Salve a tutti! Innanzitutto credo di dover specificare che i personaggi non sono miei ma di Inoue...purtroppo è così! Inoltre le coppie presenti all'interno di questa strana fic (dico strana perchè non è molto coerente con le storia originale.) di sicuro susciteranno un po' di scalpore...eh eh! Questo prologo parla di fatti che sono avvenuti posteriormente a quelli narrati nei prossimi capitoli, quindi se non capite bene non temete perché tutto verrà spiegato a suo tempo…
Gioco d'azzardo prologo di Xetide
La fine... Di un anno... Di un mese...di un giorno...di un'ora ...di un minuto... Un minuto? Ancora si ritrovava a contare, con maniacale precisione, quanti interminabili minuti lo separassero con violenza da quegli indelebili e seducenti attimi che avevano fatto vibrare la propria esistenza....gli stessi che, al contempo, avevano contribuito a rovinargliela definitivamente.
Lui, nonostante si sforzasse con tutto se stesso, non era ancora del tutto in grado di dare un nome a quella serie di eventi sconcertanti che gli erano piombati letteralmente addosso _con una potenza paragonabile a quella di un uragano_ tramortendolo, schiacciandolo e catapultandolo in un mondo nuovo fatto di sensazioni squisite ed esperienze totalizzanti frutto di piaceri sfrenati e peccaminosi e , al tempo stesso, di cordoglio, rabbia e frustrazioni represse.
E ora? Cosa era rimasto di tutto ciò? Per lui, di ogni piacere non era rimasto che un vago e sbiadito ricordo, tutto il dolore provato si era espanso ulteriormente all'interno del suo corpo straziato propagandosi come un cancro in tutte le sue membra fino ad arrivare al cuore, ormai soffocato da una coltre mista di rimpianto, vergogna e odio verso se stesso e per la propria maledetta incapacità di restare indifferente ai sentimenti…a ‘quel’ sentimento…a quell’ambiguo, ambiguo e incostante sentimento! …tutta la rabbia, un tempo sfogatasi sul nome effimero di una natura infame o di un qualche Dio torturatore che si poteva esser sadicamente accanito contro di lui, si era tramutata in puro disprezzo...disprezzo per come egli stesso si era comportato, per quello che aveva permesso che succedesse....
Si faceva schifo, Hanamichi Sakuragi... Aveva tentato almeno ad auto impietosirsi per la sua attuale condizione, ma il disgusto era, comunque, più forte della pietà… Era un mostro.
C'erano certe giornate in cui egli si reputava una sorta di "miracolato" scampato alle grinfie di un terrificante demone degli inferi il quale lo avrebbe, a poco a poco, trascinato verso un profondissimo burrone scosceso impossibile da risalire, costringendolo a condurre in eterno un'esistenza colma di affascinanti e irresistibili emozioni le quali gli avrebbero accarezzato l'anima e il corpo procurandogli, al contempo, dolorose ed inguaribili piaghe ed ustioni che avrebbero sanguinato per sempre..._impossibile immaginare quanto possa bruciare ciò che in apparenza è freddo come ghiaccio._
Ma ora che Hanamichi aveva penetrato incoscientemente il soffio gelido della morte, il quale lo aveva corroso e bruciato nel profondo con una lentezza esasperante, e dal momento che ne era uscito con ancora addosso un qualche piccolo e malconcio brandello di pelle, sangue, cuore e anima _che egli aveva poi faticosamente ricuciti e ricomposti alla 'meno peggio' al fine di ricostruirsi una parvenza di identità che somigliasse anche solo vagamente a quella che aveva perduto nel 'darsi' in mano a 'quell'essere'_ si sentiva finalmente pronto per esporsi nuovamente al mondo e gridare ad esso con tutte le sue forze:" “Sono tornato quello di un tempo! Sono riuscito a superare anche questa terribile ed ardua prova senza riportare ferite gravi!...SONO O NON SONO UN GENIO?!”
