NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili
Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha
letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un
sacco a infilarli in queste situazioni assurde!
Fuoco oscuro
di Dhely
Parte 9/?
Pioveva.
Le gocce battevano ritmiche contro il vetro della finestra, spalancata come
un occhio senza palpebre su un mondo grigio e umido. L'unica luce era una
specie di chiarore orribile, una caligine acquerellata che era sempre
identica a se stessa da tre ore almeno.
Seiji si strinse nelle coperte soffocando un brivido. Non c'era luce. Era
*buio*. E lo sarebbe stato per tutto il giorno.
Conosceva quelle giornate.
Lunghe. Senza fine. Un tormento angoscioso da fargli mozzare il respiro in
gola, da ferirgli il cuore. Senza luce . . al buio come si poteva vivere?
La pioggia, da fuori, cullante e scrosciante, pareva ridere di lui e delle
sue paure. Qualcuno non diceva forse che era impossibile vivere da soli? E
lui non stava cercando di vivere proprio così? Da solo. Sì. Era quello che
gli veniva meglio. Così non avrebbe ferito nessuno, non avrebbe ferito se
stesso. Era semplice così, era molto più semplice . . aveva freddo ed era
stanco.
Non aveva dormito, non ci era semplicemente riuscito. A volte capitava,
quella non era certo una novità solo che . . Seiji chiuse gli occhi con un
sospiro. Da soli era meglio. Non doveva preoccuparsi di svegliare qualcuno,
non doveva temere di infastidire chi gli dormiva al fianco, non doveva
spiegazioni a nessuno, non faceva stare in pensiero nessuno. Non doveva
imporsi di stare fermo e immobile in un angolo del letto, non doveva
obbligarsi a non lasciarsi prendere dallo sconforto, a non tremare. Avrebbe
anche potuto piangere, ora, senza che nessuno lo vedesse, senza che nessuno
lo sapesse.
Non c'era nessuno.
Nessuno . . era da solo. E pensare che sarebbe basta una sola persona,
*lui*, perché il suo mondo fosse completamente diverso.
Touma . . era bello guardarlo dormire, così rilassato e tranquillo, che gli
respirava piano al fianco. Era dolce vederlo muoversi durante la notte,
cercarlo nel sonno fino a che lo trovava, e gli si sistemava abbastanza
vicino da poter sentire il suo calore ma non abbastanza da toccarlo,
sorridendo. Gli scaldava il cuore standogli semplicemente accanto, lo
salvava dall'abisso nero in cui tendeva a calarsi solamente cercandolo nel
sonno, lo amava dormendogli vicino. Quante volte si era dovuto trattenere
dall'abbracciarlo? Lo avrebbe svegliato e Touma . . Touma adorava dormire.
Gli bastava stare lì e avere la possibilità di guardarlo, avrebbe potuto
avere il tempo e l'occasione di dirgli . . non trovò le parole. Un nodo gli
si formò all'altezza del cuore impedendogli quasi di respirare.
Affondò il capo nel cuscino. Perché era così difficile ritornare
indietro?
Ritornare al periodo in cui era solo? In cui non aveva nessuno che gli
vivesse al fianco, in cui non aveva nessuno che gli vivesse nel cuore, che
desse un senso a tutto. A ogni respiro, a ogni secondo. Ritornare a quando
non c'era Touma con lui. Ritornare a quando faceva quello che doveva fare e
basta.
Dannazione, la vita non era forse abbastanza complicata per doversi mettere
a confonderla ancor di più con legami assurdi? Come poteva essere stato
così stupido? Mettersi con lui, di tutte le cose . . eppure non riusciva a
vederlo come uno sbaglio. Se c'era, anzi, una cosa giusta, nella sua vita,
quella era stata Touma. Gli sembrava impossibile amarlo ancora così. Amarlo
nonostante tutto. Amarlo nonostante se stesso. L'idea di non averlo più
accanto gli era intollerabile, soprattutto durante quelle notti insonni e
terribili che duravano un'eternità, soprattutto durante quei giorni sempre
uguali a loro stessi, soprattutto sempre. Che voglia che aveva di mettersi a
urlare! A tremare e piangere, chiamandolo. Andare a bussare alla sua porta,
incurante di Shin e di tutto, chiedendogli in ginocchio di dargli un'altra
possibilità, di odiarlo magari, ma . . ma dirglielo. Parlargli. Cosa
avrebbe dato per potergli parlare ancora? Per potergli dire tutte quelle
cose che non gli aveva mai detto perché gli erano rimaste incastrate
dentro.
Deglutì con forza.
