NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili
Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha
letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un
sacco a infilarli in queste situazioni assurde!
Fuoco oscuro
di Dhely
Parte 7/?
Che
cielo meraviglioso.
Seiji socchiuse appena gli occhi di fronte ai raggi obliqui del sole alla
fine del pomeriggio e si concesse un sospiro. Fuori sul balcone era semplice
ignorare i rumori di Ryo che, alle sue spalle, finiva di preparare le sue
cose. Per tornare a casa.
A casa.
Casa. Cos'era mai una casa? Un posto in cui era bello tornare, si diceva. E
lui ce l'aveva un posto così? Sì, la villa con gli altri e con Touma.
Touma.
Una sensazione che quasi gli mozzò il fiato in gola, l'idea di trovarlo
nella propria camera e sentirsi amato, desiderato, al centro di un universo
caldo e cullante, quegli occhi, quel sorriso a metà tra il sincero e lo
scherno . . ricordi così vividi e intensi che, gli sembrava, se avesse
potuto allungare una mano li avrebbe toccati. E invece sapeva che ora,
tornando a casa, avrebbe avuto di fronte quella stessa persona senza più
quella sensazione, perché Touma non sarebbe più stato lì con lui. *Per*
lui.
Che cosa avrebbe provato? Cosa avrebbe sentito dentro? Gli dava
l'impressione di una cosa molto simile al camminare nudi e bagnati su delle
piatrelle viscide e sporche.
Era stato lui che l'aveva messo in quella situazione, non lo biasimava
affatto per il suo odio, per la sua rabbia, erano tutte reazioni più che
giustificate, solo che . . gli mancava. Seiji sapeva che non poteva
rimpiangere di averlo lasciato, l'aveva fatto per il suo bene e di questo
era ancora convinto, ma gli mancava. Gli mancava la sottile confidenza che
s'era creata tra di loro, il loro essere amici prima che amanti, il loro
riuscire a parlarsi con i silenzi, la sua presenza silenziosa e sottile ma
salda al fianco. Gli mancavano le sue parole, il suo modo di pensare, il suo
modo di porsi, il suo riuscire a mettere da parte un naturale pessimismo
solo per aiutarlo. Sempre. Non aveva mai avuto così bisogno di Touma come
in quel momento, lo sapeva bene: forse era malato, forse aveva contagiato la
persona che amava, in forse addirittura la sua permanenza tra gli altri.
Tutto quello, tutto insieme, ed era solo.
Era abituato a stare solo. Suo nonno gli aveva insegnato a contare solo su
se stesso, a non fare mai affidamento sugli altri, a prendersi la
responsabilità per tutto quello che lo circondava, era stato addestrato per
sopportare quel peso, ma ora . . ora, nel momento in cui aveva più bisogno
di ritrovare quelle abilità, Seiji scoprì di non sapere dove si erano
andate a nascondere.
E l'indomani mattina avrebbe rivisto Touma.
Si chiese sinceramente se avrebbe retto. Non si era mai sentito così . .
insicuro? Eppure era quello che stava provando, un insieme strano di
desiderio e paura. La paura terribile di trovarsi di fronte a quegli occhi,
a quel volto e leggervi . . leggervi cosa? Sarebbe stato peggio trovare odio
o indifferenza? Non ne era certo. Non era più certo di riuscire a
fronteggiare un Touma ostile e mantenere il controllo al posto di mandare
all'aria la sua dignità per . . per cosa?
Si passò una mano davanti agli occhi per cercare di capire perché il mondo
che lo circondava era diventato così opaco, e si accorse che le dita gli
tremavano. Aveva paura. Paura di averlo perso per sempre, paura di non
essere stato capito, paura di essere preso per quello che aveva illuso Touma
con frasi e gesti che non significavano nulla, paura di essere da *solo*.
Eppure non c'era un solo motivo per cercare di farlo ritornare al suo
fianco.