In realtà egli sapeva fin troppo bene di essere stato praticamente mutilato e, con altrettanta amara chiarezza, era conscio del fatto che le cicatrici che gli deturpavano l'anima lo avrebbero marchiato in eterno come tatuaggi... Questa consapevolezza si faceva sempre più concreta e brutalmente reale, ai suoi occhi, specialmente durante quelle lunghe e fredde notti solitarie, le stesse in cui il rossino non faceva che rigirarsi inquieto nel suo letto imprecando contro un eventuale e bastardo Morfeo che non si decideva a farlo scivolare in quella sorta di dolce morte chiamata 'sonno'... …e pesanti e brucianti perle salate, con la loro superba arroganza, sgorgavano ripetutamente dalle pupille color nocciola arrossandole e venandole con screziature di sangue, mozzando al ragazzo il respiro e obbligandolo ad esprimere la sua sofferenza solo tramite l'ausilio di singhiozzi sconnessi e con l'incessante strofinio di un fazzoletto zuppo di rimpianto sulla guancia incavata e resa violacea dalle troppe lacrime.... Un semplice pezzo di stoffa dalla forma rettangolare: seta bianca e candida come la neve, sporcata solo dal blu di prussia che andava a macchiarne la morbidezza immacolata delineando, su di essa, due lettere ricamate in caratteri gotici: le iniziali di un nome e un cognome...le stesse che il grande Tensai non riusciva più a guardare senza sentire il desiderio di tagliarsi le vene....K.R.....
Le gementi gocce di sale non si arrestavano, ma perseguitavano a solcargli il viso anche quando il profumo sensuale che quel fazzoletto ancora emanava induceva il giovane a censurare il flusso incessante di pensieri che lo avvolgeva per concentrarsi solo ed esclusivamente su un particolare: un corpo...snello e , insieme, morbido e flessuoso come lo stelo di un giglio...un corpo con una pelle levigata come quella di un bambino, profumata e deliziosa al tatto...bianca, nivea, tenera, lucente...e mani; due mani graziose dalle dita sottili e affusolate e...labbra rosee morbidamente dischiuse a formare un meraviglioso broncio di disprezzo; labbra delicate...atte ad assaporare , succhiare, mordere, baciare...urlare...e ricordi di gemiti, gemiti, sospiri rotti e strozzati che si mescolavano a quelli reali del ragazzo disteso sul futon_ ormai sfatto_ mentre, del tutto al limite della follia, egli si ritrovava a scindere la proprie lacrime amare con quelle salate di sudore emanate dal suo corpo eccitato ...corpo che si muoveva convulsamente seguendo il ritmo che le mani, strette intorno alla sua stessa virilità tesa e pulsante, gli imponevano; mani che cercavano disperatamente di placare la sete che avevano di toccare quella pelle tanto agognata accanendosi su quella di Hanamichi...e poi il suo strusciare miserevolmente il fazzoletto sul membro gonfio fingendo che, ad avvolgerlo, fosse invece la carne calda del possessore di quelle dannate iniziali, illudendosi con la mente che ad emettere quelle grida sguaiate non fosse la sua stessa gola secca e bruciante ma quella del suo adorato amante....e poi l'orgasmo: violento, tanto atteso quanto, da lui, inconsciamente rifiutato poiché frutto più della sofferenza e della follia portata all'esasperazione che di un piacere gratificante... Infine anche il pianto, il quale aveva accompagnato fino in fondo l'amplesso del ragazzo, cessava...si dissolveva lentamente cedendo il posto prima ai singulti poi allo sconcerto più totale: stupore che si tramutava in disgusto non appena il Rossino gettava lo sguardo sulle lenzuola dilaniate e schifosamente impiastrate di lacrime, sudore e lo sperma di quella e tante altre volte in cui egli si era masturbato così...
Si vergognava, si disprezzava, e non tanto perché quelle coperte erano rimaste le stesse da quasi due mesi_ a testimonianza del suo dolore e piacere consumati ogni notte all'interno di quella stanzetta nel buio della notte portatrice di paure e fantasmi_ ma, piuttosto, per il fatto che non potesse far più nulla per impedire di sentirsi in questo modo orribile...ogni giorno, per tutta la sua vita avrebbe subito le amare conseguenze di ciò che era avvenuto in passato.....
E dopo l'autocommiserazione giungeva uno strano e malato sonno rapitore, il quale si impossessava del ragazzo per catapultarlo, con estrema cattiveria, in un mondo costituito da incubi spaventosi dei quali il protagonista era sempre 'LUI'.... LA SUA OSSESSIONE....colui che lo aveva rovinato e che era stato distrutto a sua volta... Solo al risveglio, il quale mostrava con ancor più spietato realismo e alla luce del sole quale fossa la pietosa condizione fisica e psicologica dell'un tempo denominato Tensai', egli comprendeva quanto fosse stupidamente inutile il suo puerile tentativo di auto imporsi una maschera che ormai non avrebbe più potuto aderirgli al viso come una seconda pelle: la parte del giovanotto estroverso e strafottente con un perenne sorriso da ebete stampato sul volto non aveva più modo di essere recitata.
