuscisse a fargli cambiare idea. Beh, in effetti, con un po’ di violenza, di solito riusciva a convincerlo, ma quella volta Daiki era irremovibile. “Mi spiace davvero, Soma! Ma Sota e io...ecco...Sota mi ucciderebbe se me ne andassi ora! Vero, Sota?” domandò rivolto all’amico che, con il viso imbronciato, se ne stava appoggiato al muro, battendo il piede a terra quasi con impazienza. “Puoi starne certo, Daiki” rispose il ragazzo, lasciandosi sfuggire un’occhiata omicida in direzione di Soma che, però, non se ne accorse. “Ah, io proprio non vi capisco! E va bene, statevene qui a ballare! Ci andrò con Jun!” esclamò uscendo a grandi passi dalla camera. Sota lo seguì fino alla soglia, ma solo per chiudere la porta a chiave, per poi voltarsi verso il compagno con un sorrisetto malizioso che ben pochi avevano avuto l’onore di vedergli. “E adesso torniamo a noi, Daiki...” Così, mentre Sota e Daiki facevano qualcosa di più piacevole che provare la coreografia per il video, Soma bussava senza esito alla porta della stanza di Jun. Il poveretto, nonostante la sua assenza (anzi, a causa della sua assenza), venne spedito da Soma in un paese dal nome esotico che iniziava per “fan” e terminava per “culo” e si guadagnò una carriola di simpatici epiteti coloriti per il semplice fatto che, invece di rimanere nella sua camera ad oziare come tutti gli altri, aveva avuto la bella idea di andare in salagiochi. Ma tutto ciò Jun non l’avrebbe mai saputo... Beh, non gli restava che andarci da solo al pub! Ma, proprio mentre si allontanava, dalla stanza accanto uscì Tasuku che, accantonata la voglia di studiare il copione, chiudeva dietro di sè la porta. Si guardarono in silenzio per una manciata di secondi, poi il più giovane lo salutò con un “ciao” e lo oltrepassò senza degnarlo di uno sguardo in più. “Ehi, aspetta!” lo richiamò Soma, facendolo voltare. “Hai da fare?” “Sto andando a imbucare una lettera” Alzò la busta che aveva in mano per farla vedere al suo interlocutore “Perché?” “Ti va di andare a bere qualcosa con me?” gli offrì Soma, sperando che almeno lui non avesse di meglio da fare. Tasuku parve sorpreso e abbandonò all’improvviso l’atteggiamento astioso che teneva, per domandare con un filo di incertezza: “Ma non avevamo litigato, io e te?” Soma si lasciò scappare una risata. “E lo chiami litigare, quello? Ma se non ci siamo nemmeno pestati!” “Pestati? Guarda che le liti si fanno anche a parole!” gli fece notare. “Sì, sì. Ma se hai il tempo di stare qui in corridoio a parlare di simili stupidaggini, puoi anche venire a bere qualcosa con me” gli mise un braccio sulle spalle da buon amico e lo condusse giù per le scale insieme a lui. Una volta spedita la lettera, dovettero decidere dove recarsi. “Allora, in che locale ti va di andare?” domandò Soma, che aveva deciso che per lui un posto valeva l’altro. Gli importava solo ubriacarsi e dimenticare quella giornataccia. “Io, veramente, non conoscono nessun posto” “Come sarebbe a dire? Non è possibile! Dove vai di solito a bere?” “Non sono mai entrato in un pub in tutta la mia vita” confessò Tasuku con un sorriso orgoglioso da boy-scout. “Eh?!” esclamò Soma, facendo voltare un paio di passanti. “Non ci posso credere!” Tasuku era arrossito, ma confermò con un cenno del capo. Ebbene sì, non era mai stato in un pub. Soma lo squadrò per un attimo, incerto se fare la fatidica domanda. Poi, finalmente si decise, nonostante temesse la risposta. “Tu, però, hai già bevuto alcolici, vero?” “Beh, no! In Giappone ai minorenni è vietato ber...” “Okay, okay, non aggiungere altro. Ma, scusami, quando ti ho chiesto di venire a bere insieme a me, dove pensavi che volessi andare? Al chiosco della limonata?” Tasuku arrossì violentemente. Beccato! Soma sospirò. ‘Ma perché l’ho invitato? Lo sapevo che è solo un bambino! Eppure oggi pomeriggio, sfoderando quella grinta, mi era sembrato più maturo! Mi sono