Aveva fatto bene a lasciarlo . . e più se lo ripeteva più perdeva il
motivo per cui l'aveva fatto. Invece ricordava benissimo le parole di Touma,
amare, furiose. Anche se avesse voluto provarci, Touma non l'avrebbe mai
potuto perdonare. Dopo tutto, era questo lo scopo che si era prefisso, no?
In effetti aveva sperato . . sperare? Sperare cosa? Non c'era nulla da
sperare . . non trovava speranza intorno a sé, vedeva solo . . era stanco.
Si sentiva di avere giusto la forza per lasciare che il suo cuore battesse,
che i suoi polmoni si alzassero e abbassassero ritmicamente e null'altro.
Ryo poteva dire quel che gli pareva, era come se non riuscisse più ad
ascoltare neppure lui. Un lampo gli solcò la mente e pensò improvvisamente
che anche tutti gli insegnamenti di suo nonno potevano tranquillamente
andare al diavolo. Era stanco di vivere come se dovesse portare sulle spalle
il peso di un mondo intero, era stanco di *non* vivere per . . da quando
dava la colpa agli altri per le proprie debolezze? Da quando era colpa della
sua educazione se lui non era più in grado di gestire la sua vita? Da
quando era così terribilmente stanco?
Non voleva ritornare a combattere i demoni, era stanco di lottare. Non
voleva essere malato, era stanco di avere paura. Non voleva stare lontano da
Touma, qualunque fosse la cosa razionalmente migliore per entrambi, non
voleva stare solo, era stanco di stare solo e di sentirsi così responsabile
e forte e maturo e quella dannata responsabilità che l'aveva ghiacciato lì
in un'immagine senza tempo, un'immagine in cui faceva sempre più fatica a
riconoscersi, in cui forse non si era mai riconosciuto, ma che era se
stesso.
Era stanco.
Era stanco di combattere contro ciò che provava, stanco di controllarsi,
stanco di essere perfetto. Ma sapeva anche di non conoscere la persona che
si nascondeva dietro l'immagine che dava di sé. Erano così tanti gli anni
durante i quali aveva rinchiuso il suo cuore, aveva messo a freno i suoi
sentimenti, aveva calcolato ogni sua reazione che non era certo di saper far
fluire le emozioni spontaneamente. A volte si chiedeva se l'avesse mai
fatto. Aveva paura di cosa sarebbe potuto diventare, aveva paura della sua
debolezza, aveva paura ed era confuso. Quanto avrebbe dato per avere il
conforto della presenza di Touma, ora? Quando le ombre dell'angoscia si
stagliavano più cupe, era solo.
Com'era giusto che fosse, poi. Perché costringere qualcuno ad accompagnarlo
in quello che doveva essere il suo inferno personale? Perché era così
*debole*? Perché era così fragile e insicuro e stupido? Stupido, sì,
stupido, perchè l'allenamento, la rigida compostezza che gli avevano
insegnato era l'unica armatura che gli rimanesse ora, quando l'amore era
svanito, quando il suo mondo stava crollando . . non aveva null'altro che
quella finzione che era se stesso e il ricordo di una persona per cui un
tempo aveva detto che avrebbe dato la vita e invece . . invece forse gli
aveva regalato la morte.
Sentì appena una presenza al suo fianco, una voce gentile a cui rispose
istintivamente. Che lo lasciassero in pace, che lo lasciassero tutti in
pace. Era stanco, voleva solo riposarsi un po' . . e si ritrasse.
Come un fiore al calar del sole, come una sirena che penetra fin nel cuore
degli oceani, Seiji si chiuse su sé stesso, allontanandosi dalla superficie
della coscienza, cercando la parte più nascosta della sua anima per
allontanarsi dal dolore, dalla stanchezza. Per riposare. O per imparare cosa
fosse la morte.
Ryo uscì sul balcone con fare soddisfatto.
"Ho finito! Possiamo partire quando ti va!"