Non aveva alcun senso mostrarsi agli altri per ciò che ERA STATO e non per quello che ERA ORA...ma in fondo, che diavolo era diventato l'ormai scomparso Hanamichi Sakuragi? Un essere del tutto privo di un volto e di un carattere che, per non morire definitivamente, si stava costruendo faticosamente infinite plastiche facciali le quali gli dessero ancora una piccola possibilità di comunicare nuovamente con chi gli stava accanto...non poteva mostrarsi sconfitto a quel modo agli occhi degli altri: non voleva la loro sporca pietà, non aveva bisogno di sentirsi addosso sguardi carichi di commiserazione...già, perché gli 'altri' sapevano ciò che gli era successo....avevano assistito a tutti gli atti della tragedia _o forse sarebbe meglio definirla commedia grottesca e maledettamente reale?_ e molti di loro si erano tramutati, poi, in attori principali della stessa, gettati nella mischia e obbligati ad inscenare le brutalità di un copione scritto contro la loro volontà e dettato solamente dalle assurde circostanze che si erano venute ad intrecciare malamente formando un insieme di nodi scorsoi impossibili da sciogliere... Chissà se loro provavano almeno un decimo del dolore straziante che avvertiva lui?...Akagi, forse!....gli era sempre sembrato il più infognato di tutti in quel casino colossale!...Akagi…tsk…con le sue puerili illusioni da ragazzina!...come avrebbe potuto immaginare che sarebbe finita così?...povero, ingenuo Takenori…
Ciò che rimaneva scontato era il fatto che, pur riappropriandosi di una sorta di identità adatta ad agevolare i propri rapporti con il mondo esterno, la maschera che gli avrebbe permesso di avvicinarsi nuovamente a 'LUI' non era ancora pronta...anzi, avrebbe richiesto parecchie revisioni e aggiustamenti prima di potersi presentare dignitosamente sul palcoscenico e recitare ancora una volta davanti al 'SUO' sguardo accusatore....una maschera d'odio puro, come quella che gli aveva , in passato, sfigurato fin troppe volte il viso...ma la quale stentava a ritornare in superficie poiché il disprezzo mutava in continuazione divenendo ora disgusto malcelato verso il 'SUO' modo di comportarsi, ora profondo ma inespresso Amore...ancora una volta quell’Amore deforme ed esasperato che , invece di far crescere in Hanamichi sentimenti benevoli correlati poi, nella concretezza dei fatti, ad atteggiamenti melensi ed affettuosi non faceva altro che accentuare, in lui, un disagio insopportabile figlio di un dolore sordo che gli urlava da dentro il petto di ribellarsi a quella malata sensazione e di trasfigurarla, nuovamente, in odio spietato e violenza gratuita.
Ma, del resto, il confine fra odio e amore è sottile e fragile come un filo di seta nera...come uno di quelli che il rossino si ritrovava ancora a cercare, inconsciamente, sul cuscino del proprio letto...come prova tangibile che su quel morbido guanciale aveva realmente dormito la splendida chioma corvina e che, il passato, non era tutto frutto di un sogno lungo e tormentoso o di un suo desiderio illusorio...
Il capello che egli disperatamene cercava non c'era...sparito.
Era sparito tutto...lasciando solo la follia ad impadronirsi dell'animo di Hanamichi. Tutto dissolto nel nulla...di ciò che era stato non rimanevano nemmeno le ceneri...
Kaede Rukawa.
Certo, per il Tensai lui non era mai stato Kaede Rukawa...ma era, piuttosto, 'baka Kitsune' quando, durante le noiosissime e ripetitive giornate trascorse a scuola, il teppista rosso si affannava ad imprecare contro il 'padrone' della bicicletta disfatta, la quale gli era piombata addosso procurandogli l'ennesimo 'bernoccolo fumante'...
Era solo un 'Rukawa' pronunciato dalla sua voce sotto forma di sibilo minaccioso quando il moretto attraversava il lungo corridoio dell'istituto _con andatura felina e sensuale_ e, passando di fianco a Sakuragi, ignorava con impassibilità assoluta tutti gli insulti che egli, immancabilmente, gli rivolgeva ...