Compostezza. Doveva ritrovare il suo equilibrio. Doveva ricomporsi. Un
samurai amava e moriva chiuso nella sua corazza di seta e acciaio, non c'era
altro che valesse il suo onore. Ricordava? Anni e anni di allenamento, di
insegnamenti, non potevano essere svaniti nel nulla. Era mattina. Erano
quasi le sei ed era ancora a letto. Cosa bisognava fare alla mattina? Era
semplice rivedere davanti agli occhi quella pagina dell'Hagakure: 'ogni
giorno aspettatevi la morte affinché, quando sarà il momento, possiate
morire in pace. La sventura, quando arriva, non è mai tanto atroce quanto
si temeva. Compite ogni mattina l'esercizio di calmare il vostro spirito, e
immaginate il momento in cui forse sarete straziato o mutilato da frecce, da
lance e da sciabole, trascinato da onde smisurate, gettato tra le fiamme,
colpito dal fulmine, travolto da un terremoto, precipitato in un abisso o
sul punto di morire di malattia o per una circostanza imprevista. Morite col
pensiero ogni mattina, e non avrete più paura di morire.'
Ma Seiji non aveva paura di morire! Lui voleva solo . . Touma. Eppure si
ricordò suo nonno. Se fosse tornato a casa raccontandogli cosa aveva fatto,
la sua malattia, la sua leggerezza che forse aveva causato la rovina anche
della persona che amava . . lo vedeva. Ce l'aveva chiarissimo davanti agli
occhi, suo nonno, composto e impassibile, una roccia intagliata che non era
che sfiorata dalle intemperie della vita. Sapeva cosa avrebbe detto . .
niente. Non avrebbe parlato. Gli avrebbe porto la spada.
'Preparati a morire, Seiji, perché l'onore vale più della vita. Il tuo
onore deve essere più importante e devi essere pronto a morire per salvarlo
o per purificarlo.'
Aveva macchiato il suo onore e di riflesso l'onore di tutta la sua famiglia
con il suo comportamento. C'era solo una cosa da fare. Sì. Suo nonno
l'avrebbe pensata così. E chi era lui per dirgli che si stava sbagliando?
Aveva plasmato tutta la sua vita su quello che gli aveva insegnato, eppure
aveva sbagliato comunque. Lasciare Touma non era sufficiente. Avrebbe dovuto
lasciarlo in maniera più . . definitiva. Avrebbe dovuto morire per lavare
il proprio onore e per espiare la propria mancanza nei suoi confronti.
Strinse le palpebre con forza.
Morire. Suo nonno avrebbe parlato di vita e di morte, mentre lui gli parlava
di amore. Sarebbe stato davvero un atto d'amore nei confronti di Touma
togliersi la vita? Perche non riusciva a crederlo? Perché non riusciva a
immaginarsi Touma felice nel sapere che si era suicidato? Era paura? Non
losapeva . . era stanco.
Non voleva tornare a casa. Voleva stare lì. Voleva . . avrebbe voluto avere
delle lacrime da versare, da qualche parte. Forse avrebbe potuto rendere
unpo' più leggero il suo cuore. Forse. Non lo sapeva.
Aprì gli occhi, erano le sei passate. Avrebbe dovuto alzarsi a meditare.
Avrebbe dovuto alzarsi e impegnarsi nei suoi esercizi. Sapeva cosa avrebbe
dovuto fare, ma era stanco. Guardò la finestra, la pioggia, il cielo
grigio, l'oscurità e si accorse di non avere la forza di fare altro.
Qualcosa gli scivolò piano sul cuore, come un drappo leggero che gli
velasse appena i sensi. Troppa confusione, troppa amarezza, troppa
solitudine.
Disperazione.
Se gettava via anche il proprio onore, gli insegnamenti di suo nonno, cosa
gli rimaneva se non il nulla e il dolore che sentiva dentro? Il freddo che
lo circondava e gli mordeva il cuore sarebbe bastato per riempirgli l'anima?
^^^^^
Touma si sentiva strano.
Faceva freddo ed era troppo presto per i suoi soliti standard, eppure non
era riuscito a stare a letto. La casa vuota e silenziosa gli sembrava
stranamente opprimente mentre il cuore gli stava battendo in gola. Aveva
un'ansia strana che gli cresceva dentro, una fretta che mozzava il fiato e
che non sapeva da dov'era nata.
La porta della palestra era chiusa eppure era da lì che spirava tutto quel
freddo. Tremò fino alle ossa quando posò una mano sulla maniglia poi si
fece forza e spinse. I cardini scivolarono in silenzio, aprendogli la strada
verso una stanza ampia, vuota.
No.
Non era vuota.
C'era Seiji inginocchiato al centro della stanza con indosso un kimono
bianco. Se l'era fatto scivolare giù dalle spalle e il suo busto sembrava
quello di una statua, scolpito nel marmo più chiaro e puro che Touma avesse
mai visto. A pochi centimetri dalle sue ginocchia c'era la sua spada, nel
fodero nero e lui la stava fissando, immobile, concentrato.
Si stava allenando. Touma non capì il motivo ma c'era qualcosa dentro di
lui che gli urlava che c'era qualcosa che non andava. Seiji era fermo, stava
meditando, sembrava. Poteva andarsene, c'era solo quello strano kimono,
quella posa . . qualcosa, insomma, qualcosa che faceva sembrare quella scena
come un bozzetto per un monumento funerario.