Come risposta ebbe un 'sì' appena sussurrato fra i denti e una sensazione
orribile gli scivolò sul cuore a vedere quel viso troppo vuoto e troppo
inespressivo anche per Seiji. Gli appoggiò una mano su una spalla e lo sentì
cedere piano, come se stesse per svenire.
"Stai male? Cosa succede?"
Era preoccupato e il fatto che aprisse gli occhi avrebbe dovuto essergli di
conforto, almeno non poteva andare *così* male se aveva delle reazioni, no?
Smise di pensarlo non appena quegli occhi si furono spalancati su di lui,
vacui e remoti. Troppo distanti.
"Niente."
Seiji era *troppo* distante. Era dannatamente troppo distante. Gli passò
una mano su una spalla e lo sentì adeguarsi tranquillamente a quel
contatto. Non lo avrebbe fatto guidare neanche se avessero dovuto andare a
guardare le finali del campionato mondiale di calcio! In quello stato . .
"Hei, che ne dici di coricarti un po' prima di partire? Mi sembri
stanco."
Nessuna risposta, il capo che ondeggiò un paio di volte in avanti
facendogli cadere i capelli sugli occhi e null'altro. Ryo iniziò a
preoccuparsi davvero ma, per lo meno, stendendosi aveva chiuso gli occhi.
Rimase lì seduto sul bordo del letto mentre si dava del coglione. Cosa
pretendeva? Era ovvio che fosse sotto sopra, con tutto quello che gli era
successo! E anche se si faceva perennemente un punto d'onore nel non
mostrare al mondo quel che provasse, era ovvio che un giorno o l'altro
sarebbe crollato. Nessuno poteva vivere con quella tensione addosso! Neppure
Seiji.
Ryo si torse le mani, nervoso. Perché per crollare, dopo anni di un
controllo d'acciaio, aveva scelto un momento simile? Sospirò affranto,
passandogli una mano fra i capelli quasi sovra pensiero.
Erano morbidi al tatto ma sottili. Sembravano . . qualcosa di prezioso. Alla
luce del sole brillavano quasi dotati di vita propria mostrando sfumature
che non si era mai accorto ci fossero. Era bello. L'aveva sempre saputo a
dire il vero, solo che non si era mai accorto di quanto potesse apparire . .
fragile? Era un termine che raramente avrebbe potuto associare a qualcuno di
loro, anche Shin si poteva definirlo sensibile ma 'fragile' non lo era
proprio, e ora lo diceva di Seiji? Il samurai a tempo pieno? Il guerriero
che non si liberava mai della sua corazza? Eppure era quello che sembrava.
Probabilmente in quel momento lo era davvero.
Gliel'aveva detto un giorno e mezzo prima: era un uomo, non poteva
continuare a pretendere da se stesso una forza e un'insensibilità che non
erano possibili eppure . . Ryo sospirò. C'era cascato anche lui,
gliel'aveva detto ma non ci *credeva* davvero. Insomma, un conto era pensare
che anche Seiji potesse soffrire, ma un altro era vederlo così . . così
piccolo.
Sembrava un cucciolo, un . .
"Seiji?"
Silenzio, in risposta. Vedeva il suo petto alzarsi ed abbassarsi troppo
infretta perché stesse dormendo e passandogli una mano sul volto lo sentì
fresco. Non era malato, per lo meno non aveva la febbre. Gli passò le dita
sulla fronte, tirandogli indietro i capelli, poi le fece scivolare sulla
guancia, seguendo i contorni degli zigomi, l'arcata sopracigliare, il naso e
infine le labbra. Morbide. Piene. Era bellissimo quando sorrideva. Era
bellissimo sempre ma quando sorrideva scaldava il cuore.
Ryo si scosse. Doveva ricordarsi Seiji che era *innamorato* di un altro. Non
c'erano storie da raccontarsi, poteva utilizzare altri termini ma il succo
era sempre quello: Touma era speciale per lui e non gli era ancora passata
e, credeva, non gli sarebbe passata così in fretta. Non avrebbe mai
accettato di . . Ryo scosse il capo di fronte a quel pensiero
improvvisamente fastidioso. Lui non voleva amore eterno da Seiji. Lui voleva
solo . .bhè, per lo meno si sarebbe accontentato di . . Deglutì quasi a
fatica.