fatto rimproverare e fare l’esame di coscienza da un bamboccio...” Scosse il capo senza speranze. “Per questa volta ti porto con me, ma solo perché si sta facendo buio e ho paura che tu sia così tonto da non riuscire a ritrovare la strada per l’albergo” Il suo fu soltanto un borbottio coperto dai rumori della strada, ma il succo del discorso venne colto da Tasuku, che ringraziò con un sorriso il suo collega. “Mmh...vediamo...ci sono! Andremo al Temple! Vedrai, ti piacerà” I due ragazzi camminarono per una ventina di minuti fino ad arrivare a un pub di dimensioni modeste, senza insegne luccicanti, ma con una scritta arzigogolata dipinta sulla porta che annunciava il nome del locale. Scesero i pochi gradini dell’ingresso e vennero travolti dal frastuono della musica suonata ad alto volume. La sala era piena di teenagers, che occupavano quasi tutti i tavoli disponibili. Soma si guardò intorno e, a fatica, ne scovò uno ancora libero e fece segno a Tasuku di andare a prendere posto là. Non ebbero il tempo di sedersi che una cameriera degli improbabili capelli arancioni che masticava a bocca aperta un chewing-gum verde arrivò da loro per prendere le ordinazioni. “Io prendo un rum e cola” disse Soma, che pensava già a che cosa avrebbe ordinato in seguito. La cameriera si girò a guardare Tasuku che, candidamente, chiese un succo di frutta al mandarino. La ragazza lo squadrò come a volergli dire che non aveva nessunissima intenzione di farsi prendere in giro, ma al povero Tasuku non sembrava che la sua richiesta fosse strana: il succo al mandarino era così buono! Fortunatamente venne Soma in suo aiuto: “Il mio amico prende una birra media” La ragazza segnò le ordinazioni sul suo taccuino e scomparve per un secondo tra la folla, da cui riemerse solo pochi attimi dopo con ciò che avevano chiesto. “Veramente a me non piace la birra...” provò a dire Tasuku. “Ma se non l’hai mai assaggiata! Dai, butta giù un sorso!” lo incitò Soma. Tasuku guardò di traverso il bicchiere, ma non lo toccò. “Senti, ma come mai ci servono alcolici senza fare storie? Non potrebbero. Siamo minorenni” “Beh, è semplice: siamo carini” rispose buttando giù un sorso di rum e cola. Tasuku lo guardò senza capire. “Siccome siamo belli, la cameriera non fa storie. Forse pensa che dopo il turno potrà fare quattro salti con noi” “Q...quattro salti? Ma io non voglio!” esclamò il ragazzo, ripensando con disgusto al chewing-gum verde della cameriera maleducata. Soma scoppiò a ridere. “Non ho mica detto che ci dovrai andare a letto! Beh, comunque ti avviso che io sono qui per ubriacarmi, quindi, o mi fai compagnia, o mi passi quella birra” Tasuku fece scivolare il boccale verso di lui e, con il viso appoggiato al palmo della mano, lo osservò trangugiare la birra scura. Avrebbe voluto parlare invece di aiutarlo ad ubriacarsi, ma non sapeva da dove cominciare. Dopotutto loro due non avevano mai passato del tempo insieme al di fuori delle ore sul palco o sul set. Stava tentando di farsi venire in mente qualcosa, quando Soma lo precedette. “Allora, con il copione come va?” “Mmh...così così. Non mi piace tanto il mio ruolo” “Beh, ti è stato affidato perché sembri più giovane della tua età” rispose Soma mentre chiamava di nuovo la cameriera e ordinava altra birra. “Anche tu pensi che io sia un moccioso?” domandò Tasuku con uno sguardo torvo. “Beh, sai, a volte lo penso perché sei troppo sensibile e non ti imponi mai. Però oggi, quando mi hai risposto per le rime, devo ammettere che mi hai lasciato di stucco. Dovresti tirare fuori la grinta un po’ più spesso” “Non posso farci niente se sono fatto così. È il mio carattere e non lo posso cambiare” disse ad occhi bassi. “Ma io non ho mai detto che dovresti cambiarlo, sai?” ribattè Soma da dietro il boccale quasi vuoto. Tasuku lo sentì e non potè impedirsi di arrossire. Nonostante le luci basse, Soma se ne accorse e cambiò subito