Goccia di stella

Parte III

di Hymeko

L’odore delle macchine lo circondava, leggero ma non del tutto gradevole. Neven si stiracchiò, massaggiandosi le spalle ferite da decine di spilli invisibili, inesistenti aghi piantati in profondità nella sua carne. Non aveva mai assaggiato prima la vera spossatezza, ai robot il compito di faticare per lui. Tutto ciò che aveva fatto di stancante, sul pianeta dove aveva vissuto, era la conseguenza di una sua decisione. La sua volontà di fare una gita lontano, o una lunga nuotata, aveva sfinito il suo corpo.
In quell’occasione, però, era la mente ad essere sotto pressione. Certo, c’erano programmi che lavoravano per lui, ma era suo compito sorvegliarli.
’Mi spiace per gli altri, ma mi sto davvero divertendo’
Dopo quel pensiero si rimproverò: non poteva permettersi alcuna distrazione, la fiducia del Comandante e di tutta la squadra doveva essere ripagata! Soprattutto in quella situazione d’emergenza.
Una strana intossicazione aveva colpito l’equipaggio: nel budino di zenzero e petali di camelie canditi, il suo preferito, era stato trovato un bacillo piuttosto raro, ma quasi innocuo. Causava dolorosi spasmi dei muscoli degli arti, lunghi crampi in grado di piegare anche il più massiccio dei militari. Fortunatamente non attaccava i muscoli che si contraevano autonomamente, come il cuore o quelli che governavano le palpebre, ma lo sfortunato colpito era costretto a passare almeno tre giorni in infermeria, nel migliore dei casi.
La dottoressa Abilene era la più stressata di tutti: non solo si doveva occupare dei malati, ma aveva anche il compito di analizzare tutto il cibo della mensa, e scoprire come mai il bacillo avesse colpito solo il dolce.
Da quello che aveva saputo, il fatto aveva avuto il privilegio di riuscire a far infuriare il Comandante, che aveva minacciato di buttare il responsabile nella fornace quantica, appena fosse stato trovato.
’Meno male che non ero in plancia, quando l’ha scoperto’
Mentre il Comandante sfrigolava come acqua gelida su una piastra rovente, spaventando tutti i suoi ufficiali, lui era in infermeria, al capezzale di Daleth. Il suo amico era stato il suo involontario salvatore…anche se non gli faceva certo piacere vederlo in preda ai crampi, Neven trovava quella storia davvero buffa.
Daleth gli aveva tenuto indietro un bicchiere di budino, l’ultimo rimasto quel giorno. Ma lui, ammaliato dalla visione di panorami infuocati della nebulosa ∂ del sistema stellare di Kaiya, aveva fatto tardi a cena, dove si erano dati appuntamento. E l’amico, irritato, come punizione aveva deciso di mangiarsi il suo dolce. Senza sapere che fosse contaminato.
’Povero Daleth…’
Stavano tornando assieme ai loro alloggi, quando l’amico aveva iniziato a star male…sotto i suoi occhi si era accasciato contro il muro, incapace di reggersi in piedi. Con vergogna, ricordò come si fosse fatto prendere dal panico, incapace di reagire a quella situazione totalmente nuova. Era stato Daleth a gemere il nome della dottoressa, e lui allora aveva usato la sua piastrina per chiamarla…lei era arrivata correndo, trascinandosi dietro due robot di supporto. Diventando subito bianca in viso, nel vedere Daleth a terra, la testa appoggiata alle sue ginocchia. Col suo aiuto, l’avevano caricato su una barella, ed erano corsi via verso l’infermeria.
Ridacchiò…ora che sapeva che non era nulla di grave, poteva permetterselo. Ma i primi momenti erano stati davvero critici. Aveva avuto paura di perderlo…non era pronto ad affrontare la Morte. Non aveva mai veramente pensato alla Sua esistenza.
"Oh…ha già finito?"
Spense i computer che stava controllando, e iniziò a verificare i successivi. Stava lavorando…proprio lui, naufrago delle stelle, aveva un’occupazione. Tutto grazie a quell’intossicazione: molti tecnici erano a riposo, però la nave non poteva arrestarsi. Già avevano subito malfunzionamenti e ritardi, in parte a causa sua…ma nonostante la crisi, i passeggeri non dovevano notare alcuna differenza.