Lo sentì chiaramente prendere un profondo respiro, tendere la mano con
calma ed eleganza e stringere le dita contro l'elsa scura. La lama
scintillò tra di loro uscendo con un sospiro dal fodero poi fu rapito dai
movimenti secchi di Seiji, come se il biondo spadaccino non avesse mai fatto
altro in tutta la vita, come se tutte le mattine avesse avvolto una lunga
striscia di seta intorno alla spada in quel modo.
Era per . . per riuscire a tenere in mano la lama senza tagliarsi con il
filo. Era rimasto nudo solo un palmo di acciaio che brillava freddo e
distante.
Che brillava come brillavano gli occhi di Seiji, quando alzò il capo. Touma
era di fronte a lui, in piedi, eppure parve non vederlo, il suo sguardo lo
attraversò come se fosse di vetro. Voltò la spada.
Touma non riuscì a credere a quello che vedeva.
Un goccia, una piccola goccia di sangue sulla punta della spada. Una
pressione leggera e quella goccia rossa e oscena, assurda, indescrivibile
nel suo orrore granata contro il candore immacolato di quella scena. Una
pennellata impossibile di colore che gli sconvolse la mente, che fu come un
pugno in pieno stomaco, una doccia gelata in una mattina d'inverno, un
dolore ineffabile, un terrore infame.
Sapeva cosa stava facendo. Eppure Touma non riuscì a muoversi, era come
incantato di fronte a quel gesto, un movimento rapidissimo che recise i
muscoli addominali, poi risalì, la lacerazione divenne enorme, pochissimo
sangue gli scorreva addosso, incredibilmente.
Non trovò la voce fino a che non vide la lama affondargli in gola e il
sangue finalmente uscire a fiotti. Chiuse gli occhi e urlò.
Urlò.
Urlò . .
"NO!"
Scattò a sedere, ghiacciato fino al midollo. La stanza scura e silenziosa
gli parve quasi un sogno in bianco e nero. Si passò una mano sugli occhi.
Era quello di prima ad essere un sogno, Seiji non si era ucciso, non era
morto . . una mano gli sfiorò una spalla. Shin gli si fece vicino,
preoccupato.
"Touma? Cosa è successo? Un incubo?"
. . Seiji non era lì con lui.
"Solo un . . uno stupido incubo."
Riuscì a non far tremare la voce ma si ritrovò a non sopportare il
contatto della pelle di Shin. Si lasciò cadere a peso morto sul letto
avvolgendosi nelle lenzuola. Aveva il cuore che gli faceva male, non voleva
parlare con nessuno, non voleva nessuno fra i piedi, non voleva che Seiji .
. cercò di calmarsi.
Gli capitava di avere incubi e quando succedeva . . Seiji era lì. Se lo
ricordava, le sue braccia, la sua voce bassa, gentile, il volto rilassato,
calmo e le sue dita che gli passavano fra i capelli mentre sussurrava frasi
tranquillizzanti e luminose, in grado di allontanare anche il ricordo
dell'orrore.
Ricordava le sue mani sottili dalle dita lunghe e flessuose, ricordava le
sue carezze, dolcissime, estenuanti, se le ricordava lungo la schiena, le
spalle, il collo; ricordava i brividi che gli strappavano e la gioia che gli
donavano. Ricordava le sue labbra, i suoi baci, ricordava il suo sguardo,
ametiste scintillanti, un'alba di primavera con molto vento, purissima, non
poteva essere più luminosa; ricordava il suo sorriso, solo un'ombra a
sfiorare quel viso perfetto, ma un'ombra che regalava solo a lui. Ricordava
il suo fiato leggero sulla pelle. Ricordava la sua voce, bassa, pulita,
gentile, quando parlava e quando sorrideva per lui, e la ricordava quando .
. quando l'orgasmo lo faceva cantare, e aveva la pelle un po' arrossata,
lucida dal sudore, i capelli fili d'oro sparsi sul cuscino o una morbida
cortina a velargli appena il viso, quella luce che gli esplodeva dentro, il
volto stravolto, il respiro veloce. E lui che non riusciva a non dirgli che
era bellissimo, e Seiji che lo guardava stupito, si passava una mano fra i
capelli e sorrideva. E i loro giochi, quando ridevano entrambi, sottovoce,
per non svegliare gli altri. E il corpo di Seiji premuto contro il suo, il
suo capo sulla spalla, il loro parlare dopo l'amore, Touma che lo inondava
di baci che cercava di fargli il solletico e Seiji che non lo scacciava ma
rideva e lo abbracciava e i suoi occhi brillavano come due stelle e lo
faceva sentire in paradiso . .
Touma affondò il capo nel cuscino.