Era un 'dannato volpino' quando gli occhi castani e quelli blu si penetravano a vicenda, per scrutarsi, durante le eterne sfide dei due nemici sul campo da basket…
…A volte era dolcemente 'Kaede'...
Kaede al mattino quando, quell'insieme di suoni e lettere usciva dalle labbra di Hanamichi per mezzo di una morbida carezza sussurrata; un tocco effimero d'amore il quale riusciva a destare dal mondo dei sogni quel ragazzo, steso sul letto accanto a lui, per il quale il sonno era il più prezioso fra gli amanti... e rimaneva Kaede mentre il rossino preparava la colazione, frattanto che i due 'compagni di giochi' mangiavano lanciandosi, ogni tanto, occhiate ancora cariche di desiderio reciproco, di aspettative...aspettative del tutto scemate al momento in cui la voce di Hanamichi cambiava la propria intonazione, mutando volgarmente quel nome morbido in una frase acida, la quale distruggeva del tutto quell'atmosfera illusoriamente profumata d'amore che si era instaurata poco prima ...'vogliosa volpe in calore: ora che hai avuto la tua caramella puoi anche andartene!... non ho più tempo da perdere con una sgualdrina come te!'...
Infine tornava ad essere Kaede...ma la notte, quando i due erano avvolti da un'oscurità imperscrutabile, quella parola assumeva una sfumatura differente e la voce del Tensai, nel pronunciarla, era sensuale, calda e roca...voce schiava dell'eccitazione e del desiderio che le piccole mani diafane suscitavano, in lui, ad ogni istante in cui percorrevano delicatamente la pelle abbronzata e mentre creavano infiniti giochi squisiti per 'modellare', con estrema grazia , il suo corpo sudato e ansante che anelava solo ad essere pervaso dal piacere....
Kaede, sempre e solo Kaede nel tempo in cui, a seguito dell'ennesimo orgasmo consumatosi fra quelle lenzuola complici del peccato, il giovane dai capelli corvini accoccolava, come un gattino che fa le fusa, le proprie membra lacerate contro quelle stanche di Hanamichi il quale _ dimentico di ogni suo intento di predominio, fino a pochi attimi prima giunto alle sue esasperate conseguenze_ stringeva maggiormente, in un forte e caldo abbraccio, il corpo addossato al proprio onde assicurarsi che, almeno fisicamente, il suo delizioso amante non lo abbandonasse lasciandolo solo a pensare e ad affannarsi nel dare un nome a quel vortice sinistro che stava travolgendo entrambi da troppo, troppo tempo… ad affannarsi sempre in preda al rimorso di chi sa di stare inevitabilmente sprofondando in un inferno da cui non esiste via d'uscita… Contro il sonno egoista, che accoglieva il volpino col suo ammaliante torpore evanescente, il Rossino non avrebbe mai vinto.
Kaede...un nome...no, una dolce melodia intonata dallo strumento più perfetto esistente nell'universo; oppure una sorta di cifrata e indefinibile formula magica che, una volta pronunciata, riusciva ad evocare in chiunque ne udisse il suono infiniti e sconvolgenti sentimenti del tutto differenti gli uni dagli altri, sentimenti che, come fantasmi dall'apparenza impalpabile e sfuggevole, sfioravano il cuore di Hanamichi, penetrandovi all'interno, per poi dissolversi inspiegabilmente scivolando fuori di esso...ed infine andare ad insinuarsi entro altri cuori...Mitsui, Akagi, Haruko, Kogure...ognuno di essi aveva pronunciato quel nome in maniere e situazioni diverse: taluni intonandolo a denti stretti, quasi temendolo come se esso fosse una bestemmia infame...altri invocandolo come fosse appellativo di una divinità sublime la quale esisteva solo per essere adorata e glorificata...alcuni urlandolo: come fosse suono indissolubilmente legato al momento culminante di un'estasi morbosamente esplosa tra le lenzuola sudate di una camera d'albergo... …quella camera d’albergo…te la ricordi, Rukawa? ...ti ricordi il ventilatore ronzante e il piccolo tavolino in vetro sporco di latte e dello sperma tuo e di chi ti stava sopra ansimando?...ricordi i miei occhi, in quei momenti?...ci guardavamo, no…anzi, ci sbranavamo e tu mi lanciavi l’ennesima perversa sfida con quel tuo ghigno soddisfatto e travolto da un piacere che, forse, fingevi di provare per distruggermi ancora di più…fingevi, vero? Fingevi anche con me come facevi con loro? Hai ancora custodita nella tua labile memoria l’immagine di noi su quella spiaggetta deserta, nel cuore di una notte profumata di sogno e sensualità?...il calore del fuoco sulla sabbia aranciata?...le pupille di loro che ti scorrevano addosso ammaliate, le rammenti?... Ricordi ancora come ci chiamavi durante quei pomeriggi ermeticamente nascosti entro quella stanza che sapeva di ‘noi’ e di menzogna?... Come mi chiamavi, allora?... Come mi chiamasti, dopo?... …eh, Kaede? Quali note fuoriuscivano, armoniose, dalle tue morbide labbra color rosa pallido?...