Così lui, ultimo arrivato ma con un certa dimestichezza di robot e computer, era stato arruolato nel reparto trasmissioni, per un compito facile ma indispensabile: controllare che tutti i sistemi di comunicazione dei ponti viaggiatori verso l’esterno funzionassero senza problemi. In teoria non avrebbero dovuto esserci anomalie, ma capitava sempre un passeggero che si metteva a pasticciare con le impostazioni. Il suo dovere era di pulire tutto, riordinare e infine lanciare il programma di ripristino. E di creare immediatamente una lista da consegnare ad Adei, con segnalato ogni eventuale problema. Fino ad allora non ne aveva riscontrati, per fortuna…al povero ingegnere il budino di zenzero e petali di camelie piaceva persino più che a lui, e se ne era mangiati tre…
Sbadigliò, bevendo un po’ di cioccolata calda. Una delle delizie portate dal commercio intergalattico. Aveva bisogno di tutte le sue energie, aveva ancora apparecchi in gran quantità da controllare. Il ponte di seconda, il meno problematico, era quasi finito, ma quello di prima- pieno di pseudo esperti in comunicazioni spaziali- lo attendeva impaziente.

"Come stai?"
"Lascia perdere. Ho una gran voglia di strapparmi gambe e braccia, se lo vuoi sapere"
Konoe sospirò, preoccupato. In parte per le condizioni di Daleth, in parte perché Neven era scoperto. Costretto a letto, il ragazzo stava forzatamente venendo meno al compito di vegliare su di lui. L’essere anche diventato suo amico era stata una pura casualità.
"Lo so a che stai pensando, ma non preoccuparti, non accadrà nulla"
"Daleth…"
Il giovane scosse la testa:
"Ho verificato, ci sono solo i soliti trasmettitori, che sono sotto il mio controllo. Adei è messo molto peggio di me, avrò ripulito tutto prima che possa scendere dal letto. L’area è pulita. Niente microspie o simili. Possiamo parlare"
Il militare lo fissò imperturbabile:
"Come fai a sapere che non gli succederà qualcosa, mentre noi non siamo con lui?"
Penando, Daleth si girò su un fianco, mostrando gli aghi anestetici che Abilene gli aveva piantato nella gamba che più gli faceva male:
"Il Comandante è furioso, e si è interfacciato con tutti i punti di osservazione della nave. Lo sapresti anche tu, se non avessi passato la giornata come un gatto rabbioso, a pensare a cosa potrebbe accadere a Neven"
"…è quello per cui siamo qui"
"Veramente il nostro compito è proteggerlo, non tentare di immaginare come verrà attaccato…se questo accadrà, poi"
All’occhiataccia dell’amico, Daleth si morse un labbro, rimpiangendo l’anestetico che lo rendeva sventato…
"…comunque il Capitano ha tutta la nave sotto controllo. Anche noi adesso…i miei saluti, signore"
Anche Konoe salutò il nulla, e si rilassò un po’:
"Sicuramente ha gli occhi puntati su Neven. Se dovesse essere in pericolo…"
L’altro scosse la testa:
"Non accadrà nulla: tutto l’equipaggio è al corrente della furia del Comandate. E dato che è sicuramente stato uno di noi, a contaminare il budino, non farà una mossa finché la situazione non si sarà un po’ calmata"
Konoe si tolse gli occhiali, massaggiandosi gli occhi:
"Ho controllato i filmati della cucina: troppa gente è passata vicino agli ingredienti, per comprendere chi sia stato. Compresi Neven, Abilene, Adei, Asha e io stesso…inoltre, quel bacillo è raro ma non introvabile, con un po’ di ingegno chiunque ne potrebbe ottenere delle dosi. Siamo al punto di partenza"
"Creerò un programma e passerò al setaccio ciò che abbiamo, penso che il Comandante mi concederà un po’ di spazio di Arkhie. Ma Konoe…è sicuro che l’obbiettivo fosse davvero Neven?"