Era lì in quello stato che sembrava catatonico, forse era in trance o
qualcosa di simile e non si sarebbe affatto lamentato se l'avesse baciato.
Forse non se ne sarebbe neppure accorto . . e poi, un bacio! Che male poteva
mai fare un bacio? E lui lo desiderava da così tanto. Almeno un bacio, mica
pretendeva la luna! Non era prenderlo e voltarlo e violentarlo lì, indifeso
com'era. Non era obbligarlo a chissà che . . certo, e poi lo faceva per
lui.
Era un modo come un altro per fargli capire che Touma non era l'unico
ragazzo sulla faccia della terra, che non poteva buttarsi via così e che
non poteva continuare a stare così male per un coglione che . .
Ossignore . . le sue labbra sembravano di velluto fresco, non erano di
ghiaccio come le aveva sognate ma erano tiepide e morbide e terribilmente
invitanti. Ryo si ritrovò a succhiarle con più lentezza rispetto a quello
che avrebbe mai pensato. Ma c'era il suo sapore, lì, finalmente aveva in
bocca il *suo* sapore, aveva la sua pelle sotto le labbra, il suo corpo
sotto le dita. E ciò gli bastava, se non poteva avere il suo cuore, ebbene,
poteva farne a meno, ne avrebbe fatto a meno, si sarebbe accontentato di
quel sogno di carne e sangue che stava vivendo ora.
Fu come un terremoto a sentire le labbra di Seiji muoversi un attimo contro
le proprie. Rispondeva al bacio? Purchè non si tirasse via . . purchè non
si spostasse . . le sue mani gli scivolarono sul corpo, slacciandogli la
camicia, sfiorandolo piano, trovandolo perfetto, assolutamente,
incredibilmente perfetto. Gli sfuggì un respiro più affrettato sfregandosi
contro di lui poi gli baciò il volto, il collo, gli morse il petto, arrivò
a leccargli il pulsare della giugulare che si intravedeva chiaramente sotto
quella pelle troppo bianca e troppo tesa quando lo sentì arrivare. Un
rantolo in gola. Un sussurro strozzato, appena oltre la soglia dell'udibile.
" . . no . . "
Ryo gli prese il volto fra le mani mentre quelle ciglia lunghe tremavano
sulle guance e quando finalmente riuscì a fissare quegli occhi li ritrovò
velati, persi, ma una fiamma di coscienza brillava dietro di essi. Gli
sorrise sfiorandogli il capo.
"Seiji."
Niente scuse, niente finzioni, non servivano. Lo desiderava ed era ovvio che
anche Seiji lo sapesse, a quel punto non poteva che sperare che gli
permettesse di continuare a baciarlo, a toccarlo, a . . Seiji sollevò le
mani posandogliele sul petto e il suo respiro iniziò a divenire troppo
rapido.
Paura? Ryo ascoltò in silenzio le sensazioni che provenivano da quel corpo
e si stupì dal trovarvi quello. Paura. Seiji aveva paura? Di cosa? Di
*lui*?
Ryo aggrottò la fronte. Se aveva paura di lui era perché non l'aveva
riconosciuto. Poteva esserci di tutto tra di loro ma Seiji aveva scelto
liberamente di accettarlo come capo e non certo perché Ryo fosse più abile
di lui. Non c'era alcun motivo valido di provar timore, forse Ryo era più
forte ma la tecnica di Seiji la rendeva superflua; l'istinto di Ryo
raramente sbagliava così come faceva la tattica di Seiji. Poteva esserci
competizione, invidia, orgoglio, furia, ma non assolutamente *paura*.