Ecco. *Quelli* erano i pensieri che avrebbe dovuto fare, i sogni in cui il
protagonista era Seiji, non altri. Non la stupidaggine di vederlo morire,
uccidersi! In quel modo, poi! Non sarebbe sopravvissuto . . non gli sarebbe
sopravvissuto se avesse fatto una cosa simile.
Desiderava con tutte le sue forze correre in camera sua e vedere . . e
spalancare la porta di corsa e prenderlo tra le braccia e stringerlo,
sentirlo vivo e caldo e baciarlo, baciargli il viso, la fronte, gli occhi,
le guance, dirgli che lo voleva, che non poteva stare senza di lui, che non
poteva allontanarlo così, che lo amava. Che se Seiji non voleva, non
l'avrebbe più toccato, non avrebbe più neppure pensato a fare sesso con
lui, ma che voleva essere al suo fianco, sempre e che non gliene fregava
niente di quello che avrebbe potuto attaccargli perché tanto prima o poi
dovevano morire tutti, e se il suo destino era quello . . voleva essere al
suo fianco, voleva vivere tutta la vita che gli restava con lui. Perché
solo lui e nessun altro gli dava . . la tranquillità, la sensazione di
completezza, di appagamento, di . . non trovò le parole, la sua mente
inciampò in sensazioni troppo complesse e si diede per vinta.
Seiji non lo voleva. Era stato chiaro, no? E se era tanto idiota che non
riusciva a capire una cosa tanto banale si meritava tutto quello che gli
stava succedendo. Touma strinse i denti. Sarebbe stato tutto più semplice
se non avesse sentito dentro quello che provava. Sarebbe stato molto più
facile se fosse stato solo un bel ragazzo con cui scopare, come Shin. Con
Shin era tutto semplice, era tutto chiaro. Ogni cosa aveva un suo nome, ben
definito, niente zone grigie, niente cose indefinite, niente equivoci.
Niente 'ti amo'. E invece Seiji . . Seiji era bello, ma non solo. Era
fantastico avercelo fra le braccia, era un sogno sentirlo ridere, era
incantevole sentire le sue mani addosso, era meraviglioso possederlo, era
meraviglioso *essere* posseduti da lui, ma non era tutto qui. C'era altro.
Altro che forse neppure Seiji stesso sapeva di possedere, la luce, forse . .
ma no, non solo. Altro, molto altro, qualcosa di senza nome. Come aver
trovato davvero il proprio completamento. Qualcosa per cui non esistevano
parole.
Ma Seiji non c'era. Aveva preferito voltargli la schiena, aveva preferito
stare da solo, aveva preferito affrontare il dramma in solitudine piuttosto
che condividerlo con lui. Il gelo gli sfiorò il cuore, facendoglielo
tremare.
Un sospiro poi Touma gettò di lato le coperte.
"Dove vai? E' presto!"
Shin aveva ragione. La sveglia segnava le sei. Non aveva mai messo un piede
giù dal letto a quell'ora. Bhè, cera sempre una prima volta per tutto, no?
"Non riesco a dormire."
Si chiese cosa avrebbe mai fatto a quell'ora di mattina in giro per casa ma
non era che fosse una cosa importante. Bastava smettere di pensare a certe
cose. Chissà quando sarebbe riuscito a non pensare più a Seiji?
^^^^^
Quando Ryo scese in cucina non sapeva ancora come sarebbe stato meglio
comportarsi. Con Shin e con Touma soprattutto, ma anche con Seiji. Shuu per
lo meno sembrava sapere tutto di tutti per cui . . bhè il problema non si
poneva, doveva essere l'unico ad avere un quadro generale della cosa, e
l'unico al quale tutti andavano a chiedere consigli. Aveva giusto intenzione
di parlargli da solo.
Si sedette dopo aver salutato gli altri abbastanza a bassa voce. Non
riusciva ovviamente ad essere del suo solito umore ma nessuno degli altri
parve prestargli troppa attenzione. Shin gli sorrise, uno di quei sorrisi
smaglianti a centotrenta denti che di solito gli avrebbero scaldato il cuore
ma che ora riuscivano solo ad annodargli lo stomaco. Perché gli sorrideva
così? Scosse il capo passandosi una mano fra i capelli. Non capiva . . non
è che si meritasse molto di più di quello, solo che Shin si stava proprio
mettendo d'impegno a farlo diventare matto.
Touma appoggiò sul tavolo il bicchiere vuoto di succo di frutta e fece per
alzarsi.
Strano. Di solito alle otto e mezza era difficile trovarlo già in piedi,
soprattutto quando il tempo, fuori, era tanto grigio e uggioso che pareva
promettere qualcosa solo se si fossero passate a letto la maggior parte
delle ore. Invece Touma non solo era in piedi ma aveva già finito la
colazione, aveva lasciato il pc acceso su cui stava lavorando addirittura
prima di venire a tavola.
Ryo lo guardò di sfuggita, poi voltò il capo verso gli altri.
"Dov'è Seiji?"