"Ne ho parlato col Capitano, e da qualsiasi punto guardassimo la situazione, la conclusione era quella. Primo, perché ci sono state moltissime altre occasioni di manomettere il cibo, prima del suo arrivo. Ma non è mai successo nulla. Secondo, il budino era l’unico, fra i cibi proposti, che avrebbe mangiato di sicuro. Solo un caso gli ha impedito di non essere steso al tuo posto. Terzo…la volontà di far del male ma non uccidere. Di conseguenza, di debilitare per qualche tempo. Tu e lui avete girovagato un bel po’, e Neven è entrato in contatto con sistemi di comunicazioni che gli erano inimmaginabili. Crediamo che lo scopo fosse appunto tenerlo lontano per un po’ da computer o simili, infatti tutto questo è accaduto proprio dopo la sua acquisita possibilità di comunicare. È possibile che qualcuno abbia saputo del suo ritorno, e stia tentando di contattarlo…"
"Tipo i suoi genitori?"
Daleth si mise a sedere, imprecando in tutti i linguaggi conosciuti contro la sua malsana idea di mangiarsi il budino…
"Non lo sappiamo, meglio non saltare a conclusioni affrettate. Quell’impulso che hai captato subito dopo il suo arrivo sulla nave, era di certo un ordine per iniziare le operazioni. E quindi, questo attacco"
"Konoe…per caso è per facilitargli il contatto con degli esterni, che è stato messo a lavorare sui computer dei due ponti?"
"Sì. Anche. L’altro è che ci serviva qualcuno che li riordinasse. E per dimostrare all’attentatore che non abbiamo timore di lui"
Con un lamento, il ragazzo affondò nel materasso:
"Neven…chi sei in realtà? Novità del Controllo Galattico?"
Konoe scosse il capo:
"Non c’è traccia di lui nelle comunicazioni. Non ne parlano dal messaggio in cui lo dichiaravano naufrago e ordinavano di portarlo lì. Forse davvero non ne sanno nulla"
"E se invece…fosse qualcuno all’interno del Controllo?"
Il militare scollò le spalle:
"Da qua non potremmo farci nulla"
Daleth si massaggiò una tempia, il mal di testa che iniziava a farsi sentire:
"Non so, non mi torna, mi sembra tutto così vago…non riesco a convincermene"
"Che fosse lui il bersaglio, o il motivo?"
"Tutti e due. Mi spiace, ma io non ci vedo questa gran certezza. Potrebbe essere solo un caso…"
Konoe si alzò, sistemandosi le ciocche di capelli:
"Lo spero…anche se il mio intuito in queste cose non sbaglia, dovresti saperlo. Puoi tentare tu a dare una spiegazione a questa sofisticazione"
Si guardarono. Poi Daleth azzardò una critica:
"Konoe…non è che sei tu a desiderare che sia in pericolo, per potergli stare accanto? È innegabile che lui eserciti un certo ascendente, su di te"
La risposta del militare fu bloccata dalla porta, che si aprì con un sibilo, permettendo l’ingresso di una Abilene piuttosto stanca:
"Konoe, come mai qui?"
L’altro si spostò, permettendole di controllare il malato:
"Pura visita di cortesia"
"Non dovresti far faticare così il paziente"
Daleth si ribellò, mentre lei preparava una nuova dose di medicinale:
"Non dire così Abi, mi sembra di essere in fin di vita!"
"Non nella mia infermeria! Vai da un’altra parte a dire certe cose!"
Ridacchiando, la donna fece l’occhiolino a Konoe, che alzò le mani, per non essere tirato in mezzo.
"Sì sì, ditelo che vi siete alleati contro di me. Dì un po’, Abi, non è che sei stata tu a contaminare il cibo, così potevi divertirti a torturare noi pazienti? È tanto che non avevi nessuno da vivisez…ahiaaa!!!!!!!"
Abilene sorrise, ringhiando:
"Questo è per aver osato insinuare che la colpevole sia io…"
"Ritiro tutto ritiro tutto!!! Tu sei un angelo!!!"
"Bravo bimbo!"
Una pacca come ultima punizione, e Daleth si ritrovò piangente a stringere il cuscino, mentre la dottoressa canticchiava tutta soddisfatta…Konoe sgattaiolò via, incapace di smettere di pensare ai pericoli che gravitavano attorno all’ignaro Neven…

"Ciao"
Neven picchiettò sulla tastiera, determinato a risolvere quel problema senza chiedere aiuto.