Eppure era quella che c'era, che l'avvolgeva, era quella che leggeva in
quegli occhi che ora erano assurdamente grigi e luminosi ma pieni di ombre
strane. Gli passò delicatamente una mano fra i capelli, una carezza
leggera, gentile.
" . . no . . basta . . "
Gli passò un dito sulle labbra e le scoprì a tremare. Era ovvio che non lo
vedesse, aveva di fronte qualcos'altro, qualcuno del suo passato? O un
incubo.
"Sht, Seiji, sono Ryo. Ryo, ricordi? Va tutto bene."
Gli sfiorò le tempie poi chinò di nuovo le labbra sulle sue, baci piccoli,
delicati, sulla bocca, sul viso, una lunga fila di lievi tocchi su quella
pelle immacolata mentre le sue mani giacevano sempre col palmo aperto sul
petto a seguire ogni movimento del corpo di Ryo, a cavalcioni.
"Ryo? . .- un nuovo sussurro stentato, gli occhi socchiusi - Ryo, cosa
. . dove . . "
Gli sorrise in risposta.
"Va tutto bene. Andrà tutto bene. Ora rilassati, non preoccuparti di
niente, ci penserò io a te."
Seiji lottò per un attimo, internamente, contro qualcosa, poi un sospiro,
chiudendo gli occhi.
" . . no . . non . . "
Poi la voce gli mancò del tutto, tremolò soffocandosi e svanì. Ryo
sorrise sfiorandogli il viso. Era così bello. Era un 'no' consapevole
quello che aveva detto? Non credeva. Aveva bisogno di un po' di conforto e
visto che Touma era così coglione da non rendersi conto di quanto stesse
male Seiji, lui non sarebbe stato lì senza far niente.
Poi baciarlo era delizioso. La sua pelle era morbida e delicata, fresca ma
non gelida, quel corpo premuto contro il suo, sotto il suo era perfetto,
equilibrato, meraviglioso. Non c'era una sola traccia di imperfezione o
macchia. Chissà come sarebbe stato a essere ricambiati con passione? Gli
prese i polsi e si fece passare le braccia intorno al collo.
"Baciami."
Seiji obbedì. Rispose al bacio, le sue labbra si mossero piano, lentamente,
le sue braccia lo strinsero appena ma dopo tutto sarebbe bastato.
L'aveva lì, fra le braccia, sotto di sé, gli occhi chiusi, silenzioso,
tranquillo, che faceva quello che gli chiedeva. La sua pelle era lì, pronta
a essere baciata, a essere morsa. Il suo profumo, la sua consistenza . .
Seiji era un sogno di carne e sangue . . il suo corpo era una meraviglia . .
eppure . . eppure c'era qualcosa che non scattava, mancava la scintilla.
Mancava la fiamma.
Ryo si staccò dalle sue labbra con un po' di fatica e si sollevò su un
gomito a guardarlo. Era bellissimo, era proprio come se l'era sempre
immaginato e sognato, solo che . . dov'era la lotta? Dov'era la passione?
Dov'era la sensazione inebriante della vittoria? Di aver sottomesso un
superiore? Dov'era . . Corrugò la fronte. Aveva sempre pensato come
irrinunciabile una sua reazione, qualsivoglia fosse, e ora non ce l'aveva.
Scoprì improvvisamente che Seiji *non* avrebbe mai reagito come nei suoi
sogni, improvvisamente Ryo capì di aver passato mesi a sognare il corpo di
Seiji mentre si comportava come . . come se si fosse trovato perdente, alla
fine di una battaglia. Ora si rese conto di non aver nessuna voglia di
combattere contro di lui. Ora l'avrebbe voluto solo abbandonato,
meraviglioso e caldo come Shin.
Shin che rideva sempre quando facevano l'amore, Shin con la sua fame di vita
e di gioia, Shin con la sua freschezza, con la sua dolce felicità, con il
suo amore e la sua pazienza con cui sopportava tutti i colpi di testa di Ryo,
assecondandoli, Shin che *amava* fare l'amore . . Seiji non sarebbe mai
stato così. Non con *lui* per lo meno.
