GAME Second Level
di Hisoka
Round IV
Tra il fitto, selvaggio e incontaminato verde
del bosco una piccola casa di legno dava chiari segni di presenze umane
grazie al fumo che usciva dalla cappa del camino.
- " Jishin..., Jishin forza svegliati poltrone, è ora di alzarsi! " Una voce
femminile, calda e dolce mai sentita prima. Le palpebre pesanti cominciarono
a sollevarsi lentamente facendo schiudere due bellissimi occhi rossi.
"Jishin? Chi è Jishin? E questa voce... di chi è?"
Gojyo si svegliò scorgendo il soffitto di una stanza sconosciuta, si sentiva
strano ma non riusciva a spiegarsi in cosa. Si alzò leggermente e lo sguardo
si posò sulla schiena di una donna che stava riscaldando qualcosa in una
pentola sul fuoco del camino.Lunghi capelli corvini gli lambivano il corpo
fino ai fianchi...Ma la cosa che più risaltò agli occhi di Gojyo erano le
orecchie elfiche di demone, ben visibili pure di spalle.
- " Dove mi trovo, chi sei tu? " Chiese stranito da quel risveglio assurdo.La
sua mente corse a pensare all'ultima cosa che ricordava e mise subito a
fuoco la vasca dei bagni pubblici.Stava facendo il bagno dopo di che "
Jishin... " sentì quel nome, poi il nulla.
- " Ma cosa dici, sciocchino, alzati subito piuttosto. Ieri sera mi avevi
promesso che oggi avresti tagliato la legna,no? Un bravo bambino mantiene
sempre le promesse alla sua mamma " . La youkai si voltò con un sorriso
dolcissimo sul viso. La sua bellezza incantò Gojyo tanto da non meditare,
inizialmente, sulle strane parole pronunciate dalla donna.
I capelli corvini avvolgevano un viso dai lineamenti angelici, occhi di un
azzurro profondo circondati da lunghe e setose ciglia nere lo guardavano con
amore e dolcezza.
Gojyo si sentì stordito. Si scoprì portandosi a sedere sul bordo del letto.
C'era qualcosa che non andava? Cos'era? In lui c'era qualcosa di diverso ma
non riusciva a comprendere cosa fosse. Notò che indossava un pigiama verde
smeraldo, quel colore gli fece tornare alla mente i begli occhi di Hakkai....
"Hakkai!"
A quel pensiero Gojyo si destò completamente dal suo torpore.
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La Jeep procedeva lentamente e faticosamente lungo il sentiero impervio ed
accidentato, Hakuryu non avrebbe più potuto proseguire nella marcia con le
sembianze di fuoristrada.
- " Accidenti, chi si immaginava che ci avremmo messo tanto ad arrivare in
questo cavolo di posto..." Disse Goku preparandosi a scendere dalla vettura
oramai ferma.
- " Se non fosse stato per la strada tanto dissestata saremmo arrivati già
da qualche ora. Oramai Hakuryu ha fatto tutto il possibile... "
Non fece in tempo a dirlo che il drago aveva ripreso le sue sembianze
naturali andandosi a posare sulla spalla di Hakkai.
Sanzo preferiva non parlare, era scocciato da quella situazione, non vedeva
l'ora di riprendere il cammino verso ovest. Ogni qualvolta si verificavano
situazioni del genere si innervosiva terribilmente. Odiava dover cambiare
improvvisamente itinerario di viaggio, odiava perdere tempo, odiava
preoccuparsi per gli altri. Sapeva che se avesse aperto bocca avrebbe
sicuramente irritato o ferito Hakkai quindi preferì, per una volta tanto,
tenere per se la sua opinione da menefreghista.
- " Oramai dovremmo quasi esserci, ci siamo addentrati molto nel bosco, la
baita di quel demone dovrebbe essere quì vicino " Hakkai era preoccupato per
Gojyo, nonostante quello che c'era stato tra loro,.... le sue parole
offensive e i suoi gesti inaspettati, era terribilmente in ansia. Arrivava a
pregare che stesse bene, che fosse vivo, fregandosene completamente del
resto. Gojyo era troppo importante per lui, non l'avrebbe perso ora che
aveva riconosciuto i suoi sentimenti. Quelle ultime ore erano state una
tortura. Non faceva che chiedersi se era ancora vivo e rabbrividire alla
peggiore delle ipotesi.