"Ehi?! Ciao"
’Perché non ci riesco? Dove sto sbagliando?’
"Ciiiaaaaoooo"
La sua mano si allungò automaticamente alla torretta, e in preda al nervosismo le diede una gran manata. Stranamente, il problema si risolse.
"Allora aveva ragione Asha…un po’ di buone maniere risolvono tutto!"
"Quindi io dovrei prenderti a sberle per avere la tua attenzione?"
"Ma…"
Neven si girò di scatto, trovandosi a fianco un ragazzo sconosciuto, che lo osservava ridacchiando.
"…ah…io…cioè…"
"Ah ah ah ah…scusami, non volevo spaventarti. Ma dato che non mi ascoltavi, non sapevo che fare"
"Io…"
Stava avvampando, lo sentiva. Ma non aveva idea di come comportarsi: era la prima volta che un passeggero di prima classe si rivolgeva a lui! Di solito lo oltrepassavano quasi fosse invisibile, in quanto membro dell’equipaggio probabilmente pensavano facesse parte dell’arredamento…
"Non ti ho mai visto prima. Non eri schierato all’accoglienza, il giorno in cui siamo saliti a bordo"
’Aiuto…’
Chi era quello? E che voleva da lui?
"Io sono…ehm…l’ultimo arrivato"
"Dai?"
Lo sconosciuto giocherellò con una delle ciocche che gli sfuggivano dalla coda lasciata morbida:
"E ti hanno già messo a lavorare in prima classe?"
’Ma mi vuol fare un terzo grado?’
"Sì…questo è un lavoro noioso, per questo ci sono io"
"Ah…eppure a te sembra piacere"
’Konoe Daleth Comandante Asha Abilene qualcuno me lo levi di torno!!!’
"…faccio esperienza. Comunque scusami se ti ho disturbato mentre eri alla tua postazione, me ne vado subito. Posso finire dopo"
Si alzò in fretta e furia, e iniziò a radunare le memorie olografiche che contenevano i programmi. Con la coda dell’occhio poteva vedere l’espressione sbalordita del suo interlocutore, che non sapeva cosa dire, di fronte alla sua fretta.
’Ben ti sta, così impari a far tutte quelle domande!’
Era quasi riuscito a ammucchiare tutto, quando l’altro finalmente ebbe ritrovato la prontezza:
"Scusa scusami aspetta, non te ne andare, per favore"
Neven rallentò un attimo, concedendosi un momento per guardarlo. Sembrava avere un paio di anni più di lui, sicuramente era più giovane d Konoe, e probabilmente anche di Daleth.
"Sì?"
rispose formale e staccato, come aveva visto fare dagli altri dell’equipaggio.
"Ahhh ho combinato un pasticcio, lo diceva sempre la mamma che non so trattare con le persone. Senti, che ne diresti se ripartissimo da capo?"
’Ripartire cosa?!’
"Ehm…"
Lo sconosciuto si alzò, e si presentò con un piccolo inchino:
"Mi chiamo Julien, vengo dal pianeta Ramio, e non avevo alcuna intenzione di disturbarti o farti interrompere il lavoro"
"Ah…io…"
"Per cui ti prego non te ne andareeee!!!"
A mani giunte lo pregò di rimanere lì, sfoderando la sua miglior espressione da cucciolo abbandonato:
"Non ti darò più fastidio lo prometto!!!"
"…no?"
"No no"
Il ragazzo scosse la testa, come un bambino che prometta di non fare più il cattivo, e lo guardò con due occhioni da cagnolino in cerca d’affetto…Neven si lasciò cadere con cautela sulla poltroncina, appoggiando di nuovo lo zaino. Ma, senza che l’altro lo vedesse, estrasse la piastra per le comunicazioni…come gli aveva raccomandato Daleth, aveva associato a un tasto la chiamata d’emergenza. Se le cose si fossero messe male, probabilmente sarebbe arrivato tutto l’equipaggio, in suo soccorso.
"Va bene…ti spiace se vado avanti a lavorare, allora?"