Chiuse gli occhi con forza cercando di rimettere insieme i pezzi di quel
casino che era diventato la sua mente e si scoprì improvvisamente certo sul
da farsi. Seiji era un sogno ma non era per lui. Non gli apparteneva, e
anche se non aveva bisogno del suo cuore, di sicuro non poteva neppure . .
toccarlo . . in quel modo, come se fosse stato una bambola a cui avessero
tagliato i fili, consapevole ma distante, indifferente. Era di un altro, e
chissà, magari a quell'altro mostrava davvero tutto il suo fuoco, tutta la
parte più nascosta di sé che, Ryo seppe, lui non avrebbe mai visto.
Un buon modo per ammettere la sconfitta. Si sentì improvvisamente triste e
quando abbassò di nuovo lo sguardo su Seiji si sentì stringere il cuore.
Si lasciò scivolare le sue braccia giù dalla spalle e scosse il capo. Era
dannatamente bello e non sarebbe mai stato *suo*, era di qualcuno che non
era certo l'avesse mai voluto con tanta forza quanto lui. Eppure Ryo si
accorse anche di avere anche lui un sogno, e non era Seiji. C'era qualcun
altro che lo stava aspettando a casa, c'era qualcun altro per vivere con gli
occhi ben aperti sul mondo e non più riunchiusi in un mondo di fantasia.
Seiji rimase immobile e la sua voce era talmente bassa che Ryo faticò quasi
a udirla.
"Hai . . hai finito?"
Ryo lo prese per le spalle facendolo sedere.
"Non . . non hai idea di quanto mi dispiaccia! - chinò il capo, la
voce quasi rotta - Io non volevo . . insomma . . "
Lo videre scuotere il capo e quando si decisa ad alzare gli occhi se lo
ritrovò immobile, nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato, il capo
chino, gli occhi strettamente chiusi. Ryo si passò una mano sugli occhi
asciugandosi le lacrime.
"Non importa. Non è successo . . nulla."
"Sì, ma avrei dovuto . . - la sua fretta si spense subito, la sua
lingua inciampò passando lo sguardo su quel capelli meravigliosi,
ricordando il sapore e il profumo - Non avrei dovuto farlo senza . . se tu
non volevi . . "
Lo vide lottare un attimo per aprire gli occhi, come se fosse l'operazione
più difficile mai conpiuta in tutta la sua vita, e quando ci riuscì Ryo,
per una frazione di secondo si trovò di fronte a due buchi allucinati di
dolore e paura. Poi, molto in fretta, tutto scomparve, ritornando ad essere
quelle due incredibili pozze viola, tranquille e profonde di sempre.
"Se non avessi davvero voluto avrei potuto tirarmi indietro. - si
strinse nelle spalle con assoluta indiffernza, poi sollevò una mano a
sfiorargli il viso - Ma è stata una fortuna che tu ti sia fermato. Non
avrei potuto permetterti nulla di più. Nel mio stato anche un bacio troppo
profondo sarebbe stato pericoloso per te."
Ryo ebbe la netta impressione che il mondo stesse scricchiolando, come se
fosse sul punto di cadere in mille pezzi, frantumato. Gli aveva messo le
mani addosso, aveva ignorato un suo 'no' ed era andato avanti a soddisfare i
propri istinti e lui era *preoccupato* perché se non si fosse fermato da
solo avrebbe dovuto fermarlo lui per . . perché forse era malato?
"Se uno schifoso è sul punto di violentarti non vedo perché ti
preoccupi della sua salute!"
Seiji scosse il capo, l'espressione chiusa ed enigmatica.
"Per prima cosa tu non sei uno qualunque, sei il nostro capo. - Ryo
fece per replicare ma Seiji non gli diede tempo - Poi in questa storia . .
in *tutta* questa storia mi pare di aver già fatto l'irresponsabile oltre
ogni dire.