discorso. “Posso chiederti per chi era la lettera che hai spedito prima?” “È per una ragazza” borbottò. “Quella di cui sei innamorato?” Tasuku assunse un colorito bordeaux a causa dell’imbarazzo. “No, no! È per una fan!” Soma alzò il sopracciglio chiedendogli di spiegarsi meglio. “Mi ha scritto e io le ho risposto” “Cosa?” domandò Soma, che non rispondeva nemmeno ai biglietti che gli inviavano i suoi compagni durante le lezioni. Figurarsi se aveva mai scritto ai fan! “Sì, io rispondo a tutte le ragazze che mi scrivono” Soma rimase in silenzio per qualche attimo, per poi domandare quante ragazze gli scrivessero in un mese. “Mmh...circa centocinquanta” Gli andò di traverso la birra. Centocinquanta?! Lui non aveva mai contato le missive delle fan, ma sicuramente non arrivavano a quel numero! ‘Hai capito il piccolo Tasuku? Se ne sta zitto zitto, ma nel frattempo ci ruba tutte le ragazze...’ pensò guardandolo di sottecchi. L’altro, però, notò il suo sguardo e si affrettò ad aggiungere: “Non farti strane idee. Rispondo solo per gentilezza, non voglio ottenere niente. Dopotutto loro comprano i nostri cd, vanno a vedere i nostri film e in cambio chiedono solo qualche riga. Sono talmente carine da inserire nella busta persino un francobollo per la risposta!” Soma era esterrefatto: non conosceva questo aspetto di Tasuku (per la verità non ne conosceva molti...). Sapeva che era premuroso e gentile...ma non pensava che sarebbe arrivato a rispondere a centocinquanta ragazze al mese per evitare che ci rimanessero male! Era sorprendente. Gli scappò un sorriso. “Perché ridi? Pensi che sia scemo?” domandò Tasuku con le guance imporporate. “No, anzi. Credo che tu sia molto kawaii” ammise con un altro sorriso. Tasuku, per tutta risposta, arrossì più intensamente e, con uno scatto, afferrò il nuovo boccale di birra che la cameriera aveva pochi minuti prima lasciato al loro tavolo e buttò giù tutto d’un sorso il contenuto del bicchiere. “Ehi, ehi! Ti sei deciso finalmente?” Tasuku era un po’ scosso: la birra era amara e aveva un sapore completamente nuovo per lui...ma era buona! Senza preamboli afferrò anche l’altro boccale e lo bevve senza tanti complimenti. Soma era felice di non essere il solo a bere, così non fece altro che incoraggiare Tasuku. Il risultato fu che, un’ora dopo, Soma, che reggeva troppo bene l’alcool, si lamentava di Tasuku, al quale girava la testa e che quindi doveva essere riaccompagnato a casa. Come se non bastasse, Tasuku era uscito senza un soldo e aveva dovuto pagare tutto Soma. Così, i due si avviarono verso casa. O meglio: Soma si avviò verso casa e trascinò con sé Tasuku, che borbottava cose senza senso dovute alla troppa birra. Una volta giunti all’hotel, Soma si ricordò di non aver ritirato la chiave della camera di Tasuku alla reception e l’ultima cosa di cui aveva voglia era farsi un’altra rampa di scala in discesa e replicarla in salita (proprio in quei giorni l’ascensore doveva essere fuori servizio?), così trascinò il ragazzo nella sua stanza e, dopo avergli sfilato le scarpe, lo sistemò sul divano, intenzionato a fargli passare la sbronza lì. Soma si cambiò e, nonostante non fosse tardi, si sentiva davvero stanco, così decise di mettersi a letto. Ma, non appena si coricò, sentì dei rumori e, giratosi su un fianco, accese l’abat-jour e vide Tasuku che barcollava verso di lui, cercando qualcosa di più confortevole del divano. Si gettò sul letto accanto a lui e gli rubò il cuscino senza troppi complimenti, mettendosi a ronfare beato come un bambino. Soma, contrariato, gli si avvicinò per riprendersi ciò che era suo di diritto (il cuscino!), ma il suo respiro si fermò nel vedere il viso rilassato di Tasuku che si godeva il sonno: le ciglia lunghe adornavano le palpebre chiuse, il fiato caldo gli sfiorava la pelle del collo, le guance erano arrossate dall’ubriacatura, le labbra leggermente socchiuse. Tutto