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"Non...non è possibile!"
Una volta alzatosi in piedi Gojyo comprese
cos'era quella sensazione di stranezza che avvertiva fin dal risveglio.
- " Forza, cambiati e vieni a fare colazione, è già pronto in tavola " Gojyo
era stravolto, come era potuto accadere? Si sentiva terribilmente assurdo e
impotente. Ma c'era qualcosa nella dolcezza e nei gesti di quella donna che
non lo facevano reagire come di norma avrebbe fatto in altre circostanze.
Ma perché lo aveva trasformato, ... perché quel nome...? Doveva esserci
senza ombra di dubbio una ragione che aveva spinto la demone a fare tutto
ciò. Intanto era sicuro almeno di una cosa e cioè che non aveva cattive
intenzioni.Non sentiva provenire da quell'essere niente di negativo o
pericoloso. Nessuna aurea malvagia.
Questo però non significava nulla, doveva andarsene via di là, tornare dai
suoi compagni, tornare da Hakkai. Ma se la demone avesse compreso le sue
intenzioni probabilmente avrebbe reagito diversamente e in quel momento lui
non sarebbe di certo stato in grado di difendersi dal momento che lo shakuju
non sarebbe apparso nelle sue mani e anche facendolo, non sarebbe stato in
grado di combattere come suo solito.
La youkai seguitava a parlargli dolcemente, dai suoi occhi traspariva
veramente un immenso affetto, proprio come se davanti a lei ci fosse quel
Jishin. Chi poteva essere? E soprattutto che centrava lui? Riflettendo su
questo decise di studiare prima bene la situazione, innanzi tutto voleva
rendersi conto di dove si trovava, poi avrebbe deciso cosa fare. Fece
colazione senza dire nulla, del resto fame ne aveva dal momento che non
aveva mangiato dal giorno prima.
Una volta finito il pasto si alzò avvicinandosi alla porta con l'intenzione
di uscire.
Una candida mano lo fermò bloccandogli l'uscita.
- " Dove hai intenzione di andare, Jishin ?" Lo sguardo della youkai che lo
sovrastava era imperscrutabile.
Gojyo capì che avrebbe dovuto stare al gioco se non voleva rischiare di
venire segregato a vita in quella baracca.
- " Sto andando a tagliare la legna come ti avevo promesso.... "
La demone sentendo la risposta del ragazzo sorrise e spostò il braccio
permettendogli di uscire. Gojyo in quel frangente aveva potuto notare come
lo sguardo della Youkai passò dalla tristezza mista a un profondo timore al
sollievo e alla felicità.
Il sole era già alto nel cielo, davanti alla baita c'era un giardino ben
curato, fiori di un rosso vivo ornavano le aiuole coltivate al suo interno.
Lo sguardo di Gojyo indugiò per un attimo sul manto scarlatto riportando
alla mente alcuni ricordi del passato...
La baita alle spalle era chiusa dal fianco di una piccola montagna non tanto
alta mentre tutto intorno c'era solo un fitto bosco, non la traccia di una
strada o sentiero, nulla di nulla, era come essere inglobati nel cuore del
bosco. Gojyo riuscì ad orientarsi molto limitatamente solo grazie alla
posizione del sole, ma questo gli era di ben poco aiuto.
All'improvviso qualcosa attirò la sua attenzione. Tra le aiuole del giardino
spuntava una piccola lapide, quasi invisibile agli occhi perché
letteralmente circondata e ricoperta di fiori. Si avvicinò cercando di
leggere cosa c'era scritto.
Un nome: JISHIN .
Ora cominciava a comprendere meglio la situazione. Quella youkai doveva aver
perso qualcuno che amava e che cercava di riavere attraverso qualcun altro,
nell'incapacità di accettare la dolorosa realtà. Ora si spiegava anche il
perché della sua metamorfosi.
Era una cosa molto triste, Gojyo se ne rendeva perfettamente conto, ma lui
non poteva restare lì. Doveva andarsene al più presto. E soprattutto doveva
ritornare come prima...
Fece pochi passi oltre il confine del terreno che circondava la baita quando
si accorse della presenza di un kekkai.