'Do'hao'... Hanamichi era spesso 'do'hao'...a quei tempi... ma, dietro quell'apparente insulto crudele si celava una delicata richiesta d'amore...poiché Rukawa sapeva bene come il rossino avrebbe risposto a quel suo modo di apostrofarlo...come? Magari con uno dei suoi 'Taci baka Kitsune', e poi avrebbero litigato, fatto a pugni...ma il bello stava nel fare la pace subito dopo...pace la quale non era che una malcelata e grottesca tregua in cui i due soldati, impavidi e scaltri, riponevano momentaneamente le proprie solite armi per gettarsi in una disperata lotta consumata corpo a corpo, gli stessi corpi che, Hanamichi e Kaede, maneggiavano reciprocamente come se essi fossero pugnali affilati.
Una tregua sicuramente più cruenta e temibile di una guerra...
Poiché, al momento in cui i loro corpi erano uniti in un caldo e possessivo abbraccio, le loro anime inquiete continuavano a duellare insaziabilmente sfoderando colpi tirati d'astuzia che, il più delle volte, nascevano dalla strategia del regalare all'avversario un piacere intenso e assoluto al fine di stordirlo per poi sferrargli, subito dopo, una coltellata violenta diretta al cuore ...pugnalata che avrebbe procurato una ferita, impossibile a cicatrizzarsi, che si sarebbe dolorosamente riaperta ad ogni nuova schermaglia.
E Sakuragi sapeva bene che, al di là dell'apparente remissività che finiva per manifestare il suo nemico, ogni qualvolta questo si ritrovava violato dalla carne insaziabilmente affamata del rossino, chi usciva vittorioso da quell'assurdo giochetto pericoloso era sempre Kaede...certo, anche il volpino riportava tutte le volte ferite e mutilazioni varie ma Hanamichi aveva sempre creduto che , queste, fossero solo circoscritte alla superficie morbida e levigata costituita dal suo corpo diafano e che non avessero mai modo di addentrarsi in esso fino a sfiorare e marcare quella cosa indefinibile chiamata anima....ma la sua, di anima, come sanguinava!
Sangue denso e scuro sgorgava dal suo cuore ormai scoppiato...e ad ogni ferita ricucita sul corpo di Rukawa corrispondeva una nuova ustione nell'anima di Sakuragi, il quale si struggeva nel tentare di dare un nome al proprio dolore…a quello strazio rabbioso che lo sopraffaceva nello scorgere sul bel volto d'alabastro una ermetica ed insolente indifferenza ostentata...perché quella volpe adorabile sembrava del tutto impassibile a ciò che, invece, stava deviando indelebilmente la vita del rossino ?...
Che lui non provasse, effettivamente, nulla?... Che lui non cercasse di mettere un freno a quella squallida situazione la quale aveva, ormai, inglobato in sé i destini di molte altre persone?...
No, Hanamichi non poteva crederci: era dannatamente invidioso dell' imperturbabilità della quale, Kaede, era padrone...avrebbe desiderato ardentemente riuscire a crearsi, anch'egli, una maschera di ghiaccio da scontrare con quella posseduta dalla sua nemesi ma, tutto ciò che poteva miseramente fare era accrescere l'odio bruciante che provava , nel profondo, verso quel volpino glaciale e mostrare, ad esso, solo il proprio volto più violento e spietato.