Per un istante tutti e tre si fermarono, immobili, silenziosi, poi Shin
corrugò la fronte mentre Touma si allontanava senza spiccicare una parola.
"Non è ancora sceso."
La voce di Shin tremava appena. Ryo si sentì invaso da un'angoscia senza
nome. Come ' non è ancora sceso' ? Era come dire che non si era ancora
svegliato! Era come dire che non aveva fatto i suoi allenamenti quotidiani!
Non era possibile!
"Non è che non l'avete visto?"
Shin scosse il capo distogliendo gli occhi.
"Touma si è alzato presto stamattina e mi ha detto che non è uscito
dalla sua stanza."
Touma si era svegliato presto?! Touma *non* si svegliava presto, era roba
del suo DNA, era una cosa assurda pensarlo, non era possibile. Ryo sentì la
gelosia combattere contro la preoccupazione e rimanere pari lì a fissarsi,
il cuore che gli si spaccava in due. Seiji era in stanza da solo . . malato
. . il terrore prese decisamente il sopravvento, balzando in piedi.
"Ma qualcuno è andato a vedere come sta? E' malato!"
Shin scosse il capo mentre gli appoggiava una mano su un braccio.
"Siediti, Ryo, magari vuole stare un po' in pace. Non dev'essere facile
per lui."
Aveva abbassato la voce, riducendola a un sussurro, per sembrare ancor più
dolce, o forse per non far sentire Touma, nell'altra stanza, Ryo non lo
sapeva con sicurezza, sapeva solo che era meraviglioso. Si schiarì la gola
scuotendo con forza il capo.
"Hai ragione, però metti che . . che non stia bene . . non possiamo .
. "
Il fiato gli morì in gola. Gli occhi di Shin brillavano meravigliosi,
legati ai suoi com'erano. Era preoccupato, sentiva la sua ansia camuffata,
sentiva la sua inquietudine, sentiva il suo istinto di correre su per le
scale e andare a controllare, ma sentiva anche il suo imporsi di non farlo.
Ma perché? Shin era sempre stato quello che si preoccupava di tutti!
Perché non . . poi si ricordò di Touma e si diede del coglione. Era
davvero poco probabile che Seiji si sarebbe sentito meglio a vedere il . .
mhm . . l'attuale amante di Touma. Ryo sentì un fuoco bruciargli
all'altezza del cuore, gelosia probabilmente e si staccò da quel contatto
leggero.
Shuu, di fronte a loro, si alzò in piedi raccogliendo l'occhiata dolce e
tormentati di Shin.
"Nessuno di voi è bene che si faccia vedere, vado io."
Shin lo inondò con uno sguardo traboccante di gratitudine.
"Shuu! Chiedigli come sta . . e anche se ha bisogno di qualcosa, se
vuole qualcosa da mangiare, del te . . "
Shuu scomparve oltre la porta agitando appena la mano nell'aria. Ryo lo
fissò appena un po' corrucciato.
"Potevo andarci anch'io! Seiji è mio amico."
Shin gli sorrise.
"Oh, adesso si dice così?"
Si voltò per chiedergli cosa diavolo intendesse quando vide il suo sguardo.
*Quello* sguardo. Luminoso, scintillante, un po' malizioso, che sapeva dire
più parole che un intero discorso.
Ryo deglutì sentendo la sua mano sfiorargli la spalla, il suo volto
farglisi sempre più vicino . . oddio, l'avrebbe baciato! Oh sì sì sì! Le
sue labbra addosso, le sue mani, il suo corpo . .
Shin sollevò due dita, gli sfiorò leggero le labbra poi si allontanò
ritornando seduto comodo sulla sedia. Ryo lo fissò sbattendo le palpebre.
"Ehm . . Shin io . . "
Scosse leggero il capo.
"Non importa, Ryo. In fondo, quando è successo tutto noi ci eravamo
già lasciati, no?"
Un pugno nello stomaco semplicemente guantato nel velluto. Ryo lo fissò a
bocca spalancata per un lungo attimo poi cercò qualcosa da dirgli, qualcosa
che non venne di fronte alla calma espressione tranquilla di Shin, come se
non fosse successo nulla. Come se avesse detto la cosa più normale del
mondo.
Ok, ok, adesso avrebbe preso il coraggio a quattro mani e gliel'avrebbe
detto. Non sembrava per nulla arrabbiato o . . offeso . . era strano . .
veramente non aveva mai immaginato che avrebbe reagito in questo modo. Non
sapeva *come* avrebbe dovuto reagire, a dire il vero. Non che lui sapesse
come bisognava reagire in certe situazioni, solo che tutto quello non gli
sembrava da Shin. Si passò una mano tra i capelli con un sospiro.
"Shin, volevo parlarti proprio di questo. Io . . "
Lui scosse il capo con forza.
"Lascia perdere. Non sei preoccupato per Seiji?"
"Certo che sono preoccupato ma io e te dobbiamo parlare."
Shin gli scoccò un sorriso assassino.