Credo che potrei inziare a stare attento, ormai."
Ryo si schiarì la gola. Era tutto inutile, Seiji si portava appresso il
fantasma di Touma come se fosse morto, come se l'avesse ucciso. Non capiva
che . . sospirò affranto.
"Quando la smetterai di portarti addosso tutte le colpe del
mondo?"
"Quando non le avrò commesse io."
Una risposta così secca, così definitiva, così . . senza speranza. Ryo
cercò qualcosa in quegli occhi, qualsiasi cosa. Ma non trovò nulla che
potesse alleggerirgli almeno un poco il cuore.
"Mi dispiace, Seiji . . mi dispiace molto . . per quel che ho fatto,
intendo. Potrai perdonarmi?"
L'ombra di un sorriso sulle sue labbra, pacato. Ghiaccio negli occhi.
"L'ho già fatto. Non c'è nulla da perdonare. Non è successo
niente."
Ryo sospirò.
"Saremo . . riuscirai ancora a considerarmi tuo amico?"
Annuì appena.
"Non hai mai smesso di esserlo nonostante tutto quello che ti eri messo
in testa di me. - Ryo arrossì vistosamente e Seiji finse di non aver notato
- Non sono *così*, Ryo. Sono felice che tu . . che te ne sia accorto. E che
tu non sia troppo deluso da questa scoperta."
Deluso?
Perché gl'importava di averlo deluso se lui, alla fine, non aveva nessuna
reale intenzione di andarci a letto? Che razza di filo logico stava seguendo
per arrivare a quello? A cosa pensava, davvero? Perché Seiji era così
difficile? E così duro con se stesso mentre accettava che gli altri
avessero debolezze e cedimenti? Perché non si permetteva mai nulla? Perché
Ryo non riusciva a capirlo?
Perché se gli avesse detto che stava male, che aveva visogno di conforto,
lui ci sarebbe stato e non avrebbe mai neppure pensato di toccarlo *così*.
Perché se gli avesse chiesto aiuto Ryo ci sarebbe stato senza la pur minima
esitazione. Ryo lo sapeva, Seiji lo sapeva. E invece Seiji non aveva chiesto
nulla, non aveva detto niente, si era sempre trincerato dietro il suo solito
silenzio, dietro il muro che aveva eretto tutt'intorno a sé. E Ryo . . Ryo
non sapeva che fare.
Gli posò una mano su una spalla.
"Seiji . . io . . "
Lo vide scuotere appena il capo.
"Direi che è ora di partire. Già arriveremo tardi alla villa ma non
vedo perchè aspettare ancora. Credo che tutto il traffico del rientro sia
terminato."
Ryo avrebbe voluto aggiungere qualcosa. Sapeva che avrebbe dovuto farlo, o
almeno provarci. Non ci riuscì. Seiji gli scappava via dalle mani come un
raggio di sole all'alba. Non lo capiva, non riusciva a stargli dietro, non
riusciva a fare altro che fermarsi a guardarlo e basta. Sperò che almeno,
quando avesse avuto davvero bisogno di aiuto . .
"Hey, Seiji? Ma tu lo sai che se stai male io . . io sono sempre qui
per te, vero?"
Anche se era un coglione. Anche se si era accorto solo ora di quanto tenesse
a Shin. Anche se sapeva che era innamorato di Touma. Anche se non sarebbe
mai riuscito a togliersi dalla testa che lui fosse la creatura più sexy che
camminava su due gambe sulla faccia della terra . . era suo 'amico' e
avrebbe voluto davvero continuare ad esserlo. E ad esserci. Non per il
gruppo, per i demoni o per chissà che altro, ma solo per lui. Perché era
convinto che Seiji meritasse il suo affetto, la sua vicinanza, la sua
attenzione. E perché sapeva che, se davvero si considerava suo amico, non
poteva lasciarlo andare proprio ora, nel momento in cui aveva più bisogno.