E lo uccideva del tutto quel fantastico sorriso che le labbra del moretto gli concedevano solo in alcuni brevissimi istanti _ quando, i due, erano immersi nel bel mezzo delle loro interminabili battaglie _ un sorriso così bello perché raro...unico... Perché quel sorriso? Kaede credeva forse di riuscire a soggiogare il proprio amante per condurlo all' auto distruzione?...bèh , Sakuragi ci era arrivato. Si stava annientando con le sue stesse mani, del tutto incapace di sottrarsi alla morsa di ferro che quel demonietto gli aveva volontariamente stretto al collo... E, il suo sbaglio più grave era stato proprio quello di farsi del tutto stregare da quelle labbra incurvate in una espressione d'amore, sentendosi orgogliosamente potente poiché falsamente convinto di essere l'unico detentore di un preziosissimo segreto celato al resto del mondo...segreto che svelava quale fosse la reale natura di Kaede Rukawa...segreto il quale, una volta in possesso di Hanamichi, gli avrebbe permesso di avvicinarsi fino a sfiorare l'ermetica anima di quella volpe misteriosa e affascinante... Kaede non si mostrava mai per quello che era realmente se non in rarissimi e brevi momenti...o, forse, non lo aveva nemmeno mai fatto…_fingi, Kaede…fingi…fai la cosa che ti riesce meglio fare…_ …E il Rossino aveva erroneamente pensato che, riuscendo a cogliere al volo ciò che il suo nemico di rado concedeva, avrebbe potuto ottenere le chiavi di cristallo che fungevano da sigillo eterno per quel cuoricino custodito(o imprigionato?) entro un cofanetto di ghiaccio e pietra indistruttibile... Una volta violata la serratura di quello scrigno, Hanamichi sarebbe riuscito finalmente a scrutare e comprendere ciò che di Kaede nessuno avrebbe intuito mai: le sue paure e debolezze....i suoi sentimenti.
Del resto, l'unico modo per annientare una persona risiede nel conoscere a fondo le fragilità più recondite della stessa e sfruttarle immoralmente per ottenere un vantaggio...sputandoci sopra, calpestandole, facendole bruciare come ferite aperte sulle quali gettare sale e acido...enfatizzandole, ingrandendole al punto tale che, quella persona, sia letteralmente inghiottita da esse...in modo che ciascuna singola debolezza si tramuti in una deforme e torbida ombra dalla massa illimitata...zona oscura e impenetrabile che ricopra, con una coltre sempre più spessa, la zona razionale e solare della vittima per corroderla senza pietà e privarla di tutta quella serie di certezze che ne costituiscono l'essenza fondamentale... obbligando la tal persona a perdere coscienza di sé e di ciò che, a detta di chiunque, è definito col nome di giusto o sbagliato e costringendola a vivere costantemente con lo spaventoso dubbio di esser perseguitata da fantasmi apparentemente privi di consistenza effettiva ma il cui peso opprimente graverà sulle sue spalle in eterno.
Hanamichi credeva che quei sorrisi sublimi, percepibili dietro la fittizia apparenza gelida la quale ricopriva perennemente il volto di Kaede, non fossero altro che soffocati segnali di una debolezza nascosta...debolezza che chiedeva imperiosamente di essere manifestata e la quale dava sfogo alla propria frustrazione tramite il semplice gesto di due labbra sensuali che si mostravano in tutta la loro bellezza al momento in cui si schiudevano in un cenno di riso...
...'Ho bisogno di te...di essere amato da te. Ti amo ed è per questo che ti lascio fare ciò che stai facendo...'...
Sensazione di potenza Essere consapevoli di tenere sul proprio palmo della mano l'anima di una persona. Sapere che serrando quella stessa mano a pugno è possibile imprigionare in eterno l'esistenza di un altro essere umano...e assicurarsi, così, di possedere in ogni istante quei sentimenti che fanno parte di tale persona la quale è costretta a divenire schiava del nostro egoismo...sentimenti che inebriano il nostro ego e ci illudono che l'amore che da essi scaturisce sia del tutto incondizionato e devoto nei nostri confronti...e noi avvertiamo una forza del tutto nuova percorrere le nostre membra fino a giungere al cuore...quella forza dall'apparenza titanica che nasce dalla consapevolezza di poter giocare con l'Amore altrui senza provare null'altro che una santa indifferenza...quella stessa forza che cela alle proprie spalle la più grande fra tutte le fragilità...la paura. Paura… …ora aveva paura di lui…
E Hanamichi aveva da sempre sbagliato i suoi calcoli.
FINE PROLOGO
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