"Sarà. Credevo che tu avessi già detto tutto quello che dovevi
dirmi."
Ryo arrossì fino alla punta delle orecchie e si limitò a far passare i
minuti che, lenti e pacifici, trascorsero tra di loro gocciolando a ritmo
della pioggia. Si ritrovò di colpo a fissare Shin alzarsi di fretta e
avvicinarsi a Shuu appena rientrato in cucina. Ryo aguzzò le orecchie. Era
ritornato ad una velocità incredibile, e anche preoccupante.
"Allora?"
Shuu scosse il capo.
"Ha detto che sta bene, è a letto."
Ryo sollevò un sopracciglio con fare dubbioso mentre Shuu si strinse nelle
spalle.
"Hai sentito se ha la febbre? Vuole qualcosa da mangiare?"
La voce di Shin trasudava preoccupazione e Ryo lo comprendeva.
"Non ha voluto che lo toccassi, mi ha detto di lasciarlo in pace che
voleva stare solo. E che non voleva nulla. Era . . strano."
Shuu chinò il capo. Strano non era il termine giusto. Amareggiato, quasi
distrutto. Non era la persona più sensibile del gruppo ma aveva sentito la
solitudine entro la quale si era avvolto e non credeva fosse una cosa
positiva. Avrebbe dovuto rimanere con lui, avrebbe dovuto fare qualcosa, ma
Seiji non gli aveva lasciato neppure uno spiraglio, non un appiglio o una
speranza. Forse se non fosse andato lui ma qualcuno che Seiji considerasse
più 'vicino' . . Shuu scosse il capo.
Vicino. Solo Touma poteva fregiarsi di un tale nome nei suoi confronti, e
non era certo che, ora come ora, sarebbe stata una mossa da fare. Né per
Seiji né per Touma stesso.
Ryo gli posò una mano sul braccio.
"E' ancora lontano?"
Shin lo fissò quasi stranito. Che termine! Eppure, Shuu si accorse, era
perfetto. Sì, Seiji era lontano, assolutamente, terribilmente lontano,
chiuso come nel suo mondo in cui non voleva che nessuno entrasse. Annuì in
silenzio e sentì Ryo sospirare, afflitto.
" Non è . . non può andare avanti così . . dobbiamo fare
qualcosa."
Shuu scosse il capo, impotente, Shin gli scoccò un nuovo sguardo, questa
volta ben più dolce, gentile come una carezza ma Ryo quasi non se ne
accorse. Si sentiva colpevole. Si era comportato come un idiota con lui alle
terme e forse si era giocato la sua fiducia. Seiji aveva bisogno di loro,
aveva bisogno di qualcuno a poi appoggiarsi, l'aveva visto distrutto, quasi
davvero troppo lontano perchè qualcuno potesse raggiungerlo e lui . . non
aveva fatto nulla. Si passò una mano davanti agli occhi. Perché diamine
Seiji non era una persona normale che chiedeva aiuto agli amici quando era
nei guai? Perché aveva quel suo maledetto orgoglio? Perché era così . .
così?
Shuu allargò le braccia.
"Adesso che facciamo?"
Shin sospirò.
"Come si fa ad aiutare una persona che non vuole essere aiutata? Magari
. . magari bisogna solo lasciargli tempo. Forse è solo . . stanco."
Ryo lo guardò annuendo in silenzio. Lasciargli tempo. Era stato un idiota.
Idiota! Idiota! Idiota! Era riuscito a fare *tutto* sbagliato. Prima Shin e
poi Seiji. Seiji . . se con Shin era stato un idiota, con Seiji aveva fatto
il coglione. Era stato stupido e superficiale, era stato avventato, non
aveva pensato ai sentimenti di nessuno se non i propri. Anzi neanche i
propri 'sentimenti', ma le proprie pulsioni. Aveva distrutto tutto, la sua
fiducia, soprattutto, e la fiducia di Seiji era una cosa così difficile da
conquistare che perderla era come perdere il più grande dei tesori.
Poi c'era Shin. Incrociò il suo sguardo luminoso e bello come una stella e
improvvisamente si trovò sul punto di scordare tutto, ogni problema su
Seiji, sugli altri, sul gruppo. Aveva Shin lì davanti, che lo guardava
così, gli sorrideva, lo faceva sentire al centro dell'universo. Cosa poteva
andare male? Cosa poteva esserci d'altro di una certa importanza? Solo
quegli occhi castani e luminosi, mille pagliuzze d'oro a infiammare
l'espressione, a rendere cangiante la purezza del suo cuore.
Sentì la mano di Shin infilarsi fra le sue, le dita intrecciarsi alle
proprie, la sua espressione a metà tra il preoccupato e il rapito lo fece
sorridere.
"Shin . . possiamo parlare?"
Era visibilmente depresso, Shin non avrebbe potuto dirgli di no neppure se
avesse voluto farlo. Ovviamente non voleva. Lo prese sotto braccio.