Julien scrollò ancora la testa, la capigliatura che stranamente lo rendeva simile a un animaletto scodinzolante…Neven contrasse le sopracciglia, e riprese il lavoro da dove l’aveva lasciato, concentrandosi sullo schermo benché non ce ne fosse bisogno, dato che il programma non aveva più problemi.
"A te spiace se ti guardo mentre lavori?"
L’altro per poco non cadde dalla sedia, come uno di quei frutti troppo maturi che si abbattevano a terra…tentando di non apparire scosso, si voltò verso di lui:
"Ehm…come mai sei tanto interessato a queste operazioni? Sono normale routine"
Si chiese se dovesse usare un tono più formale, dato che lui era dell’equipaggio e Julien della prima classe, ma l’altro non sembrava disturbato:
"Oh, ma quelle non mi dicono nulla. Sei tu che mi interessi"
Nessuno era mai riuscito a pietrificarlo da quando era lì. Ma Neven si sentì di marmo:
"Scusa?"
balbettò, mentre tutti i discorsi di Daleth sull’amore e simili gli frullavano il cervello.
Julien intrecciò le dita dietro la nuca:
"Sei l’unica persona un po’ intrigante che abbia incontrato da quando sono qua. Il ponte di prima è pieno di vecchiacci pieni di puzza sotto al naso; mentre se vado in quello di seconda mi guardano male perché ho la spilletta verde al posto di quella blu. Tu sei il primo che non solo mi abbia ignorato perché troppo impegnato nel lavoro, ma che mi abbia anche trattato da pari a pari"
Neven chiuse la bocca di scatto, incredulo.
’Ma chi è questo?’
Sotto la spilla tonda e verde, che indicava un passeggero di prima classe, c’era la targhetta del nome. Ma vi erano riportate due lettere, non una: J. S.
"Scusa…per cos’è la S accanto alla J?"
"Vedi perché mi piaci? Nessun altro me l’ha chiesto! Sei il solo che abbia avuto il fegato di mostrare la tua curiosità!"
’Veramente non mi sembra una cosa tanto coraggiosa’
Ma forse faceva parte di quel rispetto per la persona di cui tanto gli aveva parlato Abilene…senza che lui, in effetti, ci avesse capito molto.
’Chissà se lei troverebbe scortese ciò che ho fatto. Ma a Julien sembra aver fatto piacere’
"Davvero?"
Di nuovo le conseguenze del suo isolamento forzato si facevano sentire…era così ignorante di tutte le usanze esatte…
"Già, anche se un po’ mi vergogno della risposta che devo darti"
"Ah…perdonami se ti ho fatto questa domanda"
Sperava di aver rimediato…doveva imparare a stare al suo posto, non era ancora in grado di interagire con i passeggeri della nave.
Ma Julien rise:
"No no, non preoccupati, sono io che mi devo fare forza. La S sta per Sorel. Julien Sorel. Come vedi, porto il fardello di due nomi. Che strano, eh?"
"Già…"
Era la prima volta che incontrava una persona con due nomi. Per ragioni che spaziavano dalla semplicità allo smisurato ego derivante dal senso di totale possesso su un nome, era un solo appellativo a designare la persona. Due…era il retaggio di un passato ancestrale.
"Posso sapere il tuo nome, ora?"
Julien appoggiò un gomito al tavolo, posando poi il mento sul palmo della mano, contemplandolo con aria sognante…Neven sentì un velo di rossore salirgli sulle gote, nessuno lo aveva mai guardato così:
"Neven. Solo Neven. Vengo da un pianeta tralasciato persino dalle mappe stellari, quindi è meglio lasciar perdere"
"Uhm…bene, Neven da un posto dimenticato…vogliamo essere amici?"
"A…mici?"
’Ma è normale fare amicizia così?’
"Sì, lo so che sei impegnato col tuo lavoro e che sono un passeggero quindi l’area in cui posso stare è limitata, ma come ti dicevo non ne posso più di questi riccastri barbosi…"
"Ma anche tu sei un passeggero di prima"
gli fece notare Neven, tentando di guadagnare qualche secondo.
"Chi, io?"