era perfetto. Armonico. In quel momento gli parve di capire le centinaia di ragazzine che stravedevano per Tasuku: non era solo carino, era bello. Forse fu per l’alcool che Soma si chinò su di lui e gli sfiorò le labbra con le proprie. O forse era solo un ringraziamento per aver movimentato la sua serata di solitudine. Ma quel che è certo è che un bacio, per quanto piccolo, innocuo, rimane un bacio. Soma ebbe appena il tempo di accorgersi di quanto aveva fatto, che Tasuku aprì gli occhi e, dopo aver scambiato uno sguardo intenso con lui, alzò il viso e premette la bocca su quella dell’altro. Soma, decisamente più sobrio, avvertì il tentativo di bacio e si sporse maggiormente su di lui, socchiudendo le labbra al premere della lingua inesperta di Tasuku. Si scambiarono un bacio inizialmente incerto, ma che si fece a poco a poco più profondo, più sicuro. Soma non poteva crederci: stava baciando un ragazzo, Tasuku! Non gli faceva schifo. Gli elettrizzava la spina dorsale. E non solo. ‘Sono ubriaco, sono ubriaco, sono ubriaco...’ Ma Tasuku doveva esserlo molto più di lui, dato che, appena si staccarono, il ragazzo ripiombò in un sonno profondo, come se non fosse successo niente. Soma, indispettito, lo scrollò più volte, ma non ottenne alcun risultato. Insomma, come poteva baciarlo e fare finta di niente?! Avendo capito che non avrebbe ottenuto niente dal “cadavere ronfante” di Tasuku, si girò sull’altro fianco e, con un braccio piegato sotto la testa, cercò il sonno, che non tardò ad arrivare e che lo abbandonò solamente verso le nove della mattina seguente, quando sentì un tonfo. Ancora intontito, si sporse dal letto e trovò Tasuku che, lungo disteso sul pavimento, si stropicciava un occhio. A quella visione Soma si riebbe di colpo per due motivi: a) si ricordò quanto successo la sera precedente (saliva inclusa) b) un pensiero gli attraversò il cervello dandogli una scossa: “Quanto è kawaii!” Scrollò la testa per riprendersi un po’ di dignità (sempre che ne fosse rimasta ancora) e domandare: “Ohi, cadi dal letto alla tua età?” Tasuku lo guardò con gli occhi enormi. Era evidente che non sapeva che cosa dire. ‘Chissà se si ricorda di ieri sera?’ si chiese Soma. “Che cosa ci facevamo nello stesso letto?” la voce gli tremava leggermente. ‘Bene! Io mi ritrovo a provare desiderio sessuale nei confronti di questo qui...e lui si schifa anche solo di sapere che abbiamo dormito vicini! Direi che meglio di così...ehi, un attimo! Ho pensato <desiderio sessuale>?! Oh, Kami sama!!’ A questi pensieri Soma si diede una manata in fronte. “Eri ubriaco. Non avevo la chiave della tua camera, così ti ho fatto dormire qui. In realtà ti avevo messo sul divano, ma tu hai barcollato fino a qui e ti sei preso il mio cuscino” spiegò, indicando il guanciale che l’altro stringeva ancora a sé. Tasuku diventò completamente rosso (‘Ma guarda com’è kawaii anche quando arrossisce’) e si scusò tantissimo: “Mi dispiace! Io...non avrei dovuto bere! Non pensavo che sarebbe finita in questo modo!! Io...oh, perdonami! Non accadrà mai più!” “Guarda che non abbiamo fatto niente. Non ti ho mica violentato” Tasuku si bloccò, diventando ancora più rosso, se possibile. Soma trovò la sua espressione buffa e non potè non ridere. Dopo quell’attimo di ilarità, però, assunse un tono serio. “Beh, a voler essere sinceri, qualcosa è successo” Tasuku lo guardò con gli occhi attenti, deglutendo. “Ci siamo baciati” La respirazione di Tasuku si bloccò e rimase a bocca spalancata per un buon minuto, per poi scoppiare con un “Cosa?!”