Non poteva lasciarlo scappare così, non poteva permettergli di allontanarsi
in questo modo. Non poteva affrontare tutto quello da solo, Ryo lo sapeva.
Non gliel'avrebbe lasciato fare.
Ma ci fu solo il silenzio a rispondergli.
^^^^^
Quando Seiji spense le luci dell'auto fuori dalla villa, l'orologio del
cruscotto indicava che era passata l'una di notte. Ryo nascose uno
sbadiglio. Fortuna che l'indomani avrebbero potuto dormire, era a pezzi . .
che giornata!
Seiji ovviamente, durante il viaggio, non gli aveva più rivolto la parola e
sinceramente la trovava una fortuna. Aveva troppa confusione in testa e non
sapeva ancora come fare a sbrogliarsi i pensieri.
Annuì in silenzio quando lo sentì augurargli la buona notte, lo osservò
sparire su per le scale poi si strinse nelle spalle. Sarebbe andato in
cucina a farsi uno spuntino poi si sarebbe fiondato a letto pure lui.
Sperando di non fare chissà che sogno, stavolta!
Ovviamente gli altri non c'erano, a quell'ora era certo non incontrare
nessuno, li avevano avvertiti che sarebbero arrivati tardi. Entrò in cucina
non accendendo la luce, gli piaceva godersi la casa così tranquilla e
silenziosa, poi fuori la luna piena illuminava il mondo e l'ampia porta
finestra permetteva che quei raggi candidi entrassero a fiotti.
Non lo vide subito. Probabilmente era stanco, forse stava pensando ad altro,
eppure era lì, in piedi, sorridendo divertito. Se ne accorse quando si mise
a sistemarsi la camicia. Ryo sobbalzò prima di mettere a fuoco Shin,
dall'altro capo del tavolo, un paio di jeans, la camicia scivolata giù
dalle spalle, leggermente spettinato, gli occhi lucidi e un sorriso
scintillante che sembrava scolpito nell'avorio.
"Shin . . "
Ryo deglutì con fatica. Che strana espressione, e poi perché si stava
allacciando la camicia in cucina? Gli si avvicinò con la sua solita leggera
eleganza.
"Ciao Ryo."
Non fece in tempo a rispondergli, le labbra bloccate da quelle dell'altro,
calde, morbide e deliziosamente affamate. Quando sentì la sua lingua
giocare con la propria iniziò a girargli la testa.
Shin si staccò con un altro sorriso, mentre gli passava una mano fra i
capelli.
"Stai meglio, adesso?"
Ryo aveva il fiato incastrato in gola.
"Da dio . . "
Shin mosse un passo indietro.
"Allora il fine settimana è andato bene?"
Ryo scosse il capo cercando di schiarirsi le idee. Era come se una parte di
quel discorso gli stesse sfuggendo.
"Il fine . . settimana? Io . . io intendevo . . adesso . .cioè . .
prima . ."
Shin sorrise passandosi un dito sulle labbra.
"L'hai riconosciuto?"
"Chi?"
Questa volta lo sguardo di Shin scintillò malizioso.
"Oh, credevo non ci avresti neppure dovuto pensare. Dopo tutto l'hai già
assaggiato anche tu."
Un movimento flessuoso, ancheggiante, sentì il suo calore addosso poi il suo
fiato a sfiorargli la guancia.
" . . Co . . cosa . . ?"
Un bacio leggero sulla guancia poi una risata.
"Adesso vado a dormire. E' tardi. E Touma mi aspetta."
Touma?
Tremila domande gli solcarono la mente alla velocità della luce e tutte
andarono a schiantarsi di fronte a quel nome. Cosa . . perché Touma stava
aspettando Shin nel cuore della notte? Nella sua stanza, poi? E perché mai
Shin doveva avere il sapore di Touma sulle labbra? Cosa diavolo centrava
Touma con Shin?!
Ryo si passò una mano sul viso respirando pesantemente .
"Non voglio saperlo . . *non* voglio saperlo . . "
^^^^^
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