Julien scrollò le spalle:
"Fino a tre mesi stellari fa ero un apprendista muratore. Poi ho vinto un sacco di soldi a una lotteria, ed eccomi qui. Ma ti giuro che non ne posso più di questa gente. Mi sembra strano che mangino cibo come il mio, e non denaro"
"Ah sì?"
Neven lo guardò meglio, indeciso. A prima vista Julien sembrava un giovane come gli altri, ma praticamente tutti gli avevano raccomandato di non fidarsi mai delle apparenze.
"Infatti…speravo proprio di trovare una persona come te"
"…non mi starai mettendo su un piedistallo senza neppure conoscermi?"
Eppure gli faceva piacere sapere che poteva interessare a qualcuno anche solo per il suo aspetto…la parte più vanitosa di lui, sconosciuta e sempre rimasta in disparte, si gonfiò d’orgoglio.
"Nnaaaahhhh…saresti già potuto andar via, eppure sei ancora qui che mi sopporti…minimo sei un ragazzo gentile. Il resto mi piacerebbe scoprirlo"
Si guardarono un attimo. Poi entrambi scoppiarono a ridere.
"Riesci sempre a ottenere tutto quello che vuoi, Julien?"
"Solo quando mi importa davvero"
L’altro sospirò, alzando le mani in segno di resa:
"Hai vinto tu, allora…"
"Amici?"
Gli occhi di Julien, profondi e insondabili, si riempirono di stelle:
"Davvero???!!! Aaaaaaaaaahhhhhhhhhh Neven!!!"
Senza preavviso, Neven si trovò il nuovo amico appeso al collo, e le sue mani che gli davano possenti pacche sulla schiena. Non sapeva se quello fosse il suo modo di ringraziarlo, o di esprimere la sua felicità, ma…gli stava proprio facendo male.
"Ehi calmo così mi spedisci da Abi!!!"
"E chi è Abi?"
domandò Julien, fermandosi e staccandosi da lui, senza però lasciargli le spalle.
"È la responsabile del centro medico della nave"
L’altro si grattò la testa, l’espressione un po’ spaesata:
"La ragazza muscolosa vestita da militare?"
"No. Credo tu ti stia confondendo con Asha"
"Uhm…non dirmi che è la bionda"
"In effetti…"
ridacchiò fra sé…Abilene era davvero una persona splendida, non solo esteriormente.
"Già già…troppo appariscente per i miei gusti?"
"Scusa?!"
Neven lo guardò pietrificato: per lui era impossibile giudicare la dottoressa troppo appariscente.
"…a te piace?"
Julien lo guardò di sottecchi, con fare investigativo.
"Eh…sì, perché?"
Non capiva…non capiva proprio niente di quel nuovo arrivato nella sua vita!!!
"Mi ci vedi biondo?"
Neven quasi diede una capocciata al tavolo: senza alcun motivo apparente, Julien si era slegato i capelli, e li aveva sollevati sopra la nuca, come in alcune foto di donne in bikini o meno, che aveva visto sui calendari vicino alla fornace quantica.
"Potrei farmi dei colpi di sole"
borbottò fra sé, specchiandosi su uno schermo spento.
"Ma perché mai dovresti farlo???!!! Vai benissimo così!!!"
’Io non capisco!!!!’
Julien li lasciò andare di colpo, e il suo viso si illuminò:
"Davvero credi che stia bene così?"
"Massì che stai bene!!!"
"Oh Neven!!!"
Stavolta non riuscirono a stare su. Julien si gettò ancora contro di lui, e Neven perse l’equilibrio. Volarono tutti e due indietro, finendo rovinosamente sulla moquette, Neven sotto e l’altro sopra di lui, arti intrecciati come le voci che si lamentavano.
"Cosa sta succedendo qui?"
Neven socchiuse un occhio: quella voce la conosceva…spostò la folta capigliatura castana dell'altro, e si ritrovò addosso lo sguardo blu del militare:
"Konoe…mi sono appena fatto un amico"
"Ah sì?"
"Saaaalve…io sono Julien Sorel"
Incredibilmente, Neven si sentì ancor più spaesato. Non solo non riusciva a capire il nuovo amico, ma in quel momento anche Konoe era un mistero: perché stava fissando Julien con sguardo omicida?

Fine parte III


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