- " Accidenti, pure questa ci voleva! "
- " JISHIN, JISHIN dove sei?" La voce della youkai e quell'ultima scoperta
fecero decidere Gojyo ad affrontarla chiaramente.
Il rosso con una corsa ritornò alla baita andando incontro alla demone.
- " Ehi, non avevi detto che avresti tagliato la legna? Se vuoi giocare devi
prima fare quello che hai promesso " La donna posò dolcemente una mano sulla
chioma rossa carezzandolo con amore.
- " Posso chiederti una cosa? " Gojyo si decise, era un rischio, non sapeva
come avrebbe reagito la youkai ma non poteva stare a quel gioco ancora per
molto.
- " Si, cosa c'è Jishin? "
- " Cos'è quella lapide? " Gojyo sperava che riportando alla mente la morte
di quel Jishin la youkai si risvegliasse da quella specie di confusione
mentale in cui pareva riversare .La donna guardò la lapide, un velo di
tristezza calò improvvisamente sul suo viso. Poi come in trance prese a
camminare avvicinandosi alla piccola pietra ricoperta di fiori e giunchi.
- " Jishin, il mio piccolo Jishin, il mio bambino....Sai, era un mezzo
demone proprio come te, aveva i capelli e gli occhi rossi, era bellissimo ma
lui.....lui odiava quel suo aspetto. Non accettava di essere un mezzo demone
e così al compiersi del suo 14°anno d'età se ne andò. Mi abbandonò per
andare a cercare suo padre, un essere umano che mi amò tanti anni fa. Solo
che dal padre non arrivò mai. Fu ucciso durante il viaggio da alcuni demoni
privi di controllo. Ma io, …io non sono come loro, vedi?" Disse indicando
l'orecchino che portava al lobo dell'orecchio sinistro " Io ho il
dispositivo che mi permette di mantenere la mia coscienza, anche se...." La
youkai non continuò, avrebbe voluto dire che nonostante quel dispositivo non
poteva fare nulla contro la pazzia che stava dilagando lentamente nella sua
mente. Ma quel particolare non servì perché a Gojyo era stato chiaro fin
dall'inizio lo stato confusionale della youkai.
- " Jishin mi odiava, io lo amavo così tanto eppure lui mi odiava come se
fossi l'essere più ripugnante della terra, mi accusava di essere la causa
della sua sofferenza, diceva che era per causa mia se non sapeva neppure lui
cosa era, non si sentiva un uomo ma neppure un demone. Da piccolo alle
volte, quando non potevo essere al suo fianco, veniva maltrattato e preso
pesantemente in giro per il suo aspetto dai bambini del villaggio. Io gli
dicevo sempre di non stare a sentire le loro cattiverie ma lui...lui non mi
perdonò mai per essere io sua madre". Lacrime le solcavano gli occhi
azzurri, percorrendo rapidamente le linee del bel viso, staccandosi per
precipitare e perdersi tra i fiori vermigli ai suoi piedi.
Gojyo era senza parole, sopraffatto dalla tristezza di quella donna che
tanto aveva in comune con lui. Non riusciva a credere che un figlio potesse
davvero arrivare ad odiare la propria madre, accusarla per quello che era,
accusarla di averlo messo al mondo.
Nei giovani occhi rossi emerse una profonda e dolorosa tristezza, si sentiva
coinvolto dal dolore della youkai.
- " Ma ora ci sei tu, con me,vero Jishin? Tu non mi lascerai mai, sarai
sempre il mio bambino..." La giovane in ginocchio abbracciò Gojyo
stringendosi al suo petto.
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Proprio in quel momento Hakkai, Sanzo e Goku raggiunsero la dimora del
demone. Quando arrivarono si ritrovarono davanti ad una scena che aveva
dell'incredibile. Gojyo abbracciava a se quella che sembrava la demone, ma
quello che più di tutto li lasciò basiti era vederlo tanto ringiovanito.Quello
davanti a loro era un Gojyo di 15 anni circa. Un ragazzino.
Sanzo e Goku erano talmente presi dall'incredibile scena che non notarono
ciò che invece non sfuggì ad Hakkai, ossia il profondo dolore che emanavano
gli occhi rossi e lucidi di Gojyo mentre sembrava abbracciare quel demone.