"Sei responsabile di quel che sta succedendo."
Ryo annuì stancamente.
"Lo so e sto cercando di sistemare un po' il casino che ho fatto.
Voglio iniziare da te."
Shin gli si strinse contro e Ryo sentì il corpo trapassato da mille
scariche elettriche. Da quando Shin era così sensuale? Da quando era così
. . oh dannazione . .
"Ti va se andiamo in camera mia? Ci sono andato raramente da quando ho
incominciato a dormire da Touma."
Un nuovo pugno sferrato questa volta in pieno viso. Ok. Se lo meritava.
Cercò di non tremare, cercò di soffocare la risposta acida che gli sorse
alle labbra ma non riuscì a mascherare la sua reazione abbastanza perché
il suo compagno non se ne accorgesse. Anche perché, molto probabilmente,
l'aveva fatto apposta. E comunque c'era riuscito in pieno.
^^^^^
La camera di Shin era immacolata pur nella lieve confusione che vi aleggiava
sempre. Ryo si guardò intorno come se fosse la prima volta che vi metteva
piede mentre il suo compagno si sedette con grazia sul copriletto azzurro
continuando a sorridere. Era tutto così . . a proprio posto. I colori, i
soprammobili, i poster alla parete, i libri, tutto aveva l'esclusiva,
delicata impronta di Shin, addosso. Anche la felpa che era scivolata giù
dall'appendiabiti e ora era sul pavimento, anche il bicchiere vuoto
appoggiato sul comodino nella grigia opalescenza che proveniva da fuori,
tutto brillava perfetto.
Ryo tossicchiò innervosito.
"Avanti, Ryo, di cosa dovevi parlarmi?"
"Di noi."
Di botto, senza darsi tempo di fermarsi, di pensare perché altrimenti
credeva che non ci sarebbe mai riuscito. Già il fiato gli era scivolato
fuori a forza dei polmoni e aveva fatto resistenza all'altezza della gola,
inciampando sui denti prima di rotolare fuori. Ora riusciva solo a sentirsi
uno stupido illuso, a sentire il brivido della paura e la lieve vertigine di
fronte all'idea di passare una vita senza Shin. L'aveva perduto?
"Noi, Ryo? Mi sembrava che tu non volessi più che ci fosse alcun 'noi'
di cui preoccuparsi, o sbaglio?"
Non sorrideva più, era serio e i suoi occhi lampeggiavano decisi e sicuri,
quasi pericolosi.
"Sono . . ho sbagliato, Shin. - Ryo chinò il capo - Lo so che non
conta molto quel che dico e ti capirei se non volessi perdonarmi, ma ho
capito che . . che sei importante. Ho capito che senza di te non credo di
farcela. Io . . sono stato stupido e crudele e soprattutto stupido a
lasciarti . ."
Un respiro silenzioso, poi un altro. Ryo non ebbe il coraggio di sollevare
il viso. L'aveva perso davvero? Non riusciva, non poteva crederlo!
"Ryo, vuoi che ti perdoni, è questo che mi stai chiedendo?"
Sollevò il capo per trovarselo in piedi, sorridente, a due passi da lui.
Sorrideva, per cui magari non era tanto arrabbiato . .
"Sì, ti chiedo . . ti chiedo scusa . . non so a cosa pensavo quando .
. "
Shin mosse un passo verso di lui, una nuova luce negli occhi. Sollevò una
mano per sfiorargli una guancia.
"Oh, sono certo che ti ricordi benissimo a *chi* stavi pensando,
vero?!"
Ryo arrossì di nuovo. Il contatto della sua pelle contro la guancia era
abbastanza per impedirgli di capire cosa mai stesse succedendo davvero. Shin
*non* sembrava affatto arrabbiato . . si sbagliava? sarebbe bastato così
poco? Ma cosa . .
"Oddio . . non so che dirti oltre al fatto che mi spiace . .
immensamente."
Lo vide ridere a bassa voce.
"Lo immagino! Shuu me l'ha detto."
Ryo spalancò gli occhi e stava per chiedergli cosa gli avesse detto e cosa
centrasse Shuu e che punizione avesse in mente di fargli scontare perché
lui era disposto a sopportare di tutto per riavercelo indietro quando quel
corpo sottile e flessuoso si premette contro il suo. Le labbra sulle labbra.
Il fiato mozzato.
Shin fra le braccia.
Se fino a un momento prima aveva avuto l'impressione di stare camminando
sull'orlo di un precipizio, ora ci stava cascando dentro. E non si era mai
accorto di quanto potesse essere bello abbandonarsi alla gravità, alle
forze più grandi dei semplici esseri umani. Gli cinse la vita, affondò una
mano nei capelli e approfondì il bacio. Sapeva di freschezza e gioia, era .
. pulito, bello, meraviglioso, gli mugolò fra le braccia e Ryo si sentì al
colmo della felicità, lo sentì ridere sulle sue labbra e lo fece arretrare
di un passo, poi un altro e un altro fino a spingerlo sul letto.