. Soma, riscoprendo la sua audacia perduta, bisbigliò: “Guarda, abbiamo fatto così” Con un movimento rapido scese dal letto e, avvicinato Tasuku, lo baciò sulle labbra, inumidendole con la lingua. Dopo un’iniziale resistenza da parte dell’altro, Soma riuscì ad approfondire il bacio, coinvolgendo completamente anche Tasuku, che si muoveva con lentezza nella sua bocca, come se assaporasse ogni sua parte. Dopo la dimostrazione pratica gentilmente offerta dalla ditta Soma, Tasuku non riuscì a parlare per un paio di minuti, ma si limitò a prendere fiato e a tenere lo sguardo basso. Poi, lo alzò e, fissatolo in quello di Soma, disse: “Ci siamo baciati...davvero?” “Beh, sai, io a casa mia una cosa del genere la chiamo bacio” Tasuku aspettò un attimo, poi continuò. “Ma non ti ha fatto...schifo?” “Mi è piaciuto” sorrise Soma. “Era...il mio primo bacio” arrossì Tasuku. “Sei triste di averlo dato a me?” gli chiese Soma, depositandogli un bacino sulla guancia. “No...” “Allora ti va di baciarci un’altra volta?” Fu così che iniziò una lunga serie di baci tra i due protagonisti. Sembravano felici insieme, ma nelle storie c’è sempre un momento in cui qualcuno minaccia la serenità appena conquistata, così arrivò il giorno in cui Azuki tornò da Okinawa e si recò alla sala di incisione in cui i Romeo Ex stavano registrando il nuovo singolo. Durante una pausa, la produttrice fece un cenno a Soma, che si allontanò in corridoio insieme a lei, seguito dallo sguardo preoccupato di Tasuku. “Allora, Soma, hai pensato a quello che ti ho detto?” “Sì, Azuki, ci ho riflettuto su e trovo che quello che mi chiedi sia molto ingiusto. Insomma, sei stata tu a spingermi verso questa strada ed ora non te ne puoi lamentare” “Cosa stai cercando di dirmi?” “Che non ho nessuna intenzione di lasciare i Romeo Ex” Azuki si rabbuiò. “Scusami, Soma” gli afferrò una mano, mentre lacrime calde nascevano ai lati dei suoi occhi “Scusami. Chizuru mi aveva detto di provare a vedere la tua reazione, quindi ti ho provocato, ma non voglio che ci lasciamo sul serio. Chizuru mi aveva detto che non le sembrava che il tuo lavoro ti piacesse sul serio, quindi mi ha chiesto di fare una prova. Ti giuro che l’ho fatto solo per questo. Lo sai che non ti chiederei mai una cosa simile! Ti prego, scusami” Soma rimase in silenzio un attimo, pensando che se avesse risposto come voleva Azuki allora sarebbe stato un altro paio di occhi a velarsi di lacrime. “Ti scuso per avermi preso in giro e avermi messo alla prova su una cosa tanto stupida. Ma quanto successo mi ha fatto pensare a noi e in questi giorni sono stato con un’altra persona; una persona che avevo vicino ma non conoscevo e che ho imparato ad apprezzare in poco tempo, ma in maniera totale. Questa persona non mi porrebbe davanti ad una scelta simile nemmeno per “prova”, Azuki, perché ci tiene davvero a me. E io tengo molto a lei, quindi accetto le tue scuse ma non posso ritornare a stare con te” “Ma com’è possibile? Io sono stata via solo pochi giorni! Io...” “Mi spiace, Azuki, non so nemmeno io come sia potuto succedere, ma è successo e ringrazio Kami per questo. Ora, se vuoi scusarmi, devo tornare in sala di incisione, produttrice” le diede un bacio sulla fronte e si allontanò. Quando svoltò l’angolo del corridoio, trovò Tasuku con il volto sorridente. “Ho origliato tutto, mi dispiace” confessò, anche se non sembrava particolarmente convinto. “Se me lo dici con quel sorriso, non posso rimproverarti” Si scambiarono un bacio a fior di labbra e Soma lo avvolse in un caldo abbraccio. “Soma, devi ricordarmi una cosa” “Dimmi pure” “Quando incontrerò la signorina Chizuru devi ricordarmi di chiederle un autografo!”.
Owari
Ahhh!! Per fortuna è finita!! È stata una vera faticaccia, sai, Cami-chan? Scusami se non è bellissima e se te la faccio leggere con un ritardo mostruoso, ma l’ispirazione proprio non voleva saperne di lavorare a questo pairing! Spero che ti sia piaciuta lo stesso!! ^^ Buon compleanno!! ^*^ Adesso mi metto a lavorare sulla GojyoxHakkai, ma non prima di aver gridato: LO SPLENDORE DEL SIGNOR ROSIEL NON SI OFFUSCHERÀ MAI!! (e non dite che non c’entra niente perché il Signor Rosiel c’entra SEMPRE! ^^)
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