All'improvviso la youkai cambiò completamente stato d'animo avvertendo la
loro presenza.
- " Demoni! Ci sono dei demoni! " Sostenendo ciò la Youkai afferrò Gojyo tra
le braccia possessivamente " Non preoccuparti piccolo mio, non ti faranno
del male, quei maledetti..."
Gojyo si meravigliò prima della presenza oltre la barriera dei suoi
compagni, poi dell'espressione negli occhi della demone.
Odio, c'era in essi un profondo odio. Anche fisicamente il rosso cominciava
ad avvertire un' aurea negativa emanare dalla donna.
Gojyo, vedendo Sanzo alle prese con il sutra nel tentativo di spezzare la
barriera, sentiva crescere in se un pessimo presentimento.
- " No, aspetta, non preoccuparti.Quelli sono miei amici, non mi faranno del
male " Gojyo sperava di riuscire a fare ritornare in se la donna anche se
sapeva che la presenza di demoni come Goku e Hakkai avrebbero solo mandato
fuori di testa la youkai, che certamente doveva provare un immenso odio nei
riguardi della sua stessa razza.
- No! Stai lontano da loro, sono cattivi, ti faranno del male...Non
voglio....non voglio...!! " La disperazione della demone sembrava senza
fine. Appena la barriera si dissolse, sotto il potere della formula
recitativa del bonzo, la demone si lanciò contro i tre intrusi
trasformandosi. Gojyo non riuscì a trattenerla ma si rese conto della cosa
che la demone gli aveva messo in mano in un gesto rapidissimo. L'orecchino
che fungeva da dispositivo di controllo. Gojyo sgranò gli occhi in un
espressione di terrore.
- "NOOOOOOOOOOO !!!!!" Un urlo straziante ....
- BANG - ......assieme ad uno sparo
Dopo di che il silenzio.
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La demone, che riversava a terra, cercò con il braccio il suo Jishin,
volgendo i begli occhi azzurri colmi di lacrime a Gojyo, chiamandolo con le
ultime forze...
- " Jishin, bambino mio..." Gojyo si avvicinò alla demone " Jishin, non mi
lascerai ancora, vero? Resterai con me per sempre questa volta, vero?......Jishin,.....
mi vuoi bene? "
Gojyo inginocchiandosi al suo fianco prese tra le braccia la donna
asciugandole le lacrime con una mano, mentre non si rendeva conto delle
lacrime che lui stesso stava versando. Come la furia di un fiume in piena,
che con la sua impetuosità abbatte la diga, le lacrime del rosso sembravano
scorrere senza fine.
- " Si.....Ti voglio bene.... mamma " le rispose Gojyo cercando di tirare
fuori un sorriso. La demone sorrise tra le lacrime con uno dei sorrisi più
dolci e felici che Gojyo avesse mai scorto sul volto di una madre, socchiuse
lentamente gli occhi e spirò tra le braccia del suo bambino con il sorriso
sulle labbra.
Che sensazione il pronunciare quel nome.
I ricordi del passato sembravano riaffiorare prepotentemente.
Quanto ancora doveva soffrire sentendolo? Perché non era in grado di
annullare il dolore che gli aveva procurato il sentirsi rifiutato,
disprezzato, maledetto, odiato?
Non era la sua vera madre, ma la considerava tale, non era la sua vera madre
ma l'amava come se lo fosse...eppure...., eppure non riuscì mai a farsi
amare. L'unica cosa che le chiedeva gli era sempre stata negata.
Quella ferita si sarebbe mai rimarginata?
Una mano si posò sulla spalla di Gojyo..., la calda mano di Cho Hakkai, che
sembrava riuscire a leggere il tormento nel cuore dell'amico.
Beffardo il destino che lo aveva fatto incontrare con un essere tanto simile
a lui...
Un figlio rifiutato dalla madre, una madre rifiutata dal figlio...
Il rosso come simbolo eterno di dolore e maledizione.
Quelli come lui erano soltanto capaci di dare dolore....?
Erano forse destinati a fare soffrire e a soffrire a loro volta?
Che significato poteva avere allora la loro nascita, la loro esistenza ?
Continua...
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