Shin gli morse un labbro poi si chinò sul collo lasciandogli una fila di
piccoli morsi leggeri a contornare il volto, il petto . . Ryo era una polla
di magma fuso.
"Vuoi . . questo vuol dire che . . mi hai perdonato?"
Shin sorrise staccandosi da lui sfilandosi la maglietta e gettandola sul
pavimento, poi fece lo stesso con quella di Ryo e riprese il suo lavoro. La
pelle di Ryo era scura paragonata a quella appena ambrata di Shin, e non si
segnava facilmente. Dovette mettersi d'impegno a lasciargli un piccolo
livido appena sotto un capezzolo mentre il suo compagno tremava e gemeva
sotto di lui.
Un suono roco che gli usciva dalla gola. . si ritrovò a sorridere pensando
a quanto fosse bello avere Shin con sé, a sentirlo, a possederlo . . Shin
gli addentò un capezzolo e lo fece arcuare sulla schiena. Ryo gli infilò
le mani fra i capelli, stringendoli con forza, cercando di non tirarli,
cercando di non perdere il controllo, cercando di non lasciarsi troppo
andare . . come se fosse stato facile! Insomma, Shin era . . quasi urlò a
sentire quella manina iniziare a sbottonargli i jeans, subito seguiti dalla
sua bocca.
Correnti calde e brividi di freddo tutto insieme gli squassarono il corpo.
Era una follia, eppure solo Shin riusciva a . . mhm . . accenderlo in così
poco tempo, tanto in fretta, con tanta forza. Ryo riuscì a soffocare un
gorgoglio più alto degli altri poi lo prese per le spalle stringendoselo
sulle labbra. Era sudato tanto quanto lui, il suo petto sottile era morbido
e meraviglioso, avrebbe passato al vita a baciarlo, se solo gli avesse
lasciato tempo, ovvio. Lo allontanò da sé quando si trovò a non avere
più fiato per reggere il bacio e cercò di sfilargli i calzoni il più
gentilmente possibile. In poche parole glieli strappò di dosso.
Nudo era ancor più bello di quel che si ricordasse. I capelli castani e
caldi scintillavano d'una sfumatura che quasi si armonizzava con il colore
della sua pelle, vellutata e tiepida oltre ogni dire. Lo vide sorridere
passandogli le braccia intorno alle spalle, lo sentì sistemarsi sopra di
lui, fra le sue gambe, gli imprigionò di nuovo le labbra e abbassò
lentamente il bacino.
Ryo soffocò un ringhio, poi un altro e un altro. Era semplicemente andato
troppo oltre, non riusciva a mantenere il controllo in quel frangente. Lo
sollevò fra le braccia posandogli la schiena sul letto mentre, furibondo,
non riusciva a far altro che aumentare il ritmo e ancora e ancora . .
Shin gli danzava fra le braccia, lo sentiva gemere appena, gli vedeva il
volto arrossato e lucido e le labbra appena increspate da un sorriso. Era
troppo bello. Non resse che pochi altri affondi. Quando venne gli parve di
essersi svuotato completamente dentro di lui, di aver espulso settimane di
casini e sciocchezze varie. Gli veniva quasi da piangere . . non l'aveva
perso . . si chinò fra le sue gambe per dargli la soddisfazione che
meritava e si ubriacò di quel sapore amaro e acido insieme, così simile
alle lacrime . . lacrime di sollievo o di gioia . . non sapeva dire.
Quando ebbe finito lo prese fra le braccia, cullandolo piano, lasciando che
i loro cuori ritornassero a battere a un ritmo normale, lasciando che i loro
profumi ritornassero a mischiarsi.
"Ti amo . . "
Shin sospirò sollevandosi a sedere poi si guardò intorno e iniziò a
vestirsi.
"E' ora che vada, Ryo. Devo ancora lavare i piatti, giù."
Ryo gli sorrise.
"Io . . ti devo ringraziare. Non credevo che . . non credevo di
meritarmi subito tanto. Io speravo che succedesse, ma . ."
Shin, completamente vestito si alzò in piedi sistemandosi i calzoni.
"Mhm . . ho la strana sensazione che tu non abbia capito un
accidente."
Ryo sollevò il capo, quasi allarmato.
"Cosa intendi? Voglio dire . . *questo* come si può interpretare in
qualche altro modo oltre a . . "
Shin si fermò davanti alla porta e si voltò verso di lui. Sorrideva,
sembrava davvero soddisfatto. E divertito. *Dannatamente* divertito.
"Ryo il fatto che io ti possa avere, forse, perdonato, non significa
che siamo ritornati insieme. Per cui no, non ti odio; sì, ho intenzione di
dormire ancora con Touma; no, non sopporterò nulla che sembri anche
lontanamente una scenata di gelosia e sì, sei assolutamente un
idiota."
Gli sorrise e poi chiuse la porta dietro di sé.
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